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Olli subridens hominum sator atque deorum 285 uoltu quo caelum tempestatesque serenat, oscula libauit natae, dehinc talia fatur: «Parce metu, Cytherea: manent immota tuorum fata tibi; cernes urbem et promissa Lauini moenia sublimemque feres ad sidera caeli eroi troiani, é figlio di una sorella di Ecuba e padre di numerosi figli, qua- Si tutti caduti sotto le mura di Troia. Figura come un saggio anziano, il Nestore troiano, consigliere della restituzione di Elena; ed & anche per questo che i Greci lo avrebbero risparmiato. Di qui invece la versione malevola che fosse un traditore, seguendo appunto la quale Dante chiamd «Antenora» il secondo girone del cerchio dei traditori, i traditori della patria. Caduta Troia, insieme con gli Eneti di Paflagonia (nella Tur- chia asiatica, fra il Ponto e la Bitinia) sarebbe giunto sulle rive dell’ A- driatico Settentrionale, dove avrebbe fondato Padova e denominato «Ve- neto» il territorio. In verita, la sede propria di Antenore, nella tradizione previrgiliana, pit che Padova, @ Abano (Aponus): a questa tradizione, da lui scartata, Virgilio fa tuttavia allusione — come assai di frequente nel- I’ Eneide — in modo indiretto e per via etimologica: la “placida pax” del v. 249, in cui Antenore & detto riposare, interpreta il presuntivo valore del toponimo “Aponus”, che grecamente suona come “sine labore”, «senza pena». E infatti anche a Enea si profetera (a 3,393) una analoga “certa domus” e una simile “requies certa laborum” in Italia. Cfr. le note ad /o- cum, 27,116 ea 8,43. ” La regione costiera adriatica dei Balcani, compresa fra I’Italia e la Macedonia, 73 Popolazione illirica, in origine stanziata lungo tutta la costa orienta- le dell’ Adriatico e nelle isole del Mare Ionio. 276 ire nei golfi d'Illiria,” e al sicuro fin nell’interno ; cisal F : i dirs no dei Liburni” e valicare le fonti del Timavo,7 Cree per nove bocche tra lo scrosciare lungo del monte 245 marea prorompe € ne copre i campi il risonare dell’onda. ee gui collocd colui la citta di Padova, e insediamenti fi Tevet e diede loro dignita di popolo e ripose le armi troiane, adesso sta nella quiete d’una placida pace: noi, tua progenie,”> cui il tuo cenno consente la rocca celeste, 250 rdute (orrore!) le navi per il rancore d’una sola persona, siamo traditi e pid che mai remoti dalle italiche spiagge. Cosi riconosci chi @ devoto? Cosi ci avvii a regnare?», A lei sorridendo il creatore degli uomini e degli déi con quel volto con cui fa sereni il cielo e le tempeste, 255 sfiord le labbra della figlia, quindi in tal modo risponde: «Risparmiati i timori, Citerea: ti resta inalterato il destino dei tuoi; tu vedrai la citta e le mura di Lavinio dicui'sono garante, e farai ascendere alle costellazioni del cielo” 7411 fiume carsico fra Aquileia e Trieste, di cui i Romani considerava- no con meraviglia, per la loro vicinanza al mare, quelle che, ignorando il suo corso sotterraneo, ne credevano le sorgenti. 75 Secondo la citata variante del mito che voleva Venere figlia di Gio- vee di Dione. Nella stesura dell’ Eneide Virgilio ha operato una selezione e una si- stemazione del composito materiale tradizionale riguardante le vicende dei profughi troiani e gli eventi conseguenti al loro sbarco nel Lazio. Di una superstite versione concorrenziale rispetto a quella virgiliana da te- stimonianza il Servio Danielino, sulle orme delle opere storiche di Cato- ne il Censore (sec. IIJ-II a.C.) e di Tito Livio (sec. I a.C.): Enea, giunto nel Lazio e riconosciuto come figlio di Venere, & accolto benevolmente da Latino, dal quale riceve in sposa la figlia Lavinia. La guerra che ne de- Tiva contro Turno, promesso sposo di Lavinia, e che vede Enea e Latino Schierati sullo stesso fronte, causa la scomparsa dei personaggi principa- li: Tumo, Latino e lo stesso Enea, ed @ condotta vittoriosamente a termi- he da Ascanio (cfr. qui nota al v. 267, nonché nota a 9,520). Il corpo di nea, disperso nel fiume laziale Numico o Numicio (Fosso di Pratica di Mare?), ovvero assunto direttamente in cielo, non viene pid ritrovato: se Ne conclude che egli @ entrato nel novero degli déi del luogo (indigita- mentum), 277 260 265 270 magnanimum Aenean; neque me sententia uertit, Hic tibi (fabor enim, quando haec te cura Temordet, longius et uoluens fatorum arcana mouebo) bellum ingens geret Italia populosque feroces contundet moresque uiris et moenia ponet, tertia dum Latio regnantem uiderit aestas ternaque transierint Rutulis hiberna subactis. At puer Ascanius, quoi nunc cognomen lulo additur (Ilus erat, dum res stetit Ilia regno), triginta magnos uoluendis mensibus orbis imperio explebit regnumque ab sede Lauini transferet et Longam multa ui muniet Albam. Hic iam ter centum totos regnabitur annos gente sub Hectorea, donec regina sacerdos 7 La popolazione del Lazio, che aveva il suo centro principale in Ar- dea, Ja citta dell’«Airone», e la sua sede nel territorio circostante. Nel poema a capo di essi é Turno. 78 Figlio di Enea (dal quale l’apostrofe «prole eneadica» di 9,653) edi Creusa. In ambito romano fu creato per Jui il nome «Iulo» (anche a 1,288; 556; 690 e 709; 2,563; 674; 677; 682; 710 e 723; 4,140; 274 e616; 5,547 © 569-570; 6,364 e 789; 7,107; 116; 477 e 494; 9,232; 293; 310; 501 e 652; 10,524 e 534; 11,58; 12,110; 185 e 399), per giustificare la di- chiarata discendenza da Enea della gens Julia. La tradizione voleva che, morto Enea, avesse assunto il regno, ma, trent’ anni dopo la fondazione di Lauinium, avesse fondato Alba Longa. Virgilio avalla in questo modo la pretesa araldica, sostenuta in primo luogo da Giulio Cesare, che la fami- glia dei Giulii, originaria di Alba, discendesse da Enea, e, facendo della forma «lulo» la modificazione di un originario «Ilo», rinvia all’eroe omonimo, fondatore ed eponimo di Ilio/Troia. Servio fa risalire i] nome Ascanio a un fiume della Troade (da paragonare percid al nome autenti- co del suo sfortunato coetaneo e cugino Scamandrio/Astianatte: nota al V. 99); riporta quindi, a sua volta, la rammentata versione delle vicende dei Troiant in Italia discordante da quella di Virgilio, aggiungendo che se- condo essa fu Ascanio a uccidere di sua mano Mezenzio (fu in questa cit costanza che «eal comincid ad esser chiamato Iulo, quasi a dire iobdlon, cio’ esperto nel tirare con l’arco...»: cfr. not: 3 i- mo delle armi» di Ascanio cfr. la nota a 3530" ee 7 Trenta volte il percorso completo del sole intorno alla terra (secon- do il modello geocentrico precopernicano), ciog trent’ anni. 11 commento di Servio ricorda quello che ritiene il motivo di quel 278 j] virtuoso Enea; né alcun parere mi ha cambiato. Costui (lo rivelerd, perché questo é il pensiero che Vangustia, e spiegandone tratti pid lunghi ti evocherd gli arcani del fato) una gran guerra avra a farti in Italia, e popolazioni bellicose rintuzzera e sara alle genti di civilt& fondatore e di mura, finché la terza estate l’avra visto regnare sul Lazio 265 etre stagioni d’inverno saranno passate sottomessi i Rutuli.77 Mail piccolo Ascanio,”8 cui ora si aggiunge I’altro nome dilulo (ed era Ilo, finché Vilia potenza si fondd su un regno), trenta grandi orbite”? nel rivolgimento dei mesi completera governando, e il regno dalla sede di Lavinio 270 trasferira®? e di Alba Longa®! fara possente baluardo. Qui ancora per trecento anni interi®? si avra un regno sotto I’ettorea’? dinastia, finché una sacerdotessa regina, 260 trasferimento, collegandovi una spiegazione della cir nati pubblici avessero come sede del loro culto Lavi Vostilita della matrigna Lavin abbandond Lavinio e fondo Alba Lon- ga... E poiché i Penati, trasferiti li da Lavinio, durante la notte seguente fecero ritorno a Lavinio, e Ascanio li trasferi una seconda volta ad Alba, e quelli di nuovo ritornarono a Lavinio, permise che vi restassero, aven- do destinato degli uomini che presiedessero agli uffici sacri e avendo lo- To assegnato del terreno, dal quale traessero sostentamento». 81 Antichissima fondazione del Lazio (fra Albano Laziale e Castel- gandolfo), dalla quale la tradizione vuole avesse tratto origine Roma. La successiva rivalita fra le due citta si sarebbe conclusa con la vittoria di Roma nel famoso duello fra i tre fratelli Orazii, romani, e i tre fratelli Curiazii, albani. Una accreditata — quantunque non autentica — etimolo- gia del nome da alba, «bianca», la collegava con I'episodio oracolare della «scrofa bianca» (3,390 sgg. e 8,43 sgg.). Anche a 5,597; 6,766; Sa 9,387 (cfr. 1,7; 5,600; 6,763 € 770; 7,602; 8,643; 9,388; 12,134 € ). ® 1] tre e i suoi multipli decimali sono unita di misura privilegiata del tempo nell’ epica omerica (affiancati dalla ricorrenza del dieci 0 del sete, Soprattutto quando l’ordine di grandezza @ di anni). Qui la complessita della periodizzazione consente di conciliare l’usanza poetica con la di- Scussa cronologia storica. a : ® Ettore era in realtA zio materno di Ascanio, come esplicitamente ri- cordato nell’ Eneide a 3,343 € 12,440: che egli qui appaia come fondato- Te della dinastia troiano-albana & percid solo una figura estensiva. A 6,760 spg. &, p.es., a Silvio, figlio di Enea e di Lavinia, che — pil pun- tualmente — viene attribuito il medesimo ruolo. 279 275 280 Marte grauis geminam partu dabit Illia prolem. Inde lupae fuluo nutricis tegmine laetus Romulus excipiet gentem et Mauortia condet moenia Romanosque suo de nomine dicet. His ego nec metas rerum nec tempora pono, imperium sine fine dedi. Quin aspera Iuno, quae mare nunc terrasque metu caelumque fatigat, consilia in melius referet mecumque fouebit Romanos rerum dominos gentemque togatam. Sic placitum. Veniet lustris labentibus aetas, 0 Rea Silvia, figlia di Numitore, re di Alba, discendente di Enea, fu dallo zio Amulio, che aveva usurpato il trono del fratello, costretta a di- venire «Vestale», ossia sacerdotessa votata alla castita, per impedirle di avere prole «legittimista»; Ilia tuttavia diede alla luce, concepiti da Mar- te, i gemelli Romolo e Remo e per questo fu uccisa (sepolta viva o getta- ta in un fiume: il Tevere o |’ Aniene). Una variante ne faceva non una di- scendente, bensi una figlia di Enea, del quale, dunque, Romolo sarebbe stato i] nipote. Anche a 6,778. 850 Mavorte (a 8,631 e 700; 10,754), il dio della guerra, identificato con I’ Ares dei Greci, figlio di Giove e di Giunone. Vive in Tracia («terra marziale» per antonomasia a 3,13), paese considerato popolato di genti tudi ¢ bellicose. Per i Greci é il dio della forza bruta e impulsiva, e quin- di rappresentazione dei caratteri negativi della guerra. E fra gli déi che Partecipano alla mischia davanti alle mura di Troia e viene ferito da Dio- mede € da Minerva; Giove lo ferma con un fulmine quando cerca di ven- dicarsi di Achille, responsabile della morte della figlia Pentesilea, regina delle Amazzoni. Fra i suoi mitici amori, in primo luogo va annoverato quello con Venere, dalla quale gli nascono «Amore» (Eros), «Terrore» (Phobos) e «Armonia». Il dio romano, oggetto di un culto molto pid vi- Vo, € detto padre di Romolo e Remo, e quindi collegato con le ori jgini del- Ja citta, di cui rappresenta una delle divinita tutelari. Lepiteto «Gradivo» 3,35; 10,542), interpretato dagli antichi come «colui che avanza, che si slancia nella mischia», forse é da collegare Piuttosto con grandis, «cre- Sciuto», «pieno», e con l’originaria natura agricola del dio italico. 8 Servio rifiuta la leggenda tradizionale che vuole i gemelli Romoloe Remo nutriti:da una lupa, proponendone una versione razionalizzata piuttosto comune nella cultura latina: i gemelli, esposti presso la riva del ‘Tevere, «li trovd il pastore Fausto, del quale era da poco moglie 1a pro- stituta Acca Larenzia», che li allevd. La leggenda relativa alla /upa sa- rebbe nata dal fatto che «chiamiamo “lupe” le prostitute, dal che Periva anche “Jupanare”», Z 871] fondatore eponimo di Roma di nas vorzio» a 6,777), gemello di Remo, 280 ascita divina (e detto percid «Ma- nipote di Numitore. L’usurpatore tia gravida di Marte,* partorira una prole gemella. Quindi esultante nel bruno mantello della lupa nutrices Romolo’? radunera un popolo e fondera le mavorzie ” mura, & li dira Romani dal suo proprio nome. Acostoro io né traguardi di dominio né tempi stabi 0, un impero senza fine ho concesso. Anzi, la severa Giunone, che ora nella sua apprensione tormenta mare e terra e cielo, 280 amigliore consiglio si volgera e proteggera assieme a me j Romani signori del mondo e il loro popolo togato.88 Cosi fu deciso. Verra un’eta col procedere dei lustri Amulio ordind che i due neonati fossero gettati nel Tevere, ma essi, mes- si in una cesta e affidati alle acque del fiume in piena, si salvarono av- yenturosamente. Divenuti adulti e venuti a conoscenza delle azioni scel- lerate di Amulio, i due fratelli lo uccisero, restituendo il trono a Numito- re, che concesse loro di fondare una loro propria citta. Remo, deluso per- ché a Romolo, che aveva avuto migliori auspici, era toccato il diritto di esserne il fondatore, oltrepassd con disprezzo il solco tracciato come pe- rimetro della citta dal fratello, e questi lo uccise. Per popolare la sua cittd dalle «mavorzie mura», Romolo ne fece un «asilo» aperto agli abitanti delle localita vicine e procurd loro le spose col rapimento delle donne dei Sabini, intervenuti alla celebrazione, da lui indetta, in onore del dio Con- so (identificato con Nettuno). Ne segui una guerra con i Sabini conclusa- sicon un accordo che sanciva la fusione fra i due popoli (sinecismo) ¢ il diritto per Tito Tazio, re dei Sabini, di regnare insieme con Romolo (cfr. nota a 7,709). Alla morte del collega, Romolo, rimasto unico sovrano, guerreggid vittoriosamente contro altri popoli del Lazio. Un giorno, mentre stava compiendo una rivista militare nel Campo Marzio, scoppid un violentissimo temporale, seguito da un’eclissi di sole. Quando gli ele- menti si furono placati, Romolo era scomparso. Si ritenne che fosse sta~ to assunto fra gli déi e se ne promosse la venerazione sotto il nome di «Quirino» (anche a 6,778; 8,342). La «profezia» che Giove fa seguire, di un «impero senza fine», é promessa di straordinaria portata: se attuabile, €ssa stabilisce per Roma una immutabilita nel tempo, cio® uno stato po- Sitivo negato al transeunte biologico, che é carattere «normale» del mon- do (cfr. nota a 8,325). 7 *8E la definizione solenne dell’insieme dei ciues Romani. La toga, una lunga pezza di lana bianca, tagliata a forma di ellisse, che si avvol- 8eva intorno al corpo, sopra la tunica (la veste normalmente indossata in Casa), era l’abito ufficiale del cittadino romano. Una striscia di porpora (clauus) ne costituiva l’ornamento per gli appartenenti alle classi politi- Co-sociali pit) eminenti (una striscia sottile, angustus clauus, per i cava- ‘eri, una striscia pid: ampia, latus clauus, per i senatori), ma anche per i *agazzi prima della maggiore etd (14-16 anni). 281 285 290 cum domus Assaraci Pthiam clarasque Mycenas seruitio premet ac uictis dominabitur Argis. Nascetur pulchra Troianus origine Caesar, : imperium Oceano, famam qui terminet astris, Iulius, a magno demissum nomen lulo. Hunc tu olim caelo spoliis Orientis onustum accipies secura; uocabitur hic quoque uotis. Aspera tum positis mitescent saecula bellis, cana Fides et Vesta, Remo cum fratre Quirinus 89 Figlio di Troo (e nipote di Erittonio o di Dardano), fratello di Ilo e di Ganimede, padre di Capi e quindi avo di Anchise (anche a 6,650 e 778; 9,259 e 643; 12,127). Riprendono questo nome due guerrieri troiani, fra i difensori dell’«accampamento» degli Eneadi sul Tevere (10,124). 9% Citta o regione della Tessaglia, forse corrispondente alla valle dello Spercheo, patria di Achille. %! Lantichissima citta del Peloponneso, situata non lontana da Argo, sulla valle del fiume Inaco, sulla quale avrebbe regnato la dinastia degli Atridi e dalla quale fu dato nome alla civilta fiorita in Grecia nella se- conda meta del secondo millennio a.C. Dell’antico splendore gia nel se- colo I a.C. non esistevano pit che rovine (1,650; 2,25; 180; 331 e 577; 5,52; 6,838; 7,222 e 372; 9,139: cfr. a 11,266). Per il tema della vendetta dei discendenti di Ilio sui figli degli Achei, cfr. a 6,836 sgg. (e anche 11,286-287). °% Forse Gaio Giulio Cesare, il conquistatore della Gallia e dittatore (ca. 100-44 a.C.), o forse suo nipote e figlio adottivo Cesare Ottaviano (anche a 8,714; come Augusto & menzionato a 6,792 e 8,678). Gaio Ot- tavio, nato nel 63 a.C. e morto nel 14 d.C., dopo I’assassinio dello zio, ne rivendicd I’eredita anche politica, venendo a scontrarsi con Marco Anto- nio, che di Giulio Cesare era stato luogotenente. Avuta definitivamente la meglio su Antonio nel 31 a.C., assunse con M. Vipsanio Agrippa il con- trollo completo dell’impero. Seppe presentarsi come il pacificatore giun- to a porre fine alla lunga serie di guerre civili, il Princeps («primo citta- dino») cui si riconosceva un’autorita superiore a quella di qualunque al- tro ciuis della “res publica” («Stato») e che poteva, pertanto, raccogliere in sé la somma delle magistrature repubblicane, ma che intendeva resta- re comunque rispettoso degli ordinamenti stabiliti. II titolo di imperator, entrato poi nella titolatura ufficiale dei suoi successori, faceva di lui il ca- po permanente di una organizzazione militare non pid soggetta alla ge- stione oligarchica e divenuta fondamento della nuova struttura istituzio- e. % B V'insieme delle acque (in origine concepito come un fiume), che 282 che Ja casa di Assaraco®? calchera in schiaviti: Ftia® ela gloriosa Micene®! e dominera sulla vinta Argo. Nascera dalla bella ascendenza il romano Cesare,92 , che porra come termini all’impero I’Oceano,°? alla sua fama Giulio, nome derivato dal magnifico Iulo. aes, E tu un giorno nel cielo, carico delle spoglie dell’ Oriente,* yraccoglierai tranquilla; e anche lui sara invocato con preghiere. Allora deposte le guerre si addolciranno le aspre generazioni, Ja candida Fede, e Vesta,% e Quirino con il fratello Remo” circondano i mari e le terre emerse. Da esso originano tutte le acque del- Ja Terra e anche quelle degli Inferi. Come divinita, & elemento primor- diale origine di tutte le cose (1,74: 250; 4,129 e 480; 7,101; 8,589; 11,1). 94 Se il «romano Cesare» & Ottaviano Augusto, l’allusione & probabil- mente all’armistizio con i Parti del 20 a.C., con il quale si ottenne la re- stituzione delle insegne romane, portate via a Crasso nella disastrosa bat- taglia di Carre del 53. Chi ritiene il 20 a.C. una data troppo avanzata ri- spetto alla composizione dell’ Eneide, pensa, invece, che il riferimento sia alla vittoria di Azio (31 a.C.) su Marco Antonio e le forze a lui allea- te della zona orientale dell’ impero. 95 La personificazione della fedelta nel mantenere le promesse e i giu- ramenti. Aveva da parte dello Stato romano un culto, che si diceva isti- tuito da Numa Pompilio. % Dea del fuoco e del focolare, e come tale garante dell’armonia fa- miliare a livello privato e della concordia civile in ambito pubblico. Un fuoco sacro, simbolo della vita, ardeva perennemente, come nelle case private, cosi nel suo santuario circolare, dove erano preposte alla sua sor- veglianza le Vestali, sacerdotesse vergini come la divi ita di cui erano ministre, direttamente dipendenti dalla massima autorita sacerdotale ro- mana, il pontefice massimo. Identificata con la greca Estia, fu detta figlia di Saturno e di Opi. Il suo nome indica talora semplicemente il fuoco (2,296). Anche a 2,568; 5,744; 9,259. . 7 Servio discute a lungo il senso di questa formula virgiliana; ma poi propone egli stesso una interpretazione che gli sembra pitt coerente con il complessivo interesse di Virgilio per l’epoca sua contemporanea: «Qui- tino é Augusto, Remo invece & messo in luogo di Agrippa, che sposd la figlia di Augusto e condusse le guerre unitamente a lu Infatti, adulan- dolo, il popolo romano propose a Ottaviano tre titoli.. Quirino, Cesare oppure Augusto. Quello, per non offendere, scegliendone uno, la parte che desiderava offrirne un altro, li utilizzO tutti in epoche differenziate, € in un primo tempo fu detto Quirino, successivamente Cesare», per assu- nere infine il titolo di Augusto, il solo destinato a durare. 283 285 290 295 305 jura dabunt; dirae ferro et compagibus artis claudentur Belli portae; Furor impius intus saeua sedens super arma et centum uinctus aénis post tergum nodis fremet horridus ore cruento». Haec ait et Maia genitum demittit ab alto, ut terrae utque nouae pateant Karthaginis arces hospitio Teucris, ne fati nescia Dido finibus arceret. Volat ille per aéra magnum remigio alarum ac Libyae citus adstitit oris. Et iam iussa facit ponuntque ferocia Poeni corda uolente deo; in primis regina quietum accipit in Teucros animum mentemque benignam. At pius Aeneas, per noctem plurima uoluens, ut primum lux alma data est, exire locosque explorare nouos, quas uento accesserit oras, qui teneant (nam inculta uidet) hominesne feraene, 58 Le porte del tempio di Giano, che si tenevano aperte in tempo di guerra. Servio ricorda che tre volte fu possibile, nel corso della storia di Roma, chiudere quelle porte: sotto il regno di Numa, dopo la seconda guerra punica ¢ infine dopo la battaglia di Azio. Sotto Augusto, in realta, il tempio fu chiuso una prima volta nel 29 a.C., poi nel 25 a.C. e di nuo- vo nel 2 d.C., molto dopo la morte di Virgilio. La risonanza data all’e- vento fu tra i motivi propagandistici dell’ ideologia della “pax Augusta” ane in Deena il confronto con Tito Livio, 1,19,1-4, che spie- ga anche le ragioni dell’istituzione della ceri: i i ii riguarda). Cfr. note a 7,180 e 614; 12,504. Hite ai ica eae tteranno le leggi; si chiuderanno le funeste porte oa Guerra’® con fitte sbarre di ferro; dentro, ! empio Furore gocovacciato sopra le armi crudeli e avvinto sul dorsodacento 295 ceppi di bronzo ruggira pauroso con la bocca sanguinosa».

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