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ANN CHENG, VOLUME PRIMO (il pensiero pre-imperiale)

Metodo:
“la cosa più difficile è esser chiari, quando si tratta di render partecipi di un pensiero che ci è veramente estraneo e che è
ancorato a un’immensa tradizione. Il rischio di assimilazioni abusive è grande …”
Jacques Gernet
Rischio: generalizzazione, estrapolazione.

Storia:
- 221 a.C. unificazione della Cina attuata dal Primo Imperatore Qin.
- Impero Han 206 a.C. – 220 d.C. stabilizzazione effervescenza culturale
- …. Risorgere delle correnti filosofiche degli Stati Combattenti + buddhismo dall’India.
- Epoca Tang: grande fioritura
- XV – XVI sec : riscoperta delle virtù dell’introspezione
- Dinastia mancese Qing: tendenza e ritorno ai valori pratici.
- XIX sec: Cristianesimo e scienze europee
- XX sec inizio: Cina schiacciata tra l’eredità del passato e la nuova sfida dell’Occidente (modernità)
- 4 maggio 1919: primo a volgere le spalle a tradizione bimillenaria, inaugura nuova era.

Pensiero o filosofia?
Supremazia occidentale: l’Oriente ignora il concetto di filosofia (哲学 zhexue).
> In effetti è difficile isolare un corpus testuale propriamente “filosofico” in opposizione al “religioso” o allo “scientifico”.
> Però esistono un certo numero di testi che evidenziano notevole coerenza nella concezione del mondo e dell’uomo
 Infatti a partire dall’epoca pre-imperiale, si elabora linguaggio – strumento per penetrare gli intersizi della realtà.

Assenza di teorizzazioni (≠ greci, Scolastici…) > tendenza ai sincretismi (convergenza di elementi ideologici già inconciliabili,
attuata in vista di esigenze pratiche, nella sfera delle concezioni religiose e filosofiche).
 Pensiero cinese procede “a spirale”: non delinea oggetti con definizioni ma descrivendovi intorno cerchi sempre più
stretti.

Il fine ultimo a cui si mira non è la gratificazione intellettuale delle idee ma la tensione costante di una ricerca di santità – non il
ragionare sempre meglio, ma il vivere sempre meglio la propria natura di uomo in armonia con il mondo.
 Non si preoccupa di scoprire una verità di ordine teoretico.
 Scrittura: invece di fondarsi su costruzioni concettuali, i pensatori cinesi muovono dagli stessi segni scritti (a cui si
attribuiscono poteri magici). Non concatenazione di elementi fonetici in sé privi di significato, ogni segno è
un’entità con un proprio significato.
Es: xìng 性 = 生 (ciò che nasce, vive) + radicale di cuore, animo.
 Il pensiero cinese si inscrive nella realtà (in virtù del suo sistema di scrittura) non vi si sovrappone. Armonia!

Il Dao
Riflessione: in rapporto all’azione o in rapporto alla conoscenza in sé?
Azione come orizzonte alla conoscenza (Confucio) oppure come negazione di un rapporto fra conoscenza e azione?
o Confuciani: interessati al rapporto tra il latente (ciò che non si manifesta) e la sua manifestazione visibile.
Conoscenza che tende verso un “sapere come”.
Il discorso ha significato unicamente se ha presa diretta sull’azione.
Pensiero cinese non si interroga sul fenomeno della conoscenza ma sul rapporto fra discorso ed effettività (fra nomi e
realtà) > proprio per questo il modo di denominare una cosa ha incidenza sulla realtà effettiva.
o Taoisti: coltivano l’al di qua del visibile

Dao 道: strada, cammino > metodo, modo di procedere.


 Ogni corrente di pensiero ha il suo dao: insegnamento la cui validità non è di ordine teoretico ma si fonda su insieme di
pratiche.
L’importante non è raggiungere il fine ma il saper procedere, camminare.
La Via non è mai tracciata in precedenza, si traccia a mano a mano che si cammina > impossibile parlarne a meno che
non si sia in cammino.
E’ nel suo operare che prende corpo la costituzione di ogni realtà.

Unità e continuità: soffio


Pensiero cinese si radica in:
- Fiducia dell’uomo rispetto al mondo in cui vive
1
- Convinzione che egli possiede la capacità di abbracciare la totalità del reale mediante conoscenza e azione.
 Il mondo non si concepisce al di fuori dell’uomo e l’uomo non si concepisce al di fuori del mondo > armonia
Es: Yin e Yang – rappresentazione del cammino di un punto che, passando per lo Yin nascente e poi maturo e
rovesciandosi quindi nello Yang, finisce per descrivere un cerchio, immagine della globalità.

Unità ricercata: il qi 氣 flusso, energia vitale che anima universo.


Ogni realtà non è altro che energia vitale, lo spirito non opera staccato dal corpo.
Pur essendo concreto, non è sempre visibile o tangibile: può essere il temperamento di una persona, atmosfera di un luogo,
potenza espressiva di una poesia…
 In tal senso si afferma che la civiltà cinese è “la civiltà del soffio”.

Mutamento
Rischio implicito del dualismo: irrigidire la circolazione del soffio vitale  si preferisce la polarità dello Yin e Yang.
Visione del mondo non come insieme di entità indipendenti ma come una rete continua di relazioni fra il tutto e le parti.

Nozione di ritmo ciclico, non esiste quindi un cominciamento assoluto.


 Riflessione su fondamenti non analizza elementi costitutivi dell’universo (un Dio creatore) ma il mutamento, la molla
del dinamismo universale: il soffio.

Confucio, Laozi: ogni cosa si compie nel ritorno, che è il movimento stesso del Dao > la vita. Ritorno al Vuoto originario: vivente e
costante non annientamento.

Classico dei Mutamenti (Yijing): soffio vitale come mutamento.


o Confuciani: vita che genera la vita
o Taoisti: radice della vita. Ogni cosa che giunge al pieno si irrigidisce e perisce.

Relazione e centralità
Relazione: costitutiva degli esseri nella loro esistenza e nel loro divenire.
Visione ternaria creata dalle coppie di opposti complementari che strutturano il mondo (es. Yin/Yang, Cielo/Terra,
Vuoto/Pieno…) e non dualistica – vi si integra la circolazione del soffio.
 Es: coppia Cielo/Terra genera il terzo termine implicito che li costituisce – l’uomo.

Mezzo zhong 中 : non solo centralità spaziale, ma anche una virtù dinamica e attiva. La via giusta, la pura efficacia
dell’adempimento rituale.
NB: non “un giusto mezzo”, ma “l’estremità della trave di colmo” – che tiene insieme l’edificio e da cui tutto il resto deriva.
E’ quindi un polo che ci attrae verso l’alto, anelito sempre maggiore alla parte migliore di ciò che nasce in noi.
 Senza questa tensione, esigenza, l’ordine della vita (il Dao) non si potrebbe creare né perdurerebbe.

 Il Mezzo è la legge del Dao!

1. LA CULTURA ARCAICA DEGLI SHANG E DEI ZHOU

Antichità cinese: le tre grandi dinastie


 III millennio a.C: dinastia “mitica” degli Xia
 XVIII sec a.C: dinastia storica degli Shang.
 XI sec a.C: Zhou.
o Zhou occidentali
o Zhou orientali
 III sec. a.C: dinastia Qin
(In realtà meglio concepirne le culture in sviluppo parallelo)
Periodo dei Zhou occidentali:
Re Wen, re Wu e il Duca di Zhou (che offrirà il trono al re Cheng).

Idealizzazione della reggenza del Duca di Zhou:


“Alla morte di Re Wu, suo figlio il re Cheng era giovane e debole. Il Duca di Zhou prese allora il posto del Figlio del Cielo per
mantenere l’ordine nel mondo”.

Ordinamento Zhou fondato su:


a. Potere regale
2
b. Trasmissione ereditaria cariche e titoli
c. Sistema religioso incentrato sul re e sulla divinità Tian

Organizzazione e struttura politica dipendeva strettamente dal sistema dei culti ancestrali e familiari in quanto i Zhou ponevano
a capo dei loro feudi membri del loro lignaggio / di clan alleati. Ciascuno di questi signori deteneva il diritto di adorare il
fondatore della propria casata  origine della concezione cinese dello stato come famiglia 国家 guojia.

Sistema feudale Zhou: schema piramidale:


 Re wang 王 o 天子 tianzi
 Vassalli: ruolo politico tanto più importante quanto più sono prossimi al lignaggio reale.

Passaggio da Shang a Zhou: cosmologizzazione nella concezione del mondo – dalla nozione personale di un Primo Antentato
all’impersonale Tian.

La razionalità divinatoria
Razionalismo divinatorio (ogni mutamento è una modificazione globale della condizione dell’universo) vs razionalismo
teologico (ogni evento come prodotto della volontà divina).
 Razionalità che si manifesta nella divinazione si inserisce coerentemente nell’insieme del pensiero sociale
(amministrazione, diritto, poltica, medicina e vita quotidiana).

Divinazione Shang è più compatibile con la razionalità rispetto a quella greca della Pizia perché si esprime in oracoli chiari, pieni
di buon senso! Non un linguaggio sibillino da interpretare ma risposte a domande con una semplice alternativa.

Il culto ancestrale
Il culto degli antenati era già estremamente organizzato a partire dall’epoca degli Shang – in contrasto con la molteplicità
incoerente dei culti riservati alle divinità naturali.

Antenati: spiriti che dimorano nel mondo dei morti, in grado di assicurare una mediazione con le potenze soprannaturali
mantenendo comunque un legame organico con la loro discendenza vivente.
I rapporti che legano i defunti ai viventi non sono molto diversi da quelli che intercorrono tra i vivi.

Antenato rappresenta innanzitutto un ruolo familaire e dunque è dotato di un potenziale mitico.

NB: ≠ da antropomorfismo greco perché la divinità è interamente percepita nel suo ruolo, non è una volontà arbitraria e
capricciosa  ordine familiare fondato sull’armonia.

Trasformazione rituale della coscienza religiosa


Riti sacrificali organizzati in maniera precisa e quasi burocratica.

Spesso divinazione è volta ad assicurarsi che il voto andà esaudito. Non interrogazioni sull’ingoto ma domande “retoriche” – agli
oracoli un carattere rituale non profetico.
No casta sacerdotale specializzata, culto praticato dal re-padre o dal cpao famiglia > formalizzazione rituale.
Eventi nefasti: non prodotti dalla volontà capricciosa e maligna degli antenati defunti, ma risultato delle azioni dei discednenti
vivi.

La comunicazione fra mondo soprannaturale degli antenati e quello dei vivi è all’origine della continuità fra l’ambito celeste e
l’ambito umano.

Dal “Sovrano dall’alto” al “Cielo”


Iscrizioni oracolari = fede nell’esistenza di una divinità suprema – Shangdi 上帝 Sovrano dall’Alto.

Ultimi sovrani Shang di attribuivano appellativo di. Esso poi sarà rubato dal re di Qin nel 221 a.C e introdurrà una pratica che si
trasmetterà tra i monarchi imperiali nei secoli.

Sotto gli Shang il culto ancestrale è prerogativa imperiale: antenati del re, egli è inoltre unico sacerdote.
 No classe di sacerdoti indipendenti.

Divinità suprema = antenato per eccellenza. Svolge ruolo assiale fra il mondo cosmico e quello socio-politico umano.

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 Con il passaggio da Shang a Zhou vi è trasformazione della coscienza religiosa di carattere cosmologico. Zhou rifiutano
legami di parentela tra divinità e lignaggio reale – il mandato celeste tianming 天命.

Ordine e rito
Gusto pronunciato per l’ordine e l’ordinamento eretto al rango di bene supremo.
 Li 理 – in origine, le venature della giada

Transizione da Shang a Zhou: passaggio da una cultura magico-religiosa a una cultura etica.
770: spostamento capitale Zhou, inizio dinastia Zhou orientali.
- 722 – 481: Primavere ed Autunni
- 403 – 256: Stati combattenti

221: inizio impero.

Continuità nell’idea di Cielo e Uomo.

2. LA SCOMESSA DI CONFUCIO
VIII sec: declinio sovranità Zhou > come il Cielo ha potuto permettere a una dinastia in decomposizione di conservare il trono?
 Sfaldamento ordine politico di una certa concezione del mondo mette in moto il pensiero filosofico e in particoalre
quello di Confucio (come Platone di fronte alla crisi della polis)

Il caso Confucio
Confucio = fenomeno culturale che si fonde con il destino di tutta la civiltà cinese. Con lui si produce un salto qualitativo nella
riflessione sull’uomo. Figura fondatrice del pensiero filosofico cinese.
 Eccezionalità: ha proposto per la prima volta una concezione etica dell’uomo nella sua integralità ed universalità.

Il personaggio
孔夫子 Kongfuzi (maestro Kong).
 I Dialoghi = appunti dei discepoli e allievi di confucio in cui sono riportate nella forma di discorso diretto le parole del
Maestro.
 Vita: 551 – 479 a.C
 Originario del principato di Lu.
 Giovinezza di condizione modesta (benchè sembra esser stato di acesendenza aristocratica). Fa parte del ceto degli shi
士, che andranno a formare la categoria dei letterati-funzionari della Cina imperiale.
 Impegnato nella vita politica di Lu, da ministro della giustizia lascia il paese per dissenso vs malgoverno del sovrano
 Rinunciato alla cariera politica, perché non vuole scendere a comrpomessi con sovrani che hanno perduto il senso del
mandato celeste, persegue la ua riscerca della Via.
 Si propone di offrire servidi e consigli ai sovrani del paese. Noto come “colui che si ostina a voler salvare il mondo, pur
sapendo che è fatica vana”.
 Da anziano torna a Lu dove si diedica all’insegnamento > compone i testi a lui attribuiti (li avrebbe rimaneggiati e
reintepretati in quanto questi esistevano già).

“A quindici anni, decisi di apprendere”


Dialoghi: per la prima volta nella storia cinese, qualcuno parla in prima persona, a proprio nome assumendo le connotazioni di
un autore.

Confucio vuole trasmettere il modo in cui diventare integralmente un essere umano.


 Libro di vita, in cui il Maestro indica le tappe salienti.

“A quindici anni mi impegnai a imparare; a trenta sapevo reggermi in piedi; a quaranta non ebbi più dubbi; a cinquanta conobbi
la volontà del Cielo; a sessanta il mio orecchio si fece obbediente; a settanta posso seguire i desideri dell'animo senza infrangere
le regole”.

Le fasi e i temi dei Dialoghi:

a. Apprendimento.
La natura umana è perfettibile: uomo essere in grado di perfezionarsi all’infinito.

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NB: scommessa universale sull’uomo ispirata a un fondamentale ottimismo nei suoi confronti (ma non giunge come Mencio farà poi ad affermare che la natura
umana sia buona).
E’ importante, perché si ha una integrale considerazione dell’essere umano per la prima volta in una cultura aristocratica strutturata in caste e clan.

Essere umano che si impegna nel cammino dell’esistenza prende la decisione di apprendere.
 NON procedimento intellettuale ma esperienza di vita > processo di pensiero e conoscenza impegnano la persona nella
sua totalità. Si apprende con altri, esperienza che è fonte di gioia.

L’apprendere trova in se stesso la propria giustificazione e implica accettazione di rimanere “misconosciuto dagli uomini senza
adombrarsene”.
 Qualsiasi circostanza può esserne occasione: si apprende innanzitutto nello scambio reciproco.

NON educazione meramente libresca. Conoscenza consiste innanzitutto nello sviluppo di un’attitudine (no: acquisizione di un
contenuto intellettuale).
“Il Maestro disse: Ti vanti di saper recitare a memoria le 300 odi? Ma supponi di esser chiamato a un incarico di
governo e di non esserne all’altezza, o di essere inviato in missione all’estero e di risultare incapace di rispondere di testa tua: a
che ti servirà allora tutta la tua erudizione?”.

A chi muove i primi passi verso la vita Confucio consiglia di anteporre l’imparare a vivere al mero apprendere.

 Finalità pratica educazione: formazione di un 君子 junzi (capace di servire la comunità sul piano politico & di diventare
uomo di valore sul piano morale) > uomo colto si impegna nel processo di armonizzazione della comunità umana

Apprendere è imparare ad essere umani


君 子 junzi: lett. figlio del signore > in Confucio assume senso nuovo – la qualità di un essere di valore non dipende
esclusivamente dalla sua nascita ma dal suo valore come essere umano completo. Eccellenza: si riferisce quindi al valore morale.
 君子 junzi = uomo di valore VS 小人 xiaoren = uomo meschino, piccolo
NB: continuità nel principio per cui il junzi rappresenta un elite.

Apprendere è imparare a fare di sé un essere umano – diventare 君子 junzi.


 La nostra umanità NON è un dato ma la si costituisce e la si intesse nelle mutue relazioni fra gli individui nella ricerca di
un’armonia comune.
 Umani non lo siamo mai abbastanza, non finiremo mai di diveltarlo maggiormente.

Il senso dell’umanità “ren”


Ren 仁 : 人 + 二 l’uomo non diventa umano se non nella sua relazione con gli altri.
Si potrebbe tradurre come “qualità umana” o “senso dell’umanità” = uomo come essere morale nella sua relazione con gli altri.
 Valore molto elevato, Confucio non lo riconosce neppure a sé stesso.
 Non un ideale stereotipato di perfezione MA una necessità interna, polo verso cui tendere all’infinito .

Il Maestro disse: “non oso certo affermare di aver raggiunto il ren, e tanto meno la saggezza suprema. Tutto ciò che posso
dire è che vi tendo con tutta l’anima, senza stancarmi mai di insegnare”.

“Ren è amare gli altri”.

 accostamento con l’agape cristiana. NO: l’amore di cui parl Confucio è radicato nella sua dimensione affettiva ed
emotiva in una relazione di recpirocità > rappresenta quanto c’è di più umano. Agape è invece amore che ha fonte
divina.

Shu 恕: considerare gli altri come si considera sé stessi. (mansuetudine).


“La Via del Maestro si compendia in questo: lealtà verso sé stessi, mansuetudine verso gli altri”.

Tutto inizia da un’esigenza senza limiti verso sé stessi: “La virtù del Mezzo giusto e costante” il bene supremo verso cui tende
ogni esistenza.
 Esigenza di equilibrio, equità, misura (non cede mai all’impulso o agli eccessi).

“Il cammino nel Mezzo” = immagine del funambolo sul filo che in pericolo può cercare un equilibrio statico solo in movimento.
 Movimento = costante lavoro su sé stessi.
 Fine: estendere la propria mansuetudine all’ambiente circostante > deferenza e rispetto reciproci.
NB: non appianamento delle distinzioni sociali, si conservano le relazioni della gerarchia sociale.

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“Fra i Quattro mari, tutti gli uomini sono fratelli”
Ren si manifesta nelle relazioni umane in quanto fondate sulla reciprocità e soldiarietà.

Relazione del figlio nei confronti del padre = fonda appartenenza di ogni individuo al mondo come alla comunità umana.

Pietà filiale xiao 孝 (il carattere è composto da due parti: sulla parte superiore vi è lao anziano e nella parte inferiore c’è il
carattere zi figlio, perciò raffigura idealmente un figlio che trasporta sulle spalle il proprio genitore).
 Xiao = esempio per eccellenza del legame di reciprocità – risposta naturale di un figlio all’amore che gli portano i suoi
genitori.

Sulla pietà filiale si fonda la relazione politica fra principe e suddito: figlio risponde alla bontà del padre con pietà filiale così
come il suddito risponde alla benevolenza del principe con la propria lealtà.
o Da queste due relazioni fondamentali nascono altri tipi di legami: familiari (tra gege e didi tra marito e moglie)
o sociali (tra amici)
o Armonia di queste 5 relazioni garantita dal rapporto di fiducia xin 信 : corrispondenza piena tra ciò che l’uomo
dice e ciò che fa.
o Questa integrità rende un uomo degno di fiducia > condizione per la sua integrazione nel corpo sociale.

Lo spirito rituale
Essere umani = essere in relazione con gli altri. La natura di questa relazione è rituale – “vincere il proprio io per rivolgersi ai
riti, questo è il ren”.
 Necessità di un’ascesi che deve andare a disciplinare la tendenza all’egocentrismo

Ren e spirito rituale sono indissociabili: vanno a designare la concezione confuciana di ciò che è umano.

Li ( ) : il rituale del sacrificio. Confucio sottolinea l’origine religiosa del termine, ma ciò che gli interessa non è l’aspetto religioso
ma l’atteggiamento rituale di colui che vi partecipa.

(atteggiamento interiore, compenetrato dell’importanza e solennità dell’atto, che si traduce esteriormente in un


comportamento formalmente controllato).

E’ un etica che trova la sua giustificazione in sé stessa, nella propria armonia.  naturale associazione ai riti e musica (armonia).

 li rovscia idea di ritualismo come etichetta e vacuo cerimoniale E’ vero, lo spirito rituale è “formalistico” ma la forma esprime
la sincerità dell’intenzione.
 Accordo fra bellezza della forma esteriore e quella dell’intenzione interiore.

NB: Come nel caso di junzi (uomo di valore) e di ren (senso dell’umanità), Confucio opera uno slittamento semantico: passa dal
significato sacrificale e relgiioso del termine all’idea di un atteggiamento interiorizzato proprio di ciascuno.
Malgrado slittamento semantico il carattere sacro di li è mantenuto in tutta la sua potenza ed efficacia.

Il comportamento rituale cositituisce il criterio di distinzione fra l’uomo e l’animale. Demarcazione fra esseri civilizzati e barbari
(non riconducibile a fattori meramente etnici):
“l’uomo che non si attiene ai riti, benchè possieda la favella, ha il cuore di un essere privo di ragione”.

Yi ( ): senso di ciò che è giusto. rapporto tra i riti e il significato che essi rivestono per ogni individuo.
La grafia racchiude 我 > investimento personale di senso che ciascuno apporta al suo modo di stare al mondo.
 Percezione di ciò che è appropriato a una circostanza particolare.

Spritito rituale + senso di ciò che è giusto definiscono i contorni dell’universo etico confuciano.

[≠ da etica occidentale in cui vi sono continui riferimenti alla trascendenza, qui la tradizione si alimenta nelle modalità in cui è
vissuta da ciascuno.
Osservazione mia: In occidente i principi morali in genere sono creati da Dio o da un’autorità spirituale. Invece in Cina tutti i
principi sono prodotti dalla cultura del essere umano]

La sacra missione dell’uomo di valore


Sacra missione dell’uomo = affermare ed elevare sempre di più la propria umanità.

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Sovrumano: il sacro non si identifica con il culto reso alle divinità ma con la coscienza morale individuale > la fedeltà alla Via 道
Dao.
- Come servire gli spiriti? “se non si è in grado di servire gli uomini, come si possono servire gli spiriti?”
- Saggezza? “consiste nell’adempiere ai doveri verso gli uomini secondo giustizia, e nell’onorare spiriti e demoni
tendendosene a distanza”.

L’uomo di valore è colui che non si allontana dal Dao neppure per il breve intervallo di un pasto, per quanto pressanti possano
essere le circostanze in cui si trova.

Carattere sacro dell’adesione al Dao > ha valore di “decreto del Cielo” (tianming).
 Può portare addirittura al sacrificio della propria vita > Confucio dichiara più volte di non aver niente da temere nelle
sue peregrinazioni appellandosi al suo destino celeste.

Ritratto del sovrano come “uomo di valore”


a. Apprendimento
Su questi 3 poli si fonda la scommessa
b. Senso dell’umanità confuciana > incarnazione del junzi
c. Spirito rituale

Il principe è convertito quindi da un’autorità a un ascendente dell’uomo esemplare & il decreto celeste è convertito da mandato
dinastico in missione morale.

Natura umana è perfettibile all’infinito > si apre una via alla santità che non deve nulla al divino ma che comunque è definibile
religiosa.
Il Santo (sheng ) è un individuo ordinario ma allo stesso tempo un “altro” – unisce esemplarità e il superamento dell’ambito
della comune umanità.

Unità religiosa ed unità etica si congiungono nel ritualismo: la figura dell’uomo di valore replica quella del sovrano.

Che cosa è il ren?


“Essere capaci di mettere in pratica cinque cose: deferenza, magnanimità onestà, diligenza e generosità”. La deferenza vi
procura il rispetto, la magnanimità vi conquista il cuore della gente, l’ontestà ve ne procura la fiducia, la diligenza vi assicura il
successo delle vostre iniziative, e la generosità vi ottiene i servigi del popolo”.

Cosa significa governare?


Sovrano che incarna il ren: si impone con la benevolenza e non con la forza > possiede il de 德 virtù.
 Termine antico che assume valore nuovo in Confucio:
non virtù morale intensa in opposizione al vizio (non c’è dualità Bene VS Male).
Piuttosto: virtus latina: carisma che promana da qualcuno, fa si che si imponga senza alcun sforzo particolare, senza forme di
coercizione esterna.

Governo confuciano (fondato su ren):


 fondato sull’armonia rituale non sul potere.
 Il sovrano è colui in grado di armonizzare i rapporti umani senza per questo dipendere dalla sovranità
 Potenza trasformatrice (hua 化) che obbliga senza costringere VS modello politico fondato sulla forza e coercizione
 Il sovrano si preoccupa di educare i suoi sudditi innanzitutto. NON è sovrano per costringere ma per trasformare:
determinare un’armonizzazione.

L’educazione si attua mediante l’esempio e l’imitazione di modelli piuttosto che tramite la conformità a norme o principi stabiliti
a priori.

Rettificare i nomi (il cuore della speculazione confuciana)


Il valore dell’esempio:
l’arte di governare deriva dal carisma personale che si tratta di possedere e coltivare.
Zilu chiese: «Se il Signore di Wei intendesse affidarvi un incarico di governo, quale misura adottereste per prima?»
Il Maestro rispose: «Indubbiamente correggerei l’uso dei nomi (zheng ming 正名)».
«Come siete astratto! – osservò Zilu – Cosa vuol dire correggere l’uso dei nomi?»
Il Maestro disse: «Quanto sei rozzo, Zilu! Il vero gentiluomo è cauto riguardo a ciò di cui non ha contezza... Sappi, dunque, che
se i nomi non fossero impiegati correttamente, il linguaggio sarebbe incoerente e, se così fosse, non si perverrebbe ad alcunché,
poiché le antiche norme rituali e la musica non potrebbero fiorire e, in simili condizioni, leggi e punizioni non sarebbero congrue
e, a quel punto, il popolo non saprebbe più dove poggiare mani e piedi. Perciò, quando un vero gentiluomo stabilisce un nome

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per una cosa, tale nome può essere certamente pronunciato e, se pronunciato, tradursi in azione. Ecco perché nell’esprimersi egli
è prudente».

Teoria della rettificazione dei nomi: occorre agire sui nomi in modo che essi si applichino solamente a quelle realtà che li
meritano, ma anche agire sulla realtà delle cose in modo che esse coincidano con i nomi convenzionali.
 Mondo capace di darsi da sé un equilibrio e un’armonia

Dare i nomi alle cose significa usare una determinata specifica nei confronti di qualcuno. Se nella valutazione di una persona ci
rendiamo conto che la sua moralità non corrisponde al titolo che gli abbiamo attribuito, quel titolo andrebbe piuttosto attribuito
a qualcuno che meglio assolve quella funzione.
 Nello stato di Wei erano dovrebbero saltare tutte le nomenclature ufficiali: sovrano non un buon sovrano, figlio non un
buon figlio….
 L’atto di dare i nomi alle cose assume un peso estremamente rilevante dal punto di vista politico: potenza dell’atto di
rettificazione dei nomi che permette di ristabilire un equilibrio nell’ordine del mondo.

La Via confuciana
Genio di Confucio: riuscito ad interiorizzare come valori etici, pur senza modificarli, i principi della tradizione istituzionale che egli
s’era dato il compito di restaurare.
 Rinnova la tradizione senza sradicarla dal suo terreno originario, gli dona linfa nuova.

Confucio e la formazione dei testi canonici


Missione di Confucio: trasmettere anche a rischio della propria vita, una cultura.

Formazione dei testi canonici indissociabile da Confucio.


“Uomo di valore che sappia allargare la sua cultura con le lettere e sia capace di disciplinarsi con i riti NON potrà tradire la
Via”.

Abbiamo i 6 classici e 2 di questi occupano un posto privilegiato – i Documenti e le Odi.

Sima Qian: il primo grande storico cinese che descrive la complementareità dei Sei Classici:
a. Classico dei Mutamenti: è lo studio del divenire
b. Memorie sui riti: lo studio della condotta
c. Classico dei Documenti: lo studio della politica
d. Classico delle Odi: studio della poesia
e. Classico Della Musica: studio dell’armonia
f. Annali delle Primavere ed Autunni: studio del governo dell’umanità

Assenza di omogeneità del materiale canonico confuciano – le scritture NON rivelano il luogo in cui Dio parla agli uomini (come
accade nelle tradizioni rivelate).

I Classici rappresentano la trama dell’universo stesso trascritta segno per segno. Permettono di annodare fra l’uomo e il mondo
un intimo legame.

NB: Confucio fa scuola non soltanto nel proprio solco, ma anche imitato da quelli che tradizionalmente sono noti come “i
maestri e le cento scuole”.

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III – LA SFIDA DI MOZI ALL’INSEGNAMENTO CONFUCIANO
Periodo degli Stati Combattenti: sconvolgimenti. Mozi rappresenta una continuazione e una critica radicale dell’umanesimo
confuciano.

Mozi, un artigiano (di pace?)


Appartiene alla classe degli artigiani > discorso pragmatico. Ultima parte del Mozi dedicata a tecniche militari volte a sostegno
delle convinzioni pacifiste della scuola.
Si costituì intorno al Maestro Mo un gruppo di discepoli esperti in tecniche di difesa e organizzati per spedizioni d’intervento
antimilitaristica.

Mozi sostituisce all’uomo di valore confuciano l’uomo capace > crea una comunità sociale cementata da tutt’altro che legami
familiari tanto cari ai confuciani.

Introduzione dell’argomentazione del Mozi


Scuola moista è una comunità fortemente strutturata e organizzata sotto il comando di un gran maestro. Alla fine degli Stati
Combattenti si creano 3 correnti rivali che si accusano reciprocamente di eresia.

Mozi: formato da una serie di saggi su vari argomenti.


 Tesi con dichiarato intento di non rimettersi al principio d’autorità > Si devono giustificare e dotarsi di fondamenti
razionali > necessario argomentare e distinguere.

 Se l’insegnamento confuciano emana dalla persona di Confucio, il discorso moista non menziona neppure l’autore di
una data tesi in segno di un netto rifiuto del principio di autorità.

Preoccupazione moisti: fondare la validità di una dottrina su tre criteri prestabiliti.


Mozi parla di:
a. Ogni discorso deve aver un fodnamento. Il fondamento consiste nelle imprese dei santi re dell’antichità. La sua origine
consiste nelle testimonianze apportate dagli occhi e dalle orecchie del popolo. La sua utilità consiste nella pratica
penale e politica di cui si valuta la coincidenza con l’interesse del popolo e della gente dello stato.

Criteri di Mozi sono di ordine pratico e comportamentale: si concentra sul valore funzionale del discorso rispetto alla realtà.

Criterio di utilità contro tradizionale rituale


Rottura radicale rispetto alla visione etica dei confuciani.
 Es. dibattito sui riti funebri. Per i confuciani la pietà filiale trova la sua suprema espressione nel lutto per i genitori che
va portato 3 anni. I moisti credono che un lutto così prolungato nuoce alla salute dei figli ma anche dell’economia.
 Condannate tutte le spese ritenute infruttuose per il popolo (es. guerra). Si promuove un ideale di frugalità

Mozi si oppone alla ricerca dell’armonia e del piacere propria dei riti confuciani, guarda la realtà con grande rigidità >
utilitarismo moista: si agisce solo per uno scopo determinato in quanto non v’è alcuna azione che valga per sé stessa.

Amore universale contro senso dell’umanità


Ogni azione morale fa appello all’amore universale jian ai – sollecitudine per assimilazione.

“Praticare la virtù dell’umanità consiste dedicarsi a promuovere l’interesse generale e sopprimere ciò che nuoce ad esso. Cosa
nuoce maggiormente all’interesse generale?
La distinzione: trattamento reciproco fondato sulla distinzione, è negativa. Mutiamo la distinzione in assimilazione – agire nei
confronti degli altri come si agisce verso sé stessi”.

E’ diverso rispetto al ren confuciano che è orientato a distinguere i gradi di prossimità per cerchi concentrici (io, la mia famiglia, il
mio paese, l’universo). Mozi respinge questa visione troppo soggettiva, per lui tutti devono essere posti su un livello di
eguaglianza.
 VS Il lutto differenziato secondo il grado di prossimità nella parentela (al centro del ritualismo confuciano).

Reazione vs perversione dei sentimenti morali d’affetto per coloro che ci sono più prossimi: nepotismo, favoritismi, intrighi …
Che costituiscono il lato oscuro del confucianesimo. (per Mencio questo equivale a vivere come bestie).

L’interesse generale

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Il ren confuciano si radica nel sentimento, la sollecitudine per assimilazione di Mozi invece ha un fondamento obiettivo e
razionale nell’interesse generale.
Utilitarismo: la filosofia di Mozi è concepita come una macchina in vista della realizzazione di un beneficio calcolato come
massimo comune multiplo degli interessi di tutti. NO “amore per gli altri” sentimentale ed emozionale di Confucio! E’ una
preoccupazione ragionata e imparziale per tutti gli uomini come fine in sé.
 Mozi non ha la fiducia trafficale, propria dei confuciani, nella bontà della natura umana  introduce nozione del bene
comune per cui tutti hanno un interesse li 利.

Necessario quindi convertire interesse individuale in un interesse generale: ciascuno può trovare nel bene comune il proprio
vantaggio.
NB: questa visione pessimistica dell’umanità originaria sarà condivisa dai legisti.
“Conformarsi ai superiori”
Disordine originario è causato dall’assenza di un unico principio di moralità  scopo del politico: unificare il senso del giusto in
tutto l’universo.
Il senso del giusto appare come principio assoluto. Si trova nella conformità ai propri superiori. Per evitare il caos, necessario
che ogni gradino della società torvi al livello superiore un “senso del giusto”: il popolo lo troverà nei letterati, i letterati nei grandi
funzionari e nei ministri, … fino ad arrivare al Figlio del Cielo.
 Rimane lo schema sociopolitico tradizionale: concezione piramidale il cui vertice è l’unica fonte del potere.

Che cosa può garantire che il Figlio del Cielo possieda il principio della moralità? Il Cielo stesso, di cui il sovrano è il figlio.
- Per Confucio: questione di vergogna, di sentirsi degni di sé stessi e della comunità umana.
- Mozi: introduce religioso timore della punizione celeste.

Il Cielo di Mozi
Cielo è personificato: ha occhi onnipresenti che riescono a scrutare nel profondo del cuore degli uomini  la volontà celeste si
sostituisce al decreto celeste.

Il Cielo desidera maggiormente il senso del giusto e detesta ciò che vi è contrario. Coloro che si conformano alla volontà del
Cielo saranno ricompensati, coloro che si contrappongono invece possono essere certi che saranno puniti.
 Crea una giustizia retributiva: Cielo coadiuvato da armata di demoni per punire i malvagi.

≠ da Confucio: il movente per agire non è il rispetto che si deve a sé stessi e agli altri, ma la speranza di un premio e la paura di
un castigo.

Moisti contro confuciani


Mozi vede quindi nella fortuna e nella prosperità la ricompensa per una buona condotta.
≠ Confucio che insiste sul fatto che il junzi deve praticare il ren a qualunque costo).
 Atteggiamento fatalistico dei confuciani agli occhi dei moisti: l’uomo deve avere una condotta quanto più umana
possibile e il resto è il Cielo che lo decreta con il suo decreto. Demoralizzante per i moisti.

Per i moisti invece se sono povero e misconosciuto è colpa della mia condotta. I moisti non possono ammettere la moralità dei
confuciani che è giustificata solo da una scommessa sull’uomo e sulla sua perfettibilità.
 “I confuciani prederebbero morire di fame e di freddo piuttosto che porvi rimedio”.

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IV - ZHUANGZI ALL’ASCOLTO DEL DAO
La Via per eccellenza, il Dao 道.
Stati Combattenti (V-III secolo): correnti di pensiero che partono dalla constatazione che il mondo non è che discordia e violenza.

Il taoismo è una corrente di pensiero ≠ dalle altre: non in cerca di mezzi per rimediare alla situazione, si tratta di porsi all’ascolto
del Dao – in un atteggiamento chiamato non agire.

La tradizione ha fatto del Zhuangzi il secondo maestro taoista dopo il Laozi (in realtà sembra che questi due testi rappresentino
due stadi diversi del pensiero filosofico degli Stati Combattenti: il nucleo fodnamentale del Zhuangzi sarebbe rappresentativo di
una prima fase, mentre il Laozi sarebbe caratterstico di una seconda fase).
Fu nell’epoca Han che apparve l’etichetta di “scuola taoista” daojia 道家 tra le 6 scuole degli Stati Combattenti presentate nello
Shiji. La scuola taoista di cui parlano i Sima è la corrente “Huang-Lao”, dedita a tecniche e a strategie di potere e alla ricerca
dell’immortalità.
 Il c.d. taoismo è una costruzione a posteriori.

Il libro e il personaggio
- [Laozi: aforismi, concisi e ritmati]
- Zhuangzi: prosa esuberante, di alta qualità letteraria > rimasto un modello della letteratura cinese. Comunque, in realtà è
composto da una sovrapposizione di testi di epoche diverse che parlano tutte con voce diversa.
Comprende 33 capitoli:
 1-7: capitoli interni (tradizionalmente attribuiti a Zhuangzi stesso)
 8-22: capitoli esterni
 23 – 33: misti

Il Zhiangzi è realmente esistito (≠ Laozi…): si chiamava Zhou, dell’area di Chu, vissuto intorno al 370 – 300 come Mencio. Dopo
aver occupato un posto amminsitrativo, si sarebbe ritirato dal mondo.

Relatività del linguaggio


Dao: corso naturale e spontaneo delle cose, che bisogna lasciar agire – il solo essere a staccarsene è l’uomo con la sua pretesa di
sovrapporvi le proprie parole e le proprie azioni.
 Condizione per la ricerca del Dao è rendersi disponibili: allontanarsi da ciò che gli si sovrappone = dall’attivismo, dalla
convizione di giocare un ruolo ben definito nell’universo e dalla fiducia riposta nel linguaggio, che rappresenta il
maggior ostacolo nel cammino del Dao perché non è naturale.

C’è il Dao: la realtà come totalità & i molteplici Dao: i frammenti di questa realtà.

I paradossi di Hui Shi


Huizi o Hui Shi è l’amico di Zhuangzi, hanno idee opposte riguardo al linguaggio: mentre Z. non perde occasione di criticarlo,
troppo relativo per costruire un valido strumento di riferimento, Hui Shi si sforza di farne uno strumento ideale (rappresenta la
corrente degli “argomentatori” o “logici”).
Ciò che ci rimane di Hui Shi sono solo 10 frasi che rappresentano 10 paradossi, i cui temi principali sono:
- relatività dello spazio: ogni misura quantitativa e ogni distinzione spaziale è illusoria
- relatività del tempo: le distinzioni di tempo infatti, come quelle di spazio, sono stabilite artificialmente dall’uomo e non
hanno alcuna realtà in sé stesse.
- Relatività della similitudine e della differenza: Il Cielo-Terra non è che uno.

L’uccello gigante e la rana


I paradossi di Hui Shi puntano a screditare le distinzioni, mostrando che si riducono tutte a una contraddizione  non rimane
che il linguaggio come riferimento affidabile.
(in realtà il ruolo del linguaggio è poi proprio quello di operare distinzioni… ma questo passo nom è compiuto da Hui Shi). il suo
scopo è quindi quello di pervenire a un linguaggio e a un discorso più rigorosi.

≠ Zhuangzi “Il letterato confinato nella sua saccente arroganza non può parlare del Dao, prigioniero com’è di quanto ha
appreso”.

 Ciò che noi chiamiamo conoscenza dipende dalla prospettiva, limitata e relativa, in cui si poniamo. Zhuangzi demolisce
il solo strumento di cui dispone la ragione umana.
 Il linguaggio non può dirci nulla sulla vera natura delle cose per il fatto che è esso stesso a porre non soltanto i nomi che
diamo alle cose, ma al contempo, le cose stesse.

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E’ un artificio che ha la vana pretesa di avere una presa sulla realtà prorompendo in affermazioni del tipo “è questo”,
“non è questo”.

“E’ questo”, “non è questo”

Nel secondo capitolo del Zhuangzi: che cos’è che permette di decidere che “è questo”, “non è questo” costituisca un punto di
riferimento assoluto? Con un’affermazione del genere, si assume una prospettiva propria del locutore, che vale soltanto per lui!
Quindi confrontare l’ “è questo” di un locutore con l’ “è questo” di un altro locutore NON ha nessun valore perché non esiste un
terreno comune di valutazione fra le due prospettive meramente soggettive.

Come conoscere?
Il Linguaggio non ha alcuna capacità di conoscere la realtà. Conoscere consente di essere adeguato, di quadrare  la questione
che si pone non è un “cosa possiamo conoscere?” ma un “come consociamo, quale validità può avere la nostra conoscenza”?

VS Confucio: designato coem colui che crede di sapere qualcosa.

Dimenticare il discorso
La ragione è davvero ragionevole? Può veramente pretendere di aver presa da qualche parte, di afferarsi a qualcosa o di essere
essa stessa ciò a cui aggrapparsi?

La ragione funziona sul prinicpio dell’esclusione > una cosa p quella o non lo è. Ma è illusiorio pretendere di affermare qualcosa
dato che è possibile simultanemaente affermarne il contrario.
 mette in ridicolo tutti coloro che hanno credito di poter proporre un dao positivo.
Zhuangzi prende il partito di non prender partito, di non affermare nulla!

Saggio: colui che non si lascia intrappolare dal linguaggio, dalle sue pretese di porre qualcosa che possa valere come riferimento
assoluto. *
* però nel dire questo lui in realtà sta facendo qualcosa, sta affermarndo qualcosa e quindi è un paradosso la via che lui propone?! E poi
sta usando il linguaggio per affermare questa cosa a cui è giunto con l’impiego della ragione…

Anche se il linguaggio NON va preso sul serio, va usato con consapevolezza che esso crea di sana pianta un mondo
artificialmente limitato e limitativo.
Il discorso può giungere solo fino a un certo punto, al di là del quale non resta che tuffarsi nell’oblio per fondersi in un altro
ordine.

Come un pesce nel Dao


Confucio disse: “I pesci vivono fra loro nell’acqua, gli uomini vivono fra loro nel Dao. Per gli esseri che vivono nell’acqua, basta
scavare uno stagno perché vi trovino il loro nutrimento. Per quelli che vivono nel Dao, basta restare inattivi perché la loro vita
segua il suo corso. Per questo dico che i pesci si dimenticano gli uni degli altri nei fiumi e nei laghi, e gli uomini si dimenticano gli
uni degli altri nell’arte di aderire al Dao”.

Metafora acquatica la più adatta per evocare il Dao: acqua segue un corso naturale e aderisce ai rilievi invece di cercare di
modificarli, mentre l’uomo senza posa vi resiste frapponendovi incessantemente degli ostacoli mediante linguaggio, istituzioni,
norme …

La mano e lo spirito
Per entrare nella corrente del Dao, Zhuangzi lascia cadere la decisione di apprendere (punto di partenza confuciano) – si volge
verso l’istinto, il colpo di mano proprio dell’artigiano.
“Il saper fare della mano” – metafora che rappresenta la conoscenza non come risultato dell’acquisizione di un contenuto, ma di
un processo di apprendimento simile a quello di un mestiere che non si acquisisce in un giorno ma che si assorbe
impercettibilmente.
- metafora del cuoco Ding “… all’inizio, quando ho cominciato questo lavoro, non vedevo che buoi. Ora non vedo più
l’animale con gli occhi, ma lo percepisco con lo spirito (shen 神). Laddove si ferma la conoscenza sensibile, è lo spirito ad aver
libero corso”.

In questo passo si descrive una fenomenologia dell’attività: ciò che è in questione è un saper fare assai preciso – non uno stato
di vaga e beata spontaneità (idea associata in Cina con la nozione di gongfu – designa il tempo ed energia che si dedicano a una
pratica allo scopo di raggiungere un dato livello). Si tratta dunque dell’apprendimento di un “saper fare” che non si trasmette
per mezzo delle parole.

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Shen 神 indica lo spirito quando è al colmo della vitalità, spontaneità, naturalezza e si muove senza alcun intralcio, sneza gli
ostacoli che potrebbero esser rappresentati da ogni sforzo di riflessione, concettualizzazione o formalizzazione.
Il movimento di Shen è dettato dall’oblio della coscienza – non lo si può descrivere a parole: lo può evocare soltanto la
perfezione folgorante del gesto che, a forza di pratica e affinamento, non è più cosciente.

La spontaneità: come in uno specchio


Spontaneità – tema centrale del taoismo. Da associare all’ “inevitabile”, il percorso necessario seguito dal coltello del cuoco.
(nb: questa spontaneità è il contrario di quella del romanticismo - soggettiva).

La spontaneità si raggiunge se si oltrepassa la tendenza abituale a giudicare e a classificare. Un atto sarà dunque di per sé – a
condizione di non aggiungere nulla alla vita, di aderire alla siruazione così come si presenta e di rifletterla perfettamente, cos’
come uno specchio riflette spassionatamente le cose come sono.
(specchio metafora ricorrente nel Zhuangzi)
Di solito noi conosciamo le cose attraverso i nomi e i concetti. Ma lo spirito in questo modo non è puramente ricettivo:
necessario trascendere ed espellere i concetti e i nomi che ci sono abituali al fine di consentire che si faccia il vuoto nel nostro
spirito.
È allora che lo spriito diviene puramente ricettivo e pronto ad accogliere pienamente le cose – si producono allora l’illuminazione
e l’oblio di sé.
Dunque il saggio è colui che non essendo reificato dalle cose, è in grado di trattare le cose come cose.

Sogno o realtà
Zhuangzi fa un attacco radicale alla ragione e al discorso – tutti i principi che si ritengono fondativi della conoscenza e dell’azione
sono essi stessi privi di fondamento.
 Rimane solo ciò che è naturale e spontaneo, ciò che è tale di per sé, e che basta riflettere com’è, come in uno specchio.

Dubita che la ragione possa mostrarci che cosa è il mondo > non dobbiamo fare altro che prenderlo così come è.

Sogno Zhuangzi – farfalle: Una notte, Zhuang Zhou sognò di essere una farfalla, una farfalla libera e gioconda, paga di sé perché
capace di soddisfare a dovere le proprie voglie! Era una farfalla ignara di Zhou. All’improvviso, risvegliatosi, Zhou si ritrovò in
tutto e per tutto se stesso. Chissà... Era Zhou ad aver sognato di essere una farfalla o, piuttosto, era una farfalla che stava
sognando di essere Zhou?
Tra “Zhou” e la “farfalla” sussiste, per certo, una distinzione ed è in virtù di essa che parliamo di “trasformazione delle cose”.

Analisi del passo:


 Sogno (del Zhuangzi) rappresentato come slegato dal sognatore: realtà dotata di una propria realtà ontologica. Gode di
una sua piena rispondenza ai fatti.
Dobbiamo pensare al sogno in termini di esperienza: cosa stai vivendo adesso?
 Senso di trasformazione: farfalla è un essere che muta, cambia pelle e assume forme diverse.
 Trasformazione porta alla morte ma non una morte traumatica e irreversibile – irreversibilità noi la esperiamo secondo
dopo secondo. Noi moriamo talmente tante volte nell’arco di una giornata che alla sera siamo una cosa diversa. Siamo
passati attraverso esperienze diverse che ci fanno essere persone diverse > siamo morti

Non ha a ache vedere questo passo con illusione della realtà ma il passo parla della morte. In che termini?
Quando sogna la farfalla, la farfalla è ignara di Zhuang zhou come se fosse morto, non ci fosse più.
“Giungere a una piena soddisfazione dei propri intenti porta, i vivi, a legarsi alla vita e, i morti, a provare affezione per la
morte. Da ciò possiamo intendere quanto erroneo sia, in vita, affliggersi della morte”.

È attaccata alla vita la farfalla.

Si tendono a rappresentare i vari momenti che distinguono questo episodio come elementi NON legati da un unico soggetto, c’è
la psosibilità per trarre una itnerpertazione coerente del passo, che i soggetti siano diversi e che ogni moemtno corrispodna a
determiante esperienze che vengono esperite da qualcuno che nel moemnto in cui vengono esperite le epseriente, egli non
esiste più.

Zhuangzhou no né lo stesso che si risveglia, che si addormenta e che sogna…


Necessaria parcellizzare fotogramma per fotogramma tutti gli eventi che accadono > senso di distinzione che deve porci nella
condizione di separare due realtà che sono distinte per il semplice fatto che appartengono a due esperienze diverse.
Il dolore, il senso di apprensione, si ha solo quando ci sentiamo nella condizione di conciliare due realtà che sono inconciliabili e
distanti.

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All’improvviso, il risveglio... ed ecco Zhou.
Tra “Zhou” e la “farfalla” sussiste, per certo, una distinzione, ed è in virtù di tale distinzione che parliamo di “trasformazione
degli esseri”.
Chissà... Era Zhou ad aver sognato di essere diventato una farfalla? O magari c’è una farfalla che sta adesso sognando di
essere diventata Zhou? (tr. Attilio Andreini)

la nostra comprensione è definita da quello che noi esperiamo al momento. Non c’è nessuna lezione da imparare, l’unica lezione
da imparare è quella da imparare nel momento in cui noi assistiamo a qlcs.

Non c’è drammaticità nel vivere il trapasso (MORTE), trapassiamo talmente tante volte che non dovremo temere nemmeno il
trapasso ultimo che ci farà essere qualcosa di nuovo. VEDI SLIDE MORTE DELLA MOGLEI DI ZHUANG ZHOU

Uomo o Cielo?
Distinzione: è relativa secondo Zhuangzi – nella tradizione del pensiero cinese c’è la disntizione tra Uomo e Cielo (ambito in cui
l’uomo non può agire).
Ogni volta che la mia azione è volontaria, che cerca di imporre il mio io andando controcorrente rispetto al naturale corso delle
cose, essa dipende dall’Uomo (o da ciò che i taoisti chiamano wei: l’agire che forza la natura).
Quando invece l’azione va nel senso delle cose, quando si lascia portare dalla corrente essa dipende dal wuwei, il non agire o
meglio l’agire che adersice alla natura.

Soltanto quando l’uomo lascia cadere il proprio ego (analisi, volizione, costrizione, istituzione di distinzioni …) ritorva il suo
proprio centro.
L’ideale è cje l’uomo si liberi non solo della sua natura propriamente umana (xing 性 ) ma anche delle sue caratteristiche
intrinseche rappresentate dalle emozioni e dai sentimenti.

Huizi: “se l’uomo non aggiunge nulla alla vita, come potrebbe non foss’altro che esistere?”
Zhuangzi: “Il Dao gli ha dato il suo aspetto, il Cielo gli ha conferito la sua forma; gli basti dunque non lasciarsi guastare
interioremnte dalle proprie avversioni e propensioni”.

L’uomo vero
Mentre i confuciani esortano l’uomo ad esaltare la propria umanità, Zhuangzi lo esorta invece a fonderla con il Dao.
Si delinea la figura del Santo, Saggio, Uomo vero (zhenren): ha lo spirito libero e vive in perfetta unità con se stesso e con ogni
cosa. Ha la potenza stessa del Dao, non v’è nulla che lo possa turbare. Ha una divina potenza spirituale che gli permette di
fondersi con il Dao.

Preservare l’energia essenziale


Pratiche di lavoro sul Qi (qigong ): controllo sulla respirazione, ginnastica, meditazione, disciplina sessuale …
La fusione col Dao non è immediata, è necessaria una lunga e rigorosa pratica d’affinamento il cui esito non consiste
nell’inabissarsi in una totalità indifferenziata, ma nel considerare le cose come farebbe uno specchio, non al fine di avere presa
su di esse, ma al contrario per distaccarsene.

Supremo distacco
Santo: colui che riesce a intrattenre un rapporto senza lasciarsi reificare dalle cose  ≠ dal buddhismo.
Fodnendosi con il Dao l’uomo ritrova il suo centro e non è più ferito da ciò che lo spirito umano considera abitualemnte come
sofferenza (declinio, malattia, morte…).
Sofferenza e morte sono concepite come parte del processo naturale. La morte non è che una delle molteplici fasi di
trasformazione del Dao.
Morte della moglie di Zhuangzi: “Nel momento in cui lei si adagiò per dormire nella più grande delle dimore, non potrei far altro
che piangere; ma mi sovvenne poi il pensiero che in tal modo mostravo di non comprender nulla del destino, e allora smisi di
piangere” p. 129.

Quando l’uomo allenta la presa, si limita a porsi in ascolto e a rispecchiare le cose così come sono gli restano solo processi
spontanei, che dipendono dal Cielo.
Cos’ è fatto il nostro destino celeste: il più arduo da accettare, perché noi vogliamo sempre decidere, sempre avere la scelta; il
nostro modo e la nostra ragion d’essere è il volere.

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…… V DISCORSO E LOGICA DEL PERIODO DEGLI STATI COMBATTENTI

La posta del discorso


Nel IV – III sec si elaborano le noizioni fodnamentali di Dao (via), qi (energia vitale) e del discorso. Fascinazione per i problemi del
linguaggio.
Gli Shi hanno come attività specifica l’uso del discorso. Nel V sec a.C essi assumono maggiore importanza – statuto sociale
marcato dal sapere come strumento di promozione. Essi restano i depositari della tradizione rituale e letteraria, che essi
chiamavano il Dao, la via. La via che hanno ereditato dallo spirito delle antiche istituzioni e che si danno la missione di
salvaguardare > formano una categoria.
 Categorie che si definiscono in funzione della loro posizione in rapporto al discorso.
o Confuciani (Mencio e Xunzi): utilizzano al meglio quello che resta di uno dei maggiori strumenti dell’umanità
o Logici: tecnici del discorso che ne considerano il perfezionamento come un fine in sé
o Taoisti (Laozi e Zhuangzi): cercano di screditare il discorso e la ragione umana in nome di una realtà più
essenziale – il Dao della naturalezza e spontaneità
o Legisti: discorso è lo strumento di un potere eretto ed assoluto
I logici
Hui Shi: uno dei logici più noti, amico di Zhuangzi. Cerca una soluzione pratica ai problemi del IV sec > ritiene di poterla trovare
in un discorso corretto che secondo lui rappresenta lo strumento più efficace per adattare l’azione alle circostanze politiche del
momento.
I logici sono coloro che operano un’azione di dissezione, di analisi logica che consiste nel recidere il nodo del dilemma fra due
affermazioni contradditorie.
Corrente moista ha un orientamento razionalistico > ricerca dei fondamenti puramente logici per il pensiero etico. Ma quello che
si cerca non è tanto la Verità quanto piuttosto delle norme, dei criteri per guidare la conoscenza e l’azione.

Gongsun Long è il principale sofista che tratta della logica in quanto disciplina. Ci è pervenuto un testo falso in realtà dei secoli
IV-VI d.C, ma si può accordare un certo grado di atentuicità ai primi due cap: Il cavallo bianco e La designazione delle cose.

Il pensiero logico in Cina non sembra aver superato il primo stato embrionale, non essendo mai riuscito a stabilire le regole di
una logica formale.

Concezione strumentale del linguaggio


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Assenza di interesse per la definizione come latrice di siginificato o come mezzo per accedere alla realtà delle cose.
≠ dalla tradizione greca – dialoghi platonici cercano di formulare le definizioni più esatte come mezzo per raggiungere la vera
consocenza.
 Mencio e Confucio evitano di dare definizioni dei termini cruciali che utilizzano (es. Confucio si limita ad abbozzare la
nozione di ren senza precisarne i contorni).

Definizione è limitativa > come va vissuta la definizione? Interesse per il linguaggio più per la sua funzione normativa che
descrittiva (a differenza della tradizione aristotelica).
 Linguaggio come generatore di comportamenti piuttosto che come espressione semantica di contenuto.
 si distingue tra una proproizione vera – nel senso che quadra per adeguatezza alla realtà dei fatti – e una proposizione
ammissibile - nel senso che è logicamente possibile.
“cavallo bianco non è cavallo”: non corrisponde alla realtà ma è un’affermazione logicamente sostenibile.

La teoria dei nomi di massa


I sostantivi in cinese antico fungono piuttosto da nomi di massa che da nomi numerabili, tipici delle lingue indoeruopee.
Es: pollame – nome generico, non nuemrabile. Può essere nuemrato se accompagnato da un classificatore di quantità (una
cassa..) che rappresenterà una parte in rapporto al tutto che reappresenta il pollame in generale.
Pollo – numerabile, indica la somma di più individui costituenti una classe.
 I pensatori cinesi percepiscono la realtà come un tutto continuo le cui parti si compenetrano e via via affinandosi
assumono forme particolari.

La concezione nominalistica
Nomi come semplici strumenti che consentono di analizzare la realtà.
Attenzione rivolta al rapporto fra nomi e realtà: la realtà è concepita come un tutto continuo > il linguaggio è lo strumento per
sezionare, praticare delle distinzioni (fen 分).
Suddivisioni mettono in evidenzia delle opposizioni e delle distinzioni, considerabili come giudizi di valore soggettivi ed arbitrari.
 L’operazione di sezionare è anche analisi e valutazione della realtà  su questo punto verte Zhuangzi!

Dare dei nomi consiste nel sezionare, operare distinzioni che sono esse stesse convenzionali > risultato di un consenso in seno
alla comunità sul modo di percepire il mondo.

 Confuciani: i nomi sono puramente convenzionali ma esistono delle disntizioni “corrette” che il linguaggio è tenuto a
rispecchiare (contenuto della teoria della rettificazione dei nomi – si vuole creare un linguaggio ideale che possa
mantenere in equilibrio le relazioni sociali)
 Taoisti: distinzioni della realtà sono operate dal linguaggio che pone nomi e realtà. Nomi e realtà per Zhuangzi sono
artificalimente posti dal linguaggio. (metafora del legno grezzo del Laozi- i nomi lo sezionano  il maestro dell’arte si
guarda bene dal tagliare).
 Moisti (tardi): teoria nominalistica > un nome preleva una cosa o una porzione di realtà. Alla scala del prelevamento
corripsonde la distinzione fra nomi indiviudali, generici e universali. Necessario quindi fissare i criteri di distinzione per i
nomi generici.

GONGSUN LONGZI (il libro di Gongsun Long):


> Cap. 1: Cavallo bianco non è cavallo
Il rapporto fra la classe e imembri che la compongono è una variante del rapporto fra il tutto e le sue parti.
La logica cinese propone una modalità di identificazione per inclusione: una cosa è un tutto che include delle parti, non essendo
la parte identica al tutto. (≠ dalla logica aridtotelica che definisce una cosa in particoalre a partire da ciò che essa non è).

Gongsun Long: dimostra logicamente il paradosso “cavallo bianco non è cavallo”.


- Cavallo: è da considerare come il tutto
- bianco: altra massa composta di parti omogenee in termini di colore
- Cavallo bianco: combinazione di una parte del primo insieme e di una parte del secondo.
Cavallo bianco non è la stessa cosa si cavallo.
Gongsun Long parte dal presupposto che il tutto non è una delle sue parti: cavallo è ciò che ci consente di denominare la forma,
bianco è ciò che ci consente di denominare il colore.
Quindi Cavallo, che non esclude nessun colore, non è la stessa cosa di Cavallo Bianco, che esclude tutti i colori diversi dal bianco.

Alternativa secca:
- cavallo bianco è la combinazione di cavallo e di qualcosa d’altro e quindi non si consdiera il pure e semplice Cavallo O
- cavallo bianco equivale a un cavallo e quindi non si aggiunge nulla > dire cavallo è uguale a dire cavallo bianco.

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V’è dunque fra cavallo e bianco un rapporto non di coordinazione ma di subordinazione. Il cavallo è tutto intero nella sua forma,
mentre il suo colore non è che una parte.

> Cap. 2 La designazione delle cose


Indicare, designare sia le cose, sia il mondo come totlaità.
Il tutto (il tianxia 天下: ciò che sta sotto il cielo) & e le sue parti: le cose. Quando si designa una cosa è sempre sullo sofndo del
mondo: designare implica staccare una cosa dal suo sfondo.
Ma su cosa si designerà il mondo? Se si designa il mondo come le cose, ci si scontra con il fatto che esse sono soltanto delle parti
del mnondo. Ma nessuna parte del mondo, nessuna cosa, è il mondo, che è dunque indesignabile.
Il tutto non è per defunuzione designabile, e tuttavia le sue parti lo sono.
Paradosso: le parole servono a designare delle parti, ma possono designare il tutto.

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VI – MENCIO, EREDE SPIRITUALE DI CONFUCIO
Fine IV sec a.C. (periodo degli Stati Combattenti): emerge un discorso che ricerca l’origine dei propri interrogativi, elabora
giustificazioni teoriche e si perfeziona come strumento di razionalità.

Mengzi visse tra il 380 e il 289 a.C. contemporaneo di Zhuangzi – suo interlocutore filosofico.

L’ “uomo di valore” di fronte al sovrano


Mencio peregrinò di guo in guo come Confucio – senso della missione celeste dell’uomo di valore. Va alla ricerca di un nuovo
saggio re.

Shi 士 (futuri letterati funzionari della burocrazia imperiale): cavaliere errante mantenuto presso la corte dei re. Erano in quel
priodo autonomi dal controllo politico > sceglievano dove recarsi per offrire i loro servigi.

Presto assumono status di shi 仕 (impiego, funzione) > specializzazione politica.

Libro V del Mengzi: la relazione sovrano e shi


Mencio distingue tra ideale morale del junzi e il potere effettivo del principe (jun 君).
 Il valore morale del 君子 gli permette di trattare da pari il 君

Lo Shi deve servire il principe come ministro O intrattenere con lui un rapporto da maestro a discepolo.

Rapporto ambiguo: sia sovrano che shi esigono dall’altro un atto di fedeltà ma entrambi hanno bisogno dell’altro per legittimarsi
(potere politico ha bisogno di darsi una legittimità morale così come l’autorità morale cerca il proprio riconoscimento in uno
statuto di superiorità).
 Valori proposti dagli shi diventano una posta politica.

Il “Mengzi” – opera polemica


Periodo degli Stati Combattenti, delle Cento Scuole  Mengzi affila le sue armi per replicare agli avversari.
Periodo in cui i comportamenti non si misurano più alla stregua della morale ma a quella dell’efficacia.
 Una condotta virtuosa e disinteressata sembrava impossibile se non dettata dalla stupidità!

In questo contesto, Mencio vuole difendere insegnamento del Maestro e dotarlo di giustificazioni di fronte agli obiettivi e
interrogativi delle altre correnti di pensiero.
 Tono polemico del Mengzi: volto a convincere terzi più che a istruire discepoli già acquisiti.

La forza di persuasione del “senso di umanità”


Messagio etico politico trasmesso da Mencio ai sovrani: rendere operativo il ren (senso di umanità) è il modo migliore di
governare.
(Sima Qian racconta che per questo motivo nessuno voleva ascoltarlo).

Ren: solo modo di governare che si fondi sul consenso – il sovrano che tratti i suoi sudditi con umanità li attrarrebbe a sé
spontaneamente.

Mencio distingue tra “Via regale” e “Via egemonica” e approfondisce quindi l’opposizione dei Dialoghi fra ideale politico ispirato
all’umanità e il governo esercitato tramite la forza e la coercizione.

Stati Combattenti – potenza di un guo si misurava nel numero dei suoi abitanti > guo con ambizioni espansionistiche cercavano
con ogni mezzo di attirare la popolazione dei paesi vicini
 Unico mezzo di attirare popolazione dei paesi vicini è il ren:
o i sovrani trovano nel popolo la fonte della loro legittimità
o Segno che un sovrano è gradito dal Cielo: quando un popolo si volge spontaneamente a lui affidandogli
l’impero
o Se il sovrano non si mostra più degno del mandato, diviene legittimo per il popolo che lo sostiene rovesciarlo
(possibile addirittura il regicidio)

> concezione del potere in cui l’etica prevale sulla politica*.


*idea che permane in tutta la storia cinese. Vedi “primavera di Pechino” ‘89

NB: Mencio non un “democratico” > resta nello schema tradizionale, autoritario e piramidale.
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 Il Ren è la giustificazione morale della gerarchia! Superiori trattano con umanità inferiori  giustifica ripartizione tra
lavoro manuale (dei governati) e lavoro intellettuale (dei governanti).

Visione economica di Mencio: campi a scacchiera 井田 jingtian.

Una moralità che ha il suo fondamento nella natura


Discorsi di Mencio dimostrano l’efficacia del ren. Non soltanto un discepolo di Confucio, ma un pensatore lui stesso: nuova
concezione della natura umana.
 Mencio crede nella vigorosa bontà della natura umana* come fondamento della moralità nella sua partecipazione
cosmica.
*natura: ciò che ci è dato alla nascita dal Cielo.

Mencio riprende la posizione di Yang Zhu (precursore del taoismo) che sosteneva il principio di “ciascuno per sé” > se avesse
potuto salvare il mondo intero strappandosi un solo pelo non l’avrebbe fatto.
 M. vuole dimostrare che la natura umana tende alla bontà altrettanto spontaneamente di quanto tende alla propria
conservazione.

Xing = il senso morale deriva dal Cielo.

Che cosa è innato?


Libro VI, dibattito con Gaozi (moista). Si presentano 3 possibili posizioni:
a. Non v’è nè bontà né malvagità nella natura umana
b. La natura ha altrettante probabibilità di diventare buona che di diventare malvagia
c. La natura è buona in alcuni, malvagia in altri

Mencio attacca la tesi di Gaozi. Per M. la natura essendo vivente non può essere inerte > è portata dalla sua tendeza spontanea
verso ciò che è buono.
 Per il fatto stesso di essere natura, la natura umana è buona > predisposta al senso morale come l’acqua è per sua
natura predisposta a scorrere verso il basso.

Gaozi: ciò che è innato sono gli istinti primari e animaleschi come la fame e l’istinto sessuale.
Mencio: c’è nell’uomo qualcosa di altrettanto istintivo alla fame > è il sentimento di empatia che rende insopportabile lo
spettacolo della sofferenza altrui (esempio del bambino sul punto di cadere in un pozzo).
 Istinto = il nostro cuore è “settato” per agire verso il bene.

A monte di ogni forma di acquisizione c’è la possibilità di agire per il bene, rispondendo a principi morali che derivano dal Cielo
 tradire il proprio cuore significa tradire il patrimonio radicato nell’uomo dal Cielo.

«La natura – affermò Gaozi – è paragonabile all’acqua che scorre vorticosa: se la si fa fluire verso levante, essa si dirige a
levante; se la si fa fluire verso ponente, essa si dirige a ponente. La natura dell’uomo non mostra alcuna preferenza tra bene e
male, proprio come l’acqua non mostra alcuna predilezione tra levante e ponente».
«È sicuramente vero – obiettò Mencio – che l’acqua non possiede alcuna predisposizione a scorrere verso levante o verso
ponente, ma verso l’alto o verso il basso? L’attitudine al bene, propria della natura dell’uomo, è paragonabile alla tendenza a
scorrere verso il basso, propria dell’acqua. Non c’è nulla nell’uomo che non tenda al bene, nulla nell’acqua che non tenda al
basso. Colpita con forza e fatta schizzare verso l’alto, l’acqua potrebbe anche saltare fin oltre la nostra fronte, così come,
sospinta a scorrere verso l’alto, potrebbe anche stare su un monte: questo sarebbe conforme alla sua vera natura? Certo che
no, poiché dipenderebbe dalle condizioni forzate a cui è stata sottoposta. Allo stesso modo, è solo a causa di una forte
coercizione esercitata sulla sua natura che l’uomo può essere indotto a diventare malvagio».

Una direzione l’acqua la prende naturalmente, così come l’attitudine umana protende naturalmente verso il bene! Agire in
modo egoistico significa andare contro-natura > uomo sarebbe destinato ad agire in modo diverso – come se vedesse ogni volta
un bambino che sta cadendo in un pozzo!

Fisiologia morale
Senso morale istintivo: nell’uomo esistono “germogli” di bontà.
Teoria Haoran zhi qi: energia traboccante che circola nelle 4 membra.

 Mencio valorizza l’energia vitale taoista con il carattere morale della natura umana: la natura umana è buona nel senso
che è fondamentalemnte sana se non viene pervertita da fattori esterni.

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Il qi 氣 (flusso, energia vitale che anima universo): il modo in cui scorre determina la condizione si salute del soggetto. Secondo
M. nel momento in cui il soggetto compie atti virtuosi, carica di una potenza speciale il qi che fisicamente invade quel corpo.
 E’ una forza vitale che permea il corpo del saggio.
 Quando si potenzia (in conformità con il mandato del Cielo) rende la persona ancora più pronta e disponibile a
compiere atti meritevoli.
 Necessario per l’uomo abituarsi con una prassi costante all’esercizio della moralità – in questo uomo si crea una
materia psicofisica che rende l’uomo capace di compiere atti meritori.

Un qi torbido rende incapace la persona di agire per il Bene. MA c’è sempre la possibilità di recuperare la strada giusta (nell’etica
cinese non c’è mai definitività, una porta è sempre lasciata aperta).

Uomo è unità di pische e corpo  ogni atto verso il Bene tende a purificare la sostanza più intima che ci compone.

Mencio prevede una ripartizione in classi: per il bene della società! Il sovrano è un “padre” per il popolo pur restando un uomo
(incline a lasciarsi abbandonare alle tentazioni della carne).

Uomo vive in questa dicotomia: i propri impulsi naturali & il Decreto del Cielo.
 Necessaria: normativizzazione degli impulsi naturali e spontaneizzazione delle norme morali!

Il cuore animo
Natura morale è ciò che distingue uomo da animale. E’ nell’uomo che incombe il compito di distinguersi dalla bestia poiché la
sua superiorità NON è acquisita a priori (diverso dall’idea biblica della origine divina della superiorità umana).
 Un nonnulla distingue la bestia dall’animale. La gente comune non se ne cura, l’uomo di valore è il solo a preservarlo.

È il benxin 本心 (animo originario o fondamentalmente buono). Esso è infinito: non si finisce mai di diventare più umani.
Xin è insieme cuore e testa: organo degli affetti e dell’intelletto.
 Le sei discipline di base dell’educazione dell’uomo (riti, musica, tiro con l’arco, guida del carro, calligrafia, aritmetica)
sono fisiche e spirituali.

Perché alcuni diventano junzi e altri persone di poco conto? Coloro che prvilegiano quanto hanno di più importante ne sono
accresciuti, mentre coloro che privilegiano quanto hanno di meno importante ne risultano sminuiti.
L’organo che è cuore/animo (xin) ha la facoltà di pensare – se pensa potrà comprendere le cose ma se non pensa NON le
comprenderà.
Il dono che cih a fatto il Cielo e Xin > può permetterci di diventare junzi.

Ogni uomo può diventare un santo


Il processo di umanizzazione all’infinito parte della situazione esistenziale del comune essere umano.
 Chiunque può diventare Yao o Shun (santi dell’antichità ammirati anche da Confucio).
≠ da Confucio: relegava i santi a figure di un ‘accessibile antichità! Per Mencio invece possibilità di raggiungere la santità a
partire dalla natura umana comune. Le cose della stessa specie sono tutte simili > non v’è alcuna differenza tra santi e noi!
Natura e destino
Saggezza = conoscenza, non nel senso di una cognizione ma di un’identificazione nell’esperienza vissuta.
 Consente di collocare ogni inclinazione nell’esatta direzione che corrisponde alla natura.

La natura umana contiene dei germogli di moralità: questa è la sua parte celeste, ma è compito dell’uomo svilupparla.
 Tutto è già implicitamente contenuto in xing: non resta che darvi attuazione.

Che ne è del male?


La natura umana è naturalmente predisposta alla bontà. Che ne è del male?
M: uomo malvagio non lo è sostanzialmente, non è la sua natura primaria ad essere in causa. Si tratta di un mancato sviluppo
del suo fondo di bontà.
 La strada verso la moralità: sentiero di montagna che se praticato e conservato diventa una strada. Se resta in
abbandono viene invasa dalle erbacce fino a sparire.

Il nostro potenziale, buono, non chiede che di realizzarsi > diventiamo malvagi perché lo dimentichiamo o perdiamo di vista.
NO definitività: la realizzazione del nostro potenziale non è mai acquisita una volta per tutte, così come la sua perdita non è mai
irrimediabile.

Egoismo: il male non ha altro contenuto dell’egoismo. Nega la solidarietà radicale delle esistenze con il vano proposito di vivere
unicamente per sé.
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NB: Non la paura della sanzione penale > è la moralità che permette di combattere il male.

L’umanità come responsabilità


No: male, idea di libertà o libero arbitrio….
Resposabilità ci fa assumere onere assegnatoci dal Cielo. Tutto dipende dalla determinazione di ciascuno di prendere in mano il
proprio destino morale.
L’umanità della nostra natura è ciò di quanto abbiamo di più prezioso (più della vita stessa).

NB: no fondamenti estrinseci della bontà dell’uomo quale potrebbe essere un Dio o un imperativo categorico. L’uomo è il solo
responsabile della propria natura morale.

Centralità ed autenticità
Comunità di esistenza tra noi e il mondo che ci circonda > si traduce in termini umani di ren (la parte celeste o autentica in noi).
Due testi:
 Zhongyong (invariabile Mezzo)
 Daxue (La Grande Scienza)

L’autenticità è restare nel Mezzo senza alcuno sforzo, conseguire lo scopo senza dovervi pensare. Camminare del tutto a
proprio agio restando nel Sao del Mezzo, ecco cosa è proprio del Santo.
 Rendersi autentico è scegliere il bene per non lasciarlo.

Autenticità è il Dao stesso.


Il Santo, essendo pienamente autentico, nel realizzare la propria umanità consente agli altri di realizzarla, e in tal modo è
partecipe del processo creativo del Cielo.
Tutta la verità è già qui, non occorre cercare altrove un’altra verità! Però l’autenticità vera non si ferma mai, dura eternamente.
 L’apprendimento confuciano non ha altra vocazione che di ritrovare e rianimare qualcosa di già presente.

 Il Dao dello studio e dell’esperienza (wuewen) non consiste in nient’altro che nel porsi alla ricerca dell’animo originario
che si è perso di vista.

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VII - IL DAO DEL NON AGIRE NEL LAOZI
Laozi: vive nel IV secolo. L’opera del Laozi appare nel 250 a.C.
NB: Non usare con Andreini l’espressione “Santo, piuttosto usa Savio, Saggio…”

La leggenda
Laozi: il vecchio Maestro. Non si sa se sia veramente esistito. Originario di Chu. Lo Shiji di Sima Qian afferma che era un
burocrata demoralizzato dal declinino dei Zhou > parte per dirigersi verso l’ovest. All’ultimo passo, prima della steppa, lascia al
guardiano del passo Il Classico della Via e della sua Virtù - Daodejing 道德经.

Il testo
Esistenza storica del testo accertata. Serie di versi ritmati e rimati, coincisi e con uno stile oscuro e semplice. Pensiero che
procede per aforismi, metafore e accostamenti folgoranti. In cerca di un linguaggio adatto a cogliere l’indicibile.

Il non-agire
Laozi tenta di rispondere a istanze della sua epoca. Epoca degli Stati Combattenti: ci si chiede come uscire dal circolo vizioso
della violenza.
 Risposta del Laozi: non far nulla, restare nel non-agire. Es: per rispondere alla tirannide, al massacro… bisogna non
agire.

Cosa si intende per non agire? Il non agire cerca di spezzare il cerchio della violenza.

La metafora dell’acqua
(NB: ricorda l’acqua nel Mengzi = tendenza naturale a scorrere verso il basso è posta in rapporto analogico con la
predisposizione della natura umana alla bontà).

L’acqua nel Laozi rappresenta l’elemento più umile: senza opporre resistenza su nulla, riesce ad avere la meglio sui materiali più
solidi. Essa scaturisce da una fonte unica e costante, pur manifestandosi in una infinità molteplicità di forme.
È per natura inafferrabile > è al margine tra il nulla e il qualcosa, fra il non c’è e il c’è.

La Madre è una designazione della Via stessa > il Laozi previlegia il lato femminile rispetto all’ordine confuciano.

 Si disinnesca la violenza e il debole riesce a trionfare sul forte > ciò che provoca l’aggressione è mettere l’altro in
posizione d’inferiorità.

Il “non agire” non consiste nel non far nulla nel senso di incrociare passivamente le braccia ma nell’astenersi da ogni azione
aggressiva e intenzionale al fine di lasciar agire la potenza invisibile del Dao.
Il non agire è “l’agire senza traccia, in quanto colui che sa camminare non lascia traccia”.

Santo = “colui che aiuta i diecimila esseri a vivere secondo la loro natura, guardandosi dall’intervenire, che da vita senza
appropriarsene, agisce senza prevalersene, compie la propria opera senza attaccarvisi”.

Paradosso
Il paradosso consiste nel prendere in contropiede determinate abitudini del pensiero: preferire il debole al forte, il femminile al
maschile, l’ignoranza alla conoscenza …
NB: Le coppie di opposizione nel pensiero cinese non sono mai a carattere esclusivo ma complementare > preferire non
escludere!

Paradosso più radicale: il nulla ha più valore del qualcosa, il vuoto ha più valore del pieno, il non c’è prevale sul c’è.

L’assenza ha più presenza di ciò che è presente, il vuoto ha più efficacia del pieno.
> porre qualcosa è porre con ciò stesso il suo contrario, le distinzioni che istituiamo per convenzione non hanno in sé stesse
alcun valore.

Amoralità della naturalezza


Tutti i paradossi si fondano sulla constatazione di una legge naturale: tutto ciò che è forte è stato all’inizio debole, molle,
inferiore ed è destinato a ridiventarlo.
 Ogni cosa non può, presto o tardi, che far ritorno all’origine.

Questa è chiamata illuminazione sottile: il saggio manifesta per gli esseri la tolleranza del Cielo e della Terra perché non vive per
sé stesso.

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“Come il corso d’acqua che scorre più basso è re dei corsi d’acqua superiori in quanto se ne arrichisce, così il Saggio taoista,
ponendosi più in basso degli altri, fa in modo che gli altri finiscano per andare nel suo stesso senso”.
 Ciò si chiama agire tramite il non agire.
Mentre i confuciani valorizzano il Mezzo, precario e mobile equilibrio generatore d’armonia, i taoisti sono alla ricerca del centro,
ovvero l’Origine.

Valore politico del non agire


Il Laozi è alla base di alcune nozioni fondamentali del legismo, fonte diretta d’ispirazione per Han Feizi.
Non agire: nel Laozi è presentato come principio di non interferenza, ma questo è anche alla base della riflessione politica
legista.

Più la vita del popolo sarà semplcie e frugale, più sarà facile governare nel non agire.
 Ma si instaura anche il germe del totalitarismo legisita: “svuotare i cuori, riempire i ventri” > ordine fondato
sull’assicurazione di un benessere materiale nell’ignoranza dei governati.

Il Laozi può essere letto come un trattato politico il cui motto sarebbe “reggere un grande stato è come friggere dei pesciolini!”.

Ritorno alla naturalezza


Non agire equivale ad astenersi da ogni azione intenzionale. Un’azione può essere davvero efficace solo se va nel senso della
naturalezza. Tema del ritorno alla natura originaria.

La vita umana è un processo continuo di dispersione del soffio originario (yuanqi 元 气 ) – tale processo si può invertire solo
coltivando e alimentando il proprio Qi.

Ritorno all’origine
Non agire = modalità per ritornare al nostro stato di natura, quale era alla nostra nascita. Origine perduta – si avverte a contatto
con i bambini.

L’uomo nella sua natura originaria e pre sociale è completamente privo di aggressività. Santo taoista è proprio così: è capace di
succhiare il latte al seno della Madre > di attingere direttamente all’Origine.

Il Dao
Ritorno all’Origine, al Dao.
Il laozi procede come un funanmbolo sul filo dell’indicibile in quanto Origine assoluta, il Dao è innominabile, indicibile e allo
stesso tempo ingloba tutta la realtà del dicibile.

Dicotomia linguaggio / relatà: le distinzioni limitano i nostri sensi e ci suscitano i desideri > impulsi ad andare verso quello o
l’altro. Il Dao invece è quiete, ha la sua costanza nel non agire eppure per suo tramite tutto si compie.

Dal Dao ai diecimila esseri


Il Dao non è trascednente rispetto alla molteplicità: “Il Dao genera l’Uno, Uno genera Due, Due genera Tre, Tre i diecimila esseri”.

Alcune interpretazioni alla fine dell’epoca Han vedono nella dualità del Cielo-Terra la figurazione per eccellenza dello spazio,
mentre il ritmo ternario (nascita, maturazione, morte) rappresenta il moto stesso del tempo e del divenire.

Il tre apre al molteplice, all’infinito. Dispiegarsi dell’Uno nel molteplice.

Via negativa o mistica?


Nel ritorno (fan 反 ) sta il segreto del Dao. Ritorno a uno stato primitivo di naturalezza – della debolezza del neonato, non
aggressivo per l’umanità nel suo insieme.

Si torna così allo stato puro e semplice del c’è nella pura spontaneità.

Il procedimento di comprensione del Dao è a ritroso, controcorrente. È una via negativa: “praticare il Dao è sempre più
decrescere”, fino ad attingere il non-agire. Non far nulla, e non v’è nulla che allora non si compia.
 Opposizione alla via confuciana, fondata sull’apprendere che è cammino progressivo.
Tale efficacia disegna il de 德 Virtù del Dao. Il non agire spinto all’estremo perviene a un atteggiamento esistenziale.

Il Cielo e la Terra non vivono per sé stessi e per questo perdurano per l’eternità. Ogni forma di spiritualità inizia con un lasciare
la presa > tentativo di far ritorno al di qua fino all’assorbimento completo del c’è nel non c’è.

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VIII- XUNZI 荀子 : erede realistico di Confucio
Mencio e Xunzi rappresentano eredità confuciana:
- Mencio: idealista, scommette sulla natura buona dell’uomo
- Xunzi: realista

Spesso accostato anche ai legisti (ebbe come discepolo Han Feizi e Li Si).

Xunzi: 32 capitoli – trattati teorici su un preciso argomento. Discorso strutturato e continuo.

Ritratto di un confuciano alla fine del mondo


Xunzi nato tra il 340 – 305 a.C nello stato di Zhao. Si stabilisce nell’ accademia Jixia di Qi: fondata per volontà di sovrani desiderosi di
unire il prestigio culturale alla loro politica di egemonia. Re Xuan di Qi incoraggiò i letterati e principinati a venire a jixia offrendo loro ogni agio
per poter proseguire i loro studi ed esporre le loro dottrine > all’inizio del III sec. l’accademia era il punto di raccolta dei grandi pensatori
dell’epoca.

Testimone del declino definitivo della dinastia Zhou nel 249 > crollo di un antico mondo. Ammira l’efficacia del governo di Qin,
ma, da buon confuciano, continua a pensare che tutta la potenza militare di Qin non basterebbe a rovesciare un sovrano che
governasse con umanità e che godesse del sostegno del popolo.

Xunzi rimprovera ai legisti il loro esclusivo ricorso alla forza.

L’uomo di fronte al Cielo


Xunzi concepisce l’uomo in piedi dinanzi al Cielo, non più in una posizione di dipendenza. NB: ci troviamo nel periodo di declinino
finale della sovranità Zhou > la questione del Cielo è incircoscribile.

Xunzi dissocia ambito cosmologico del Cielo dall’ambito etico-politico dell’uomo. L’uomo non deve scoprire la struttura
dell’universo e sfrozarsi di raggiungere la consocenza pura ma deve conferire ordine (li ) p. 214 carattere
 Da un lato v’è il Cielo che compie la sua attività generatrice, dall’altro l’Uomo che esercita il suo ruolo ordinatore.

La natura umana è malvagia


Xunzi costruito su un paradosso: l’uomo, pur costituendo un essere generato dalla natura, possiede tuttavia la capacità di
coltivare in sé la saggezza e l’armonai sociale prodotte dai riti (non naturali), che quindi oltrepassano tutto ciò che la natura
umana può comportare di innato.
VS Mencio:
“La natura dell’uomo è malvagia; ciò che v’è di buono in essa è artificialmente acquisito”.

Proprio per questo la natura umana deve essere raddrizzata a forza, come un legno contorto.
Considerata nell’insiem delle nsotre predisposizioni istintive e biologiche, essa non implica nulla d’intrinsecamente etico, è in
questo che essa è malvagia.

“ciò che non può essere appreso né conseguito con la pratica proviene dal Cielo, ed è quanto chiamo naturale.
Ciò di cui si diventa capaci con l’educazione e che si consegue con la pratica proviene dall’uomo. Ed è quanto chiamo
“artificialmente acquisito”.

≠ da Mencio: M. crede che proprio perché la natura umana deriva dal Cielo contine germi di moralità. Invece per X. Il Cielo è
amorale (come per i legisti, taoisti e tutte le correnti non confuciane).
 La natura bruta generata da un Cielo amorale & l’acquisito = tutto il lavoro speso dall’uomo per fare di sé stesso un
essere umano.

Natura e cultura
Ciò che è innato non include nulla che predispone la natura umana alla moralità. L’uomo deve porre ordine alle pulsioni naturali
per poterle soddisfare.

Xin 心 cuore/animo è trattato in termini moisti, utilitaristici come capacità di scegliere soppesando il pro e il contro (desideri
moralmente ammissibili vs quelli materialemnte possibili). È la facoltà specificamente umana di giudicare e di assegnare dei

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valori, e perciò di trasformare la natura in entità etica. Permette di operare delle distinzioni – affinare ed elaborare le
predisposizioni istintive.

Valore dello sforzo umano: wei fare agire. La nostra umanità non è nella nostra natura ma nella cultura. Nessun altro essere al
mondo può plasmare la brutalità della natura con l’affinamento della cultura.

Il senso morale non è più associato al senso di umanità (renyi di Mencio) ma ai riti liyi.
 Esso è fabbricato dai Santi.

La moralità è una mera fabbricazione, totalmente estrinseca alla natura umana. I Santi generano la moralità allo stesso modo in
cui il Cielo generale la nostra natura.

I riti
“L’uomo, che possiede l’energia, la vita, la coscienza e inoltre il senso morale, è dunque l’essere più nobile sotto il Cielo. Non ha
la forza del bue, non corre veloce come il cavallo, e tuttavia bue e cavallo sono al suo servizio; come mai? Perché egli, a
differenza degli animali, è capace di vivere in socità. E cosa rende gli uomini capaci? Il principio di ripartizione fen 分 . E cosa
rende efficace la ripartizione? Il senso morale.

Fen: principio di equa ripartizione delle risorse, ma anche di gerarchia sociale. Esso spiega la comparsa dei riti e della moralità.

“Cosa fa si che l’uomo sia uomo? È la sua capacità di operare distinzioni”.

Il desiderio:
- taoisti: se l’uomo vuole fondersi nella sua parte celeste (nel Dao) deve sbarazzarsene
- Xunzi: con il prinicpio di ripartizione rituale si pone freno ai desideri e allo stesso tempo si incoraggia la produzione dei
beni.
- Moismo: i desideri sono visti in prospettiva pessimistica in quanto non potendo essere pienamente soddisfatti, sono
fonte di eterno conflitto.

Lotta per il possesso dei beni all’origine dell’umanità > disordine. Necessira di equilibrio > principio di ripartizione > criterio
oggettivo fra umanità ed animalità.

Nomi e realtà
Teoria della rettificazione dei nomi illustra il principio della ripartizione fen. Attibuire nomi significa dividere, demarcare,
tracciare linee di pertinenza tra simile e dissimile.
 Principio di partizione dipende al contempo dalla conoscenza oggettiva e dal giudizio di valore.

Il “Xunzi”, panorama delle idee degli Stati Combattenti


Pensiero di Xunzi complesso perché mira a prendere in considerazione tutte le diverse tematiche apparse nell’epoca degli Stati
Combattenti integrandole in un insieme strutturato e coerente.
 I riti sono il perno che permettono la coesione d’insieme.

Sono ciò che lega l’uomo all’universo, alle sue origini e al suo destino.

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IX - I LEGISTI
Le opere legiste hanno come titoli i nomi di celebri ministri:
 Guanzi – Ministro Guan Zhong che fece del duca Huan di Qi il primo egemone della Cina delle Primavere ed Autunni
 Lizi – ministro Li Kui del marchese Wen di Wei
 Shenzi attribuito a Shen Dao
 Han Feizi – sintesi del pensiero legista

Scopo legisti: cercano il modo più efficace di preservare e rafforzare uno stato.
 Scritti si presentano come manuali che suggeriscono le modalità d’impiego del potere ad uso dei sovrani.

Antropologia legista
Legisti primi pensatori politici in Cina ad assumere come punto di partenza l’uomo e la società, non come dovrebbero essere, ma
come sono! Anche nella loro realtà più inaccettabile.

Fanno tabula rasa della tradizione (Stati Combattenti, tutte le correnti di pensiero filo sono VS tradizione tranne i confuciani).
 Analisi storica: per agire efficacemente occorre vivere nel proprio tempo e adattarsi ai mutamenti.

Necessario riflettere sui mutamenti nelle vicende dell’epoca, discutere del fondamento secondo il quale rettificare le norme (fa
法) e cercare il metodo (dao 道) per dirigere il popolo.

Storia dell’umanità divisa in tre grandi periodi segnati da una competizione sempre più feroce in cui si accresce la popolazione –
osservazione antropologica e sociologica.

Legisti sostituiscono allo spirito rituale confuciano un principio oggettivo ed assoluto – la legge.

La legge
Fa 法: modello cui conformarsi. Spesso associata a strumenti geometrici di misurazione e precisione che valgono da riferimenti
universali:
- guiju (compasso e squadra) = insieme delle regole da rispettare
- bilancia
> rappresentano l’esattezza e l’obiettività della legge.
Quando regna un sovrano illuminato, i funzionari non hanno modo di influire sulla legge, né i magistrati di agire per proprio
conto. > il sovrano deve semplicemente stabilizzare il braccio della bilancia  non c’è bisogno di un intervento soggettivo e
morale di colui che la utilizza.
 La forza della legge basta a sé stessa, è più efficace del legame di sangue.

Processo di oggettivazione delle leggi: (vs ordine feudale fondato sulle relazioni rituali)
536 a.C. Zichang, primo ministro di Zheng, fa scrivere per la prima volta la legge penale su bronzo.

Han feizi: il solo incitamento capace d’esercitare influenza sulla natura umana sono l’attrazione o la repulsione > le motivazioni
di ordine morale non hanno più posto.

“poiché è natura degli uomini bramare premi e temere castighi, il principe può sperare grazie a questo, di riuscire ad incanalare
le forze dei suoi sudditi”.

La posizione di forza
Confuciani: il potere di un sovrano dipende dalla sua moralità > si presuppone che il sovrano sia buono > si resta in un ambito
ideale.

Legisti: considerano la realtà – i buoni sovrani non sono nuemrosi  come assicurare un funzionamento efficace del potere?
Parlano di posizione di forza = è da questa che discende il potere.

Si i crea una contraddizione maodun 矛盾: uomo che commercia lance e scudi arriva alla contraddizione. Il valore morale (dei
confuciani) non può coesistere con la posizione di forza (legisti.
 Il potere non è più legato all valore personale del sovrano ma all’efficacia delle istituzioni, che fanno rispettare
la legge e la posizione di forza. Essa, ad immagine della bilancia, è uno strumento assolutamente neutro >
suscettibile di essere usato da chiunque.

Le tecniche
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Per trasmettere il potere dell’autorità al popolo necessario il corpo di burocrati. Su di essi il sovrano mantiene la presa mediante
un insimee di tecninche shu, la cui prima concezione risale a Shen Buhai.
Ognuno ha la sua funzione. Il sovrano illuminato che guida i suoi ministri non li lascia oltrepassare le loro funzioni al fine di
ottenre gratificazioni. Es: il preposto al cappello e il preposto al mantello con il marchese Zhao di Han ubriaco.

Il Dao totalitario dello “Han Feizi”


 Legge
Concezione totalitaria del potere allo
 Posizione di forza
stato puro > incentrata solo sul sovrano
 Tecniche di controllo

Merito legisti: hanno compreso che non si governa con le buone intenzioni, ma con le solide istituzioni.

Importante lo Han Feizi: ricerca un fondamento filosofico alla propria teoria politica.
Han Fei: membro dell’alta nobiltà, leale al sovrano Han fino alla fine per via dei suoi legami familiari.
Era balbuziente > preferì scrivere un’opera di altissima qualità: lo Han Feizi:
- 55 capitoli
- Ogni capitolo tratta un preciso argomento
- Conferisce un mutamento filosofico mutato dal Laozi

Posizione di amoralità comune al taoismo e al legismo:


 Taoismo: rifiuta ogni costrizione (di cui la morale sarebbe una forma)
 Legismo: amoralità per giustificare l’uso della forza

La legge penale concorre all’ordine dell’universo; essa è la ragione naturale che si concretizza in diritto criminale nel contratto
con la società.

L’ordine perfetto si realizza quando quando ogni cosa da sé viene ad allinearsi al filo a piombo > non v’è quindi bisogno di agire o
intervenire.
Il Dao del non agire consiste nel seguire yin 因: non aggiungere nulla, non togliere nulla.

Il sovrano legista assume quindi i tratti del Santo taoista: l’uno è al di sopra delle leggi come l’latro al di sopra delle distinzioni
convenzionali.
NB: LEGAME TRA LEGISTI E TAOISTI.

SUNZI BINGFA SUL LIBRO DOVE è ?

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X – IL PENSIERO COSMOLOGICO
Concezioni della natura:
Nel periodo degli Stati Combattenti si formano diverse correnti filosofiche che ricercano nella natura la fonte di ogni saggezza.
In funzione di un nuovo modello d’autorità, si elabora una cosmologia che si configura come la sanzione naturale dell’ordine
politico.

 Nel Lüshi Chunqiu (Primavere ed autunni di messer Lü) – capitoli yanghisti scritti da Yang Zhu che esaltano la
preservazione dell’integrità fisica come basilare elemento di naturalezza > esortano a conservare il proprio principio
vitale intatto (fosse anche a detrimento del senso morale). VS MENCIO

 Guanzi: preservazione del sé fisico concepito come estensione dell’ordine cosmico (c.d. pensiero materialistico perché
attraverso la soppresione dei desideri e una stretta disciplina sull’ordine cosmico si arriva al dominio della realtà
materiale).
o Forma più compiuta del materialismo di Jixia si ha in Zou Yan: legame fra naturalismo cosmologico di Zou Yan e
pratiche volte a ottenre l’immortalità dei fanshi (astrologi).

In principio c’era il Qi 氣
氣 Qi: Soffio che anima gli esseri viventi & il principio uno ed unico che da forma ad ogni cosa e ad ogni essere nell’universo.
- Morte = ritorno del Qi allo stato indefinito di potenzialità.
- Il corpo vivente = condensazione del soffio vitale
Il Qi ha la possibilità di fermarsi in una forma e di superarla: da forma e trasforma.

Medicina cinese: osserva il funzionamento del Qi, traccia distinzione tra il soffio integro (salute) e i soffi viziati (malattia).

Yin e Yang
Ricerca del rapporto fra l’uomo e il cosmo.
La scuola dello Yin / Yang e delle Cinque Fasi.
- Yang: rappresenta la luce, irradiamento solare, il versante al sole della montagna
- Yin: ombra, versante freddo e umido della montagna

Periodo degli Stati Combattenti: Yin e Yang vengono concepiti come i due soffi primordiali o princpi cosmici.
Cap. 42 del Laozi: “il Dao genera l’Uno, l’uno il due, il Due il Tre e il Tre i diecimila esseri” > il Due è inteso come la dualità dei
soffi Yin e Yang derivanti dal soffio originario.
Yin e Yang = principio della differenza che crea attrazione, ma anche testimoni dell’unità per la stretta correlazione che li unisce.
“Uno Yin, uno Yang, tale è il Dao”.
Il ritmo binario Yin/Yang è il ritmo fondamentale che anima il principio vitale.
Non designano due forze opposte che si applicherebbro al qi concepito come materia interte, di cui l’uno (yang) e l’altro in
quiete (yin), ma sono due fasi costantmente in circolazione.

NB: dualità dello Yin e dello Yang è una caratteristica del pensiero cinese che preferisce concepire i contrari come
complementari, anziché come reciprocamente escludentisti.
Lo Yang non esclude lo Yin
Le Cinque Fasi
I cinque agenti, wu xing 五行: acqua, fuoco, legno, metallo, terra.
xing 行: camminare, andare, agire. I cinque agenti sono concepiti più come processi che come sostanze.
Fine Stati Combattenti: alternanza dei due soffi primordiali Yin e Yang si combina con i wuxing (cinque fasi) che si succedono
ciclicamente.
Zou Yan ha ideato una cosmologia fodnata sull’interazione dello Yin e dello Yang e la successione delle Cinque Fasi.
 Cinque Fasi presentate in un ciclo di conquista: una dinastia è soppiantata da un’altra allorchè la su apotenza o
virtù si esaurisce. Inizio nel 221 a.C con Qin Shi Huangdi.

Spazio e tempo cosmologici


Il Lushi Chunqiu contiene capitoli in cui si combinano concezione cosmologica e la sua implicazione poltiica sotto la forma di un
calendario che regola la condotta del sovrano per il corso dell’intero anno.
Sono ordinanze mensili che ritualizzano il comportamento nei minimi dettagli > visione di un universo che si conferferisce
equilibrio da sé.

Il Palazzo della Luce


Deambulazione del Figlio del Cielo attraverso le sale del Palazzo della Luce.

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Il quadrato che dal II sec a.C. si impone come figurazione per eccellenza dello spazio: si presenta spesso quadrettato in una
scacchiera di 3 caselle per lato, per un tot di 9.
XI – IL CLASSICO DEI MUTAMENTI
I 5 Classici confuciani riconsociuti sotto gli Han:
1. Ordi
2. Documenti
3. Riti
4. Annali delle Primavere ed Autunni
5. Classico dei mutamenti (Yijing) o Mutamenti dei Zhou (Zhouyi) = fonte essenzionale del pensiero cosmologico cinese.
Sui moti dell’universo e del loro rapporto con l’esistenza umana.

Origini divinatorie
È un sistema di notazione di atti divinatori. Il libro si chiama anche mutamenti dei Zhou perché è l’epoca in cui cambia l’arte
divinatoria: dai gusci di tartaruga agli steli di achillea > si passa a un livello di interpretazione più astratto.

Come si operava con l’achillea? Ottenere un numero come segno cifrato della natura – che non poteva essere che 6,7,8,9.
Operazione ripetuta 6 volte di seguito. I sei risultati non espressi in cifre ma mediante monogrammi (detti yao) che erano
soltanto di due tipi perché si predevano in considerazione solo le proprietà del pari e del dispari.
Man mano che si dispongono le sei basi, si ottiene il gua – esagramma. Ottenuti 64 esagrammi, rappresentatie tutte le
sopvrapposizioni possibili di 6 monogrammi pieni e spezzati.

Originariamente si pensava fosse un semplice strumento di divinazione

La canonizzazione dei Mutamenti


Commentario di Zuo del IV sec a.C:
“Yi = manuale di divinazione consultato da uomini di stato su questioni di ordine personale o politico”.
All’inizio dell’epoca Han viene integrato nei Cinque Classici e quindi assume statuto di canonicità.
NB: Confucio non fa mai menzione dei Mutamenti, mentre gli altri 4 classici sono da lui scritti o almeno rimaneggiati.

Al nucleo originario dei Mutamenti si sono aggiunte le “Dieci Ali”, commentari tradizionalmente attribuiti a Confucio, più
probabilmente il risultato di una sedimentazione di testi che comincia sotto gli Stati Combtattenti.
 Le Dieci Ali rappresentano il recupero di un’opera di origine divinatoria attuato dalla corrente confuciana nel
momento in cui essa è alla ricerca di un fodnamento cosmologico.

Uno Yin, uno Yang – così è il Dao


Opera complessa, dai molteplici strati, il cui stesso titolo implica una pluralità di significati possibili.

Il saggio ha la virtù di esercitare la sua influenza trasformatrice nel mondo.


Non v’è niente di più facile del mutamento, in quanto esso è inserito nell’ordine naturale delle cose: un essere vivente non è mai
definitivo ma contiene in sé il principio della propria trasformazione.

Il mutamento: processo che si dispiega verso l’infinito. Creazione della molteplicità a partire da un’origine unica, innominabile e
impossibile

I Mutamenti come combinatoria figurativa


I commentari dei Mutamenti svelano le cose e gli esseri nella loro evoluzione e indicano il modo per comprenderli meglio – fasti
o nefasti che siano.
Realizzate tutte le possibilità di mutamento, gli esagrammi formano i segni di Cielo e Terra, esaurito tutto il potenziale dei
numeri essi determinano le figure delle cose del mondo.

L’interpretazione dei Mutamenti


Tuan: il giudizio.
 Nozione di centralità: il Classico dei Mutamenti inizia coloro che lo consultano alla scienza della centralità attraverso
una molteplicità di situazioni. Non si possono stabilire delle regole sempre uniche – mutamento.
 Interpretati a due a due, gli esagrammi traducono delle siutazioni transitorie il cui senso si mostra solo nel corso della
loro traformazione.

L’infimo inizio
Ji : infimo inizio o indizio O anche impulso cosmico. Ciò che mette in moto le cose

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L’arte del medico consiste nell’interpretazione dei segni più sottili che comporvano l’esatezza della diangosi quando la malattia
è solo all’inizio, ancora prima che si manifesti.
 Allo stato di germe c’è già tutto – pur non essneod ancora tutto interamente.
Nel continuo processo di formazione deòòe cpse, le figure sono principi strutturanti che, a monte rientrano nell’ambit odel Cielo,
mentre le formw a valle sono rappresentazioni determinate, concrete e particoalri che rientrano nell’ambito della Terra.

Senso dell’opprtunità
Nel simbolismo derivato dai mutamenti il Santo è in totlae unità con il Sao ma anche con le sue molteplici trasfomrazioni: egli si
pone sia nella condizione di rispoidnere ai mutamenti, che di spandere attonro a sé un influsso traformatore.

L’universo è un ambito in perenne mutamento in cui le cose non hanno contorni fissi e gli eventi non hanno riferimenti
temporali prestabiliti: un universo di situazioni che si trasofmrano costanemten in nuove configurazioni.
Il saggio vi si integra perché consoce e guida il flusso degli eventi.

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COSMOLOGIA ELABORATA ATTORNO I MUTAMENTI – PERIODO HAN
XII – LA CONCEZIONE OLISTICA DEGLI HAN

Han anteriori: 206 – 9 d.C. anche detti occidentali per la collocazione della capitale a Chang’an
(dinastia Xin di Wang Mang: 9 - 23 d.C
Han posteriori: 25-220 d.C. detti anche orientali per la capitale a Luoyang.

4 secoli di durata degli Han che definiscono la cosicenza di un’identità cinese: visione del mondo caratteristica degli han
oltrepassa i miti storici della dinastia (che ha dato il proprio nome all’etina domiannte e alla lingua). E’ a partire da qui che i
cinesi inziano a percepirsi come “partecipi di una stessa civiltà”.

Si ordinano e classificano le idee delle epoche precedenti: dopo efferverscenza culturale degli Stati Combattenti e dopo messa in
riga imposta dalla Dinastia Qin, epoca Han rappresenta fase di relaborazione che trasforma le acquisizioni in tradizione.
Ci si dedica quindi a riordinare in ogni ambito: musciale, usi e costumi, storia…

Si elabora quindi una visione del mondo coerente e sintetica propriamente cinese, prima dell’arrivo del buddismo.

 La corrente Huang – Lao


Dinastia Han fondata da Liu Bang anche detto Gaozu. Uomo incolto che aveva rapporto difficile con i letterati a corte.
Corrente Huang Lao: dell’Imperatore Giallo e di Laozi. Si vuole fornire al sovrano una guida per l’esercizio del potere, concepito
come parte intgrante dell’ordine universale che costituisce il Dao.
Questa corrente è associata sia:
- a autori taoisti
- che legisti (Han Feizi): ancoraggio della nozione di legge in quella di Dao, cioè dell’ordine politico nell’ordine naturale. E’
il Dao a generare la legge, occorre far rislarire il fondamento della legge all’inizio del cosmo. Il sovrano non ha da fare
nient’altro che starsene tranquillo, limitarsi a garantire che forme e nomi siano in perfetto accordo > adeguamento
delle forme e dei nomi (xingming).

 nel contesto conflittuale della fine degli Stati Combattenti, il Laozi e lo Huang Lao attribuiscono stessa priorità al Dao, ma
divergono per quanto riguarda la sua applicazione in ambito umano.

Corrente Huang Lao trova nell’ordine naturale la giustificazione di un ordine sociopolitico fortemente gerarchizzato.

 Lo Huainanzi
Saggio taoista in cui vi è la concezione dell’inizio del mondo inteso non come creazione ma come dispiegamento della realtà in
tre tempi.
Uomo è posto come punto agente cosmico in relazione punto per punto con il Cielo e la Terra.

 Cosmologia correlativa:
uomo legge nell’universo non soltanto i pricnipi che lo strutturano, ma anche le linee di condotta da seguire. Quindi lo Stato è
rapresentato come naturale, la politica come organica.
L’astronomia è per la politica ciò che la medicina è per il corpo umano – come turbare l’ordine macropscipico provocherebbe
caos e anarchia, così trascurare l’ordine microscopico provocherebbe malattia e sregolatezza.

 Il culto dell’unità
Dopo un periodo iniziale in cui predonima l’ideologia del non agire propria della corrente Huang – Lao, la centralizzazione del
mondo Han si realizza sotto il regno dell’imepratore Wu.
L’Uno Supremo diviene allora oggetto di culto imperiale.

Imperatore Wu si dota di un nuovo dispositivo di legittimazione svincolandosi dalla Huang – Lao. Egli coprese il ruolo che
potevano giocare i letterati confuciani nell’elaborazione di una nuova ideologia volta a sottendere l’ordine imperiale han.

Con editto del 136 a.C imepratore Wu stabilisce le cattedre imperiali per i dottori nei Cinque Classici confuciani – germe del noto
sistema di reclutamento dei funzioanri traite concorsi. La legittimità si prcolama sulla base del merito e non sulla nascita  la
corrente confuciana diviene un fenoemno di massa.

 Dong Zhongshu
Rielabora l’ideologia. Visione dell’universo come insieme organico retto al Cielo, progenitore di 10 000 esseri.
“Conformità degli uomini al sovrano, conformità del sovrano al Cielo”.
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Wang 王: tre tratti orizzontali collegati da un tratto verticale – il sovrano come asse centrale all’intersezione del Cielo, Terra e
Uomo.
 Imperatore è resposnabile davanti al Cielo. Per il fatto stesso di essere il rappresentante del Cielo, non può governare
in modo puramente arbitrario, ma deve conformarsi al Dao.

Mette in rapporto la gerarchia dell’ordine sociopolitico con la regolazione naturale dell’universo! In questo modo Dong
Zhongshu fornisce all’ordine gerarchico la sua miglior garanzia di costanza ed equilibrio, quella dell’ordine naturale.
 I Letterati dispongono di una temibile arma poltiica, che contribuisce a limitare l’arbitrio del potere imeperiale.

 La battaglia dei classici


Nel 213 a.C i letterati confuciani dell’inizio degli Han si vedono come i custodi d’una tradizione in parte frammentata che occorre
restaurare nella sua unità e coerenza.
La figrua di Confucio è ormai il centrale dispositivo di legittimazione della dinastia > gli Han gli associano tutto i lprcoesso di
canonizzazione dei testi.

 La c.d “confucianizzazione del legismo” sotto gli Han anteriori


Dong Zhongshu, ideologo della “grande unificazione” mitiga la forza coercitiva della legge come la concepiscono i legisti con
l’obbligo morale istaurato dai riti confuciani.
Il potere della legge che non ammette eccezioni viene temperato dal particoalrismo dei riti, prescrivono dei trattamenti
differenti in funzione dello status personale.
Es: giustificato così il comportamento di un padre che si asteine dal denunciare i lproprio figlio.

I letterati hanno accesso ai circoli di potere persuadendo i sovrnai Han della necesità di ricorrere alla lroo perizia sulla tradizione
passata per la gestioen del presente.

 Yang Xiong 53 a.C.—18 d.C.


Letterato che tenta di innovare e non si limita a commentare. Per lui non ci sono fonti maggiori di isprazione
Scrive:
a. Tai xuanjing 太玄經 Libro del Mistero supremo: cerca di decrittare le operazioni del Cielo – Terra. Non solo Yi ne Yang
ma triade: Cielo, Terra, Uomo. E’ una rappresentazione simbloica dell’universo e dei suoi mutamenti. Mette in rapporto
gl ishcemi cosmologici con la sicenza del calendario.
b. Fa yan 法言 parole modello: delinea sotto forma di dialogo un ideale di saggezza per l’uomo

 Wang Chong 王充 (27-100)


Opera principale: Lunheng 論衡 Saggi critici, ma letteralmente signfiica: Teorie poste sulla bilancia.
Parla del fenomeno della risonanza.
La risononaza non ha lugoo fra il Cielo e il mondo umano, si fa valere la sporpsozioe fisica e la distanza spazile che li separa.

 Han posteriori
Dopo la parentesi aperta da Wang Mang con la dinastia Xin, tutto diverso. Vi sono nell’imepro tendenze centrifughe e necessario
accorgersi che non si è riusciti a raggiugnere la Grande Pace.

Per porre rimedio al fallimento della dinastia, l’alternativa alla ricerca pragmatica di metodi di governo più efficaci è il ricorso al
fondo taoista.

Appare per la prima volta un taoismo collettivo.

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XIII. IL RINNOVAMENTO INTELLETUALE DEL III E IV SECOLO
Periodo dei Tre Regni e poi delle Sei Dinastie- divisione fra Nord e Sud che fura 4 secoli > creatività come negli Stati Combattenti.

I letterati possono scegliere tra la moralizzazione del confucianesimo tradizionale e la ricerca di una via altra, in ambiti rimasti fin
ad allora occulti o inesplorati.
- disimpegno politico dei letterati, moda dei “discorsi puri” e i “sette saggi del boschetto di bambù”.

Wang Chong:
lascia come unica opera dei commenti al Laozi, al Classico dei Mutamenti e ai Dialoghi di Confucio.
Questione del Saggio: ha natura impassibile ed immobile o è soggetto a passioni ed emozioni?
È superiore agli altri uomini comuni in quanto possiede una divina chiaroveggenza che gli consente di incarnare l’indifferenziato
ma è al contempo dotato di una natura umana.
 L’unità sottende tutto l’esistente: il molteplice è governato dal Supremo Solitario. Gli esseri hanno un padrone, un
prinicpio unico: il wu (termine ripreso dal Laozi) – che designa il non c’è. Il molteplice è il suoyi 所以 – ciò per
cui, che deriva dall’unità.

La complementarietà di ciò che non c’è ancora e di ciò che è effettivamente presente si può comprendere come il rapporto fra il
fondamento costitutivo e la sua messa in opera.

Esiste tra il fodnamento latente e la sua manifestazione un rapporto intrinseco come quello che esiste tra la radice (invisibile e
purtuttavia essenziale) e i rami (il cui dispiegarsi ne rappresenta il segno manifesto).

Per Wang Bi il Culimine supremo o Uno non è altro che il non c’è.

Affermare l’assoluto equivale già a determinarlo, ma se c’è delimitazione (fen 分) si perde l’assoluto.
 Nomi e forme sono equivalenti: sono delimitazioni che istituiscono inevitabilemnte la distinzione e la
differenziazione nell’Unità originaria! E dal momento hce si distingue, si nomina … non si può cogliere
l’Assoluto.

Confucio viene da Wang Bi posto al di sopra di Laozi e Zhuangzi per il fatto di essersi così perfettamente identificato con
l’indifferenziato da non aver bisogno di parlarne, mentre i due maestri taoisti, relegati all’ambito della realtà manifesta e del
discorso esplicito, ne hanno incessantemente parlato proprio perché non l’hanno potuto incarnare.

La contraddizione implicita in ogni tentativo di oclgiere l’assoluto si cristallizza nel paradosso stesso del linguaggio che, al
contempo, dice ciò che dice e rinvia ad altro.
 Silenzio = non mutismo ma al di là della parola, ciò che la parola non può esprimere.

Rapporto tra discorso manifesto e significato implicito:


Se quanto è manifesto ha uan radice che si scopre tramite un moviemnto di ritorno, eiste, secondo Wang Bi, una possibilità di
tornare al senso letterale del discorso, manifestato nei nomi e nelle forme, al senso celeato, sepolto come la radice passando per
la mediazione delle immagini – delle figure dei Mutamenti.
“La figura è ciò che manifesta il significato. Le parole sono ciò che spiegano la figura. Per andare al fondo del significato, nulla
vale quanto la figura; per andare al fodno della figura, nulla vale quanto le parole”.

Occore operare un autentico movimento di ritorno alla radice, all’unità originaria.


È posibile secondo Wang Bi accostare il Sao ineffabile tramite un ritrono che muove dal linguaggio ma che ha il suo esito
nell’oblio del linguaggio.

Il Dao è ineffabile e impossibile da cogleire attraverso il linguaggio ma contiente un prinicpio di intelligbilità che è costante – il Li,
caratteristica strutturata e strutturante del mondo, manifestazione del Dao.

La costanza del Dao disegna una struttura in cui gli esseri e i fenomeni più diversi nella loro molteplicità trovano la loro origine
comune in un unità. Fodnamentale.

Guo Xiang:
Vs l’indifferenziato di Wang Bi, immanentismo puro. Gli esseri e le cose procedono da loro stessi e non si mantengono in
esistenza che tramite relazioni che li tengono insieme poiché non scaturiscono da un’unica fonte.

Per Guo xiang il wu non è la fonte del mondo fenomenico come la concepiva Wang Bi ma si deve cosndierare coiem il puro e
semplcie contrario del c’è, vale a dire come il non c’è.

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Il c’è genera soltanto sé stesso. Non v’è un io che genera. Ciò che crea gli esseri non è un signore, ogni essere crea se stesso.
Poiché ogni essere si crea da se, esso non dipende da nulla. Autocreazione!

Per Guo Xiang, non v’è null’altro di ciò che si da a vedere – le cose hanno un signficiato di per sé. Il Dao quindi non designa
l’origine,
esso non è nulla’ltro che il nome attribuito alla spontaneità degli esseri.

Feniming: prinicpio di individuazione, l’aspetto particoalrizzante che al contempo manifesta a delimita la sua potenza di vita, vi
conferisce forma ed esistenza concreta.

Il governo perfetto lascia agire le distinzioni gerarchiche che sussitono in quanto parte dell’ordine naturale. Il mistero è il modno
reale: tutto è già qui e non v’è nulla al di fuori di questo.

Tradizione taoista
Pur se lo studio del Mistero ha riportato in auge il Laozi e il Zhuangzi, lo si è a torto qualificato come neotaoista in quanto ha
subito un’elaborazione differente rispetto al taoismo propriamente detto,

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LAOZI, IL DAODEJING

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SUN TZU BING FA L’ARTE DELLA GUERRA
Trattato di strategia militare di Sun Tzu.

Imparare l’arte della guerra e del pensiero strategico è di viatale importanza – ognuno di noi è in costante guerra con la parte
migliore e la parte peggiore di sé > “Tu sei il tuo peggior nemico”.

Per sconfiggere il tuo ego e raggiugnere la vittoria devi diventare un abile generale e uno stratega sopraffino.
Come si fa?
1. Creare piano a lungo termini basati su analisi scrupolose dell’ambiente circostante.
“Il genreale è il baluardo dello stato; se egli è perfetto sotto tutti i punti di vista, lo stato sarà forte; se il baluardo è imperfetto, lo
stato sarà debole

- Fine strategico – per muoverti nel presente devi avere un obiettivo chiaro nel futuro. Il generale deve sapre se la battaglia che
sta combattendo oggi lo condurrà all’obiettivo finale della vittoria
“non muoverti se non vedi n vantaggio; non usare le tue truppe a meno che non ci sia qualcosa da guadagnare”.

2. Analisi strategica - necessrio analizzare attentamente le forze del nemico, punti deboli e forti.
“Occorre comparare ccuratamente l’armata nemica alla nostra, in modo da consocere dove la forza è sovrabbondante e dove è
carente

3. Preparazione strategica: sei pronto ad affrontare i pericoli che dovrai affrontare? Di vitale importnaza è migliorare le
tue abilità per essere in grado di affrontare i pericoli che incontrerai sicuramente.
“L’abile comandante vince le sue battaglie soprattuto non facendo errori. Il non fare errori è fondamento della certezza della
vittoria, perché ciò significa battere un nemico che è già sconfitto.

4. Concentrazione della forza – per vincere la guerra devi convogliare le tue energie nel punto debole del nemico finché
egli non si arrenderà.
“Si può essere sicuri dei propri attacchi solo se si attacano luoghi privi di difesa”.

5. Esecuzione dettagliata del piano


“Il genrale che seguirà attentamente i miei consigli e agirà in conformità ad essi, vincerà. Il generale che non vi presterà ascolto
andrà incontro alla sconfitta.

6. Adattabilità: non esiste una strategia valida per ogni battaglia > il generale che non modifica i propri piani è destinato a
fallire.
“Come l’acqua modella il suo corso secondo la natura del terreno su cui scorre, così il genrale trova la vittoria in relazione al
nemico che ha di fronte”.

7. Studio delle regole alla base dell’arte della guerra: ci sono delle regole che se vengono seguite e applicate aumentano
drasticamente le possibilità di una vittoria.
“Il generale vincitore, prima che venga combattuta una battaglia, fa molte riflessioni nella sua tenda. Il genrale che perde la
battaglia fa pochi calcoli in anticipo”.

La propria crescita personale è comparata a una guerra – la vita è un gioco che ha regole molto serie, se non le segui dovrai
affrontare la sconfitta

L’arte della guerra è una sorta di manuale che vuole prepararci alle battaglie che la vita riserva a ciascuno di noi.  Per
prosperare in guerra, nello sport, negli affari e nella vita di tutti i giorni, dobbiamo essere in grado di  scegliere le nostre
battaglie (evitando quello perse in anticipo), identificare il momento più adatto per agire, pianificare strategicamente decisioni
ed azioni e circondarci di donne ed uomini di spessore.
“L’arte della guerra” si compone di 13 capitoli piuttosto densi che contengono delle riflessioni e dei consigli che ruotano attorno
allo stesso tema.
Il messaggi principale di questo breve ma denso saggio è che per vincere le nostra battaglie dobbiamo dedicare il tempo
necessario alla pianificazione ed alla strategia. Anche in ambiti in cui il nostro corpo è protagonista (penso allo sport), in realtà
è la mente a poter fare tutta la differenza.
“Se la mente vuole, la carne potrebbe andare avanti senza molte cose”.

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