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Author(s): J. F. Castaño
Source: Angelicum , 1995, Vol. 72, No. 2 (1995), pp. 243-279
Published by: Pontificia Studiorum Universitas a Sancto Thomas Aquinate in Urbe
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Status perfectionis
(7) Cost. Apost. Provida Mater Ecclesia del 2 febbraio 1947, Pars
Introductiva: AAS 39 (1947) 114-124.
(n) Giovanni Paolo II, La via della perfezione. Catechesi del Merco-
ledì 9 novembre 1994. L'Osservatore Romano del 10 novembre 1994, p. 4.
(12) Nella sessione XVI del gruppo di studio (6-9 maggio 1974) si
dubitava ancora sulla rubrica da eleggere. Così si legge negli Atti: « Tres
appellationes propositae fuerunt cum sequenti exitu. Rubrica De Insti-
tutis Perfectionis unanimiter reiecta fuit. Alia quae sic inscribebatur:
De Institutis evangelica Consilia profitentibus (vel profitentium) etiam
reiecta fuit, licet quibusdam Consultoribus piacerei . Tertia, quae maiori-
tate suffragiorum acceptata fuit, est sequens: De Institutis vitae con-
secratae per professionem consiliorum evangelicorum. Haec proinde de-
bet esse appellatio officialis Schematis. Postea tarnen brevitatis gratia
permittitur usus expressionis: De Insttiutis vitae consecratae quando
nulla equivocatio est possibilis » (Communications 7 [1975] 90).
Per la questione dell'Iter degli Schemi prima di arrivare al testo
promulgato, si può vedere il recente lavoro, assai dettagliato, del Prof.
F. J. Ramos, Lo stato religioso nel CIC del 1983 e in vista del Sinodo dei
Vescovi del 1994, in Angelicum 71 (1994 223-258). Da notare che il Prof.
Ramos non si limita ad esporre l'Iter della formazione del testo, ma offre
pareri personali di rilievo.
Dagli uni e dagli altri [Ex utraque hac parte ] provengono fe-
deli i quali , con la professione dei consigli evangelici mediante
voti o altri vincoli sacri , riconosciuti e sanciti dalla Chiesa , sono
consacrati in modo speciale a Dio e danno incremento alla mis-
sione salvifica della Chiesa ; il loro stato , quantunque non ri-
guardi la struttura gerarchica della Chiesa , appartiene tuttavia
alla sua vita e alla sua santità.
Vita consacrata
preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è
sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere
alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la ver-
gine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e
nello spirito; la donna sposava invece si preoccupa delle cose del mondo,
come possa piacere al marito. Questo poi lo dico per il vostro bene,
non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi
tiene uniti al Signore senza distrazioni» (I Co 7,32-35). E' ovvio, che
le persone sposate devono preoccuparsi delle cose proprie del matrimo-
nio: il « bonum coniugum », cioè tutto ciò che appartiene alla moglie/
marito, come pure il « bonum filiorum », vale a dire, tutto ciò che appar-
tiene alla cura dei figli. Se la persona sposata trascura i doveri del ma-
trimonio e della paternità per dedicarsi alla « vita devota », mancherebbe
agli obblighi della vita cristiana. Ecco perché, secondo la dottrina del-
l'Apostolo, le persone sposate hanno il « cuore diviso » tra Dio e gli ob-
blighi inerenti il matrimonio, cosa che non accade nelle persone che
hanno offerto totaliter il proprio cuore al Signore.
(38) Da questo testo di Matteo risulta con chiarezza che l'elemento
formale della Sequela Christi consiste nel seguirlo [«vieni e seguimi»].
« Vendere il possesso » e « darlo ai poveri » sono atti previ all'elemento
specifico del seguimento di Cristo: significano liberarsi da tutta la za-
vorra e attuare la carità di aiutare i poveri.
(41) Ecco il testo del n. 13 § 1 della LG: « Tutti gli uomini sono chia-
mati a formare parte del Popolo di Dio. Perciò questo popolo, pur re-
stando uno e unico si deve estendere a tutto il mondo e a tutti i secoli,
affinché si adempia l'intenzione della volontà di Dio, il quale in principio
creò la natura umana una, e volle in fine radunare insieme i suoi figli,
che erano dispersi (cfr. Gv 11,52). A questo scopo Dio mandò il Figlio
suo, al quale conferì il dominio di tutte le cose (cfr. Eb 1,2), perché
fosse Maestro, Re e Sacerdote di tutti, Capo del nuovo e universale
popolo dei figli di Dio. Per questo, Dio mandò pure lo Spirito del Figlio
suo, Signore e Vivificatore, il quale per tutta la Chiesa e per tutti e sin-
goli i credenti è principio di unione e di unità nell'insegnamento degli
Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle orazioni (cfr.
At 2,42) ».
(42) « In tutte quindi le nazioni della terra è radicato un solo Popolo
di Dio, poiché di mezzo a tutte le stirpi egli prende i cittadini del suo
Regno, non terreno ma celeste. E infatti tutti i fedeli sparsi per il mon-
do, comunicano con gli altri nello Spirito Santo, e così 'chi sta in Roma
sa che gli Indi sono sue membra'. Siccome, dunque, il regno di Cristo
non è di questo mondo (cfr. Gv 18,36), la Chiesa, cioè il Popolo di Dio,
introducendo questo Regno, nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi
popolo, ma al contrario favorisce e accoglie tutta la dovizia di capacità
e le consuetudini dei popoli, in quanto sono buone, e accogliendole le
purifica, le consolida ed eleva. Poiché essa bene ricorda di dover rac-
cogliere con quel Re, al quale sono state date in eredità le genti (cfr.
Sai 2,8), e nella cui città portano i loro doni e offerte (cfr. Sai 71 [72],
10; Is 60,4-7; Ap 21,24). Questo carattere di universalità che adorna e
distingue il Popolo di Dio, è dono dello stesso Signore, e con esso la
Chiesa cattolica efficacemente e senza soste tende ad eccentrare tutta
l'umanità, con tutti i suoi beni, in Cristo Capo nell'unità dello Spirito
di Lui ».
(44) E' del tutto inesplicabile che il nuovo C/C ignori radicalmente,
specie nei cc. 207 e 573-574, questo elemento essenziale della Chiesa: cioè,
gli « ordini » che mette insieme la « diversità » e l'« unità » necessarie
per la communio ecclesialis. Da notare che gli « ordinēs » non sono una
figura ornamentale nella Chiesa, ma « il Popolo di Dio [...] è integrato
in se stesso da diversi ordini » [ « Inde fit ut Populus Dei non tantum
ex diversis populis congregetur, sed edam in se ipso ex variis ordinibus
confletur »]. Uno di questi « ordini », « in forza della condizione e stato
di vita » dei cristiani è, secondo il testo conciliare, lo « stato religioso ».
Di conseguenza, senza gli « ordini » - e senza le diverse chiese partico-
lari - non può esistere la « diversitas » che è una delle caratteristiche
della communio ecclesialis di cui parla il n. 13 della Lumen gentium.
Dobbiamo pensare che il C/C ha dimenticato gli « ordini » come for-
mando parte della communio della Chiesa? Anzi, secondo il nostro pa-
rere, il nuovo C/C non ha recepito il punto basilare della ecclesiologia
conciliare: la communio. Certo che il C/C adopera il termine communio ,
ma non con l'ampiezza e profondità teologica che le conferisce il Vati-
cano II. Infatti la communio del C/C è « parziale » giacché si riferisce
solo al rapporto tra i Vescovi e il Romano Pontefice (cc. 204 § 2, 336)
e tra i « christif ideies » e la Chiesa cattolica (c. 205). Resta fuori della
considerazione del C/C la communio in quanto « elemento costitutivo »
del Popolo di Dio. Mancando questa visione della communio, non c'è
meraviglia che il C/C dimentichi uno dei componenti di questa dimen-
sione ecclesiale, gli « ordini », e quindi la sua visione dello status reli-
gio sus (e dell'intera « vita consacrata ») è incompleta, giacché è sprov-
vista di una delle sue note essenziali.
(45) Abbiamo accennato alla realtà « cultuale » dei fedeli che « si
danno totalmente a Dio amato sopra ogni cosa [...], dedicandosi con
nuovo e speciale titolo al suo onore » (c. 573 § 1). A sua volta la Costitu-
zione Lumen gentium afferma: « egli si dona totalmente [totalit er man -
cipatur ] a Dio sommamente amato, così da essere con nuovo e speciale
titolo destinato al servizio e all'onore di Dio [...] si consacra più inti-
mamente al servizio di Dio » (n. 44).
(48) Il Codice adopera due volte questa frase della Lumen gentium
(cc. 207 § 2 e 574 § 2); però in nessuno dei due passi si trova l'avverbio
inconcusse . Perché?
(49) « La società costituita di organismi gerachici e il corpo mistico
di Cristo , la comunità visibile e quella spirituale, la Chiesa terrestre e
la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare
come due cose diverse, ma formando una sola complessa realtà risul-
tante di un duplice elemento, umano e divino. Per una debole analogia,
quindi, è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la
natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a Lui
indissolubilmente unito, in modo non dissimile l'organismo sociale della
Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica per la crescita del
corpo». Cost. Lumen gentium . 8. - Per una esposizione ampia e scienti-
fica su questo argomento, cf. J. F. Castaño, Introduzione al Diritto Costi -
Conclusioni
lata dai discorsi dei Romani Pontefici elencati nella nota; il mio
parere però è, che nel nostro caso, Yanalogia tra i religiosi e i
membri degli istituti secolari è soltanto di proporzionalità pro-
pria , giacché, dal punto di vista della teologia della vita consa-
crata, trovo difficoltà nel vedere la stessa consacrazione parteci-
pata essenzialmente agli istituti religiosi e secolari.
J. F. Castaño, O.P.