Cristiano Colombi
Secondo uno stereotipo diffuso nell’immaginario collettivo il Sostegno a Distanza viene spesso
percepito come una forma di solidarietà internazionale molto semplice, individuale e spontaneistica.
In realtà, grazie al percorso di riflessione compiuto nel corso degli anni dalle stesse associazioni che
lo promuovono, il SAD è molto più di questo e può configurarsi, piuttosto, come uno strumento
inserito in un sistema di relazioni articolato, dal quale dipende la sua efficacia, potenzialmente
elevata. Tale complessità è al tempo stesso risorsa di sviluppo, dal momento che il Sostegno a
Distanza agisce direttamente sulla costruzione del capitale sociale sia nelle comunità “destinatarie”
dei progetti, che nelle comunità dei “donatori”.
Il SAD come strumento diffuso di solidarietà internazionale, per certe sue caratteristiche, è figlio di
un nuovo modo di concepire le relazioni tra Nord e Sud del mondo. Si basa innanzitutto sul
principio di sussidiarietà, secondo il quale le comunità locali e anche i singoli individui possono
affrontare e risolvere direttamente molte delle loro necessità, spesso in modo più efficace rispetto
alle istituzioni di livello superiore. In questo senso l’auto-organizzazione della società civile
solidale sia nei paesi “donatori” che nei paesi “destinatari” non rappresenta solo una risposta del
privato sociale ad una carenza della sfera pubblica, ma anche un’azione potenzialmente più aderente
ai bisogni delle persone, più prossima ed efficace. Inoltre il Sostegno a Distanza, per il contatto di
tipo personale che instaura tra i suoi diversi attori, ha potenzialmente una grande capacità di attivare
e coinvolgere i donatori, i volontari, i referenti locali, persino i beneficiari. La conoscenza diretta
che molto spesso è possibile promuovere tra queste diverse figure, attraverso viaggi, missioni,
campi di volontariato, ecc., permette alle stesse persone di vivere esperienze profonde, che
allargano le proprie prospettive e creano nuovi vincoli di solidarietà.
E’ possibile affermare, dunque, che lo stile della cooperazione internazionale sia cambiato anche
grazie alla grande diffusione del SAD. Gli stessi programmi delle grandi agenzie internazionali
hanno accolto al proprio interno forme di intervento articolate, non più pianificate dal centro, ma
delegate alla società civile locale, affiancate da varie strategie di coinvolgimento dei donatori
privati. Si sono progressivamente affermate forme di solidarietà internazionale basate sulle relazioni
personali, piuttosto che su azioni programmate “a tavolino”.
Lungo questo processo gli stessi referenti e partner locali hanno sviluppato nel tempo una propria
capacità progettuale. La relazione solidale viene così percorsa nei due sensi, in modo maggiormente
paritario rispetto al passato, sulla base di una forte condivisione di obiettivi comuni. Le
conseguenze di questo nuovo paradigma di cooperazione internazionale sono una maggiore
responsabilizzazione delle persone – considerate allo stesso tempo come individui e come membri
di una rete di relazioni sociali – e lo sprigionarsi di un grande numero di iniziative: i soggetti
coinvolti possono rendersi promotori di solidarietà internazionale, moltiplicando di fatto i centri di
decisione e le forze disponibili.
L’attività di Sostegno a Distanza si caratterizza anche per la grande eterogeneità di soggetti che
entrano in relazione tra loro e articolano l’esperienza di solidarietà internazionale, tra cui occorre
considerare gli attori veri e propri del progetto così some una serie di figure esterne che
appartengono al contesto locale dei “destinatari” e dei “donatori”.
Partendo dai soggetti “interni”, è facile ricostruire la catena di rapporti che lega donatori, volontari e
operatori in Italia, associazione SAD, referente o partner locale e beneficiari del progetto. Si tratta
di una linea di comunicazione e azione lungo la quale ogni figura svolge un compito, ricopre una
responsabilità precisa e accetta di delegare agli altri ciò che non può controllare direttamente.
Tuttavia non si tratta di un mero meccanismo di trasmissione di risorse monetarie. In realtà, ad
un’analisi approfondita, non c’è nulla di meccanico nel Sostegno a Distanza.
In primo luogo ogni anello della catena è fondato sulla fiducia che ciascun attore riconosce
volontariamente a tutti gli altri. La preoccupazione del donatore, ad esempio, è che il proprio
contributo arrivi effettivamente al beneficiario, sapendo che ciò è possibile solo grazie alla
collaborazione di tutti i soggetti intermedi. Per stimolare e maturare tale fiducia è importante
attivare una serie di strumenti di sensibilizzazione, ma anche di coinvolgimento, dei donatori che
possono essere rappresentati dalle informazioni sul progetto fornite dagli operatori italiani, da
testimonianze dei referenti locali in visita in Italia, da comunicazioni dei beneficiari, da viaggi dei
donatori nei luoghi dei progetti, ecc. Lungo la catena di solidarietà passano, dunque, testi,
comunicazioni multimediali, esperienze dirette, persone, valori, che in molti casi servono ad
accorciare la filiera, a saltare alcuni passaggi.
In secondo luogo, in questo insieme di rapporti l’associazione SAD ricopre una posizione
strategica, che comporta l’assunzione di diversi ruoli. L’associazione è prima di tutto interfaccia tra
referenti del Nord e del Sud del mondo ed è portavoce degli uni nei confronti degli altri nei due
contesti socio-economici di riferimento, che in genere conosce direttamente. Di conseguenza ha
un’importante responsabilità come mediatore tra due mondi: deve far sì che le esigenze degli uni
siano comprensibili agli altri, tenendo contro delle diversità economiche, sociali, culturali, politiche,
ecc. Questo posizionamento è molto delicato, in quanto ne discende un certo potere discrezionale ed
una certa autonomia di iniziativa. In particolare, l’associazione SAD ha in mano la “regia”
dell’intera catena di rapporti descritta in precedenza, ne è custode del buon funzionamento, cura il
ritmo delle comunicazioni e la continuità dei progetti. Tale potere, di fatto, può essere interpretato
in molti modi, più o meno virtuosi. Sulla base dell’esperienza e della conoscenza diretta di molte
associazioni SAD, riteniamo che il modo più fruttuoso sia quello di promuovere la partecipazione
ed il protagonismo di tutti gli altri “attori”, qualsiasi sia il loro ruolo. Il mediatore può trasformarsi
così in facilitatore, accompagnatore, promotore dell’iniziativa e della presa di responsabilità degli
altri soggetti, con i quali condivide obiettivi comuni. In questo modo la catena di relazioni perde la
rigidità che comportamenti automatici o meccanici le darebbero, per assumere la fisionomia di una
vera e propria rete, un circuito elettrico complesso in cui l’associazione fa da contatto, una reazione
chimica in cui l’associazione agisce da enzima. Chiaramente non potrà mai rinunciare ad alcune
forme di controllo, che servono a preservare la fiducia reciproca tra i diversi attori, che è il vero
materiale di cui sono fatte le relazioni sopra descritte. Ma le combinazioni di delega e controllo
rispetto agli altri protagonisti del Sostegno a Distanza possono variare, definendo diversi stili di
solidarietà internazionale, da quelli più aperti, che promuovono maggiormente il protagonismo
locale, a quelli più chiusi ed euro-centrici.
Nei fatti l’associazione SAD è il custode del ponte di solidarietà internazionale che mette in
comunicazione due mondi lontani e diversi e ciò anche per scelta degli altri soggetti che
costituiscono il sistema del Sostegno a Distanza. Ciascuno riconosce l’associazione promotrice del
progetto come portavoce degli altri e proprio delegato nei loro confronti. Ciò significa che
attraverso il progetto ed il proprio canale di comunicazione saranno veicolati dal SAD molto più
che semplici informazioni e risorse monetarie. In realtà nelle molteplici attività che un Sostegno a
Distanza comporta vengono canalizzati nelle due direzioni valori culturali, metodologie di
intervento sociale, analisi dei contesti, testimonianze e scelte di vita personali, ecc. Il potenziale di
dialogo di un progetto di solidarietà internazionale è enorme e nel caso del SAD ancor più efficace
perché diretto alle persone.
A ciò si aggiunge anche il coinvolgimento di soggetti “esterni” al progetto, che possono contribuire
a coinvolgere intere comunità locali. Molte associazioni, ad esempio, collaborano con enti ed
istituzioni locali, scuole, associazioni culturali, ecc. In genere si tratta di iniziative che nascono dalla
ricerca di collaborazione in occasione di eventi di sensibilizzazione o di campagne di raccolta fondi.
Molto spesso il SAD si trasforma così in un’esperienza che coinvolge l’intera comunità “donante”.
Ma fenomeni simili avvengono anche nelle comunità “destinatarie” dove, ad esempio, il buon
funzionamento delle attività educative comporta il coinvolgimento delle scuole locali, oppure dei
centri di salute nel caso di attività sanitarie, e così via, fino a giungere alle istituzioni del territorio.
Grazie al coinvolgimento concreto di molti soggetti diversi appartenenti ai contesti sociali di
riferimento del progetto, il Sostegno a Distanza diffonde un senso di responsabilità condiviso e può
giungere a promuove un vero e proprio gemellaggio tra comunità locali.
L’associazione SAD, dunque, può agire come porta tra due mondi, di pari dignità ma segnati da
un’eredità storica di rapporti che hanno costruito ingiustizia tra Nord e Sud del mondo. Tale canale
di comunicazione, inoltre, agisce a livello sociale con conseguenze che possono incidere
positivamente sulle comunità coinvolte. La catena di relazioni interne e la rete di contatti esterni al
progetto rappresentano un vero e proprio laboratorio di formazione reciproca, di crescita
cooperativa, di scambio di saperi e di pratiche. I soggetti che ne fanno parte acquisiscono col tempo
competenze specifiche e complesse che sono necessarie per animare la rete internazionale di
relazioni. Lungo questa direzione, si può contribuire a creare le condizioni perché siano le comunità
stesse del Sud a gestire il proprio processo di sviluppo in un rapporto di collaborazione paritaria con
le comunità del Nord. E’ la condivisione profonda degli obiettivi e dei metodi, la capacità di dialogo
e la fiducia reciproca che permettono ai due mondi di interfacciarsi e di interagire positivamente
(COLOMBI 2010).
Nel SAD, come già sottolineato, la dimensione umana ha un ruolo fondamentale, in quanto questo
tipo di cooperazione si basa sulle relazioni tra persone. Attraverso questo canale, il Sostegno a
Distanza può contribuire in modo decisivo alla costruzione del capitale sociale, in particolare di un
capitale sociale internazionale. In genere chi promuove un progetto conosce di persona la comunità
a cui è rivolto. Anche il sostenitore è chiamato a prendere in prima persona un impegno a favore di
beneficiari chiaramente individuati dal progetto. Gli stessi beneficiari, spesso, sono chiamati ad un
impegno per “ricambiare” il sostegno ricevuto, ad esempio attraverso lo studio scolastico, ed in
alcuni casi questa responsabilità è condivisa con l’intera comunità locale. Questo intreccio di
relazioni umane è il vero motore del Sostegno a Distanza che, attraverso la mediazione degli enti
che lo promuovono, può moltiplicare nei territori in cui opera comportamenti virtuosi, contribuendo
alla costruzione di una società solidale, aperta e responsabile.
Le associazioni SAD promotrici dei progetti in modo più o meno consapevole sono coinvolte in un
lungo processo di apprendimento e adattamento nei confronti dei contesti sociali in cui
intervengono. In effetti questi enti sperimentano prima su loro stessi il percorso di avvicinamento,
apertura, comprensione ed accoglienza delle realtà “destinatarie” del sostegno che poi propongono
ai propri volontari e donatori. Tale processo di apprendimento riguarda anche gli aspetti di gestione
ed amministrazione dei progetti nel rapporto con i referenti o partner locali, le istituzioni ed in
generale la classe dirigente che collabora alla realizzazione delle attività. Si tratta di un rapporto
dialettico, che nasce da relazioni dirette, personali, in cui si susseguono scontri e adattamenti, grazie
al quale l’associazione matura una serie di abilità complesse che gli consentono di entrare in
relazione con i diversi contesti sociali in cui opera. Quando l’associazione riesce a gestire in modo
costruttivo il conflitto, assumendo un atteggiamento aperto ed accettando di mettere in discussione
anche i propri comportamenti più radicati, allora il processo di apprendimento relazionale permette
di accrescere notevolmente il bagaglio culturale ed informativo dell’ente. Tali abilità complesse,
insieme alle reti di relazioni costruite nel territorio “donante” ed in quello “destinatario”, possono
essere considerate il capitale sociale che le associazioni SAD accumulano progressivamente1.
In un secondo momento, una volta che il progetto di solidarietà internazionale è stato predisposto e
viene reso noto ai potenziali sostenitori, l’attività di informazione, sensibilizzazione, raccolta fondi
e collaborazione con le istituzioni locali svolta nel paese “donatore” ha, dal punto di vista del
capitale sociale, l’effetto di rendere accessibili tale abilità di relazionarsi con i contesti di intervento
e le loro persone ad un numero potenzialmente molto elevato di cittadini. In questo modo è la stessa
attività caratteristica dell’ente, cioè la mediazione tra “donatori” e “destinatari”, che contribuisce a
disseminare i benefici del progetto.
L’insieme di queste azioni e reazioni si riflette nella progressiva accumulazione di un attivo sociale,
politico e culturale, e di un attivo economico, che è fisico, umano e finanziario (FIGUEROA 2003).
Ma la capacità di mettere in comunicazione mondi diversi, caratteristica specifica di grande
rilevanza di tali enti, genera comportamenti, conoscenze, contatti, scambi, comunicazioni, relazioni,
iniziative reali e potenziali, in cui l’associazione SAD e la propria comunità di riferimento sono al
tempo stesso artefici e beneficiari. Per questo motivo l’approccio delle relazioni aperte ribalta lo
schema classico della cooperazione allo sviluppo, operando un cambiamento semantico dei termini
“donatore” e “destinatario” o “beneficiario”. In questo nuovo schema, che non viene pianificato ma
è il risultato di un processo euristico, tutti i soggetti coinvolti sono potenziali protagonisti nella
costruzione del capitale sociale internazionale tra le comunità entrate in contatto. Questa visione più
complessa del ruolo che il Sostegno a Distanza può svolgere nelle comunità locali che mette in
contatto apre la strada ad un’interpretazione innovativa del capitale sociale legato alla cooperazione
allo sviluppo. Da un lato, infatti, l’accumulazione dell’attivo sociale permette di sviluppare in tutti i
soggetti (donatori, volontari, operatori, referenti locali, beneficiari) quelle capacità personali che
facilitano l’inclusione nella comunità locale e l’adozione di un atteggiamento attivo e partecipe.
Dall’altro, si possono considerare numerosi effetti positivi indiretti (che con un termine economico
possiamo chiamare esternalità) a livello locale, con alcune influenze positive anche nel sistema
della cooperazione internazionale.
I progetti di Sostegno a Distanza hanno la concreta possibilità di mettere gli stessi “beneficiari”
nelle condizioni di poter accrescere e valorizzare il proprio capitale sociale attraverso le reti
familiari e sociali a cui appartengono. E’ auspicabile considerare questo risultato come parte
integrante degli obiettivi di sviluppo che i progetti dovrebbero proporsi di raggiungere. Non solo,
ma la crescita del capitale sociale dei “beneficiari” ha effetti positivi su tutti gli obiettivi, dal
momento che migliora le capacità degli individui di mettere a frutto le risorse ottenute e di
moltiplicarle nel proprio ambiente. L’effettiva crescita del capitale sociale dei “destinatari” migliora
l’efficacia dei progetti di solidarietà internazionale.
1
Le caratteristiche generali del capitale sociale nel caso delle associazioni di cooperazione internazionale sono simili a
quelle rilevate nel caso dei migranti (COLOMBI 2008), chiamati anch’essi dalla propria esperienza di vita a svolgere un
ruolo di cerniera tra i territori d’origine e quelli di nuova residenza.
Nella definizione del capitale sociale dei “beneficiari” non va incluso solamente l’insieme di
relazioni a cui l’individuo ha accesso, ma a queste si deve aggiungere la capacità di iniziativa che lo
stesso “beneficiario” può assumere come soggetto attivo. Questa particolare attitudine non si pone
sullo stesso piano dell’insieme di relazioni che classicamente compongono il capitale sociale, ma
rappresenta lo strumento necessario a disposizione dell’individuo per poterle attivare. Si tratta
dunque di un requisito fondamentale per poter esplicitare e fruire del proprio attivo sociale. Quanto
più l’individuo è motivato e matura autostima e fiducia nei propri mezzi, tanto più potrà essere
attivo ed efficace nel proprio ambiente di riferimento. In questo senso il capitale sociale del
“beneficiario” ha un ruolo strumentale per il raggiungimento delle proprie finalità individuali, ma
anche del progetto di Sostegno a Distanza. Nel caso in cui il “beneficiario” acquisisca
consapevolezza del proprio essere parte di una rete di relazioni e maturi all’interno di essa un ruolo,
riconosciuto dagli altri, lo scenario descritto in precedenza può estendersi, compiere un salto di
qualità e superare la dimensione personale. Il “beneficiario”, infatti, può maturare una coscienza
sociale che rafforza il significato dei propri obiettivi individuali e li arricchisce con nuove mete. La
capacità d’iniziativa può renderlo un attore del proprio contesto sociale. Di conseguenza è
auspicabile che gli stessi progetti di solidarietà internazionale facciano propria questa prospettiva e
assumano la promozione del protagonismo dei “destinatari” come criterio guida fondamentale.
Tutte le categorie di persone possono essere coinvolte in questa nuova prospettiva, anche quando si
tratta di minori, in particolare di bambini, come è frequente nei progetti di Sostegno a Distanza. La
formula del SAD, infatti, prevede già una sorta di responsabilizzazione del “beneficiario” nel
momento in cui il sostegno è finalizzato ad un obiettivo di crescita, come ad esempio al risultato
scolastico. In questi casi lo stesso bambino prende un impegno nei confronti della rete di soggetti
disponibili a sostenerlo ed ha la possibilità di acquisire consapevolezza del proprio progetto
personale. Ma il ruolo del “beneficiario” nel Sostegno a Distanza non può essere valutato in modo
statico: trattandosi di un sostegno che dura nel tempo, il reale protagonismo dei “beneficiari” sarà
misurato dalla capacità di iniziativa che hanno maturato durante il progetto e che dovrà esplicitarsi
pienamente al termine del programma.
Al capitale sociale dei “beneficiari” contribuiscono, in secondo luogo, anche i referenti e gli
operatori locali che hanno il compito di facilitare il funzionamento della rete di relazioni locali e di
mantenere un rapporto di collaborazione con la comunità di riferimento. Iniziative utili alla
disseminazione e moltiplicazione dei risultati del progetto, al coinvolgimento attivo di altri soggetti
ed istituzioni locali, possono avere effetti molto positivi sull’accumulazione del capitale sociale
dell’intera comunità.
Alla costruzione del capitale sociale internazionale del Sostegno a Distanza partecipano anche i
soggetti presenti in Italia, come “donatori” o volontari/operatori, con le proprie reti di contatti.
Troppo spesso queste figure sono considerate risorse passive delle associazioni SAD, secondo
visioni stereotipate. In effetti il loro ruolo può andare molto al di là della semplice erogazione
monetaria o disponibilità gratuita di tempo. Si tratta più propriamente di soggetti che sono,
incarnano, un valore per l’esperienza di solidarietà. Ciò può realizzarsi in modo diretto attraverso la
valorizzazione delle competenze e delle esperienze dei “donatori” e dei volontari anche al di là del
loro specifico ruolo all’interno della catena del Sostegno a Distanza. Persone o famiglie che
sostengono da tempo un progetto, che hanno partecipato, ad esempio, ad incontri pubblici con i
referenti locali in visita in Italia o effettuato viaggi nei luoghi dei “beneficiari”, possono offrire il
proprio punto di vista, fornire suggerimenti e contatti, raccogliere e comunicare informazioni.
Questo coinvolgimento attivo permette a sua volta di maturare un’esperienza che può abilitarli a
moltiplicare la partecipazione al progetto di Sostegno a Distanza nella propria rete sociale,
riproducendo nel piccolo il ruolo di mediatore svolto dall’associazione SAD. Quando si innescano
fenomeni di questo tipo, il sostegno al progetto accresce la propria rilevanza sociale nelle comunità
a cui appartengono i “donatori” e volontari, che migliora la propria apertura, capacità di
accoglienza, senso di solidarietà e responsabilità nei confronti degli altri. “Donatori” e volontari
attivi trasferiscono anche informazioni, esperienze, testimonianze. Consapevolmente o meno
finiscono per svolgere un ruolo pedagogico che nel lungo periodo può favorire un cambiamento
culturale nel proprio contesto di riferimento, con esternalità positive anche su altri campi della vita
sociale, di valenza più territoriale. L’esperienza di solidarietà internazionale può rappresentare così
un veicolo efficace di cambiamento sociale che beneficia di fatto anche la comunità “donante”,
contribuendo a ribaltare, anche per questa via, lo schema classico dell’aiuto.
Il protagonismo dei “donatori” e dei volontari può poi essere integrato e rafforzato dalla
collaborazione tra l’associazione SAD e altri soggetti della società civile, così come istituzioni ed
enti locali. In questo senso l’accumulazione del capitale sociale permetterà una partecipazione attiva
della comunità ed una condivisione fruttuosa di esperienze, pratiche, valori ed obiettivi con la realtà
“gemellata” nel Sud del mondo.
3. Il SAD e la partecipazione
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