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La traviata, di Giuseppe Verdi: riassunto e storia

La traviata è una delle opere più famose, note e belle di Giuseppe Verdi. Scritta su libretto di Francesco
Maria Piave, si compone di tre atti ed è tratto dalla pièce teatrale “La signora delle camelie”, scritta
dall’autore francese Alexandre Dumas (figlio); quest’opera verdiana, assieme a “Il trovatore” e a “Rigoletto
“, fa parte della cosiddetta “trilogia popolare “.

In parte composta nella villa degli editori Ricordi a Cadenabbia, nella splendida cornice del lago di Como, la
prima rappresentazione teatrale de La traviata, avvenne al Teatro La Fenice di Venezia, nel giorno 6 marzo
1853; in tale occasione, tuttavia, a causa soprattutto di interpreti non di adeguato livello e a causa della
scabrosità dei temi, la rappresentazione si rivelò un fiasco totale. Venne ripresa comunque il 15 maggio
1854 quando ottenne il meritato successo.

La traviata: genesi dell’opera

Nella mente di Verdi prende corpo questa nuova fatica, dopo aver visto a teatro “La signora delle camelie”
a Parigi, accompagnato da Giuseppina Strepponi, nel febbraio del 1852. Elabora questo dramma – opera di
Dumas figlio – e ne ricava un intenso melodramma dal valore emotivo e di un esasperato romanticismo.
Giuseppe Verdi ha donato al mondo un’opera di estremo lirismo. Il maestro scriveva, come riportato da
giornali dell’epoca, al presidente del teatro alla fenice signor Marzari: “Ho volutamente cercato un soggetto
pronto, certamente di sicuro effetto “, con questa frase di fatto, presentava e promuoveva la nuova opera
da mettere in scena per il Carnevale del 1853. La sua fatica fu condivisa da Francesco Maria Piave che ne
scrisse il libretto nel novembre di quell’anno, per un compenso di 1.000 lire austriache.

Un fiasco

Il lavoro per Giuseppe Verdi fu sicuramente grande: la scrisse in 40 giorni, da fine gennaio ai primi di marzo
del 1853. Consideriamo anche che “Il trovatore” andò in scena il 19 gennaio del 1853, al teatro Apollo di
Roma, cioè solo due mesi prima. La traviata fu rappresentata il 6 marzo 1853 a Venezia, al teatro La Fenice:
fu un totale insuccesso, e come disse lo stesso Maestro “un fiasco “. Leggendo le cronache di allora, si
evince che comunque il maestro non si turbò molto, e leggendo le varie lettere da lui spedite da Venezia nei
giorni successivi circa il “fiasco”, lo troviamo quasi impassibile. In una sua corrispondenza con casa Ricordi si
legge:

- “non indaghiamo sulle cause, la storia è così. Colpa mia o dei cantanti? […] Il tempo giudicherà”.
Al suo corrispondente da Genova rispose in questo modo: “La traviata ha fatto un fiascone e –
peggio – ne hanno riso. […] Eppure che vuoi […] Non son turbato. Ho torto io o hanno torto loro?
Ma io credo che l’ultima parola sulla Traviata non sia quella di ieri sera, la rivedranno e
vedremo!”.

Un successo

Effettivamente il maestro conosceva e sapeva quello che scriveva, attese sino alla sera del 15 maggio 1854,
quattordici mesi dopo l’insuccesso alla Fenice, e sempre a Venezia, al teatro San Benedetto il popolo
veneziano, ne decretò il successo, ottenendo un completo trionfo ed un completo consenso di stampa.
Quella sera non fu altro che il” preludio”, del percorso che, La traviata, ha fatto nei suoi oltre 160 anni di
vita, raccogliendo trionfi e consensi in tutti i teatri del mondo, ponendosi al vertice di tutta la produzione
verdiana.
Personaggi dell’opera

Violetta: soprano

Alfredo Germont: tenore

Annina: soprano

Flora Bervoix: mezzosoprano

Giorgio Germont: baritono

Gastone, Visconte de Letotieres: tenore

Il dottor Grenvil: basso

Il marchese Douphol: baritono

Il marchese d’Obigny: basso

Coro degli amici, bimbi, zingare, domestici, gente del popolo

La traviata: riassunto e trama dell’opera

Atto I

Nel salotto di casa Valery si coglie l’atmosfera di una imminente festa, vista la preparazione e la
disposizione di fiori, piante e divani. Violetta sta preparando tutto questo per i suoi amici: sappiamo che la
giovane donna è colpita dal mal sottile, ma ella è comunque contenta di come scorre la sua esistenza,
diciamo un po’ “leggera” o quantomeno dai modi frivoli per quanto riguarda l’altro sesso. Tra gli invitati
notiamo anche Gastone che, arrivando alla festa, presenta Alfredo Germont, segreto ammiratore di
Violetta. Si comincia a brindare ed egli è invitato a unirsi all’allegra compagnia. In un altro salone si
uniscono anche altri invitati e si dà inizio a questa gaia serata di ballo. Violetta soddisfatta però ha un
momentaneo mancamento: escono gli invitati trasferendosi in altri salotti. Ella quindi chiede di rimaner da
sola, Alfredo però rimane con lei per manifestarle la sua ammirazione ed il suo amore. Violetta colpita ed
intimamente sorpresa gli fa dono di una camelia dicendogli di riportarla quando sarà appassita.

Atto II

Nella casa di campagna, dove si sono ritirati a vivere Violetta ed Alfredo, essi stanno consumando il loro
sogno d’amore vivendolo intensamente. Ad Alfredo però giunge notizia da Annina che la “signora” si era
recata a Parigi per vendere i suoi gioielli ed altri beni, questo per prolungare, in maniera più piacevole la
loro vita distanti da Parigi. Alfredo si sente offeso e decide all’istante la sua partenza per la capitale,
cercando con la sua presenza di aggiustare queste spiacevoli questioni di danaro. Nello chalet di campagna
sopraggiunge il padre di Alfredo, Giorgio Germont, e trova Violetta appena rientrata da Parigi. Germont
padre comincia con il chiedere in nome delle convenzioni e del buon nome di rinunciare ad Alfredo, anche
per la felicità della figlia e che così facendo, non troverà ostacoli nello sposare un giovane del suo rango.
Violetta, per la prima volta, “rinuncia al suo amore per un uomo contro la sua volontà”. Partirà subito
lasciando un biglietto ad Alfredo, che lo troverà, al rientro da Parigi. Ma mentre scrive il biglietto di saluti e
di congedo arriva Alfredo. Egli nota nella giovane un turbamento e la interroga, mentre Violetta intona la
famosa romanza: “Amami Alfredo”, frase che cambierà in una nuova forma, tutta la concezione psicologica
dell’opera come per l’appunto la voleva Giuseppe Verdi. Un domestico si avvicina ad Alfredo e porge un
vassoio con un biglietto, in quel biglietto c’è la frase di congedo, con cui Violetta annuncia la sua partenza
con Annina; Alfredo legge e, come folgorato, chiede al domestico che confermi. Nell’azione entra
immediatamente papà Germont che comincia a concionare sul perché ha lasciato la famiglia e la Provenza,
ed a considerare quanti problemi son venuti a crearsi con la sua partenza.

La scena cambia

Ora siamo nella sala da ballo e da gioco in casa dell’amica di Violetta, Flora Bervoix, dove si sta svolgendo
un ballo mascherato. Violetta entra nel salone al braccio del barone Douphol, vedendo Alfredo al tavolo da
gioco si sente smarrita. Stranamente in quella serata Alfredo ha una fortuna sfacciata al tavolo verde;
anch’egli vede Violetta e tutta la scena viene monopolizzata dal gioco e dalle provocazioni che Alfredo ha
nei confronto del barone. Ma l’invito della padrona di casa ad andare a tavola smorza quella voglia. Escono
tutti ma Violetta chiama Alfredo per un colloquio chiarificatore. Nel suo spiegare lo prega di capire che il
suo amante Douphol le ha chiesto di lasciare Alfredo per amore suo. Alfredo come rapito dà un momento
di follia richiama gli invitati e apostrofa Violetta in forma molto triviale e volgare lanciando una borsa con
dentro del denaro ai suoi piedi. Entra in scena anche suo padre Giorgio Germont, che allontana Alfredo,
mentre il barone le lancia il suo guanto di sfida.

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