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Platone tocca tutti i grandi temi della pedagogia, dall’istruzione alla formazione personale di
ciascuno. E lo fa alla luce del ragionamento libero e critico della filosofia.
Tale modello di sapere è rimasto centrale e esclusivo in pedagogia per più di 2000 anni. Fino
all’Ottocento e al Positivismo. E’ stato ripreso dall’Ellenismo, dal Cristianesimo, poi dal Medioevo
e dall’Umanesimo/Rinascimento e nella stessa Età Moderna (durante il Seicento, il Settecento e
parte dell’Ottocento). E’ sempre la filosofia, coi suoi diversi modelli, che fa pedagogia. Questa è
filosofia applicata, che si sviluppa, riprendendone i fini e i mezzi (la cultura) e i luoghi (la scuola
soprattutto), come rinnovamento della Paideia, con l’Humanitas (teorizzata da Cicerone e che si
sviluppa a Roma, poi nel Cristianesimo e nello stesso Rinascimento, come formazione all’umanità
di ciascuno attraverso la cultura in tutte le sue forme) e poi, nel Settecento, con il Bildung in area
tedesca, ma che si diffonde in varie forme su su fino ad oggi (e che è, anch’esso formazione umana-
dell’uomo attraverso l’assimilazione della cultura).
Solo con la crescita delle scienze biologiche e umane si affermerà una rivoluzione nel sapere
pedagogico. Col positivismo si parla ormai di pedagogia come scienza, di scienza dell’educazione,
di un dialogo stretto della pedagogia col metodo e i risultati della ricerca scientifica sempre più
ricca e centrale nella cultura e nella società. E di una dipendenza stretta da biologia, psicologia,
sociologia che si fanno scienze positive.
Facciamo ora un passo indietro, guardando alla nascita della scienza moderna come la Grande
Rivoluzione significativa poiché nasce una nuova forma di sapere: osservativo, matematico,
sperimentale
con Copernico (1473-1543) e la sua teoria del sistema solare;
con Galilei (1564-1642) e la nuova fisica e le prove portate al sistema copernicano;
con Keplero (1571-1630) e la sua visione della fisica astronomica;
con Newton (1642-1727) e la sua teoria gravitazionale.
Le loro opere producono una trasformazione nella concezione del cosmo e delle sue leggi, nel
metodo di indagine sui fenomeni naturali, nel valore esemplare di tale nuova forma di pensiero:
oggettiva, dimostrativa e rigorosa.
Nel Settecento si ha poi una crescita ricchissima di tale sapere scientifico: col meccanicismo, la
nascita della chimica, il valore riconosciuto alle scienze come modello guida del saper in generale
(Illuminismo). Allora nascono anche le scienze dell’uomo, dall’economia alla politologia,
dall’antropologia culturale alla linguistica alla pedagogia, ma anche la criminologia, la psichiatria,
la medicina come clinica.
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Franco Cambi, Sintesi prima lezione 2016
Così la filosofia viene riletta come epistemologia, soprattutto. Ovvero come riflessione su
fondamenti r forme del sapere scientifico. E poi a visione organica del reale collegando le varie
scienze. A riflessione politico-civile e etica nutrita dei principi messi in luce dalle scienze stesse (
che saranno quelli rivoluzionari in particolare: libertà, eguaglianza, fratellanza).
Si inizia allora un svolta anche in pedagogia, che vuole farsi scienza e che troverà la propria
sistemazione a metà del XIX secolo, con Comte (filosofo del positivismo e fondatore della
sociologia, che lega la pedagogia alla biologia e alla sociologia), con Durkheim che la lega alla
sociologia in modo stretto. Con Darwin che la connette alla teoria dell’evoluzionismo, in quanto ci
informa anche su caratteri e bisogni della stessa specie umana. Con Spencer che legge la biologia
come matrice dei processi educativi, che sono intellettuali, morali e fisici.
La pedagogia del positivismo ebbe larga diffusione anche il Italia ora secondo un principio
metodologico (con Villari, con Gabelli) ora secondo una visione più dogmatico- sistematica
(Ardigò, De Dominicis) ora secondo un modello più critico e operativo (Montessori).
Verso la fine del XIX secolo si cominciò a riflettere meglio sulla scienza, dandone valutazioni più
critiche e concezioni più complesse, maturate attraverso la “crisi” stessa della scienza intesa in
senso dogmatico.
Sarà Dewey nel 1929 a consegnarci il nuovo modello epistemico della pedagogia , oltre la sua
riduzione a filosofia o a scienza applicata. E a fissarne la complessità. Nel 1929 pubblica un articolo
breve su tale tema: Le fonti di una scienza dell’educazione. Che segue i suoi scritti più pedagogici e
educativi, tipo Scuola e società (1899) e Democrazia e educazione (1916). Lì ci indica il congegno
logico e teorico della pedagogia. Essa si nutre dei dati delle varie scienze (le fonti) ma li fa scienza
educativa coordinandoli ai processi educativi, i quali si conoscono solo riflessivamente,
interpretandoli e programmandoli. E qui scatta la filosofia come forma mentis riflessiva, critica e
interpretativa. Tale modello plurale e integrato e dialettico del sapere pedagogico come scienza è
ancora il modello attuale, condiviso e attivo nella ricerca. E’ un congegno che unisce le scienze
dell’educazione, la integrazione educativa, che è intenzionale e contestualizzata sempre a culture,
momenti storici, orientamenti valoriali, dei quali discute la filosofia, come sapere critico dei
problemi più generali dell’esperienza.