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Il Rinascimento

Il Rinascimento è quel periodo culturale, storico e artistico che viene generalmente collocato dagli
studiosi nei secoli XV e XVI ed è caratterizzato, come dice la parola stessa, da una grande rinascita,
soprattutto artistica e letteraria. In questo periodo si verifica una riscoperta del patrimonio classico
greco e latino. Hanno un grande impulso le scienze e la filosofia mentre in campo letterario si
diffonde la corrente culturale dell’Umanesimo. La musica viene toccata meno rispetto alle altre arti
da questa ondata di riscoperta, in quanto scarseggiano i documenti diretti. Nasce la stampa
musicale, che permette una maggiore diffusione del repertorio e del sapere musicale.

I LUOGHI DELLA MUSICA

Chiese, basiliche e monasteri continuano ad essere il centro di maggiore diffusione della musica
sacra. Tra Quattrocento e Cinquecento si assiste all’avvento della polifonia che soppianta
definitivamente la monodia. Nascono le cappelle musicali, istituzioni destinate all’istruzione di
cantori da parte del Maestro di cappella (figura nuova all’interno delle chiese) che ha il compito di
insegnare i canti liturgici, comporre brani da eseguire durante le messe.
Nei palazzi e nelle piazze invece continua a prevalere la musica profana che, nel corso di questi due
secoli, vedrà aumentare la sua importanza rispetto alla musica sacra.

LA MUSICA SACRA

La riforma protestante
Con l’affissione delle 95 tesi alla porta della cattedrale di Wittenberg il 31 ottobre 1517, il monaco
Martin Lutero (1483—1546) dà avvio al movimento noto appunto come riforma protestante, con il
quale egli si schiera contro la Chiesa di Roma accusata della pratica della vendita delle indulgenze.
Lo sviluppo di questa sua nuova dottrina determina l’esigenza della creazione di un repertorio
musicale adatto alle nuove linee dettate da Lutero. Egli nel dettaglio contestava alla musica della
Chiesa di Roma l’incomprensibilità dei testi dei canti sacri dovuta alla crescente complessità della
polifonia (l’intreccio delle voci impediva di comprendere il testo) e dall’uso della lingua latina,
difficilmente conosciuta dagli strati più bassi della società. In questo modo il fedele è difficilmente
coinvolto nella preghiera. Ecco che nasce il corale, un canto sacro in lingua tedesca, dotato di una
melodia semplice, sia monodico che polifonico in cui la melodia principale (nel caso di corali
polifonici) viene affidata alla voce più acuta. L’intreccio delle voci è molto semplice, anzi spesso le
voci procedono in modo omoritmico, consentendo in questo modo ai fedeli di comprendere il testo.
Lutero, con la collaborazione del musicista Johannes Walter (1496—1570) cura la pubblicazione di
quattro raccolte di corali. I primi tre contengono corali monodici il quarto corali polifonici.

La musica sacra cattolica e la Scuola Romana


In risposta allo scisma provocato dalle tesi di Lutero, la Chiesa di Roma (in occasione del Concilio
di Trento) prende dei provvedimenti anche in campo musicale. In particolare si proibisce di
utilizzare melodie profane nelle composizioni sacre, si proibisce di utilizzare tutte le sequenze
monodiche di derivazione medievale ad eccezione di quattro, si invitano i compositori a
semplificare la polifonia e a rendere il testo comprensibile. Ad osservare integralmente i dettami del
Concilio di Trento sono gli esponenti della Scuola Romana, con Giovanni Pierluigi da Palestrina
(1525 ca.—1594), maestro di cappella in varie chiese romane, autore di più di 100 messe, oltre 500
mottetti polifonici e altre composizioni sacre e profane. Si ricorda la Missa Papae Marcelli.

Le composizioni della Scuola Romana si caratterizzano per:


* Assenza di accompagnamento strumentale (sono infatti brani “a cappella”);

* Testo in latino;

* Polifonia semplificata;

* Comprensibilità dei testi

La scuola Veneziana
Si differenzia dal modello romano anche grazie alle caratteristiche politico-sociali della repubblica
di Venezia. Il centro della vita musicale della città è la Basilica di San Marco, dove viene ideata la
tecnica dei cori spezzati o battenti che consiste nel posizionare gruppi di cantori o di strumenti in
punti diversi della basilica. Questo accorgimento crea innanzitutto un effetto stereofonico per
l’ascoltatore, ma anche suggestivi effetti di eco e di variazione di intensità dovuti alla differente
dislocazione. Nella basilica inoltre era largamente consentito l’uso di strumenti musicali, vengono
infatti fatti installare due organi, ed usati regolarmente ad esempio strumenti a fiato come trombe e
tromboni. Questo perché, per celebrare lo sfarzo della repubblica veneziana, spesso le celebrazioni
si svolgevano anche sull’ antistante piazzale della basilica. Tra i grandi organisti attivi a San Marco
ricordiamo Andrea e Giovanni Gabrieli, zio e nipote. Di quest’ultimo ricordiamo la Sonata Pian e
Forte capolavoro che esalta la tecnica dei cori spezzati.

La scuola Fiamminga

Nelle Fiandre la tecnica del contrappunto viene portata ai suoi massimi livelli. I compositori
fiamminghi infatti si cimentano con abile maestria nella produzione di brani polifonici molto
complessi, in cui l’intreccio delle voci viene costruito alla pari di un’opera architettonica,
spingendosi verso gli estremi con brani persino a 30 voci! Ricordiamo il tedesco Orlando di Lasso
(tedesco di nascita, fiammingo di formazione) autore di circa duemila lavori tra cui 64 messe e più
di mille mottetti, Guillame Dufay (autore della Missa l’homme armé) e Josquin Desprez.

LA MUSICA PROFANA: La Francia e la chanson, l’Italia e il madrigale


Per quanto riguarda la musica profana si diffonde in Francia la chanson, composizione polifonica
profana in forma strofica il cui testo parla generalmente d’amore. Il madrigale è invece la forma
musicale prediletta dai compositori italiani. Si tratta di una composizione polifonica in cui vi è una
stretta relazione tra parola e musica. I testi, colti e raffinati, sono scelti tra gli scritti degli autori del
tempo (Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Tasso). Tra i compositori di madrigali troviamo Luca
Marenzio, Gesualdo da Venosa e soprattutto Claudio Monteverdi (1567—1643). Di carattere più
semplice e popolare villanella, canzonetta e frottola, sono altre forme musicali che si potevano
ascoltare nelle corti italiane nel 400 e nel 500. A Firenze invece, nel tempo del carnevale vengono
eseguiti i canti carnascialeschi , in cui vengono descritti in chiave ironica tipologie diverse di
personaggi. Tali forme, generalmente vocali, potevano essere accompagnate da strumenti che
avevano la funzione di “raddoppiare” le voci.

LA MONODIA ACCOMPAGNATA: LA NASCITA DELL’OPERA


Come abbiamo visto, il Cinquecento vede la piena affermazione della polifonia sia in ambito sacro
che in ambito profano. Tuttavia la monodia non viene completamente dimenticata. Ci si accorge
infatti delle potenzialità espressive che può avere una linea melodica cantata da una voce solista
accompagnata dagli strumenti (tecnica che anticipa di fatto le caratteristiche dell’odierna canzone).
E’ la cosiddetta monodia accompagnata che si sviluppa in Italia verso la fine del Cinquecento. In
particolare, questa “invenzione” si deve alla Camerata Fiorentina detta anche Camerata de’
Bardi, un gruppo di giovani intellettuali, artisti, musicisti e letterati che si riunivano a Firenze nel
palazzo del Conte de’ Bardi, con l’intento di promuovere e divulgare questo nuovo tipo di musica.
Le prime composizioni sono formate da una melodia e da una linea più grave di note che
rappresenta l’accompagnamento (da realizzare a piacimento con clavicembalo o altro strumento).
Questa tecnica (scrivere solo la nota più grave dell’accompagnamento) si chiama basso continuo.

Sempre grazie al lavoro compiuto dalla Camerata de’ Bardi, si assiste, nei primi anni del 1600 alla
nascita uno spettacolo musicale del tutto nuovo: l’opera o melodramma. Si tratta della
realizzazione teatrale di una vicenda in cui vengono utilizzati diversi mezzi espressivi e in cui gli
interpreti si esprimono cantando accompagnati dall’orchestra. Dal punto di vista musicale si
utilizzano:

* la monodia accompagnata  per il canto solistico;

* il recitar cantando (una specie di declamazione intonata);

* la polifonia per i brani corali;

* La musica strumentale  per gli intermezzi riservati all’orchestra;

* La danza.

Gli altri ingredienti di un’opera sono:

* Il libretto  (è la parte letteraria di un’opera e contiene la trama con i dialoghi);

* la scenografia  (l’insieme dei fondali che ricostruiscono gli ambienti, gli arredi di scena);

* la coreografia  (la cura dei movimenti danzati);

* i costumi.

Tra le prime opere realizzate troviamo Euridice , musica di Jacopo Peri e libretto di Ottaviano
Rinuccini, rappresentata a Firenze il 6 ottobre 1600. Molti studiosi considerano Euridice  il primo
esempio di opera nella storia della musica. Da ricordare anche le opere di Claudio Monteverdi
(Orfeo)

LA MUSICA STRUMENTALE
Durante il Cinquecento aumenta tra la gente di ogni classe sociale il piacere di ascoltare musica,
grazie anche all’impulso che l’invenzione della stampa musicale ha dato alla diffusione della
musica in ogni ambito. In particolare gli strumenti musicali, che fino ad allora avevano avuto un
ruolo marginale, esclusivamente relegati all’accompagnamento delle voci, ricevono nuova linfa
vitale e si staccano dalla musica vocale. Nascono così nuove forme esclusivamente pensate per gli
strumenti musicali.

La danza
Durante il Rinascimento la danza acquisisce molta importanza sia nelle piazze che all’interno delle
corti, dove nasce la figura del maestro di danza, che ha il compito di insegnare le danze al Signore e
ai suoi ospiti e creare nuove coreografie per le feste di corte. Lo sviluppo della danza determina uno
sviluppo anche della musica strumentale che la accompagna. Tra le danze più diffuse
troviamo pavana, allemanda, gagliarda, piva e corrente. Tali danze spesso vengono accoppiate tra
di loro, mettendo in successione una danza dall’andamento più vivace e una danza di andamento
moderato. Di origine francese, invece, i branle

Gli strumenti musicali


Tra gli strumenti più diffusi ricordiamo: viole da gamba e viole da braccio, (strumenti a corde
strofinate), violini, liuti, cetre, chitarre, arpe e clavicembali (strumenti a corde pizzicate). Tra gli
strumenti a fiato troviamo flauti dritti e traversi, la bombarda e il cromorno  (ad ancia
doppia), trombe e tromboni, cornamuse. Nelle chiese continua ad essere utilizzato l’organo. A
questi vanno aggiunti strumenti a percussioni come tamburi, tamburelli, sonagli, piatti.

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