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WOUND CARE

Lesioni da pressione, cosa sono e come si classificano


Pubblicato il 10.04.17 di Aislec
Aggiornato il 10.06.20

Per ulcera da pressione o lesione/danno da pressione s’intende una lesione localizzata alla
cute e/o al tessuto sottostante, solitamente localizzata su una prominenza ossea, come
conseguenza diretta di una elevata/prolungata compressione, o di forze di taglio o
stiramento, che determinano uno stress meccanico ai tessuti e la strozzatura dei vasi
sanguigni (EPUAP/NPUAP, 2016).

La stadiazione delle lesioni da pressione

Le lesioni da pressione (LdP) – oggi non più chiamate piaghe da decubito anche al fine di identificare il
principale processo fisiopatologico che porta alla loro insorgenza - si sviluppano generalmente in
corrispondenza di salienze ossee e vengono ordinate per gradi o stadi al fine di classificare il grado di
danneggiamento osservato nel tessuto.

Il sistema internazionale di classificazione delle Ulcere da Pressione elaborato dalla National Pressure
Ulcer Advisory Panel (NPUAP), European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP) e dalla Pan Pacific
Pressure Injury Alliance (PPPIA), stabilisce differenti stadi o categorie di lesione da pressione.

La suddetta stadiazione deve essere impiegata per la valutazione iniziale della profondità, ma non può
essere assolutamente impiegata per monitorarne la guarigione (stadiazione inversa).

Stadiazione delle lesioni da pressione


Categoria/Stadio I: Eritema non sbiancante
Cute intatta con eritema non sbiancante di un’area localizzata generalmente in corrispondenza di
una sporgenza ossea. L’area può essere dolorosa, solida, morbida, più calda o più fredda rispetto
al tessuto adiacente.

Categoria/Stadio II: Perdita cutanea a spessore parziale


Perdita di spessore parziale del derma che si presenta come un’ulcera aperta superficiale con un
letto della ferita rosso-rosa, senza tessuto devitalizzato (slough). Può anche presentarsi come una
vescica intatta o aperta/rotta piena di siero.

Categoria III: Perdita di cute a tutto spessore


Perdita di cute a tutto spessore. Il tessuto adiposo sottocutaneo può essere visibile, ma l’osso, il
tendine o il muscolo non sono esposti. Il tessuto devitalizzato (slough) può essere presente, ma
non oscura la profondità della perdita di tessuto. Le ossa/tendini non sono visibili o direttamente
palpabili. Può includere tratti sottominati e tunnellizzazione.

Categoria IV: Perdita tessutale a tutto spessore


Perdita di tessuto a tutto spessore con esposizione di osso, tendine e muscolo. Potrebbero essere
presenti slough o escara. Spesso include lo scollamento o la tunnellizzazione dei tessuti. Le ulcere
a questo stadio possono estendersi nel muscolo e/o nelle strutture di supporto (ad esempio: la
fascia, i tendini o la capsula articolare) favorendo l’osteomielite. Le ossa/tendini sono visibili o
direttamente palpabili.

Non stadiabile/non classificabile. Perdita a tutto spessore di cute o tessuto – profondità ignota
Perdita di tessuto a spessore totale in cui la base dell’ulcera è coperta da tessuto devitalizzato
(slough), che si presenta di colore giallo, marrone chiaro, grigio, verde o marrone e/o escara
(marrone chiaro, marrone o nero) presenti sul letto della lesione.

Fino al momento in cui lo slough e/o l’escara non vengono rimossi per rendere visibile la base
dell’ulcera, la vera profondità e pertanto la Categoria/Stadio non può essere determinata.

L’escara stabile (asciutta, aderente, intatta senza eritema o fluttuazione) sui talloni serve come
“copertura naturale (biologica) del corpo” e non deve essere rimossa.

Sospetto danno dei tessuti profondi–profondità ignota


Area localizzata di colore viola o marrone di cute intatta scolorita o flittene pieno di sangue,
dovuta al danno sottostante dei tessuti molli causato dalla pressione e/o dalle forze di taglio.
L'area può essere preceduta dalla presenza di tessuto doloroso, solido, pastoso, melmoso, più
caldo o più freddo rispetto al tessuto adiacente.

Le lesioni del tessuto profondo possono essere difficili da rilevare negli individui con tonalità di
pelle scura. L’evoluzione di questo stadio può includere una sottile vescica su un letto di ferita
scuro. La ferita può evolvere ulteriormente coprendosi con un’escara sottile.

L'evoluzione può essere rapida esponendo strati aggiuntivi di tessuto anche in presenza di un
trattamento ottimale.

Eziologia delle lesioni da pressione, i fattori implicati


La causa dell’insorgenza delle LdP è naturalmente correlata alla pressione esercitata sulla cute e sui
tessuti sottocutanei, ma diversi sono i fattori predisponenti o indirettamente responsabili. Per
maggiore chiarezza si usa distinguerli in:

fattori estrinseci: forze di attrito e di taglio e l’aumento della temperatura e dell’umidità della cute
(microclima avverso);
fattori intrinseci: fattori inerenti al paziente responsabili di una scarsa perfusione tissutale, di una ridotta
percezione sensoriale e di una insufficiente introduzione di principi nutritivi.
Le LdP possono insorgere sia quando le aree corporee entrano in contatto con superfici di appoggio
che esercitano alti livelli di pressione di breve durata, sia con bassi livelli di pressione di lunga durata.

La capacità della pressione di sviluppare LdP si correla e deriva principalmente dai fattori di rischio
intrinseci ed estrinseci precedentemente descritti.

Una revisione della letteratura indica che le LdP si sviluppano tra la prima ora e le 4-6 ore successive ad
un carico continuato.

1. Attrito o frizione: forza esercitata da due superfici che si muovono l’una contro l’altra, quando tra loro
esiste un contatto che genera calore, per sfregamento delle due parti. Il fenomeno si manifesta al
momento del cambio di postura, (la movimentazione del paziente deve avvenire per rotazione o
sollevamento, mai per trascinamento) o quando la forza di gravità causa lo scivolamento del paziente ai
piedi del letto.
2. Forze di stiramento: si presentano maggiormente nella posizione semi-seduta o di Fowler nella sua
variante alta, determinando lo scivolamento del corpo in avanti e in basso fino a raggiungere la
posizione supina. In questo caso, quando il paziente si muove, l’attrito tra la cute e la superficie di
supporto tende a trattenere la cute in posizione, generando forze di taglio che spostano e deformano i
tessuti più profondi, causando lo strozzamento dei vasi, ischemia tessutale fino alla necrosi.

3. Umidità: le condizioni (incontinenza, drenaggio di fistola, sudorazione, iperpiressia ecc.) che causano un
incremento della temperatura e/o elevati livelli di umidità in corrispondenza dell’interfaccia tra cute e
superficie di supporto. La sudorazione conseguente all’aumento della temperatura può causare la
macerazione della cute, così come l’eccessiva umidità causata da incontinenza urinaria o fecale,
determina un danno diretto alla cute per effetto sia di agenti chimici o tossici, sia per la modificazione
del pH cutaneo, conseguente alla trasformazione dell’urea in ammoniaca.

È però importante sottolineare la necessità di una diagnosi differenziale tra lesioni da pressione e
dermatiti associate all’incontinenza (IAD – incontinence associated dermatitis), visto che può
succedere di non riconoscere le IAD: queste si sviluppano quando la superficie cutanea viene
esposta ai liquidi biologici nella zona perianale e inguinale per tempi prolungati.

Cuscini e materassi:

mantengono il calore

riscaldano la cute aumentandone il metabolismo


esacerbano gli effetti dell’ischemia.

La comprensione di tali meccanismi ci permette di spiegare le possibili differenze nello sviluppo delle
LdP, distinguendole in superficiali e profonde (WUWHS, 2016):

le LdP superficiali sono generate da fattori che alterano le caratteristiche fisiche della cute, che agiscono
unitamente all’azione di forze di taglio e di pressione, provocando la progressione del danno in profondità,
quindi dall’esterno verso l’interno, dall’alto verso il basso;
le LdP profonde sono imputabili alla pressione e alle forze di taglio che causano compressione dei tessuti
profondi in prossimità di una sporgenza ossea. In tal caso la lesione origina dal basso per poi estendersi
verso l’alto.

Le complicanze che possono derivare dalle lesioni da pressione


Il paziente con LdP può andare incontro più frequentemente alle seguenti complicanze (Calosso
A.2004):

disidratazione, anemia, squilibri idroelettrolitici e deplezione proteica;


sepsi ed osteomielite (inerenti al III e IV stadio e nelle ulcere chiuse) che rappresenta il 38% di causa di
mortalità nelle persone anziane e nei portatori di lesioni multiple;

infezioni: nel 30% dei casi si tratta di batteriemia polimicrobica rappresentata da germi Gram-negativi,
come il Proteus mirabilis, l’Escherichia coli, lo Pseudomonas aeruginosa e la Klebsiella e da germi anaerobi
come il Bacteroides fragilis.

Lesioni da pressione, chi sono i pazienti a rischio?


Anziani ultrasettantenni
Mielolesi per la riduzione della sensibilità

Miastenici per la riduzione della forza di contrazione muscolare

Sclerosi multipla per la presenza di spasticità e parestesie


Pazienti oncologici

In stato di coma per immobilità assoluta

Neurolesi o politraumatizzati
Diabetici a causa della neuropatia

Portatori di apparecchi gessati

Le sedi a rischio di sviluppare lesioni da pressione


Le lesioni da pressione si possono sviluppare potenzialmente in tutti i punti di contatto del corpo con il
piano di appoggio: l’immobilità costituisce un fattore maggiormente predisponente l’insorgenza.

Negli adulti i siti più comuni sono il sacro e il tallone; nei bambini e neonati l’area maggiormente
esposta è rappresentata dalla cute che ricopre l’osso occipitale.

Altre sedi predisposte al rischio di insorgenza di LdP sono:

ischio;

caviglia;
gomito;

anca.

Una menzione a parte meritano i dispositivi medici (sondini naso-gastrici, tubi per tracheostomia,
stecche per immobilizzazione, ecc.), che possono causare lesioni da pressione sui tessuti molli,
irritazione o danneggiamento della cute.
Articolo a cura di:

Peghetti Angela, Seri Roberta, Iacoviello Arianna

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