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“PROGETTO NURAGHE”- FASE 1

PIATTAFORMA POLIFUNZIONALE E SITO DI RACCOLTA


Zona Industriale “La Marinella” Porto Torres (SS)

V.I.A. e A.I.A.
TITOLO: T8 GEN IQ RE 01
CODICE
ELABORATO: Relazione geologica e idrogeologica
CODICE PROGETTO: PVI 100010 DATA: 30 GIUGNO 2016 REVISIONE: 00

IL PROPONENTE:
Syndial S.p.A.
Piazza M. Boldrini, 1 - San Donato Milanese (MI)

Il Proponente Il Progettista Il Tecnico Incaricato

Dott. A. Milani (*)

Dott. Ing. M. Troni Dott. A. Milani Dott. Ing. G.Locci


SYNDIAL S.p.A. ARCADIS Italia S.r.l. (*) RTP Studio Tecnico LOCCI (**)
(*) Mandataria dell’ATI di Progettazione ASTALDI S.p.A., PETROLTECNICA S.p.A., SIMAM S.p.A., ARCADIS ITALIA
S.r.l., FURIA S.r.l. e DOMUS S.r.l, aggiudicataria delle attività di progettazione ed esecuzione degli interventi
(**) Rappresentante del RTPDott. Ing. Giovanna Locci, Dott. Chim. Nicoletta Crabas, Dott. Ing. Michela Manca,
Dott.Ing. Luca Porru, Dott. Ing. Paolo Giovanni Soraggi
PROGETTO NURAGHE: FASE 1
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RELAZIONE GEOLOGICA E IDROGEOLOGICA

SOMMARIO
1. PREMESSA................................................................................................................................................................. 4

1.1. Normativa di riferimento.............................................................................................................4

2. UBICAZIONE............................................................................................................................................................... 5

3. DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI..........................................................................................................................7

4. INQUADRAMENTO GEOLOGICO, IDROGEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO................................................8

4.1. Inquadramento geologico regionale............................................................................................8

4.2. Inquadramento geologico locale................................................................................................11

4.2.1. Inquadramento geologico del Settore B........................................................................................12

4.3. Inquadramento tettonica..........................................................................................................14

5. INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO............................................................................................................16

5.1. Caratteri dell’area vasta.............................................................................................................16

5.2. Fascia montana.........................................................................................................................17

5.3. Fascia pedemontana.................................................................................................................18

5.4. Fascia costiera..........................................................................................................................19

5.5. Area sommersa........................................................................................................................20

6. CARATTERIZZAZIONE IDROLOGICA E IDROGEOLOGICA.................................................................................21

6.1. Caratterizzazione idrologica.......................................................................................................21

6.2. Caratterizzazione idrogeologica................................................................................................24

7. CARATTERIZZAZIONE E MODELLAZIONE GEOLOGICA...................................................................................28

8. ANALISI E DESCRIZIONE DELLA SISMICITÀ STORICA......................................................................................32

9. ANALISI E DESCRIZIONE DEGLI EVENTI GEOMORFOLOGICI, IDROGEOLOGICI E IDRAULICI PREGRESSI...............34

9.1. Analisi e descrizione di eventuali situazioni di franosità pregresse ...............................................34

9.2. Analisi e descrizione di eventuali situazioni di dissesto idrogeologico e idraulico pregresso ..........34

9.3. Analisi e descrizione delle condizioni di antropizzazione presenti nel contorno ...........................34

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10. INTERFERENZE CON IL PIANO STRALCIO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO............................................35

11. MODELLAZIONE SISMICA.....................................................................................................................................36

11.1. Definizione delle forme spettrali definite dal D.M. 14.1.08...........................................................36

11.2. Parametri del nodo sismico di riferimento.................................................................................37

11.2.1. Parametri VN e CU..........................................................................................................................37

11.2.2. Parametri spettrali.........................................................................................................................40

11.3. PARAMETRI DI RISPOSTA SISMICA LOCALE..............................................................................40

11.3.1. Calcolo della VS30 per la definizione della categoria del suolo di fondazione.............................40

11.3.2. Categoria di sottosuolo e condizioni topografiche......................................................................41

11.3.3. Accelerazione massima attesa in superficie.................................................................................42

12. PARAMETRI DI RISPOSTA SISMICA LOCALE.....................................................................................................44

13. ANALISI DELLA PERICOLOSITÀ GEOLOGICA.....................................................................................................44

13.1. Pericolosità geomorfologica....................................................................................................45

13.2. Problematiche idrogeologiche.................................................................................................45

13.3. Problematiche idrauliche.........................................................................................................45

14. CONCLUSIONI.......................................................................................................................................................... 45

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1. PREMESSA

La Scrivente Costituenda Società Consortile ha redatto la presente Relazione Geologica E


geotecnica relativamente alle attività riguardanti la bonifica di alcune aree poste all’interno del
petrolchimico di Porto Torres (SS).
L’obiettivo del documento è quello di definire le caratteristiche geologiche, geomorfologiche e
idrogeologiche del settore in cui insisteranno le seguenti strutture:
 Piattaforma di trattamento;
 Area deposito terreni conformi
 Sito di Raccolta;

1.1. Normativa di riferimento

Il progetto di cui alla presente relazione è redatto in conformità alla seguente normativa:
 Decreto Ministeriale 14.01.2008,Testo Unitario ‐ Norme Tecniche per le Costruzioni Consiglio
Superiore dei Lavori Pubblici, Istruzioni per l’applicazione delle “Norme tecniche per le
costruzioni” di cui al D.M. 14 gennaio 2008. Circolare 2 febbraio 2009.
 Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici Pericolosità sismica e Criteri generali per la
classificazione sismica del territorio nazionale.Allegato al voto n. 36 del 27.07.2007 PCM ‐
Dip. Protezione Civile, Indirizzi e criteri per la Microzonazione sismica, Parti I , II e III. Roma
settembre 2008.

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2. UBICAZIONE

Il polo chimico oggetto degli interventi di messa in sicurezza ricade interamente nel territorio del
Comune di Porto Torres, Provincia di Sassari, Sardegna Nord-Occidentale.

figura 1 Ubicazione del petrolchimico

Nel corso delle attività di caratterizzazione, lo Stabilimento è stato suddiviso in quattro


differenti Settori:

 Settore “A”: che comprende l’area dello Stabilimento all’interno della recinzione fiscale,
nella quale sono concentrati gli impianti produttivi ed i serbatoi in esercizio;

 Settore “B”: che si sviluppa in direzione nord-sud lungo il perimetro occidentale dello
stabilimento e che include le aree denominate “Minciaredda” e “Minciaredda Sud”;

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 Settore “C”: che comprende la porzione di stabilimento compresa tra il Settore “A” ed il
Settore “B”;

 Settore “D”: che comprende i terreni di proprietà Syndial ed Anic Partecipazioni ubicati
nella porzione ovest e sud-ovest dello Stabilimento.

Il presente elaborato si occupa principalmente di una porzione del Settore B dello stabilimento
identificata come area “Minciaredda Sud”.

Nelle seguenti immagini viene riportata l’ubicazione della piattaforma, del sito di raccolta e
dell’area di deposito dei terreni conformi presso Minciaredda Sud.

Figura 2 Inquadramento territoriale: localizzazione delle Piattaforma

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3. DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI

L’appalto ha per oggetto “le attività riguardanti la bonifica di alcune aree poste all’interno del sito
Syndial di Porto Torres: Minciaredda, Area Palte Fosfatiche, Area Peci DMT, trattamento terreni da
bonificare on site e Smaltimento dei rifiuti derivanti dalle Demolizioni dell’impianto acido fosforico e di
altri impianti presso il sito”. Trattasi di alcune aree interne alla proprietà Syndial nel SIN di Porto Torres
aventi le seguenti caratteristiche principali:

 Minciaredda – superficie di circa 29 ha (cfr paragrafo 2.1 del Progetto di Messa in sicurezza
Permanente revisione 4 – Saipem 2010) caratterizzata dalla presenza di una grossa quantità
di residui delle lavorazioni industriali;
 Palte Fosfatiche – superficie di circa 3 ha caratterizzata dalla presenza di residui di
produzione e lavorazione dell’acido fosforico a partire dalla fosforite Peci DMT – superficie
di circa 1,5 ha caratterizzata dalla presenza di vasche contenenti residui del processo di
produzione del dimetiltereftalato;
 Terreni contaminati non trattabili con tecnologie in situ;
 Residui della demolizione di impianto acido fosforico e di altri impianti ed edifici.

La presente relazione si riferisce in particolare all’area della piattaforma polifunzionale che verrà
realizzata in area Minciaredda Sud al fine di bonificare i terreni contaminati.

Si rimanda alla Relazione Generale R1 per maggiori dettagli.

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4. INQUADRAMENTO GEOLOGICO, IDROGEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO

4.1. Inquadramento geologico regionale

Il comune di Porto Torres ricade in larga parte su sedimenti del Miocene inferiore-medio:
depositi silicoclastici e carbonatici prevalentemente di ambiente marino. Questi sedimenti, nel
complesso, rientrano nel cosiddetto “secondo ciclo sedimentario miocenico”, che va dal
Burdigaliano superiore al Serravalliano inferiore.

Figura 3 Estratto della carta geologica

All'interno dei limiti comunali, in un'area che va da Nuraghe Minciaredda (a nord) e località
“Rosario” (a sud) fino al Rio Mannu, affiorano sedimenti della parte bassa della successione del
secondo ciclo miocenico. Questi, datati fra il burdigaliano e il langhiano medio-superiore, poggiano
su depositi clastici basali continentali, o direttamente in discordanza su un substrato costituito da
rocce vulcaniche oligo-mioceniche o vulcanoclastiche-epiclastiche. Le litologie variano da arenarie e
calciruditi ad ostree, talora con lenti argillose, a conglomerati ad ostree con cemento calcareo e
manganesifero con elementi di basamento paleozoico e di vulcaniti cenozoiche. Al di sopra di
questi depositi, il cui spessore è generalmente modesto, vi sono le tracce della presenza di una

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piattaforma carbonatica che nel sassarese raggiunge diverse decine di metri di spessore. La
piattaforma è costituita soprattutto da calcari bioermali e biostromali, calacri marnosi o arenacei,
calcareniti e biocalcareniti, molto ricchi in alghe calcaree, coralli, molluschi, ecc. Le associazioni
fossili e l'analisi delle litofacies indicano ambienti litorali e neritici nei quali l'impostazione della
piattaforma carbonatica era limitata alla sommità dei blocchi tiltati, con rapidi cambiamenti laterali
di facies. Superiormente ma anche lateralmente ai calcari di piattaforma affiorano diffusamente
depositi marnosi e marnoso arenacei torbiditici. Questi sono presenti ad est del rio mannu, e si
rinvengono in una vasta area fino a Sassari. Si tratta di depositi che riflettono le massime batimetrie
raggiunte dai bacini sedimentari della Sardegna centro-settentrionale nel miocene medio
(condizioni epibatiali). Gli spessori raggiungono un centinaio di metri e il contenuto fossilifero è
molto abbondante. L'età è compresa fra il burdigaliano superiore e il langhiano inferiore. Al top
della successione è presente una superficie erosiva connessa ad una fase regressiva (regressione
serravalliana).

Ad ovest di Porto Torres, dallo sbocco a mare di Fiume Santo fino a “Maccia dassona”, affiorano
depositi continentali del miocene superiore che testimoniano aree non interessate dalla
trasgressione tortoniana. Si tratta di depositi di ambiente alluvionale con caratteristiche
prevalentemente di alluvial fan, dominati da mud flow che danno origine a conglomerati fango-
sostenuti. Sono anche presenti facies francamente fluviali con caratteristiche di piana di tipo
braided; in questi casi i conglomerati sono clasto-sostenuti con matrice arenacea. L'età tortoniana è
stata confermata dal ritrovamento di denti di Oreopithecus. Poco più ad est, in una fascia
nordovest-sudest che arriva fino alla località “Barrabo”, affiorano vulcaniti del ciclo oligomiocenico
aventi composizione da intermedia ad acida (“serie ignimbritica”). La stratigrafia vulcanica, in
quest'area come in tutta la nurra orientale, si presenta di difficile ricostruzione a causa delle
numerose interdigitazioni tra i flussi lavici andesitici e quelli piroclastici, e per la mancanza di livelli
marini databili paleontologicamente. Sulla base delle datazioni radiometriche, dei rapporti
stratigrafici e dei caratteri vulcanologico-petrografici, la successione vulcanica risulta composta da
flussi lavici e domi andesitici, che si intercalano con depositi piroclastici pomiceo-cineritici da poco a
ben saldati. La successione continua verso l'alto con ignimbriti molto ben saldate (datate circa 20
Ma) con alternanze di flussi pomiceo-cineritici e ignimbriti saldate. La successione termina con
duomi e flussi lavici a composizione da dacitica a riolitica e subordinatamente da depositi
piroclastici. Il settore sud-occidentale del comune di Porto Torres presenta litologie molto diverse
da quelle finora esaminate. In una fascia che va da “Renuzzo” (a sud di nuraghe Margone) fino a
Monte delle Case, passando per Nuraghe Biunisi, e poi nei dintorni del Monte Elva si rinvengono
rocce del triassico medio-superiore che sovrastano depositi continentali permo-triassici. Si tratta di
carbonati marini in facies di Muschelkalk che talvolta possono poggiare direttamente sul
basamento metamorfico. La successione comprende dolomie e subordinatamente dolomie cariate
con lenti di marne gessose, seguite da calcari scuri, marne e calcari marnosi a lamellibranchi,
cefalopodi, brachiopodi e crinoidi. Lo spessore dei carbonati raggiunge nella Nurra i 150 metri. A

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Monte Elva – nuraghe Margone, e poi a sud (Monte Bose, Monte Alvaro) affiorano invece litologie
giurassiche. Questa successione, potente quasi 800 m, viene divisa in varie unità litostratigrafiche.
La base, in continuità stratigrafica con il triassico superiore (Keuper), è costituita da alcune decine
di metri di dolomie con scarso contenuto fossilifero. Seguono calcari dolomitici, oolitici e bioclastici,
e livelli marnosi, riferibili ad ambienti di piattaforma esterna. A queste litologie si intercalano livelli
di arenarie a stratificazione incrociata, con pettinidi e microconglomerati ad elementi di quarzo,
riferibili ad ambienti litorali. La sedimentazione carbonatica prosegue nel livello successivo (datato
Dogger), rappresentato da potenti spessori – 400 o 500 m – di calcari oolitici e bioclastici, calcari
marnosi e dolomitici, marne e dolomie. In questa unità, verso l'alto si rinvengono prevalentemente
dolomie, alternate a calcari micritici e biocalcareniti. Il contenuto fossilifero è vario ed abbondante.
Locali emersioni sono documentate da hard ground, facies a bird-eyes e faune ad ostracodi di
ambiente lagunare. L'unità successiva, datata Malm, è potente circa 200 m. E' costituita da dolomie
con alternate lenti calcaree a bird-eyes, con cristalli pseudomorfi di gesso, ostracodi e carofite che
testimoniano continue e ripetute emersioni. Il contenuto fossilifero è scarso. Seguono calcari
micritici con locali intercalazioni di dolomie (circa 50 m) che verso l'alto si alternano a livelli marnosi
a carofite finemente laminati, che indicano il graduale cambiamento da ambienti marini verso le
successive condizioni lagunari-lacustri del Barresiano (“facies purbeckiana”).

Lungo le sponde dei fiumi principali, Fiume Santo ad ovest e riu Mannu ad est, affiorano infine
sedimenti quaternari, da sabbie a ghiaie.

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4.2. Inquadramento geologico locale

Il settore si caratterizza per gli affioramenti appartenenti all’oligo – miocene. E


subordinatamente alle formazioni mesozoiche. Quaternario è poco esteso e limitato ai fondo valle
e ai depositi litorali di spiaggia e dunali. Particolare rilevanza rivestono i depositi antropici.

Figura 4 Estratto della carta Geologica

La geologia del Settore “B” è principalmente costituita da una serie sedimentaria di età Oligo
Miocenica, sovrapposta ad una serie vulcanica.

Di seguito si riporta uno stralcio della carta Geologica d’Italia (Foglio 179 - scala 1:100000) con
ubicazione dell’area di interesse. Nell’ Elaborato EL 2 Carta Geologico Geomorfologica viene
riportato inoltre stralcio della carta geologica a scala 1:10000.

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L’analisi della carta geologica e delle sezioni stratigrafiche (presentate nei documenti
precedentemente inviati alle PP.AA) consente di osservare che il Settore “B” si inserisce in un
contesto generale di basso strutturale: da S verso N si assiste ad un progressivo approfondimento
delle dolomie e dei calcari mesozoici per effetto di faglie normali ad alto angolo. Nel settore
centrale dell’area la successione sedimentaria miocenica raggiunge la sua massima potenza. Essa è
costituita da conglomerati e arenarie, intercalati a sabbie, limi e argille, a testimonianza di una
marcata variabilità laterale che si somma a un forte controllo tettonico sin e post sedimentario.

Limitatamente al settore settentrionale dell’area, si assiste ad un progressivo sollevamento


delle vulcaniti oligo-mioceniche, che affiorano in corrispondenza della costa.

4.2.1. INQUADRAMENTO GEOLOGICO DEL SETTORE B


Di seguito vengono presentate le unità litostratigrafiche rilevate in corrispondenza della
porzione di Stabilimento identificata come Settore “B” (dalle più recenti alle più antiche).

 Unità dei ricoprimenti recenti;

 Unità calcareo arenacea miocenica;

 Unità continentale conglomeratica miocenica;

 Unità delle vulcaniti oligo-mioceniche;

 Unità carbonatica mesozoica. Per maggiori informazioni riguardo ai rapporti stratigrafici si


rimanda alle sezioni A-A' orientata N-S e B-B 'e C-C' orientate Est-Ovest presentate nel
documento “Piano della caratterizzazione – Risultati delle indagini SETTORE “B”” nel 0/S
No 00-8/-8-94117 di Annesso 1.

Unità dei ricoprimenti recenti

Tale unità risulta composta da due differenti litotipi:

• Riporti e residui di lavorazione;

• Depositi limo-sabbiosi

Tale unità verrà riscontrata anche nelle ulteriori aree di interesse.

Di seguito sarà presentata descrizione dei sopraccitati materiali

Riporti e residui di lavorazione (Minciaredda Nord)

Sono costituiti prevalentemente da sabbia sciolta o poco addensata, frammista a ghiaia sub-
angolare poligenica ed eterometrica. Sovente sono stati rilevati frammenti di laterizi, residui di
demolizioni, frammenti vegetali e residui di lavorazione (teli plastici e granuli di polimeri, oli,
materiale nero oleoso e caratterizzati da odore acre e intenso); questi ultimi materiali sono presenti

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in modo discontinuo con spessori variabili tra 30 cm e 6 m.

Per maggiori informazioni riguardo alla distribuzione dei residui di lavorazione si rimanda al
tomo 1.

Depositi limo-sabbiosi

Risultano posizionati al di sotto dei materiali di riporto e sono caratterizzati dalla presenza di
depositi terrigeni moderatamente addensati. Sono costituiti da sabbia fine debolmente limosa, di
colore variabile da ocra a marrone, con frammenti litici grossolani di natura calcarenitica. A tratti si
osservano intercalazioni argillose o limose centimetriche, di colore variabile dal grigio al verdastro.

Tali depositi sono formazioni del Plio-Quaternario e vanno considerati come elementi residui di
un sistema fluvio-litorale.

In seguito alle variazioni del livello medio dei mari e delle conseguenti reimpostazioni della
quota di base dei corsi d'acqua, si è avuta una alternanza di fasi erosive e fasi di prevalente
accumulo.

I sedimenti plio-quaternari presentano dei caratteri litologici strettamente connessi con le


variazioni del livello dei mari. In particolare sono presenti:

 Litotipi argillosi e limo argillosi di ambiente palustre e lacustre;

 Litotipi limo, sabbiosi e ciottolosi di ambiente alluvionale;

 Litotipi sabbioso limosi di ambiente litorale.

L'insieme di tali depositi presenta spessori compresi tra 8 e 26 m e poggia direttamente


sull'unità calcareo-arenacea.

Unità calcareo - arenacea miocenica

Risulta prevalentemente composta da una calcarenite fossilifera, di colore bianco giallastro, la


cui parte più superficiale risulta fratturata e degradata mentre, nella porzione posizionata più in
profondità, risulta lapidea e poco fratturata. In prossimità della porzione fratture si osservano dei
riempimenti prevalentemente argillosi dal colore grigio verdastro.

Nell'ambito della stessa formazione sono presenti variazioni di composizione, che individuano
zone a prevalente composizione arenacea e altre con caratteri più marcatamente calcarei.

Di seguito vengono elencati i caratteri più frequenti:

• Depositi calcareo-organogeni, talvolta in facies arenacea, con intercalazioni di livelli sabbiosi;

• Depositi marnoso-arenacei, costituiti da alternanza di marne, argille e sabbie marnose.

Lo spessore di tale unità è risultato variabile tra 10 m a 60 m.

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Unità conglomeratica continentale miocenica:

Si tratta di depositi terrigeni costituiti da sabbie medie e grossolane, a vario grado di


addensamento, talvolta cementati da carbonato. Le sabbie sono alternate a livelli conglomeratici
poligenici, costituiti da clasti subarrotondati di quarzo, scisto, calcare, dolomia e secondariamente
ignimbrite.

Lo spessore di tali depositi è risultato variabile tra 8-12 metri.

Unità delle vulcaniti oligo-miocenche:

I depositi del ciclo vulcanico sono caratterizzati dalla presenza di due diversi litotipi:

• Ignimbriti in bancate di colore da rosato a rosso violaceo

• Tufiti cineritico-pomicee.

Le ignimbriti si presentano generalmente poco fratturate.

Le tufiti si presentano come accumulo di materiali incoerenti costituiti da polveri, brandelli


vetrosi e cristalli originati dall'attività vulcanica e successivamente cementati. Si presenta sotto
forma di argilla sabbiosa a causa di fenomeni di alterazione dei minerali.

La composizione granulometrica è caratterizzata da elementi minuti quali ceneri e pomici e


abbondanti frammenti rocciosi di media grandezza.

Nel settore B i litotipi dell'Unità vulcanica affiorano in aree limitate in corrispondenza della
"cava gessi" e lungo il perimetro orientale del settore.

Unità carbonatica-mesozoica

E' costituita da calcari e calcari dolomitici lapidei e con diverso grado di fatturazione. Le fratture
possono presentare un riempimento argilloso grigio verdastro

4.3. Inquadramento tettonica


La successione miocenica che va dal Burdigaliano superiore al Messiniano è divisa in due cicli
(“2° ciclo” e “3° ciclo miocenico”) separati da una fase di emersione con erosione di età
serravalliana. Lo hiatus sedimentario è breve e probabilmente maggiore nella Sardegna
settentrionale, dove è marcato anche da una discordanza angolare (M. Santo, Logudoro, Scala di
Gioca, Sassari. Nel Sassarese sono documentate faglie dirette orientate E-W (ad es.: Faglia di Ittiri) e
NNW-SSE riattivate nel Serravalliano-Tortoniano. E’ probabile che anche nella Sardegna meridionale
le stesse faglie che hanno portato all’individuazione dei semigraben del “2° ciclo” siano state

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riattivate poi nel Serravalliano. L’attività tettonica durante il “3° ciclo” miocenico è testimoniata sia
nel S che nel N dell’Isola da vistosi slumping, locali emersioni, frequenti faglie minori sin-
sedimentarie, brecce e discordanze intraformazionali. La maggiore struttura che si è sviluppata in
questo periodo è l’attuale margine orientale dell’Isola, che si è impostato a partire dal Tortoniano
superiore e la cui evoluzione è proseguita fino al Quaternario. Ai depositi regressivi messiniani
segue in discordanza il Pliocene inferiore marino che affiora molto sporadicamente in Sardegna. Il
Plio-Quaternario è caratterizzato da un vulcanismo da alcalino a transizionale e da potenti depositi
conglomeratici che testimoniano una significativa attività tettonica anche in questo periodo. Indagini
sismiche nel Campidano mostrano che l’attività della faglia che limita a NE l’horst dell’Iglesiente- Sulcis
e che ha controllato la sedimentazione miocenica, continua anche nel Plio-Quaternario, sviluppando in
questo periodo di tempo un rigetto di circa 600 m. L’attività di questa faglia sarebbe continuata fino al
Pleistocene, Mindel compreso e Tirreniano escluso. Il riempimento del semigraben plio-quaternario
del Campidano è costituito da sedimenti clastici grossolani (Formazione di Samassi) che testimoniano
un energico ringiovanimento del rilievo. Allo sprofondamento del Campidano corrisponde un
sollevamento delle aree limitrofe. Particolarmente evidente è il sollevamento durante il Pliocene-
Quaternario del basamento paleozoico compreso tra il Campidano ed il margine orientale dell’Isola. In
quest’area il corso a meandri incassati del Fiume Flumendosa sembra essersi approfondito di circa 400
m a partire dall’altopiano su cui poggia il plateaux basaltico pliocenico di Orroli, testimoniando un
vistoso ringiovanimento del rilievo. Il ringiovanimento plio-quaternario del rilievo è ben documentato
anche nella Sardegna settentrionale, dove i sedimenti messiniani di M. Santo affiorano a circa 700 m di
quota e dove i basalti pleistocenici mostrano vistose inversioni del rilievo, con colate che talvolta
affiorano a qualche centinaio di metri più in alto degli attuali fondovalle. Le faglie che controllano il
sollevamento di gran parte dell’Isola, quando non sembrano riattivare strutture precedenti, hanno
generalmente un’orientazione meridiana parallela a quella del margine occidentale e orientale. Faglie
con questo andamento sono evidenti nel Salto di Quirra, dove rigettano sensibilmente le coperture
tabulari terziarie, nel Sulcis e nel Logudoro dove rigettano i calcari del Tortoniano-Messiniano.

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5. INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO

L’intero territorio nord occidentale della Sardegna assume un significativo ruolo nell’ambito
della geomorfologia e dell’evoluzione del paesaggio dell’intera isola; non a caso, solo
recentemente, agli inizi degli anni ’90 sono state riconosciute le precise età dei sedimenti fluvio-
continentali che orlano i rilievi ed hanno imposto una nuova rivisitazione degli aspetti morfologici e
stratigrafici di quest’area. Si rimanda alla tavola Carta Geomorfologica allegata alla presente
relazione per la caratterizzazione dell’area di intervento.

5.1. Caratteri dell’area vasta

E’ opportuno, pertanto, identificare un quadro generale delle condizioni geomorfologiche del


territorio e, solo successivamente, affrontare una visione più mirata degli aspetti geomorfologici
che connotano tre evidenti zone morfogenetiche identificabili nell’area costiera, nell’area
pedemontana e nell’area interna. Si ritiene opportuno far rapidissimo cenno anche all’area
sommersa sottesa al litorale poiché anch’essa costituisce un unicum nella continuità
geomorfologica con la zona continentale.

Il territorio di Porto Torres “oltre Rio Mannu”, ad ovest del corso del fiume, è caratterizzato da
un paesaggio fossile scolpito in un ambiente sub tropicale riferibile al Miocene medio-superiore; le
recenti vicissitudini geologiche subentrate successivamente negli ultimi 3 milioni di anni non hanno
avuto un particolare ruolo di rimodulazione del paesaggio poiché l’intera area della Nurra ha subito
solo un modesto riequilibrio isostatico insufficiente ad un profondo ringiovanimento del paesaggio
e conservando le linee dominanti dell’antica morfogenesi miocenica.

Altro aspetto particolarmente significativo di quest’area è riconducibile all’imponente


trasformazione che essa ha avuto con il passaggio dal Miocene finale al Pliocene quando, a seguito
della fortissima riduzione del Mediterraneo, l’intera fauna dell’isola è cambiata passando dalla tipica
fauna africana a quella europea che, ancora oggi, domina il territorio seppur mutata nelle sue
specie e nella sua distribuzione. Questo importante dato costituisce una importante testimonianza
a valenza internazionale che è presente proprio nei sedimenti dell’area immediatamente ad ovest di
Porto Torres, riversando in questo territorio una valenza scientifico culturale di grande peso per il
patrimonio della Sardegna.

Un ulteriore significato generale per questo territorio è offerto dai rilievi carsici che
caratterizzano tutta l’area ad occidente del rio Mannu di Porto Torres; queste colline sono la
continuità morfologica ed idrogeologica dei più noti affioramenti carbonatici della zona di Alghero
che culminano con il promontorio di Capo Caccia e Punta Giglio. Infatti, la circolazione carsica in

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questi ambienti favorisce la scomparsa di reali drenaggi superficiali a favore di scorrimenti ipogeici
poco profondi che emergono attraverso sorgenti carsiche in molte parte dell’area, anche in prossimità
della costa.

I lavori effettuati a Fiume Santo per la costruzione delle strutture della termocentrale hanno
messo in luce la particolare condizione del basamento calcareo del Mesozoico lungo la fascia
costiera. Queste rocce appaiono fortemente fratturate e dislocate a differenti profondità, offrendo
una situazione di particolare squilibrio nella continuità dell’appoggio delle formazioni superficiali.
Dall’analisi dei dati appare evidente una linea di distacco che segue parallela all’attuale linea dei
versanti gli affioramenti del Mesozoico, mentre più ad ovest, verso Stintino, al cambio della litologia
sul basamento paleozoico lo spessore dei depositi terziari riconducibili a Scala Erre raggiungono
potenze superiori ai 15/20 metri fino al substrato e i dati in possesso appaiono insufficienti per
ipotizzare una continuità di tali morfologie strutturali.

Un elemento non trascurabile nell’impostazione del quadro geomorfologico dell’area è da


ricercare negli affioramenti delle rocce paleozoiche che orlano il margine tra questa zona e l’area di
Stintino dove formano una linea di costa continua verso il Mar di Sardegna limitando un paesaggio
assai differente che connota la subregione dell’Argentiera. Queste rocce che formano il substrato
più antico sul quale poggiano le rocce dell’intera Nurra, hanno subito, anche in tempi
geologicamente recenti, un evidente basculamento verso nord est; questo movimento ha favorito
il drenaggio delle acque verso nord est determinando l’impostazione dell’intera falcatura del golfo
dell’Asinara nel suo settore occidentale dove le rocce paleozoiche nella loro continuità, configurano
anche l’intero profilo dell’isola dell’Asinara.

Caratteri morfologici locali

Come precedentemente accennato la zona in interesse mostra caratteri differenti nelle diverse
zone geografiche che, sebbene con caratteri generali uniformi, rispondono ed hanno risposto nel
tempo con morfologie e forme di deposito proprie dei processi morfoevolutivi che hanno dominato
in ogni singola fascia di territorio. E’ quindi indicato esaminare le caratteristiche proprie di queste
sottozone che costituiscono l’area della Nurra di Porto Torres.

5.2. Fascia montana

La linea di spartiacque geografico tra la porzione della Nurra di Porto Torres e quella di Alghero
segue la cresta di rilievi delle formazioni giurassiche costituite da calcari compatti e calcari
localmente marnosi che connotano il paesaggio con morfologie a cupola emergenti da un
paesaggio dolce e modellato dove dominano le microforme carsiche quali inghiottitoi, karren o
solchi di ruscellamento incisi sulla superficie dei calcari. I rilievi a forma di cupola sono il prodotto
del lungo operare del clima caldo umido che ha caratterizzato questa zono durante il Terziario

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medio superiore e, il successivo sistema climatico che si è ripetuto nel tempo non è stato
sufficientemente lungo da cambiarne le linee morfologiche originarie. A ciò si aggiunge l’elevata
capacità di assorbimento delle acque attraverso un imponente circolazione sotterranea di tipo
carsico che ha impedito alle acque superficiali di scorrere e, quindi, di modificarne sostanzialmente
il paesaggio sub tropicale del Terziario. A sottolineare questa situazione rimangono le evidenti valli
secche che separano i rilievi e solcano gli affioramenti dei calcari mesozoici con drenaggi sub
paralleli a prevalente direzione SW-NE e N-S. I numerosi rilievi cupoliformi, come il Monte Alvaro, la
P.ta de Sa Janna Strinta, il M.Santa Giusta, emergono lungo i versanti di queste valli secche, tipiche
degli ambienti carsici e prive di un significativo scorrimento superficiale; si possono ricordare le valli
di Lu Lignamu, la valle di Astemini, di Campu Calvaggiu ed altre minori che occupano tutta l’area a
monte della zona industriale di Porto Torres fino alla Borgata di Pozzo San Nicola. Pertanto, le
forme dominanti sono quelle tipiche dell’ambiente carsico con evidenti forme di attività epigeica
accompagnata da un paesaggio carsico sotterraneo che solo raramente è dato di osservare; non va
trascurato che i recenti rinvenimenti di laghi carsici nella zona di Cazzalarga dimostrano che tali
ambienti sono stati nel passato assai più dominanti rispetto all’attuale, quindi si può facilmente
ritenere che l’attuale attività di dinamica carsica sia oggi sostanzialmente ridotta rispetto alle
capacità di sviluppo dimostrate nel passato. Certamente un sistema di circolazione sotterraneo è
assai sviluppato rispetto alle dimensioni attuali dei bacini idrogeologici della zona, quindi ci si deve
aspettare la presenza di forme ipogeiche relitte o fossili.

5.3. Fascia pedemontana

I versanti debolmente acclivi degli affioramenti carbonatici del Mesozoico si interrompono


bruscamente con il raccordo dei depositi costieri che connotano una superficie a debolissima
pendenza la cui origine può essere identificata come un pediment d’accumulo che ha uniformato
l’intero profilo della zona pedemontana. Solamente lungo lo sbocco delle valli secche il profilo della
valle si raccorda con continuità sulla superficie del pediment; ciò è più evidente lungo la dorsale di
Scala Erre – Case Muzzu compresa tra il corso del rio di Astemini, ad oriente, e quello del Canale
Cossu nella parte occidentale. Questa dorsale è il frutto di un singolare processo di inversione del
rilievo attuatosi sui depositi fluviali e deltizi dell’area di Scala Erre, oggi ben visibili lungo i fronti di
estrazione nelle numerose cave abbandonate di quest’area. E’ una delle poche situazioni della zona
interna che mostra con evidenza il ringiovanimento del paesaggio che viene attuato dai processi
erosivi attuali e recenti; i depositi di Scala Erre rappresentano le testimonianze di un antico fiume a
regime tropicale che solcava tutta l’area della Nurra fino a circa 6 milioni di anni fa. Nell’area
pedemontana questa morfologia del Terziario ha lasciato numerosissime tracce condizionando
sostanzialmente l’intero assetto morfologico della Nurra portotorrese; brevemente possono essere
indicati i depositi e le morfologie che ancora dominano questa zona e sono stati descritti come
“Formazione di Scala Erre” con resti di terrazzi e finestre di erosione documentate dall’abbondante

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presenza di ghiaie mature di natura quasi esclusivamente paleozoica. Questi depositi e queste
forme sono localmente sostituite da orizzonti potenti di paleosuoli dalla forte colorazione rossastra
che sono stati oggetto di estrazione per il loro elevato contenuto di argilla; questi antichi suoli non
sostituiscono i depositi clastici dell’antico fiume ma ne rappresentano gli episodi di sedimentazione
calma che hanno caratterizzato la vita del fiume nel clima sub tropicale. Localmente si osservano, al
top di questi depositi, croste e orizzonti di incrostazione tipo “mud cracks” che sono ascrivibili ad
un evidente mutamento climatico in senso arido, forse collocabile alla grande fase climatica del
Messiniano; tali situazioni si osservano anche lungo gli stessi depositi che affiorano nella fascia
costiera.

5.4. Fascia costiera

Proprio su questa zona insistono le maggiori attività industriali dell’intera area del nord ovest
dell’isola e proprio dall’attività di queste industrie sono emersi i maggiori elementi e le più
importanti testimonianze che hanno permesso una nuova conoscenza del territorio restituendoci
alcuni dei più importanti giacimenti fossiliferi dell’isola che costituiscono un significativo patrimonio
culturale oggi solo parzialmente protetto. Nell’area del carbonile della centrale termoelettrica di
Fiume Santo è situato il giacimento fossilifero della fine del Miocene con una ricca fauna di tipo
africano che consente di ricostruire con particolari dettagli la paleogeografia dei luoghi.
Morfologicamente la fascia costiera era rappresentata da un evidente gradino morfologico che
seguiva il profilo della costa a circa 30/40 metri dalla battigia; tale gradino segnava l’antica linea di
riva attribuibile a circa 120mila anni dal presente (noto come livello del Tirreniano) quando il livello
marino si trovava in posizione più elevata dell’attuale. La presenza degli impianti industriali ha
sostanzialmente modificato il profilo della costa determinando il alcuni tratti una situazione che
viene identificata come tecnocoast cioè una situazione totalmente costruita o modificata
dall’uomo. In particolare, la zona sulla sponda sinistra (ovest) del rio Mannu di Porto Torres è
certamente una parte profondamente interessata da queste modificazioni che hanno reso
artificiale la superficie del pediment e, forse, anche la composizione superficiale del deposito e della
stratigrafia in esso contenuta. A marcare questo dubbio interviene il confronto tra la preesistente
cartografia degli anni ’50 che ci mostra una tipologia di costa ricca di spiagge e zone umide che oggi
si può riconoscere solamente nell’area di Fiume Santo e dello Stagno di Pilo. Bisogna comunque
notare che il corso d’acqua ha una foce ad estuario e risulta incassato nelle rocce marnoso calcaree
del Miocene; questa condizione rende più accettabile la situazione di modifica dell’ambiente di
retrospiaggia a causa della ridotta presenza dei depositi più recenti, tuttavia la condizione di
originalità della spiaggia e della costa rocciosa di Marinella e di Gennano non esiste più si ritrova
solamente nella costa di Gamburra, subito ad est della foce del rio di Fiume Santo. La costruzione di
moli e pennelli ha decisamente sanzionato la scomparsa del drift litoraneo che si è ripercosso su
ampi tratti di litorale, favorito anche dalla costruzione di difese parallele che seguono per circa 3

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chilometri l’intera area industriale.

5.5. Area sommersa

Un breve cenno sulla porzione sommersa che si appoggia alla costa in oggetto consente di
comprendere meglio la stretta corrispondenza tra la porzione continentale ed i fondali antistanti il
litorale descritto. I lavori di escavo e di modifica della costa attuati per la messa in opera delle
centrali di Fiume Santo e degli impianti del petrolchimico hanno fornito una mole di dati che solo
parzialmente è stata elaborata ed ha prodotto interessanti studi. Dalla ricostruzione del fondale si
evince con estrema chiarezza che tutte le morfologie erosive e deposizionali della costa tra
P.Torres e Stintino sono dettate dalla continua oscillazione del livello marino dal Miocene finale fino
al Pleistocene superiore, includendo uno spazio temporale di circa 8 milioni di anni, condizione
straordinaria per l’intera Sardegna. Sono documentare forme di ristagno delle acque dolci e
salmastre fino alle batimetriche dei 100 metri, molto distanti dall’attuale linea di costa; sono state
riconosciute antiche linee di riva e barre litoranee sino alla profondità di 120 metri mentre sondaggi
a mare hanno consentito di valutare e testimoniare lo spessore di questi depositi recenti. Inoltre le
carte batimetriche recenti effettuate periodicamente nell’arco di 18 mesi hanno consentito di
valutare la mobilità delle sabbie in parte di questa zona del golfo, documentando una dinamica del
mare assai vivace. Tutti questi dati hanno permesso di valutare l’area sommersa come la
documentazione storica e geologica delle sostanziali modifiche dell’ambiente e del clima in tutti i
suoi aspetti e per un tempo assai lungo dove anche l’uomo ha collocato il suo intervento sempre
più imponente; non si dimentichi che le sabbie del fondale più prossimo alla riva è stato oggetto di
estrazione fino agli anni ’50 mentre testimonianze archeologiche ci riconducono a un livello marino
decisamente più basso dell’attuale fino al periodo romano con i resti di una villa romana nei pressi
di Fiume Santo.

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6. CARATTERIZZAZIONE IDROLOGICA E IDROGEOLOGICA

6.1. Caratterizzazione idrologica

Il territorio comunale di Porto Torres ricadono nel bacino idrografico Riu Mannu di Porto
Torres, Nel PTA (Piano di Tutela delle Acque) questi bacini sono inclusi nell’ U.I.O.(Unità
Idrografiche Omogenee) del Flumini Mannu di Portotorres .

Figura 5 : bacino idrografico del Flumini Mannu

Il Riu Mannu di Portotorres è uno fra i più importanti corsi d'acqua della Sardegna
settentrionale con lunghezza dell'asta principale di 64,50 Km ed estensione areale di circa 667 Kmq.
L'entità dei deflussi e una certa regolarità degli stessi rendono improprio il nome di Riu: quello di
fiume sarebbe sicuramente più appropriato. Nasce dalla confluenza, presso Santa Maria De Sea, del
Riu Bidighinzu con il Riu Funtana Ide e prosegue fino alla foce senza mutare la denominazione. Tra i
numerosi centri abitati compresi all'interno della linea di displuvio è inserito quello di Portotorres,
mentre Osilo è solo intersecato dal limite del bacino.

Il Riu Bidighinzu ha origine tra il Monte Pelao (730 m) e Punta Matteuzzu (540 m), raccogliendo
le numerose sorgenti dei calcari miocenici e delle andesiti; il Riu Funtana Ide (detto anche Riu
Binza'e Se) proviene invece dalle sorgenti che emergono dai basalti e dalle arenarie compresi tra il
Monte Pelao ed il Monte Santo.

I parametri morfometrici riferiti alla porzione areale del bacino che drena la superficie di 180,3

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Kmq tra le sorgenti del Riu Mannu di Portotorres e la confluenza del Riu Minore, ossia il tratto
iniziale del fiume che scorre con il nome di Bidighinzu, indicano 799 aste torrentizie per una lunghezza di
475,3 Km, una densità del reticolo di 2,64 Km/Kmq. In particolare questa porzione di bacino è
caratterizzata da una maggiore ramificazione del reticolo e una bassa permeabilità in
corrispondenza delle andesiti e un aumento della permeabilità accompagnata ad una minor
gerarchizzazione nei calcari arenacei di età miocenica. La seconda parte di bacino, con
un'estensione di 80,5 Kmq, è drenata da un segmento del Riu Mannu di Portotorres, lungo 12,3 Km,
che dalla confluenza con il Riu Minore giunge a quella con il Riu Mascari. In quest'area il Riu Mannu
di Portotorres segue un percorso movimentato da ampi meandri in un alveo incassato alla base dei
rilievi calcarei del Monte Tumbaro (206 m), del Monte Oro (167 m) e del Monte Tomestighes (124
m). Il reticolo, formato da 298 segmenti con uno sviluppo di 211,2 Km, ha le medesime
caratteristiche del tratto precedente, infatti la densità del reticolo e di 2,62 aste per Kmq. Un’altra
porzione è rappresentata dal bacino del Riu Mascari, che sviluppa da Funtana Palaesi per una
lunghezza di 29,6 Km e racchiude entro le line di displuvio una superficie 185,5 Kmq. Le litologie su
cui il bacino è impostato sono in prevalenza calcaree e subordinatamente basaltiche. Seppure con
una conformazione litologica caratterizzata da buona permeabilità, la densità del reticolo non è
molto elevata, 2,04 Km/Kmq; la lunghezza dell'intero reticolo è di 377,5 Km; gli impluvi sono 346 e
danno una frequenza di 1,86 aste per Kmq. Dopo la confluenza del Riu Mascari, il Riu Mannu di
Portotorres percorre ancora, per giungere alla foce, 26 Km; l'estensione occupata da quest'ultima
frazione di bacino è di 221 Kmq, in buona parte drenati da un altro importante affluente di destra: il
Riu D'Ottava. La parte residua della valle non si differenzia, sotto l'aspetto morfologico, da quella
del Riu D'Ottava. La gerarchizzazione del reticolo è scarsa, limitandosi a due affluenti con contributi
irrisori dalla sinistra idrografica: il Riu Ertas ed il Riu Faineri. I deflussi riferiti all'area totale sono di
116,5 mm; considerando una pluviometria media di 723 mm si ottiene un coefficiente di deflusso di
0,16, valore piuttosto basso dovuto principalmente all'alta permeabilità delle rocce affioranti nel
bacino e all’esistenza dei due sbarramenti artificiali (Invasi sul Rio Bunnari e sul Riu Bidighinzu) con i
quali vengono sottratte ingenti quantità ai deflussi superficiali. Le sorgenti che emergono
all'interno di questo bacino sono numerose, molte delle quali con portate abbondanti (maggiori o
uguali a 0,50 l/sec.). Nella maggior parte dei casi si tratta di emergenze di contatto: l'acqua
contenuta nei calcari viene a giorno quando raggiunge il contatto con le vulcaniti di gran lunga
meno permeabili. Nel territorio comunale di Osilo le sorgenti di un certo rilievo sono due: la Fonte
Sanozzano di 0,50 l/sec., rinvenibile presso il Km 115,5 della S.S. 127 nel bacino del Mascari e Funtana
Cannazza ubicata sul versante del Monte Passerina, con una portata di 1,71 l/sec. Alla porzione di
bacino drenata dall'asta principale del Riu Mannu di Portotorres appartengono le tre acque sorgive
La Marchesa, che emergono subito a Nord del Monte Minudo con portate di 0,50 - 0,70 - 2,40 l/sec.
Sempre in vicinanza del Monte Minudo le due sorgenti Zunchini hanno portate di 2,0 e 1,0 l/sec,
mentre importanti emergenze che si trovano in località Badde Molino fanno registrare 5,60 ed 1,03
l/sec e 10,55 l/sec (Sant’Antonio). Altre emergenze con portate variabili da 0,55 a 2,00 l/sec
emergono in località Tanca Di Li Mattoni fornisce 2,00 l/sec.. In località Santa Maria del Cardo due

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sorgenti che da essa prendono il nome hanno portate di 0,50 e 1,05 l/sec.. Nei pressi di Nuraghe
Ertas la sorgente di Abba Meiga (2 l/sec.) con una temperatura di 20 °C è da annoverare tra quelle
ipotermali. La Funtana De Sa Mela, situata nel Pian De Sorre, di 3,0 l/sec. è l'ultima emergenza che
ricade nel bacino principale del Riu Mannu di Portotorres.Nel sub-bacino del Riu D'Ottava e dei suoi
affluenti si trovano La Fonte (0,50 1/sec.), Bertoleddu (0,711/sec.) e le due emergenze presso Case
Multala: Sa Rocca (1,50 1/sec.) e Funtana Tragonaia (0,52 1/sec.). Presso il Nuraghe Taniga, nel
bacino del Riu Badde Logulentu, le tre sorgenti di Sabino Scano, complessivamente 0,54 1/sec., la
Fonte Casa BiancadiO,50 1/sec. e soprattutto Cannettu Cavino di 5,49 1/sec. Nella regione Temussi si
trovano Pala Battaglia (1,40 1/sec.) e le due dette Sant'Andrea con portate di 0,93 e 1,30 1/sec. Nel
bacino del Riu Gavaro le due sorgenti Logulentu, in località Mulino Agnese, hanno 0,60 e 0,73 1/sec.,
quella di Pala Battagliali, 1,80 1/sec. e quella di Tragonaia del Conte, presso il santuario di Nostra Si -
gnora di Pisa, 1,13 1/sec. Nel bacino del Riu Eba Giara ricadono infine le due emergenze di San
Quirico con 1,56 e 3,40 1/sec. di portata e Funtana Rosello, 15,50 1/sec. Quest'ultima considerata il
simbolo della città di Sassari, scaturisce nel centro abitato ed ha garantito sin dai tempi remoti un
sicuro approvvigionamento idrico. Resta da segnalare la Pischina II (0,77 1/sec.) nei pressi della
fermata Sant' Orsola, per terminare l'elenco delle manifestazioni sorgentizie.Le acque con
temperature superiori alla media sono classificabili come ipotermali, oscillano cioè tra i 20 ed i
22°C.Sulla sponda sinistra del Riu Ertas emerge, dai calcari mesozoici, la sorgente di Abba Meiga con
una temperatura che è mediamente di circa 20°C ma che subisce variazioni sensibili con il variare
delle stagioni.Sulla sponda destra del Riu di Montes, nel territorio appartenente ai Comuni di
Codrongianus, Osilo e Ploaghe, in un'area di circa 50 Kmq sono disseminate una ventina di sorgenti
che benché a termalità bassa (20-22°C) sono caratterizzate da un chimismo che denuncia una
circolazione delle acque a notevole profondità. Le sorgenti di quest'area presentano all'emergenza
incrostazioni, a volte notevoli, di travertino e di ossidi di ferro, mentre le acque sgorgano con
abbondanti emanazioni di anidride carbonica

Dalla foce del Riu Mannu di Portotorres a quella del Riu di Sorso (Fiume Silis), un'area di 70,47
Kmq è drenata dal Riu di Buddi Buddi e da pochi altri rigagnoli, dei quali le carte non riportano la
denominazione e che in alcuni casi sono privi di sbocco al mare.

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6.2. Caratterizzazione idrogeologica

La diversa natura dei litotipi affioranti nei bacini idrografici determina una netta distinzione
anche nelle caratteristiche di permeabilità. Nell’ambito del presente studio si è operato un
accorpamento esemplificativo dei diversi litotipi.

L’idrogeologia di un settore dipende in maniera predominante dalla natura dei litotipi affioranti
e dal loro grado di fessurazione: infatti sono acquifere le rocce con caratteristiche tali da consentire
l’assorbimento, l’immagazzinamento, il deflusso e la restituzione di acque sotterranee in quantità
apprezzabili. Rocce molto porose, come sabbie e ghiaie, costituiscono ottimi acquiferi in grado di
ospitare importanti falde idriche. Laddove le rocce non sono porose eventi tettonici, contrazioni
termiche ed altro possono generare fratture entro le quali può instaurarsi, anche se solo lungo
lineamenti preferenziali, una circolazione idrica.

Nel PTA sono state individuate 14 Unità Idrogeologiche di ognuna delle quali è indicato il tipo
litologie che la costituiscono ed il grado di permeabilità. Di queste unità nel bacino in esame sono
presenti:

Figura 6: unità idrogeologiche presenti nel bacino idrografico del Flumini Mannu

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Unità Detritico-Carbonatica Quaternaria


Sabbie marine, di spiaggia e dunari, arenarie eoliche, sabbie derivanti dall’arenizzazione dei
graniti; panchina tirreniana, travertini, calcari; detriti di falda. Permeabilità alta per porosità
e, nelle facies carbonatiche, anche per fessurazione.

Unità delle Alluvioni Plio-Quaternarie


Depositi alluvionali conglomeratici, arenacei, argillosi; depositi lacustro-palustri, discariche
minerarie. Permeabilità per porosità complessiva medio-bassa; localmente medio-alta nei
livelli a matrice più grossolana.

Unità delle Vulcaniti Plio-Quaternarie


Basalti, basaniti, trachibasalti, hawaiiti, andesiti basaltiche, trachiti, fonoliti e tefriti in cupole
e colate con intercalazioni e coni di scorie e con livelli sedimentari fluvio-lacustri intercalati,
rioliti, riodaciti e daciti in cupole e colate, con sporadici depositi piroclastici associati; filoni
associati. Permeabilità complessiva per fessurazione da medio-bassa a bassa; localmente, in
corrispondenza di facies fessurate, vescicolari e cavernose, permeabilità per fessurazione e
subordinatamente per porosità medio-alta.

Unità Detritico-Carbonatica Miocenica Superiore


Calcari, calcareniti, arenarie marnose con subordinate marne e siltiti, conglomerati e
arenarie. Permeabilità complessiva medio-alta; da medio-bassa a medio-alta per porosità nei
termini detritici, medio-alta per fessurazione e/o carsismo nei termini carbonatici.

Marne, marne arenacee e siltose, conglomerati a matrice argillosa con subordinate arenarie,
calcareniti e sabbie, con locali intercalazioni tufacee. Permeabilità complessiva medio-bassa
per porosità; localmente medio-alta per porosità nei termini sabbioso-arenacei.

Unità Detritico-Carbonatica Oligo-Miocenica Inferiore


Conglomerati, arenarie, marne, tufiti, calcari, di ambiente marino. Permeabilità complessiva
medio-alta per porosità e subordinatamente per fessurazione e/o carsismo (calcari);
localmente medio-bassa in corrispondenza dei termini marnosi e vulcanici.

Conglomerati e arenarie con matrice generalmente argillosa, siltiti e argille, con locali
intercalazioni di tufi e di calcari selciosi, di ambiente continentale. Permeabilità per porosità
bassa.

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Unità delle Vulcaniti Oligo-Mioceniche
Rioliti, riodaciti, daciti e subordinate comenditi in espandimenti ignimbritici, cupole di
ristagno e rare colate, con associati prodotti piroclastici e talora livelli epiclastici; andesiti,
andesiti basaltiche, basalti andesitici e rari basalti, talora brecciati, in cupole di ristagno e
colate; gabbri, gabbronoriti in corpi ipoabissali e quarzodioriti porfiriche; filoni associati.
Permeabilità per fessurazione complessiva medio-bassa, più alta nei termini con sistemi di
fratturazione marcati (espandimenti ignimbritici e lavici) e più bassa in quelli meno
fratturati (cupole di ristagno) e nei livelli piroclastici e epiclastici.

Unità Carbonatica Mesozoica


Calcari, calcari dolomitici, dolomie, calcari oolitici, calcari bioclastici, calcari marnosi, marne,
calcareniti, calcari selciferi, arenarie, calcari micritici, dolomie marnose, marne, gessi e
argille di ambiente transizionale e marino. Permeabilità complessiva medio-alta per
fessurazione e carsismo nei termini carbonatici e per porosità nei termini arenacei;
localmente bassa nei termini marnosi e argillosi.
Per semplicità di rappresentazione e di studio, acquiferi singoli sono stati accorpati, per
tipologia delle litologie, delle caratteristiche idrogeologiche e per area geografica, in
un’unica entità. In particolare, sulla base del quadro conoscitivo attuale, sono stati
individuati, per U.I.O. del Mannu di Porto Torres i complessi acquiferi di seguito riportati.

Acquifero dei Carbonati Mesozoici della Nurra


Il complesso è costituito dall’ Unità Detritico-Carbonatica Quaternaria e d all’Unità delle
Alluvioni Plio-Quaternarie. Presenta una permeabilità per porosità complessiva medio-bassa;
localmente medio-alta nei livelli a matrice più grossolana e, nelle facies carbonatiche, anche
per fessurazione.

Acquifero Detritico-Carbonatico Oligo-Miocenico del Sassarese


Le Unità Detritico-Carbonatica Miocenica Superiore e Detritico-Carbonatica Oligo-Miocenica
Inferiore costituenti tale complesso presentano permeabilità generale medio-bassa per
porosità; localmente medio-alta per porosità nei termini sabbioso-arenacei e per
fessurazione e/o carsismo nei termini carbonatici.

Acquifero delle Vulcaniti Oligo-Mioceniche della Sardegna Nord-Occidentale


L’Unità delle Vulcaniti Oligo-Mioceniche possiede un permeabilità per fessurazione
complessiva medio-bassa: più alta nei termini con sistemi di fratturazione marcati

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(espandimenti ignimbritici e lavici) e più bassa in quelli meno fratturati (cupole di ristagno) e
nei livelli piroclastici e epiclastici.

Acquifero delle Vulcaniti Plio-Pleistoceniche del Logudoro


L’Unità delle Vulcaniti Plio-Quaternarie è caratterizzata da una permeabilità complessiva per
fessurazione da medio-bassa a bassa; localmente, in corrispondenza di facies fessurate,
vescicolari e cavernose, la permeabilità per fessurazione e, subordinatamente per porosità, è
medio-alta.

Acquifero Detritico-Alluvionale Plio-Quaternario della Nurra e della Marina di Sorso


Il complesso dell’Unità Detritico-Carbonatica Quaternaria e delle Alluvioni Plio-Quaternarie
possiede una permeabilità per porosità complessiva è medio-bassa; localmente è medio-alta
nei livelli a matrice più grossolana e, nelle facies carbonatiche, anche per fessurazione.

Per meglio comprendere l’assetto geo-idrogeologico dell’area di interesse è stata redatta una
carta della permeabilità in scala 1: 10000 .

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7. CARATTERIZZAZIONE E MODELLAZIONE GEOLOGICA

La modellazione geologica del sito consiste nella ricostruzione dei caratteri litologici,
stratigrafici, strutturali, idrogeologici, geomorfologici e, più in generale, di pericolosità geologica
del territorio (e non del sito di intervento cfr § 6.2.1 NTC 08).

Quindi, una completa o esaustiva definizione del modello geologico, tende ad analizzare tutti gli
aspetti utili alla caratterizzazione del sito (partendo da un ambito morfologico più esteso del
territorio) ai fini della definizione degli scenari di pericolosità geologica.

La grande quantità di indagini eseguite nell’area di interesse nell’ambito del Piano della
Caratterizzazione e di tutte le successive integrazioni di indagine è stato possibile ricostruire
l’assetto stratigrafico e la reale stratificazione delle formazioni oligo- mioceniche. A titolo
esemplificativo si riporta la stratigrafia del Sondaggio PCF1 che ha raggiunto la profondità di 45 m
dal piano di campagna. Fig. 7/A.

Schematicamente si tratta di terreni multistrato caratterizzato da una alternanza di sabbie a


varia granulometria con intercalazioni di sedimenti fini come limi e limi argillosi fino ad argille.

I sondaggi evidenziano una forte variabilità stratigrafia e composizionale sia in senso


orizzontale che verticale.

Tale variabilità è imputabile alle variazioni degli ambienti deposizionali e dalla tettonica
sindeposizionale e di quella successiva “neotettonica”.

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Figura 7 stratigrafia del sondaggio Pcf1

8. ANALISI E DESCRIZIONE DELLA SISMICITÀ STORICA

Per evidenziare il risentimento dei terremoti passati avvenuti nell’area di studio, è stata ricostruita la
storia sismica dei comuni interessati dall’opera in progetto. I dati sono stati tratti dal database disponibile
sul web “DBMI04”, un database di osservazioni macrosismiche di terremoti di area italiana (a cura di
Stucchi M. ET al., 2007), che contiene i dati macrosismici provenienti da studi INGV e di altri enti, che sono
stati utilizzati per la compilazione del catalogo parametrico CPTI04.

Sulla base del database “DBMI04” non sono emersi eventi sismici significativi in Sardegna.

Che la sismicità della Regione Sardegna sia bassa, anzi bassissima, ce lo dicono molti indicatori:
l'evoluzione cinematica del Mediterraneo centrale, secondo qualsiasi ricostruzione, ci dice che l'intero
blocco sardo-corso è rimasto stabile negli ultimi 7 milioni di anni.

Il catalogo storico dei terremoti riporta, infatti, solo 2 eventi nel Nord della Sardegna, entrambi di
magnitudo inferiore a 5 (nel 1924 e nel 1948); il catalogo strumentale (sismicità degli ultimi 25 anni
registrata dalla rete nazionale) riporta solo alcuni eventi nel Tirreno e pochissimi eventi a Sud della
Sardegna (come gli ultimi eventi del marzo 2006), tutti eventi di magnitudo inferiore a 5.

Si tratta, insomma, di eventi di bassa energia, rari, che possono avvenire un po’ ovunque; in particolare i
terremoti localizzati in mare nel Tirreno Orientale, risultano
piuttosto superficiali (profondità inferiori a 20 km). Dal punto di
vista della pericolosità sismica, vale a dire della probabilità di
occorrenza di questi eventi, il livello è così basso che non si riesce
a valutare in maniera adeguata e affidabile. Per questi motivi si
propone un valore di “default” per tutta la Sardegna di
accelerazione massima pari a 0,050 g, cioè un valore di
pericolosità prefissato, basso, di cautela per l'intera isola.

L’evento sismico più forte in Sardegna è stato registrato nel


1948 nella zona tra Castelsardo e Tempio Pausania; fu un
terremoto che provocò solo qualche lieve danno. Nel 2006 alcune
scosse avvennero nel Golfo di Cagliari; spaventarono la
popolazione ma non fecero danni.

La figura 8 riassume le massime intensità macrosismiche


registrate nella Regione Sardegna con particolare riferimento al
Comune di Teulada.

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Figura 9: Massime intensità macrosismiche
registrate dall’anno 1000 d.c. nel territorio
della Regione Sardegna
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Consultando la carta di Zonazione Sismogenetica ZS4 (1996) e la successiva Zonazione Sismogenetica
denominata ZS9 elaborata dal gruppo di lavoro facente capo all’INGV (2004), si può evidenziare che le aree
interessate dalle opere in progetto non ricadono all’interno di nessuna area sorgente.

Figura 8: Zonazione sismogenetica ZS9 dell’Italia (Gruppo di lavoro INGV, 2004).

Per quanto riguarda la Sardegna, data la bassa sismicità dell'isola, non è stata ricostruita alcuna zona
sismogenetica affidabile (Stucchi ET al., 2007).

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9. ANALISI E DESCRIZIONE DEGLI EVENTI GEOMORFOLOGICI, IDROGEOLOGICI E


IDRAULICI PREGRESSI

9.1. Analisi e descrizione di eventuali situazioni di franosità pregresse

Nel territorio comunale di Porto Torres non si registrano fenomeni franosi pregressi di rilievo.

9.2. Analisi e descrizione di eventuali situazioni di dissesto idrogeologico e idraulico pregresso

Nel settore di studio non si evidenziano particolari eventi di franosità o di dissesto idrogeologico e
idraulico pregresso.

9.3. Analisi e descrizione delle condizioni di antropizzazione presenti nel contorno

L’area risulta fortemente antropizzata a seguito, negli anni settanta, dell’insediamento del Polo
Chimico, che ha modificato l’intero assetto morfologico originario. Altre modificazioni sono da
imputarsi alla generazione di importanti discariche di Rifiuti Industriali. Un esempio è rappresentato
dalla discarica di Minciarredda.

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10. INTERFERENZE CON IL PIANO STRALCIO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO

In base alla cartografia allegata al Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.) della
Regione Sardegna, l’area interessata dalla lottizzazione ricade nel Sub Bacino 3 “Coghinas, Mannu e
Temo”.

Dall’analisi della cartografia non si evidenziano aree caratterizzate da pericolosità idraulica e o da frane
che possano interferire con le attività previste.

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11. MODELLAZIONE SISMICA

La valutazione del terremoto di progetto, cioè dell’evento sismico di riferimento rispetto al quale
effettuare il dimensionamento dell’opera, può essere eseguita con metodologie diverse.

11.1. Definizione delle forme spettrali definite dal D.M. 14.1.08

Le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (N.T.C.) D.M. 14.01.2008 introducono il concetto di
pericolosità sismica di base in condizioni ideali di sito di riferimento rigido con superficie topografica
orizzontale.

La “pericolosità sismica di base”, costituisce l’elemento di conoscenza primario per la determinazione


delle azioni sismiche da applicare alle costruzioni e alle strutture connesse con il funzionamento di opere
come i metanodotti.

Allo stato attuale, la pericolosità sismica su reticolo di riferimento nell’intervallo di riferimento è fornita
dai dati pubblicati sul sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV, http://esse1.mi.ingv.it/).

Le N. T. C. introducono il concetto di nodo di riferimento di un reticolo composto da 10751 punti in cui è


stato suddiviso l’intero territorio italiano. Le stesse N.T.C. forniscono, per ciascun nodo del reticolo di
riferimento e per ciascuno dei periodi di ritorno Tr considerati dalla pericolosità sismica, tre parametri:

ag = accelerazione orizzontale massima del terreno (espressa in g/10);

Fo = valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale;

T*c = periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale.

Da un punto di vista normativo, pertanto, la pericolosità sismica di un sito non è sintetizzata più
dall’unico parametro (ag), ma dipende dalla posizione rispetto ai nodi della maglia elementare del reticolo
di riferimento contenente il punto in esame (Tabella A1 delle N.T.C.), dalla Vita Nominale e dalla Classe
d’Uso dell’opera. I punti del reticolo di riferimento riportati nella Tabella A1 delle N.T.C. hanno un passo di
circa 10 km e sono definiti in termini di Latitudine e Longitudine.

La rappresentazione grafica dello studio di pericolosità sismica di base dell’INGV, da cui è stata tratta la
Tabella A1 delle N.T.C., è caratterizzata da una mappa di pericolosità Sismica del Territorio Nazionale,
espressa in termini di accelerazione massima del suolo rigido (in g) in funzione della probabilità di
eccedenza nel periodo di riferimento considerato.

Per tutte le isole, con l’esclusione della Sicilia, Ischia, Procida, Capri gli spettri di risposta sono definiti in

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base a valori di ag ,F0 ,T*c uniformi su tutto il territorio di ciascuna isola. I valori di tali dati sono riportati
nella in Tab. 1 (Tabella A2 delle N.T.C).

ag Fo TC *
TR=30
0,186 2,61 0,273
TR=50
0,235 2,67 0,296
TR=72
0,274 2,70 0,303
TR=101
0,314 2,73 0,307
TR=140
0,351 2,78 0,313
TR=201
0,393 2,82 0,322
TR=475
0,500 2,88 0,340
TR=975
0,603 2,98 0,372
TR=2475
0,747 3,09 0,401
Tabella 1 Parametri spettrali della Sardegna per i diversi tempi di ritorno

11.2. Parametri del nodo sismico di riferimento

11.2.1. PARAMETRI VN E CU

Le azioni sismiche sulle opere vengono valutate in relazione ad un periodo di riferimento VR che si
ricava puntualmente moltiplicando la Vita Nominale VN per il Coefficiente d’Uso CU.

VR  VN  C U

La vita nominale di un’opera strutturale VN è intesa come il numero di anni nel quale la struttura,
purché soggetta alla manutenzione ordinaria, deve potere essere usata per lo scopo al quale è
destinata. La vita nominale dei diversi tipi di opere è quella riportata nella Tab. 2.

TIPI DI COSTRUZIONE Vita Nominale VN


(in anni)

1 Opere provvisorie – Opere provvisionali -Strutture in fase costruttiva ≤ 10

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2 Opere ordinarie, ponti, opere infrastrutturali e dighe di dimensioni ≥ 50


contenute o di importanza normale

3 Grandi opere, ponti, opere infrastrutturali e dighe di grandi dimensioni ≥ 100


o di importanza strategica
Tabella 2: Vita nominale delle opere (Tabella 2.4.I delle NTC)
L’opera in progetto appartiene alle opere ordinarie e quindi con VN ≥ 50.

In presenza di azioni sismiche, con riferimento alle conseguenze di una interruzione di operatività o
di un eventuale collasso, le costruzioni sono suddivise in classi d’uso così definite (Tab. 3

Classe Descrizione
Classe I
Costruzione con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli

Classe II
Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l'ambiente e
senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie che e sociali essenziali. Industrie con attività
non pericolose per l’ambiente. Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe d’uso
III in Classe d’uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza.
Dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti.
Classe III
Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi. Industrie con attività pericolose per
l’ambiente. Reti viarie extraurbane non ricadenti in Classe d’uso IV. Ponti e reti ferroviarie la cui
interruzione provochi situazioni di emergenza. Dighe rilevanti per le conseguenze di un loro
eventuale collasso.

Classe IV
Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento alla gestione
della protezione civile in caso di calamità Industrie con attività particolarmente pericolose per
l’ambiente. Reti viarie di tipo A o B, di cui al D.M. 5 novembre 2001, n. 6792, “Norme funzionali e
geometriche per la costruzione delle strade”, e di tipo C quando appartenenti ad itinerari di
collegamento tra capoluoghi di provincia non altresì serviti da strade di tipo A o B. Ponti e reti
ferroviarie di importanza critica per il mantenimento delle vie di comunicazione, particolarmente
dopo un evento sismico. Dighe connesse al funzionamento di acquedotti e a impianti di produzione
di energia elettrica.

Tabella 3 classi d’uso

Secondo la Tab. 3 l’opera ricade in classe II “Opere ordinarie”

Applicando la seguente formula:

TR = (1 - PVR) = -CUVN/Ln(1-PVR)

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si ottiene il periodo di riferimento. Sulla base delle classi d’uso, e della vita nominale e dei relativi
valori di Vn e Cu, si riportano i valori di riferimento.

Vita nominale Classe d’Uso Periodo di Rif. legislativo


dell’opera riferimento per
l’azione sismica

Opere ordinarie di Classe II VR ≥50 N.T.C. Tab. 2.4.I/ Istruzioni N.T.C./Decreto dal
importanza normale capo dipartimento della Protezione Civile
CU = 1,0
nr. 3685 del 21/10/2003.
VN ≥ 50 anni
Tabella 4: Classi d’uso e tempi di riferimento

In relazione ai diversi stati limite si ottengono i tempi di ritorno TR di Tab. 5.

TR = 30 anni
Stati limite d’esercizio SLO

SLE TR = 50 anni
SLD
TR = 475 anni
Stati limite ultimi SLV

SLU TR = 975 anni


SLC
Tabella 5 valori di TR per i diversi stati limite calcolati per VR≥50

Poiché non sono disponibili i parametri spettrali per i diversi tempi di ritorno di Tab. 5 a titolo
cautelativo si assumono i valori di Tab. 6

TR = 30 anni
Stati limite d’esercizio SLO

SLE TR = 50 anni
SLD

TR = 475 anni
Stati limite ultimi SLV

SLU TR = 975 anni


SLC

Tabella 6: nuovi valori di TR per i diversi stati limite calcolati per VR≥50

11.2.2. PARAMETRI SPETTRALI


Nella Tab. 7, per i vari stati limite, sono indicati i valori dei parametri ag, F0 e T*c, per la Sardegna
estrapolati dalla Tabella A2 delle N.T.C.

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Stati limite Tr ag/g Fo TC *

SL 30
O 0.0186 2,61 0,273
SLE
SLD 50 0.0235 2.67 0,296

SLV 475 0.0500 2,88 0,340


SLU
SLC 975 0,0603 2,98 0,372
Tabella 7: Parametri spettrali : VN = 50 anni - Classe d’Uso II

11.3. PARAMETRI DI RISPOSTA SISMICA LOCALE

11.3.1. CALCOLO DELLA VS30 PER LA DEFINIZIONE DELLA CATEGORIA DEL SUOLO DI
FONDAZIONE

Per l’identificazione della categoria di sottosuolo è fortemente raccomandata la misura della velocità di
propagazione delle onde di taglio Vs. In particolare, fatta salva la necessità di estendere le indagini
geotecniche nel volume significativo di terreno interagente con l’opera, la classificazione si effettua in
base ai valori della velocità equivalente Vs30, definita mediante l’equazione 3.2.1) delle NTC. La velocità
equivalente è ottenuta imponendo l’equivalenza tra i tempi di arrivo delle onde di taglio in un terreno
omogeneo equivalente, di spessore pari a 30 m, e nel terreno stratificato in esame, di spessore
complessivo ancora pari a 30 m. Essa assume quindi valori differenti da quelli ottenuti dalla media delle
velocità dei singoli strati pesata sui relativi spessori, soprattutto in presenza di strati molto deformabili
di limitato spessore. Lo scopo della definizione adottata è quello di privilegiare il contributo degli strati
più deformabili.

Nel caso specifico sono state eseguite tutta una serie di indagini sismiche che hanno permesso di
determinare la velocità delle Onde Sismiche. In particolare si hanno valori compresi tra minimi di 500
m/s e massimi di 3200 m/s. Considerando i primi trenta metri ai quali con buona approssimazione si
possono associare depositi sabbiosi alternati a livelli argillosi si può attribuire un Vs30 di 500 m/s

11.3.2. CATEGORIA DI SOTTOSUOLO E CONDIZIONI TOPOGRAFICHE


Ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto, in assenza della valutazione dell’effetto della
risposta sismica locale sulla base di analisi specifiche è possibile fare riferimento ad una metodologia
semplificata basata sulle categorie di sottosuolo di riferimento (Tabella 3.2.II del D.M. 14/01/2008) e sulle
categorie topografiche (Tabella 3.2.IV del D.M. 14/01/2008).

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 Categoria di sottosuolo di riferimento
Sulla base dei dati geognostici e geotecnici in possesso, in riferimento alla seguente Tab. 8, il
profilo stratigrafico dei terreni costituenti il versante e quelli di sedime delle opere in progetto
ricade nella categoria B.

Categoria
Descrizione
A Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi caratterizzati da valori di Vs,30 superiori
a 800 m/s, eventualmente comprendenti in superficie uno strato di alterazione, con
spessore massimo pari a 3 m.
B Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fina
molto consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale
miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di V s,30
compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero NSPT,30 > 50 nei terreni a grana grossa e cu,30 >
250 kPa nei terreni a grana fina).
C Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fina
mediamente consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale
miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di V s,30 compresi
tra 180 m/s e 360 m/s (ovvero 15 < NSPT,30 < 50 nei terreni a grana grossa e 70 < cu,30 <
250 kPa nei terreni a grana fina).
D Depositi di terreni a grana grossa scarsamente addensati o di terreni a grana fina
scarsamente consistenti, con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale
miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di V s,30 inferiori
a 180 m/s (ovvero NSPT,30 < 15 nei terreni a grana grossa e cu,30 < 70 kPa nei terreni a
grana fina).

E Terreni dei sottosuoli di tipo C o D per spessore non superiore a 20 m, posti sul
substrato di riferimento (con Vs > 800 m/s).
Tabella 8: Categorie di sottosuolo (Tabella 3.2.II D.M. 14.01.2008)

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 Condizioni topografiche
In relazione all’andamento morfologico locale fortemente inclinato, con riferimento alla seguente
Tab. 9, è possibile classificare i terreni di sedime come il sito di interesse come categoria T1.

Categoria Caratteristiche della superficie topografica


T1 Superficie pianeggiante, pendii e rilievi isolati con inclinazione media i ≤ 15°
T2 Pendii con inclinazione media i > 15°
T3 Rilievi con larghezza in cresta molto minore che alla base e inclinazione media 15° ≤ i ≤ 30°
T4 Rilievi con larghezza in cresta molto minore che alla base e inclinazione media i > 30°
Tabella 9 Categorie topografiche (Tabella 3.2.IV D.M. 14.01.2008)

11.3.3. ACCELERAZIONE MASSIMA ATTESA IN SUPERFICIE


In assenza di analisi specifiche della risposta sismica locale è possibile valutare l’accelerazione
massima attesa al sito mediante la relazione:

amax = SSSTag in cui:

SS = coefficiente che tiene conto dell’effetto dell’amplificazione stratigrafica

ST = coefficiente che tiene conto dell’effetto dell’amplificazione topografica

ag = accelerazione orizzontale massima sul suolo di categoria B.

Categoria SS
sottosuolo

A 1.00

B 1.00  1.40  0.40  F0  a g g  1.20

C 1.00  1.70  0.60  F0  a g g  1.50

D 0.90  2.40  1.50  F0  a g g  1.80

E 1.00  2.00  1.10  F0  a g g  1.60

Tabella 10: Espressioni di SS (Tabella 3.2.V D.M. 14.01.2008)

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Categoria Ubicazione dell’opera o dell’intervento St


Topografica
T1 - 1,0

T2 In corrispondenza della sommità del 1,2


pendio
T3 In corrispondenza della cresta del 1,2
rilievo

T4 In corrispondenza della cresta del 1,4


rilievo

Tabella 11: Espressioni di St (Tabella 3.2.VI D.M. 14.01.2008)

Nel caso in esame, cautelativamente, potrà essere assunto:

SS = 1.20 (Categoria sottosuolo B)

ST = 1.00 (Categoria topografica T1)

Sulla base dei dati sopra riportati in Tab. 12 i valori di ag per i diversi tempi di ritorno.

Stati limite Tr amax

SLE SL 30 0.02232
O

SLD 50 0,02820

SLU SLV 475 0,06000

SLC 975 0,07236

Tabella 12: valori amax per i diversi tempi di ritorno

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12. PARAMETRI DI RISPOSTA SISMICA LOCALE

Col termine di liquefazione si intende generalmente la perdita di resistenza dei terreni saturi, sotto
sollecitazioni di taglio cicliche o monotoniche, in conseguenza delle quali il terreno raggiunge una
condizione di fluidità pari a quella di un liquido viscoso. Ciò avviene quando la pressione dell’acqua nei
pori aumenta progressivamente fino ad eguagliare la pressione totale di confinamento e quindi allorché
gli sforzi efficaci, da cui dipende la resistenza al taglio, si riducono a zero.

Questi fenomeni si verificano soprattutto nelle sabbie fini e nei limi saturi di densità da media a bassa e
a granulometria piuttosto uniforme, anche se contenenti una frazione fine limoso-argillosa.

Le caratteristiche stratigrafiche, idrogeologiche e sismiche nell'area permettono di escludere


l’instaurarsi di fenomeni di alterazione locale (liquefazione) delle caratteristiche di resistenza al taglio
dei terreni, in concomitanza di eventi sismici.

Nel caso specifico, in accordo con quanto previsto nelle N.T.C., al punto 7.11.3.4.2, la verifica a
liquefazione può essere omessa in quanto per tempi di ritorno di 975 anni corrispondenti allo stato
limite ultimo SLV di salvaguardia della vita:

 gli eventi sismici attesi di magnitudo M inferiore a 5;


 accelerazioni massime attese al piano campagna in assenza di manufatti (condizioni di campo
libero) minori di 0,1g.

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13. ANALISI DELLA PERICOLOSITÀ GEOLOGICA

13.1. Pericolosità geomorfologica


L’analisi dell’assetto geomorfologico limitatamente all’area in esame non evidenzia fenomeni di
dissesto.

13.2. Problematiche idrogeologiche


L’analisi dell’assetto idrogeologico relativo all’area oggetto del presente lavoro ha evidenziato in
alcuni sondaggi e piezometri la presenza di una falda idrica superficiale con una soggiacienza di circa
10 m. la presenza di questa falda comporterà un’interferenza con i lavori di coltivazione della
discarica.

13.3. Problematiche idrauliche


Le problematiche idrauliche dell’area sono riconducibili, vista l’assenza di corsi d’acqua o di impluvi
importanti, al dilavamento superficiale che nei tratti a maggiore pendenza può evolvere a fenomeni
di ruscellamento.

14. CONCLUSIONI

Per la definizione del modello geologico ci si è avvalsi di un rilievo geologico che ha consentito di
individuare la natura e potenza dei terreni costituenti il substrato e di quelli affioranti.

In generale il sottosuolo dell’area di interesse è costituito da un’alternanza di strati sabbiosi a


granulometria varia con livelli limosi e argillosi con una potenza certa di 45 m.

Sulla base delle considerazioni su esposte e dopo una valutazione delle problematiche esistenti, si
ritiene che l’area è idonea alla destinazione d’uso prevista, fermo restando in fase progettuale e
costruttiva l’osservanza di tutti gli accorgimenti mirati alla regimazione delle acque meteoriche.

Data: 30 Giugno 2016 Pagina: 44 di 44

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