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a cura di
Adriano Clemente
DZOG- CHEN
LO STATO
di
AUTOPERFEZIONE
a cura di
ADRIANO CLEMENTE
l Anticamente il termine ' Bon ' designava in Tibet qualunque tipo di tradi
zione rituale basata sulla recitazione di mantra e formule magiche, probabilmen
te non molto diverse dalle varie forme di sciamanesimo diffuse in Asia Centrolc.
In un secondo momento, che si fa coincidere con l'apparizione del maestro Tonpn
Sheorab (sTon.pa gShen.rab), nato nel 1857 a.C. secondo le fonti Bon, molte
di queste tradizioni rituali sarebbero state perfezionate e connesse dalla comune
concezione dell'esistenza come un processo di interdipendeo.za dell'energin del·
l'individuo con le energie esterne, dominate da diverse classi di esseri. Sempre
secondo le fonti Bon, Tonpa Shenrab, originario dello Shang-shung ( Tibct occi
dentale), avrebbe insegnato anche le scienze della medicina e dell'astrologia e una
forma arcaica di Dzog-chen. È solo nel periodo fra l'ottavo e il nono secolo
che il Bon, minacciato di scomparire a causa della crescente diffusione del
Buddhismo, as sume una veste filosofica e dottrinale influenzata dagli stess i prln·
cipi del Buddhismo. Da questo periodo il Bon ' diventa ' una reli gione e non 11
differenzia, neì suoi caratteri generali, dalle altre scuole buddhiste tibcrnne.
Truona Detsen (Khri.srong lde'u.btsan) (790-844 d.C.), sebbene già
da aecoll ci fossero stati afflussi eli cultura buddhista dall'India, dalla
Cina e da altri paesi adiacenti. Trisong Detsen invitò alla sua corte
maestri e panclit buddhisti dall'India e dall'Oçlc;liyana, antico regno
identificato con la valle di Swat nel Pak:istan. L'Oçlçliyana, considerato
il luogo d'origine degli insegnamenti del Tantra, anticamente era un
paese eli fervente cultura buddhista e molti maestri vi si recavano per
ricevere insegnamenti. Qui anche lo Dzog-chen, successivamente inglo
bato nella tradizione buddhista, ebbe origine dal maestro Garab Dorje
(dGa'.rab rdo.rje), alcuni secoli prima dell'era cristiana.3 Il suo inse
gnamento, • al di là della legge eli causalità del karma ', capovolse il
tradizionale punto di vista dei suoi primi discepoli, famosi panclit
buddhisti. Per questo motivo la trasmissione dello Dzog-chen è avve
nuta segretamente, parallelamente a quella delle dottrine ufficiali del
Buddhismo.
In Tibet il Buddhismo, nella sua forma tantrica, fu introdotto prin
cipalmente da Padmasarpbhava, maestro e taumaturgo originario di
Oc;ic;liyana, invitato dal re Trisoog Detsen. Allo scopo di diffondere
in Tibet anche l'insegnamento Dzog-chen egli suggerl al re di inviare
in Oçlc;liyana il tibetano Vairocana.4 Questi, ai piedi del maestro Sri
Singha, discepolo di Maiijusrìmitra, a sua volta discepolo di Garab
Dorje, apprese tutti gli insegnamenti di Dzog-chen e li introdusse in
Tibet, a pochi eletti. In seguito fu invitato alla corte del re il pandit
Vimalamitra, anch'egli discepolo di Sri Smgha, che trasmise altri inse
gnamenti di Dzog-chen. In questo periodo di fervida attività di diffu-
J Secondo i testi della Serie delle Istruzioni Segrete dello Dzog-chen, Garab
Dorje sarebbe nato trecento sessanta anni dopo il parinirva�a eli Buddha, e
quindi nel 184 a.C. Invc:ce, secondo il Vairo.rgyud.'bum, la collezione delle
opere tradotte in tibetano da Vairocana, la sua nascita sarebbe avvenuta ven·
totto anni dopo il trapasso di Buddha, che corrisponderebbe al 516 a.C. Que
st'ultima data confermerebbe la tradWone che vuole che Garab Dorje sia stato
figlio della principessa eli 0QQiyiina, Praharini, figlia del re lndrabhiiti, colui che
scoprl PadmasaJ!lbbava sul lago Dbanakosa otto anni dopo il parinirva�a di
Buddha.
4 Questa tradizione si basa sul lignaggio de.imaestri della Serie delle Istruzioni
Segrete dello Dzog-chen. Secondo il lignaggio della Serie della Narura della Mente,
più attendibile storicamente, Sri Siilgba sarebbe vissuto molto più tardi di
Maiijusrimitra. Di conseguenza, si può ipotizzare che la trasmissione da Maiijusri
mirra a Sri Singha sia avvenuta attraverso visioni e contatti di natura non ordinaria.
Intraduzione 9
buddhista.
2) Il veicolo degli iravaka (gli uditori) e dei pratyekabuddha (co
loro che aspirano all'illuminazione per se stessi). Comprende gli
insegnamenti del Buddhismo Hinayana.
3) Il veicolo dei bodhisattva. Comprende gJl insegnamenti del
Mabayana.
4) K.riya-yoga
.5) Carya-yoga
6) Yoga-tantra
Questi tre veicoli sono detti ' tantra esterni ', perché la loro pratica
si basa principalmente sulla purificazione e sulla preparazione al rice
vimento della saggezza degli illuminati.
7) Maha-yoga
8) Anu-yoga
9) Ati-yoga
Questi sono detti ' tantra interni '. In realtà solo i primi due appar
tengono all'insegnamento del Tantra, il cui principio è la trasformazione
.dei costituenti psicofisici dell'individuo nella dimensione pura dell'illu
minazione. L'Ati-yoga, sinonimo di Dzog-cben, si basa sulla via del
l'autoliberazione, sulla conoscenza diretta dello stato primordiale. Que-
Ho reso il termine sems (mente) con ' natut1l della mente • perché in tutta la
6
letteratura antica dello Dzog-chen sems è usato come abbreviazione di byan.chub.
kyi.sems (bodhicitta), la natura primordiale della mente.
7 I tenna sono suddivisi in due categorie: i sater (sa.gter), ' tesori di terra',
che consistono in reperti veri e propri, sia oggetti che manoscritti, e i gonter
(dgongs.gter), 'tesori dello stato della conoscenza', testi che, memorizzati nel prin
cipio cosciente di un individuo, anche dopo molte vite vengono ricordati sponta
neamente in uno stato di contemplazione.
8 Lo Shang-shung (Zhang.zhung), patria della cultura tibetana, un tempo com
prendeva tutto il Tibet propriamente detto. Con capitale Khyunlun Nulkar
(Khyung.lung ngul.mkhar) vicino al monte Kailash, lo Shang-shung era suddiviso
in tre regioni: interna, corrispondente al Tibet occidentale; centrale, corrispon
dente al Tibet centrale, e esterna, comprendente il Tibet orientale e le zone di
Introduzione 11
confine con la Cina. Quando il piccolo regno autonomo di Yarlun in Tibet cen
trale cominciò a espandersi e a conquistare le zone adiacenti, al tempo del re
Songtsen Gampo (Srong.btsan sgam.po) (617-698 d.C.) anche lo Shang-shung fu
annesso. In questo modo tutto il regno fu chiamato Tibet (Bod). La religione
dello Shang-shung era il Bon, e i suoi sacerdoti a corte avevano grande influen
za politica.
9 Lo zio paterno, rTogs.ldan O.rgyan bstan.'dzin, e lo zio materno, 'Jam.
dbyangs Chos.kyi dbang.phyug.
IO Un suo insegnamento sulla Mahamudra si trova in G. C. Chang, Insegnamenti
vimenti politici, entra in Sikkim, dove vive per due anni. Nel 1960
Giuseppe Tucci lo invita in Italia, come collabortore all'I.S.M.E.O.
di Roma. Dal 1964 insegna presso l'Istituto Orientale di Napoli Lin
gua e Letteratura Tibetana e Mongola.
Nell'ultimo ventennio Namkhai Norbu ha intrapreso uno studio
approfondito sulle origini della cultura tibetana, dando particolare ri
lievo alla tradizione Bon, origine della cultura dello Shang-shung 9 e
quindi del Tibet. Al riguardo ha scritto alcuni libri di estrema impor
tanza per lo studioso di cultura e storia tibetana.U
Dal 1976 ha iniziato a trasmettere insegnamenti di Dzog-chen, pri
ma in Italia e poi in altri paesi. I suoi discepoli formano la 'Comunità
Dzog-chen ', il cui centro di riferimento in Italia è situato alle pendii
c
del monte Amiata, presso Arcidosso, in Toscana, ed è chiamato
' Merigar '. Negli ultimi anni Namkhai Norbu ha condotto seminari
sullo Yoga, sulla medicina e sull'astrologia tibetana in diverse parti
del mondo. Nel 1983 ha presieduto il 1° Convegno Internazionale di
Medicina Tibetana, a Venezia e ad Arcidosso.
Il libro che ho curato si basa principalmente su insegnamenti dati
da Namkhai Norbu a Merigar nel 1985 e nel 1986. Ho diviso il testo
in due parti, di cui la prima comprende discorsi che chiariscono l a
natura dell'insegnamento Dzog-chen, anche rispetto a d altre vie di
realizzazione. La seconda parte, " Il cuculo dello stato della presenza",
è un commento orale sui Sei versi del vajra, un brevissimo testo che
racchiude in sei versi l'essenza dello Dzog-chen, trasmesso anticamente
in Oçlçliyana da Sri Singha a Vairocana. Nei tre capitoli che formano
questa seconda parte Namkhai Norbu rivela, in maniera semplice e
non scolastica, cosa significa ' praticare ' lo Dzog-chen.
Spero che questi insegnamenti possano contribuire al risveglio di
una conoscenza autentica e ' non-concettuale ' dell'uomo, al di là di
tutti i condizionamenti.
Adriano Clemente
n Vedi Appendice.
Parte prima
l
del corpo, della voce e della mente. Tuttavia, per averne esperienza,
è necessario comprendere prima .la nostr a esistenza relativa.
Il corpo è qualcosa di molto concr eto per noi, è la forma mate
riale che ci limita nella dimensione umana. All'esterno ha il suo
corrispondente nella dimensione materiale, con la quale è strettamente
legato. Nel Tantra, ad esempio, si parla di precise corrispondenze fra
il corpo umano e l'universo, basate sul principio di un'unica energia.
Quando pensiamo a noi stessi per prima cosa consideriamo il nostro
corpo, la nostra ' persona fisica. Da qui sorge l'io, l'attaccamento e
•
�....
....... la,estinguendo il karma. In che modo? Applicando la v1a
rinUilcia, la quarta nobile verità.
fl principio che Sta alla base della ' rinUilcia ' è che, per far ces
IU'C le cause della sofferenza e della trasmigrazione, è necessario rinWl
O&re o astenersi dal compiere quelle azioni che possono produrre kar
ma negativo. A questo punto è importante comprendere il concetto di
bona in maniera corretta, perché a volte è soggetto a interpretazioni
parziali o inesatte. L'idea fondamentale del karma (letteralmente, ' azio
ae ') è che compiendo una determinata azione ne conseguono determi
Dati effetti. Gli effetti, però, non sono irreversibili. Il karma non è
una legge ineluttabile, che non può essere cambiata. Per far sl che
si manifesti l'effetto di un karma sono indispensabili condizioni ap
propriate, dette ' cause secondarie '. In generale per spiegare il karma
si parla di due fattori principali: la causa primaria e la causa secon
daria. Per produrre una causa primaria, potenzialmente capace di dare
effetti , sono necessari tre elementi: l'intenzione, l'azione vera e pro
pria, e il soddisfacimento. La causa primaria karmica, venutasi a for
mare in tal modo, è paragonabile al seme di un fiore, per il cui svi
luppo sono indispensabili diversi fattori come l'acqua, il concime, il
sole, ecc. Tutti questi fattori sono come le cause secondarie, rappre
$C.Otate dalle diverse circostanze della vita. Perciò, avendone consape
"'Olezza, è possibile non favorire quelle che potrebbero far manife
stare le cause karmiche primarie. Ad esempio, se nella vita passata ho
commesso un'azione tale da far risultare in questa vita la mia uccisione,
questa è la causa primaria, che si potrà manifestare quando ci sarà la
causa secondaria appropriata, come una lite. Ma se nel momento in cui
litigo bo consapevolezza che sto creando karma negativo e mi astengo
dall'ira, probabilmente anche l'altra persona si placherà e cosl avrò
evitato la possibilità di essere ucciso. In generale tutte le cause secon
darie sono riflessi delle cause primarie. Buddha ba detto: Se vuoi
"
sapere cosa hai fatto nella tua vita passata, osserva la tua condizione
presente. Se vuoi sapere quale sarà la tua condizione futura, osserva le
tue azioni presenti ".
n mezzo per attuare la via della rinWlcia è l'osservanza delle re
gole di comportamento stabilite da Buddha, contenute nel Vinaya, il
codice delle leggi dei monaci buddhisti. Osservando i precetti relativi
al corpo, alla voce e alla mente, c'è la possibilità di purificare il
karma negativo e accumulare quello positivo. Inoltre l'osservanza di
28 Le ve
i della rinuncia e della trasformazione
l Nel Tantra il metodo (upaya; thabs) e l'energia (prajna; shes.rab) sono con
Il vo;ra e il compone/lo
questo punto è necessario avere un'idea precisa della natura della di
sione del saf!lbhogakaya.
Sa'!lbhogakaya in sanscrito significa ' corpo ' o ' dimensione ' della
'cchezza, cioè della potenzialità infinita di tutte le manifestazioni della
ezza. Questa potenzialità è paragonabile a quella di uno specchio al
tro dell'universo, che riflette rutti i diversi tipi di esseri. Le maoi
tazloni del saf?Zbhogakilya sono al di là del tempo e dei limiti ma·
teriali, non dipendono dall'azione intenzionale di un illuminato. Cosl,
manifestazione della divinità Kàlacakra non è stata creata da Buddha
&iky amuni in un dato momento nella storia, ma è sempre esistita, per·
la dimensione del saf?Zbhogakaya è al di là del tempo. Coloro che
ne hanno ricevuto la trasmissione, attraverso la percezione pura di una
· estazione di Buddha, l'hanno spiegata tramite le parole e i sim·
boli, dando cosl origine al tantra Kalacakra.
La rappresentazione visiva di una manifestazione della trasforma
zione è chiamata ma��ala, uno degli elementi fondamentali della pra·
tica del Tantra. Il ma'!t�ala è come se fosse una fotografia scattata
al momento della manifestazione pura della divinità. AJ centro di ogni
"'IIIJ�ala c'è la divinità principale, che rappresenta la condizione pri
mordiale dell'esistenza, corrispondente all'elemento spazio. AJJe quat·
tro direzioni, rappresentate dai colori degli altri quattro elementi, ci
eono altrettante forme di divinità, che simboleggiano le funzioni del
la saggezza nelle quattro azioni.6
La divinità di un ma'!t�ata non sempre ha aspetto umano, ma a volte
una o più teste animali e un corrispondente numero di braccia e di
aambe. Gò è stato interpretato da molti studiosi come una rappresen
tazione simbolica dei principi del Tantra, ma è solo un aspetto par·
ziale e relativo. In realtà tutte le manifestazioni delle divinità sor
gono dalla dimensione del Saf!Zbhogakaya e poiché, come abbiamo
spiegato, essa è come uno specchio, riflette la forma del tipo di es
sere che la percepisce. La cosiddetta ' arte tantrica tibetana ' potrebbe
�·.:
:nerg�· dello stato primordiale, che si manifesta senza interruzione.
:
a
La pratica del Tantra comprende due fasi: lo sviluppo (bskyed.rim)
il perfezionamento (rdzogs.rim). La prima fase consiste nella visua
�Uzzazionte graduale del mat�t;lala, partendo dalla sillaba-seme della di-
e da quelle dei quattro elementi. Quando la creazione irnmagi
del ma1}t)ata è completata, mantenendo la visualizzazione di se
stesso trasformato nella divinità centrale, si recita il mantta. In questa
fase si lavora molto con la facoltà dell'immaginazione della mente, cer
cando di sviluppare al massimo la capacità di visualizzare. La seconda
fase, del perfezionamento ', è incentrata sulla visualizzazione del
•
7 I ca/era, lett. c ruote ' sono i punti principali ìn cui sì concentra l'energia nel
corpo umano. A seconda dei metodi dei tnntra si utilizza la visualizzazione di
quattro, cinque, sei o sette ca/era. Le niit;li sono i canali sottili, immateriali, attra
verso cui l'energia circola in tutte le parti dc1 corpo.
34 Le vie della rinuncia e della lras/ormaz.ione
a Gli anuttara-tantra vengono classificati in ' paterni ' quando nella pratica si
dà maggiore rilievo alla fase dello sviluppo; ' materni ' quando si dà più rilievo
alla fase del perfezi onamento ; e ' non-duali ' quando le due fasi sono equilibrate.
9 U termine ' divinità ' ?: una traduzione parziale e imprecisa per yi.dam, che
letteralmente significa ' mente sacra '. Nel Tantra la ' divinità ' è la manifestazione
pura della dimensione dell'individuo e non qualcosa di esterno. L'aspetto irato
rappresenta la dinamicità dell'energia; quello gioioso la sensazione del ' piacere ';
e quello pacifico, la condizione calma, senza pensieri, della mente.
Le vie della rinuncia e della trasformazione 35
e si prova una forte sensazione di ira, all'istante si cercherà di vi
�auz�e se stessi trasformati in una divinità irata, nella pura climen
ne del satrlbbogakaya. In questo modo l'ira potrà aumentare al
to da far tremare l'universo, ma non essendoci più la considera
ne dualistica di un soggetto e di un oggetto, essa si libererà come
rgìa pura, priva di un bersaglio.
n praticante della via della rinuncia, in una circostanza analoga, cer-
rà di ' bloccare ' l'ira, pensando alle conseguenze del karma nega
. Possiamo capire quindi la differenza dei diversi metodi di pra
utilizzati. Il praticante della via della rinuncia, anche se ' sente '
amente l'ira dentro di sé, cerca a tutti i costi di evitarla, ha paura
confrontarsi con essa. In un certo senso ignora la condizione del
energia. Il praticante del Tantra, invece, ne è consapevole, sa che
' blocchi ' dell'energia possono causare disturbi anche al corpo e alla
fDCnte. Egli non frena la sua energia, non la reprime, ma la sa utiliz
llre come mezzo per la trasformazione. A tal fine, però, è necessario
ver molto sviluppato la capacità della pratica.
este, nelle linee generali, sono le caratteristiche delle vie del Sutra
t (lei Tantra. Nello Dzog-chen si insegna direttamente il metodo del
l'autoliberazione, in cui non c'è niente da abbandonare né da trasfor
mare. Se non si possiede la capacità adatta, però, l'autoliberazione non
darà risultati concreti. Per questo nello Dzog-chen si consiglia di saper
applicare qualsiasi metodo di pratica a seconda delle circostanze e delle
capacità, finché non si avrà realmente acquisito la conoscenza delJ'auto
llberazione. Questo è parte della consapevolezza del praticante.
3
a
1 Sal't\antabhndra (Kun.tu.bz ng.po), il Buddha primord iale, rappresenta lo stato
del dha;,maka a. � rappresentato nudo, senza ornamenti c di colore blu, come
y
simbolo della purezza dell'essenza e della profondità del vuoto.
2 Il c iclo di surra della Prainaparamita, culmine degli insegnamenti Mahaynnn,
si consi�cra rivelazione di Nàgiirjuna, il celebre maestro indiano, fondatore del si
stema H losofico della • Vi� di mezzo ' o Miidyhamika.
LA via dell'autoliberazione 37
meni. Questa è la base di tutti gli esseri, che ne siano consapevoli op
pure no, nell'illuminazione e nella ttasmigrazione. È detta ' pura dal
principio (ka.dag), perché è come lo spazio privo di impedimenti,
•
Tantra si dà importanza alla conoscenza dell'energia ' rolpa ', base per
qualunque metodo di trasformazione.
Per capire ' dang ' pensiamo al cristallo in sé, alla sua forma pura
e trasparente. Se mettiamo la sfera di cristallo al centro di un
mat;t}ala colorato e vi giriamo attorno, il cristallo di volta in volta
apparirà del colore corrispondente alla direzione del mat;t}ala, pur re
stando sempre puro e trasparente. Questo è un esempio della condi
zione dell'energia in qualsiasi manifestazione. A volte invece di ' dang '
' Vedi N. Norbu (a cura di) Il libro tihetano dei morti, Newton Compton,
Roma 1979, e G. Orofino (a cura di), Insegnamenti tibetani su morte e libera:zione,
Edi�iooì Mediterranee, Roma 198�.
40 La via del/'autolibmu.ionc
si dice ' gyen ' (rgyan), ' ornamento ', perché nello stato della con
templazione tutte le manifestazioni dell'energia sono ' percepite ' come
ornamento dello stato primordiale.
Quando è avvenuta l'introduzione da parte del maestro, l'essenza,
la natura e l'energia sono chiamate i ' tre corpi della base '. Nella
via corrispondono a tre aspetù o condizioni caratterisùche della natura
della menre: lo stato calmo (gnas.pa), il movimento ('gyu.ba) e la
presenza (rig.pa).
Lo stato calmo è la condizione della mente quando non sorgono
pensieri. Un esempio è lo spazio fra un pensiero che sparisce e un al
tro che sorge, di solito impercettibile. n movimento t: la manifesta
zione dei pensieri, senza interruzione. Si danno gli esempi di un lago
calmo per lo stato senza pensieri, e del movimento dei pesci per il sor
gere dei pensieri. Questi due aspetti sono comuni a tutti gli esseri. La
presenza / invece, è come addormen tata in noi, ed è il maestro a ri
svegliarla attraverso la trasmissione. La presenza è il puro riconosci
mento senza giudizio, sia dello stato calmo che del movimento. Quesù
sono i ' tre corpi della via '.
Nel frutto, o realizzazione, essi si manifestano nel dharmakaya, nel
saf!tbhogakaya e nel nirma�akaya, le tre dimensioni ' purificate '. Il
dharmakaya corrisponde alla condizione dell'essenza, al vuoto dell'esi
stenza. Però, la presenza è totalmente risvegliata. Lo stato del dharma
kaya è al di là della forma e del colore, come lo spazio senza limiti.
Il Saf!tbhogakàya è la dimensione auloperfezionata della manifestazione
dell'energia. Corrisponde alla chiarezza naturale della base, insieme al
la presenza. I l nirmaJ!akaya è la dimensione della manifestazione, sia
pura che impura, percepita come oggetto rispetto al proprio stato, an
che se non c'è più nessuna considerazione dualistica. La presenza è to
talmente integrata nella dimensione esterna.7
saf!1bhogakaya non può essere stata una ' via', perché questa non serve
al saf!1bhogak4ya. In realtà, l'individuo è composto contemporaneamen
te da corpo, voce e mente, così i tre tipi di trasmissione vengono uti
lizzati tutti per comunicare la conoscenza.
La trasmissione orale comprende sia le spiegazioni del maestro per
far capire la condizione dello stato primordiale sia i metodi della pra
tica per entrare in quella conoscenza.
La trasmissione simbolica avviene sia mediante oggetti simbolici mo
strati per trasmettere la conoscenza dello stato primordiale, come uno
specchio o un cristallo, sia attraverso racconti, parabole ed enigmi.4
La trasmissione diretta avviene attraverso l'unificazione dello stato
del maestro con lo stato dell'allievo, e richiede una precisa prepara
zione da parte dell'allievo. Un esempio di trasmissione diretta si trova
nella storia del risveglio di Nàropa, il famoso mahasiddha indiano
discepolo di Tilopa.5 Naropa era un pandit famoso, un grande erudito,
abate dell'università buddhista di Nàlandà, uno dei centri di cultura
buddhista più importanti dell'India medioevale. La sua conoscenza,
però, era rimasta intellettuale, dottrinaria, e non era stata vissuta nella
esperienza. Dopo alcuni anni trascorsi a Nàlandà, in seguito a segni e
indicazioni di natura visionaria, rinunciò alla sua carica di abate e si
mise alla ricerca di Tilopa, che, secondo le sue visioni, sarebbe stato
il guru capace di risvegliarlo. Dopo una lunga e faticosa ricerca, du
rante la quale incqntra Tilopa sotto diverse sembianze senza ricono
scerlo, Niiropa alla fine si imbatte in un pescatore che dice di chia
marsi Tilopa. Questi frigge dei pesci nella padella e con uno schiocco
di dita li fa resuscitare e li getta di nuovo in acqua. Niiropa è scon
volto da questo incontro, ma ha fede nel suo maestro e lo segue per
molti anni, servendolo continuamente. Durante tutto questo tempo
non riceve nessun insegnamento, ma Tilopa lo mette alla prova con
diversi atti di abnegazione. Un giorno, mentre maestro e discepolo
sono in una grotta su una montagna, Tilopa chiede a Niiropa di scen
dere a valle per prendere dell'acqua da bere. Niiropa, nonostante il cal
do afoso, con grande sacrificio dopo un po' ritorna con l'acqua. Non
appena lo vede, Tilopa si scalza uno zoccolo e Io scaglia sulla fronte di
Niiropa, che cade tramortito. Quando riprende i sensi Niiropa è cam
biato, la sua conoscenza è stata risvegliata. Ma non si è trattato di un
miracolo di Tilopa: per anni e anni Niiropa si era sacrificato, preparan
dosi a ricevere la trasmissione.
n valore della trasmissione non è solo quello di introdurre lo stato
della conoscenza, ma di farlo maturare fino alla realizzazione. Per
questo il rapporto che lega l'allievo al maestro è molto stretto. n
maestro, nello Dzog-chen, non è solo come un amico che aiuta e colla
bora, ma è la via stessa, perché la pratica della contemplazione si
sviluppa attraverso l'unificazione dello stato dell'allievo con quello del
maestro. Anche nel Sutra e nel Tantra il maestro è importante, nel
primo perché detentore dell'insegnamento di Buddha, nel secondo in
quanto sorgente di tutte le manifestazioni della trasformazione.
Si tramanda che quando Padmasa�bhava trasmise l'iniziazione di
Vajra Kilaya 6 ai suoi discepoli tibetani, abbia fatto comparire miraco
losamente di fronte a loro il mat�4ala di quella divinità, e abbia chiesto
di rendere omaggio. Tutti i discepoli si alzarono e si prostrarono da
vanti al mat�4ala; solo Yeshe Tsogyel 7 rese omaggio a Padmas�bhava,
6 Vajra Kilaya è uno degli otto cicli di divinità del Tantra introdotti in
Tibet da Padmasa.rpbhava.
7 Yeshe Tsogyel (Ye.shes mtsho.rgyal) fu la principale consorte e discepola
di Padmasarpbhava. La sua biografia è stata tradotta da Keith Dowman in !.A
danzatrice del cielo, Astrolabio Ubaldini Editore, Roma 1985.
-
Il valore della trasmissione 47
mani disse loro che le medicine erano ormai inutili, perché la ragazza
era morta tre ore dopo la loro partenza. Quando i servi tornarono a
casa raccontarono tutto e scoprirono che la ragazza era davvero morta
poco dopo la loro partenza.
Un giorno il padre di quella ragazza, amico di famiglia, venne a
trovare mio padre e gli parlò di questo maestro-medico, descrivendolo
48 Il valor� d�lla trasmissione
chen, della Serie della Natura della Mente, dello Spazio Primordiale
e delle Istruzioni Segrete ". Fu un vero capovolgimento dd mio punto
di vista, tutti i limiti della mia conoscenza intellettuale crollarono.
Changchub Dorje aveva aperto una porta : mi aveva fatto capire che
lo Dzog-chen vive nell'uomo.
Egli non aveva mai ricevuto un'educazione scolastica, non aveva
mai studiato. La sua conoscenza era il frutto di un risveglio interno
che aveva cambiato la sua vita. Era anche un rivelatore di terma, o
' terton ' (gter.ston), e io stesso ebbi occasione di scriverne alcuni sotto
sua dettatura. Di solito il maestro passava le giornate seduto fuori della
casa, davanti alla finestra, ricevendo le visite dei pazienti. Io ero sedu
to in casa dietro la finestra e, negli intervalli tra una visita e l'altra,
scrivevo quello che mi dettava. Allorché giungevano i pazienti, egli si
interrompeva, ma quando riprendeva a dettarmi continuava perfetta
mente la frase, senza neanche chiedermi a che punto fossimo ar
rivati.10
Uno dei principali maestri di Changchub Dorje è stato Pema Dun
dul (Pad.ma bdud.'dul),11 anch'egli un maestro molto semplice, diven
tato famoso, dopo la morte, per ave.r ottenuto il corpo della luce. Di
solito il praticante, quando decide di morire, chiede di essere lasciato
chiuso in una tenda o in una stanza per sette giorni, e all'ottavo giorno
si trovano solo le unghie e i capelli, considerate le impurità del corpo.
Si racconta che Pema Dundul, una ventina di giorni prima di morire,
gono insegnamenti della via della trasformazione, perché spiegano la natura dello
stato primordiale dell'individuo, continuazione ' (tantra) della manifestazione del
•
l'energia.
IOCi si riferisce in questo caso a quei testi rivelati deni • tesori dello stato
della conoscenza '.
Il Nyag.bla Pad.ma bdud.'dul (1816-1872).
50 Il valore della trasmissione
IS gTsang.pa grub.che.n è stato uno dei principali maestri dello zio di Namkhai
Norbu, mKhyen.brue Olos-kyi dbang.phyug (1910-1973).
16 Si tratta dello zio rTogsJdan O.rgyan bstan.'dzin. Anch'egli, secondo fonti
recenti provenienti dal Tibet, ba ottenuto il corpo deUa luce.
17 rDo.grub.chen, 'Jigs.med bstan.pa'i nyi.ma (1865·1926), terza reincarnazione
di rDo.grub.chen 'Jigs.med phrinJas 'od.zer (1745·1821), discepolo diretto del
grande maestro 'Jigs.med gling.pa.
52 Il valore della trasmissione
vo giorno molta gente accorse per assistere all'evento, fra cui alcuni
funzionari cinesi, convinti di dimostrare una volta per tutte la su
perstizione dei tibetani. Anche in questo caso, però, trovarono solo le
unghie e i capell i . · Ricordo che mio zio, che era presente all'apertura
della tenda, tornò in lacrime e disse: " Era da anni che lo conoscevo,
ma chi avrebbe mai immaginato che fosse un praticante così elevato! " .
Molti praticanti di Dzog-chen sono così, persone semplici che, anche
se non danno segni esternamente, possiedono realmente la conoscenza.
Il corpo della luce è la suprema realizzazione dello Dzog-chen. La sua
funzione è diversa da una manifestazione del satttbhogakaya, perché
un corpo di luce può comunicare e aiutare attivamente gli esseri . È
come se il corpo fisico, riassorbita la sua sostanza materiale nell'essenza
luminosa, continuasse a vivere come aggregazione degli elementi nel
loro aspetto sottile. La manifestazione del satttbhogakaya, invece, è
passiva, perché dipende dagli esseri che ne godono la visione.
La realizzazione non è qualcosa che si può costruire, non dipende
dalle azioni e dallo sforzo. In fondo realizzarsi significa solo superare
gli impedimenti temporanei, ed è a questo scopo che è di massimo
aiuto la trasmissione del maestro. Nello Dzog-chen la via per supe
rare gli ostacoli può essere molto rapida, perché, attraverso la tra
smissione, lo stato della contemplazione si può facilmente sviluppare.
Dal nostro punto di vista limitato, ci potremmo scoraggiare pensando
cbe per purificare il nostro karma siano necessarie molte vite. Se
avessimo la possibilità di vedere materialmente il nostro karma accu
mulato, quello positivo sarebbe come un sasso e quello negativo come
una montagna. Quanto tempo ci vorrebbe mai per purificarlo? Forse
centinaia di pratiche di purificazione farebbero diminuire la montagna
solamente di un dito.
In realtà il karma non è un'accumulazione materiale, non dipende
dall'esterno, ma solo dagli ostacoli che impediscono la conoscenza. Pos
siamo paragonare tutto il nostro karma e l'ignoranza a una stanza
buia, e la conoscenza dello stato primordiale a una lampada. Quando
la lampada si accende, in un attimo l
i buio scompare, e tutto si illu
mina. Allo stesso modo, se si possiede la conoscenza dello stato pri
mordiale della presenza, si possono superare in un attimo tutti gli
impedimenti.
Un praticante che all'inizio cerca di trovare lo stato della presenza
fra la confusione dei pensieri è come un cieco che cerca di far en-
Il valore della trasmissione 53
lll Cuculo dello stato della presenza " (Rig.pa'i khu.byug) è uno
"
denominò: " Il cuculo dello stato della presenza, segno eli fortuna e
di gloria n(bkra.shis.pa'i dpal rig.pa'i khu.byug).3
In Tibet il cuculo è il simbolo della fortuna e della prosperità, per
ché preannuncia la primavera. Quando i tibetani sentono il suo can�o
capiscono che il lungo e freddo inverno sta per finire, e la natura rico
mincia a respirare. Cosl il canto del cuculo è stato paragonato ella
Vairocana al risveglio dello stato primoreliale della presenza (rig.pa)
con l'introduzione dell'insegnamento Dzog-chen in Tibet.
Nel corso dei secoli , lo Dzog-chen è stato bersaglio eli critiche e
diffamazioni da parte eli alcuni stueliosi tibetani. Una delle prove della
non autenticità dei testi dello Dzog-cben, secondo alcuni, sarebbe il
fatto che in molti titoli eli tantra dello Dzog-chen ci sono errori di
grammatica sanscrita. Ciò dimostra che i denigratori dello Dzog-cbe:n
ignoravano l'esistenza della lingua di ()4c,liyana, dalla quale furono tra
dotti i tantra in tibetano da Vairocana e altri maestri. I praticanti dello
Dzog-chen, però, non hanno mai avuto interesse a formare una setta,
difendersi e polemizzare, perché il principio dello Dzog-chen è la co
noscenza. Oggi l'autenticità storica dei testi dello Dzog-cben può
essere provata, grazie ad alcuni testi rinvenuti fra i manoscritti di
Tun Huang, ritenuti originali e autentici da tutti gli studiosi.4 Uno
eli questi manoscritti è proprio il Cuculo dello stato della presenza ",
"
l Con questo titolo esiste un tantra del • Cuculo • nel rNying.ma'i rgyud.'bum,
il canone delle scrittu.re Nyingmapa.
4 I documenti di Tun Huang, situato nel Turkestan cinese, furono scoperti
all'inizio del secolo da A. Stein e P. Pelliot. Grazie alla sabbiosità della sua
terra, Tun Huang, un tempo presidio dell'impero tibetano, ci ha restituito mano
scritti di immenso valore per la storia e la cultura tibetana.
Introduzione 59
La ' base ' non è una condizione astratta: siamo noi stessi, quando
riconosciamo il nostro stato. Questo è anche il vero modo di vedere
del praticante di Dzog-chen, il punto di vista inseparabile dalla cono
scenza reale. La ' via è il mezzo per sviluppare questa conoscenza
'
sna.tshogs.rang.bzhin.mi.gnyis.kyang
cha.shas.nyid.du.spros.dang.bral
ii.bzhin.ba.zhes.mi.rtogs.kyang
rnam.par.snang.mdzad.kun.tu.bzang
zin.pas.rtsol.ba'i.nad.spangs.te
lhun.gyis.gnas.pas.bzhag.pa.yin
I primi due dei " Sei versi del vajra spiegano la condizione della
"
di due cose diverse da unire, mentre non-duale ' significa che dal
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La base e il modo di vedere 65
procedere sulla via della realizzazione, definita come l'unione delle due
verità. Nello Dzog-chen sin dal principio non esiste questa considera
zione delle due verità. Lo stato non-duale viene introdotto come fon
damento sia per il modo di vedere che per la pratica.
Nello Dzog-chen il modo di vedere non dev'essere come quello di
una persona che guarda attraverso delle lenti verso l'esterno. Anche
sato sul senso reale, perché dal principio insegna a trovare la condi
zione naturale, senza correggere e influenzare.
Il secondo punto è: " È basato sull'individuo, non sull'insegnamen
to ". Nella via della rinuncia l'uomo si mette a disposizione dell'inse
gnamento. Non avendo la capacità di responsabilizzarsi, si decide di os
servare delle regole, si è disposti a non compiere le azioni vietate dalla
legge monastica. Lo Dzog<hen è basato sull'individuo, perché la cosa
fondamentale è comprendere la propria capacità e saper utilizzare i
metodi a quella più adatti.
Il terzo punto dice: " È basato sulla saggezza primordiale, non sulla
mente ". La mente è la base del dualismo, dei conflitti. La saggezza
primordiale è la natura dello stato della presenza, la conoscenza che
sorge in seguito alla trasmissione del maestro e si sviluppa attraverso
la pratica della contemplazione.
L'ultimo punto è: " È basato sul significato, non sulle parole " .
Ciò significa che bisogna saper comprendere il senso fondamentale di
ciò che viene comunicato dal maestro e non basarsi sul significato let
terale delle parole. Un termine come bodhicilla, ad esempio, assumerà
diverse valenze a seconda che si trovi nel contesto di Sutra, di Tantra
o dello Dzog-chen.
Il principio della base non è peculiare dello Dzog<hen, ma esiste
in tutte le tradizioni buddhiste. Nel Sutra la base è rappresentata
dalla conoscenza delle due verità, relativa e assoluta, che corrispondono
ai concetti di mente ' e ' natura della mente '. La via è l'accumula
'
zione dei meriti e della saggezza. La prima è legata alla condizione re
lativa, mediante l'applicazione dei tre aspetti dell'individuo: con il
La bas� � il modo di v�d�r� 71
Nello Dzog-chen si dice: " Al di là dello sforzo ", ovvero: non creare,
non modificare, non cambiare, ma trovarsi nella vera condizione ' come
è '. Può accadere però che un termine usato per indicare uno stato al
di là dei concetti diventi esso stesso un concetto. È come se chiedessi
mo a una persona: " Come ti chiami? ", e questa rispondesse: " Non
ho nome ", ma noi, fraintendendo, la chiamassimo: ' Non ho nome '.
Questi due versi spiegano il significato della via e della pratica.
' Come è ' (ii.bzhin.ba) è un'espressione molto usata nei testi antichi
dello Dzog-chen, ed è sinonimo di ' non corretto ' (ma.bcos.pa) e altri
termini che indicano la vera condizione naturale non corretta, non in
fluenzata e non modificata. Correggere, modificare ecc. sono funzioni
caratteristiche della mente dualistica. Trovarsi nello stato non corretto
significa andare oltre la mente. Ciò non riguarda soltanto la finalità
della pratica, come in altre tradizioni, ma dal principio bisogna cercare
di entrare nella conoscenza dello stato ' come è '.
Nel Tantra l'introduzione alla natura originaria della mente corrispon
de alla fase finale della pratica, dopo gli stadi dello sviluppo e del per
fezionamento. Nello Dzog-chen si introduce direttamente questa condi
zione, riferita non solo alla mente, ma anche al corpo e alla voce. Tutti
gli aspetti della nostra esistenza devono trovarsi in uno stato non cor
retto, per essere integrati nella contemplazione.
Nel Grande Spazio di Vajrasattva (rDo.rje sems.dpa' nam.mkha'.
che),l uno dei testi principali della Serie della Natura della Mente, è
scritto: " Correggere la posizione del corpo per trovare uno stato di con
templazione non corrisponde allo Dzog-chen. Controllare il corpo e man
tenere la schiena dritta non è contemplazione, ma può diventare un osta
colo alla contemplazione ". A causa di affermazioni del genere alcuni
hanno accusato lo Dzog-chen di negare la meditazione seduta, il control
lo della posizione e della respirazione, ecc. Ma lo Dzog-chen non nega
nulla. Quando si parla di non-controllo del corpo si intende semplice
mente la condizione autentica, non corretta, in cui non c'è bisogno di
modificare o migliore qualcosa. Tutte le correzioni provengono dalla
mente e, di conseguenza, sono false, a.rtificiose.
Nella Serie delle Istruzioni Segrete sono spiegati quattro modi per
continuare la contemplazione, i quattro lasciare al suo posto '_2 n pri
•
mo, relativo alla posizione del corpo, è chiamato ' la montagna '. Che
significa? Una montagna può essere più o meno alta, può avere diverse
forme, ecc.; ma è sempre stabile, non cambia mai la sua posizione.
Ugualmente il corpo nell'arco di una giornata assume diverse posi
zioni a seconda delle circostanze. Tutte queste posizioni sono adatte per
la contemplazione, non è necessario modificarle. Se nel momento in cui
mi trovo nello stato ' come è ' sono sdraiato, questa è la mia posizione
naturale, come quella di una montagna. Non è necessario che subito mi
alzi, raddrizzi la schiena e incroci le gambe. Lo stesso vale se sto be
veQdo un caffè e mi trovo in uno stato di contemplazione: non serve
che corra nella mia stanza, chiuda la porta e mi sieda in meditazione.
Tutto ciò è utile per imparare a integrare la contemplazione nella vita
quotidiana.
Per integrare la pratica nella vita non è sufficiente fare qualche se
duta di meditazione al giorno. Noi viviamo ventiquattro ore su venti
quattro, che risultati ci potranno essere se pratichiamo solo un'ora o
due? ' Integrare ' significa comprendere la condizione ' come è ' della
vita stessa, senza correggerla, in modo che ogni circostanza della vita
diventi un'occasione di pratica.
Si potrebbe chiedere: " Nello Dzog-chen si insegna a non correg
gere nulla. Allora è inutile svolgere pratiche di respirazione, visualizza-
2 Cog.bzhag rnam.pa bzhi, i quattro ' lasciare se.nza correggere ', sono: la mon
ta.gna (ri.bo cog.bzhag), legato all'aspetto del corpo; l'oceano (rgya.mlsho cog.b1.hag),
agli occhi; Io stato della presenza (rig.pa cog.bzhag); e la visione (snang.ba
cog.bzhag), basato sul principio della integrazione con tutte le percezioni dei sensi.
74 La via e il modo di praticare
zione, ecc., basate proprio sulla correzione? " . Nello Dzog-chen ' senza
correggere non significa negare o svalutare i metodi della pratica. Il
•
' come è ' non può essere afferrata con la mente, tutta la manifesta
zione dello stato primordiale, compresa la nostra visione karrnica, è
presente. Tutti i diversi aspetti delle forme, dei colori, ecc., continua
no ad apparire senza interruzione. Quando ci si trova in contempla
zione non significa che la visione impura sparisca e si manifesti la vi
sione pura. Se abbiamo un corpo materiale c'è una causa karmica, per
ciò non avrebbe senso cercare di abbandonare o negare la nostra situa
zione. Dobbiamo solo averne consapevolezza. Se abbiamo una visione
materiale, concreta, che causa cosl tanti problemi, dobbiamo capire che
essa non è che l'aspetto grossolano della dimensione dei colori, l'essenza
degli elementi. L'acqua, ad esempio, è la manifestazione materiale del
colore bianco, essenza dell'elemento acqua, che a causa del karma e del
l'ignoranza è diventata tale. Quando scopriamo il suo principio, però,
c'è il modo di invertire il processo, cioè di far ritornare l'acqua allo
stato sottile di essenza luminosa. Il mezzo principale è la contempla
zione, attraverso la reintegrazione della propria energia con quella della
dimensione materiale.
' Tutto è bene ', traduzione tibetana del nome Samantabhadra, il
Buddha primordiale del dharmakaya, vuol dire che nella visione non
c'è nulla da modificare o da eliminare. Essa è perfetta così com'è.
Nello stato non-duale migliaia di apparizioni non riescono a turbare la
contemplazione. ' Bene ' non implica il concetto di ' positivo ' opposto
a quello di ' negativo '. Si riferisce allo stato in cui non c'è nulla di
negativo da abbandonare né di positivo da accettare. Tutta la mani
festazione è al di là di bene e male, è ornamento dello stato primordiale.
Nello Dzog-chen non è necessario trasformare la visione impura in
visione pura, lavorando con l'immaginazione. Tutta la visione p resente
è la qualificazione della chiarezza naturale. Se vediamo una casa di pie
tra e cerchiamo di immaginarla trasformata in una dimensione di luce
stiamo solo giocando con la nostra mente. La casa cosl come appare,
anche se 'è una visione karmica, è la nostra chiarezza che si manifesta.
Perché bloccarla o trasformarla? I problemi iniziano solo quando
entriamo nel giudizio se la casa sia bella o brutta, grande o piccola, ecc.
Con il ragionamento è molto facile entrare in azione e produrre karma.
Macig Labdron {Ma.gcig lab.sgron), nei suoi insegnamenti sulla pra-
tica del chod (gcod), ha spiegato che ci sono quattro diavoli ' o impe
c
s
Thogs.bcas.}ryi.bdud. Gli altri tre demoni che impediscono il progresso del
praticante sono: c il diavolo che non •
bl�a (lhogs.med), riferito ai pensieri ;
•il diavolo del piacere ' (dga'.brod), l'attaccamento ai risultati della pratica;
e il • diavolo dell'autocompiacimento ' (snyem.byed), del • principio dell'ego '.
78 LA via e il modo di praticare
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Per guardare gli altri ci sono gli occhi, ma per vedere se stessi N. Norbu mentre pratica il Chod, accompagnandosi con damaru
ci vuole uno specchio (Merigar. 1982). e campanello (Monte Faito, 1980).
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La mudra dcll'autopcrfezionamenro (Mcrigar, 1982). Changchub Dorje (maestro di N. Norbu), da una matrice lignea
originale tibemna.
La via e il modo di praticare 81
tutti gli aspetti dell'energia. Lo ' stato calmo ' è solo un'esperienza e
non la contemplazione. Quando si è in contemplazione, nello stato della
presenza, non c'è differenza fra stato calmo e movimento, per cui non
è necessario cercare una condizione senza pensieri.
Garab Dorje ha detto: " Se sorge [il movimento dei pensieri), os
serva lo stato in cui sorge. Se si libera, osserva lo stato in cui si libera.
Fra sorgere e liberarsi non c'è differenza " . Quando si pratica la con
templazione non bisogna cercare di trovare Lo stato calmo ed evitare
il movimento, ma solo mantenere l'unica presenza in entrambe le
.
espenenze.
In tutte le tradizioni buddhiste di meditazione si parla di due fasi:
la meditazione calma o ' scinè ' e la visione intuitiva o ' lhanton '
' Lo sraro della lu� n.aturaJe ('od.gsal) corrisponde alla fase in cui ci si addor
menta fino al sorgere dei sogni. In questo periodo, anche se non c'è la funzione
della mente. il praticante continua nella chiarezza dello stato della presenza.
8
necessario definirsi ' non-settarista ' perché anche questa è una presa
di posizione. In realtà qualsiasi definizione è una limitazione.
Ad esempio, si spiega che lo stato primordiale è composto dall'essen
za, dalla natura e dall'energia, le tre saggezze. Ma questa spiegazione
è rivolta a noi che siamo limitati e vaghiamo nella trasmigrazione,
affinché possiamo farcene un'idea. Tutte le analisi e le definizioni non
hanno nulla a che vedere con lo stato primordiale, sono solo un mezzo
adattato alla nostra situazione di ignoranza.
Allo stesso modo si dice che Jamyang Khyentse Wangpo ('Jam.
dbyangs mkhyen.brtse'i dbang.po) e Jamgon Kongtrul ( 'Jam.mgon
kong.sprul) siano stati i fondatori del ' non-settarismo ', anche se non
hanno mai avuto l'intenzione di limitarsi in una scuola. Quando il
sole sorge nel cielo, inevitabilmente si diffondono i suoi raggi. Il sole
non dice: " Guardate i miei raggi come splendono! " , sono le persone
che vivono al buio a definire : " Ecco la luce del sole ". I maestri di
questa tradizione, praticando lo Dzog-chen, hanno manifestato un
comportamento al di là dei limiti di una setta, senza prendere mai una
posizione di contrasto nei confronti del modo di vedere settario.
Dello Dzog-chen si dice: " Non entra nei limiti, non appartiene
a una scuola ". I limiti sono la manifestazione caratteristica del dua
lismo, causa della trasmigrazione. Superare i limiti significa scoprire la
condizione come è, facendo in modo che la nostra conoscenza corri
sponda all'esistenza del corpo, della voce e della mente. Questo è
fondamentale.
L'idea del ' non-settarismo ' presume sempre una considerazione
dualistica di sé e degli altri. Per integrare la pratica con tutte le cose e
l Sorto in
Tibet orientale, a opera di due grandi ma.enri: 'Jam.dbyangs.
mkhyen.brtse'i dbang.po (1820-92) e 'Jam.mgon kong.sprul (1813-1899).
li frutto e il modo di compor/arsi 87
IN TlBETANO
IN INGLESE
IN ITALIANO
AbhidharmakoJa, 16 Ga!lapuja, 50
Abhisamayàlaitkara, 41, 80 Garab Dorje (dGa'.rab rdo.rje) 8, 11,
Advityayoga, 10 32, 41, 45, 57, 58, 72, 83, 91, 92
A. 'dzom 'brug.pa, 69 Gelupa (dGe.lugs.pa), 9, 10
Anul/ara·lanlra, 10, 34 Gnas.pa, 40
Anu·yoga, 9, 10, 34, 57 Gonter (dgongs.gUr), 10
Asanga, 41 Gsal.ba, 63
Ati-yoga, 9, 36 Guru-yoga, 81
Ayu Khandro (A.yu mkha'.'gro), 50 G
y en (rgyan), 40
'Gyu.ba, 40
Bardo. 39 Gzhi.lam.'bras.bu'i smon.lam, 71
Bde.ba, 63
Bhtimi, 66
Dka'.ma, lO J/avajra. 74
Bkra.shis.pa'i dpa/ rig.pa'i khu.byug, 58
Blo.bzang rgya.mtsho, 18 lndrabhuti, 8
Bodhiciua, IO, 37, 70
Bodhiiauva, 41
Bsam.gtan mig.sgron, 88 Jamgon Kongtrul ('Jam.mgon kong.
Bskyed.rim, 33 sprul), 86
Bum.dbang, 78 'Jam.dbyangs mkhyen.rtse'i dbang.po,
86
Cakra, 33, 83 Ji.bzhin.ba, 72
Carya-yoga, 9 '.Jigs.med gling.pa, 5l, 71
Changchub Dorje (Byang.chub rdo.rje),
Il, 47, 48, 49, 50, 69
Ka.dag, 38
Changchubsem (byang.chub.sems), 37
Kadampa (bKa'.gdams.pa), 9
Chod (gcod), 50, 77
Cig.car, 66
Kagyudpa (bKa'.rgyud.pa), 9, 10, 11,
Cog.bzhag, 66. 73
45
Kalacakra, 30, 31
Khregs.chod, 66
paki,,i, 32, 50, 79
Klong.sde, lO
Damaru, 48, 50
Klong.chen snying.thig, 71
Damema (bDag.med.ma), 74
Dang (gdangs), 38, 39 Konkar Rinpoche (Gangs.dkar rin.po.
Dga'.brod, 77
che), 11
Kriyà-yoga, 9
Dharma, 79
Kun.gzhi, 37
Dharmakaya, 36, 40, 45, 76
Dharmatà, 84
Kun.tu bzang.po, 36, 76
Deva, 79
Dodrup chen (rDo.grub.chen), 51 Lhanton (lhag.mthong), 83
Dran.pa, 40 Lhun.grub, 38, 66
Drukpa Kunleg ('Brug.pa kun.legs), 75 Lung (lung), 57
96 Indice dei termini tibetani e sanscriti
Ma.bcos.pa, 72 Ris.med, 86
Miidhyamika, 36 Rolpa (rol.pa), 38, 39
Magik Labdroo (Ma.gcig lab.sgron), 50, Rtsa.ba'i bla.ma, 47
76 Rtsol.bral, 66
Mahimudrìi, 11, 34, 42, 74
Mahiisiddha, 32, 45, 74 Sakyamuni, 26, 28, 30, 41
Mahii-yoga, 9, 10, 34 Sakyapa (Sa.skya.pa), 9, 10, .50
Mìila, 74 Samantabhadra, 36, 4.5, 76
Ma�;�rjala, 31, 32, 33, 34, 39, 41, 42, Samatha, 83
46, 47, 62, 63, 64, 75, 78 Samaya, .50, 81
Man.ngag.sde, 10, 57 SaJ?tbhogakiiya, 29, 30, 31, 32, 35, 40,
Maiijusri, 32 4.5, .52, 76, 84
Maiijusrìmitra, 8 Sangha, 79
Marpa, 4.5 Sater (sa.g/er), 10
Milarepa, 4.5 Scioè (zhi.gnas), 41
Matryoga, 10 Sems.sde, 10
Mi.g.yo.ba, 83 Shes.rab, 28
Mi.rtog.pa, 63 Siilhamukha, 32
Skandha, 29
Natji, 33 Snang.ba cog.bzhag, 73
Nagarjuoa, 36, 67, 8.5 Snyem.byed, 77
Naljor (rnal.'byor), 36 Songtsen Gampo (Srong.btsan sgam.po),
Naropa, 4.5, 46 11
Ngag.dbang mam.rgyal, 69 Sri Sùigha, 8, 12, 57
Nirmii�;�akiya, 40, 4.5 Sriivaka, 9
Nub Sangye Yeshe (gNubs Sangs.rgyas Sunyati, 36
ye.shes), 88
Nyingmapa (rNying.ma.pa), 9, 10, 18, Tantra, 26, 32, 34, 36, 42, 46, 49,
34, .58 62, 70, 72, 74, 79, 88, 89
Tapihritsa, 44
'Od.gsal, 84 Tathigata, 79
Terma (gter.ma), 10, 71
Padmasarpbhava, 8, 10, 16, 32, 41, 46, Terton (gter.ston), 18, 49
47, 50, .57, 80, 87, 88 Thabs, 28
Parinirvi�;�a, 8 Thigle (thig.le), 29
Pema. Dundul (Pad.ma bdud.'dul), 49, Thod.rgal, 44
.50 Thogs.bcas.kyi.bdud, 77
Pitryoga, 10 Thogs.med, 77
Praiiia, 28 Thugs.rje, 38
Prainìipiramiti, 36, .50 Tilopa, 45, 46
Praiiiìipìiramitìisutra, 41 , 47, 80 Tonpa Shenrab (sTon.pa gsheo.rab), 7
Pra�;�a, 83 Trisoog Detsen (Khri.srong lde'u.btsao),
Pratyekabuddha, 9 8, 57
Tsangpa Drubchen (gTsang.pa gruh.
Rdo.rje sems.dpa'.nam.kha'.che, 72 chen), .50, 51
Rdzogs.rim, 33 Tsel (rtsal), 38, 64
Rgya.mtsbo cog.bzhag, 73
Rgyud, .57 Upìiya, 28
Ri.bo cog.bzhag, 73
Rig.pa, 40, .58 Vairocana, 8, lO, 21, ", .58, 7.5
Rig.pa cog.bzhag, 73 Vai.ro rgyud.'bum, 8
Rig.pa'i khu.byug, .57 Vaira, 28, 29, 30, 57, .58, 60, 61
Indice dei termini tibetani e sanscriti 97
Introdut.i
on� di Adriano Clemente pag. 7
PARTE PiUMA
PARTE. SECONDA
Inlrodut.ion� » 57
•
ERRATA CORIUGE
pagina 8, riga l
(790-844 d. C.) (742-797 d. C.)
pagina 8, riga 20
Vaìrocana.< Questi Vairocana. Questi
pagina 8, riga 21
Mafijusrimitra, a sua Maiijusrimitra,4 a sua
pagina 9, riga 9
tutte le dottrine buddhiste rutti i sistemi di insegnamento
pagina 9, rigo 19
4) Kriya-yoga 4) Kriyii-tantra
pagina 9, rigo 20
5) Carya-yoga 5) Ubhaya-tantra
pagina 60, r ga J
i