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BOEZIO

Anicio Manlio Torquato Severino Boezio (in latino: Anicius Manlius Torquatus Severinus
Boethius; Roma, 475/477 – Pavia, 524/526) è stato un filosofo e senatore romano.
Inter latinos aristotelis interpretes et aetate primi, et doctrina praecipui dialectica, 1547. Da BEIC,
biblioteca digitale.
Noto come Severino Boezio, o anche solo come Boezio, con le sue opere ha avuto una profonda
influenza sulla filosofia cristiana del Medioevo, tanto che alcuni lo collocarono tra i fondatori della
Scolastica[1]. Fu principale collaboratore del re Teodorico, ricoprendo la carica di magister
officiorum. Boezio, nel clima di rilancio della cultura che la pace rese possibile durante il regno del
re goto, concepì l'ambizioso progetto di tradurre in latino le opere di Platone e di Aristotele.

Il De Institutione Musica (500-507 ca.) di Severino Boezio è un'opera importante per diversi campi
di studio che vanno dalla musica alla filosofia medievale fino alla letteratura scientifico-musicale
medievale e rinascimentale;[1] gli scritti di Boezio ebbero ampia diffusione tra l'Antichità e il
Medioevo.

Questo trattato influenzò il processo di evoluzione della dottrina cristiana[2] e la concezione della
musica per quasi otto secoli, diventando la prima base su cui fondare e confutare nuove teorie e
successivamente porle in discussione. Uno dei meriti di Boezio è quello di impostare il suo lavoro
sulla cultura classica e di fornire un'idea ed una testimonianza importante di opere altrimenti a noi
sconosciute; questa scelta proviene dall'esigenza dell'autore di recuperare quella che era considerata
la vera cultura in un momento di crisi della cultura latina.

L'ethos

Il punto di partenza di Boezio è la dottrina dell'ethos ideata da Pitagora e sviluppata dai platonici,
dalla scuola peripatetica e dai filosofi di età posteriore. Lo scopo di questa dottrina era quello di
evidenziare la capacità della musica di influenzare lo stato d'animo dell'uomo.

Partendo da questo presupposto e dallo sviluppo di questo concetto, Boezio prende in esame il
Quadrivium (Aritmetica, Geometria, Astronomia e Musica) ideato da Marziano Capella nel suo De
nuptiis Philologiae et Mercurii[9] e alla musica dà enorme valore poiché unica disciplina
riguardante non solo la ratio ma anche il sensus. Questo duplice aspetto è alla base di quelle che
saranno le deduzioni boeziane: solo la ragione può comprendere il reale significato della musica, la
percezione sensibile è un semplice tramite; di conseguenza viene fuori la categorica distinzione tra
musico ed esecutore, il primo capace di comprendere appieno e profondamente la musica mentre il
secondo semplice interprete privo di potere speculativo.

Le specie della musica

Strettamente collegata e altrettanto fondamentale è la divisione della musica in tre specie: mundana,
humana e instrumentalis.

La musica mundana si rifà al concetto classico di musica delle sfere e si fonda perciò sul concetto
dell'armonia e non del suono. Questo primo genere è il più importante dei tre, in quanto rappresenta
il campo dell'indagine speculativa del teorico che indaga sull'armonia cosmica perfetta. Il fatto di
non poter essere udita dall'uomo indica ulteriormente la sua perfezione.
La musica humana introduce una concezione inedita della musica e viene descritta da Boezio come
udibile da "chiunque discenda in sé stesso". Essa rappresenta la metafora dell'unione tra razionale e
irrazionale, l'unione armoniosa dell'anima con il corpo raggiungibile solo tramite un atto di
introspezione. All'interno del De institutione Boezio non dà molto spazio a questo genere. Pur
ripromettendosi di chiarirne il concetto in un altro capitolo, non vi sono tracce di ulteriori
argomentazioni.

L'ultimo genere, la musica instrumentalis, è il più basso e rappresenta la musica eseguita dagli
strumentisti. All'interno del trattato in questione Boezio si concentra sulla regolarizzazione di tale
pratica e sposta la sua indagine sul sistema acustico poiché riteneva necessario capire come la
musica effettivamente prodotta colpisca i nostri sensi prima ancora che la nostra ragione e la nostra
capacità di comprensione. Questa necessità dimostra ulteriormente la tendenza di Boezio a non
declassare del tutto la dimensione del sensus dell'uomo. Il primato della ragione sui sensi e
l'importanza di conoscere la musica in modo profondo sono concetti ribaditi più volte in questo
primo libro.

Il secondo e il terzo libro si concentrano sull'aspetto scientifico-matematico della musica,


richiamando come archetipo filosofico quello di Pitagora, ma risentendo comunque dell'influenza
nicomachea. Partendo dal concetto pitagorico di "essenza" intesa come qualcosa di "immutabile"
finché non a contatto con la realtà materica, Boezio mira a dimostrare i fondamenti matematici della
musica come scienza. Per quanto riguarda invece i concetti di consonanza e classificazione degli
intervalli, riveste sostanziale importanza il capitolo otto del Manuale di armonica di Nicomaco,[10]
dal quale Boezio prenderà il metodo pitagorico e, basandosi specialmente sull'esame delle
proporzioni, le basi per la definizione quantitativa del semitono smentendo le teorie di Aristosseno.
[11]

Si sofferma dunque su ragionamenti di natura aritmetica e, in contrasto con le teorie di Aristosseno,


dimostra l'infondatezza della divisione precisa del tono in due semitoni dimidietates tonorum. Le
tesi esposte in questi due libri sono ampiamente confutate dalla moderna fisica acustica, ma il fine
ultimo era in effetti quello di dimostrare come la ragione fosse l'unica strada per dare alla musica
consistenza scientifica. Da un altro punto di vista vennero però spazzati via i timidi tentativi di
Aristosseno di creare un seppur minimo compromesso tra ragione e percezione uditiva.

Nel quarto libro Boezio si concentra fondamentalmente su due aspetti: la notazione alfabetica greca
(rifacendosi alle Tavole di Alipio[12] e alla Introduzione all'armonica[13] di Gaudenzio) e la
classificazione dei modi. Il primo argomento viene trattato senza approfondimenti particolari,
mentre la questione dei modi e delle complesse numeriche relative alla divisione del monocordo in
tre generi sono ampiamente argomentate e dimostrate.

Il quinto libro non ci è giunto per intero (solo diciannove dei trenta capitoli previsti) e si basa in
gran parte sugli Armonici di Tolomeo. Gli argomenti toccati in questo ultimo libro riguardano
perlopiù la fisica acustica, ma le premesse espresse dal filosofo romano aprono le porte a diverse
riflessioni e commenti. Come già fatto in precedenza all'interno del trattato, "attacca" le posizioni di
Aristosseno, che metteva quasi sullo stesso piano il senso e l'intelletto, in favore di quelle della
scuola pitagorica, discutendo sul ruolo di sensus e ratio nella determinazione dell'altezza precisa di
un suono (facultas) e affermando per l'ennesima volta l'impossibilità di porre sullo stesso piano il
senso e la ragione tutto a favore della seconda capacità. Da quanto detto è intuibile l'importanza che
ebbe questo trattato in epoche successive, specialmente durante la rinascita carolingia, come base
speculativa. Inoltre, fu successivamente di fondamentale importanza anche per la creazione dei
modi gregoriani e di conseguenza per la sistematizzazione della pratica vocale e dell'organizzazione
dei canti dal IX secolo in poi.

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