dei Caraibi: da una provocazione diventa opera d’arte); lo spettatore è fondamentale, molto più rispetto
all’arte precedente (in un’opera è rappresentato dal piccione). Inoltre, si considera come un’opera
contemporanea anche un’installazione in virtù del fatto che gli artisti contemporanei non si limitano più a
creare dei semplici dipinti (tutto è considerato arte).
Arte contemporanea
In Italia per arte contemporanea si intende un campo più vasto già da Canova, mentre nei Paesi
Anglosassoni, dato che hanno una storia diversa, come data di inizio dell’arte contemporanea si prende il
19451; gli Stati Uniti nascono molto tardi e i loro artisti andavano in Italia e in Europa per comprendere
l’arte; caso ancora più particolare sono gli Stati Uniti che in alcuni casi fanno iniziare l’arte contemporanea
dal 1980, se non anche dagli anni Novanta.
Nell’Ottocento Parigi è la capitale dell’arte, mentre dal ’45 la capitale diventa New York, ancora ora insieme
a Londra, capitale delle vendite ma non della produzione.
Il 1874 è un anno fondamentale, in quanto si svolge la prima mostra degli Impressionisti presso lo studio del
fotografo Nadar a Parigi, impressionisti che prima si chiamavano Società anonima di artisti, scultori e
pittori. L’arte contemporanea cambia anche i materiali di utilizzo nella creazione delle opere, creando nuove
questioni lasciando dei dubbi non tralasciabili. Duchamp è stato uno dei primi ad utilizzare dei materiali
nuovi, ma anche a firmare queste installazioni, segno non solo di provocazione ma anche di pensiero 2.
L’artista contemporaneo non è più colui che realizza un bel quadro o una bella scultura, pura ricerca di
bellezza e compiacimento, ma ci sono un messaggio ed una stratificazione di senso non sempre facili da
rintracciare. Il gesto di Duchamp nel 1917 apre le porte a tutto ciò che oggi consideriamo arte
contemporanea.
In questo tipo di arte vi è l’irruzione degli oggetti della quotidianità del tempo, come ad esempio la
Campbell’s Tomato Soup di Andy Warhol, uno degli artisti più sperimentali dell’epoca.
L’arte diventa anche un atto di protesta, come Bed-In del 1969 di John Lennon e Yoko Ono, i quali durante i
loro viaggi di nozze fanno uso del loro corpo come opera d’arte e di protesta restando a letto per una
settimana per protestare contro la guerra in Vietnam; anche Vanessa Beecroft utilizza il corpo, specie quello
femminile, come strumento per delle azioni artistiche.
Le opere di arte contemporanea possono essere viste anche come dei beni rifugio; il ruolo dei musei e delle
case d’asta sono fondamentali per la promozione degli artisti, molto di più delle gallerie; musei specie quelli
esteri, perché in Italia non vi è così grande tradizione, se non durante le Biennali o con delle personali. Il
ruolo dei musei sta cambiando tantissimo e stanno diventando sempre più importanti, hanno bisogno di
pubblico tramite la tecnologia e la comunicazione.
Il sistema dell’arte
I protagonisti del sistema dell’arte
Sistema= insieme di realtà interconnesse come in un circuito-> Nel sistema dell’arte i protagonisti sono
moltissimi, quali l’artista, il committente, il collezionista, il gallerista, il direttore del museo, il critico, il
curatore, lo storico, il giornalista e il manager dell’arte, il PR e il restauratore, tutte figure in movimento. Il
cuore di tutto è l’artista, figura controversa e rara pietra preziosa; oggi sono delle vere e proprie star
utilizzando tutti i mezzi dello star system, mettendosi in mostra. Il sistema dell’arte contemporanea è diverso
da quella moderna; comincia a cambiare con la rivoluzione francese e cambia proprio il modo di fare arte:
mentre in passato vi era un committente per cui l’artista realizzava un’opera o vi era un contratto, adesso
realizza prima l’opera e poi cerca di venderla correndo, quindi, il rischio di non venderla.
Il Salon è un luogo dell’Ottocento, nato alla fine del Seicento, in cui gli artisti espongono; è inizialmente
dominato dai professori dell’accademia di belle arti, nonché una giuria che seleziona artisti consoni secondo
i loro criteri, e le loro opere che poi venivano vendute. Gli artisti fanno delle opere, sperando che poi
vengano vendute alla borghesia. L’aspetto innovativo di queste opere è che non sono più commissionate.
1
In questi paesi si distingue fra Modern Art 1845-1945 e Contemporary Art dal 1945 (secondo dopoguerra) ad oggi.
2
Firmare un’opera significa anche attribuirgli la paternità aumentandone, di conseguenza, il suo valore.
Il committente viene a mancare, quindi l’artista può decidere in autonomia che soggetti ritrarre, il pubblico
diventa la borghesia, persone con una certa sostanza economica, ma non si tratta della nuova aristocrazia; ad
esempio sono imprenditore, proprietari dei grandi magazzini e industriali, coloro che iniziano a lavorare
nella industria statale dell’epoca. La maggior parte dell’arte moderna è a sfondo religioso; la nuova classe
sociale e il cambiamento della Parigi di fine Ottocento sono il fulcro del cambiamento artistico e
architettonico.
Il Salon era un luogo appropriato anche per la figura femminile; la nuova società diventa anche il soggetto di
raffigurazione dei quadri dell’Ottocento e degli impressionisti, qualsiasi genere di novità non è mai uno
shock ma il frutto di un cambiamento continuo nel tempo. Il Salon aveva anche un catalogo, le richieste per
parteciparvi sono così tante, che esso diventa una sorta di fiera temporanea, i dipinti vengono messi dall’alto
verso il basso (tale tipologia di allestimento non è più usata se non per specifiche mostre).
Tra i personaggi del sistema dell’arte, il collezionista c’è sempre stato ma nell’arte contemporanea il
committente si trasforma in un vero e proprio collezionista; Gertrude Stein è stata la prima a credere in
Picasso ed era diventata non solo sua committente ma anche collezionista delle sue opere. Peggy
Guggenheim aveva aperto a Londra una galleria chiamata Art of this Century; i collezionisti possono lasciare
tutte le loro opere a dei musei. Il gallerista ha un valore molto alto per questi artisti. I Salon si svolgevano
due volte all’anno ma gli artisti per il resto dell’anno potevano appoggiarsi ad esso.
Kahnweiler è un gallerista molto famoso e aveva capito il cubismo, cercando di promuovere questa tipologia
di arte. Leo Castelli, impara dalla moglie il mestiere, diventa il gallerista del New Dada e della Pop Art;
Ileana Sonnabend è una delle grandi galleriste donne.
Il mondo cambia e la società si evolve, risentendo dei tempi e della comunicazione di massa, anni
importantissimi sono gli anni ’80, mentre nel decennio successivo si ha un momento di crisi economica,
tuttavia la comunicazione diventa sempre più forte, ci sono dei grandi produttori della tv (es Mardoch), che si
avvalgono di grandi comunicatori, uno di questi è un pubblicitario-manager, Charles Saatchi, sostiene gli
artisti della Young British Artist, in cui milita anche Damien Hirst. Quest’ultimo spopola con una mostra nel
1991, in cui sono presenti animali in formalina in grandi teche d’acqua. Il gallerista, da collezionista e
sostenitore degli artisti, compra delle opere e le riunisce in delle grandi collezioni visitabili.
Critico e curatore a volte collidono; il critico è colui che dovrebbe esprimere un’opinione che dà un metro di
giudizio su cui basarsi e dà una chiave di lettura dell’opera accompagnando il visitatore nella comprensione
del pensiero dell’artista; ci sono dei giornali stranieri con dei critici, cosa che in Italia non è più presente, se
non in qualche sito (es ArtTribune). All’inizio il critico è un umanista, che si appassiona delle cose dell’arte
e della cultura, come ad esempio Charles Baudelaire e Gabriele d’Annunzio, i quali visitano delle mostre e
fanno una recensione di ciò che hanno visto; a volte il critico è qualcuno che ha molta poesia dentro di sé, ma
anche l’artista stesso, come Piero Gilardi, che andava in viaggio per l’Europa e per l’America facendo dei
reportage. Una figura molto importante è il critico militante (nei primi anni ’60); si tratta spesso di una
persona che ha iniziato scrivendo per delle riviste, come Germano Celant, il quale inizia a scrivere per delle
riviste underground, come Flash Art, nel 1977 organizza una mostra per dei suoi amici-artisti esponenti
dell’arte povera.
Spesso critico e curatore sono la stessa cosa, tuttavia vi è un momento intorno alla fine degli anni ’60, che
nasce ufficialmente la figura del curatore in Italia come Achille Bonito Oliva, gli stranieri invece hanno il
mito da sempre di Harald Szeemann, direttore di una Kunsthalle, luogo in cui ogni anno vengono organizzate
delle mostre temporanee; a Berna ne organizza una sulla Process Art (arte povera in Italia), si licenzia e
inizia a fare il curatore indipendente. Diventa molto famoso grazie agli appoggi, diventando anche il curatore
di Documenta di Kassel. Il curatore raccoglie gli artisti per cercare di promuovere le loro opere e la loro
visione artistica; non bisogna confondere il curatore con chi allestisce la mostra vera e propria; il lavoro vero
del curatore è quello di creare una mostra con un determinato significato. Non è semplicemente colui che
seleziona le opere per una mostra e decide dove posizionarle ma è un pensatore a tutti gli effetti: inventore di
storie e di mondi, immagina qualcosa che vuole raccontare attraverso le opere degli artisti; il suo ruolo non è
pertanto neutrale ed esprime quasi sempre la sua interpretazione; possiamo, dunque, considerarlo come un
interprete dell’artista (a volte si crea però un’interferenza fra le due figure e ciò spiega il motivo per cui molti
artisti sono diventati curatore di loro stessi). Uno dei protagonisti più famosi del sistema dell’arte è Hans
Ulrich Obrist, che scrive dei libri trascrivendo le interviste degli artisti, tuttavia essi sono falsati, in quanto
l’informazione filtra attraverso la visione dell’artista stesso, si tratta di un documento e quindi ha bisogno di
una propria interpretazione. Un altro curatore molto famoso è Francesco Bonami, referente della Fondazione
Seretto e Baudengo; una donna molto potente è Carolyn Christov-Bakargiev, curatrice dell’edizione di
Documenta del 2013 e attualmente direttrice del Castello di Rivoli.
Lo Storico dell’arte è una figura importantissima; oggi anche il direttore di un museo può essere uno storico
dell’arte, ad esempio Alfred Barr, direttore del Museum Of Modern Art, era critico di arte medievale ma si
lascia catturare dall’arte cubista. N.B. Lo storico dell’arte può essere un curatore ma non è detto che un
curatore sia uno storico dell’arte.
Le donne sono poco rappresentate fino agli anni ’70 e ’80, quando Palma Bucarelli diventa la direttrice e la
sovrintendente della GNAM di Roma dal 1942 fino al 1975, ponendo molta attenzione nella didattica. Oggi i
musei sono luoghi anche di spettacolo, creati da archi-star. Le case d’asta sono un luogo che fa scena negli
ultimi tempi, capaci di un mercato importante per le opere; le riviste sono molto utili, tuttavia la loro vendita
è sempre più in ribasso.
Importantissime sono le Biennali presenti in giro per il mondo, la cui madre di tutte è quella di Venezia, la
quale presenta dei padiglioni nazionali; nata nel 1895, dall’idea dei Salon parigini.
Le fiere sono organismi molto costosi e complicati. Essere direttore di una fiera è una cosa molto ambita sia
per i guadagni ma soprattutto perché ci si mette molto in pista nel sistema dell’arte. Bisogna però avere
determinate conoscenze e una certa capacità di gestione. Tra le fiere più antiche ci sono quelle di Colonia e
di Bologna della metà degli anni ’70. Oggi la fiera più grossa è quella di Basilea che ha una costola a Miami
(concetto di mondo dell’arte che si sposta). Le fiere dell’ultimo decennio hanno cercato di fare una grande
concorrenza ai musei e alle biennali creando zone in cui si organizzano vere e proprie mostre, anche con
opere molto grandi. Le fiere più famose d’Italia si tengono a Bologna, Milano e Torino.
Le case d’asta sono un luogo pieno di tranelli e giochi di prezzo sulle opere d’arte complicati e non sempre
puliti.
Le riviste sono un luogo di promozione, cioè la pubblicità che viene pagata dalle gallerie e dagli artisti. Ci
sono riviste più militanti e schierate che hanno i loro preferiti ed i loro filoni tipo Flash Art, oppure ci sono
riviste più tradizionali che trattano di tutta l’arte, come il “Giornale dell’arte”, che è un mensile molto
costoso che premia e classifica le mostre più visitate ma che si occupa anche di valorizzazione del territorio.
La rivista più potente al mondo è quella americana ArtForum. Riviste come Flash Art hanno contribuito alla
conoscenza e celebrità di molti artisti importanti ma sono state soppiantate dalle riviste online.
La prima grande frattura si ha con gli impressionisti proprio perché cambiano i temi, poi la seconda frattura
la si ha nel secondo dopoguerra, quindi dal 1945 in poi, perché New York diventa la nuova capitale dell’arte.
Bisogna capire come certi filoni culturali si rispecchiano in più ambiti, non solo quello artistico, ma anche
quello letterario, musicale e teatrale. L’Ottocento è considerato il secolo dell’illuminismo e del
romanticismo, il grande innamoramento presente nella seconda metà del Settecento e all’inizio
dell’Ottocento per il passato era dovuto a delle scoperte fondamentalmente archeologiche, come Pompei ed
Ercolano, ma anche delle grottesche, nella villa di Nerone (Domus Aurea), che aveva portato certi arredatori
inglesi a riprendere dei motivi. Il riprendere qualcosa (spesso dal passato) torna sempre; per interpretare
l’arte bisogna avere dei riferimenti visivi, specialmente quelli riferiti al passato.
C’è un passaggio nel modo di mostrare le opere. Grazie alla Rivoluzione francese le collezioni vengono
aperte, con il Salon, in cui i generi pittorici principali sono la storia, antica o anche contemporanea, e il
ritratto, di personaggi famosi o delle fanciulle su commissione. Un altro sogno che attraversa l’Ottocento
romantico è quello dell’esotismo, che ritorna ogni tanto, anche ora ci sono molti artisti che sono tornati al
decorativismo, a lungo bandito, cosa che invece viene preso in giro dagli artisti dell’Avanguardia. Il
romanticismo si esprime anche sottoforma di patriottismo o l’idea che l’uomo dinnanzi alla natura è piccolo.
Prima degli impressionisti, si trova la pittura di paesaggio, ritenuta poco impegnata, però gli artisti pian piano
iniziano a dipingere en plein air, mostrando una natura veritiera e non più tradizionale. Tra i pittori di
paesaggio più importanti vi è Constable; poi c’è Courbet, pittore realista che si dedica alla pittura di
composizioni figurative, paesaggi terreni, marini e donne, con una pittura diversa molto pastosa, accusato di
scegliere soggetti inappropriati. Allo stesso modo anche Delacroix o Gericault: questi propongono per primi
una storia diversa della pittura, allontanandosi dalla tradizione e ci sono dei casi molto singolari che
preludono agli impressionisti, come quello di William Turner, che già ai primi dell’Ottocento inizia a fare
questa pittura di atmosfera, dove compaiono dei mostri e delle presenze. Questo tipo di ricerche viene
portato avanti da un gruppo di artisti, soprannominati la Scuola di Barbizon, località vicina alla foresta di
Fontainebleau, che sono tra i primi a predicare una sorta di vita di comunità e all’aperto, osservando dal vivo
la natura. Tra questi c’è Millet, molto amato da Van Gogh, da qui parte l’idea di una pittura di paesaggio, che
sarà poi quella che investe gli impressionisti. Prima di questi ultimi, c’è un protagonista importante, Edouard
Manet, colui che per primo in qualche modo inizia a rompere con la prospettiva tradizionale; non vi è più un
fulcro unico, ma ci sono più punti e la pittura sembra quasi ribaltata, con una pittura non levigata, diventando
un dipinto più materico. Gli impressionisti costituiscono un gruppo che decide volontariamente di mettersi
insieme e spesso firmando anche un manifesto (corrente= moda presente in quel periodo). Monet è il capo
degli impressionisti, portando avanti le loro otto mostre; la prima si tiene nel 1874, nello studio di Nadar;
questo gruppo prende il nome dal fatto che un critico avesse detto che Impression soleil levant (Impressione,
levar del sole, Monet) fosse incomprensibile rispetto ai quadri dell’Ottocento, e questi artisti indagano gli
eventi naturali, focalizzandosi sulle fonti d’acqua o con i cambiamenti della luce. L’artista contemporaneo
non dipinge più per copiare la realtà, in quanto non gli interessa, ma fa quello che sente, dando una propria
interpretazione alla realtà. Il primo passaggio di rottura degli impressionisti è il cambiamento della
prospettiva e Monet è il primo a creare una sorta di installazione con un panello molto grande appeso in una
stanza che dà la sensazione di entrare in un laghetto con le ninfee. Gli artisti contemporanei creano degli
ambienti immersivi mentre gli Impressionisti ne creano vari: c’è chi è più legato alla realtà come Renoir, poi
ci sono i paesaggisti come Sisley e Pissarro, il quale irrompe la modernità e presenta un paesaggio di
campagna in cui compaiono spesso delle novità, come le industrie. Cézanne crea delle fratture all’interno dei
suoi dipinti, progettandoli secondo forme geometriche e questo tipo di pittura porterà a una prima idea di
cubismo, grazie a Picasso e Braque. Parallelamente in Italia ci sono i Macchiaioli, che riprendono queste idee
(Fattori, Lega, Signorini); i post-impressionisti riprendono con il puntinismo gli stessi temi degli
impressionisti e tra di loro si trovano Van Gogh e Gauguin. Il colore diventa irreale e pastoso, allontanandosi
molto dalla pittura accademica; irrompe l’idea del sogno e della letteratura, creando mondi assurdi, che sarà
lo spunto per il surrealismo. Vi è anche l’idea di un’arte globale, in cui l’arte è come un gioiello, come nel
caso di Klimt, o un forte decorativismo, come per i preraffaelliti inglesi. Tra gli artisti dell’arte
contemporanea vi è anche Picasso, che attraverso il periodo blu e rosa, arriva a un cambiamento totale della
sua arte grazie all’arte negra con le sue sculture africane, ispirando cambiamenti importanti, prima nella
pittura e poi nella scultura, non solo sua ma anche di Matisse e di Braque, che porteranno ad opere cubiste.
L’arte contemporanea
Impressionisti
*Salon nasce alla fine del Seicento, ufficialmente nel 1725 ma ciò che intendiamo con Salon “moderno” con
le giurie è un concetto più tardo risalente all’Ottocento.
L’idea del Salon viene messa in discussione da Courbet che nel 1855 organizza il Pavillon du Réalisme, un
padiglione tutto per sé come dispetto nei confronti del Salon (in quanto rifiutato da questo), apostrofando la
sua tipologia di arte realista, con colori più impastati e dalle tonalità nero-scure. Nel 1855 il Salon viene
inglobato nell’Esposizione Universale; dal 1851 si svolge la grande esposizione universale. la Francia fa
costruire il Palazzo dell’Industria e dell’Agricoltura, in cui vi è una parte dedicata all’arte nel Palazzo delle
Belle Arti, in questo caso Courbet vuole portare delle tele ma che gli vengono rifiutate, tra cui L’atelier
dell’artista. Vera allegoria che determina una fase di sette anni della mia vita artistica e morale, si arrabbia
e decide di fare una personale, in un piccolo casolare, sfidando il sistema dell’arte di quel tempo, facendo
una secessione, staccandosi dal Salon. Nel 1851 si tiene la prima esposizione universale, la Great Exhibition
a Londra nel Crystal Palace a Hyde Park.
Per Avanguardia si intende un gruppo che vuole porsi in contrasto in un senso di rottura/violenza con la
cultura presente in quel momento e rispetto al sistema dell’arte; quindi anche gli impressionisti portano delle
“avanguardie” ma non le consideriamo Avanguardie 3 perché loro vorrebbero esporre al Salon ufficiale ed
entrare nel sistema dell’arte; creano un sistema alternativo in cui sono imprenditori di sé stessi dando luogo
ad una cosa simile al salone ufficiale. Questa situazione trova una realizzazione nel Salone dei rifiutati nel
1863, un’esposizione parallela a quella ufficiale che si tiene in uno dei palazzi usati per l’Esposizione
Universale; in quell’anno vengono scartati tantissimi pittori, creando un grandissimo trambusto, gli artisti
convincono Napoleone III a concederli uno spazio per poter esporre, lo stesso imperatore comincia a credere
che il mondo del Salon è una messa in crisi dei professori dell’Accademia delle Belle Arti e anche del gusto
generale e che quindi la nuova borghesia necessita di una nuova visione. A questo Salon era presente Manet
con l’opera La colazione sull’erba, quadro non gradito non per il nudo di per sé ma perché la scena
rappresentata non è mitologica e manca la prospettiva. Un grande turbamento è dato dal modo in cui è
dipinto, la pittura sembra sporca e fatta male rispetto alle opere di altri artisti, ad esempio La nascita di
Venere di Cabanel, la prospettiva sembra quasi ribaltata e lo sfondo sembrava quasi uno teatrale. A questi
Salon andavano le persone e facevano le cronache; altra opera presa in giro all’inverosimile è Symphony in
White no.1 (The White Girl) di Whistler James.
Da queste tipologie di ribellione (padiglione del realismo e rifiutati) prende forma quella degli impressionisti
nel 1874.
Consideriamo Impressionisti alcuni artisti che tengono insieme 8 mostre. Il 1874 è una delle date
fondamentali della storia dell’arte, è l’anno in cui si organizza la mostra nello studio del fotografo Nadar e si
presenta come una società, un’associazione; questi artisti stilano un documento come società anonima di
artisti, pittori, scultori e incisori. Pagando la quota associativa hanno il diritto di esporre due opere. Mettono
in vendita anche un catalogo, l’entrata è a pagamento in modo da poter organizzare l’evento. Una delle opere
che crea più scandalo è quella di Claude Monet, Impression soleil levant, paesaggio che vive dei riflessi
dell’acqua, tale dipinto non riscuote nessun successo, ma anzi un giornalista afferma che quest’arte sia
incomprendibile. La grande novità che differenzia questi artisti degli altri è il fatto che dipingono all’aperto;
3
Avanguardia storica è ad esempio il Futurismo che ha un manifesto, una dichiarazione, espongono in
gruppo e vogliono rompere tutto, dare fuoco ai musei, guardare la velocità, cose del tutto nuove. I Fauve cioè
gli espressionisti o die Bruecke sono Avanguardia. Tutto sommato gli Impressionisti non è che vogliono
andare contro il sistema perché hanno un’ideologia. Vogliono esporre, trovare una strategia alternativa,
vogliono comunque far parte del sistema.
invenzione fondamentale in questo periodo è la creazione dei colori in tubetto, potendoli portare in giro con
sé.
Gli artisti impressionisti smettono di fare una pittura tonale (solitamente i dipinti seguono le
sfumature, non c’è un brusco stacco), le picchiettature di quel periodo sono una cosa completamente
nuova, i colori sono direttamente messi a piccole virgole sulla tela, quindi puri e non sono più sfumati
sulla tela stessa.
Già alla terza mostra questo gruppo cambia il nome da Società anonima a Impressionisti. Intono al 1886 si
ha l’ultima mostra degli impressionisti e il gusto artistico si è già mutato nel post-impressionismo e il
pointillisme di Seurat; si va oltre l’impressionismo (da qui comincia il Post-Impressionismo) e si collega agli
studi di ottica4 e ne fa una teoria scientifica attraverso i puntini lasciando così al cervello il compito di
ricomporre l’immagine. L’unico “difetto” —> le figure sembrano molto statiche come delle sagome bloccate
con contorni netti.
Questo tipo di corrente artistica è proposta nel Salon des Indipendants del 1884, in cui non ci sono regole,
non è presente una giuria, non ci sono premi, basta pagare una quota per entrare in questa società. Gli artisti
si stanno preparando per riunirsi in varie associazioni in modo tale da esporre autonomamente, sono i primi
tentativi di allontanarsi dal sistema originario dell’arte. Nel 1884 viene presentato Bagnanti ad Asnières di
Georges Seurat, una giornata di riposo e di serenità delle società media dell’epoca.
Il Novecento
Nel 1903 vi è il primo Salon d’Automne, ma molto più importante è quello del 1905, in cui esordiscono, sia
in Francia che in Germania, due gruppi, rispettivamente Die Brueke e Fauves; nuovamente si ha il fenomeno
in cui un critico, rimasto scandalizzato da questa nuova arte, dà il nome a questi gruppi. La differenza tra il
Salone degli Indipendenti e il Salone d’Autunno è il fatto che quest’ultimo aveva un minimo di criterio e di
selettività nell’allestimento.
Nel 1905 viene presentata da Henry Matisse, uno dei pittori più importanti della storia dell’arte, Donna con
cappello, in cui il viso sembra di vari colori e contrastanti tra di loro, con pennellate molto ampie, posa del
soggetto a ¾ (molto borghese). La cosa più scandalosa è l’utilizzo del colore, sempre molto abbondante; il
tutto può essere facilmente spiegato dall’arte proposta dai loro predecessori, che ha spinto questi artisti a fare
delle nuove ricerche e applicare nuova forza espressiva sulle loro tele; Vauxcelles definisce una sala “cage
aux fauves”, ossia una gabbia di belve, per la selvaggia violenza espressiva del colore.
Espressionisti sono, dunque, una sorta di ombrello che prendono sotto da una parte degli artisti francesi e
altri di origini tedesca. In Francia, il colore è irreale e in forte contrasto e la prospettiva non c’è più, come
nessuna regola compositiva; tra i più famosi si annoverano Raoul Dufy, Maurice De Vlaminick e
4
Avevano scomposto la luce scoprendo i colori primari e le varie sfumature
sicuramente il celebre Henry Matisse, che attua una semplificazione delle forme e un uso del colore forte e
piatto, e vi è un gioco di richiami bello e colto.
I tedeschi si appropriano di un termine di Nietzsche; per ponte si intende un collegamento tra l’uomo del
passato e quello della società odierna; la loro pittura è molto arrabbiata, in quanto vivono in una società
complicata. La Germania è una delle prime nazioni che sviluppa la rivoluzione industriale, senza riuscire a
primeggiare; ci sono ricchi borghesi e parallelamente una società che arranca e che è dominata dal
capitalismo. Ernst Ludwig Kirchner è la personalità maggiore per capacità di comprendere i temi e la
rappresentazione grafica di ciò; i colori sono molto forti e irreali; tra fine Ottocento e primi del Novecento
prende piede una nuova moda, ossia l’arte negra e questi reperti non venivano considerate come opere
d’arte, bensì interessanti soggetti nelle forme; questa arte diventerà una delle basi per lo sviluppo del
cubismo. L’arte negra aiuta Emil Nolde ad esprimere la sua repressione verso la società in cui vive; per lui
quando si esce dalla porta di casa, ci sono dei personaggi cattivi, come i capitalisti, i proprietari dei giornali,
collusi con il potere centrale, i preti, i politici e la società marcia, compresi i borghesi; altri artisti cercano un
modo per evadere come Otto Muller e Oskar Kokoschka.
Tra di essi, ma non legato fortemente alle loro vicende, è presente Egon Schiele, che ha un tratto simile a un
fremito, e tutti questi artisti hanno come capostipite Edward Munch, più vecchio rispetto agli altri, infatti le
sue opere sono datate già alla fine dell’Ottocento, come L’urlo del 1893 (uso del colore forte, colori che
sembrano urlare, comunicare uno stato d’animo irrequieto).
1942: The Art of this century -> galleria-museo di Peggy Guggenheim (New York). 1943: 1^ mostra di
Jackson Pollock.
Nei testi americani, per avanguardie si intende l’arte dagli anni ’60 in poi; letteralmente gli avanguardisti
sono quelli che vanno per primi 5. Le Neoavanguardie sono ciò che riguarda la produzione artistica dal 1945
in poi, momento in cui cambia la capitale dell’arte, da Parigi a New York.
Nel 1956 a Londra si allestisce una mostra molto importante dal titolo This is Tomorrow e l’opera più
clamorosa è il collage di Richard Hamilton, Just what is it that makes today’s home so different, so
appealing Fumetti, fotografie, elettrodomestici, oggetti anche ironici che rappresentano il sogno del
consumista. Si verifica un cambiamento dei materiali nell’arte; l’arte contemporanea comincia ad usare
oggetti diversi dal solito introducendo materiali non convenzionali da cui realizzano sculture polimateriche.
Altro esponente è Paolozzi la cui opera significativa è I was a rich man's plaything con scritte molto pop (è
qui che appare per la prima volta la parola pop) e la pubblicità della coca cola.
A Marcel Duchamp si deve l’utilizzo di materiali diversi rispetto a quelli precedenti; le opere diventano
anche polimateriche; anche Pablo Picasso faceva dei collage non solo in scultura ma anche in pittura, come
si vede in Natura morta con sedia impagliata del 1912: la base è normale ma in superficie vi è una tela
cerata che copia la sedia tonet, uno dei primi oggetti di design dei primi dell’Ottocento, presente nei bistrot
parigini, ma presa dai Café viennesi. Anche i futuristi utilizzano questa tecnica artistica, come Enrico
Prampolini ne Grafico Dinamico del Bal Tabarin, il quadro brilla grazie alle paiettes. Il dadaismo nasce in
Svizzera durante la Prima Guerra Mondiale, con delle azioni provocatorie proponendo dei collage contro la
politica.
Il dadaismo (1916-1920) è caratterizzato dal rifiuto degli standard artistici, come dimostra il nome dada (da
Tristan Tzara) che non ha un vero e proprio significato, tramite opere culturali che erano contro l'arte stessa.
Il dadaismo ha quindi messo in dubbio e stravolto le convenzioni dell'epoca, dall'estetica cinematografica e
artistica, alle ideologie politiche; ha inoltre proposto il rifiuto della ragione e della logica, ed ha enfatizzato la
stravaganza, la derisione e l'umorismo. Gli artisti dada erano volutamente irrispettosi, stravaganti, provavano
disgusto nei confronti delle usanze del passato; ricercavano la libertà di creatività per la quale utilizzavano
tutti i materiali e le forme disponibili. I dadaisti, a differenza dei surrealisti, hanno un atteggiamento duro e
arrabbiato, nonsense per suscitare rabbia e dispiacere e le loro opere sono spesso provocatorie. I surrealisti,
invece, hanno come temi principali il sogno, l’assurdo, la sur-realtà (qualcosa che va oltre) e sono più affini
ai simbolisti.
Un notevole contributo dato alla definizione di una nuova estetica sono i «ready-made». Il termine indica
opere realizzate con oggetti reali, non prodotti con finalità estetiche e presentati come opere d'arte. In pratica
i «ready-made» sono un'invenzione di Marcel Duchamp, e in italiano significa approssimativamente «già
fatti», «già pronti». I «ready-made» nascono ancor prima del movimento dadaista, dato che il primo «ready-
made» di Duchamp, la ruota di bicicletta, è del 1913. Quest’opera dà l’idea del movimento in quanto può
essere mossa (in ciò anticipando l’arte cinetica) con rimando all’idea di scultura ed è prelevata dalla realtà
così com’è. Il ready made diventa, nell'ambito dell'estetica dadaista, uno dei meccanismi di maggior
dissacrazione dei concetti tradizionali d'arte. Soprattutto quando Duchamp, nel 1917, propone uno dei suoi
più noti «ready-made»: fontana. Fontana è un oggetto creato dall’industria dell’epoca; Duchamp lo rovescia
5
Dal francese avant garde = parte dell’esercito dei più coraggiosi
e lo firma. Questo gesto è significativo in quanto la firma attribuisce la paternità all’opera: non è più un
semplice orinatoio ma si trasforma in opera d’arte che racchiude un messaggio. Un’altra opera degna di nota
è LHOOQ del 1919 in cui il soggetto rappresentato è la Gioconda, simbolo di diva a cui Duchamp aggiunge
ironicamente dei baffi come sfregio e ci lascia una scritta, una sigla misteriosa simile ad un’epigrafe.
L’artista irride tutta l’arte antica e tutte queste opere non sono altro che l’apoteosi di tutti i suoi giochi
ironici.
[altre opere: First papers of Surrealism; Il grande vetro (1915-1923) -> opera colta ricca di significati, è
un’opera simbolica in cui gli oggetti sono scomposti e legati insieme da un grande vetro]. Duchamp è anche
anticipatore di pratiche di body art -> esibizionismo mostrato nella foto Rose Sélavy = la vita è rosa.
In generale, si può affermare che con i «ready-made» si rompe il concetto per cui l'arte è il prodotto di
un'attività manuale coltivata e ben finalizzata. Opera d'arte può essere qualsiasi cosa: posizione che aveva
la sua conseguenza che nulla è arte. Questa evidente tautologia è superata dal capire che innanzitutto l'arte
non deve separarsi altezzosamente dalla vita reale, ma confondersi con questa, e che l'opera dell'artista non
consiste nella sua abilità manuale, ma nelle idee che riesce a proporre. Infatti, il valore dei «ready-made» è
solo nell'idea. Abolendo qualsiasi significato o valore alla manualità dell'artista, l'artista, non è più colui che
sa fare cose con le proprie mani, ma colui che sa proporre nuovi significati alle cose, anche per quelle già
esistenti.
Man Ray, Il dono (1921) -> ferro da stiro dell’epoca con dei chiodi; è un dono crudele che non può essere
usato, è un oggetto inutile che viene semplicemente prelevato dalla realtà ma inutilizzabile.
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Le composizioni che ne derivano sono lo specchio della società industriale e dello spreco
dell’uomo perché sono realizzate con oggetti recuperati che raccontano le memorie della vita
urbana, ma allo stesso tempo anche dell’artista che inserisce con essi una componente
autobiografica
Compressione -> tecnica che si sviluppa in Europa grazie all’artista César nel 1962; va contro l’idea
del consumismo utilizzando l’oggetto come del materiale grezzo su cui lavorare (opere di questo tipo
risultano problematiche a livello conservativo per la loro fragilità.
L’uso di materiali di recupero, il calco, il riciclaggio, il collage sono modi diretti per affrontare il mondo,
altrettante impressioni del reale sull’artista.
I corrispondenti statunitensi delle ricerche dei nouveaux réalistes sono associati a correnti di natura indefinita
che sono state chiamate neo-dada o più letteralmente “arte dell’assemblage”. Questi artisti esprimono un
nuovo realismo che contesta la supremazia acquisita dall’espressionismo astratto nel dopoguerra. Il nuovo
movimento emerge negli anni della cultura di massa e contesta l’arte astratta proponendo, quindi, un’arte più
reale. Collage, assemblage, performance, sono le pratiche che consentono di porre al centro dell’arte
l’oggetto reale prelevato direttamente dalla quotidianità.
Un esponente fondamentale della corrente del New Dada è Rauschenberg in cui pittura e scultura si riducono
a combinazione di oggetti. L’artista statunitense Robert Rauschenberg è uno dei protagonisti principali della
neoavanguardia New Dada e tra gli anni Cinquanta e Sessanta afferma la sua arte rivoluzionaria con i
cosiddetti Combine paintings realizzati a New York. Nei primi anni Cinquanta inizia la sua produzione della
serie dei Black Paintings, dei Red Paintings e dei White Paintings: si tratta di monocromi neri, rossi e bianchi
che, come delle pagine vuote, dovevano ancora essere scritti non dall’artista, quanto piuttosto dall’ambiente
che li circondava e quindi dall’azione della luce, dal tempo, dalle impronte di chi li maneggiava o toccava
(es: White painting, 1951). Tra i White Paintings rientra anche Erased de Kooning Drawing decide di
cancellare un’opera di Willem De Kooning (1904 – 1997) e sono molti a interpretare il gesto come un atto di
negazione, una protesta contro lo strapotere dell’espressionismo astratto in America. In realtà la sua idea è
quella di riuscire a produrre un disegno “bianco”, in linea con la sua serie di White Paintings. Dopo aver
provato a cancellare uno dei propri disegni, capisce che non è abbastanza per diventare un’opera: il materiale
dev’essere arte in partenza, per poi essere cancellato e trovare una “seconda vita”. Questo gesto dimostra
anche la libertà degli artisti e la loro volontà di rifondare. Presentato alla Biennale di Venezia del ’64 da Alan
Solomon, Robert Rauschenberg ottiene inaspettatamente l’assegnazione del Leone d’Oro: la premiazione
dell’artista americano, seppur ben conosciuto già in questi anni in Europa, provoca un incendiato dibattito fra
la critica, soprattutto perché a vincere è un artista straniero che realizza le sue opere utilizzando la
spazzatura.
John Cage -> compositore e teorico musicale statunitense nel 1952 compone 4’33’’; si tratta di una
performance fatta da un musicista che è entrata nell’arte. Il titolo dell'opera (4 minuti e 33 secondi: vale a
dire 273 secondi) è forse un richiamo alla temperatura dello zero assoluto –273,15 °C che equivale a
zero Kelvin. Cage preleva i rumori esterni dalla realtà per performare una musica che non esiste 7.
7
Il significato del silenzio è la rinuncia a qualsiasi intenzione. La rinuncia alla centralità dell'uomo. Il
silenzio non esiste, c'è sempre il suono. Il suono del proprio corpo, i suoni dell'ambiente circostante, i rumori
interni ed esterni alla sala da concerto, il mormorio del pubblico se ci si trova in un teatro, il fruscio degli
alberi se si è in aperta campagna, il rumore delle auto in mezzo al traffico. Cage vuole condurre all'ascolto
dell'ambiente in cui si vive, all'ascolto del mondo. È un'apertura totale nei confronti del sonoro. Una
rivoluzione estetica: è la dimostrazione che ogni suono può essere musica. Io decido che ciò che ascolto è
musica. È l'intenzione di ascolto che può conferire a qualsiasi cosa il valore di opera. Cage ha rivoluzionato
il concetto di ascolto musicale, ha cambiato l'atteggiamento nei confronti del sonoro, ha messo in discussione
i fondamenti della percezione.
Uno dei principali esponenti del New Dada è Jasper Johns. Il rifiuto dell'espressionismo astratto lo porta a
privilegiare gli aspetti formali e costitutivi dell'immagine e a ridurre al minimo la componente gestuale del
proprio intervento.
Il problema della rappresentazione del reale trova in Johns una possibile soluzione attraverso l'inserimento
dell'oggetto stesso (il ready-made) all'interno del dipinto. L'artista spiega che nelle sue opere si trovano
quegli oggetti "[...] che si guardano, ma che non si vedono". Opere: Flag (1954), Fool’s house (1962).
John Chamberlain -> utilizza la lamiera delle carcasse di automobili, rimossa dal suo originario contesto e
saldata senza troppe modifiche o trasformazioni.; si avvale della tecnica dell’assemblage per dare vita ad un
aggregato tridimensionale.
Claes Oldenburg-> nasce come artista new-dada. Realizza un’installazione dal titolo The store (1961) in cui
tutta la stanza è un’opera d’arte in cui ci sono sculture disgustose tipiche del consumismo (torta, mela
caramellata) come critica a quest’ultimo. Successivamente intraprende uno stile che lo avvicina più alla pop
art; i primi accenni di quest’arte si intravedono in Floor Cone (1962). In Floor Cake è già pop art allo stato
puro.
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Oggetti trovati casualmente fissati al loro supporto esattamente nella posizione in cui si trovano.
oggetto di consumo e prodotto iconico -> pop-art). Racchiude le sue opere in teche di materiale
plastico per evitare ulteriori danneggiamenti e concepisce l’opera proprio come un quadro.
Un’artista da ricordare è Arman (Armand Pierre Fernandez): accumulazioni di oggetti arrugginiti,
rotti ed abbandonati. Accumulation (1959) -> accumulazione di maschere a gas usate durante la
seconda guerra mondiale e che accumulate creano una sorta di esercito spaventoso, come dei volti o
delle maschere africane. Un’altra serie famosa creata da lui è Poubelles (=immondizia): rifiuti,
scarti e detriti ammassati in un recipiente trasparente dove la scatola diventa la cornice dell’opera.
Arman raccatta dai cestini le cose scartate dagli altri come biglietti, fazzoletti, stecche di cannuccia,
le mette in scatola perché l’idea del contenitore funge da cornice. Mettere qualcosa in scatola o in
vetrina serve per dargli importanza- > stesso gesto di Duchamp di prendere oggetti usurati e di
metterli in scatola come nel caso delle Boites en Valise. Le opere messe sotto teca acquistano un
valore aggiunto. Arman sistema gli oggetti per creare una risonanza timbrica. Arman è famoso
anche per gli strumenti musicali rotti -> Chopin’s Waterloo in cui il piano è distrutto; questo
strumento è il simbolo della borghesia e distruggendolo vuole porre fine al mondo borghese e
aristocratico. Mentre i futuristi vogliono bruciare i musei per lasciarsi alle spalle il passato così
Arman vuole dimostrare la rottura con un tempo ormai caduto in disuso attraverso la rovina dello
strumento.
César è rinomato per le “compressioni”; la compressione è una tecnica che si sviluppa in Europa nel
1962 e consente di schiacciare gli oggetti, in particolar modo le carrozzerie poiché simbolo del
consumismo contro cui si scaglia. César a differenza di Chamberlain accosta questi pezzi di
ferraglia tra loro per creare anche degli assemblage cromatici. Uso di cose ready-made ->eredità
duchampiana.
J.Villeglé (simile a Mimmo Rotella) è uno dei principali artisti francesi del tempo. Il suo lavoro
artistico si è basato sui manifesti strappati dai muri delle strade, dapprima attraverso la creazione di
un personale alfabeto simbolico e successivamente attraverso la tecnica del décollage, tecnica tra
l’altro usata anni prima da Mimmo Rotella. Invece di incollare crea un de-collage di manifesti o
pannelli pubblicitari.
Martial Raysse-> artista pop. Durante il suo periodo realista raccatta cose avanzate che fa poi
fermentare, marcire con delicatezza quasi come se tenesse degli esperimenti chimici. Nel suo
secondo periodo diventa più interessante e comincia ad utilizzare colori sgargianti, più pop.
Raffigura una modella presa dalle riviste che ha con sé delle componenti incorporate nell’opera
come un ombrellone vero e presenta dei colori irreali (rimando a Gauguin). E’ un richiamo alle
nuove illustrazioni sui giornali ma si innesta nella tradizione ottocentesca delle modelle riprese sulla
riva del fiume (Cézanne che ritrae donne che si bagnano lungo la spiaggia; Manet con la colazione
sull’erba; c’è sempre l’idea della bagnante).
Jean Tinguely -> La componente essenziale delle sue opere è il movimento (consacrato
nell’esposizione “Le Mouvement” del 1955 presso la Galleria Denise Rene). E’ uno scultore che
raccatta oggetti, saldandoli e fondendoli per creare qualcosa di nuovo. Sculture hanno spesso
elementi che si muovono e, a mano a mano, creano macchinari che con prese elettriche si muovono
facendo dei movimenti insulsi. Nel 1960 realizza Omaggio a New York nel MOMA di NY; si tratta
di una macchina inutile ed autodistruttiva.
Niki de Saint Phalle -> moglie di Tinguely ma anche compagna in ambito lavorativo. Insieme
realizzano la Fontana Stravinsky ed il Giardino dei Tarocchi. È un personaggio un po’
problematico che riversa le sue ossessioni nell’arte contemporanea. Negli anni ’60 fa cose
elettrizzanti come sparare ai quadri in quanto li ritiene dei traditori e lo fa fare anche ai suoi amici
realisti. Si tratta di Shooting painting; l’idea di sparare al quadro in modo tale che i colori si
spargano sulla tela in maniera casuale proviene dall’800. Realizza dei quadri in cui dei sacchetti di
nylon con contenenti colori impastati col gesso e tenuti morbidi vengono sparati e ciò provoca degli
spruzzi di colature-> intervento dada, surreale del caso che somiglia all’informale. Questa tecnica
la avvicina ad artisti come Burri, Dubuffet e all’arte informale in generale. Le sue opere rischiano di
essere fraintese ma bisogna tener conto del fatto che è Nouveau Realisme a tutti gli effetti poiché
torna al reale con le cose basiche della pittura ma si distacca dai suoi colleghi in quanto non raccatta
oggetti. La cosa entusiasmante è che sia una donna a sparare!! Inoltre, ciò che più importa a
quest’artista è il gesto; la performance che fa sparando ai quadri è importante ma non quanto l’opera
finale che ne deriva dall’atto (vedi Tir, 1961). Il risultato finale delle sue opere è molto simile alla
colatura di Bed di Rauschenberg. Tra gli anni ’60 e ‘70 intraprende una strada molto pop in cui
realizza le Nanas (cortigiane) che rimandano alle dame di Picasso; la Fontana Stravinsky ed il
Giardino dei Tarocchi (insieme a J.Tinguely).
Christo -> è uno tra gli artisti più importanti del Nouveau Realisme ma che poi si sposta verso la
Land art. Comincia raccattando delle cose abbandonate come barattoli, bottiglie, come se fossero
ciò che resta dello studio del pittore e li lega e avvolge con dell’ironia richiamandosi anche
all’ossessione di Giorgio Morandi di dipingere le bottiglie (=oggetti usati in accademia per
apprendere la prospettiva). In un secondo momento inizia ad impacchettare oggetti misteriosi per
accentuarne l’interesse come nel caso di Package in a table, 1961(ricorda i manichini di De
Chirico) o impacchetta delle figure umane come in Wrapped road sign, 1963 fino ad impacchettare
pavimenti interi -> Package wrapped floor, 1968. Attraverso il packaging fomenta la curiosità dello
spettatore creando delle illusioni (come nel caso del cappello del Piccolo Principe che nasconde un
elefante). In questo modo riprende il gesto di Duchamp (firmare orinatoio) rendendo un monumento
ancora più importante (non è un’impresa di Land art!!-> si dedicherà a questa in un momento
successivo).
Yves Klein-> - colore, idea del vuoto e dell’aria diventano il topos del suo lavoro;
- “sinfonia monotòna” composta di silenzio;
- oro e blu-> colori spirituali.
Mentre gli altri artisti del nuovo realismo fanno prelievi del reale, lui preleva la sensibilità della
realtà, un qualcosa che non esiste fisicamente. Ha come suo emblema totemico il vuoto,
l’impossibile, qualcosa che non esiste. Il suo colore emblema è il blu che, assieme a questo senso
dell’impossibile, sono le sue parole-chiave. La sua passione sono le lingue orientali, le arti marziali
ed il mondo misterioso dell’alchimia e dei rosacroce (sette di intellettuali non religiose che cercano
di spiegare i perché della vita e del mondo). E’ inoltre appassionato di Judo; da qui derivano il suo
concetto di vuoto, di zen e di silenzio. Fino alla metà degli anni ’50 realizza delle opere monocrome
(tinta unica). Nel 1956 brevetta un colore che fa chiamare col suo nome IKB (International Klein
Blu); si tratta di un blu oltremare già esistente che per lui rappresenta l’infinito, il perdersi, il vuoto;
è, inoltre, il colore della bandiera europea, del mare, del cielo. Diventa il suo elemento totemico, il
suo colore spirituale. La grande innovazione che gli si attribuisce è l’aver cambiato la concezione
di valore dell’opera non in base alla dimensione della tela; sono la quantità di colore e di pigmento
utilizzati a determinarne il valore -> Requiem: usa spugne di mare attaccate alla tela che conservano
tanto colore, pertanto il valore dell’opera aumenta. Con questo gesto ironico prende in giro il
mercato dell’arte. Questa tipologia di colore personale e iconico si applica anche all’oro, un colore
magico che si richiama ad un materiale incorruttibile ed è legato alla sua passione per i rosacroce di
trasformare tutto in oro. ORO E BLU SONO I SUOI COLORI SPIRITUALI. Anche il fuoco
richiama l’oro perché brucia. Fa le cosiddette “pitture di fuoco” attaccando ad una tela dei fuochi di
bengala che vengono incendiati e poi bloccati dall’artista in modo che non prenda tutto fuoco e
quello che rimane è una pittura di fuoco (analogia con Niki de Saint Phalle). Ciò che resta
visivamente ci dà meno soddisfazione ma è importante perché il quadro ha subito un procedimento
ed è il fuoco stesso a realizzare l’opera. Importante è il suo soggiorno in Giappone in cui brucia una
sua tela e quest’idea di bucare e bruciare la tela (tagli di Fontana e combustioni di Burri) la riprende
dal gruppo dei GUTAI, il quale utilizza il corpo come pennello e spesso attraversa le tele. Nel 1957
inventa sculture aerostatiche e lancia mille palloncini nel cielo di Parigi che sono al contempo
qualcosa di vuoto ma anche di presente. 1958: inaugura la mostra “il vuoto”; consiste in una galleria
vuota ma si tratta di un vuoto speciale ed è un vuoto positivo. E’ come se fosse un vuoto dentro cui
può germinare qualcosa, dei pensieri, dei nuovi mondi. Pertanto, la mostra stessa è l’opera. Gli
spettatori diventano parte integrante dell’opera-> polvere blu sciolta nei cocktail. Questa mostra
è la dimostrazione evidente di come stia cambiando il modo di fare arte in questi anni, in particolare
di esporla: gli ambienti stessi sono ora concepiti come opere d’arte. La mostra, inoltre, ha un
impatto forte anche sugli artisti contemporanei tanto da spingere Arman ad organizzare la mostra
“Le plein” solo qualche anno dopo.
Termine sensibilità= capacità di prendere e capire le cose anche quando sono immateriali. La
sensibilità della materia prima di questa galleria, questo vuoto, questo blu, può diventare qualcosa
di pittorico. Il gesto dell’artista può diventare come quello di un mago che compie un gesto fatale
(come quello di Duchamp) che rende magia e arte anche qualcosa di inerte, insignificante.
L’ironia di Klein verso il sistema dell’arte emerge anche con i certificati. Stampa dei certificati di
autenticità simili a degli assegni in cui ciò che vende è una sensibilità pittorica immateriale, cioè
non esiste. E’ una sorta di patto di fiducia tra artista e chi si fida di comprare questa sensibilità. I
certificati rappresentano l’opera in sé poiché contengono la firma dell’artista.
Un altro aspetto importante di questo artista stravagante è l’utilizzo del corpo. Nel 1960 presso la
Galerie internationale di Parigi compie le Antropometrie, ossia delle misurazioni umane che
vengono performate insieme alla sinfonia monotòna; utilizza il corpo delle modelle come dei
pennelli viventi (primi accenni di performance). Qui cambia anche il ruolo della modella: non è più
il soggetto passivo che viene dipinto dall’artista ma diventa soggetto attivo a cui l’artista dà degli
ordini da compiere con una serie di gesti in cui la modella usa il suo corpo come una sorta di
stampino. L’opera è rappresenta sia dalla performance (che è un’opera d’arte di per sé) che dalle
tele che vengono fuori da quest’esibizione: l’opera è l’azione e ciò che ne rimane, quasi come
fosse una reliquia da conservare. Realizza queste antropometrie anche con il fuoco-> pitture di
fuoco, che saranno di ispirazione per altri artisti come Arman.
Piero Manzoni-> contemporaneo di Yves Klein e si somigliano molto a livello di poetica. Nel 1957
Klein espone in una galleria di Milano, mostra che Manzoni ha modo di vedere; la pittura di Klein
lo affascina, tant’è che comincia a realizzare opere monocrome di colore bianco. Tuttavia, mentre
Klein le chiama “monocròme” (e sono senza titolo), Manzoni le definisce “a-crome” e sembrano
dei lenzuoli in cui c’è un impasto all’inizio fatto di colla, gesso e caolino. Manzoni è famoso per le
opere in scatola: le linee, tracciate su fogli di carta poi arrotolati, chiusi ed etichettati, sono delle
scatole (gesto ripreso da Duchamp) simili ai certificati di Klein e rappresentano una sorta di
dichiarazione dell’artista. L’esistenza della linea evocata soltanto dall’intervento dell’artista (che
ha firmato l’etichetta garantendone la lunghezza, il mese e l’anno di realizzazione), può essere
visualizzata solo tramite uno sguardo interiore mentale. Rimandano, inoltre, a dei contenitori che
non devono essere aperti altrimenti rovinano la magia dell’artista; anche in questo caso si tratta di
una sorta di patto di fiducia in cui chi compra il contenitore, compra l’idea, un po’ come la
sensibilità immateriale di Klein. L’idea di fare queste opere di cui non rimane traccia o che bisogna
riporre nella fede è un’azione (tra le prime) che compie nel 1960 nella galleria Azimut di Milano
che lui stesso fonda insieme a Castellani. L’azione si chiama Consumazione dell’arte dinamica del
pubblico divorare l’arte: cuoce delle uova facendole diventare sode e ci imprime la sua impronta
digitale, le mette in alcune scatole e le regala al pubblico per farle mangiare. L’uovo simboleggia la
perfezione, è un simbolo di nascita, una forma pura. Gesto di bollirlo è collegato alla volontà di
trasformare la materia, tipico gesto da alchimista. Infine, firma le uova e in questo modo rende
l’opera autografa. Il divorare l’arte si riferisce alla volontà di far mangiare le uova al pubblico e si
tratta di un gesto carico di significato: è una sorta di rito che si ricollega anche alla tradizione
cristiana in cui il sacerdote dà l’ostia ai fedeli durante la messa; allo stesso modo, l’artista si
trasforma in sacerdote dando da mangiare l’uovo sodo al pubblico che diventa parte dell’opera.
Questo aspetto accosta Manzoni a Klein (episodio del cocktail blu) con la differenza che, mentre il
primo lavora molto sul corpo, il secondo si focalizza sul vuoto, sull’aria e sulla spiritualità
(Manzoni: corporalità vs. Klein: spiritualità). A confermare la corporalità e l’immaterialità di Piero
ci sono varie opere tra cui: Corpi d’aria -> opera realizzata nel 1959 in cui appare il concetto di kit
di montaggio: l’opera si compone di una scatola con un palloncino ed un supporto (treppiede) ed è
una scultura che va composta; è una forma su un piedistallo, vicino al concetto del Nouveau
Realisme di realizzare opere con cose prive di valore. Il titolo è dovuto al fatto che il palloncino
sia sgonfio; se invece è l’artista a gonfiarlo e a vendere così l’opera, questa prende il nome di Fiato
d’artista 9-> qui c’è un salto concettuale in cui Manzoni irride il sistema dell’arte; il suo fiato
rappresenterebbe una sorta di firma che ne aumenta, conseguentemente, il valore dell’opera. Un
altro evento da ricordare è che nel 1961 Manzoni firma le modelle in una galleria di Roma, un anno
dopo le antropometrie di Klein, usandole, quindi, non come fossero delle tele ma delle vere e
proprie sculture viventi.
Manzoni lavora molto sull’idea di scultura: nel 1961 ha l’idea di rendere monumento/scultura
qualcosa che viene esposto su un piedistallo, cioè ogni essere umano può assumere lo status di
opera d’arte, chiunque può diventare scultura salendo sulla base magica dell’artista; anche in questo
caso deride il sistema dell’arte.
Merda d’artista (1961) -> scatola ricoperta da una carta che è una sorta di certificato. Nello stesso
anno di quest’opera, Andy Warhol organizza la mostra delle zuppe (idea di scatola). Manzoni si fa
fotografare in bagno con la sua opera e questo gesto lo possiamo interpretare come citazione di
Duchamp in quanto si fa fotografare davanti ad un water. Le feci dell’opera corrispondono al
legame con il denaro ma anche all’idea freudiana del bambino che ha il terrore delle feci.
Senza titolo (1962) -> idea delle cose nascoste che fomentano la curiosità di chi le guarda ritorna
con quest’opera che si presenta come un pacco gigante sigillato con ceralacca (ispirazione a Christo
che nell’anno precedente realizza Package).
I Situazionisti
*la parola situazione dal 1952 con Debord
1. Gruppo di intellettuali, poeti e letterati. Pinot Gallizio ne fa parte per un po’ e lo ricordiamo
in particolare per la sua invenzione, cioè la pittura industriale (1955); si tratta di una pittura
informale, di gesto (come quella di Pollock), effettuata su un rotolo, un vero e proprio
detournment. Il gesto rivoluzionario è che sia un rotolo di pittura, qualcosa che va contro il
mercato dell’arte ed irride il mondo contemporaneo. La pittura di solito è unica, irripetibile;
questa pittura, invece, si vende al metro. L’aggettivo industriale non significa che sia fatta a
macchina ma solo che è fatta al metro (è la tela che è fatta in modo industriale). La pittura
industriale nasce per essere applicata a un “ambiente” ed è destinata a coprire i muri della
Caverna dell’antimateria (1959); si tratta di una pittura con funzioni ambientali. Questa
caverna è fatta di rotoli di pittura industriale ed è allestita come se fosse una scatola; la parte
inferiore è pittura mentre il soffitto è costituito anche da altri materiali. L’antimateria è
qualcosa che non esiste, quindi entrandoci si entra anche in una sorta di buco nero. Le
forze della materia e di queste sensazioni fisiche si fondono nella realtà provvisoria
rappresentata dalla modella di tela dipinta (è come se la modella fosse la materia e
quindi come se la caverna dell’antimateria avesse anch’essa la materia. La Caverna è un
anti-mondo che Gallizio lega alle teorie fisiche dell’antimateria, è motivo della rottura del
9
Rimando a Air de Paris di Duchamp
sodalizio e quindi della sua espulsione dall’Internazionale Situazionista 10. Le raffigurazioni
di questo tipo di pittura (macchie, chiazze, apparizioni, simboli) richiamano lo stile
informale di un gruppo europeo che si chiama CoBrA, movimento artistico attivo tra 1948 e
il 1951. L’esponente principale di questo movimento è Asger Jorn che frequenta Cosio di
Arroscia incontrando molti artisti intellettuali come Gallizio e Debord ed è da qui che
nascerà l’Internazionale Situazionista. Debord in suo famoso libro anticipa quelli che
sarebbero stati i fenomeni della società contemporanea e introduce l’idea di una “società
dello spettacolo” in cui il consumismo condiziona spesso le nostre scelte e percepiamo quasi
di vivere in una realtà diversa da quella vera. Questo personaggio è il leader
dell’Internazionale Situazionista movimento che segna il passaggio definitivo dalle
avanguardie alle neo-avanguardie. Questo gruppo di intellettuali vuole sovvertire la
situazione politica e culturale, riprendendo lo spirito ribelle che caratterizza i futuristi e i
dadaisti. L’aggettivo Internazionale si riferisce alla volontà di questi di espandere il più
possibile le loro idee; il termine situazionista si riferisce alla situazione che è per loro una
specie di evento presente. Uno dei loro principi è di smettere di guardare la realtà come
siamo soliti fare poiché facendo le cose sempre allo stesso modo si rischia di farsi sfuggire
cose che abbiamo davanti agli occhi. Si dovrebbe percepire lo spazio come un insieme
unitario e cogliere tutti gli stimoli, lasciarsi attrarre dai particolari. In questo modo si applica
la psico-geografia, definita nel primo numero del bollettino dell’Internazionale
Situazionista, pubblicato nel 1958 come “Studio degli effetti precisi dell’ambiente
geografico, disposto coscientemente o meno, che agisce direttamente sul comportamento
affettivo degli individui”. Deve essere intesa come un gioco e allo stesso tempo un metodo
efficace per determinare le forme più adatte di decostruzione di una particolare zona
metropolitana. La tecnica dell’esplorazione psicogeografica è la deriva. Andare alla deriva
significa percorrere le vie e la città lasciandosi trasportare dalle sensazioni psicologiche,
seguendo gli istinti, le sensazioni del momento praticando, così, una sorta di nuovo
urbanismo. Questa tecnica prevede anche il détournment, che prevede l’essere in uno stato
di distacco dalla realtà e di disponibilità ad esplorare nuove prospettive, una sorta di
esplorazione sensoriale. Secondo Guy Debord bisogna straniarsi dalla realtà e guardare ogni
cosa come se fosse la prima volta scegliendo via via il percorso non in base a ciò che
sappiamo ma a ciò che vediamo intorno a noi. Gli esponenti di questo “gruppo” vanno alla
deriva creando mappe, appunti e registrazioni da cui estrapolano opere letterarie o dei
manufatti.
Pop Art
Nei primi anni ’50-> Independent Group in cui gli artisti realizzano collage dai temi
pubblicitari; Paolozzi: uso di prodotti industriali ritagliati dai giornali.
Metà anni ’50: New Dada (Bed, Rauschenberg 1955)
1960: Nouveau Realisme-> Pierre Restany e il manifesto del Nouveau Realisme (manifesto
così come quello dei Futuristi).
10
Debord sostiene che la sua pittura non era davvero industriale in quanto non fatta a macchina ma a mano,
è una pittura ancora tradizionale fatta con un pennello.
1960: Pop Art (USA)->non è un vero e proprio gruppo (non firmano un manifesto); a
differenza dei Nouveaux realistes, i pop artists elogiano il consumismo e la società di massa.
Andy Warhol-> 1962, Campbell’s Tomato Soup; non è una natura morta né il ritratto della
lattina di zuppa di pomodoro ma rappresenta il ritratto della pubblicità della lattina di zuppa
di pomodoro, non è un ritratto per celebrare la merce. La pop art è sul limite tra ironia,
condanna, celebrazione. Risulta, pertanto, un po’ ambigua in quanto gli artisti o amano o
odiano il consumismo =/= dagli esponenti del Nouveau Realisme che lo criticano
categoricamente.
Prelievo dal reale che vuol’essere cinico ma non è un’esaltazione della merce, un inno al
consumismo; si tratta di immagini della “cultura di massa”. La sua arte ha significati simbolici
nonostante appaia semplice e banale (come tutta la pop art in generale). E’ anche definita arte
fredda in quanto c’è un distacco dell’artista dall’opera; difatti ad un certo punto non è più
l’artista a fare l’opera (Warhol la lascia fare ai suoi assistenti). C’è quindi un passaggio
ulteriore rispetto a Duchamp che prende un oggetto, lo firma e lo colloca in un contesto
espositivo rendendolo arte: qui l’artista la fa eseguire direttamente da un altro soggetto.
La caratteristica di Warhol è la riproduzione dell’oggetto. Le sue opere presentano un
carattere perturbante in quanto, se da un lato ci turbano per la loro banalità, d’altra parte
l’immagine raffigurata risulta moto seducente. Quest’arte usa volutamente gli stessi colori e
gli stessi meccanismi strategici della pubblicità: la saturazione visiva, cioè colori pieni e
piatti senza una sfumatura, e la semplicità; le ispirazioni provengono dai manifesti pubblicitari
o dalle riviste, fatti da ripetizioni e da scritte provenienti dal mondo dell’advertising (non a
caso Warhol è anche un pubblicitario).
Warhol crea il mito dell’artista come personaggio famoso, mentre Duchamp crea quello
dell’artista come uomo misterioso.
Serigrafia-> inizialmente Warhol dipinge le Soup a mano mentre in un secondo momento
utilizza la tecnica della serigrafia, ossia un procedimento di stampa nel quale l’inchiostratura
viene eseguita attraverso la trama di un tessuto di seta; si tratta di una tecnica di stampa che
consente di riprodurre potenzialmente all’infinito un’immagine. L’opera viene, quindi,
fatta meccanicamente attraverso uno strumento e alla fine viene firmata dall’artista. L’effetto
della serigrafia è naturalmente l’idea della ripetizione e questo fare le opere in serie è
collegata al mondo del consumo11.
I soggetti delle sue opere sono le star del cinema hollywoodiano, le dive in generale, e prodotti
del consumismo come la coca cola e il Brillo box. Emerge in lui un corteggiamento della
morte e della disgrazia intesi come critica all’industria dell’informazione che non è neutrale e
tende a pubblicizzare solo gli eventi negativi. C’è in lui una morbosa attenzione agli
avvenimenti di cronaca nera e si traduce anche come una critica anche all’economia e alla
politica e al loro modo di manipolare l’opinione pubblica.
La ripetizione in serie porta poi all’effetto anestetizzante ovvero non sortisce più alcun
effetto a furia di vedere sempre la stessa cosa mentre all’inizio incuriosisce.
Influenza di Duchamp-> l’irrisione duchampiana influenza anche Warhol nelle serigrafie di
Marilyn in cui le dipinge la faccia con colori strani, allo stesso modo in cui Duchamp si era
preso gioco della Gioconda disegnandole i baffi.
Brillo Boxes-> 1964, non è un ready-made né un detersivo!! Sono soap pads, ovvero delle
spugne contenenti del sapone ma sono finte, sono fatte di compensato. C’è una finzione
doppia che dimostra il fatto che non siano prelevate dalla realtà. Anche qui utilizza la tecnica
della serigrafia; sono dipinte e poi serigrafate; gioco visivo: accumulo, sono posizionate come
se le trovassimo in un supermercato.
Roy Lichtenstein-> realizza fumetti che sono delle vere pitture prendendo spunto da fumetti
già esistenti. Prende i comics, le strisce di fumetti e le riproduce ingrandendole: ogni
immagine è fatta di pixel che ingranditi danno un reticolato di puntini (idea ripresa dal
Pointillisme). Anche Roy le riproduce e le dipinge. Grande importanza dei colori e delle
scritte (che sono spesso anche il titolo dell’opera) e/o onomatopee. Le scene ritratte sono
patetiche come ad esempio donna che grida).
Claes Oldenburg -> alla metà degli anni ’60 diventa pop (Giant Fagend).
T.Wesselmann-> usa tipiche icone del consumismo americano (Still Life-> evocazione di
Matisse per la stanza rossa).
ARTE PROGRAMMATA
Questo tipo di arte nasce fra 1959 e 1961, in contemporanea con la Pop art, Manzoni e Klein.
Il nome deriva da una mostra organizzata da Bruno Munari nel 1962 presso il negozio Olivetti
di Milano e presentata in catalogo da Umberto Eco. Gli artisti presenti alla prima mostra di
arte programmata sono: Bruno Munari, Enzo Mari, Gruppo T (Gianni Colombo, Grazia
Varisco, ecc), Gruppo N (Alberto Biasi, Manfredo Massironi).
In Italia si usa il termine arte programmata ma questa al suo interno contiene altre
ramificazioni:
- op art (optical)-> arte che inganna l’occhio;
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N.B.è ancora un passaggio manuale anche se è fatta attraverso uno strumento
- arte cinetica -> opere che prevedono movimento elettrico o indotto;
- arte gestaltica -> definizione data da Argan in quanto legata ai principi della Gestalt
Psychologie (=forma, percezione) e nata in Germania; esponente principale: Victor Vasarely.
Esperimenti sulla visione si hanno già con gli artisti rinascimentali come Brunelleschi o si
pensi agli effetti cromatici di alcune arti decorative (vedi l’Alhambra di Granada). Lo studio
del movimento ha affascinato gli artisti e gli scienziati che approfittano dell’invenzione della
fotografia per studiare la locomozione. Correnti artistiche: Futurismo, Dadaismo,
Costruttivismo in cui si prefigura una nuova relazione fra arte e tecnologia. Tra i futuristi, ad
esempio, ci sono Balla e Muybridge i quali riproducono nelle loro opere un effetto di
movimento e tentano di rappresentarlo. In realtà già con Gericault (vedi Le derby d’epsom
1821) si ha una prima raffigurazione del movimento.
D’altra parte ci sono esperienze differenti come il cubismo orfico di R.Delaunay in cui si
rappresenta la luce mediante la pittura creando un inganno ottico di movimento grazie
all’accostamento di colori. Altri esperimenti derivano anche da Duchamp con Ruota di
bicicletta (1913) e sperimentazioni del movimento con le Rotative plaques verre (1920): vetro
con delle parti colorate che gira creando un’illusione ipnotica ai nostri occhi.
Un altro precedente importante sono le “macchine inutili” degli anni ’30 di Munari, intese
come oggetti di design. Munari aderisce già dall’età di 19 anni al movimento futurista; scrive
il manifesto del Macchinismo: abbandono della tela dei colori e dello scalpello per cominciare
a fare arte con le macchine.
Fondamentale a questo proposito è la mostra Le Mouvement del 1955 (Parigi) in cui ci sono
opere di Duchamp, Tinguely e Calder; da questa mostra in poi si comincia a parlare di Arte
cinetica come vero e proprio movimento di avanguardia.
1955 Le Mouvement
1957 gruppo Equipo 57
1959 gruppo Motus*
* gruppo Motus 1959-> opere visuali che pongono in risalto il problema relativo alla percezione
visiva. Nel 1960 il gruppo si trasforma in GRAV (Groupe de recherche d’art visuel), Parigi.
Usano un metodo di lavoro collettivo; creano presenze ingannevoli e fanno pensare che
l’opera si muova di vita propria; utilizzano strutture fatte di materiali, plastica, riflettenti che
danno un senso molto contemporaneo. Si fanno chiamare “OPERATORI” invece che artisti e
si oppongono alla figura dell’artista; si autodefiniscono operatori visivi e indagano
scientificamente il mondo della percezione, riferendo le loro ricerche ai teorici della
Gestaltpsychologie. Si firmano collettivamente per andare contro il mercato dell’arte. La loro
è un’arte antisentimentale, asettica che utilizza anche materiali freddi da toccare, minerali,
acciaio, plastica.
Davide Boriani-> oggetti che sembrano più di design , superficie magnetica: polvere metallica
collegata ad una presa elettrica che prevede che i magneti si muovano e raccolgano la polvere
metallica creando delle figure, delle forme che sembrano delle superfici particolari.
Attivandosi i magneti attirano la polvere creando paesaggi, oggetti, ecc.
Grazia Varisco -> unica donna del gruppo T. Realizza delle proiezioni luminose.
Piero Manzoni è amico di questi artisti e insieme organizzano delle mostre nella galleria Azimut.
L’arte di questi artisti è optical perché porta all’inganno e le loro opere possono avere anche
durate temporanee.
GRUPPO ENNEA (1959) Padova =/= GRUPPO N (1960-61)
Ennea=9, numero dei componenti tra cui Alberto Biasi, Manfredo Massironi e Gaetano Pesce.
Questo gruppo ha un grande interesse per l’arte programmata. Si scioglie subito e nel 1960
Biasi lavora solo con Massironi e da qui poi nasce il GRUPPO N con ‘n’ unità di misura della
forza ovvero il Newton o sta per “nuove tendenze”. Nel 1960 organizzano una “mostra a porte
chiuse” in cui nessuno è invitato ad intervenire, idea molto Dada e alla Piero Manzoni. Nel
1961 scrivono il Manifesto del gruppo in cui si dichiarano disegnatori sperimentali, sono
progettuali, designer, ingegneri che si firmano collettivamente uniti dall’esigenza di ricercare
collettivamente. Il gruppo è certo che tachismo e razionalismo sono finiti, mentre informale
ed espressionismo sono inutili soggettivismi.
1961: Mostra del pane; mettono ipoteticamente in mostra le opere di un panettiere ed è dedicata a al
panettiere Zorzon; qui sono esposti tutti i tipi di pane, alcuni appesi alle pareti come le
“macchine inutili” di Munari. Le opere commestibili sono veri e propri non sensi dal valore
mentale, un modo neo-dada per indicare l’effimero della creazione artistica e delle sue frange
individualistiche. Quest’opera è anche un omaggio a Manzoni (“Divorare l’arte”).
Alberto Biasi ->opere optical ed effetti dinamici, sovrapposizioni di strati di alluminio, plexiglass
con interventi colorati spesso in serigrafia. Nuclei di energia che creano un effetto ottico
poiché collocati su una superficie piatta.
Tutte queste ricerche- arte optical, cinetica, arte programmata- seguono un canale opposto alla Pop
art.
Minimal Art-> definizione data dal critico Wohlleim. Il termine ‘minimal’ si riferisce solo a
questo tipo di ricerche americane ed è circoscritto al periodo di tempo che va dagli anni ’60 alla
metà degli anni ’70. Caratteristica di questo tipo di arte è la riduzione dell’arte alla sua minima
essenza -cubi, forme, linee; questi artisti sono puristi: riduzione al minimo. L’aggettivo
“minimalista” è diverso dall’ aggettivo inglese ‘minimal’; il primo viene comunque utilizzato
anche per designare in senso generico le ricerche europee riduzioniste e analitiche, senza
decorazioni e si tratta di ricerche asettiche e molto essenziali. Questi artisti mirano a guardare le
forme pure e assume molta importanza la collocazione dell’oggetto in un certo modo nello spazio
(ci ricolleghiamo a Duchamp per l’importanza della collocazione di un oggetto, non soltanto
dell’oggetto in sé). N.B. C’è uno spostamento dell’artista come intellettuale-> artista
commissiona; usa dei materiali creati già dall’industria o fatti realizzare da altri.
-> arte fredda (o cool art) anche per l’uso di materiali (legno, metallo, pietra lavorata) ed è
distaccata, non vuole simboleggiare nulla se non ciò che si vede (=/= da Op art che vuole
suscitare qualcosa creando effetti); non dà emozioni. Gli artisti vogliono allontanarsi
dall’intento dell’espressionismo astratto. Spesso le opere sono senza titolo in quanto, secondo
questi artisti molto mentali, non c’è bisogno di darli un nome.
Ricerca di forme essenziali, pure, geometriche. Colori neutri, spesso il materiale viene lasciato
del suo colore naturale, o viene verniciato di bianco.
Non si tratta di un gruppo!! Sono dei critici che organizzano mostre o scrivono per le riviste e che
individuano questa tendenza. La loro è una reazione ad una fase molto caotica e molto pop.
Chiamata anche Primary structures-> cioè strutture primarie nel senso di forme;
Specific Objects -> cioè oggetti minimalisti soprattutto di tipo geometrico.
[L’artista vuole che si guardi all’IDEA che c’è sotto alla realizzazione di un’opera, non alla qualità
o alla preziosità dell’oggetto finale-> da qui la riduzione ad una forma minimale del concetto
stesso di arte]
Donald Judd-> Untitled, 1968-69: parallelepipedi realizzati con bordo di acciaio; sopra e sotto ci
sono due strati di plexiglass colorato. Questo tipo di opere possono essere posizionate nello
spazio e costituiscono un’installazione: devono, pertanto, essere collocate in un certo modo e
in uno spazio circoscritto secondo la volontà dell’artista. I materiali industriali di cui è fatta
l’opera dà il colore ad essa.
Sol LeWitt -> cubi molto semplici con forme molto basiche; sono unità basiche dei device, degli
strumenti di interpretazione di una grammatica.
Alloway afferma che il dipinto creato dall’artista è in qualche modo deciso sin dall’inizio. Mentre
nell’optical art c’è progettualità e l’artista si definisce “operatore estetico” come se fosse uno
scienziato, nella minimal art l’artista non progetta qualcosa che si muove ma è un’idea di un’opera
che non è in progress. Tutta quest’arte a cavallo fra anni ’60 e ’70 è di rottura rispetto alle
avanguardie storiche (queste ultime sono ancora pitture/sculture); qui invece ci sono materiali nuovi
e nuovi concetti.
Robert Morris-> Box with the sound of its own making (1961); realizza una scatola che è un cubo di
legno accompagnata dal suono della sua stessa realizzazione. In un secondo momento, comincia ad
usare il feltro, tipico materiale dell’arte processuale.
Dan Flavin-> Corner monument 4 for those who have been killed in ambush; installazione create
con tubi di neon, creazione nuova e contemporanea. Opera che ha un titolo che ci dà
un’interpretazione ed ha anche una lettura politica; America anni ’60: sta vivendo il dramma della
guerra in Vietnam. Usa spesso il colore in senso emotivo e ci vuol dare una chiave di lettura.
Frank Stella-> asettico, freddo, minimalista. Vuole raffigurare quello che la pittura stessa è (colore e
supporto). E’ famoso per le tele sagomate (shaped canvas). L’artista cerca di essere una sorta di
pennello meccanico, una macchina-precisione, Negli anni ’70 i suoi dipinti diventano molto
colorati, colori molto pop ma rimangono sempre delle opere minimal nella struttura.
Agnes Martin -> Morning (1965), matita su acrilico bianco; l’idea è quella di un’alba, un nuovo
inizio, una nuova base. Stati della mente, una sorta di astrazione e di spiritualità. Vi è l’idea di una
bellissima alba, soffice: è in primis una sensazione; una sensazione minimalista.
Robert Ryman-> usa materiali di cui è fatto il dipinto stesso. “Voglio fare un dipinto attraversato
dalla pittura”.
-> Per quanto riguarda la scultura, vi è maggior semplicità perché è caratterizzata da modularità
geometrica (forme geometriche e moduli); i materiali sono industriali (fatti dall’industria);
assume importanza la collocazione (installazione); si parla di installazioni ambientali. Specificità
del minimalismo: non attribuiscono alcun significato dimostrativo alla modularità geometrica e
alle serie matematiche. Non sono interessati a implicazioni scientifiche filosofiche o sociali.
Caratteri comuni: consistenti volumi geometrici, unità primarie monolitiche, elementi modulari
standard organizzati in strutture aperte e sequenze seriali, materiali di tipo industriale edilizio, i cui
colori vengono lasciati al naturale, o si riducono al bianco e il grigio. Le installazioni hanno una
specifica connessione con lo spazio espositivo (altezza, larghezza, soffitto, pavimenti, alternanza di
pieni e vuoti); la relazione tra spazio esterno e oggetti plastici viene enfatizzata testimonia la grande
attenzione che gli artisti minimal accordano alla contestualizzazione ambientale.
PROCESS ART
Carattere processuale
Indeterminatezza-> oggetto si dissolve (l’opera può andare “perduta)
Smaterializzazione della scultura
Interesse per le situazioni mutevoli, aleatorie
Interesse per il progetto più che per il risultato estetico (idea mentale alla base)
Manipolazione delle materie (a differenza della minimal art che utilizzal’arte come oggetto industriale,
questo nuovo tipo di arte usa materiali naturali e viventi che possono pertanto smaterializzarsi)
Instabilità dell’esperienza percettiva-> non è un’arte fissa e stabile come quella dei neon di Flavin; le opere
possono provocare sensazioni differenti nello spettatore
Integrazione con fattori contingenti (forza di gravità, elementi atmosferici) che interferiscono e rovinano
l’opera
Possibile dissolvenza dell’oggetto
È una tendenza (è una corrente, non un gruppo) dell'arte contemporanea, detta anche Antiform, che
si è sviluppata sul finire degli anni Sessanta del sec. XX negli Stati Uniti e in Europa. La process art
nasce in risposta alla minimal art di cui rifiuta la rigida connotazione geometrica e seriale. Per
‘process’ si intende un procedimento in senso evolutivo, un processo vero e proprio in cui le opere
subiscono dei cambiamenti. È un tipo di arte interessata al fatto che l’opera sia realizzata in un certo
modo e segue un procedimento di realizzazione che arriva ad un oggetto finale ma che spesso non
ha ancora “esaurito” la sua vita e continua a modificarsi. Comincia ad emergere negli USA, in
Germania e in Italia assumendo così vari nomi:
- Process art -> interesse per il progetto più che sul risultato estetico;
- Antiform -> arte contro la minimal art nonostante ne riprenda molti dei suoi aspetti; contro le cose
fredde, rigide, squadrate, mentali.
- Arte povera (in Italia)-> integrazione con fattori contingenti come la forza di gravità, gli elementi
atmosferici,ecc. In Italia il nome di questa corrente deriva da Germano Celant che tra il 1967-72
raduna un gruppo di artisti e gli dà questo nome. Aggettivo ‘povero’-> derivante sia dal teatro
povero di Grotowski, sia per l’uso di materiali (resti abbandonati che vengono utilizzati al posto di
materiali nobili come il marmo o il bronzo).
- Microemotive art-> arte micro emotiva che ha delle piccole sensazioni emotive.
La differenza tra le tendenze americane ed europee è che nelle prime c’è un legame più forte con il
senso della forma (vedi Martin) ma poi lasciano che gli agenti esterni interferiscano (Morris,
Hesse).
Questi nuovi artisti fanno arte prendendo spunto dall’avanguardia storica (dadaisti, cubisti,ecc.)
Eva Hesse, Repetition Ninteen III, 1968 -> artista giovane e molto fragile e questa fragilità si
rispecchia nelle sue opere. La sua è un’arte priva di sensibilità; presenta opere fatte di cera, colle,
pertanto molto fragili e che sembrano delle candele, presenze affascinanti ed inquietanti al tempo
stesso. Niente ossessione geometrica; queste opere danno solo l’idea della caducità della vita, una
sorta di richiamo al memento mori, alla fragilità, all’essere parte della natura. C’è traccia di
minimalismo in quanto le sue strutture posizionate per terra ci ricordano Andre ma sono messe
volutamente a terra in modo irregolare. Le forme delle sue creazioni sono volutamente organiche;
oggetti misteriosi che sono in fase di evoluzione, non ancora ben definiti.
Il movimento nasce in aperta polemica con l'arte tradizionale, della quale rifiuta tecniche e supporti
per fare ricorso, appunto, a materiali "poveri" come terra, legno, ferro, stracci, plastica, scarti
industriali, con l'intento di evocare le strutture originarie del linguaggio della società contemporanea
dopo averne corroso abitudini e conformismi semantici. Un'altra caratteristica del lavoro degli
artisti del movimento è il ricorso alla forma dell'installazione, come luogo della relazione tra
opera e ambiente, e a quella dell'"azione" performativa. Gran parte degli artisti del gruppo
manifestano un interesse esplicito per i materiali utilizzati mentre alcuni - segnatamente Alighiero
Boetti e Giulio Paolini - hanno fin dall'inizio una propensione più concettuale.
L'arte povera si inserisce nel panorama della ricerca artistica dell'epoca per le significative
consonanze che mostra non soltanto rispetto all'arte concettuale propriamente detta, che in quegli
anni vede sorgere l'astro di Joseph Beuys, ma anche rispetto a esperienze
come pop, minimal e Land Art (Richard Long).
L'obiettivo di questi artisti è quello di superare l'idea tradizionale secondo cui l'opera d'arte occupa
un livello di realtà sovratemporale e trascendente. Per questo motivo risulta importante la
provocazione che deriva dall'opera di Giovanni Anselmo Scultura che mangia (1968, collezione
Sonnabend, New York), formata da due blocchi di pietra che schiacciano un cespo di lattuga,
vegetale il cui destino inevitabile è quello di deperire. Frequente è l'uso di oggetti viventi, come in
Kounellis, il quale fissò un vero pappagallo su una tela dipinta, a dimostrazione del fatto che la
natura dispone di più colori di qualsiasi opera pittorica.
Un'altra critica portata avanti dagli artisti dell'Arte povera è quella contro la concezione dell'unicità
ed irripetibilità dell'opera d'arte: Mimesis, di Paolini, consiste in due identici calchi
di gesso rappresentanti una scultura dell'età classica, posti l'uno di fronte all'altro con lo scopo di
fingere una conversazione.
Durante la guerra del Vietnam, l'Arte povera si avvicina ai movimenti di protesta a sfavore
dell'intervento degli USA: l'opera Vietnam di Pistoletto (1965) raffigura un gruppo di
manifestanti pacifisti, rappresentati con delle sagome fissate ad uno specchio, in modo tale che i
visitatori della galleria si riflettessero in esso. Così facendo, la gente diventa parte integrante
dell'opera stessa, venendosi a creare una sorta di interazione tra la creazione artistica ed il pubblico
spettatore.
L'attenzione agli stili di vita delle molteplici culture diverse da quella occidentale è presente nelle
opere di Merz: i suoi tanti igloo, creati con differenti materiali (ad esempio metallo, vetro, legno,
etc.), puntualizzano la capacità di adattamento di un popolo al suo determinato ambiente.
Robert Morris-> precursore delle ricerche della Process Art, nella fase più avanzata della sua vita
comincia ad usare il feltro.
Breve excursus:
1967: Mostra “Arte povera” alla Galleria La Bertesca di Genova
1968: Mostra “Nine at Castelli”, New York
1968: Documenta IV di Kassel (insieme alla Biennale è una delle esposizioni più importanti)
1969: Live in your head. When attitudes become form * (curata da Szeemann) -> mostra che fa scandalo
in quanto gli artisti realizzano delle opere per terra e la location sembra un magazzino abbandonato.
Christo impacchetta addirittura la Kunsthalle.
*il titolo rimanda ad un’arte che viene dal pensiero, una creazione spirituale. “quando questi
comportamenti/attitudini dell’artista diventano forma”.
Germano Celant -> critico d’arte militante e redattore di riviste, è molto vicino agli artisti e si
occupa della loro promozione. Mutua il nome del movimento dal teatro povero di Jerzy Grotowski,
afferma che l'arte povera si manifesta essenzialmente "nel ridurre ai minimi termini, nell'impoverire
i segni, per ridurli ai loro archetipi". Organizza un re-enactment della mostra del 1969: Live in your
head. When attitudes become form.
Richard Serra-> Gutter Corner Splash: Night Shift (1969); process art e azione, l’artista getta in un
angolo del piombo fuso. Sono rimaste soltanto delle fotografie di quest’opera; l’oggetto finale che
ne deriva è di fatto il processo, l’aver “gettato” il piombo. Considera anche lo spazio un materiale->
importanza del processo che ha creato l’opera in quanto è lì che si racchiude tutta l’energia
dell’artista e che è diventata forma.
Giuseppe Penone-> lavora molto con la natura, sia con fenomeni naturali, sia con sostanze derivanti
dalla natura (foglie, alberi, tronchi, corteccia). Uno dei punti-chiave è di fermare il tempo rispetto al
corso della natura (da notare i titoli misteriosi delle opere che sono suggestivi e già ci danno una
chiave di lettura). Alpi marittime è una serie di fotografie scattate nel ’68 in cui si vede l’artista che,
attraverso piccoli gesti, si relaziona con ruscelli ed alberi, interferendo nella loro crescita senza però
interromperla. Il suo corpo ed i suoi gesti diventano parte integrante della crescita naturale. I tempi
brevi della nostra vita sono paragonati a quelli lunghissimi della natura, nella quale Penone si
mimetizza. [N.B.gli artisti sono sempre attenti alla documentazione (pur essendo contrari al
capitalismo e all’industrializzazione) Fotografie= documentazione della loro arte].
Alpi marittime. Continuerà a crescere tranne che in quel punto (1968): operazione che fa nei
boschi, dove posiziona la sua mano in un punto preciso del tronco. L’albero cresce attorno a questa
escrescenza (la mano fa un effetto tenaglia; l’albero la sente come qualcosa di estraneo). E’ come se
lui avesse voluto fermare la crescita.
Alpi marittime, Crescendo si innalzerà (1968)-> queste strutture hanno sempre un significato
nascosto. L’albero crescendo innalzerà i frutti posati sulla rete.
Alpi marittime. La mia altezza, la lunghezza delle mie braccia, il mio spessore in un ruscello
(1968)-> struttura= dimensione dell’artista. Richiama idea della firma di Manzoni; queste
operazioni compiute da Penone sono una specie di firma, un considerarsi caduco come un albero,
un confondersi con la natura stessa.
Rovesciare i propri occhi (1970)-> lato concettuale dell’artista, operazione che ha a che fare con se
stesso. SI fa fare delle lenti a contatto che risultano dall’esterno come uno specchio e chi lo guarda
negli occhi in realtà vede se stesso perché i suoi occhi sono ricoperti dallo specchio, come se
ipoteticamente guardasse la sua interiorità attraverso lo specchio. Significato: chiudere la vista e
guardare se stessi, scavare nella propria interiorità eseguendo un’operazione introspettiva.
Respirare l’ombra (1999)-> opera fatta di foglie d’alloro; alloro=pianta nobile che nella simbologia
è sia celebrativa che funeraria. Le foglie sono conservate in delle gabbiette di metallo a muro e in
una di queste c’è una scultura dei polmoni fatti di metallo dorato.
Pier Paolo Calzolari-> reazioni chimiche: crea strutture in cui presenze di metalli e naturali
dovrebbero interagire a mano a mano che si degradano. Scala 2000 lunghi anni lontano da casa
(1969)-> vera e propria scala attraversata da fili elettrici con una base di piombo per l’esperimento
chimico-scientifico. Vi è una trasformazione chimica: vengono messi dei sali e dell’acqua che poi
salgono attraverso una reazione chimica e alla fine la scala diventa brinata.
Luciano Fabro-> L’Italia d’oro (1971), Italia rovesciata con un forte messaggio politico, sociale,
antropologico. Impiccagione ripresa da quella dell’uccisione di Mussolini come richiamo alla sua
presenza spregevole; è una denuncia alle condizioni dell’Italia, ironica inversione come se il sud
fosse al posto del nord. Materiale usato: metallo, quindi un materiale nobilitato.
Michelangelo Pistoletto-> connotato con le opere fatte di specchio, cioè delle lastre di acciaio molto
lisciate in modo da potersi specchiare e dove ci sono anche altre presenze. Le prime figure sono
dipinte ad olio poi realizzate con una serigrafia su velina e sono leggere. L’effetto è quello di farci
specchiare nella lastra quando ci passiamo davanti; la figura ci spiazza, sembra che faccia parte del
quadro assieme al nostro riflesso, è come entrare in un’altra realtà. Noi oggi percepiamo un minor
spiazzamento in quanto ci accorgiamo che quelle figure sono false per il loro abbigliamento anni
’60.
Venere degli stracci (1967)-> la Venere è una scultura che rimanda all’antica classicità, alla
bellezza, idea della perfezione. Questa però è di cemento, è una Venere ricoperta di polvere bianca,
un falso ed abbinata agli stracci, cioè ad un’impronta del nostro corpo. Gli stracci mantengono gli
umori, sono stati usati, mantengono il vissuto di qualcuno, è come se ci fossero le vite di tutti lì
dentro. Classicità e fragilità, una specie di energia ideale tra l’eterno della classicità e ciò che viene
buttato via, c’è un contrasto.
Mario Merz-> comincia a lavorare con dei resti naturali; Lingotto (1968): qui innesta il neon
(all’epoca anche costoso), materiale inteso come uso povero in quanto solo raffigurativo della luce,
dell’energia che passa. Famoso, inoltre, per gli igloo: strutture basiche, una sorta di rifugio
primordiale, “casa dei nomadi” che ci protegge. I suoi igloo sono rivestiti di lastre di vari materiali
che hanno innestate delle parti più naturali come rametti e sassi. L’uso del neon è importante per
creare dei numeri e delle scritte. Usa neon e carta di giornale, ricrea dei “giacigli”, la carta di
giornale è quella con cui si coprono i senzatetto. Progressione di Fibonacci su una scala (1971)->
uso del neon, di una serie numerica che cita spesso (Fibonacci); l’artista comprende che alcuni
procedimenti naturali derivano da una formula che moltiplica i numeri fra loro (in questo caso li
addiziona). La scala rappresenta idealmente l’evoluzione ed è in realtà una formula chimica, un
processo nascosto che solo chi sa leggere il messaggio dell’artista sa trovare. Anche se è un
materiale freddo e chimico il richiamo è quello ad un processo naturale.
Jannis Kounellis-> lavora sul concetto di energia usando fuoco, carbone, caffè. Comincia come
pittore, è molto concettuale con una serie di numeri, evocazioni di cartelli stradali, la sua è una
ricerca minimalista (ma non è minimal art!!). Mette in mostra gli animali (anche Rauschenberg
aveva fatto mostra con animali vivi e impagliati)-> pappagallo imbalsamato (pappagallo nella
pittura era il simbolo dell’artista che, come il pappagallo, era in grado di riprodurre fedelmente la
realtà).
Mostra alla Galleria L’attico (nome ironico perché la galleria in realtà è un attico) nel 1969: invece
di mostrare un monumento a cavallo o un quadro con dei cavalli porta direttamente dei cavalli vivi
nella galleria, è una mostra vivente (rimando a modelle viventi di Manzoni o Antropometrie di
Klein); questa scelta di usare animali reali rivela espliciti legami con la poetica dadaista e con il
concetto del ready-made.
Giovanni Anselmo-> ha insito nelle sue opere un concetto di energia, di gradiente (termico).
Piccola torsione: idea del gesto e della torsione, energia che resta imprigionata; passaggio di
energia.
Senza titolo (1968): idea di essere vivente, della natura morta o che sta per morire (lattuga
strappata). La lattuga è vita, contiene anche acqua. Insalata legata come se fosse una prigioniera:
insalata è fragile (memento mori) mentre il granito è duro (è perenne).
Il gruppo degli artisti di arte povera si ritiene concluso nel 1972 per opera dello stesso Celant, colui
gli aveva dato vita. Nonostante ciò, dopo il 1972 gli artisti continuano ad operare sempre sulla
stessa linea, solo che Celant non li riconosce più come gruppo.
Giulio Paolini-> la sua è la prima mostra che Celant segue come singolo artista. Fauna ricerca tutta
sua che richiama la minimal art americana seppure l’arte povera fosse diversa dal punto di vista
dell’energia e dei materiali. Ci richiama al concetto di materiale minimo per fare l’opera, cornice e
colore. Sembra quasi un ready-made duchampiano. Idea del sottovuoto ci ricorda le tavole trappola
di Spoerri; ma più come un’operazione concettuale.
Giovane che guarda Lorenzo Lotto (1967)-> lo spettatore che osserva il quadro è nella stessa
posizione in cui si trovava Lotto mentre ritraeva il soggetto. Come un’operazione concettuale;
annullamento varco spazio-temporale: il tempo lontano può essere presente.
Mimesi (1975): calchi messi l’uno di fronte all’altro che sembrano dialogare fra loro (idea del
doppio di Pistoletto).
Alighiero Boetti-> quello che più lo connota sono gli arazzi che fa realizzare (arte decorativa)12
dalle donne afghane; vedi Mappa (1971) in cui è raffigurata la mappa del mondo e ad ogni paese
corrisponde una bandiera a seconda del paese da cui è stato colonizzato, una mappa alternativa.
Grande amante degli enigmi e delle chiavi di lettura: Mettere al mondo il mondo (1972) ne è un
esempio eclatante; si tratta di carte telate rese simili ad un dipinto, disegnate e scarabocchiate a
mano con penna bic e ci sono dei segnetti/virgole che sembrerebbero casuali. In realtà nascondono
un messaggio in codice (nonché titolo dell’opera).
Io che prendo il sole a Torino (1979) -> ricrea sé stesso lasciando un’impronta con le mani facendo
le palline di “neve” (impronta come quella lasciata da Manzoni sulle sue uova) e al posto del cuore
ci inserisce una farfalla essiccata come simbolo della caducità; qui c’è un richiamo anche alla
protesta politica avvenuta a Praga in cui un ribelle si dà fuoco.
Pino Pascali-> lavora creando delle realtà altre; è molto poetico. Ricostruzione del dinosauro
(1966), una specie di spina dorsale. 32 metri di mare circa: portare il mare dentro ad un museo
(1967) -> vasche di alluminio con dentro acqua vera che è stata colorata con anilina. Illusione data
dalla sua terra d’origine. Bachi da setola (1968) -> gioco di parole con l’animale che produce bachi
da seta; idea dell’oggetto industriale già pronto; evocazione della natura, del ‘povero’, del naturale
(come Anselmo, Penone e Merz), idea artificiale ma anche di natura. La vedova blu (1968) ->
grande ragno; dualità tra cose immaginate e cose giocosamente realizzate.
FLUXUS
“La cosa più importante di Fluxus è che nessuno sa cosa sia” (R.Watts).
Negli anni ’60 sono tanti i movimenti artistici italiani e internazionali che hanno attraversato
il mondo dell’arte, come l’arte Povera, Pop, optical e decine di altri movimenti e sotto
movimenti che vantano ad oggi anche discrete collocazioni sul mercato.
-> Fluxus non è un vero gruppo, nonostante abbiano un Manifesto (come futuristi o i Nouveaux
realistes); è un insieme misterioso di artisti capitanato da George Maciunas, il cui ruolo è come
quello di Guy Debord per i Situazionisti. Gli artisti sono uniti dall’aver partecipato al Fluxus
festival, dove avvengono happenings in eventi annuali organizzati da Maciunas. Il loro obiettivo
è quello di mescolare la vita all’arte; vogliono scandalizzare tutti e sovvertire le regole del
mondo dell’arte, colpire la borghesia, essere una sorta di flusso rivoluzionario. Esiste come
movimento dal 1962, stessi anni della pop art.
Nam June Paik -> artista che viene considerato il padre della video arte; fa parte del gruppo Fluxus.
In realtà le prime opere sfruttano i televisori a tubo catodico e le distorsioni del segnale tramite
magneti, non sono veri e propri video. Sono immagini elettroniche create tramite distorsioni
elettromagnetiche. All’interno dei festival Fluxus crea delle performance insieme alla violoncellista
Charlotte Moorman, poi sua compagna, che suona degli strumenti musicali creati da lui con
televisori. x Tv-cello: strumento che ricorda un violoncello, ma creato con due televisori di diverse
dimensioni, e delle corde. Tv- Bra: reggiseno creato con due piccoli televisori, che trasmettono delle
distorsioni mentre Charlotte suona. In questo tipo di sperimentazioni vi è l’idea di automa, di uomo
potenziato dalla macchina e dalla tecnologia. Lo scopo di Paik è innestare video, musica e
performance
Tra i componenti del Fluxus, appare anche Joseph Beuyes, già presente nella Process Art per l’uso
di materiali “poveri” come il feltro, legati al concetto di cura, energia e calore e derivante dalla
storia magica e leggendaria del suo incidente aereo. Secondo i suoi racconti un gruppo di nomadi
tartari lo salvano da un incidente aereo, lo ricoprono di grasso e lo avvolgono nel feltro, materiale
diventato per lui totemico e simbolo del calore, della salvezza, della cura e della natura benevola.
Alla base delle sue opere ci sono dei concetti chiave come l’aver aderito ad una filosofia cosmica ed
il conseguente amore per la natura e per gli animali e l’uso di materie simboliche (grasso, feltro,
animali). Secondo Beuyes gli esseri umani dovrebbero avere più sintonia; infatti uno dei suoi
concetti base è l’Eurasia che consiste nel considerare l’Europa e l’Asia come un unico continente e
nell’unire le civiltà. Di qui l’opera ambientale Eurasian Siberian Symphony: c’è una lepre animale
magico, simbolo della natura selvaggia ed il concetto di unione tra Europa ed Asia; l’umanità per
lui deve essere una scultura sociale per realizzare il bene del mondo.
Come spiegare la pittura ad una lepre morta (1965): performance in cui si ricopre la faccia di miele
(energia) e foglia d’oro (incorruttibilità, divino), creando una maschera da sciamano, che gli
permette di spiegare alla lepre morta, animale sacro, la storia e il significato dei dipinti esposti nella
galleria, in una lingua misteriosa. Questa performance può essere osservata solo dall’esterno 14.
Senso di comunione tra natura, umanità e arte.
I like America and America likes me (1974): performance ambientalista e pacifista tenutasi a New
York, per l’apertura della nuova sede del suo gallerista in America, paese allora coinvolto nella
guerra del Vietnam. Arriva all’aeroporto ricoperto di feltro e si fa trasportare con un’ambulanza
dentro la galleria vuota, dove è stato chiuso un coyote, animale totemico per le popolazioni native
americane, selvaggio e carnivoro, simbolo del danno che l’uomo ha fatto verso la natura, ma anche
del rapace capitalismo americano. Si traveste da sciamano, con un mantello di feltro ed un bastone
(simbolo del viandante ma anche del comando e del potere) e rimane chiuso con l’animale per tre
giorni interi, cercando di interagire con lui, fino ad ottenere la sua fiducia. L’abbraccio che riesce a
dare al coyote diviene il simbolo di pace tra uomo e natura. Una volta ottenuta questa pace, ritorna
in Germania tramite l’ambulanza per non toccare il suolo americano.
Project 7000 Oak (1982), Kassel: tenutasi per Documenta 7; realizza un cumulo di 7000 pietre di
basalto dove per ogni pietra comprata si pianta una quercia nella città di Kassel. Opera mai portata a
termine, però nell’immaginario collettivo questo è stato molto importante: nota l’idea di comprare
un’opera e ricevere qualcosa in cambio, qualcosa che non è solo opera d’arte15. Il contributo di
Joseph Beuys: lavoro che sfugge da qualsiasi catalogazione. Azioni performative che sottolineano
l’aspetto rituale e sciamanico. L’artista ha trasformato la sua vita e la sua arte in un messaggio
salvifico. Pratiche che variano dal fluxus, all’happening, fino alla performance. Dagli anni ’70 le
sue azioni diventano sempre più didattiche, come mediatore tra il pubblico e la realtà.
BODY ART
14
nuovo uso della galleria-> concetto di vuoto già utilizzato da Klein vs. Arman (il vuoto – Le plein) e dal
Gruppo N.
15
Parallelismo con Klein ed il certificato di vendita.
Ruolo dei cambiamenti della società, nella concezione del corpo/della fisicità: emancipazione
femminile, liberazione del corpo dalle costrizioni imposte dalla società, nell’abbigliamento, che si
riflette in nuovi modi di fare danza e teatro, focus sulla fisicità, ruolo del corpo nudo.
Può essere una performance, un happening, ma viene fatta sul corpo dell’artista che fa di sé stesso
un’opera d’arte, spesso con una connotazione violenta. Spesso ci sono dietro esperienze di disagio
personale da cui questi performers cercano di liberarsi; mettere in scena tutto questo rappresenta per
loro una catarsi che li consente di liberarsi da oppressioni. Ha un’accezione molto anni ’70 post
liberazione dalla vecchia società patriarcale e gerarchica, libertà del corpo dai costumi, spesso con
componenti liberatorie anche attraverso l’inflizione di dolore.
Un esempio di body artist è: Shozo Shimamoto -> usa il corpo come se fosse il pennello di sé
stesso, riprende l’arte della calligrafia orientale con dei movimenti; inventa una pittura sparata con
dei cannoni, palle di colore (riprese da Niki de Saint Phalle) o delle bottiglie di colore lanciate sulla
tela (ispirazione per Pollock). Fa part del gruppo GUTAI, il quale ha l’idea di dipingere mettendo
nell’opera l’energia del corpo e spesso gli artisti passano anche attraverso le tele (non è arte
informale!!); contemporaneamente in Italia c’è Fontana che taglia le tele però mantenendo la
distanza dallo strumento mentre nel gruppo GUTAI i corpi degli artisti si buttano direttamente sulle
tele o si cospargono nel fango per poi creare una performance con la pittura-fango.
Anche la danza si rinnova grazie agli interventi di Isadora Duncan, delle futuriste, di Merce
Cunningham, i quali innovano la danza contemporanea con movimenti nuovi creando una
commistione fra arte e vita: il corpo è finalmente usato in maniera libera con delle scansioni
atletiche e diverse dalla classica. Merce Cunningham, fidanzato di John Cage, tiene dei corsi
insieme a lui al Black Mountain College e in una di queste nel 1962 si tiene una sorta di spettacolo
considerato la prima performance. Performance theatre piece n°1 -> Cage legge, Rauschenberg
mette in mostra le sue opere, Cunningham danza nello spazio attorno, gira su un fonografo con dei
dischi di cantanti, il tutto seguito dal rettore Charles Olson che legge poesie e da un musicista che fa
una performance sul pianoforte. Sono tra i primi a fare spettacoli molto sperimentali che chiamano
“pezzo di teatro”, ancora sperimentale, non del tutto performance.
Si dedicano alla body art molti artisti diversi tra loro: il versante piuttosto cruento dell’Azionismo
Viennese, un versante più concettuale (Acconci, Nauman) e un versante femminile.
L’Azionismo Viennese (1963) si contraddistingue per la messa in atto di azioni violente e spesso
disgustose, per criticare la corrotta società borghese, apparentemente morale e giusta, ma che in
realtà nasconde azioni e pensieri perversi, che la morale e la religione cercano di reprimere.
Hermann Nitsch -> Teatro delle Orge e dei Misteri: durante queste azioni rituali viene ricalcata una
specie di messa, con sacrificio di animali veri e propri, per ricordare la violenza della crocifissione
di Gesù (cristianesimo primitivo cruento). L’artista e volontari vengono legati alle croci, cosparsi di
sangue e interiora, in una macabra evocazione cristologica. Queste performance sono chiamate
“Teatro delle Orge e dei Misteri”, e ciò che rimane di esse è conservato come se fosse una reliquia e
poi venduto come opera (le vesti bianche sporche di sangue o i pezzi di tela, ad esempio).
Gunter Brus -> nella prima azione cammina per Vienna, nudo e ricoperto di colore bianco con una
riga nera al centro del cranio. In altre azioni si fotografa con strumenti di tortura, pitturato di nero, o
compie atti disgustosi.
Otto Muhl: azioni distruttive, di sacrificio e tormento, come modo di esprimere un’azione impulsiva
e rabbiosa, contraltare del perbenismo imposto dalla società. Nell’azionismo viennese lo scandalo,
il senso del peccato, la sfera fisica e la via di una purificazione vengono desunti dalle precedenti
esperienze espressioniste e dalla cultura austriaca novecentesca. In tutte le azioni il pubblico è
distaccato dalla performance.
L’indagine interpersonale negli Stati Uniti: Relazioni interpersonali lette anche in chiave di
mutamenti tra classi, razze, etnie, sessualità.
Yayoi Kusama -> artista giapponese famosa per la realizzazione di opere a pois. In realtà questo
tipo di motivo proviene dalla sua malattia mentale: il puntino rappresenta l’idea di macchia, di
malattia, di sporco, ed è ciò che vede nelle sue allucinazioni. Rappresentare le sue ossessioni è un
modo per esternare il suo disagio personale e, quindi, di affrontarlo. Realizza anche delle
performance presentando il corpo nudo di amici, cospargendoli di pallini, e facendo azioni di
denuncia sociale, ad esempio per i trasgender.
ARTISTI CHE LAVORANO MAGGIORMENTE SUL CORPO:
Vito Acconci -> azioni volte ad indagare il rapporto tra la persona e il pudore, dei limiti fisici nelle
relazioni tra individui, che si trasformano in fastidio e superamento della barriera di sicurezza tra
individui, che varia a seconda delle culture. Following Piece: insegue delle persone per strada, per
impossessarsi della loro vita, in una specie di azione situazionista (una sorta di “deriva”);
Trademarks: si morde fino a dove riesce ad arrivare con la bocca, lasciando sul suo corpo le
impronte dei morsi; è un’azione volta a testare le sue capacità fisiche, il suo livello di
sopportazione.
Bruce Nauman -> usa il suo corpo come materia plastica, creando delle forme con la sua carne
come in Studies for Holograms (rimando a Vito Acconci). Nell’opera Self Portrait as Fountain c’è
una chiara citazione di Duchamp in Fountain. Walking in an exaggerated manner : cammina fino
allo sfinimento, porta allo stremo il suo corpo.
Chris Burden: nella sua opera più famosa, Shoot (1971), si fa sparare al braccio da un suo amico,
per mettere alla prova la sua capacità fisica e mentale, per sopportare senza muoversi il pericolo che
sta per correre. Vi è un’idea cruenta e masochista di mettere alla prova il proprio corpo, per
denunciare le ingiustizie della società. L’intento di questi artisti è di scardinare i pregiudizi,
soprattutto razziali:
Adrian Piper -> Mythic being: si traveste da androgino dal sesso indefinito per testare le reazioni dei
passanti riguardo la sua indecifrabilità razziale/sessuale. Catalysis (1972-73) denuncia tutte le
situazioni di diversità, mettendo in atto delle performance in cui si traveste o si veste in modo
strano, girando per la città, per testare e registrare le reazioni delle persone. I will always mean what
I say (2015): opera più concettuale presentata alla Biennale di Venezia, in cui chi vuole può firmare
un contratto in cui viene vincolato a dire sempre ciò che pensa. Contaminazioni tra mondo dello
spettacolo e arte: Barry Le Va, Paul McCarthy, John Duncan e Bob Flanagan. Rapporti tra arte e
musica: Yoko Ono (Cut Piece, 1961)
-> Il tema dell’emancipazione femminile è trattato in modo crudo e drammatico.
Shigeko Kubota: dipinge pubblicamente guidando un pennello con la vagina
Valie Export: porta per le strade un uomo al guinzaglio, realizza una scatola per toccarle il seno,
immagine provocatoria in cui si mostra vestita, con nuda la parte genitale.
Ana Mandieta: tema dell’umiliazione sessuale, rimette in scena uno stupro subito da un’amica, si
copre di terra per identificarsi come la dea madre.
Carolee Schneemann: si espone nuda appesa ad un gancio, recita un componimento che srotola
dalla sua vagina, mette in scena un rito orgiastico di gruppo.
Hannah Wilke: mostra il suo corpo nudo, in situazioni provocatorie, continuando a farsi fotografare
anche durante la malattia che la porterà alla morte prematura.
Marina Abramovic: artista famosa per le sue performance di body art, in cui esplora i limiti fisici e
mentali del corpo. È figlia di due partigiani all’epoca di Tito, riceve un’educazione di stampo
militare. Quando si reca ad Amsterdam conosce un ambiente libero e differente e incontra il suo
compagno Ulay, insieme al quale farà delle performance per un periodo della sua vita. Alla base
delle sue performance variegate, vi è l’idea di forte concentrazione, quasi disciplina, per poter
portare il corpo fino a limiti della sopportazione.
Rhythm 1016: gioco dei coltelli (20 diversi), registrato e ritmato dalle sue ferite.
Rhythm 0 (1974): zero come numero del ritmo zero, cioè senza musica. È un happening a Napoli,
in cui per 6 ore si mette a disposizione del pubblico della galleria, che può usufruire di una serie di
strumenti su di lei. Assomiglia all’azione di Yoko Ono del ’64.
Art must be beautiful, artists must be beautiful: performance legata all’imposizione che viene
associata sia alla donna, che all’opera d’arte: entrambe devono essere belle. È una performance
contro tali imposizioni morali e fisiche.
Rhythm 5: cosparge di petrolio la costruzione di legno e dà fuoco alla stella; si taglia le unghie dei
piedi e delle mani come se fosse un sacrificio; salta poi all’interno della stella infuocata e si mette
“in croce”.
Insieme al compagno Ulay compie una serie di performance ed happening che mettono in scena i
conflitti latenti di coppia, il rapporto di potere, amore, affetto e sfida. Portano allo stremo le forze
del loro corpo, facendosi del male sia fisicamente che psicologicamente. Ne derivano le seguenti
performance:
Relation in space (1976): si scontrano ricreando fisicamente l’unione, ma anche lo scontro tra i
sessi. Si scontrano fino allo sfinimento
Imponderabilia (1977): il pubblico che vuole entrare alla Biennale di Bologna deve per forza
passare in uno stretto spazio tra i due corpi nudi degli artisti; tutto viene ripreso. Tale performance
viene più volte rimessa in atto da loro due. È una sfida al senso del pudore.
Relation in time: stanno 12 ore seduti con i capelli legati come prova di resistenza nonché simbolo
delle fatiche che comporta una relazione amorosa.
Breathing In, Breathing Out (1977): si baciano, respirando l’uno nella bocca dell’altro, fino a
consumare il respiro, che diventa anidride carbonica: il bacio è come una camera a gas.
Light / Dark: si prendono a schiaffi per circa 20 minuti, sempre in una prova fisica che sfida il
corpo e la capacità di sopportazione anche mentale. C’è tensione emotiva e anche di potere.
Rest Energy (1980): bilanciamento di forze e tensione sperimentata tramite un arco, che viene
tenuto da entrambi in un gioco di forze pericoloso. Se fosse successo un errore o vi fosse stato un
cedimento, la freccia sarebbe scoccata nel cuore di lei. Vogliono trattare il concetto di una completa
e totale fiducia nell’altro, che ha in mano la nostra vita.
The lovers (1989): performance messa in atto per concludere la loro relazione, con una camminata
lungo la grande muraglia cinese (spettacolarizzazione della sua vita, entrata nello star system).
Partono dagli estremi della muraglia, camminano fino ad incontrarsi, si dicono addio per sempre.
Marina Abramovic continua la sua carriera da sola, diventano una vera artista/star.
Balkan Baroque (1997): performance tenutasi alla Biennale di Venezia, contro la carneficina
contemporanea della guerra dei Balcani. Vestita con una veste bianca pulisce per sei ore al giorno
un cumulo di ossa di mucca, come simbolo delle vittime della guerra e delle sue atrocità.
Nonostante i suoi sforzi la violenza della guerra non potrà mai essere cancellata.
The Kitchen: negli anni 2000 compie una serie di azioni dedicate ai santi. In questo caso si fa
appendere sul soffitto come omaggio a Santa Teresa, che secondo la leggenda levitò nella cucina di
un convento.
The artist is present (2010): al Moma di New York rimane ogni giorno per tre mesi seduta ad un
tavolino. Il pubblico a turno si siede di fronte a lei e lei è tenuta a guardare chi ha davanti per tutto il
tempo in cui rimane seduto, senza alcun contatto fisico o verbale. Spettacolarizzazione con l’arrivo
di Ulay.
È una grande sostenitrice del reenactment delle performance, sia sue che di altri, al contrario
dell’ex compagno e collega Ulay. In Seven Easy Pieces (2005) assume le veci di altri artisti famosi,
16
I numeri presenti nei titoli delle sue performance rimandano o ad oggetti usati in esse o al ritmo della performance.
come Beuys o Nauman. La Abramovic inventa inoltre una sorta di metodo, che insegna a
concentrarsi per compiere le performance di body art; ha in progetto di aprire una scuola di
performance a New York. Ha saputo definire meglio di altri la performance: una tecnica che non è
improvvisazione e che si rende necessaria solo quando l’opera nasce per favorire un flusso di
energia che da fisica diventa autocontrollo mentale, secondo una disciplina che ha il rigore di una
regola militare o monastica.
Gina Pane -> altra artista della body art, molto famosa, di origine italiana, ma cresciuta e formata in
Francia. Nelle sue azioni vuole rivelare i drammi nascosti delle donne. Tema del sangue del
mestruo e del parto. Sentimental Action (1973): vestita di bianco, simbolo del candore virginale e
della purezza, si impianta e si ferisce con delle spine di rosa-> contrasto tra il bianco e il rosso del
sangue, simbolo della mortalità, della vita, ma anche della donna.
Io mescolo tutto: si taglia, per esprimere il disagio esistenziale, che può addirittura provocare il
desiderio di farsi del male. Vi è un grande senso estetico nel modo in cui sceglie di farsi fotografare
e nel modo in cui decide di posizionare i vari scatti.
Action Transfer: rompe dei vetri e li raccoglie con la lingua; azione contro l’oppressione che le
donne devono subire, stando in silenzio e sopportando cose terribili, in quanto donne. Compie
azioni di body art solo durante gli anni ’70, poi realizza opere di stampo minimal.
Il corpo narciso Ceppo della body art e della performance che nasce dal travestitismo,
dall’esibizione del corpo separato dall’identità di chi indossa il travestimento.
Gilbert e George -> ciò che espongono non è una forma autobiografica, ma al contrario una
narrazione, che si oppone a vari aspetti dell’arte e della vita comune (es. il look imposto dalla
moda): Singing Sculpture (1970): sono delle sculture viventi che cantano vestite da signori borghesi
inglesi.
Orlan-> riflessione sulla nuova schiavitù della seduzione femminile; versante della body art
femminista cruenta; si fa fare delle operazioni di chirurgia estetica per assomigliare per esempio alla
Venere del Botticelli o alla Monna Lisa: rispettare i canoni della bellezza del passato. Si fa anche
impiantare protesi sottopelle come idea di corpo cyborg, di unione tra uomo e macchina, interesse
fantascientifico.
Rebecca Horn: performer tedesca che inventa prolungamenti degli arti, e degli abiti che costringono
il corpo.