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>>>> editoriale

L’attualità di una sconfitta


>>>> Gennaro Acquaviva

B ettino Craxi le commemorazioni le ha sempre vissute


con disagio. Anzi, per essere sinceri, non gli piacevano
per niente. Anche se le riusciva a costruire come esercizio di
tiva; il modello di sistema politico che egli ereditò dalla
Repubblica del 1948, quello fondato su di un “bipartitismo”
obbligatoriamente “imperfetto”, e che postulava un primato
retorica politica rimanevano per lui un genere di discorso del partito sullo Stato di surrettizia derivazione fascista, egli
pubblico difficile da maneggiare, probabilmente perché non fu in grado di rimuoverlo: con la conseguenza di finire
comunque implicavano l’esistenza di un confine, quello tra la con l’essere la prima e principale vittima dell’ inevitabile
vita e la morte, da cui preferiva ritrarsi. crollo che seguì al blocco del sistema.
E’ per questa ragione che la moltiplicazione delle “pillole” Minoritario e marginale da ogni punto di vista in quella
commemorative e toponomastiche cui abbiamo assistito in “Repubblica dei partiti”, Craxi tentò di spezzare i vincoli con-
questi giorni, come fossero un preliminare ai fuochi d’artifi- sociativi che ne derivavano appena potè muoversi, alla prima
cio della ricorrenza decennale della sua morte, non mi pare occasione utile. Agli inizi degli anni ’80, utilizzando fino in
una modalità utile da seguire nel ricordarne la figura ed il ruo- fondo quella che sarebbe stata, storicamente, l’ultima “chia-
lo nella storia d’ Italia. E per di più sulle pagine della rivista mata alla fedeltà” di una guerra fredda ormai agli sgoccioli,
che fu, anche per lui, strumento importante di elaborazione e fu in grado di dare finalmente concretezza alla sua linea del-
di lotta politica socialista. la governabilità: una bandiera che cavalcò spregiudicatamen-
Più utile, ma anche più serio, è tornare dunque ad interrogar- te, ma che era tanto necessaria al paese quanto impraticabile
si sull’opera politica di Bettino Craxi quale essa realmente fu: per gli interessi del sistema partitocratico dominante. Essa lo
come uomo di partito e, senza contraddizione, servitore delle portò alle realizzazioni della sua splendida stagione di gover-
istituzioni repubblicane. Questo proseguiamo a fare, partendo no, durante la quale Craxi fu in grado di dimostrare concreta-
dall’idea che ogni giudizio storico è sempre un giudizio sul mente che era possibile andare oltre la “Repubblica dei parti-
presente ed insieme una interrogazione indirizzata all’avveni- ti” e che rimuovere il vincolo consociativo che, morto De
re; e che cercare di comprendere cosa fu la politica mossa dal- Gasperi, ne era derivato era concretamente fattibile, almeno
l’uomo che dominò l’ultima fase della prima Repubblica politicamente se non ancora istituzionalmente.
significa indagare prima di tutto dentro noi stessi, rispondere Se oggi proviamo a ricapitolare il risultato sistemico che egli
alla domanda di cosa di vivo e di utilizzabile è rimasto di realizzò tra il 1983 e il 1987, possiamo farci un’idea concre-
quella esperienza, di cosa di durevole e quotidiono ad un tem- ta della straordinarietà di quella esperienza. Allora un leader
po di essa si è tramandato nella vita dell’Italia, infine di che forte che aveva dimostrato di non essere condizionabile da
cosa di quella vita ci sentiamo ancora capaci di trasmettere a mandarinati e doroteismi di ogni colore riuscì a saldare il suo
coloro che verranno dopo di noi. buon governo con un’apertura ai ceti e agli interessi emer-
Craxi fu socialista per tutta la vita, dalla nascita alla morte; e genti che era insieme credibile e funzionale al progresso col-
dal momento in cui smise i calzoni corti fu un figlio del par- lettivo; ne derivò un corto circuito diffuso, che iniziò ad inter-
tito, nel senso più pieno e tradizionale che questa scelta di vita rompere antichi consociativismi, operando concretamente nel
aveva nella sua epoca, che era quella dominata dalla “Repub- ridisegnare e modificare la rete corporativa che aveva fruttifi-
blica dei partiti”. Il socialismo del suo partito egli riuscì a cato su di essi.
modificarlo nel profondo, trasformandolo in maniera irrever- È in questo quadro che va collocato anche l’aumento della
sibile in un moderno riformismo liberale, con ciò consenten- corruzione che si realizzò in quegli anni, giacchè esso muo-
do che si potesse legare ad esso una classe dirigente innova- veva da una ragione politica propria: un movimento in qual-

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che maniera fisiologico, come era sempre avvenuto in fasi di


accentuata trasformazione, ed il cui rischio sistemico deriva-
va propriamente dal suo essere garantito pur collocandosi
dentro un’ istituzione senza ricambio.
Constatata l’impraticabilità di nuovi equilibri politici e posto
violentemente di fronte all’arroganza tutta partitocratica della
chiamata alla “staffetta”, Craxi si trovò allora di fronte ad un
bivio decisivo per la sua esperienza politica, nata ed in qual-
che maniera determinata dalla sua capacità di collegarsi e
quasi di prefigurare la praticabilità della riforma del sistema.
La scelta era così schematizzabile: procedere alla modifica
per vie interne al sistema politico, cioè per via parlamentare,
con qualche speranza di graduarne il percorso utilizzando il
messaggio della “grande riforma” ma sostanzialmente
seguendo le convenienze e gli equilibri della DC; o andare ad
una chiamata al popolo, sposare quella via plebiscitaria che
già gli aveva consentito, nel 1984-1985, di rompere il cerchio
consociativo su un punto importante della costituzione mate-
riale su cui si fondava la “Repubblica dei partiti”, e cioè la
rappresentanza assegnata in maniera pressoché esclusiva al
PCI nel mondo del lavoro.
La scelta che Craxi fece nel febbraio-marzo del 1987, e che
fu la ragione preliminare della sua sconfitta di cinque anni
dopo, è tuttora di grande attualità giacchè essa si ripropone
sostanzialmente, con il medesimo dilemma, di fronte agli
attori politici di oggi; naturalmente con le aggravanti che
sono sotto gli occhi di tutti determinate dal permanere di una
condizione di stallo che dura da almeno diciotto anni, e che è
sostanzialmente riconducibile agli interrogativi non risolti
dalla sconfitta di Craxi.
Nel momento certificato della sua sconfitta, nel luglio del
1992, il leader socialista fu in grado di esporre, dal suo scran-
no di deputato che lo aveva visto protagonista per ben sette tuiva allora il punto centrale del dilemma craxiano. Come
legislature, non solo la verità inconfutabile circa il finanzia- allora, di fronte al bivio della riforma non voluta ma indi-
mento illegale dell’intero sistema politico, ma l’esatto percor- spensabile, si aprono due percorsi, quello parlamentare e
so di quanto sarebbe accaduto ove non si fosse posto rimedio, quello plebiscitario; come allora, di fronte ad un Parlamento
utilizzando naturalmente gli strumenti della politica, “alla oggi addirittura oligarchico, si ripropone l’avvertimento,
disgregazione e all’avventura” incombenti. declamato da Cossiga, di un potere costituito incapace di
Quell’appello profetico è significativo non solo perché pro- essere potere costituente; come allora, il “vuoto” di prospetti-
veniva da uno spirito che era sempre stato libero e che tale va politica sembra far perno sul “pieno” delle ragioni della
rimase fino alla morte, ma perché parlava il linguaggio della storia, rischiando di tornare a penalizzare gli interessi di una
politica, richiamando tutti alle responsabilità collettive di nazione che vuole continuare ad essere tale, nel benessere e
fronte alle conseguenze sistemiche che camminavano dentro nel progresso.
la crisi. Oggi, di fronte a tutti noi, alle classi dirigenti come al Ce n’è quanto basta per tornare ad utilizzare la incompiuta
popolo italiano, lo scenario che possiamo contemplare non è lezione craxiana per il molto che può ancora dare a tutti: com-
molto mutato da quella condizione di stallo politico che costi- pagni di tante battaglie e oppositori leali.

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>>>> dossier / craxi

Mani sporche
e mani pulite
Il dossier che pubblichiamo nel decennale della
>>>> Mario Ricciardi

morte di Bettino Craxi non vuole essere né

«M
apologetico, né elusivo. Nessuno degli autori è
entre il Codice Penale vieta rigidamente di far stato craxiano quando Craxi era vivo (con la sola
conoscere i risultati d’istruttoria, pare che in eccezione di Memmo Contestabile, che ci ha
questo caso essa fosse condotta davanti agli occhi di tutti, regalato un prezioso cameo sulla gioventù degli
ed ogni sera i giornali riferivano ciò che avveniva nel anni Cinquanta). E nessuno dei temi più
Gabinetto del giudice istruttore, e gli somministravano controversi nella vicenda del leader socialista è
incitamenti e consigli, sempre dati nel senso a me ostile». stato trascurato. Quello del finanziamento illegale
Chi scrive è un uomo politico di spicco – è stato diverse della politica e delle conseguenze giudiziarie che
volte Capo del Governo – che rievoca il proprio coinvol- ne derivarono è affrontato da Mario Ricciardi
gimento in uno scandalo politico-finanziario che lo ha Giulio Sapelli, e Frank Cimini. Biagio de
costretto a dimettersi da Primo Ministro e poi a rifugiarsi Giovanni, Ernesto Galli della Loggia, Piero
all’estero per sfuggire all’arresto che rischiava in quanto Craveri e Piero Sansonetti tracciano un bilancio
indagato per ben quattordici capi d’accusa. Vi ricorda critico del suo ruolo politico. Mentre del suo ruolo
qualcosa? La vicenda di cui parliamo si svolge a Roma innovativo nel campo del socialismo europeo si
all’inizio degli anni novanta, ma non del Novecento. L’au- occupano Luigi Compagna ed Edoardo Crisafulli.
tore del brano che abbiamo appena letto è infatti Giovanni Non abbiamo titolo per stabilire se questo modo di
Giolitti. A più di vent’anni dai fatti l’anziano uomo politi- ricordarlo sarebbe piaciuto a Bettino, anche se
co ricostruisce il proprio ruolo nello scandalo della Banca siamo stati suoi compagni e da lui abbiamo
Romana, difendendosi dall’accusa di essere stato al cor- imparato a diffidare sempre degli “esageratori”,
rente delle irregolarità commesse dagli amministratori del- come Garibaldi definiva sia gli estremisti della
l’istituto di credito, e di aver tentato di impedire l’arresto denigrazione che quelli dell’apologia. Speriamo
di uno di loro, il governatore Bernardo Tanlongo, propo- però che serva a quanti, come noi, non hanno
nendolo per la nomina a senatore. rinnegato la sua eredità politica, ed anzi
La Banca Romana era una delle sei banche locali che ave- individuano nel disorientamento in cui si trova
vano conservato il ruolo di istituto di emissione anche oggi la Repubblica anche la conseguenza del
dopo l’unificazione politica del paese. Per via della loro vuoto che ha lasciato. Gennaro Acquaviva, nel suo
natura legale di enti di diritto privato, e del radicamento editoriale, riconosce la sconfitta che abbiamo
territoriale, queste banche erano inevitabilmente sensibili subito vent’anni fa, ma vent’anni dopo non vede
alle sollecitazioni esterne e agli equilibri di potere locali, vincitori. Forse perchè finora del biennio che ha
che spesso ne condizionavano l’operato. La Banca Roma- segnato la cesura fra prima e seconda Repubblica
na, in particolare, aveva concesso con disinvoltura prestiti si sono occupati solo gli “esageratori”. E nessuno
ai costruttori che, dopo la presa di Porta Pia, si erano ci ha ancora spiegato se vent’anni fa siamo stati
impegnati nel colossale affare della trasformazione di sconfitti per avere osato troppo o troppo poco.
Roma in una metropoli che aspirava a competere con le

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>>>> dossier / craxi

altre capitali europee. Inoltre, come banca della capitale, movimenti rivoluzionari, anarchici e socialisti, che pren-
l’istituto divenne ben presto il punto di riferimento della dono piede soprattutto al Nord.
politica nazionale, finanziando largamente diversi uomini
politici di spicco e perfino re Umberto.
Alla fine degli anni ottanta i conti della banca sono com- L’abito del gobbo
pletamente fuori controllo. Ci sono deficienze di cassa ed
eccedenze di circolazione pari a sessanta milioni di lire. La L’ipotesi del giornalista britannico non si avvera. Nel 1895 ci
situazione disperata spinge i dirigenti a misure estreme. saranno nuove elezioni, e il paese rimane nel solco della
Nelle sue memorie Giolitti ricorda che «sino allora le Ban- democrazia parlamentare. Rientrato in patria, Giolitti si
che d’emissione fabbricavano esse stesse i biglietti che lascia alle spalle le inchieste giudiziarie per diventare il più
emettevano, senza alcun controllo da parte del Governo; e importante leader politico italiano, fino al punto da dare il
la Banca Romana che faceva fabbricare i suoi biglietti in proprio nome a un periodo della nostra storia. Eppure, a
Inghilterra ne poteva commissionare sin che voleva. Ed distanza di tanti anni, e con una straordinaria carriera alle
infatti si venne poi a scoprire che, oltre alle eccedenze di spalle, egli sente ancora il bisogno di discolparsi quando
circolazione di sessanta milioni, essa ne aveva fatti venire scrive le proprie memorie. Ricostruisce con puntiglio le
altri quaranta che costituivano una serie duplicata; e fu for- vicende dello scandalo, si lamenta del modo in cui hanno
tuna che alcuni impiegati superiori, saputo dell’arrivo di operato i giudici, si difende. Pesa indubbiamente l’accusa di
questi biglietti, e spaventati delle responsabilità che pote- essere stato, insieme a Crispi, tra i politici che avevano trat-
vano ricadere su di loro, protestarono presso i Direttori to vantaggio dai finanziamenti della Banca Romana. L’esse-
della Banca, obbligandoli a bruciarli». re stato coinvolto da quella che il deputato radicale Felice
Lo scandalo della Banca Romana scoppia in un momento Cavallotti chiama «la questione morale» (un’espressione
di profonda crisi politica per il paese. La poesia risorgi- destinata a ritornare nella politica italiana). L’essere indicato
mentale cede il posto alla prosa di un’unificazione voluta come un leader eccessivamente disinvolto nei confronti del-
soprattutto da un’avanguardia di intellettuali e patrioti. la corruzione dilagante nel paese, al punto da venir apostro-
Tra questi c’era anche Francesco Crispi, l’ex garibaldino fato poi da Gaetano Salvemini come «il ministro della mala-
che presiede il Consiglio dei Ministri nel 1889, quando vita».
una commissione d’inchiesta – il cui rapporto viene tenu- Non c’è dubbio che Giolitti fosse un realista. Nello stesso
to segreto dal governo e viene rivelato solo tre anni dopo memoriale egli scrive: «Le leggi devono tener conto anche
dal deputato radicale Napoleone Colajanni che ne era dei difetti e delle manchevolezze di un paese [...]. Un sar-
venuto in possesso – si accorge che ci sono pesanti irre- to che deve tagliare un abito per un gobbo, deve fare la
golarità nella gestione dell’istituto di credito romano. Pro- gobba anche all’abito». La sua è la filosofia politica di un
fondamente deluso dall’esperienza dei primi anni di regi- conservatore che comprende che le grandi trasformazioni
me parlamentare, segnati da una perdurante instabilità dei sociali e economiche in corso tra la fine del diciannovesi-
governi, da gravi problemi di ordine pubblico e dai risul- mo e l’inizio del ventesimo secolo sono inarrestabili, e cer-
tati inferiori alle aspettative di una politica estera avven- ca di fare il possibile per assecondarle in modo che non
turosa, Crispi avverte la tentazione di forzare la mano. minaccino la stabilità del paese. Come altri conservatori
Chiede, e ottiene da re Umberto, il rinvio delle elezioni, e europei egli tenta di erodere il consenso della sinistra radi-
introduce misure che aumentano i poteri dell’esecutivo e cale promuovendo riforme che pongono le basi per la via
riducono la libertà della stampa. Quando Giolitti si rifugia italiana al Welfare State.
in Germania per non essere arrestato l’Italia appare a Ciò nonostante Giolitti non riesce a vincere la sfida più
diversi osservatori sull’orlo del baratro. C’è perfino chi, importante, quella di consolidare la democrazia parlamenta-
come il corrispondente del Times, sostiene che il paese re nel nostro paese. Dal 1861 al 1900 in Italia si susseguono
sarebbe pronto ad accettare una dittatura a vita di Crispi trentacinque governi. La corruzione della politica alimenta la
pur di por fine al disordine, agli attentati – nel marzo del sfiducia di vasti settori dell’opinione pubblica nei confronti
1894 una bomba esplode davanti a Montecitorio – e alla del Parlamento e la disaffezione verso la democrazia. La cri-
minaccia costituita dall’instabilità parlamentare e dai si di fine secolo e la prima guerra mondiale daranno il colpo

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di grazia all’esperimento liberale. Quando scrive le proprie remota località chiedendogli di riceverli. Nella sua biogra-
memorie Giolitti è ormai un uomo del passato. Nel 1922 il fia dello statista piemontese Aldo A. Mola scrive: «Rupe-
futuro appartiene a un ex socialista che usa spregiudicata- stre qual era, non amava essere colto nell’umana debolez-
mente le sue indiscutibili abilità di comunicatore. Giolitti za, che poneva ancora più a nudo la semplicità della sua
muore il 17 luglio del 1928. Pochi mesi prima si era recato camera, inconcepibile per chi non lo conoscesse a fondo.
in Parlamento per l’ultima volta, per prendere la parola con- Perciò, per esempio, sottrattosi al colloquio che, giunto
tro la legge che cancellava – sono parole di Mussolini – «la sino a quel lembo del vecchio Piemonte, gli sollecitava
menzogna del suffragio universale democratico» istituendo Benedetto Croce, si poneva a letto vestito di tutto punto
un collegio elettorale unico su base nazionale, chiamato ad qual era ma col lenzuolo fino al mento» e dava disposizio-
approvare o a respingere in blocco la lista dei componenti ni perché fosse consentito al filosofo «di affacciarsi sì da
della Camera redatta dal Gran Consiglio del Fascismo. L’ul- constatare che stava proprio dormendo».
timo tenue legame con la democrazia parlamentare che ha Eppure Croce aveva appena dato alle stampe la sua Storia
retto il Regno d’Italia per più di sessanta anni è reciso da d’Italia dal 1871 al 1915 che della “Italietta” e degli uomini
questa legge. che l’avevano governata era una difesa appassionata. Per
Sconfitto in politica. Moralmente condannato da chi gli attri- Croce il liberalismo era «connaturato» alla mente di Giolitti.
buiva una concezione “elastica” dell’etica pubblica. Dis- Non si poteva dire la stessa cosa degli uomini della genera-
prezzato da nazionalisti, futuristi e fascisti – che lo asso- zione seguente. Croce non perde occasione per difendere la
ciano alla “Italietta” che essi vogliono sopprimere – Giolit- figura dello statista piemontese. Nel 1931, nella Storia d’Eu-
ti si spegne nella sua casa di Cavour. Da qualche tempo ropa nel secolo decimo nono, lo indica – con Cavour – come
rifiutava di incontrare i visitatori che si recavano in quella esempio di una classe politica sagace e prudente, animata da

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grande «amor della patria e dello stato» e dotata de «l’ardi- zioni morali. L’azione politica pone al cospetto di un dilem-
mento d’imprendere o di accettare le innovazioni che si chie- ma proprio perché essere responsabile per la sicurezza o il
devano per l’avanzamento del popolo». Scrivendo in pieno benessere di una persona comporta avere un’obbligazione
regime fascista, Croce richiama i suoi lettori al «dovere di nei suoi confronti. La scelta tragica cui va incontro il politi-
gratitudine» nei confronti di questi leader, anche per «espia- co non è dunque tra agire in modo morale o non farlo, ma
zione» – e qui il riferimento è soprattutto a Giolitti – «degli tra attenersi a principi morali che normalmente sarebbero
ingiusti giudizi, che le disfrenate passioni di parte fecero considerati cogenti per chiunque o adempiere all’obbliga-
dare sovente di quegli uomini, delle contumelie e delle zione che ha assunto nei confronti delle persone di cui
calunnie onde furono assaliti, della superficialità con la qua- risponde. Non fare ciò che è indispensabile per difenderne
le, per alcuni mali non sempre evitati o evitabili e pei cosid- gli interessi sarebbe sbagliato – e quindi criticabile – anche
detti ‘scandali’ che ne seguivano, si gettava una sorta di dif- se farlo lo espone al rischio di agire in modo immorale.
fidenza e scredito sopra intere classi politiche, le quali adem- Rispetto ai tempi di Machiavelli il dilemma delle “mani
pivano nobilmente il proprio dovere». sporche” ha assunto in società come la nostra una dimensio-
ne ulteriore, che rende la posizione morale del politico anco-
ra più complessa. In un regime democratico, nel quale la
rappresentanza politica si esprime attraverso le elezioni, chi
Sporcarsi le mani
Parole forti. Un giudizio condizionato dal momento storico, agisce nell’interesse comune non risponde del suo operato
potrebbe dire qualcuno. Tuttavia quello di Giolitti non è solo a Dio o alla sua coscienza. Deve risponderne anche a
affatto l’unico caso di un uomo politico discusso e discuti- chi lo ha votato dandogli fiducia. Questa nuova dimensione
bile – si pensi a Nixon, o a Jaruzelski, per menzionare due della responsabilità politica, di cui i signori italiani cui si
esempi recenti – cui i posteri hanno restituito in parte l’ono- rivolgeva Machiavelli non si preoccupavano, mette il politi-
re riconoscendo che le sue manchevolezze non furono quel- co in una posizione più difficile perché egli deve fare i con-
le del comune malfattore, ma piuttosto quelle di chi rispon- ti con il fatto che l’elettorato potrebbe non condividere le
de della stabilità o della sicurezza di un paese in un momen- sue valutazioni riguardo a ciò che è necessario per l’interes-
to molto difficile. In situazioni del genere – che si presenta- se della collettività. In democrazia il politico non può dare
no spesso in politica – chi ha una responsabilità pubblica per scontato che i suoi peccati – le immoralità che ha giudi-
deve fare i conti con una realtà che non ha determinato. cato necessarie – vengano scusati. Un’illustrazione elo-
Accettando anche il rischio di “sporcarsi le mani”. quente di questa situazione si trova proprio nelle memorie di
Si può fare politica conservando l’innocenza? Michael Wal- Giolitti. Tra le accuse che gli erano state rivolte per il suo
zer si pone questa domanda in un saggio sull’azione politi- ruolo nella vicenda della Banca Romana c’era anche quella
ca e il problema delle “mani sporche”. Riprendendo una tra- di aver ricevuto un prestito di sessantamila lire dall’istituto
dizione di pensiero che risale almeno a Machiavelli, il filo- di credito. La sua difesa merita di essere riportata per inte-
sofo americano sostiene che non è possibile adempiere alle ro: «Quando nell’agosto del 1892 erano state tenute a Geno-
proprie obbligazioni come politico e rimanere innocenti. va le feste pel centenario della scoperta dell’America, che
Chi è chiamato a prendere decisioni a nome di qualcun altro avevano dato occasione ad un miglioramento delle relazioni
può trovarsi in circostanze in cui la protezione della sicu- fra l’Italia e la Francia, io credetti opportuno di fare una
rezza o del benessere delle persone di cui si occupa com- azione nella stampa estera, perché questo benefico muta-
porta la necessità di compiere un’azione moralmente criti- mento fosse ben messo in rilievo. Siccome i fondi messi a
cabile o addirittura ripugnante. Per Walzer quello delle disposizione del governo per le spese segrete non possono
“mani sporche” è un dilemma cui va incontro l’azione poli- spendersi che a un dodicesimo per mese, e la somma che si
tica perché in questo tipo di attività può accadere – e di fat- trovava in cassa non era sufficiente, io chiamai il Comm.
to accade con una certa frequenza – che ciò che è indispen- Cantoni, Direttore generale del Tesoro, e gli dissi che mi
sabile fare per realizzare un obiettivo che è nell’interesse occorreva una anticipazione di sessanta mila lire, che sareb-
della collettività è incompatibile con un principio morale. be stata rimborsata entro sei mesi. Siccome il Tesoro non fa
Ciò non vuol dire, come hanno sostenuto certi interpreti di anticipazioni, così la somma doveva essere presa in prestito
Machiavelli, che la politica sia indifferente alle considera- presso una banca, ed il Cantoni si rivolse alla Banca Roma-

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stessa tranquillità di Giolitti riguardo alla capacità dei pro-


pri concittadini di comprendere le ragioni della sua scelta e
di scusarne l’immoralità secondo gli standard normalmente
accettati. Siamo diventati migliori? Oppure siamo solo
diventati più ipocriti?

Le mani pulite
L’espressione impiegata da Walzer per descrivere il
dilemma con cui si confronta l’azione politica evoca
immediatamente quella scelta dai pubblici ministeri mila-
nesi per designare l’indagine sulla corruzione che, all’i-
nizio degli anni novanta del secolo scorso, ha travolto
buona parte delle forze politiche del nostro paese provo-
cando la crisi della prima Repubblica. Da allora il nome
di quell’inchiesta giudiziaria – “mani pulite” – è diventa-
ta una formula di uso comune che viene impiegata per
alludere a una concezione della politica che vede nel
rispetto della legalità il principio supremo dell’etica pub-
blica. Si tratta di un modo di pensare che rimuove il
dilemma di cui parla Walzer, negando che un’azione con-
traria alla legge possa mai essere scusabile. Secondo i
sostenitori di questo modo di concepire la moralità della
politica, essa non trova spazio per immoralità necessarie
e quindi scusabili. Solo ciò che è legale è anche moral-
mente ammissibile.
A distanza di quasi venti anni dall’inizio di quelle inchie-
ste i tempi sono maturi per un bilancio, sia pure provvi-
sorio, di quella stagione della vita pubblica italiana e per
una valutazione critica del modo di concepire la politica
na». Nel 1922 Giolitti spiega ai suoi lettori che la somma in ispirato dalla tesi delle “mani pulite”. Cominciamo dalle
questione fu poi regolarmente restituita alla banca nel tem- inchieste. Credo che nessuno possa negare che l’Italia
po stabilito e conclude commentando che «se la Banca all’inizio degli anni novanta fosse un paese in cui la cor-
Romana non avesse fatto che negozi come quello, vivrebbe ruzione nella vita pubblica – e in particolare nella politi-
ancora, ed in floride condizioni». ca – aveva raggiunto un livello intollerabile. Da questo
Appare evidente che Giolitti è assolutamente certo che i suoi punto di vista le inchieste ebbero un ruolo potenzialmen-
lettori comprenderanno e approveranno la sua condotta per- te salutare, perché resero visibile, anche a chi non voleva
ché essa era necessaria per l’interesse nazionale. Si badi vedere, l’entità di un fenomeno che è incompatibile con il
bene, quella che abbiamo letto non è semplicemente l’am- corretto funzionamento della democrazia e con l’efficien-
missione, da parte di un uomo di governo, di aver eluso una za dell’economia. Rimane da chiedersi se, e in che misu-
regola di spesa. Dietro l’eufemismo impiegato per descrive- ra, la situazione sia cambiata rispetto ai primi anni
re il fine dell’operazione – «fare una azione nella stampa novanta. Siamo un paese meno corrotto? La nostra demo-
estera, perché questo benefico mutamento fosse ben messo crazia funziona in modo migliore? La nostra economia è
in rilievo» – c’è probabilmente la corruzione di qualche più efficiente? Anche se questi sono giudizi che è diffici-
giornalista francese. Oggi nessun politico italiano – forse le formulare sul piano puramente quantitativo, non c’è
nessun politico di un paese occidentale – potrebbe avere la dubbio che i dati che abbiamo a disposizione sono incom-

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patibili con risposte positive alle domande che abbiamo


posto. Le statistiche internazionali ci collocano in una
delle posizioni peggiori tra i paesi europei per il livello di
corruzione, e non mi pare che si possa dire che lo stato di
salute della nostra democrazia o della nostra economia
sia particolarmente florido. La scomparsa dei partiti che
avevano svolto un ruolo centrale nella politica italiana
dal dopoguerra ha lasciato un vuoto che è stato colmato
da alleanze volatili che non riescono a produrre maggio-
ranze parlamentari stabili. L’ingresso in politica di Silvio
Berlusconi ha profondamente mutato lo stile e la sostan-
za della vita pubblica italiana, allontanandola molto dal
modello di una democrazia parlamentare liberale.
In tali condizioni non è fuori luogo chiedersi se c’era
qualcosa di sbagliato nell’idea largamente diffusa all’ini-
zio degli anni novanta – e che ancora oggi trova largo
consenso in certi settori dell’opinione pubblica – che le
inchieste giudiziarie fossero la via più adatta per il rinno-
vamento del paese. Questo dubbio era già stato formula-
to, quando le inchieste di “mani pulite” erano ancora in
pieno svolgimento, da un intellettuale che certamente non
era mai stato tenero con le tendenze degenerative della
vita politica italiana, e in particolare con quelle che ali-
mentavano la corruzione. Nel 1993 Norberto Bobbio scri-
veva: «La Repubblica non solo è finita, ma è finita male.
Non poteva finire peggio. Uomini politici sino a ieri emi-
nenti, che a ogni loro apparizione erano circondati da un
codazzo di giornalisti, avidi di afferrare brandelli delle
loro dichiarazioni, stanno uscendo di scena senza che
nessuno se ne accorga. Lasciano dietro di sé un cumulo
di problemi non risolti, a cominciare dalla riforma costi-
tuzionale ed elettorale, per la quale si battono da anni
senza venirne a capo». Gli stessi “problemi non risolti” sioni di Bobbio nel 1993. Ancor meno ebbero il corag-
di cui parlava Bobbio sono ancora oggi sul tavolo. La gio di farlo in pubblico. Tuttavia, a distanza di anni,
prognosi del filosofo torinese sulle potenzialità del rin- esse colpiscono per la loro lucidità.
novamento civile che – secondo alcuni – sarebbe stato
innescato dalle inchieste giudiziarie era piuttosto pessi-
mista: «Sono […] convinto che l’italiano non sia molto
La rivoluzione giudiziaria
migliorato nella pratica delle virtù civiche, senza le qua- Vale la pena di sottolineare che le osservazioni di Bobbio
li nessuna democrazia riesce a essere vitale. Confesso non sono un’obiezione alle inchieste. Nel nostro diritto –
che mi costa un certo sforzo credere che la nuova allora come oggi – vige il principio dell’obbligatorietà del-
Repubblica, che sta per nascere, se pure ancora tra mil- l’azione penale, di cui si può certamente criticare la ragione-
le difficoltà e saltando ancora chissà quanti ostacoli, sia volezza o l’opportunità, senza per questo affermare che i
migliore della prima. Ma i vecchi, si sa, hanno la vista pubblici ministeri dovevano astenersi dall’aprire fascicoli
corta, ed è buon consiglio non prenderli troppo sul tutte le volte che si imbattevano in una notizia di reato. Nem-
serio». In effetti, pochi presero sul serio queste rifles- meno si può dire che le inchieste fossero tutte destituite di

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fondamento, anche se mi pare che in alcuni casi ci sarebbe da sti ne fa arrestare non so quanti altri. Sembra ormai che l’u-
riflettere seriamente sul modo in cui sono state portate avan- nico modo per salvarsi sia quello di condurre altri alla stessa
ti, e anche da chiedersi se non ci siano stati eccessi o parzia- perdizione. Nelle società primitive uno si difende offenden-
lità. Credo che l’ammonimento di Bobbio fosse rivolto do. Si scopre una catena di complicità che non si sa dov’è
soprattutto a chi ha interpretato i processi in chiave politica cominciata e non si sa se e dove finirà. Ma poi è destinata a
vedendoli come il momento culminante di una rivoluzione. finire? Se durerà ancora a lungo non siamo forse destinati,
Tutti ricordano che l’espressione è stata usata nelle settima- giudicati, giudicandi, innocenti, a fare la stessa fine?». Oggi
ne in cui i partiti della prima Repubblica si dissolvevano sot- sappiamo come è finita: dopo il Terrore c’è Napoleone.
to la pressione delle inchieste e della piazza. Sia tra i soste- Nelle scorse settimane Letizia Moratti ha manifestato il pro-
nitori sia tra gli avversari della tesi delle “mani pulite” affio- posito di dedicare una strada o una piazza di Milano alla
ra più volte nei primi anni novanta l’analogia con la Rivolu- memoria di Bettino Craxi. La decisione del sindaco del capo-
zione francese. luogo lombardo è stata salutata non solo come il riconosci-
Lo stesso Bobbio sembra avere in mente qualcosa del gene- mento doveroso, da parte della sua città natale, per una delle
re quando, in un altro articolo pubblicato sempre nel 1993, figure più significative della politica italiana del dopoguerra,
descrive la diffusione delle inchieste giudiziarie con toni ma anche – in particolare da familiari e ex compagni di par-
che richiamano alla memoria il Terrore: «Una buona parte tito – come una sorta di risarcimento morale per quello che
del paese è ormai sotto processo. La sfera degli imputati si essi considerano un trattamento ingiusto che egli avrebbe
allarga. Ciò fa nascere il sospetto che sia molto più vasta di subito ai tempi delle inchieste sulla corruzione dei primi anni
quello che abbiamo finora immaginato. Non si salva più novanta. Per costoro Craxi non era un latitante che cercava
nessuno: primi sono caduti nella rete gli uomini dei partiti, di sfuggire al processo, ma un “esule”, cioè una persona che
alcuni tra i massimi rappresentanti del potere politico, poi si è sottratta legittimamente a una persecuzione politica. La
alcuni uomini potenti nella sfera dell’economia e della scelta del termine non è casuale perché allude – come lo stes-
finanza. Ora tocca ad alcuni altri detentori del potere milita- so Craxi ha fatto più volte – a un’analogia tra la sua situa-
re. Non parliamo dei Servizi segreti, sospettati da tempo, zione e quella di altri fuoriusciti di cui la storia ha ricono-
anche se raramente colti in fallo, e ancora più raramente sciuto, se non l’innocenza sul piano giudiziario, la giustifica-
condannati. E che dire di alcuni giudici, cioè di coloro che zione su quello politico.
dovrebbero giudicare gli altri? Un tempo si diceva: sciagu- Per una mente sgombra dal pregiudizio, il paragone tra Cra-
rato quel paese in cui i custodi devono essere a loro volta xi e Garibaldi, o i fratelli Rosselli, appare azzardato. Tutta-
custoditi. E che dire allora del paese in cui vi sono dei giu- via non si può negare che Letizia Moratti ha posto un pro-
dici che devono essere giudicati? E chi li giudica se non altri blema serio. Come dovremmo valutare la condotta di Craxi
giudici? E che significa questo se non un processo al pro- negli ultimi anni della sua vita? In particolare, la sua scelta
cesso in una sequenza senza fine?». di sottrarsi all’arresto, rifugiandosi all’estero, è stata soltan-
Se le inchieste di “mani pulite” sono davvero il culmine di to l’estrema – disperata – mossa di un malfattore che cerca di
una rivoluzione, si è trattato di quella che Vincenzo Cuoco sfuggire al processo, oppure una difesa nei confronti di una
avrebbe chiamato una rivoluzione passiva. Come i giacobini persecuzione? Dalle risposte a queste domande dipende il
napoletani del 1799 i sostenitori della rivoluzione che pone giudizio su Craxi come uomo e come politico, e quindi la
fine alla prima Repubblica invocano il Terrore giudiziario valutazione dell’opportunità o meno di ricordarne la memo-
perché «non sapendo render gli uomini migliori, si tolgono ria attraverso un gesto di grande rilievo simbolico come
dall’imbarazzo che danno i cattivi, distruggendo indistinta- quello proposto dal sindaco di Milano.
mente cattivi e buoni». Come nel Terrore giacobino le con-
seguenze per la vita delle persone sono drammatiche. Bobbio
scrive: «E’ avvenuto, sta avvenendo con moto accelerato che
Difendersi dai processi
sembra inarrestabile, che chi è accusato diventa a sua volta Cominciamo con lo sgombrare il campo da un equivoco.
accusatore. Tanto più eccellente l’accusato tanto più eccel- Non credo che si possa sostenere che c’è un dovere categori-
lenti le persone cui far subire la stessa sua sorte. Il numero co di farsi processare. Le istituzioni giuridiche di qualsiasi
degli imputati cresce a macchia d’olio. Ne arresti uno, e que- paese, anche quello più civile, non realizzano mai la perfe-

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zione sul piano della giustizia. Inoltre ogni processo, anche mente i «compiti e le responsabilità assegnati a certe posi-
quello che prevede le più ampie garanzie per l’imputato, è zioni istituzionali». Tuttavia il filosofo sostiene che è pos-
vulnerabile dall’errore. Giudici e testimoni in buona fede sibile che ci siano ragioni morali (cioè basate su un princi-
possono sbagliarsi. Gli avvocati a volte non sono all’altezza pio morale) per adempiere a tali doveri, e il principio di
della situazione. Poste queste premesse, che mi paiono indu- fairness è certamente tra queste.
bitabili, è difficile trovare un argomento conclusivo in favo-
re della tesi che una persona abbia in ogni caso il dovere di
sottoporsi a un processo. Ancora meno mi pare che si possa
Craxi e Giolitti
sostenere che c’è un dovere categorico di lasciarsi arrestare. Mi pare che si potrebbe sostenere che una persona che si
Non c’è bisogno di ricordare l’uso discutibile che si è fatto in trova nella posizione in cui era Bettino Craxi al tempo del-
questo paese della carcerazione preventiva per riconoscere le inchieste di “mani pulite” rientri nell’ambito di applica-
che nessuno ha il dovere incondizionato di rinunciare alla zione del principio di fairness. Se, come mi pare ragione-
propria libertà. vole sostenere, chi ricopre una carica pubblica ha un’ob-
Escludere che ci sia un dovere categorico di farsi processare bligazione di fairness nei confronti dei cittadini cui ha
o di lasciarsi arrestare, tuttavia, non chiude la questione. Si chiesto la fiducia, e con i quali coopera per il funziona-
potrebbe sostenere, infatti, che la situazione in cui si è trova- mento delle istituzioni democratiche, si dovrebbe conclu-
to Craxi rientri nell’ambito di applicazione di quello che dere che la sua scelta di sottrarsi all’arresto fosse moral-
John Rawls chiama il “principio di fairness”. Tale principio mente criticabile. Chiusa la questione? Non ancora. Infat-
afferma che «quando un certo numero di persone si impegna ti, nel presentare l’argomento di Rawls in difesa del prin-
in un’impresa cooperativa reciprocamente vantaggiosa retta cipio di fairness ho omesso di menzionare un secondo
da regole, restringendo la propria libertà nei modi che sono requisito necessario, oltre alla volontarietà dell’azione che
necessari per produrre vantaggi per tutti, quelli che si sono genera l’obbligazione perché esso sia operativo. Per Rawls
sottoposti a tali restrizioni hanno il diritto di esigere un’i- le istituzioni o le pratiche che determinano i doveri che
dentica acquiescenza da parte di quelli che hanno tratto un definiscono il contenuto dell’obbligazione di fairness
beneficio dal fatto che gli altri hanno rispettato le regole». devono essere a loro volta giuste, o almeno non devono
Per Rawls tale principio comporta che nessuno può trarre superare i limiti dell’ingiustizia tollerabile. Ciò significa
vantaggio dalle fatiche collettive altrui senza fare la propria che esse soddisfano i requisiti posti dai due principi di
equa parte (fair share). Le obbligazioni generate dal princi- giustizia della sua teoria. Non entro nei dettagli della for-
pio di fairness sono diverse dai doveri naturali perché non mulazione di questi principi. Mi limito a osservare che le
sono incondizionate. Al contrario esse sono conseguenza di istituzioni fondamentali della società italiana nel 1993
un’azione volontaria – la partecipazione all’attività coopera- erano piuttosto lontane dall’ideale di una società giusta
tiva – che costituisce uno dei presupposti di operatività del come quella che ha in mente Rawls. Lo erano certamente
principio nella sua teoria della giustizia. le principali istituzioni della democrazia rappresentativa
Rawls sostiene che il contenuto di queste obbligazioni di e anche quelle della giustizia penale. Le istituzioni della
fairness «è definito da un’istituzione o da una pratica, le cui democrazia parlamentare erano ingiuste perché il loro
regole specificano ciò che ciascuno è tenuto a fare». Inoltre funzionamento era distorto da un sistema di finanziamen-
«le obbligazioni sono normalmente dovute a individui defi- to poco trasparente che pagava i costi della politica con
niti, ovvero, a coloro con cui si coopera per il mantenimen- fondi la cui provenienza era in molti casi ingiustificabile
to dell’assetto in questione». Tra le azioni che possono davanti all’opinione pubblica. Le istituzioni della giusti-
generare un’obbligazione di fairness Rawls menziona zia penale funzionavano in modo ingiusto perché opera-
«l’atto politico di candidarsi e (in caso di successo) di otte- vano in un clima inquinato dalla pressione della piazza,
nere una carica pubblica in un regime costituzionale. Que- che chiedeva ai tribunali di essere lo strumento di un
sto atto dà luogo all’obbligazione di adempiere ai doveri di cambio di regime politico e non – come dovrebbe essere in
questa carica, e i doveri determinano il contenuto dell’ob- una società giusta – il luogo in cui si accertano, al riparo
bligazione». Vale la pena di sottolineare che i doveri di cui dai clamori e dalle pressioni psicologiche, le responsabili-
si parla non sono per Rawls doveri morali, ma semplice- tà di persone che sono accusate di aver violato la legge.

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Da questo punto di vista la situazione di Craxi non era limpidi egli era convinto di poter obiettare che essi erano
molto diversa da quella in cui si era trovato Giolitti un necessari per adempiere alla propria obbligazione nei con-
secolo prima. Non voglio sostenere che fossero identiche fronti di chi lo aveva eletto, e non per il suo interesse pri-
sul piano giudiziario, ma credo che la similitudine sia suf- vato. Se si era “sporcato le mani” lo aveva fatto per adem-
ficiente per fare un confronto tra i comportamenti di que- piere alla propria obbligazione di politico.
sti due uomini politici. Giolitti si sottrae all’arresto perché Credo si possa sostenere che lo stesso Craxi avesse in men-
diffida dell’imparzialità dei giudici e perché è convinto te un’obiezione di questo tipo quando pose al Parlamento la
che il clima politico nel paese gli impedisca di difendersi questione complessiva del sistema di finanziamento dei par-
in maniera efficace. Le stesse preoccupazioni che aveva titi invitando l’assemblea a prendersi le proprie responsabi-
Craxi, con qualche fondamento. C’è una differenza tutta- lità nei confronti del paese per quella che – non senza ragio-
via. Giolitti poteva contare sul fatto che, in un clima poli- ne – egli considerava una pratica largamente diffusa. Penso
tico rasserenato, l’opinione pubblica avrebbe compreso le che da quel discorso si dovrebbe ripartire per valutare il
ragioni politiche di certi suoi comportamenti censurabili sul comportamento del leader socialista. La reazione del Parla-
piano morale, e questo gli avrebbe consentito di affrontare mento lo convinse probabilmente di non avere una via d’u-
i processi con animo sereno, come poi fece venendo assol- scita politica. A distanza di dieci anni dalla sua morte la
to dalle accuse. A chi gli imputava comportamenti poco questione che egli poneva non ha ancora avuto una risposta.

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>>>> dossier / craxi

La corruzione
nella Repubblica dei partiti
>>>> Giulio Sapelli

R ipensare a Bettino Craxi sullo sfondo della costituzio-


ne materiale che resse il nostro paese dal 1947 al 1992,
dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo del sistema
chiaro e limpido. I partiti dovevano contribuire in modo
essenziale a sostituire in parte quella mancata istituziona-
lizzazione che avrebbe dovuto fare dell’Italia una comuni-
dei partiti post-fascisti, è un’impresa non semplice e che va tà di destino, come lo erano nazioni a più alto gradiente di
condotta con spregiudicata capacità di analisi. Non so se ne consenso istituzionale e a più alta separazione della società
sono ancora capace. Dal tempo in cui scrissi il mio libro politica dalla società civile.
sulla teoretica e sulla pratica - che era il caso italico - della
corruzione (Cleptocrazia. Il meccanismo unico della corru-
zione tra economia e politica, Feltrinelli, Milano, 1994),
Il fantasma della società civile
libro tradotto all’estero ma mai ristampato in Italia, e che In Italia, del resto, a fronte di un mercato incerto e intermit-
mi diede più dispiaceri che allegrie -perché non fu capito, tente, di un associazionismo debole, di un familismo amorale
perchè scontò i tempi non prodighi all’approfondimento, diffuso, persistente ed epidemiologicamente destinato a dif-
ma alla ripresa della guerra civile e al massacro mediatico- fondersi su tutta la nazione e non più solo nel Mezzogiorno,
giustizialista- ebbene, da quei tempi ritornare su quei temi di un basso livello di legittimazione delle istituzioni nascenti,
mi fa paura. Sarò in grado di farlo senza rancori e pregiu- la società civile in senso fergusoniano, ossia fondata sulla
dizi? Solo l’amicizia e la stima per Luigi Covatta, il quale proprietà e i suoi diritti, era tutto e insieme era nulla, perché
mi ha chiesto di scrivere questo pezzo, e l’aiuto intellettua- a essa mancava il ruolo incivilente della legge promanante dal
le di un sodale del cuore e della mente come Lodovico potere legislativo e dalle pubbliche leopardiane virtù (“gli ita-
Festa, mi spingono a vincere la mia riluttanza iniziale. Que- liani hanno solo usi, costumi e consuetudini”, si legge ne Lo
sto dovevo dire in una confessione aperta e pubblica che mi zibaldone).
libera forse sia delle mie ipocrisie, sia dei miei timori d’i- Gli ordinamenti giuridici di fatto, su cui Capograssi e Piglia-
nadeguatezza scientifica. E non ho riletto il mio vecchio ru , dopo Santi Romano, scrissero pagine che occorrerebbe
libro: ne sarei stato troppo influenzato e voglio, invece, agi- ripubblicare per rinnovarci la mente, quegli ordinamenti, era-
re con libera mente e libero cuore, dopo circa quindici anni no tutto; e la legge pressoché nulla come potere incivilente:
di terribile decadenza civile attorno a me e di intichisimen- era solo compulsiva. Come oggi, del resto, ma in altra forma
to del mio spirito. e misura, come dirò. Lo Stato come comunità di destino e
“La corruzione e Craxi”, mi si chiede. Iniziamo dalla cor- ordinamento giuridico, lo ripeto, era ed è quasi nulla e i par-
ruzione e dalla Repubblica italiana: mi pare il passo ade- titi, quindi, erano quasi tutto. E qui sta la differenza con l’og-
guato per calzare i giusti stivali delle sette leghe, se mi gi, in cui i partiti nazionali sono anch’essi scomparsi, e con
saranno donati. Dal 1947, quando si ricostituì la macchina essi l’unica forma sociale preformante le volizioni non solo
dei partiti di massa (e non di massa) dopo la lotta di Libe- elettorali su scala non locale e non diadico-verticale, ossia
razione nazionale e il referendum per la Repubblica, il pat- clientelare. I “quasi partiti” di oggi sono una forma perfor-
to stipulato tra le grandi forze politiche ed economiche, pur mante l’umana associazione tutta diversa da quella post-Libe-
tra attriti e contrasti perennemente rinnovatisi, era assai razione. Li ho definiti “quasi gruppi neo caciquisti” di fedeli

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stretti attorno a un capo che raccoglie risorse e a essi le dis- Torniamo agli anni fondativi che si protraggono, traciman-
tribuisce nei plessi oligopolistici o monopolistici di mercati do, sino agl’inizi del decennio novanta del Novecento: i par-
molto imperfetti e a circolazione delle èlites ancora più titi nazionali erano, quindi, l’unico veicolo di contatto tra il
imperfetta, perché diadico- clientelare ed esclusiva con con- popolo, le classi dominanti e l’organizzazione statuale, pur
trollo territoriale-locale spartitorio più o meno sottoposto a fragilissima e delegittimata. Cosa promanava dal fatto che
controllo cleptocratico. gli ordinamenti giuridici di fatto prevalevano su quelli di
Viene anche da qui l’enfasi odierna sul “territorio”, terreno di natura romano- germanica emanati come editti non prefor-
caccia dei predatori in forme mutuate dalle mafie varie per manti da uno Stato onnipresente, ma lontano e debole d’au-
estrarne tutta la plusvalenza economico-finanziaria di finan- torevolezza? Ne scaturiva il plesso di problemi per il conso-
ziamento ai gruppi caciquisti e ai loro capi. La partecipazio- lidamento democratico determinato dal fatto che i partiti
ne politico-partitica si ridimensiona. Il bipolarismo consente, erano polarizzati tra i reticolati invisibili ma efficacissimi
tuttavia, un confronto tra correnti di opinione che assumono della guerra fredda e dovevano trarre, quindi, il loro sosten-
man mano, per esempio, la forma dei giornali-partito o del tamento non solo dalla militanza e dalla società civile, che
partito costitutivamente, originariamente, radicato nel territo- esistevano ed erano fonte sicura ma non sufficiente di
rio come lo è la Lega. sostentamento, ma anche e soprattutto dalle potenze della
guerra fredda medesima: dagli USA la Democrazia Cristia-
na e i suoi satelliti; dall’URSS il PCI e i suoi satelliti quan-
do li avesse avuti. Il patto era: ciò che non proviene da quel-
Gli ordinamenti giuridici di fatto
Oggi si afferma la ricerca di risorse per orientare l’elettora- le fonti (extranazionali, sì, ma assai rassicuranti, se conti-
to e costruire, insieme, personali fortune condivise da pic- nuarono per decenni a versare dalle loro cornucopie i dena-
coli gruppi. La partecipazione politica rimane ed acquista un ri per organizzare la democrazia attraverso i partiti, come
potere situazionale di fatto ben più grande di quanto non diceva Togliatti riprendendo un concetto di Ostrogorski che
fosse in passato soprattutto quando a votare pubblicamente aveva letto in Francia) poteva essere ricercato su scala
sono potenti capi di organizzazioni economiche. Di qui la nazionale nell’invisibilità omertosa: tutti sapevano che il
pubblica, manifesta promessa di ausilio economico ai capi rifornimento di risorse era fondato da un lato su una sorta di
votati. Val la pena accennare sin da adesso alla trasforma- affiliazione ideologica, dall’altro su una logica di scambio:
zione che vi fu, per ragioni logiche e non cronologiche. le don et le contre don, ossia la reciprocità di denaro in cam-

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>>>> dossier / craxi

bio di appoggio in parlamento e su scala locale con leggi e l’eccezione dell’ENI, le allontanò sempre più dal loro ruo-
leggine e decreti e delibere utili a questo o quel gruppo lo economico.
d’interessi, sino a manipolare gare e trattative tra monopo-
li pubblici e attori economici privati. Il che faceva fuoriu-
scire tali rifornimenti, indubitabilmente, dalla legalità. Ma,
Lo Stato spartitorio
come la vendetta barbaricina era vietata ma praticata impu- Questa forma di finanziamento si accompagnava alla sparti-
nemente, anche quell’illegalità era non nominata ma prati- zione delle nomine (lo “Stato spartitorio” di amatiana memo-
cata nell’omertosa omologazione tipica degli ordinamenti ria): finì così per decomporsi lo Stato amministrativo, già tan-
giuridici di fatto. to fragile. Sorse, nuovo Behemot minaccioso e insaziabile, lo
Stato dei partiti e delle correnti dei medesimi, con conse-
guenze quali la crisi fiscale dello Stato e la crisi di legittima-
zione della tecnocrazia mista che di quelle imprese era a capo.
I collateralismi
Il rifornimento ulteriore di risorse, quando, finita la guer- Ma presto si pendolò sull’abisso per la crisi fiscale e l’au-
ra fredda e con essa il rifornimento sovietico, anche gli mento della spesa pubblica, nonchè per la corruzione e l’anti-
USA non foraggiarono più le classi politiche nazionali, meritocrazia dilagante che iniziava a smontare - nella man-
diverrà tanto importante sino a divenire l’unico e quindi canza di decenza - macchine economiche ch’erano delicatis-
pervasivo in forma totalitaria, era assicurato dai relativi sime e in taluni casi sublimi per i risultati che raggiungevano
collateralismi degli interessi: il mondo cooperativo per il con persone dalla qualità straordinaria, come mai più sì è
PCI, la Chiesa nelle variegatissime sue articolazioni (la potuto intravedere nella grande impresa in Italia e non solo. Il
questione italiana, se è, è questione cattolica, sempre, e tutto, ossia il declino mortificante e tremendo e doloroso,
oggi lo si dimentica per ogni dove) per la DC. La Chiesa durerà per circa due decenni. Poi venne la spartizione priva-
cattolica, in verità, sostenne i democristiani sempre e solo, tizzante senza liberalizzazioni che fondò il dominio prodiano,
in definitiva, in funzione anticomunista, secondo il verbo che inizia dalla sua candidatura al Consiglio Comunale di
montiniano che si oppose vittoriosamente a quello tardi- Reggio Emilia nel 1964 e che è durato circa quarant’anni: è il
niano. I democristiani, infatti, furono un interlocutore più lungo e solido sistema di potere e di favori e di minacce
ingrato e non prodigo di doni nei confronti di Santa di uso della forza weberianamente intesa mai costruitosi nel-
Romana Chiesa, assai più di quanto una lettura disattenta la storia italica, con macchine circolari, territoriali per lo più,
potrebbe far pensare. du don et du contre-don. Si creò una pervasività assoluta
Vi era, poi, per la DC, il mondo delle imprese. Esso era ampliando la rete del finanziamento alla politica, con forti
spartito con rilevanti sorgenti di rifornimento dissetante interessenze personalistiche e caciquistiche (si arrivò sino alla
anche verso i liberali e i repubblicani e i socialdemocratici conquista del governo e del controllo degli elettori su scala
e poi, dopo il rifiuto da parte di Nenni del premio Stalin, nazionale), ma nel contempo polverizzandolo e territorializ-
anche verso i socialisti. Ma la cornucopia delle imprese si zandolo: da Bologna alle Alpi e alle Madonie, in un’infinita
rivolgeva, anche con infiniti mal di collo e di capo, più ver- serie di micro, e macro, finanziamenti circolari, con una
so la DC che verso ogni altro partito. Solo l’intelligenza miriade di capi locali caciquistico-politici che si scambiavano
togliattiana (il discorso di Reggio Emilia del 1947 su clas- favori con imprese piccole e piccolissime: di qui il disordine
se operaia e classi medie) aveva aperto qualche spiraglio di peristaltico attuale, con immenso spreco di risorse pubbliche
rifornimenti economici da parte delle piccole e medie ancora più occulte di quanto non fosse in passato, per l’oscu-
imprese. Il fatto, però, che la gran parte di questi denari rità territoriale raso terra che è assai più fitta di quella che vi
provenisse dalle imprese a partecipazione statale non sfug- era sulle cuspidi delle grandi imprese pubbliche.
ge oggi più a nessuno: gli studi sono abbondanti e incon- D’altro canto veniva così creandosi un mondo quasi perfetto
trovertibili; e i risultati di ciò furono sotto gli occhi di tutti per quanto concerneva la macchina dei finanziamenti occul-
allorché da questa forma di finanziamento occulto ma visi- ti e invisibili ai partiti. I donatori e i collettori delle risorse
bile ai partiti (e alla DC, al PSI e satelliti in primo luogo) governate da ordinamenti giuridici di fatto a tutti erano noti
via via che si allargò l’arena del governo si passò a una sor- ma innominabili. Naturalmente, l’ho già enunciato, tale
ta di controllo ferreo delle imprese pubbliche che, salvo finanziamento non era regolato dalla legge: era anch’esso un

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ordinamento giuridico di fatto che si dispiegava contro il irrorato dai voti socialisti e dalle predominanti personalità di
diritto degli ordinamenti giuridici romano-germanici, perché De Mita e di Craxi che per un gioco all’esclusione reciproca
ledeva i principi del merito, dell’eguaglianza costituzionale riuscivano a convergere verso nessun obiettivo reale di
nei concorsi, caricava sulle spalle dei tassati spese improprie modernizzazione politica, secondo il solito vizio italico:
che scaturivano dai sovra-costi tangentizi in mille modi importante non è vincere, ma impedire a un altro di vincere.
estratti dalla finanza pubblica per ripagare favori, attivare E poi si aggiunsero i fattori internazionali: il crollo del capi-
oligopoli, accessi illeciti alle macchine dei mercati, imper- talismo monopolisitco di Stato a natura dittatoriale che dalla
fetti ma efficaci nel far scaturire plusvalenze e spesso Russia era dilagato nel mondo (della Cina allora non ci si
immense e rapide fortune. Oltre ai danni morali a macchia curava, ahimè). Si liberarono le forze del capitalismo anglo-
d’olio pervasivi che in tutto il complesso antropologico sassone in un processo che ho più volte descritto. Ciò che del
nazionale s’incistarono. vecchio personale politico europeo poteva essere eliminato
manu non elettorale doveva essere eliminato con ogni mezzo,
confidando sui poteri occulti dello Stato nelle sue relazioni
internazionali: ieri come oggi la sovranità limitata dell’Italia
Il frattale della corruzione
Il meccanismo oligopolistico da cui scaturiva il processo cor- rispetto agli USA è palese ed è l’elemento più caratterizzante
ruttorio era un frattale variabile che riproduceva l’occlusione della nostra storia, dalla seconda guerra mondiale sino ai gior-
dei mercati grazie all’occlusione della politica. Ma a metterlo ni nostri (Berlusconi e la lotta contro di lui docet).
in moto (è sempre stata la mia tesi contro corrente) erano più
le coorti imprenditive che quelle partitiche. L’imprenditore
italiano innova prodotti e processi ma non government, anzi,
L’uso della magistratura
collude e fa cartello volontieri nei monopoli temporanei o In primis si usò come usbergo la magistratura, che agisce più
perenni. Se la politica lo aiuta, il gioco è fatto e tutto si tiene: come potere corporato che come ordinamento responsabile,
è un meccanismo unico che va dal controllo spartitorio dei con il suo immenso potere discrezionale che avrebbe fatto
mercati al controllo altrettanto spartitorio della politica attra- inorridire un Montesquieu in viaggio per l’Italia. Si sussegui-
verso i finanziamenti occulti perseguiti tecnicamente con rono gli attacchi a Kohl, a Mitterrand, a Forlani, a De Mita, a
un’infinità di pratiche vastissime quanto a innovazione e tutti i capi dei partiti che impersonificavano l’era della guer-
creatività pressochè continua. Esse richiedono preparazione, ra fredda, ossia della guerra di posizione in Europa e in Italia
competenza, sinergie e logiche del silenzio in catene persona- in particolare. Ora doveva iniziare una guerra di movimento
li spesso lunghissime. Di qui la complicazione di mantenere che apriva i mercati, favoriva le privatizzazioni (senza libera-
la segretezza, soprattutto quando i flussi finanziari dal territo- lizzazione dei mercati, favorendo la vendita à la Eltsin ai pri-
rio dovevano, con il manuale Cencelli delle elezioni e delle vati dei tesori dello Stato in disfacimento). L’anomalia italia-
percentuali che ne derivavano, riversarsi anche sui centri na risiede nel fatto che ciò si compie mentre lo Stato, appun-
nazionali dei partiti. Quando le risorse provenivano dal cen- to, è in disfacimento, commissariato dal potere giudiziario e
tro (le partecipazioni statali, le grandi imprese) tutto era -ed è- dalla mitologia tecnocratica di impreparati ma potenti ban-
molto più semplice e “segregabile”. Il peso per coloro che chieri centrali con i loro fedeli servitori in attesa di prebende
pagano le tasse era ed è fortissimo e il freno alla liberalizza- anche dal mercato finanziario internazionale, mentre la clas-
zione dei mercati in un “non mercato” regolato dai collettori se politica sprofondava nella corruzione, nel malcostume, nel
dei partiti nazionali era ed è fortissimo ed efficacissimo, ma ludibrio a cui l’esponevano i mass media berlusconiani che
molto meno dispersivo di risorse e ricco di entropia di una lot- candidavano l’imprenditore milanese dello spettacolo e del-
ta di accaparramento senza regole quale fu ed è quella che l’edilizia a capo della nuova solidarietà di classe tra piccola
seguì allo sperimentato sistema. I costi lievitavano senza borghesia e piccola impresa, tra professioni liberali e impren-
sosta, unitamente alla decadenza della classe politica e all’as- ditorialità diffusa, e mentre Prodi veniva individuato dai vec-
senza di prospettive morali con cui si affrontavano gli anni chi capi dei partiti costituzionali, ex PCI ed ex sinistra demo-
novanta del nostro Novecento. cristiana di base, a essere il prescelto per convincere gli elet-
Dopo la fine del compromesso storico ci fu la non nascita del- tori con altrettanto acute operazioni mediatiche.
l’alternativa di sinistra, la foresta pietrificata del centrismo La borghesia si spaccava, la sinistra si liquefaceva, le classi

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lavoratrici affrontavano decenni di solitudine, sorgevano ni ancora oggi attivissimi e solerti, di cui si servono presso-
nuovi attori politici, territoriali appunto (Lega docet). Moro ché tutti gli attuali gruppi o “quasi gruppi” caciquisti non
l’aveva previsto dalla sua prigionia, in un’impressionante nazionali, promuovendone alcuni a ruoli di spicco che essi
capacità analitica. Iniziava una resa dei conti spietata su più stessi non si sarebbero un tempo mai sognati di ricoprire,
fronti. Andreatta aveva, peraltro, sollevato il marcio dello consapevoli delle loro scarse capacità politiche, che pure i
IOR che andava ben al di là delle mura vaticane per diveni- caciqui debbono rendere manifeste almeno nella formazione
re un ritratto italico a tutto tondo. delle liste elettorali e nella scelta degli elettori.
È in questo contesto che si colloca la vicenda craxiana. Ma ora i nani sono giganti, gli alberi di alto fusto sono stati
Essa non si può comprendere scientificamente al di fuori di abbattuti e i cespugli paiono foreste.
questo contesto. In questo contesto, del resto, se vogliamo Al tempo in cui si realizzò la mutazione qui raccontata e si
inanellare testimonianze di rara perspicacia storica, come colpì Bettino Craxi come vittima sacrificale e capro espiato-
fu nel suo dramma altissimo quella di Moro dal carcere del- rio, successe l’imprevedibile: la generazione dei giovani tur-
le BR, e nel coraggio di cattolico integro quella di Andreat- chi che aveva appena spossessato i vecchi capi politici resi-
ta sullo IOR, occorre inserire il discorso di Craxi alla stenziali del PCI si accodò lestamente a questa logica di
Camera, quando descrisse il meccanismo spartitorio dei smantellamento del vecchio Stato dei partiti. La sinistra
finanziamenti, occulti ma da tutti visibili, ai partiti, a tutti i democristiana la seguì. Del resto essi erano il frutto del ’68: il
partiti, in una chiamata di correo di tutta la classe politica, più spettacolare processo di de-elitizzazione delle società
nessuno escluso, rifiutando in tal modo di essere trattato moderne mai intentato da parte della piccola borghesia italia-
come il capro espiatorio e dando per di più una rara testi- na dopo il fascismo. I giovani dirigenti comunisti, in procin-
monianza di coraggio. to di mutare nome della casa di appartenenza, si accodarono
a quel processo e insieme ne furono gli artefici. Rosbespierri-
smo, ignoranza, sete di potere, mancanza di rigore etico? Tut-
to si confuse e si mescolò in una logica impazzita che ebbe i
La rivincita delle oligarchie
Egli era tra quei leader internazionali prima ricordati che devastanti effetti del rovesciamento dell’equilibrio dei poteri
subirono l’offensiva giudiziaria e politica delle forze dell’e- e che sbalzò quello giudiziario da servo della politica a suo
spansione del capitalismo anglosassone e della sua potenza padrone. Era finita un’epoca. Un’altra non è iniziata.
diplomatico-militare: il caso Sigonella, i rapporti con l’OLP, Naturalmente occorrerebbe ritornare a riflettere, non solo in
una concezione nazionalistica del ruolo dei servizi segreti, lo chiave antropologica, ma anche profondamente storica, sul-
avevano già condannato, del resto, a essere una delle vittime la vicenda italiana. Riprendere l’idea, prima di Vincenzo
sacrificali. Rispetto ad altri compagni di viaggio o di destino Cuoco e poi di Antonio Gramsci, della rivoluzione passiva
lo indeboliva, fondamentalmente, il suo comportamento come tratto distintivo della storia nazionale sarebbe assai
innovatore nel campo del finanziamento ai partiti. Egli prima opportuno. Ci consentirebbe di sottolineare l’attacco multi-
di altri, infatti, iniziò dal controllo pervasivo del territorio, a forme che nel periodo del decollo industriale e dell’allarga-
cui lo candidava una coorte di amministratori fedelissimi e mento del suffragio elettorale fu sferrato contro Giovanni
un’alleanza con la borghesia innovativa delle professioni e Giolitti, il quale fu il primo a tentare di far accedere alla
quindi del futuro volto dell’Italia post- industriale. Stretto tra statualità decisionale forze che la borghesia liberale (e
la macchina organizzativa comunista e l’arcipelago collate- anche la Chiesa) aveva paura di evocare e che si preferiva
ralistico di natura democristiana, la sua volontà espansiva emarginare. In parte la vicenda di Moro, e anche quella di
non poteva avere limiti: l’alternativa sarebbe stata la dissolu- Craxi, nel secondo dopoguerra novecentesco hanno questo
zione, come accadeva al socialismo demartiniano e lombar- segno: chi ha cercato, nella storia d’Italia, di costruire, con i
diano, già dissolventesi e non in grado di attrezzarsi alle nuo- mezzi che la stessa storia gli consegnava, uno Stato e un’e-
ve necessità del rifornimento delle risorse. conomia (pur moderatamente) contendibili, viene spazzato
Così facendo Craxi anticipava i tempi: oltre alle risorse dalle via dalle chiusure oligarchiche che la società italiana, nella
partecipazioni statali iniziava già prima degli altri con meto- sua ferrea collocazione internazionale che è performante sin
di innovativi la raccolta di risorse su scala territoriale, for- dall’origine della nazione, dal Risorgimento a oggi, conti-
mando una schiera di collettori di finanziamenti e di pressio- nuamente riproduce.

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>>>> dossier / craxi

Il quarto potere e il terzo


>>>> Frank Cimini

I l circuito mediatico-giudiziario di “Mani pulite” ebbe una


particolarità, perchè andava al di là della storica e consoli-
data dipendenza dei cronisti dagli uffici inquirenti, che c’era
Fiat e Mediobanca, poteri forti dell’economia e della finanza,
non potevano essere toccati per una sorta di ragion di Stato
che da sempre non è estranea all’amministrazione della giu-
prima della falsa rivoluzione e c’è ancora adesso. Nel 1992 e stizia in Italia. Ricordo che nell’aula del processo Cusani
soprattutto nel 1993 accadde che gli editori dei grandi quoti- l’avvocato difensore Giuliano Spazzali, uno dei pochi ad aver
diani italiani, in qualità di imprenditori dalle molteplici attivi- cercato di contrastare la verità ufficiale, rivolgendosi all’E-
tà, erano sotto schiaffo da parte del pool dei magistrati del roe, al secolo Antonio Di Pietro, disse: “Se il Pubblico mini-
quarto piano. E, in parole povere, per farla franca utilizzaro- stero decidesse di andare a fare un giro in via Filodrammatici
no i media di loro proprietà per appoggiare l’inchiesta. lo accompagnerei volentieri...”.
Fu un lavoro scientifico, simboleggiato dal giro di telefonate Naturalmente l’Eroe in quel periodo aveva altro da fare per
serali tra i direttori di Corriere della Sera, Repubblica, Stam- continuare la sua attività di depistaggio istituzionale. In que-
pa e Unità per concordare cosa mettere in pagina e cosa no. gli anni infatti il ruolo della procura fu quello di inquinare le
Molti altri quotidiani seguivano a ruota, come si suol dire. prove. Per due volte i Pm chiesero di archiviare le indagini sul
Non si può non ricordare, nel fronte favorevole all’indagine, cassiere del Pds Marcello Stefanini, per due volte il Gip Italo
la presenza di Vittorio Feltri, allora direttore de L’Indipen- Ghitti, che pure aveva firmato decine e decine di arresti chie-
dente, il quale riuscì a titolare in prima pagina I socialisti non sti dal pool, ordinò accertamenti in 12 punti. Tranne una ridi-
vanno più in Somalia perchè li non c’è più niente da rubare. cola rogatoria a Berlino, la procura non fece assolutamente
Recentemente Feltri in una intervista ha spiegato: “Andai a nulla. E non c’entrano le toghe rosse. I signori del quarto pia-
trovare Bettino ad Hammamet e ci chiarimmo, io gli spiegai no avevano bisogno di una sponda politica per andare avanti.
che scrivevo quelle cose perchè mi facevano vendere copie”. Nel caso in cui avessero indagato anche sui vertici nazionali
Parole che sono uno spaccato dell’Italia di allora e se permet- del Pci-Pds, la risposta del Parlamento sarebbe arrivata in
tete dell’Italia di oggi. Gli editori: Cesare Romiti, Carlo De pochi giorni: un’amnistia che avrebbe fatto tornare la magi-
Benedetti, il Pci-Pds e altri. Tutti miracolati dall’inchiesta stratura all’attività ordinaria senza più la velleità di “rivoltare
“due pesi e due misure”. Sia Romiti sia De Benedetti, ad un l’Italia come un calzino”.
certo punto, consegnarono in procura un elenco delle mazzet-
te versate dai loro gruppi che si rivelò molto lacunoso; ma
non pagarono dazio, come invece era accaduto ad altri perso-
Berlusconi, Fini e Di Pietro
naggi arrestati per inquinamento delle prove anche più volte. L’inchiesta “Mani pulite” fu forte soprattutto mediaticamen-
L’informazione in Italia scrisse una delle sue pagine più nere te. Va ricordato che ad appoggiare in modo determinato la
con il silenzio su quella riunione nell’ufficio del procuratore violazione dello Stato di diritto e delle garanzie della difesa,
capo Borrelli dove si decise non solo di non arrestare Romiti nonchè l’utilizzo del carcere per ottenere la confessione di
ma di non indagare più sulla Fiat. Per aver scritto la verità su quello che era stato commesso e anche di quello che invece
quell’incontro (Il Mattino, 28 aprile 1993) sono tuttora inse- non era stato commesso, furono le televisioni del gruppo
guito dai magistrati del pool con una richiesta risarcitoria. Mediaset. Ancora oggi sia Fini sia Berlusconi, che per il resto
Mediobanca, che si era letteralmente pappata la Montedison, non vanno più d’accordo su niente, quando parlano di quegli
poco mancò che non ricevesse dalla mitica squadra di Pm avvenimenti ancorano le critiche a partire dal 1994. Fu l’an-
addirittura una medaglia. no del famoso avviso al fondatore della Fininvest (21 novem-

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>>>> dossier / craxi

bre, Napoli, convegno dell’Onu sulla criminalità internazio-


nale). E prima? Non era accaduto nulla? No, secondo il pre-
mier e il presidente della Camera dei deputati di oggi. Insom-
ma, “Mani pulite” sarebbe andata in aceto nel 1994. Nel 1994
a novembre, però. Perchè in primavera Berlusconi dopo aver
vinto le elezioni offrì all’Eroe il ministero dell’Interno. Prima
l’azione della magistratura sarebbe stata salutare.
Nessun giornale all’epoca lo scrisse, sempre perchè domina-
va il pensiero unico, ma l’anno terribile di “Mani pulite” fu il
1993. Le mancate indagini su Fiat, gruppo De Benedetti, Pci-
Pds, Mediobanca. Senza dimenticare il troncone di inchiesta
relativo ai fondi neri dell’Eni, la cui conduzione fu in sostan-
za affidata al banchiere Pier Francesco Pacini Battaglia, to inchiesta a Brescia, dove per la prima volta nella sua sto-
“entrato e uscito come una meteora dalle sue indagini, dottor ria l’Anm emise un comunicato di solidarietà schierandosi
Di Pietro”, ricordò in aula l’avvocato Spazzali. Pacini Batta- con l’indagato ex magistrato e non con i Pm che facevano le
glia, “anche depositando carte false”, come sostenne poi la indagini. La prima volta ovviamente fu anche l’ultima.
procura di Brescia, inquinò le prove in modo formidabile, ma Bettino Craxi, di cui si è tornato molto a parlare in questi
agli occhi della procura di Milano l’uomo “appena un gradi- giorni per l’eventualità che gli sia dedicata una via o un
no sotto Dio” rappresentava l’Eni buono, quello che “colla- giardino a Milano, descritto come il responsabile di tutti i
borava”. Come Franco Bernabè, sentito da testimone al pro- mali e un grande criminale, fu un colpevole di finanziamen-
cesso Cusani. “E allora l’abbiamo finita con la pratica delle to illecito ai partiti tra i tanti. Fu uno sul quale, a differenza
società off-shore?” chiedeva il Pm più famoso del globo ter- di altri, si indagò a fondo. Non sono mai stato craxiano, ven-
racqueo. E Bernabè mormorava: “La stiamo finendo”. L’allo- go dal comunismo libertario, il praticantato giornalistico
ra amministratore delegato del cane a sei zampe, in pratica, l’avevo fatto al Manifesto. Bettino l’ho combattutto politi-
confessava un reato ancora in essere. Ma l’Eroe in toga nulla camente negli anni della mia giovinezza al pari degli altri
obiettò e soprattutto nulla fece. E il giorno successivo nessun leader della cosiddetta prima Repubblica, anche se forse lo
grande principe del giornalismo scrisse nulla. avversai meno di Berlinguer perchè considero il compro-
Tra il 1992 e il 1993, nella “Mani pulite” che piaceva a tutti messo storico la vera sciagura del dopoguerra italiano e uno
o quasi, e che portava in corso di Porta Vittoria le bandiere di dei motivi per cui i comunisti ortodossi delle Br arrivarono
un arco che andava dal Msi al Leoncavallo, bisognava parla- a essere il secondo partito in molte fabbriche del nord.
re a verbale per non stare in galera. E occorreva anche l’av- Però i guai della politica si risanano con la politica. Il dirit-
vocato giusto per cavarsela. Chi per esempio era assistito da to non è uno strumento di trasformazione della società. L’er-
Michele Saponara non aveva speranze. Il socialista Loris rore terribile della classe dirigente della prima Repubblica
Zaffra per rivedere la luce dovette cambiare difensore. Un fu proprio quello di delegare interamente alla magistratura
manager dell’Eni, arrestato e portato di fronte all’Eroe, esor- la risoluzione del problema della lotta armata interna prima
dì: “Guardi, non è vero quello che è scritto qui nell’ordine di e della mafia poi. Le toghe acquisirono così troppo potere e
custodia”. Il Pm per antonomasia: “Lasci perdere quello che nel momento in cui la politica si indebolì la magistratura le
c’è scritto lì, lei mi deve dire cosa sa”. “Ma io sto qui per saltò al collo, con la scusa della lotta alla corruzione, che
quanto c’è scritto sulla carta” controreplicava il malcapitato. c’era anche prima e che Pm e giudici avevano fatto finta di
Nulla da fare. Era la giustizia degli anni del grande terrore, non vedere. Siamo passati negli ultimi trent’anni e più da
su cui una vera riflessione non è stata ancora avviata. una emergenza all’altra e l’emergenza è diventata prassi
Gli imprenditori la fecero franca anche perchè avevano i normale di governo. Al punto che in questa seconda Repub-
media per esaltare la falsa rivoluzione: pagarono i politici di blica si governa sulla base della cronaca quotidiana. E fino a
quasi tutti i partiti tranne uno. Nelle file di quell’uno il Pm che non ci sarà progettualità, la magistratura, insieme a eco-
simbolo dell’inchiesta beneficiò di un seggio da senatore nomia e finanza, avrà sempre spazio per pesare molto di più
mentre era a caccia di un’immunità parlamentare perchè sot- rispetto al normale.

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Una parte essenziale


della nostra storia
>>>> Biagio de Giovanni

I n questo anniversario –nonostante l’asse Borrelli-Di Pietro, dio


ne scampi, ricostituitosi sulla toponomastica di Milano- si è ria-
perto il dibattito su Craxi, favorito forse da una congiuntura politi-
novità italiana. Questo costituisce, secondo me, un punto di parten-
za fermo, intorno al quale avviare ragionamenti che possono avere
esiti e traiettorie diverse. E questo spiega perché l’attacco fu anche
ca destinata a mettere in evidenza i molti elementi anticipatori che alla cultura del Pci, e mi riferisco naturalmente all’azione del Mon-
erano nella sua visione politica, che fu “sua” e che di certo fallì doperaio di Federico Coen, senza il cui lavoro molte cose sarebbe-
anche per sue responsabilità, e che andò anche in parte, allora, con- ro rimaste implicite, pura politica, e con lui divennero invece
tro “il principio di realtà”, intrisa come fu fin dall’inizio di giacobi- embrione di nuova cultura politica.
nismo. Certo, bisognerebbe ripercorrere con calma date e situazio- Si trattava di smuovere un monolite dalla sua tana. Di mettere in
ni, periodizzazioni stringenti e motivate. Insomma, sarebbe neces- discussione, a sinistra, certezze che non erano mai state messe in
sario, credo, un vero e proprio studio non solo su di lui, ma su quel discussione e che nessuno chiedeva che lo fossero.
“nuovo” Psi –il Psi di Martelli, e di tanti altri- che nel 1976 sembrò L’appuntamento del compromesso storico fu proposto dal Pci
aprire una nuova stagione politica dell’Italia e poi finì nel nulla, come elemento di una continuità che veniva da lontano, i cui
dopo quindici anni circa di più o meno convulse vicende. embrioni erano addirittura nella costituzione originaria del Pci -al di
Bisognerebbe far questo in un momento in cui si dibatte sul se la là di affermazioni del tipo “fine della spinta propulsiva dell’Urss”
seconda Repubblica sia ancora viva o piuttosto moribonda (e su che apparvero più importanti di quanto non fossero in realtà, trat-
questo ho già espresso la mia opinione: propendo per il “viva”), tandosi di cosa come tale già acquisita- e ne rivendicavano un con-
giacchè personalmente non ho dubbi che l’asse strategico intorno al tinuismo politico-culturale che serviva a confermare la costituzione
quale nacque il craxismo fu proprio la messa in discussione di un storico-materiale del paese e un vecchio, ambiguo, ma anche com-
tratto decisivo della storia repubblicana, della sua “ideologia”, dei plesso, ragionamento sulla questione cattolica. Il compromesso sto-
suoi tabù, delle sue idiosincrasie, del suo senso comune, e insom- rico voleva insomma sanzionare che il consociativismo di fatto, più
ma di quello che si può chiamare il suo sistema egemonico, che o meno strisciante, diventasse governo comune del paese, e doves-
comprendeva troppe cose contro le quali si rischiava di cozzare e se trovare quindi motivazioni più solide e di lungo periodo. Non era
contro le quali ci si andò effettivamente a urtare. La strategia di Cra- tanto preparatorio di una alternanza di governo, come pure venne
xi nacque anzitutto per affossare il compromesso storico, che di da qualcuno interpretato, ma come consolidamento definitivo di
quella storia intendeva essere “conclusione”: è lì che va ricercato il equilibri di una storia allora quasi quarantennale.
punto d’origine. Craxi è insomma l’antiMoro e l’antiBerlinguer, e Craxi nacque in opposizione a questo disegno, e per far ciò dovet-
va ancor di più apprezzato il suo comportamento in occasione del- te reinterpretare l’autonomismo socialista in una chiave inedita.
la tragedia che colpì il grande dirigente della Dc. Dovette battere il conservatorismo di Francesco De Martino senza
Le date, come si usa dire, sono decisive. E che il Midas arrivi nel potersi semplicemente riagganciare a motivazioni da primo centro-
1976, qualche anno solo dopo l’opa del compromesso storico, la sinistra. Si trovò in una situazione scoperta e assai difficile, anche
dice lunga sulla sua origine. Senza i celebri articoli di Enrico Ber- perchè il compromesso storico veniva mostrato come esito neces-
linguer su Rinascita che annunciavano la svolta, o meglio che sario della storia della prima Repubblica, ed aveva in sé una sua
dichiaravano esplicitamente di volere ciò che già in parte era nelle immanente forza e quasi necessità, stante gli equilibri politici italia-
cose, Craxi non avrebbe avuto la forza di emergere come la vera ni e stante la pericolosa china inaugurata da Piazza Fontana, 1969,

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>>>> dossier / craxi

e poi esplosa in forme variopinte negli anni settanta. Incrinare la politica, quando questo squilibrio è eccessivo, tende a prevalere
sua logica interna era lavoro difficilissimo, con sicure venature l’effettività dei rapporti di forza, dentro i quali la strategia innovati-
“giacobine”. Bisognava disegnarne il potenziale carattere di “regi- va si continua a scorgere solo per vie indirette e in qualche caso
me” per risvegliare qualche pezzo di coscienze liberal-socialiste e emblematiche: la scala mobile, ad esempio, possibile anche perché
post-azioniste, e su questa base lavorare a un nuovo Psi e a una nuo- la Cisl di Carniti fu d’accordo. Che la stagione “ideale” craxiana
va sinistra. Il Psi era l’unico cuneo che si poteva inserire in quel tenda ad esaurirsi nei primi anni ottanta, è segno di questo. L’idea
disegno per buttarlo giù. E questo implicava l’apertura di un dop- generale rimane, ma per ora viene accantonata, e accantonare una
pio fronte, verso il Pci facendo intravvedere una alternativa di sini- grande idea significa in varia misura rinunciarvi.
stra, e verso la Dc riproponendo in forma nuova la capacità di Puro velleitarismo, allora, quello del primo Craxi? Non credo; se
governo del Psi. Anche questo, un equilibrio difficile e non privo così fosse, dovrei rimangiarmi tutto ciò che ho detto, e peraltro non
certo di ambiguità. ogni strategia che fallisce è semplicemente velleitaria. Le idee erano
Per chi ama le fasi aurorali del movimenti (anche di idee) è quello molto forti e coglievano aspetti profondi della situazione italiana,
indicato l’aspetto del craxismo che più affascina, anche perché è esprimevano una diagnosi che allora nessuno faceva, ma che poi si
quello veramente anticipatore di una crisi di sistema che si verificò sarebbe dimostrata, in tutt’altra situazione, fondata e anticipatrice.
molto dopo, in tutt’altra forma e coinvolgendo lo stesso Psi. Craxi Furono peraltro quelle idee l’asse intorno a cui si formò il nuovo
aveva capito in anticipo alcune cose: che il consolidamento dell’as- gruppo dirigente del Psi che senza di esse non sarebbe esistito.
se Dc-Pci costituiva un destino di conservazione per l’Italia, e che Il primo vero ostacolo si chiamò Enrico Berlinguer, il politico che
questo consolidamento coincideva con un rafforzamento sine die riuscì a mettere insieme compromesso storico e diversità comuni-
della storia della prima Repubblica, ovvero di un sistema egemoni- sta, due realtà reciprocamente escludentisi, e rinunciò a entrare in
co in via di esaurimento; che era venuto il momento di una riforma quella terza realtà aperta da Craxi, alla quale il Pci avrebbe potuto
della Costituzione (la “grande riforma”) per mettere in discussione dare un contributo decisivo per una alternativa. Era possibile imma-
i tratti conservativi di un sistema idealmente e politicamente assem- ginare un diverso atteggiamento del Pci? Tutto in politica può avve-
bleare; che si dovevano mettere in discussione i blocchi sindacaliz- nire, anche se per le ragioni indicate all’inizio non era certo cosa
zati; che le matrici culturali del Psi andavano profondamente rivisi- facile. Quel partito in realtà si era infilato in un vicolo cieco distrut-
tate liberandosi dallo straordinario impoverimento che esse stavano tivo, e prender sul serio Craxi (e non dico affatto accoglierlo “in
attraversando a favore del suo compagno maggiore; che queste toto”) avrebbe potuto costituire qualcosa che avrebbe potuto cam-
matrici da riconquistare riportavano verso altri pensieri, e anche biare la storia della sinistra italiana e dunque di tutto il sistema poli-
verso tradizioni che soprattutto la critica del Pci aveva violente- tico. Così non fu, e venne meno una dialettica decisiva. Craxi anzi
mente rimosso, a cominciare da quella liberalsocialista; che, insom- diventò il principale nemico da battere a sinistra, come il nemico
ma, quel nano politico che era allora il Psi, ancora abbacinato da mortale da distruggere. E Craxi rispose a sua volta per le rime, con
una vecchia interpretazione dell’unità d’azione, doveva riconqui- altri eccessi, senza accorgersi, forse, che senza quella sponda il suo
stare la capacità di pensare. Si può aggiungere, e non sempre è sta- progetto era destinato a fallire, o comunque a mutare completa-
to detto, data anche la profonda diversità delle situazioni, che più di mente natura.
ogni altro Craxi ha anticipato il socialismo immaginato da Tony Craxi entrò così in un sistema di cui alla fine rimase vittima,
Blair, il che costituisce osservazione di non poco interesse storico- anche perché, una volta entratovi, contribuì a ridefinirlo a imma-
politico per una precisa ragione: Blair aveva alle spalle la rivolu- gine di quelli che gli sembrarono interessi di potere del suo parti-
zione degli anni ottanta, e potè fondarsi almeno in parte su di essa to. Quando l’asse ideale e strategico viene meno, tutto diviene
e sul lavoro “sporco” fatto dalla Thatcher. Craxi no, ed egli dovet- possibile, soprattutto per chi su quell’asse strategico, contraria-
te leggere fra le righe della storia del mondo per vedere in anticipo mente a ciò che normalmente si pensa, ha giocato parte essenzia-
ciò che solo gli anni successivi squaderneranno davanti a tutti. le della sua identità. Ma qui incomincerebbe un altro discorso sul-
Ma non mi posso infilare in un discorso troppo complesso e dalle le modalità di fine del sistema italiano nei primi anni novanta, un
troppe facce, e voglio piuttosto interrogarmi assai brevemente sul- capitolo che rinuncio evidentemente ad aprire. Non senza però un
le ragioni del fallimento del disegno che ho cercato di rappresenta- piccolo appello al fatto che, di là dal merito delle scelte politiche,
re, e sulle ragioni del disastro finale. C’è stato probabilmente uno Craxi va oggi pensato come parte essenziale della storia italiana,
squilibrio iniziale fra questo complesso di idee e i rapporti di forza con la buona pace di chi ha costruito le sue fortune sulla sua
effettivi in campo, quello che chiamavo strisciante giacobinismo. In distruzione umana e politica.

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>>>> dossier / craxi

Il paradosso dell’innovatore
>>>> Ernesto Galli della Loggia

A lla fine, mi sembra, si potrebbe arrivare a questa con-


clusione: Craxi, l’uomo del nuovo per antonomasia, il
propugnatore del cambiamento, rimase vittima proprio del-
anche se molti cercarono più meno astutamente di usarlo e
di condizionarlo, ebbe alla fine un esito da nessuno di
costoro previsto o voluto.
le novità e dei cambiamenti che non aveva saputo vedere o Craxi non ebbe alcun sentore di ciò che pure si andava pre-
interpretare. Su questa clamorosa, paradossale, sfasatura si parando sotto i suoi occhi. Animale totus politicus cresciu-
consumò la sua repentina sconfitta politica ed è da qui che to per intero nel mondo dei partiti della prima Repubblica,
continua a venire alla sua catastrofe personale un sapore egli non dismise mai nei confronti della cosiddetta società
amaro di beffa. civile un atteggiamento nella sostanza pedagogico e di dire-
Il fatto si è che mentre nella sostanza il nuovo a cui il segre- zione. Pur proclamandosi - e per molti versi essendo real-
tario socialista ebbe sempre mente e per cui (ma fino ad un mente - l’esponente politico più in sintonia con alcune esi-
certo punto, come dirò) cercò di battersi s’iscriveva intera- genze e alcune nuove tendenze del mondo fuori del Palaz-
mente nell’ambito del sistema politico propriamente detto zo, egli ostentò sempre verso questo mondo un senso di
(inteso cioè come insieme di regole e come rapporti di for- distaccata superiorità, legato probabilmente al concetto
za tra i suoi attori), viceversa le novità che alla fine lo tra- altissimo che aveva della politica e del proprio ruolo. Gli
volsero, e che egli non vide o sottovalutò, si produssero obiettivi della “governabilità” e della “modernizzazione”
precipuamente nell’ambito del cosiddetto “sociale”: in par- che perseguiva erano sì tali da essere condivisi da una gran
ticolare nell’ambito dell’opinione pubblica, dei giudizi dif- parte della compagine sociale, e certamente essi rappresen-
fusi, dei modi accreditati di sentire e di ragionare. Accadde tavano assai di più che una pura istanza politicistica. Ma
allora, infatti (parlo della seconda metà degli anni Ottanta), Craxi li perseguì costantemente mantenendo un atteggia-
qualcosa che non era mai accaduta prima nella storia della mento del tipo “faccio tutto io, lasciatemi lavorare”: pen-
democrazia italiana: vale a dire che per un concorso straor- sando cioè che quel che davvero contava, alla fine, erano
dinario di circostanze cominciò a formarsi nel paese un’o- solamente la politica ed i suoi attori a deciderlo; e che quin-
pinione pubblica sufficientemente vasta e dagli orienta- di, purchè fosse stato esattamente valutato e interpretato, il
menti radicaleggianti la quale, da un certo punto in avanti, “sociale”, al pari della proverbiale intendenza, non avrebbe
si sottrasse alla diretta influenza dei partiti cominciando ad potuto fare altro che “seguire”. Con tale burbanzosa sicu-
agire sulla scena politica sostanzialmente in proprio. Intro- rezza Craxi trattò il suo partito, gli intellettuali ad esso più
durrò più avanti le necessarie cautele analitiche in questa o meno vicini, e molto altro ancora. Ottenendo i successi
affermazione che, così come l’ho espressa, rischia di appa- che si sa, certo, ma altresì dovendo anche periodicamente
rire davvero troppo ingenua. Ma ciò che qui m’interessa constatare che tutto ciò che egli faceva otteneva poi risulta-
sottolineare è come sia stata precisamente la presenza di ti elettorali solo miserrimi. In realtà, insomma, a dispetto di
questo protagonista inedito, di questo tipo nuovo di opinio- tutti i suoi sforzi, non gli riuscì mai di farsi seguire dal-
ne pubblica - politica, politicissima, ma non più connotata l’intendenza. Evidentemente c’era nella sua strategia qual-
in senso partitico - l’elemento decisivo che determinò non cosa di sbagliato alla radice.
solo e non tanto il minuto andamento delle inchieste giudi- Tanto più che anzi l’intendenza gli si mise ben presto con-
ziarie, quanto soprattutto ne provocò l’ innesco finendo poi tro. Nell’Italia della seconda metà degli anni ’80, infatti,
per costituire il carattere politicamente non dominabile del- via via che si allentano la morsa della guerra fredda e la
l’intero fenomeno di “Mani pulite”. Fenomeno che infatti, camicia di forza ideologica fino allora infilata dai partiti sul

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>>>> dossier / craxi

corpo della società, cominciano ad apparire sempre più evi- che cominci a manifestarsi un sentimento di dissociazione,
denti i numerosi aspetti patologici accumulatisi special- che prende la forma di una critica sempre più vasta e - ciò
mente negli ultimi due decenni. Aspetti patologici che ora che più conta - trasversale. Per la prima volta il termine
appaiono particolarmente insopportabili perché privi degli “partitocrazia”, fino allora proprio esclusivamente del les-
alibi che potevano essere invocati in precedenza: un debito sico della destra, comincia nella seconda metà degli Ottan-
pubblico in crescita libera a causa principalmente degli ta a trovare largo impiego anche a sinistra. E’ un segnale di
sprechi e delle disposizioni compiacenti in vigore nel cam- quanto sta accadendo. Ed è un segnale percepibile ben pri-
po della sanità e delle pensioni; un’evasione fiscale altissi- ma di “Mani pulite”, senza il quale è facile immaginare che
ma e indomabile; una malavita organizzata sempre più questo fenomeno non ci sarebbe neppure stato o avrebbe
padrona di intere regioni del paese; un’amministrazione avuto effetti assai meno sconvolgenti. Ben prima del ’92,
dello Stato pachidermica e inefficiente; servizi pubblici ad esempio, anche la Chiesa italiana si fa pubblicamente
scadenti, indegni di un paese civile; dappertutto un livello paladina della “legalità” e della lotta contro la malavita
di corruzione strutturato, capillare, assillante e quasi sem- dando chiari segni di voler ritirare la delega in bianco rila-
pre impunito; la giustizia che ogni tanto prova a colpire ma sciata a suo tempo alla Democrazia cristiana. Dal canto
che deve battere regolarmente in ritirata di fronte all’uso suo una parte significativa del mondo cattolico, parroci,
spregiudicato dell’immunità parlamentare o ad altri gruppi di fedeli, riviste, perfino vescovi, cominciano a
prendere le distanze dal loro antico partito, mentre in mol-
te diocesi si aprono “scuole di politica” con l’esplicito pro-
posito di formare una nuova classe dirigente. Sono molti e
di varia natura, dunque, gli apporti che confluiscono nella
formazione della nuova opinione pubblica di cui dicevo
sopra. Ma tutti si riconoscono alla fine in un sentimento
comune: l’anticraxismo.
Attraverso quali meccanismi Craxi sia divenuto agli occhi
di un buon numero di italiani il rappresentante delle più
inquietanti pulsioni eversive e nello stesso tempo l’incarna-
zione assolutamente insopportabile del sistema esistente, il
simbolo sia del pericolo del nuovo che dell’impresentabili-
tà del vecchio, deve essere ancora spiegato in modo soddi-
sfacente. Certo si è che egli non sembrò aver alcun sentore
della potenzialità distruttiva che un tale movimento poteva
avere, rimanendo convinto fino all’ultimo che si trattasse di
qualcosa di sostanzialmente artificiale, di una sorta di
inciampi, sicchè è rarissimo che si arrivi a una sentenza. manovra-complotto sollecitata e orchestrata dai suoi due
Infine, come denominatore comune, un sistema politico nemici di sempre: il Partito comunista e il gruppo Repub-
bloccato, sì, ma attivissimo nell’esercitare il proprio domi- blica-L’Espresso. Ora non intendo davvero sottovalutare
nio su qualunque parte della società (a cominciare dalla l’incidenza dell’uno o dell’altro. Certamente il nucleo duro
magistratura, come ho accennato) e nell’occupare qualun- dell’ “anticraxismo” fu rappresentato da una opinione
que spazio d’intermediazione con richieste continue di “comunista” venuta crescendo dal 1978 in avanti e giunta a
denaro: un sistema politico abituato a disporre a suo pia- pieno rigoglio con la predicazione berlingueriana sulla
cere di migliaia di cariche solitamente ben retribuite, a “questione morale”; così come è sicuramente vero che i
elargire favori dietro consenso, a far valere su tutto e in giornali del gruppo Caracciolo non persero una sola occa-
qualunque occasione la volontà del “partito”, cioè delle sione per sparare a zero sul segretario socialista. Ma nel-
proprie immobili oligarchie. l’ultima fase della prima Repubblica il movimento antiso-
Così accade non a caso che sia proprio verso i partiti e il cialista vide convergere un arco di forze ben più vasto e
loro sistema, sentiti come usurpatori dei diritti dei cittadini, variegato - dai già ricordati ambienti cattolici a quelli di

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cultura liberaldemocratica vicini tradizionalmente al Parti- va a sinistra, la tendenza poteva essere invertita. Ora diven-
to repubblicano, a settori importanti della Confindustria - tava possibile saldare vecchi conti e aprirne di nuovi.
che ne fecero in breve un vero e proprio senso comune dif- Le cose però non sarebbero andate così, dal momento che
fuso trasversalmente. La stampa vi giocò senz’altro una il punto di partenza non era quello che Craxi credeva. La
parte, ma è precisamente questo ciò che avviene di solito in caduta del Muro di Berlino, infatti, non rappresentava affat-
tutti i movimenti di opinione pubblica, i quali trovano sem- to una svolta all’interno di una fase storica destinata
pre voci e giornali che sappiano parlare a loro nome e che comunque a durare. All’opposto, esso segnava l’inizio di
quindi in tal modo ne amplificano anche la portata. Le una fase nuova, interamente nuova. La fine della guerra
copertine dell’Espresso avrebbero potuto ben poco, insom- civile europea, infatti, non solo cancellando il comunismo
ma, se esse non fossero cadute su un terreno già pronto a cancellava anche l’anticomunismo (o perlomeno lo obbli-
riceverle. E se non ci fosse stato un tale terreno è assai pro- gava a cercare nuove ragioni d’essere), ma in tempi non
babile che molte altre cose sarebbero andate assai diversa- troppo lontani, come si sarebbe ben presto cominciato a
mente. vedere in molte società europee, era destinato a riproporre
Perché Craxi non si avvide di quanto stava accadendo o non su basi rinnovate rispetto agli assetti ereditati dal ‘45 i pro-
ne capì la pericolosità? Una risposta va cercata nell’assor- blemi del consenso e della forma-partito: cioè alcuni dei
bente politicismo che lo caratterizzava, nella sua convin- problemi cruciali di ogni regime democratico.
zione che alla fine decideva di tutto la politica e i suoi atto- Tanto più ciò doveva accadere in Italia dove, come ho det-
ri, cioè i partiti. Al massimo con il concorso (la complici- to, già nella seconda metà degli anni Ottanta, l’insofferen-
tà?) dei giornali e della tv. L’idea che invece in certe circo- za per il carattere immobile e oligarchico del quadro politi-
stanze una cosa come l’opinione pubblica in quanto tale, co, la critica alla partitocrazia e alle sue pratiche, la prote-
pur con tutto quanto di vago è insito nel termine “opinione sta contro il cattivo funzionamento di tutte le amministra-
pubblica”, potesse avere un ruolo condizionante decisivo, zioni pubbliche, lo scandalo per il dilagare delle grandi
non dovette mai passargli per la testa. Tanto meno che cir- organizzazioni criminali, stavano crescendo fino a porre un
costanze del genere stessero per prodursi in Italia. Ma c’è problema di legittimazione sistemica. Di cui Craxi però non
una ragione, io credo, assai più importante, e che riguarda fece mostra di accorgersi affatto.
l’intera strategia messa in piedi dal segretario socialista. In Neppure sei mesi dopo gli avvenimenti di Berlino, nelle
sostanza la mia opinione è questa: Craxi non capì quanto elezioni regionali del maggio ’90, la Lega raggiunge lo
stava accadendo né minimamente ne immaginò gli sviluppi strepitoso risultato del 5 per cento a livello nazionale; nel-
per un motivo soprattutto: perché fraintese radicalmente il l’agosto di quello stesso anno inizia, con l’evidente favore
significato della caduta del muro di Berlino, cioè dell’e- dell’opinione pubblica, la raccolta delle firme per i referen-
vento che ormai dominava l’intero scenario europeo se non dum sulla legge elettorale; poco dopo il Partito repubblica-
mondiale, e dunque anche l’orizzonte italiano. no esce dal governo, mentre nel giugno ’91 passa a larga
Egli credette che quell’avvenimento costituisse sì una svol- maggioranza popolare il referendum sulla preferenza unica:
ta, ma una svolta all’interno di una fase storica precedente, in due anni, nel frattempo la mafia ha ucciso il giudice
quella apertasi nel ’17 che aveva visto al centro lo scontro Livatino e Libero Grassi, e il ministro dell’Interno Scotti ha
tra il comunismo da una parte e dall’altra tutto ciò che gli denunciato in Parlamento la presenza di oltre 500 organiz-
si contrapponeva, e dunque anche la socialdemocrazia. zazioni criminali in grado di controllare quasi interamente
Pensò, di conseguenza, che grazie al novembre ’89 il parti- Campania, Calabria e Sicilia. Nessuno di questi segnali,
to socialista fosse finalmente in grado di cogliere la tanto che oggi a noi appaiono chiarissimi, fu tuttavia colto dal
attesa rivincita sugli antichi rivali, magari tornare ad essere segretario del PSI. Craxi restò ad attendere fiducioso la dis-
egemone a sinistra, che insomma avesse davanti a sé un integrazione elettorale del PCI ormai PDS, sperando di ave-
avvenire pieno di promesse. E’ vero: da quando il suo re comunque in mano la carta decisiva dell’accordo con il
governo aveva avuto termine (1987) egli era stato spinto a Caf per la spartizione delle più alte cariche dello Stato. Non
stabilire rapporti sempre più stretti con la destra democri- poteva sapere che la Procura della Repubblica di Milano,
stiana e ad annacquare ogni spinta riformatrice. Ma ora, assai più di lui politicamente sagace, avrebbe capito meglio
grazie alle nuove prospettive che la caduto del Muro riapri- la situazione e lo avrebbe battuto sul tempo.

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>>>> dossier / craxi

Il leader che manca alla sinistra


>>>> Piero Craveri

I l decennale della morte porta anche a sinistra, assieme alle


solite contumelie, qualche equilibrato riconoscimento in più
alla memoria di Bettino Craxi (penso, ad esempio, al meditato
responsabilità politiche che sono connesse a questa mancata
riflessione. Come rimane l’ostracismo per Berlusconi, che ormai
da unificante è diventato lacerante per la sinistra.
articolo di Mario Pirani su La Repubblica del 2 gennaio). Ma Ma non c’è congiunzione politica tra Craxi e Berlusconi,
sostanzialmente da quella parte l’ostracismo non è affatto come ho sentito con insistenza affermare dalla Annunziata in
caduto. Proprio di quest’ultimo mi preme innanzi tutto dare un’intervista televisiva a Stefania Craxi ancora qualche giorno
una spiegazione che sintetizzerei così: la sconfitta politica di fa. Del resto il primo rappresenta un esito mancato della prima
Craxi (perché c’è stata una sua sconfitta, propriamente politi- Repubblica, il secondo un percorso promesso e solo molto
ca, sulla quale ritornerò subito) è stata causa diretta e pregiu- parzialmente realizzato di transizione ad una seconda Repub-
diziale del crollo della sinistra, quale si è verificato in questi blica. Tra i due c’è il crollo di un sistema politico, fatto di par-
anni. Il segno sta in quella fetta decisiva di consenso modera- titi in apnea ma anche in trasformazione, con una scienza del-
to che Craxi aveva raccolto attorno a sè, motivato, più che da l’equilibrio politico da aggiornare ma esistente, con una cul-
una prospettiva riformista, da una possibilità di modernizza- tura democratica malgrado tutto comune e una concezione fer-
zione delle istituzioni e della società, e che la sinistra appunto ma dell’unità nazionale. Cose tutte di cui Craxi era fermissi-
ha perduto. In questo, e solo in questo, c’è una continuità tra mo cultore, ed ora scomparse.
Craxi e Berlusconi: è finito a destra quello che con Craxi sta-
va, almeno potenzialmente, a sinistra.
La sconfitta di Craxi
Vorrei tornare sulla sconfitta di Craxi. Essa risale al 1987, con la
fine dell’VIII legislatura. Craxi usciva da quattro anni di presi-
denza del Consiglio indubbiamente vincente. La congiuntura
economica era della migliori; l’inflazione domata con la drastica
riduzione della spirale salari/prezzi seguita alla vittoria referen-
daria sulla scala mobile; la stagione del terrorismo sepolta; lo sti-
le virtuale della governabilità e la dimostrata non necessità del
consociativismo chiedevano d’essere incorporati nelle istitu-
zioni. Comunisti e democristiani, in palese difficoltà, si mostra-
vano contrari a qualsiasi sostanziale novità. Il PCI tendeva a sot-
trarsi alla prospettiva cieca in cui nel 1980 l’aveva collocato Ber-
linguer, recalcitrante a qualsiasi ipotesi politica che non ripropo-
nesse le linee dell’ormai sepolto suo compromesso storico. E lo
La sinistra avrebbe dovuto ripartire da Craxi. Avrebbe avuto un fece radicalizzando la sua posizione nell’arena politica, in primo
vantaggio su di lui, che non c’era più la DC. Invece è ripartita da luogo contro Craxi, senza uscire dall’equivoco creato da Berlin-
Occhetto, Di Pietro, Veltroni e quant’altri, all’ombra del lascito guer. La DC praticava due strade: quella che Andreotti aveva
politico inesistente di Berlinguer. Occorreva una riflessione pro- definito dei “due forni”, e quella messa in opera da De Mita con
fonda che non c’è stata. Ciò pesa ed è sempre più evidente, per una trappola che aveva anche il suo risvolto istituzionale, come
cui l’ostracismo rimane, perché è l’unico modo di esorcizzare le risposta alla “grande riforma” suggerita da Craxi. La trappola

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consisteva essenzialmente nel vincolare l’alleanza con il PSI ad


un patto di legislatura, ancor più ad un vincolo reciproco e per-
manente di alleanza, così da assicurare il primato della DC nel-
la coalizione di governo.
L’idea di congelare la dialettica politica in siffatto modo rispon-
deva ad una concezione clanica della politica. Era anche l’idea
che una classe politica si legittima a detentrice del potere assolu-
to attraverso patti giurati e regole “d’onore” tra le parti, propria
di un’antropologia culturale diffusa in Campania ed in altre
regioni italiane, che nulla ha a che fare con una concezione libe-
ral-democratica della politica, e neppure col ruolo ricoperto dal-
la DC nel sistema politico almeno fino alla morte di Moro, ch’e-
ra stato quello di garantire non esclusivamente se stessa, se non
attraverso l’equilibrio dell’intero sistema politico.
La parabola di De Mita era incominciata con propositi diversi.
Nel 1983 Beniamino Andreatta aveva operato una revisione
profonda degli orientamenti economici della sinistra democri- sua iniziale pars destruens del consociativismo, pilastro di quel
stiana, sostenendo tra l’altro che “oggi non i vasti piani di inve- sistema, fu efficace su tutti i fronti, tanto che il suo politique d’a-
stimento, ma la riduzione della spesa pubblica può permettere bord riusciva a dettare l’agenda di governo alla stessa DC. Gene-
il rilancio dell’occupazione” e che “la spesa in eccesso preme rò un’autentica speranza in chi voleva il cambiamento e la
sui tassi di interesse, alzandoli ed escludendo l’accumulazione modernizzazione, rendendo plausibile la possibilità di una rifor-
di mezzi di investimento; preme sul cambio, obbliga ad un ma del sistema. Certo in termini culturali era una rivoluzione
cambio elevato e quindi deindustrializza il paese”. consapevole della sua radice liberale oltre che socialista. Dal
punto di vista politico tuttavia generò presto una reazione ottusa,
che ipocritamente rimaneva coperta, ma sostanzialmente era
un’inclinazione del blocco d’ordine comunista e democristiano
Il peronismo reale
Nel dibattito interno della DC questa riflessione non fece pres- di natura intrinsecamente violenta, che poi si sarebbe mostrata
soché alcuna presa. Ma De Mita vi aveva prestato orecchio, palesemente, quando il sipario sarebbe caduto sull’intero sistema
producendosi in qualche accento di thatcherismo e di regani- politico, con inaudita determinazione da parte dei postcomunisti
smo. Craxi l’aveva ripreso duramente. Il fatto è però che pro- e di altri soggetti, non a caso più contro Craxi che contro altri.
prio Craxi aveva avviato il nuovo riformismo socialista su Ma esauritasi la sua esperienza di capo del governo, di fronte al
quella strada, che d’altra parte era quella seguita dai francesi e labirinto politico che gli era stato creato intorno e che portò alla
dagli spagnoli, e sarebbe stata poi la formula di successo con paradossale fine di quella legislatura con un monocolore demo-
cui, negli anni ’90, Tony Blair avrebbe vinto le elezioni. Con cristiano che riceveva alla Camera dei Deputati il voto dei socia-
matura riflessione, cosa di cui De Mita non era capace, Craxi listi e non quello della DC, cosa avrebbe dovuto fare Craxi?
coniugava liberismo e socialità: occorreva liberalizzare il siste- Accettare il patto che gli veniva offerto o rompere le righe? Cra-
ma, mantenendo alcuni strumenti di controllo pubblico, e ga- xi si preoccupò di sgombrare la strada da De Mita, e non gli fu
rantire i lineamenti fondamentali del welfare nel nuovo conte- difficile, ma finì poi per stringere un legame analogo con
sto internazionale che stava maturando. Su ciò il riformismo Andreotti e Forlani. Come avrebbe potuto altrimenti rompere le
socialista spese più d’una riflessione compiuta. Certo la libera- righe? Avrebbe dovuto prepararsi seriamente ad una deriva ple-
lizzazione in Italia doveva partire dal sistema politico e dalle biscitaria sul tema delle riforme. I sondaggi mostravano un non
istituzioni pubbliche che costituivano i vincoli pregiudiziali trascurabile sostegno della pubblica opinione. Nel 1991 Cossiga
propri del neocorporativismo italiano. E democristiani e comu- dal Quirinale gli offrì anche una sponda per questa operazione.
nisti erano fermissimi nemici di qualsivoglia cambiamento. Un tema ricorrente anche oggi, specie a sinistra, è quello anti-
Craxi fu lo statista italiano che intuì le ragioni di fondo che ren- plebiscitario. Ma per le riforme istituzionali il referendum è pre-
devano necessario il cambiamento e prese a dare loro forma. La visto perfino dall’articolo 138 della nostra Costituzione e in altri

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>>>> dossier / craxi

paesi, dove è stato attuato, come in Francia, ha dato luogo a bisognava troncarla alle radici. Non ebbe la forza di farlo.
solide istituzioni. L’oggetto non sembra essere invero più il Dopo il 1987 rimase congelato nel vecchio bossolo del siste-
tema della riforma istituzionale, ma quello del premierato. ma politico italiano. Probabilmente pensava che con la nuova
Sembra un’implicita riabilitazione della forma partito, dinnan- legislatura, in cui avrebbe dovuto tornare alla presidenza del
zi a uno scenario in cui i partiti, almeno nella forma con cui li Consiglio, poteva riprendere con l’energia e gli strumenti
abbiamo conosciuti, non ci sono più, e quelli nuovi hanno necessari un nuovo corso. Se questo fu il suo calcolo, si rive-
strutture incerte fondate su regole errabonde. E poi, di grazia, lò sbagliato. Il tempo non correva invano e la deriva peroni-
le primarie cosa sono se non una deriva che potremmo a giu- sta della politica italiana prendeva forma nella crescita sem-
sto titolo definire plebiscitaria, se fossero regolate da norme e pre più accelerata del debito pubblico. Il paradosso fu che
non da seggi vaganti senza liste di elettori? mentre non si poneva freno ad esso, si pensò nel contempo
Tocco questo punto nella convinzione che queste polemiche che possibile entrare nella moneta unica europea. Ciò significava
si trascinano nel tempo coprano un’altra questione sostanziale, rinunciare alla flessibilità del cambio su cui da vent’anni pog-
quella della degenerazione populistica del neocorporativismo giava l’equilibrio socio-economico e politico italiano. La pri-
consociativo italiano. Se si riprendessero in mano gli studi di ma fase del trattato iniziava col gennaio 1992. Avremmo
Gino Germani sul peronismo argentino si troverebbero analo- dovuto prima fare le riforme necessarie e svalutare. Fummo
gie profonde Come questa deriva si sia andata consolidando, a costretti a questo passo nel settembre 1992, quando era trop-
partire dalla crisi del primo centro-sinistra, sarebbe storia da po tardi per tutto.
ripercorrere con attenzione. Nel PCI la matrice non è quella La parabola di Craxi segna un periodo della nostra storia. Per
originaria togliattiana, ma piuttosto ingraiana, a cui Berlinguer i problemi che ha messo in evidenza non può essere ignorata.
più o meno consapevolmente diede seguito, e data dalla metà Dell’uomo che ne fu il protagonista, Bettino Craxi appunto,
degli anni ’60, avendo per oppositore interno Giorgio Amen- non si puossono negare le qualità politiche e le doti di stati-
dola. Per la DC si tratta di una vocazione intrinseca, non sta. Gli si deve riconoscere che seppe cogliere ed affrontare con
dichiarata ma praticata, implicita nel modello di partito che coraggio la battaglia politica che aveva intravisto come necessa-
Fanfani mise a punto nella seconda metà degli anni ’50 e che ria. Poiché portò in essa una lucidità di intenti che poi in parte si
prese forma poi con le modalità e gli effetti che sono noti. è smarrita, non si può non tornare a lui con attenzione e profes-
Con questa deriva si scontrò Craxi. Aveva chiaramente per- sare una convinta nostalgia per il suo generoso slancio nell’af-
cepito le necessità di fondo della società italiana, per cui frontare i nodi ancor oggi irrisolti della nazione italiana.

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>>>> dossier / craxi

L'ultimo dei politici


>>>> Piero Sansonetti

C redo che Craxi sia stato l’ultimo difensore dell’auto-


nomia della politica. E’ il suo grande merito. Forse è
anche la ragione vera della sua sconfitta e della sua rovina.
di Enrico Berlinguer il ceto politico stava vivendo una cri-
si devastante. La Dc e il Pci non avevano gruppi dirigenti
in grado di reggere all’urto delle novità della storia. L’uni-
Perché? Semplicemente perché in quei primi anni novanta, co partito ancora in campo era il Psi di Craxi, ma aveva due
all’indomani della caduta del comunismo, il capitalismo punti deboli, molto deboli: il primo era la sua modesta
occidentale stava sperimentando nuove strade, cioè si stava dimensione elettorale, largamente inferiore al 20 per cento.
indirizzando verso l’idea che il potere economico – cancel- Il secondo era la sua collocazione “centrista”, innaturale
lato lo spettro della rivoluzione - non avesse più bisogno rispetto agli assetti degli altri grandi partiti socialdemocra-
della mediazione sociale e potesse assumere direttamente il tici europei.
“comando” della società, detronizzando la politica e le sue L’errore della sinistra comunista e postcomunista, in quel-
“mollezze”. E’ dentro questo disegno, questo terremoto, la fase, fu di sottovalutare l’ampiezza del processo in cor-
che nasce l’inchiesta “mani pulite”: la magistratura si trova so, e soprattutto di non comprenderne l’indirizzo. Si pensò
catapultata su una scena nella quale sta avvenendo un for- che in fondo si stesse svolgendo una normale operazione di
tissimo rimescolamento dei poteri, e che lascia spazi a pro- pulizia, che faceva giustizia di decenni di corruzione e di
tagonisti nuovi, in grado di liberarsi da vecchie subordina- prepotenze del potere politico. E che fosse naturale, fosse
zioni e di assumere compiti di primissimo piano. La magi- giusto che ciò avvenisse. Sfuggì a tutti il fatto che la que-
stratura decide di diventare il primo di questi protagonisti. stione morale in quel momento veniva utilizzata non per
E’ la sua grande occasione: la coglie. mettere un freno all’invadenza della politica, ma per dele-
La prima impressione è che con l’inchiesta “mani pulite”, gittimarla e privarla della sua funzione. E che questo pote-
nel ’92-93, i giudici mettano sotto scacco sia la politica che va essere solo un male. Poteva solo determinare uno sbi-
l’economia. Forse anche loro credono che le cose stiano lanciamento dei rapporti di forza a favore dei ceti e delle
così. Però non è vero. L’inchiesta “mani pulite” viene uti- classi forti.
lizzata dall’economia per liberarsi dalla stretta della politi- Allora Tangentopoli è una invenzione, la corruzione non
ca, dal suo dominio, e per ingrandire moltissimo la propria esisteva? Chiaro che non è così. La corruzione e il finan-
forza. Quando l’inchiesta si conclude, o comunque perde il ziamento illecito esistevano eccome, ed erano il punto
clamore mediatico, la politica è distrutta, rasa al suolo; debole del sistema dei partiti (insieme alla tendenza dei
mentre l’economia non è neppure scalfita, e può iniziare la partiti ad abusare del proprio potere e ad invadere tutti i
sua fase di gigantesca espansione ottenendo la subordina- campi della vita pubblica: la lottizzazione). Non era forse
zione della politica, la sconfitta dei sindacati, la fine dei questo sistema, non erano queste degenerazioni, ciò che
contrappesi, l’aumento dei profitti, il controllo sociale. La aveva denunciato Enrico Berlinguer poco prima di morire?
svolta liberista in Italia si concretizza con “mani pulite” e Non aveva torto Berlinguer: la questione morale esisteva,
con la sconfitta dell’autonomia della politica. era grande, e i partiti di governo fecero malissimo a sotto-
Come mai nessuno difese la politica? Eppure l’Italia del valutarla. L’averla sottovalutata li portò alla sconfitta. Per-
dopoguerra aveva avuto una classe politica fortissima, che ché l’attacco alla politica e la sua demolizione da parte del
aveva saputo dominare l’intellettualità, i giornali, la televi- “nuovo capitalismo” passarono proprio da lì, dalla questio-
sione e anche gran parte della macchina economica. Nessu- ne morale, cioè dal “lato molle” del sistema dei partiti. Era
no difese la politica perché dopo la morte di Aldo Moro e quello il punto debole e lì sfondarono. L’ultimo discorso

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>>>> dossier / craxi

parlamentare di Bettino Craxi, quello della chiamata di che stanno dominando il nostro paese. E che attraversano –
“correo” verso tutto il mondo politico, ha una sua grandez- con ruolo egemonico – tutti gli schieramenti.
za – certamente una grande lucidità di analisi – ma è anche Craxi non fu un manigoldo. E da questo punto di vista gli
la dichiarazione di sconfitta, di resa. L’ammissione che la si deve un risarcimento morale. Chi scrive, all’epoca, era
politica non ce la faceva più, si tirava indietro. Quel di- un militante del Pds e un dirigente dell’ Unità. Ero condi-
scorso segna il momento esatto della fine dell’autonomia rettore, cioè il numero 2, il vice di Walter Veltroni. Sebbe-
della politica. ne non sia mai stato un forcaiolo, e abbia provato orrore di
Craxi però non era un malfattore. L’idea di Craxi malfatto- fonte ai cappi sventolati dalla Lega a Montecitorio, non
re è stata fondamentale per l’operazione “azzeramento del- posso negare di avere partecipato in qualche forma, in que-
la politica”. Era assolutamente funzionale. Non era facile gli anni, alla campagna antisocialista. Mi pareva che fosse
radere al suolo il castello formidabile che in mezzo secolo giusto. Che fosse un modo per contribuire a rendere più
era stato costruito dall’alleanza tra politica, intellettualità e pulita la politica, e anche per aiutare la sinistra – cioè il Pds
informazione. Occorreva toccare l’immaginario collettivo, - a procedere nella svolta, ad avvicinarsi al governo e a pre-
coinvolgere l’opinione pubblica, serviva uno spostamento parare una nuova stagione di riforme. Oltretutto avevo una
brusco dell’ “asse dello spirito pubblico”. La demonifica- certa antipatia per Craxi, per la sua spavalderia, o arrogan-
zione di Craxi, il suo linciaggio, erano assolutamente za, e per il suo anticomunismo irritante. Non mi ha entu-
necessari al “progetto”. Credo che in qualche modo siano siasmato il lancio di monetine e contumelie all’hotel
ancora necessari. Sennò non si spiega la nuova ondata anti- Raphael, però – devo ammetterlo – non mi ha neppure indi-
craxiana che si è mossa proprio in questi giorni, in occasio- gnato. Non ho avuto, in quei giorni, l’idea di trovarmi di
ne del decimo anniversario della morte. L’anticraxismo fronte a fenomeni di massa assolutamente reazionari e da
costituisce ancora il carburante per le spinte al populismo condannare pubblicamente, da combattere.

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Ripensandoci oggi mi viene un po’ di vergogna. Chi stavano sinistra? Non saprei, so che dodici mesi mesi dopo Berlu-
linciando? Un ladro o uno statista? Certamente la seconda sconi vinse le elezioni e diventò premier.
risposta è più esatta della prima. I processi nei tribunali ci Bettino Craxi fu una vittima, un agnello sacrificale? Ve lo
hanno detto che Craxi partecipò al finanziamento illecito dei ho detto: sul piano morale non credo che abbiano senso le
partiti. I fatti ci hanno detto che Craxi non si arricchì, e quin- indignazioni e le condanne. Non hanno fondamento. Sul
di non trasse profitto personale dal finanziamento illecito. Voi piano politico Craxi ebbe tre grandi responsabilità. La pri-
pensate che finanziare, seppure illecitamente, il proprio parti- ma – la sua vera sconfitta – fu la mancata riforma istitu-
to – per renderlo più forte, per farlo crescere – sia un reato zionale. Lui aveva intuito che era necessaria, e solo una
così infamante? Moralmente osceno? Io no. Non ci trovo grande riforma della Repubblica – che sbloccasse il siste-
niente di ignominioso, credo che potrei farlo anch’io, e quin- ma politico, gli desse efficienza, autorevolezza, strumenti
di ritengo che verso Craxi – Craxi persona, non solo Craxi di governo – poteva salvare la stessa Repubblica. Cioè
leader – fu commessa una grande ingiustizia. E mi pare giu- poteva salvare quell’autonomia del politico della quale
sto – seppure dieci anni dopo - chiederne scusa a Stefania, a parlavamo all’inizio. Però Craxi non seppe condurre in
Bobo, e alla signora Anna, che non conosco. porta la riforma. E senza la riforma l’autonomia del politi-
co non poteva sopravvivere, e non poteva sopravvivere la
Repubblica e non poteva sopravvivere Craxi. Il pantano
politico nel quale ci troviamo oggi dipende molto da quel-
Il peronismo reale
C’è un’altra cosa, a questo proposito, che vorrei racconta- la mancata riforma.
re, e della quale non sono fiero. Il decreto Conso. Era il Il secondo errore che commise fu non capire che il sistema
1993 (ricostruisco a memoria ma non credo di sbagliare) e sovietico stava per crollare. E quindi che il suo anticomu-
Giovanni Conso, grande giurista e in quel momento mini- nismo, così forte – viscerale si diceva una volta – non ave-
stro della Giustizia del governo Amato, varò un decreto nel va più senso. Era antico, non era proiettato nel futuro. L’an-
quale depenalizzava il reato di finanziamento illecito dei ticomunismo non era un’urgenza della sinistra. Questo gli
partiti. Era evidentemente un decreto giusto, che distingue- impedì di ragionare in modo freddo su come costruire una
va tra finanziamento dei partiti e corruzione, e restringeva alleanza con il Pci – che stava cambiando pelle – e poi col
il campo dell’inchiesta “mani pulite”, distinguendo tra irre- Pds. Quell’alleanza gli avrebbe dato grande forza e forse
golarità e furti. Il mondo politico in quel momento era avrebbe reso possibile la riforma. Craxi non può essere
debolissimo. Comandava – diciamo così – l’opinione pub- definito un grande leader della sinistra, proprio perché non
blica, indirizzata e rappresentata dai giornali. Dai grandi capì che l’anticomunismo era roba vecchia. Craxi fu un
giornali. Nella vita dei grandi giornali, in quegli anni, vige- grande leader socialista che schierò il suo partito in una
va una regola non scritta: i responsabili del Corriere della posizione – per cosi dire – centrista. Era convinto che solo
Sera, della Stampa, di Repubblica e dell’ Unità si consulta- conquistando il centro dello schieramento, tra Dc e Pci,
vano alle sette di sera e decidevano come fare la prima avrebbe potuto vincere ed esprimere egemonia. Sbagliava.
pagina. Se andate a controllare gli archivi vedrete che le Il terzo errore – so di essere tra le 15 persone rimaste a dir-
prime pagine di quei quattro giornali erano quasi uguali tut- lo – fu il taglio della scala mobile, cioè dell’adeguamento
ti i giorni. Bene, quel giorno arrivò il decreto Conso. Noi automatico dei salari all’inflazione. Non credo affatto che
all’Unità avevamo pronto l’editoriale di un dirigente del Craxi fosse convinto di quella scelta. Il problema era sem-
Pds che approvava il decreto. Alle sette di sera toccò a me plice: il primo presidente del Consiglio socialista era arri-
fare il giro di telefonate con direttori e capiredattori. Deci- vato a Palazzo Chigi proprio mentre in tutto l’occidente
demmo che il decreto andava affossato. Chiamai Veltroni – vinceva il reaganismo. Doveva stare dentro i confini, angu-
che non era a Roma – e lo informai. Mi diede il via libera a sti, che gli imponeva il quadro internazionale. Craxi era
scrivere un editoriale contro. Il giorno dopo i quattro gior- stretto in questa contraddizione. Non seppe uscirne. Forse
nali avevano tutti l’editoriale contro. Il presidente della non aveva possibilità di uscirne. Però sta tutto qui il suo
Repubblica Scalfaro non firmò il decreto. Conso lo ritirò. paradosso: non riuscì a fare le riforme e aprì la strada alla
La storia – sì: la storia – cambiò strada. Morì la prima svolta liberista. Cioè alla svolta che poi – con “mani puli-
Repubblica. Quale strada prese la storia, una strada più di te” - si affermò e provocò la sua fine politica.

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Un liberale del socialismo


>>>> Luigi Compagna

D emocratico del socialismo Bettino Craxi lo è sempre sta-


to. Da giovane qualcuno a Milano lo aveva chiamato il
“tedesco”, perché nel PSI di allora Craxi era fra quanti bazzi-
che gli aveva spiegato ruolo e finalità della prima rivista dis-
senziente (Pro Posta). Sempre a Varsavia Craxi aveva avuto
occasione di incontrare anche Anna Bratkovska, segretaria
cavano con interesse gli ambienti della SPD. Eppure da quan- della ZMP (Unione della gioventù polacca) rimossa poi dal-
do nel 1976 era diventato segretario del partito il suo più che l’incarico dal maresciallo Konstantin Rokossovskij, voluto
socialismo democratico si sarebbe sforzato di essere e di dall’URSS a capo dell’esercito di Varsavia.
apparire socialismo liberale. A fargli frequentare gli incontri infuocati del circolo Petöfi a
Non tanto per ragioni italiane. Turati gli era più caro di Ros- Budapest, nell’estate del 1956, sarà Jonas Pataki, prudentissi-
selli, Nenni di Salvemini, Saragat di Calogero. Ma a Craxi mo comunista ungherese, dissidente e insieme dissimulatore
quel che premeva era che il socialismo fosse sempre capace del Dissenso. Mente il grande storico ungherese François Fej-
di contrapporre il liberalismo al totalitarismo. Di qui la sua to, bandiera di revisionismo ed a suo modo di socialismo libe-
scelta di campo in favore degli avversari del comunismo, sen- rale, del quale aveva letto alcuni saggi, Craxi andrà a cono-
za cercare appeasement con Mosca, senza tradire né Helsinki scerlo a Parigi per dare inizio ad un’amicizia che durerà tutta
ed il suo terzo cesto di human rights, né Venezia e la Bienna- la vita.
le del dissenso, né quel che per la sua generazione avevano Quelli dal 1954 al 1968 erano stati per Craxi anni di studio e
significato i cari armati a Budapest e a Praga, negli anni in cui di approfondimento. L’Impero intercontinentale sovietico gli
le socialdemocrazie europee, in primis quella tedesca (con sembrava destinato a venir eroso dall’eresia di un Dissenso,
Brandt assai più che con Schmidt) gli parvero essersi assog- non facilmente definibile ma più che percepibile, nato all’in-
gettate agli schematismi dell’Ostpolitik. terno dei partiti comunisti per sradicarne la continuità lenini-
Il suo predecessore De Martino aveva per lo più giustificato sta. Suoi interlocutori principali Pelikan e la rivista Listy in
la sordina socialista al dissenso dell’Europa dell’Est con una Cecoslovacchia (e ovviamente in seguito Va’clav Havel e
specie di malinteso realismo, teso alla politica di coesistenza Charta ‘77); Adam Michnik e Jacek Kuron con il Kor, oltre a
pacifica fra i due blocchi. Del resto, De Martino apparteneva Lech Walesa con il movimento Solidarnosc, in Polonia;
a una generazione di socialisti europei (Mitterrand, Wilson, Andreij Sacharov ed il suo manifesto Progresso, coesistenza
Brandt, Foot, Palme) che reputava immodificabile, in tempi e e libertà intellettuale del 1967 in URSS.
modi politici, la sistemazione di Yalta. La distensione prima Proprio le speranze riformatrici di Sacharov incentrate sulla
di tutto e, quindi, massima disattenzione al dissenso. Ecco modernizzazione e sulla ricerca parvero a Craxi irrimediabil-
perché, lo avrebbe ricordato con amara ironia lo stesso Jiri mente ferite a morte la notte del 21-22 agosto del 1968, quan-
Pelikan, al congresso del PSI di Genova nel 1972 non venne do le truppe del Patto di Varsavia invasero Praga e deposero
accolta la proposta di Federico Coen di farlo sedere al tavolo Dubcek. Ormai bisognava schierarsi con il Dissenso senza
della presidenza. riserve e senza condizioni, orientarlo attivamente e promuo-
Il quale Pelikan, allora presidente dell’Unione Internazionale vendo forme di vera e propria resistenza civile. Tale sarebbe
Studenti ed astro nascente del comunismo cecoslovacco, nei stata nel ‘77, fra gli accordi di Helsinki e la verifica di Bel-
primi anni cinquanta con Carlo Ripa di Meana a Praga aveva grado, la Biennale di Venezia: un’occasione della quale
messo Craxi in contatto con i comitati cecoslovacchi della Sacharov volle “approfittare per attivare la massima attenzio-
fronda giovanile, i Majales. A Varsavia Craxi aveva poi ne sulla sorte di quei dissidenti che per le loro aspirazioni,
conosciuto Jerzy Urban, brillante giornalista anticonformista, benefiche e importanti per l’umanità, pagano il prezzo del

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carcere”. Insomma, Sacharov aveva nella mente e nel cuore ropa, non tutti, perché il PSI di Bettino Craxi e Carlo Ripa di
Solgenitsin a Venezia. Meana aveva aiutato attivamente il Dissenso”.
Proprio su Solgenitsin Craxi non avrebbe avuto alcuna esita- Craxi aveva infatti condiviso molti aspetti della critica alla
zione, il 13 febbraio 1974, giorno del suo arresto e della sua socialdemocrazia europea di Lord Dahrendorf, che fin dal ‘68
espulsione, a dichiarare all’Avanti!: “Continua una indegna ne aveva intuito una sorta di declino epocale. Certo, il collas-
persecuzione contro un grande scrittore di cui l’Unione so elettorale e politico del 27 settembre 2009 della SPD, la
Sovietica dovrebbe andare fiera. Tutto il comportamento del- più antica delle socialdemocrazie europee, che nel 2013 cele-
le autorità dell’URSS nell’affare Arcipelago Gulag, dagli brerà un secolo e mezzo di esistenza, avrebbe rattristato Cra-
interrogatori della segretaria, che ne provocarono il suicidio, xi e non lo avrebbe affatto gioire (come nel 1989 avrebbe
alla campagna di denigrazione, all’arresto e all’espulsione gioito della dissoluzione del comunismo). Ma probabilmente
odierna, suscita solo indignazione. E’in atto una sfida tra i ne avrebbe avvertito la portata continentale.
rigurgiti neo-stalinisti di un sistema che non riesce a modifi- “Si direbbe - ha notato Enzo Bettiza su La Stampa del 14
care i suoi caratteri e un uomo libero che con le armi della dicembre 2009 - che nel ventesimo anniversario della fine del
creazione artistica rivendica il diritto alla libertà di pensiero e Muro, questo sia caduto una seconda volta addosso ai social-
di astrazione per sé e per gli altri. La nostra scelta è chiara”. democratici, non tutti favorevoli alla riunificazione, sprofon-
dandoli in uno stordimento quasi comatoso. Si direbbe, perfi-
no, che il recente editto polacco contro la esibizione di ban-
diere con falce e martello abbia sferzato un colpo di grazia
Fra Helsinki ed Ostpolitik
Radicata e diffusa era invece l’indifferenza dei partiti sociali- emblematico all’insieme della sinistra germanica. SPD allo
sti e socialdemocratici europei, con l’eccezione forse dei por- sbando, Verdi in disarmo, Linke in crescita sull’onda della
toghesi di Soares e degli spagnoli di Gonzalez, nei confronti protesta ma erede degli stendardi rossi dell’Est”.
dei dissidenti. Dalla repressione in Ungheria nel 1956 e ancor La socialdemocrazia tedesca nel 1891 aveva stilato a Erfurt
più dopo l’invasione in Cecoslovacchia nel 1968, la SPD ave- un fondamentale documento programmatico per i movi-
va mostrato in materia timidezze e reticenze (abbastanza ana- menti operai europei. Ne era seguita un’aggressione siste-
loghe all’ostilità successiva di Brandt e Lafontaine agli euro- matica e faziosa. L’ex socialdemocratico Lenin, divenuto
missili nel 1979). “La tendenza naturale - avrebbe spiegato icona del bolscevismo, aveva parlato della socialdemocra-
Pelikan - dopo il 1968 dei partiti e della diplomazia occiden- zia tedesca come di un covo antisovietico manipolato dal
tale portava verso l’accettazione del fatto compiuto e il ripri- “rinnegato” Kautsky; Stalin la bollò come “socialfasci-
stino delle normali relazioni con il blocco sovietico. Noi dis- smo”, Hitler collaborò con Stalin nel decimarla, ritenendo-
sidenti apparivamo quasi un ostacolo alla distensione che tut- la “una banda di senzapatria orchestrata da perfidi intellet-
ti auspicavano”. tuali ebrei”. Ed è proprio per anti-totalitarismo che Craxi
Craxi conosceva benissimo il torpore dei “partiti fratelli”, mai aveva scoperto il liberalismo.
o quasi mai disponibili a iniziative di politica internazionale L’antisocialismo comunista non riuscì a cancellare il partito
con i rappresentanti dei regimi comunisti che prevedessero creato da Lassalle e guidato poi dal talento intellettuale e poli-
qualche clausola condizionale aggravata alla condotta interna tico di Kautsky. A Bad Godesberg, al principio degli anni cin-
in tema di human rights. Di qui il suo entusiastico appoggio quanta, la SPD si congedò dal marxismo e visse una stagione
alla Biennale di Carlo Ripa di Meana nel 1977. Di qui il suo felice. Fino a quando non fu divorata al proprio interno da
disagio quando, qualche anno prima, la SPD di Brandt e ambiguità ed estremismi di maniera e di comodo. Basti pen-
Lafontaine arrivò addirittura a varare un documento politico sare al fatto che ne sia potuto essere presidente un personag-
comune con Husak, il “duro” che i carri armati del Patto di gio ben poco alla Kautsky, e meno ancora alla Bernstein,
Varsavia avevano imposto al posto di Dubecek. come Oskar Lafontaine, prima di diventare presidente di una
Testimonianza critica di tanta incertezza dei socialisti e dei Linke piena di dirigenti comunisti (provenienti taluni addirit-
socialdemocratici europei occidentali avrebbe dato Barbara tura dalla Stasi).
Spinelli (Il sonno della memoria. L’Europa dei totalitarismi, Le ambiguità di tanta parte dell’Occidente si sarebbero ripro-
Milano, 2001). “Riemergevano le molte compromissioni cui poste tutte quante nel 1977 contro la Biennale del dissenso.
la SPD aveva consentito al pari di altri partiti socialisti d’Eu- Helsinki non fu allora evocata dal governo italiano alla luce

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di una maggior diffusione dei diritti umani. Ma al contrario Jiri Pelikan e Mondoperaio, Don Giussani e i giovani di
Helsinki venne buona per diffidare di una manifestazione Comunione e Liberazione, qualche liberale coraggioso come
troppo esplicitamente antisovietica. E meno male che il Nicola Matteucci.
ministro degli esteri Forlani, differenziandosi con eleganza Alla fine si riuscirono a superare gli ostacoli eretti dal mon-
dall’opinione del presidente del consiglio Andreotti, in Par- do culturale e dalle grandi imprese (automobilistiche, tessili,
lamento rilevò come l’esecutivo non disponesse e non doves- petrolifere, elettroniche) operanti nella sterminata URSS.
se disporre di strumenti “istituzionali” idonei a limitare l’in- Una brutta pagina quella scritta nel 1977 da molti italiani,
dipendenza della Biennale. con significative eccezioni. Ma per la prima volta il sostegno
Invano Mosca fece di tutto per bloccare quello che rappre- al dissenso non venne sacrificato sull’altare della coesisten-
sentò il primo vero atto di sostegno politico e culturale com- za con l’Est. Il “terzo cesto” di Helsinki aveva tenuto, e alla
piuto in Italia nei confronti di coloro che resistevano in URSS grande.
e nei paesi comunisti. Ci fu un braccio di ferro politico e
diplomatico intensissimo, che vide Craxi impegnatissimo. Da
un lato il Cremlino - come provato da documenti sovietici,
La Biennale del dissenso
americani e tedeschi - esercitò ogni forma di pressione e di Fino al bel libro di Gabriella Marcucci Foa, apparso nel
ricatto sul governo di Roma, sulle forze politiche e sul PCI, novembre del 2007, si trattava in Italia di “una storia mai rac-
che cambiò il suo atteggiamento iniziale: prima disse sì alla contata”. L’ordine di Mosca: fermate la biennale del dissen-
manifestazione, poi sotto l’incalzare di Mosca la osteggiò so (Roma, Liberal, 2007) scritto a quattro mani da Gabriella
duramente. Dall’altro lato soprattutto Craxi e il suo partito, Marcucci e Carlo Ripa di Meana, l’ha saputa ricostruire in

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tutti i suoi momenti. Per testimoniare come anche in Italia una


“resistenza civica” ci fu e soprattutto per merito, iniziativa,
consapevolezza del socialismo liberale di Craxi.
Liberale del socialismo, Craxi volle diradare le ombre che
tanti democratici del socialismo avevano contribuito a collo-
care in Occidente. A tutela della distensione, forse, ma anche
a scapito delle garanzie della libertà. Era un atteggiamento,
quello di Craxi, che a suo modo anticipava e spiegava le sue
ragioni in favore degli euromissili schmidtiani e reaganiani.
Non a caso, forse, nel rievocare le vicende del dissenso, a
Craxi veniva in mente come vero “eroe positivo” di quella
stagione la figura di Sharansky.
Anatolij Borisovic Sharansky impersonava sotto il profilo dei
diritti umani, il percorso dalla CSCE all’OSCE, dalla Confe-
renza di Helsinki al venir meno del muro di Berlino. Politico,
scrittore, matematico, Sharansky si era visto negare da Mosca vino, e la orwelliana neolingua era definitivamente morta. Da
nel 1973 il visto d’espatrio per Israele per ragioni di sicurez- quel momento in poi, il presidente Reagan aveva reso impos-
za nazionale. Lavorò poi come interprete per l’inglese di sibile, a chiunque vivesse in Occidente poter continuare a
Sacharov e fu tra i fondatori prima e portavoce poi dell’ Hel- tenere gli occhi chiusi, ignorare la reale natura dell’URSS.
sinki Watch group di Mosca, un movimento in favore dei E’stata una delle più importanti dichiarazioni di difesa della
diritti umani costituito da ebrei e refusenik, noto anche come libertà, e noi tutti lo capimmo all’istante».
gruppo di Yuri Orlov. Poi, dopo il suo rilascio, avvenuto con uno scambio di pri-
Nel marzo del 1977 fu arrestato e nel luglio del 1978 con- gionieri fra Washington e Mosca, Sharansky ebbe occasione
dannato a 13 anni di lavori forzati per tradimento e spionag- di parlare direttamente al presidente americano, durante un
gio a favore degli Stati Uniti. Dopo una detenzione di 16 mesi incontro alla Casa Bianca. «La sua faccia si rischiarò e
nella prigione di Lefortovo, fu trasferito nel gulag siberiano divenne raggiante. Saltò giù dalla sedia come uno schioppo
Perm 35 dove sarebbe rimasto 9 anni. Natan Sharansky nel e iniziò ad agitare le braccia in maniera selvaggia e a chia-
1983 stava, quindi, scontando una condanna a tredici anni di mare tutti affinché venissero ad ascoltare la storia di
detenzione quando visse quel che egli stesso avrebbe chiama- quest’uomo. Solo allora iniziai a rendermi conto realmente
to un «momento meraviglioso». Fu il giorno in cui da un gior- che il presidente Reagan doveva aver sofferto terribili offese
nale che in qualche modo era riuscito a procurarsi nonostante per il suo grandioso discorso, non solo in Unione Sovietica,
fosse rinchiuso in una prigione sovietica — non ricordava se ma che egli era stato ferito anche in patria. Sembrava folle,
fosse la Pravda o l’Izvestia — apprese che Ronald Reagan come se il nostro attimo di gioia fosse la sua migliore riv-
aveva definito l’Unione Sovietica “l’Impero del male”. La incita: ne era valsa la pena, aver sopportato grandi offese per
stampa del Cremlino naturalmente non aveva pubblicato il aver fatto quel discorso»
resoconto del discorso del presidente americano, ma ne ave- Questo, raccontato da Sharansky è un piccolo grande episo-
va propagandisticamente esaltato le reazioni negative. dio della storia letta, se non proprio sotto il “cielo stellato”
Sharansky, molto tempo dopo, raccontò l’episodio rivelando- dell’Atto di Helsinki, certamente dalla parte del dissenso.
ne il valore che ebbe per un dissidente: «Una lunga schiera di Dove per dissenso non s’intende un concetto astratto o una
capi occidentali si era ritrovata allineata nella condanna del formula, ma si intendono uomini in carne e ossa, perseguitati
malvagio Reagan; e questo elenco veniva messo in prima per le loro idee e per i loro scritti, condannati sotto false
pagina, proprio accanto alla storia di quest’uomo terribil- accuse, rinchiusi in celle di isolamento o di punizione, messi
mente pericoloso che voleva riportare il mondo ai giorni bui a tacere, per aver osato sfidare non solo la morsa del totali-
della guerra fredda». Per lui e i suoi compagni fu motivo di tarismo, ma anche la debordante opacità del conformismo.
un’esplosione di giubilo. «Fu la giornata più luminosa, la più Uomini in carne e ossa che il socialismo liberale di Craxi
gloriosa: finalmente era stato detto pane al pane e vino al volle come propri “compagni di strada”.

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