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Alla morte di Hegel, i suoi discepoli crearono una spaccatura: si divisero in vecchi hegeliani e giovani
hegeliani e assunsero atteggiamenti diversi di fronte alla religione e alla politica per cui, queste due
correnti vennero distinte in destra e sinistra hegeliana.
Hegel aveva affermato che filosofia e religione esprimevano una medesima verità , ma in due forme
distinte:
- La religione nella forma della rappresentazione; -
Con Feuerbach e Marx vedremo come lo spirito di Hegel verrà capovolto: il soggetto del reale non è
figlio dell’infinito (dello spirito) ma è costituito dal finito: realtà concrete che sono l’uomo e la
natura.
Marx non si limita a porre al centro della filosofia l’uomo concreto, ma lo interpreta in termini socio -
economici: non considera la concretezza dell’uomo come sviluppo dello spirito, ma afferma la
concretezza dell’uomo come il prodotto di specifiche dinamiche materiali e sociali.
Con Marx c’è attenzione per l’uomo nella sua interezza: “non è la coscienza degli uomini che determina
il loro essere, ma è il loro essere sociale che determina la loro coscienza”.
La critica storica e quella politica possono essere messe sullo stesso piano, il terreno comune di queste
riflessioni è l’ambito della filosofia della storia che è anche l’ambito delle principali riflessioni
hegeliane (la fenomenologia dello spirito) ed è quel passaggio particolare della dialettica schiavitù
signoria ad essere oggetto della filosofia marxista.
La filosofia della storia è quel ramo della filosofia che si interroga su quali sono le connessioni tra la
storia e le ideologie che nascono da essa. Perché la filosofia non è altro che una riflessione sul tempo
che si vive e in un tempo così incasinato ovviamente non potevano che nascerne nuovi grandi filosofi.
Da questo punto di vista che cosa accomuna Marx Hegel e Nietzsche? La filosofia della storia, che non è
una semplice riflessione sugli eventi, ma è una riflessione che tende a grattare sotto la superficie degli
eventi e tirare fuori degli schemi che nella storia si manifestano.
Potremmo istituire a questo punto una sorta di proporzione che può collegarci storia e filosofia
Rivoluzione francese: Kant = congresso di Vienna: Hegel = moti del 48: Marx (48
reazione al congresso di Vienna, Marx reazione ad Hegel).
Antitesi;
- Sintesi.
Questo schema ci riporta a quello di Dio come padre, figlio e spirito santo.
Altro punto debole della filosofia hegeliana, da parte di Marx ci sarà anche una critica alla religione di
Hegel che per capirli meglio andiamo a vedere delle tesi di Feuerbach.
• Per Feuerbach l’alienazione è il processo in cui metto la religione davanti a me. Cosa significa:
riflettiamo sulla parola oggettivazione: che significa ciò che è proiettato di fronte a me, l’abbiamo
visto anche con Kant: oggetto è ciò che mi sta di n’anzi.
Con l’oggettivazione religiosa allora ci riferiamo al processo in cui l’uomo tira fuori da sé le
proprie caratteristiche, aliena da sé tutte le perfezioni e le identifica con Dio che è un essere
perfetto.
Per cui l’uomo per sfuggire dall’imperfezione tira fuori tutte le perfezioni umane e crea un ente
esterno.
Dopo questo processo, l’uomo si sottomette a Dio.
Questo rappresenta una condizione patologica dell’essere umano che occorre superare.
Feuerbach individua la soluzione nell’ateismo che fa sì che l’uomo si riappropri della sua
essenza.
• Marx è d’accordo con Feuerbach per quanto riguarda il processo e il fatto che l’uomo debba
liberarsi, ma non è d’accordo con la soluzione.
Per Marx l’alienazione è la condizione dell’operaio scisso da sé in quanto espropriato del proprio
lavoro e della propria umanità .
È dunque una condizione patologica della società capitalistica che bisogna superare con la
rivoluzione proletaria, la quale abolirà la proprietà privata e instaurerà la nuova società
comunista (riferimenti alle encicliche: quanta pura e rerum novarum).
Alienazione: l’alieno è chi è altro, che non siamo “noi”. L’alieno è uno straniero.
Marx individua quattro tipi di alienazione causati dal sistema economico capitalista ovvero individua
quattro situazioni in cui l’individuo si divide da sé stesso, da ciò di cui è parte. Sono per tanto quattro
fonti di sofferenza che hanno origine sociale e non personale.
La prima alienazione riguarda la merce che ha prodotto. Lui, l’operaio, mette una parte di se stesso
nella merce che ha generato. C’è la sua fatica, la sua abilità , il suo tempo… ma se nel sistema economico
precedente il produttore, l'artigiano, terminata la sedia o la camicia vedeva il frutto del suo lavoro,
vedeva, la sedia o la camicia, e questa era "sua" sin tanto che non la vendeva, l’operaio che ha
parcellizzato il proprio lavoro, non può mai dire quella sedia o quella camicia è mia, perché frutto di un
processo che ha coinvolto più persone oltre che delle macchine. Alla fine della giornata quest’uomo
vede delle sedie o delle camice ma sa che anzitutto non sono sue, e in seconda battuta manco può dire
“le ho fatte io”.
Forse è più chiaro se il concetto lo sposto nei biscotti fatti dalla bambina che usa farina e uova di
mamma, ma quando i biscotti escono dal forno può offrirli a fratelli, nonne o genitori dicendo “Questi li
ho fatti io”! Quella bimba è appagata dal suo lavoro; il suo amore, il suo tempo hanno prodotto
qualcosa che l’ha arricchita interiormente. Le uova e la farina non sono mai stati suoi (erano dei
genitori) i biscotti non hanno generato reddito (non incassa denaro) ma è comunque gratificata dal
suo lavoro. Cresce l'autostima in se stessa, si sente utile. Questo sistema capitalista, ci dice Marx,
parcellizzando il lavoro, impedisce questa soddisfazione tra gli operai che a turni girano attorno alla
catena di montaggio, al telaio, all’altoforno.
Il risultato di quel processo è tutto del padrone, del capitalista che magari manco ha mai messo piede
in fabbrica; ciò nonostante è solo lui a poter affermare “Questo è mio!” anche se, di fatto, si sta
impossessando del lavoro che non è suo. E’ una contraddizione del sistema capitalistico che per
produrre merci ha bisogno del lavoro del salariato, ma che non gratifica il lavoratore di cui si serve.
Mentre il sarto o il falegname percepiscono alla fine della giornata il frutto del loro lavoro, e questo li
appaga (ecco la "mia" camicia, la "mia" sedia) l’operaio industrializzato vede uscire sedie e camicie
dove lui ha solo messo la vernice (e basta) o il bottone (e basta). Si sente estraneo a quella merce che
ha prodotto, anche se lì c’è una parte di se che sente gli è stata tolta e, giorno dopo giorno, si sente
sempre più svuotato, inutile.
Questo sistema produttivo aliena l’operaio anche rispetto alla propria attività . Attività che ha delle
caratteristiche ben precise, è ripetitiva, è monotona ma soprattutto è coercitiva. In una società di
mercato l’individuo (tranne qualche rara eccezione) è costretto a lavorare, in altre parole deve, seppur
controvoglia, cedere il proprio tempo per realizzare quelle merci che, come sopra descritto, lui
percepisce come estranee da se stesso. Non solo quindi per tutto il giorno ha prodotto qualcosa che
non lo soddisfa, anzi lo svuota, ma è pure costretto dalla necessità a farlo, aumentando in lui il senso di
frustrazione.
Da questa constatazione emerge una terza alienazione, quella della propria essenza. L’uomo nasce
per essere libero, ma se sei obbligato a lavorare da questo sistema economico, ovvero sei costretto a
fare qualcosa che tu non faresti mai, (metterti di fronte ad una macchina e compiere quel gesto
ripetitivo), significa che libero non sei, hai perso la tua libertà. La cosa è analizzata da Marx
ed Engels anche dal punto di vista sociale. L’uomo, privato della sua libertà , costretto dalle leggi di
mercato e dal sistema capitalistico a diventare appendice della macchina, a compiere per dieci / dodici
/ quattordici ore lo stesso movimento, ha terminato la sua giornata senza aver fatto nulla che lo faccia
sentire vivo, che l’abbia valorizzato.
Questo ogni giorno, ogni settimana, ogni mese e via via sino alla morte. L’uomo in una simile
situazione sente una parte di se essere estranea a se stesso. “L’uomo diventa bestia”! Fenomeni
conseguenti a questo stato di cose sono la prostituzione e l’alcolismo. Perché si diffondono questi
fenomeni descritti anche da Charles Dickens nei suoi romanzi? (lo scrittore è coetaneo a Marx ed
Engel e vive proprio nell’isola della rivoluzione industriale). Perché è mutata la struttura produttiva,
il contadino costretto ad abbandonare la campagna dove era inserito in un contesto sociale ora,
trasformato in operaio/proletario si ritrova solo, estraniato nella grigia città . Non ha tempo, energia,
capacità di creare “legami”, di dare un senso alla propria giornata e alla fine della stessa come può
reagire? Può cercare un senso rivolgendosi al cielo (la religione per Marx è considerata un oppio)
affogare il proprio vuoto (la propria alienazione) nell’alcool. Magari si ritrova ad alternare le tre cose,
trovandosi dopo l'ennesima sbornia con le mani in testa a pentirsi al cospetto della sua divinità , per
poi ricadere di li a poco negli stessi vizi.
Ultima forma di alienazione è quella rispetto agli altri uomini. Perché in questo sistema socio
produttivo la gente è divisa in due categorie: il ricco ed il povero, c’è chi ha e chi non ha. C’è chi ha i
mezzi di produzione (il Capitale) e chi non ce l’ha (il lavoratore). La mondina che sta piegata dieci ore
nell’acqua che ha le mani rovinate fa una vita molto diversa dalla donna borghese, ben vestita, che
cammina con il capellino per andare a giocare a bridge o a bere il tea nel circolo. Non sono la stessa
cosa, ma cose distinte, molto differenti. Questo crea divisione, alienazione. La stessa società è divisa in
due (le famose classi sociali).
Il passaggio da una forma di alienazione e un'altra è molto labile, sono tutte conseguenti al sistema
socio produttivo e si capisce perché Marx ritiene che questo sistema vada cambiato. S’intuisce anche
chi lo andrà a cambiare secondo la sua visione, proprio queste persone sofferenti nel momento in cui
prenderanno coscienza di cosa genera il loro disagio esistenziale; allora, e solo allora, scenderanno in
piazza per ribaltare tutto.