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Serenella Ensoli insegna Archeologia Classica ptolemaica La fortuna dell’opera di Lisippo di Sicione,

la fortuna di lisippo nel mediterraneo


presso l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. studi sul mediterraneo
il celebre bronzista contemporaneo di Alessandro Magno,
è Direttore delle Missioni Archeologiche Italiane è indagata in queste pagine con sollecitazioni e proposte inedite
a Cirene (Libia), in Cisgiordania, a Cipro. in merito all’aspetto più ‘imprenditoriale’ della sua attività artistica.
è “Scientific Advisor for Greek and Roman Riconosciuta l’eredità dei prototipi lisippei in età ellenistica
Archaeological Heritage” del Department of Archaeology in Libia.
la fortuna di lisippo e romana, si esplorano qui i meccanismi di tale ampia diffusione,

Prof. Dr. Serenella Ensoli


University of Campania “Luigi Vanvitelli”
nel mediterraneo derivante dai contesti storico-politici, religiosi
ed economico-commerciali dell’epoca.
Con questo sguardo attento alle modalità e alle circostanze
Professor of Classic Archaeology Tra ‘imprenditorialità’, ‘politicizzazione’ della trasmissione di modelli iconografici nel Mediterraneo
Director of Italian Archaeological Mission in Cyrene (Libya)
Director of Italian Archaeological Mission for ‘Ancient Palestine’ e ‘strategie di reimpiego’ si inaugura la nuova collana “Ptolemaica. Studi sul Mediterraneo”,
che riguarderà i luoghi dell’impero tolemaico – in primis Libia,
in West Bank
Antica Palestina, Cipro – con particolare attenzione all’eredità
Director of Italian Archaeological Mission in Cyprus
Scientific Advisor for Greek and Roman Archaeological Heritage
a cura di Serenella Ensoli storico-politica, culturale e artistica delle età precedenti
of the Department of Archaeology in Libya e al portato di valore internazionale per quelle successive.

An in-depth analysis of the success of the works of Lysippos


from Sicyon, the great worker in bronze contemporary
of Alexander the Great, is undertaken in this volume,
with new spurs and unpublished proposals concerning
the ‘entrepreneurship’ of his creative activity.
Established the artistic heritage of Lysippos models during
the Hellenistic and Roman period, particular attention is given
here to the way of transmission of his works, influenced
by historical, political, religious and economic context.
With this focus on the circumstances of circulation
of the iconographic models in the Mediterranean Sea,
the present volume inaugurates the new editorial series
“Ptolemaica, Studies about the Mediterranean Sea”,
that will concern the Ptolemaic Empire – with particular reference
to Libya, Ancient Palestine, Cyprus – that is considered
as historical-political, cultural and artistic heritage
of the previous ages, but above all of outstanding international
value for the following ages.

ilpoligrafo
ISBN 978-88-9387-007-8

33,00
in copertina

e
Giovanni Ghisolfi (Milano 1623-1683), Veduta di fantasia
con la statua di Ercole Farnese, collezione privata ilpoligrafo
ptolemaica. studi sul mediterraneo
ptolemaica. studies about the mediterranean sea
collana diretta da | a series edited by Serenella Ensoli
1
Comitato Scientifico della collana
Series Scientific Committee

Ahmed Abdulkariem
Mounir Bouchenaki
Stefano De Caro
Emanuele Greco
Ettore Janulardo
Karl-Uwe Mahler
Clemente Marconi
Attilio Mastino
Demetrios Michaelides
Vincent Michel
Maria Antonietta Rizzo
Hamed Salem
Mustafa Turjman
Susan Walker
.
Jerzy Zelazowski
la fortuna di lisippo
nel mediterraneo
Tra ‘imprenditorialità’, ‘politicizzazione’
e ‘strategie di reimpiego’

a cura di Serenella Ensoli

testi di
Serenella Ensoli, Angela Di Folco, Filippo Salamone
con la collaborazione di
Ilaria Campagnano, Antonella Frezzetti, Paolo Piscitelli

ilpoligrafo
Il volume è pubblicato con il contributo di
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
(Direzione Generale per la promozione del sistema Paese)
Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”

in copertina
Giovanni Ghisolfi (Milano 1623-1683), Veduta di fantasia
con la statua di Ercole Farnese, collezione privata
(da Lisippo. L’arte e la fortuna, a cura di P. Moreno, S. Ensoli,
M.E. Tittoni, F. Pirani, Milano 1995, p. 432, n. 7.1)

L’ottimizzazione dell’apparato iconografico


è stata realizzata da Ilaria Campagnano.
Le traduzioni dall’italiano all’inglese sono di Giusy Marra

L’Editore è a disposizione degli aventi diritto


per quanto riguarda fonti iconografiche non identificate

progetto grafico e redazione


Il Poligrafo casa editrice
grafica Laura Rigon
redazione Sara Pierobon

© copyright luglio 2017


Il Poligrafo casa editrice
35121 Padova
piazza Eremitani - via Cassan, 34
tel. 049 8360887 - fax 049 8360864
e-mail casaeditrice@poligrafo.it
ISBN 978-88-9387-007-8
indice

9 Prologo | Prologue
Serenella Ensoli

11 Introduzione
Serenella Ensoli

Parte prima
La fortuna di Lisippo dall’età ellenistica all’età romana

17 L’eredità delle iconografie lisippee a partire dall’età tolemaica


Serenella Ensoli

Parte seconda
I soggetti lisippei più diffusi nel Mediterraneo:
Alessandro Magno, Eracle ed Eros

53 Alessandro Magno
Serenella Ensoli
1. Alessandro con la lancia e il ritratto del principe
2. Alessandro a cavallo nelle scene di battaglia
3. Alessandro a cavallo nelle scene di caccia

75 Eracle: dall’Epitrapezio al Meditante, dalle sue Imprese al suo Riposo


Serenella Ensoli
1. Eracle Epitrapezio
2. Eracle Meditante
3. Imprese di Eracle
3.1. Le sculture della Collezione Verospi conservate nei Musei Capitolini
4. Eracle in Riposo

117 L’Eros di Lisippo. La fortuna delle sue elaborazioni iconografiche


nel Mediterraneo a partire dall’età tolemaica
Serenella Ensoli
Parte terza
Altri modelli lisippei di specifico interesse

139 L’Agia di Lisippo e il Donario di Cirene


Serenella Ensoli

155 Polidamante e il Pugile delle Terme


Filippo Salamone

161 Kairòs e la sua fortuna letteraria. La concettualità nelle opere di Lisippo


Angela Di Folco

171 Il Carro del Sole a Lindos


e la sua ripresa iconografica nel Mediterraneo
Serenella Ensoli

181 L’iconografia lisippea di Poseidon


nella propaganda politica di età tardorepubblicana
Filippo Salamone

187 Vecchio Sileno: una storia iconografica da indagare.


A proposito della statua dei Musei Capitolini
Serenella Ensoli

conclusioni

201 Lisippo, ‘imprenditore’ della sua arte e precursore della ‘copistica’.


Alcune note
Serenella Ensoli

apparati

207 Bibliografia
con la collaborazione di Ilaria Campagnano,
Antonella Frezzetti, Paolo Piscitelli, Filippo Salamone

221 Indice delle illustrazioni


alessandro magno
Serenella Ensoli

1. Alessandro con la lancia e il ritratto del principe1


L’immagine di Alessandro con la lancia, secondo la formulazione li-
sippea dedicata a Efeso e ricostruita da Paolo Moreno2, riscuote una fortuna
immediata in Grecia e una precoce adozione sia nelle colonie magnogreche
sia nell’area centro-italica. In particolare un’eco significativa è testimoniata
nelle raffigurazioni pittoriche e nei rilievi funerari in cui vengono rappre-
sentati i defunti eroizzati. Nell’affresco del tumulo in località Bella a Ver-
gina (fig. 1)3 il giovane guerriero, identificato da Moreno con uno stratega4,
presenta uno schema iconografico analogo a quello della statuetta di Parma
(fig. 2)5 ed è confrontabile con il rilievo con figura di stratega di una Tomba
di Myra, datata attorno al 300 a.C.6.
La statuetta in bronzo del Museo Kanellopoulos di Atene, identificata
con Alessandro7, riprende il tema, sebbene con uno schema invertito e con
alcune varianti. Queste ultime, ispirate al tipo dello Zeus di Argo attribuito
a Lisippo8, si colgono ancora nella figura di Dioscuro sul capitello dell’Ot-
tagono del Palazzo di Galerio a Salonicco9. D’altra parte la fortuna dell’ico-
nografia è documentata nell’adattamento di schemi analoghi in contesti
diversi e cronologicamente lontani. La pittura della villa di Zliten (fig. 3)10,
da una parte, e il Trono di Luni a Torino11, dall’altra, possono documentare
l’importante influenza del soggetto iconografico lisippeo sino all’età impe-
riale avanzata.
Una delle vicende più interessanti della fortuna dell’immagine di
Alessandro è rappresentata, tuttavia, dalla ricezione delle elaborazioni li-
sippee nell’Italia antica12.
Il fenomeno è particolarmente evidente nelle teste votive dell’area
centro-italica. Singoli elementi del ritratto di Alessandro si individuano in

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serenella ensoli

1. Vergina, necropoli;
Tomba Bella con il dipinto raffigurante
probabilmente uno stratega
(da Ensoli 1995, p. 293, fig. 8)
2. Parma, Museo Archeologico
Nazionale; statuetta bronzea
di Alessandro da Velleia
(da Moreno 1995b, p. 212, fig. 9)
3. Zliten, Museo; frammento
di affresco rappresentante Ares
nello schema iconografico
di Alessandro con la lancia
(da L. Musso, in Ensoli 1995,
p. 337, fig. 6.7.10)

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alessandro magno

4. Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek; testa marmorea di Alessandro Magno dall’Egitto


(da Moreno 1995a, p. 163, fig. a)

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serenella ensoli

5, a-b. Policoro, Museo Nazionale della Siritide;


matrice con testa di Alessandro dall’Acropoli di Eraclea
(da Moreno 1995b, p. 214, fig. 11)
6. Lipari, Museo Archeologico Eoliano;
matrice con ritratto di Alessandro
(da Ensoli 1995, p. 334, fig. 6.7.3)

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alessandro magno

7. Capua, Museo Provinciale


Campano; testa votiva tipo Alessandro
(da Ensoli 1995, p. 335, fig. 6.7.6)
8. Catania, Museo Civico
(Castello Ursino), (già Collezione
Biscari); ritratto di Alessandro
(da Ensoli 1995, p. 335, fig. 6.7.7)

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serenella ensoli

moltissime terrecotte che vengono datate tra la fine del IV e il III secolo
a.C. Una testa giovanile conservata nel Museo Gregoriano Etrusco13 è sta-
ta avvicinata alla testa Schwarzenberg e al medaglione d’oro da Abukir14.
Un’altra testa dello stesso museo, con forme elaborate di anastole15, allude a
prototipi più complessi, richiamando l’Alessandro Borghese e la testa con-
servata nella Ny Carslberg Glyptotek (fig. 4)16. Le risonanze dell’iconografia
del Macedone si colgono anche nella testa di Pavia17, datata all’inizio del
III secolo a.C. Nel corso del tempo l’anastole assume forme più definite e di-
viene uno stilema. In alcuni casi, inoltre, la più coerente ripresa dei modelli
greci ha fatto proporre l’ipotesi di una trasmissione di copie dalla Grecia
in Italia in età assai precoce, tesi confortata dal significativo parallelo nelle
terrecotte architettoniche18.
Le forti analogie che collegano tra loro le teste votive dell’area centro-
italica, in cui il ritratto di Alessandro è riproposto in forme idealizzate e
viene ripreso nella seconda metà del III secolo a.C. anche nelle statue votive
maschili e femminili, tra cui quelle di Lavinio19, si riscontrano anche nell’a-
rea campana e magnogreca, da Capua a Lucera. A tal riguardo, proprio in
merito alla circolazione delle immagini del Macedone, è particolarmente
interessante la matrice di Policoro (fig. 5, a-b)20, che, tra la fine del IV e
l’inizio del III secolo a.C., ne offre una versione idealizzata. La matrice fa
parte di un nucleo di oltre 200 pezzi costituenti il repertorio di una bottega
di artigiani di Eraclea.
La dipendenza di queste terrecotte dalle officine di Taranto è partico-
larmente significativa21. La matrice di Lipari (fig. 6)22, datata nella prima
metà del III secolo a.C., può ben esemplificare il problema della circolazio-
ne di stampi tratti da originali celebri e via via rielaborati. In questo caso nel
modello è stato riconosciuta la figura riprodotta nella testa di Alessandro-
Helios conservata nei Musei Capitolini23.
A loro volta le teste fittili votive di Capua (fig. 7)24, datate nel IV-III
secolo a.C. ed eseguite in serie con impiego di matrici per uno smercio su
vasta scala, trovano un loro immediato pendant nel ritratto di Alessandro
conservato nel Museo Civico di Catania (fig. 8)25. Esse mostrano anche,
come ha notato Moreno26, significative corrispondenze con il ritratto giova-
nile di Alessandro da Pella27. A questi esempi, come manifestazione nella
coroplastica della costante ispirazione al ritratto del Macedone, può essere
avvicinata la protome di terracotta da Lucera28, proveniente da un contesto
votivo datato nella prima metà del II secolo a.C.29.

2. Alessandro a cavallo nelle scene di battaglia 30


Lo schema di Alessandro a cavallo raffigurato nelle scene di battaglia
deriva dal “Dexileosmotiv”, che costituisce il modello compositivo delle
rappresentazioni di un’ampia serie di monumenti, appartenenti all’ambi-
to funerario, votivo e onorario. Ma se l’immagine del cavaliere trionfante
che trafigge con il giavellotto il nemico caduto a terra, posto sotto il cavallo
rampante, trova attestazioni già nel VI secolo a.C., è tuttavia verso la metà

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alessandro magno

del V secolo a.C. che appare il tipo canonico, ampiamente ripreso nei fregi e
nelle metope templari, oltre che, evidentemente e ancor prima, nella coeva
pittura31.
Nell’ambito delle numerose testimonianze della seconda metà del V e
del IV secolo a.C. il motivo appare peculiare di una specifica classe di monu-
menti funerari, quali stele, loutrophoroi e lekythoi marmoree. In particolare
la sua presenza nei rilievi sepolcrali statali precede l’adozione del motivo nei
monumenti privati, che pongono l’accento sull’eroizzazione del defunto.
Tale è il caso della stele posta nell’Heroon di Dexileos, datato dall’iscrizione
nel 394 a.C., che presenta importanti motivi innovatori anche nello schema
compositivo (fig. 9)32.
L’impiego del “Dexileosmotiv” ha una lunga fortuna che, grazie pro-
prio alle formulazioni lisippee riproducenti il Macedone in scene di batta-
glia e di caccia, ne amplifica la diffusione, ponendo in evidenza ancora una
volta il significato più profondo del motivo, quello eroico. Di qui il passo
decisivo, anticipato per molti versi proprio dall’Heroon di Dexileos, ossia
l’adozione del motivo per le statue onorarie.
A Lisippo e ai suoi capolavori, tra i quali innanzitutto la Turma Alexandri
(fig. 10)33, che rappresentava il Macedone con i compagni morti nella batta-
glia del Granico (334 a.C.), ossia venticinque cavalieri e nove fanti, si deve
probabilmente la moltiplicazione nel mondo ellenistico del tema del ca-
valiere all’attacco e la specifica ripresa da parte dei successori di Alessan-
dro. Tra i numerosi esempi è possibile ricordare, a titolo esemplificativo,
la statua equestre bronzea di Demetrio Poliorcete nel Museo dell’Agorà di
Atene34 e, in riferimento alla sfera funeraria, il rilievo rupestre della tomba
di Alketas a Termessos35. Gli esempi, tuttavia, sia in Grecia sia in Asia Mi-
nore, sono numerosissimi.
Il motivo iconografico, con poche varianti, viene ripreso a Taranto per
la decorazione metopale di un celebre heroon (fig. 11) e tale ripresa sem-
brerebbe ancora più significativa se si accetta la proposta di Moreno, già
avanzata da Sismondo Ridgway, di identificare nel cavaliere lo stesso Pirro,
piuttosto che Alessandro, benché Enzo Lippolis abbia efficacemente dimo-
strato che nel rilievo, da datare attorno al 200 a.C., non si possa riconoscere
una figura storica ma, piuttosto, un importante personaggio della classe
aristocratica locale36.
Nella certezza che vi sia una sostanziale differenza tra i monumen-
ti di destinazione pubblica e quelli di carattere privato, credo necessario
ricordare che l’ampia diffusione del tema nell’iconografia romana di età
repubblicana si debba alla ripresa del modello di Alessandro e dei Diadochi
da parte dei trionfatori, probabilmente determinata anche dalla presenza
delle sculture originali di Lisippo a Roma.
Al gruppo bronzeo del Granico che Quinto Cecilio Metello Macedoni-
co nel 146 a.C. portò a Roma come bottino di guerra dal Santuario di Zeus
a Dion per esporlo nella Porticus Metelli, dove rimase per lungo tempo, si af-
fianca la statua equestre di Alessandro loricato portata nell’Urbe da Cesare

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serenella ensoli

9. L’Heroon di Dexileos nella necropoli del Ceramico di Atene;


l’altorilievo della stele con la restituzione delle originarie aggiunte in bronzo e in pittura
(da Ensoli 1987, p. 203, fig. 20: disegno G. Barozzi, restituzione S. Ensoli)

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alessandro magno

10. Napoli, Museo Archeologico Nazionale;


statuetta equestre di Alessandro da Ercolano
(da Moreno 1995b, p. 235, fig. 27)
11. Taranto, Museo Archeologico Nazionale; metopa
con scena di combattimento da una tomba a camera di via Umbria
(da E. Lippolis, in Alessandro Magno 1995, p. 313, fig. 109)

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serenella ensoli

e collocata dinanzi al Tempio di Venere Genitrice37. È probabile che la sta-


tua, descritta da Stazio nel suo componimento sulla statua equestre di Do-
miziano nel Foro Romano38, esemplificasse il tipo del cavaliere rampante.
La circostanza che Cesare fece sostituire alla testa di Alessandro il suo ri-
tratto rappresenta un momento determinante di quella imitatio Alexandri
che tanta parte ebbe nell’ideologia repubblicana e imperiale39.
Va ricordato, inoltre, che il tema della sostituzione della propria im-
magine in luogo di quella del predecessore, in questo caso sconfitto in
battaglia e come parte del bottino del trionfatore, era stato anticipato da
Emilio Paolo a Delfi nei riguardi dell’ultimo re di Macedonia, Perseo, dopo
la sconfitta inflitta a Pidna (168 a.C.)40. Le fonti letterarie41 e l’iscrizione
del monumento42 attestano inequivocabilmente che Emilio Paolo utilizzò
la precedente statua equestre dorata del re Perseo per riprodurre la propria
immagine sul cavallo impennato, posta sulla sommità del monumentale
pilastro presso il Tempio di Apollo.
Tralascio il problema assai complesso delle statue equestri bronzee dei
triumphatores erette a Roma43, tra le quali una delle primissime, innalzata
nel Foro, sarebbe stata proprio quella di Quinto Marcio Metello Tremulo,
un antenato del vincitore di Pidna, console nel 306 a.C.44. Si può rilevare,
tuttavia, che la scelta dello schema rispondeva generalmente a una ben de-
terminata propaganda politica e, nel contempo, a importanti benemerenze
nei confronti del Popolo Romano.
I gruppi equestri ebbero una valenza politica e autorappresentativa su-
periore alla media e in molti casi, pur rimanendo nell’ambito del motivo
del cavallo rampante, non riprodussero l’atteggiamento proprio dello sche-
ma di battaglia: si pensi ad esempio ai denari di Lucio Marcio Filippo e allo
schema dell’Alessandro fondatore45. Se il cavaliere raffigurato su una delle
emissioni dell’82 a.C. di P. Crepusius riproduce più fedelmente lo schema
dei cavalieri del Granico46, altre emissioni monetali, tra le quali il denario
di P. Fonteio Capito del 55 a.C. e quello di A. Licinius Nerva del 47 a.C.47,
riprendono schemi di combattimento in cui il cavallo gradiente è rappre-
sentato al galoppo, come nella metopa di Taranto48. Questi ultimi derivano
senz’altro da monumenti pubblici49.
La corniola di Altino (fig. 12), che con tanta vivezza riproduce, nell’am-
bito delle gemme di tradizione ellenistica50, lo schema del cavallo in posi-
zione impennata sul modello lisippeo, con la presenza della sarissa e con la
conseguente variazione nella tenuta dell’arma di offesa, può documentare
i percorsi iconografici che sono alla base delle formulazioni romane di età
repubblicana.
A tal proposito di particolare importanza è l’adozione di alcune figure
della Turma Alexandri nel gruppo marmoreo di cavalieri eretto intorno al
67 a.C. da L. Licinio Murena nel Santuario di Giunone Sospita a Lanuvio51:
il trionfatore aveva combattuto, insieme a Lucullo, una battaglia contro Mi-
tridate presso il fiume Granico52. Il confronto con la dedica ‘urbana’ offerta
da Quinto Metello Macedonico è ricco di significati per i suoi risvolti ideo-

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alessandro magno

12. Altino (VE), Museo Archeologico Nazionale;


gemma con scena di battaglia
(da M. Tirelli, in Ensoli 1995, p. 344, fig. 6.8.2)

logici e politici, ampiamente indagati dalla critica anche in riferimento alla


corrispondenza dei due santuari dedicati al re dell’Olimpo53.
Se per il gruppo di Lanuvio elementi formali e compositivi testimo-
niano il distacco dall’originale bronzeo lisippeo in favore della tradizione
greco-asiatica54, tuttavia la statua di Leeds raffigurante verosimilmente il
committente55, sembrerebbe riflettere, con un più profondo senso emu-
lativo nei confronti della creazione originale, il modello del Granico e in
particolare quello di Alessandro56. La ripresa dell’archetipo è più ideologica
che artistica, rappresentando un altro esempio palese di imitatio Alexandri.
Un parallelo anche più significativo rispetto alla Turma di Alessandro
che Metello il Macedonico aveva sottratto a Dion, recependone la funzione
politica e ponendosi alla stregua di Alessandro, anzi, su un piano supe-
riore per aver sconfitto i suoi discendenti, può instaurarsi con la dedica
di una turma inauratarum equestrium sul Campidoglio da parte del proni-
pote Q. Cecilio Metello Pio Scipione, console nel 52 a.C. e trionfatore nel
51 a.C.57. Ispirandosi probabilmente al modello lisippeo, vi erano rappre-
sentati i Cornelii Scipioni e i Cecilii Metelli, sollevando l’ironia di Cice-
rone58. Il filopompeiano Metello Pio con questa dedica rifondava la gran-
dezza della sua gens, ricordandone i membri più significativi, idealmente
paragonati ai nobili compagni di Alessandro59.
Lo schema della statua equestre impennata legato all’immagine del
trionfatore diviene nel corso dell’età imperiale prerogativa del principe,
il solo trionfatore. Ancora con Augusto le circostanze storiche e politiche
implicavano che l’iconografia equestre del princeps fosse, accanto a quel-
la del pacator, quella dell’adlocutor militare sul cavallo rampante ma non
dell’invictus60. Con l’età di Claudio lo schema del cavaliere all’attacco è

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serenella ensoli

13. Napoli, Museo


Archeologico Nazionale;
decorazione dei baltei
della grande quadriga
di Ercolano
(da Ensoli 1995, p. 340, fig. 3a)

riprodotto nella statua equestre di Druso, pronipote di Augusto e figlio


adottivo di Tiberio, posta sull’attico dell’arco trionfale eretto in suo onore61.
Nella stessa età sui baltei da parata della grande quadriga di Ercolano62
comparivano, insieme alle figurine di barbari vinti o in posizione di attacco,
quelle di condottieri romani nell’atto di scagliare l’asta dal cavallo impenna-
to, secondo un linguaggio figurativo d’immediata lettura (fig. 13)63.
È soltanto nel corso del regno dei Flavi che l’immagine dell’imperatore
diviene con maggiore evidenza quella dell’invictus64.
Le circostanze storiche e politiche mutate portarono a una puntuale
adesione al modello lisippeo delle battaglie di Alessandro. Lo schema ico-
nografico, testimoniato nel 69 d.C. per l’imperatore Otone65, viene ripreso
con grande cura per l’immagine di Tito nelle monete di Vespasiano del
72 d.C.66 e appare in tutta la sua monumentalità nella statua bronzea di
Domiziano, in seguito trasformato in Nerva, rinvenuta a Capo Miseno
(fig. 14)67. Se l’imperatore era presentato nel Foro Romano nelle vesti di
restaurator pacis, come indica la ricostruzione ideale della statua equestre
condotta in base alla testimonianza di Stazio e alle raffigurazioni monetali,
lì, a Capo Miseno, nell’edificio degli Augustali del pretorio navale di Roma,
egli appariva come invictus.
Tra i successivi monumenti della grande plastica quello che s’impone
con evidenza è il rilievo con battaglia di Traiano contro i Daci, dove l’impe-
ratore a cavallo, raffigurato in un denso contesto narrativo, sta per colpire
il nemico con l’asta levata68. Tale iconografia, che si è supposto presente
tra gli schemi adottati da Lisippo per il gruppo del Granico69, non ripro-
pone tuttavia il modello del cavallo impennato ma di quello al galoppo,
che sembrerebbe documentato nelle scene di battaglia attribuite a Lisippo

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alessandro magno

14. Napoli, Museo Archeologico Nazionale; statua equestre di Domiziano/Nerva


dal Sacello degli Augustali a Capo Miseno
(da Ensoli 1995, p. 344, fig. 6.8.3)

65
serenella ensoli

15. Città del Vaticano,


Biblioteca Apostolica Vaticana;
medaglione di Lucio Vero
dalle Catacombe
di Panfilo a Roma
(da Ensoli 1995, p. 346,
fig. 6.8.4)

soltanto in un’opera, ossia il gruppo di “Zeus, Alessandro a cavallo e bar-


baro” riprodotto sul rovescio di una moneta di Claudio II il Gotico coniata
a Sagalasso70. Questa raffigurazione probabilmente commemorava l’antica
battaglia in relazione alla vigorosa azione dell’imperatore contro i barbari.
Lo schema del cavaliere al galoppo che sta per colpire con la lancia e/o
il giavellotto il nemico caduto al suolo, a sua volta raffigurato in varie posi-
zioni, è presente nelle citate monete di Fonteio Capito e di Licinio Nerva,
che derivano da elaborazioni ellenistiche, e ritorna sia nelle immagini di
Vespasiano71 sia in quelle di Domiziano72. Esso si ritrova in seguito nei se-
sterzi di Traiano, di Lucio Vero e di Commodo73 e sembrerebbe la formula-
zione iconografica prediletta in età romana per le scene con più personaggi,
come attesta anche il medaglione di Lucio Vero conservato nella Biblioteca
Vaticana (fig. 15)74. Evidentemente, almeno a una prima analisi, lo schema
del cavallo gradiente, sia al galoppo sia impennato, che compare nelle due
versioni anche nella monetazione di Settimio Severo e di Caracalla, fu con-
siderato di valore equivalente per rappresentare l’immagine del princeps.
Il tema del cavaliere all’attacco rimane una costante nella monetazione
romana sino alla tarda età imperiale, come attestano molteplici testimo-
nianze. Le differenze si riassumono soprattutto, oltre che nella posizione
rampante o al galoppo del cavallo, in quella più o meno combattiva del ne-
mico caduto al suolo. Le variazioni portano a intravvedere una molteplicità
di prototipi e di rielaborazioni ellenistiche, riflesse nelle monete e nelle
gemme, che tuttavia dipendono sempre dalle raffigurazioni di Alessandro
Magno. Va notato, inoltre, che il reimpiego del modello lisippeo delle bat-
taglie del Macedone, e in particolare dello schema rampante, sembrerebbe
sempre specifico e programmatico.

66
alessandro magno

A questo proposito credo importante ricordare nuovamente che, se


Augusto non si serve di questa iconologia, rimanendo in linea con il suo
programma di ‘politica delle immagini’, l’imperatore Claudio la ripropone
per Druso; Otone la riprende per se stesso; Vespasiano la presenta per Tito;
Domiziano la utilizza per la sua autorappresentazione: ne traspare una
realtà attualizzante che rispecchia i dettami di una politica di successione
dinastica mirata alla divinizzazione e conseguita in virtù della discendenza,
naturalmente sempre alla luce del richiamo, mitico e storico, alla figura di
Alessandro.
Questa maggiore fedeltà al modello iconografico può apprezzarsi nei
contorniati di età tardoromana iscritti con il nome di Alessandro Magno75,
dove è riprodotto il Macedone sul cavallo impennato nell’atto di trafiggere
con l’asta un barbaro caduto in ginocchio, raffigurato nello schema che fon-
damentalmente deriva dal “Dexileosmotiv”76 e che, nella figura del nemico,
ritorna nel combattente di Delo77. La posizione di Alessandro ricorda da
vicino quella del bronzetto di Ercolano (fig. 10), che una parte della critica
ha identificato con una copia fedele del Macedone nel gruppo del Granico78.

3. Alessandro a cavallo nelle scene di caccia


Veniamo agli schemi iconografici da riferire alle cacce del Macedone79.
Queste ultime, ampiamente attestate nei documenti archeologici, possono
chiarire ulteriormente la problematica indicata. Secondo Moreno vanno
enucleati tre temi fondamentali: la Caccia di Alessandro a cavallo, la Caccia
al leone di Alessandro e Cratere a Delfi e le Cacce al leone di Alessandro80.
Nel quadro di tali immagini, sapientemente separate dallo studioso
rispetto a molte altre iconografie, vanno innanzitutto considerate le due
scene complete che appaiono nei due medaglioni aurei da Tarso (fig. 16),
dell’età di Caracalla, anche quando il leone è in posizione frontale di at-
tacco e non in fuga81. Tale è il caso dell’Alessandro cacciatore raffigurato
nel bronzetto Castellani (fig. 17)82 e assimilato, giustamente, allo schema
presente nei medaglioni citati, sebbene manchi la figura del cavallo. Que-
sto, inoltre, è il caso del cavaliere raffigurato nella Base di Messene, che la
critica riporta al modello di Leocare, creato per il monumento di Cratero a
Delfi (fig. 18)83.
Come si è già accennato, gli schemi del cavaliere gradiente nella posi-
zione rampante e in quella al galoppo erano nettamente distinti nell’ippica
antica, illustrando una situazione diversa. Tecnicamente, l’atteggiamento
rampante rappresenta una determinata ‘aria’, detta ‘poggiata’, che il cava-
liere fa eseguire all’animale da fermo. Tale figura dell’ippica di alta scuola,
decantata da Senofonte per le sue possibilità in battaglia, è documentata in
Grecia a partire dal IV secolo a.C. Ancora diversa è poi la ‘partenza al galop-
po’, ossia la ‘semi-cabrade’ iniziale o primo tempo del galoppo, già presente
nel fregio del Partenone, in cui il cavallo poggia sul terreno una sola zampa
posteriore, mentre le altre tre sono sollevate. Diverso è, infine, il caso del

67
serenella ensoli

16. Paris, Bibliothèque Nationale, Cabinet des Médailles;


medaglione da Tarso dell’età di Caracalla
(da F. Smith, in Moreno 1995a, p. 177, fig. 4.23.2)
17. Roma, Museo Nazionale di Villa Giulia (già Collezione Castellani);
statuetta di Alessandro cacciatore da L’Aquila
(da G. Calcani, in Moreno 1995a, fig. a p. 66)
18. Paris, Musée du Louvre;
base a rilievo con Caccia al leone di Alessandro e Cratero da Messene
(da Moreno 1995a, p. 174, fig. 4.22.1)

68
alessandro magno

cavallo lanciato al galoppo, che appare in posizione gradiente con le zampe


posteriori tese al suolo e indietro84.
Se quest’ultimo schema viene supposto anche per le rappresentazioni
dei cavalieri del Granico85, tuttavia nessun documento superstite riferito
dalla critica all’opera lisippea ne attesta la presenza negli schemi di batta-
glia del bronzista sicionio, tranne che per il tema dell’Alessandro con Zeus
e barbaro, testimoniato dalla già citata moneta di Sagalasso86. Quest’ulti-
mo, invece, sembrerebbe lo schema prediletto da Lisippo per i temi di cac-
cia, anche quando l’indomabile fiera affronta il cavaliere e non è da questi
inseguita, come appare nei medaglioni di Tarso (fig. 16).
È forse possibile pensare, pertanto, che le immagini di età imperiale
riproducenti scene di battaglia raffigurate secondo questo schema siano
state influenzate, anche per quanto riguarda l’iconografia del cavaliere, dal-
la sapiente contaminatio operata in età tardoellenistica. Riflessa nella mo-
netazione e nelle gemme, essa riprese vari motivi dalle eroiche scene delle
cacce di Alessandro testimoniate nell’ambiente medio-orientale.
Molto significativa a questo proposito, anche dal punto di vista ide-
ologico, è la circostanza che in età repubblicana e in età imperiale, sino
al regno dell’imperatore Adriano, le immagini dei generali trionfatori e
quelle degli imperatori non vennero mai riprodotte in scene di caccia. Esse
alludono sempre, in relazione al tema iconografico esaminato, alle scene
di battaglia e pertanto alle virtù militari del personaggio, benefattore della
patria. Soltanto con Adriano la caccia di Alessandro viene ripresa nella sua
ambientazione e nel suo significato eroico e culturale/cultuale originario.
Il tondo dell’Arco di Costantino, con la caccia al cinghiale dell’impe-
ratore a cavallo, lo attesta senz’altro87. L’aderenza al modello, che ripropo-
ne sempre lo schema del cavaliere al galoppo, è documentato anche dai
sesterzi adrianei recanti sul rovescio scene di caccia al leone e di caccia al
cinghiale88. Il motivo, sebbene raro, viene ripreso sia da Antonino Pio per
la figura di Marco Aurelio89 sia da Commodo90.
Le mutate condizioni ideologiche e politiche perseguite da Adriano
portano a riprendere, con aderenza al modello, un linguaggio iconografi-
co riferito anche alle doti individuali del princeps come nuovo Alessandro.
Antonino Pio coglie il messaggio e ne fa veicolo di propaganda per la suc-
cessione di Marco Aurelio, proponendo la caccia al cinghiale. Commodo
reimpiega l’immagine come mezzo di autorappresentazione. Caracalla ne
ripropone il significato nelle emissioni di Tarso.
Non è un caso che in quest’epoca, e in particolare nell’età traianeo-
adrianea e antoniniana, alcune statuette marmoree, tra cui quelle dei Mu-
sei Vaticani da una villa a Roma presso il Laterano91 e del Museo Arche-
ologico di Torino92, testimonino per la prima volta l’adozione dello stesso
tema di caccia nell’ambito della sfera privata e/o funeraria.
In sintesi, l’immagine di Alessandro forgiata da Lisippo nelle sue varie
elaborazioni fu di tale importanza da rappresentare un’icona di ‘immensa’
rilevanza e di lunga durata nel corso dei secoli, grazie al suo reimpiego da

69
serenella ensoli

parte dei Diadochi e dei trionfatori romani93. I Tolemei, con il loro vasto
regno nel Mediterraneo Orientale, furono certamente i primi artefici di un
oculato e strategico reimpiego delle immagini del principe. Gli imperatori,
sino a Costantino e oltre, in quest’ultimo caso nella figura degli anable-
pontes, ne decretarono definitivamente la fortuna imperitura94.

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alessandro magno

1 Cfr. in questo volume S. Ensoli, L’eredità delle iconografie lisippee a partire dall’età

tolemaica, pp. 27-32, fig. 11, con note bibliografiche.


2 Moreno 1995a, pp. 157-158. Vedi inoltre Moreno 1995a, p. 159, n. 4.19.3 (statuetta di

Alessandro da Velleia a Parma), p. 162, n. 4.19.5 (testa di Alessandro dall’Egitto a Copenha-


gen), p. 164, n. 4.19.6 (testa di Alessandro da Tivoli a Vienna) e n. 4.19.7 (testa di Alessandro
da Monterotondo a Monaco). Si aggiungano: L. de Lachenal, in Moreno 1995a, p. 158, n 4.19.1
(matrice con testa di Alessandro dall’Acropoli di Eraclea e ora a Policoro); F. Smith, in Moreno
1995a, p. 159, n. 4,19.2 (tetradrammo di Lisimaco a Londra), p. 164, n. 4.19,8 (medaglione di
Alessandro Severo da Alessandria a Baltimora), p. 165, n. 4.19.9 (moneta di Gordiano III dalla
Macedonia a Parigi); A. Marcelloni, in Moreno 1995a, p. 160, n. 4.19.4 (testa di Alessandro a
Roma, Collezione Borghese).
3 Andronikos 1984, pp. 35-37, fig. 16; Moreno 1983-1984, p. 19, fig. 9; Ginouvès 1993,

p. 175, fig. 147; Ensoli 1995, p. 293, fig. 8; Ducrey 1999, p. 14, nota 21. Vedi inoltre infra, nota 4.
4 Moreno 1988a, p. 259.
5 Cfr. supra, nota 2, con bibliografia.
6 Ensoli 1995, p. 331, fig. 1. Cfr. Moreno 1993, nota 65, fig. 33, con bibliografia.
7 Brouskari 1985, p. 94, n. 119 (inv. n 119); Moreno 1988, p. 259, nota 26, fig. 7, con

bibliografia; Ensoli 1995, p. 293, fig. 10.


8 Moreno 1995a, p. 50. Si veda la statuetta di marmo a Venezia (Museo Archeologico,

inv. 166: Traversari 1973, pp. 150-151, n. 65; Moreno 1990, p. 254, fig. 4; Ensoli 1995, p. 331,
fig. 2).
9 Ensoli 1995, p. 332, fig. 3. Cfr. Moreno 1988a, pp. 258-264, nota 30, fig. 8, con bi-

bliografia.
10 L. Musso, in Ensoli 1995, p. 336, n. 6.7.10, con bibliografia.
11 Museo di Antichità, inv. n. 589: Manino 1956-1957, pp. 130-144, figg. 9-10; Hampe

1981, p. 498, n. 4; Frova 1983, pp. 103-105, n. 30; Moreno 1988a, p. 259, nota 28; Ensoli 1995,
p. 293, fig. 9.
12 Hafner 1966-1967, pp. 29 ss.; Steingräber 1980; Hofter 1985; La Rocca 1990,

pp. 319-320; Ensoli 1995, p. 331.


13 Ensoli 1995, p. 332, fig. 4 (inv. 13845: Hafner 1966-1967, p. 42, tav. 12, 1-2).
14 Moreno 1989, p. 984; F. Smith, in Moreno 1995a, p. 164.
15 Ensoli 1995, p. 332, fig. 5 (inv. 13758: Hafner 1966-1967, pp. 45-46, tav. 13, 1-2).
16 Cfr. supra, nota 2, con bibliografia. Vedi inoltre Moreno 1989, p. 985; Moreno 1995a,

p. 162.
17 Ensoli 1995, p. 333, n. 6.7.2, con bibliografia.
18 Cfr. Ensoli 1995, pp. 398-399.
19 Enea nel Lazio 1981, p. 182, n. D 42, con figg.
20 Cfr. supra, nota 2, con bibliografia. Vedi inoltre Moreno 1995b, p. 214, n. 11.
21 Moreno 1993, pp. 117-119; Moreno 1994b, p. 112; Ensoli 1995, p. 332.
22 Ensoli 1995, p. 334, n. 6.7.3, con bibliografia.
23 Ensoli 1995, p. 401, n. 6.17.3, con bibliografia.
24 Ensoli 1995, pp. 334-335, nn. 6.7.4-6.7.6, con bibliografia.
25 Ensoli 1995, p. 335, n. 6.7.7, con bibliografia.
26 Moreno 1989, p. 987.
27 Siganidou 1980, p. 181, n. 155, tav. 25.
28 Ensoli 1995, p. 335, n. 6.7.8, con bibliografia.
29 Un caso a parte è rappresentato dalla testa marmorea di Alessandro-Eracle prove-

niente dal Santuario tiburtino di Eracle: Ensoli 1995, p. 336, n. 6.7.9, con bibliografia.
30 Cfr. supra, nota 1.

Sull’iconografia di Alessandro a cavallo nelle scene di battaglia vedi G. Calcani, in Mo-


reno 1995a, pp. 148-156 e, più in particolare, pp. 150-152, n. 4.18.1 (torso marmoreo di cavalie-
re da Lanuvio a Leeds), pp. 152-154, n. 4.18.2 (statuetta bronzea equestre di Alessandro da Er-
colano a Napoli), p. 155, n. 4.18.3 (statuetta bronzea di cavaliere, della quale resta solo il cavallo,
da Ercolano a Napoli), p. 156, n. 4.18.4 (iscrizione onoraria di Fausto dalle rovine del Teatro
di Balbo a Roma). Vedi inoltre P.R. Franke, in Moreno 1995a, pp. 169-171, n. 4.21.1 (mone-
ta di Claudio II Gotico da Sagalasso). Sulla fortuna dell’immagine in età ellenistico-romana
vedi Ensoli 1995, pp. 293, 338-341, figg. 1-3. In particolare si confrontino Ensoli 1995, p. 343,

71
serenella ensoli

n. 6.8.1 (metopa da una tomba a camera di Taranto); M. Tirelli, in Ensoli 1995, p. 344, n. 6.8.2
(gemma di Altino); Ensoli 1995, pp. 344-346, n. 6.8.3 (statua bronzea equestre di Domiziano/
Nerva da Capo Miseno a Napoli), p. 346, n. 6.8.4 (medaglione di Lucio Vero da Roma nella
Biblioteca Apostolica Vaticana). Per gli aggiornamenti bibliografici cfr. infra.
31 Su tutta la problematica vedi Ensoli 1987, specialmente pp. 266-283, con bibliografia.
32 Cfr. supra, nota 31.
33 G. Calcani, in Moreno 1995a, pp. 148-150; Ensoli 1995, pp. 338-342. In particolare per il

celebre bronzetto da Ercolano (supra, nota 30, fig. 10), che rappresenta il migliore confronto, vedi
anche M. Cadario, in I giorni di Roma 2010, pp. 290-291, n. II. 22, con esaustiva bibliografia.
34 Houser 1982, pp. 229-237; Dohan Morrow 1985, p. 107, tav. 80 a-b; Calcani 1989,

pp. 76, 82, figg. 43, 45; Moreno 1994b, p. 299. Sul bronzetto di Firenze: Calcani 1988,
pp. 32-35. Sulla fortuna del gruppo bronzeo vedi anche supra, nota 30.
35 Ensoli 1995, p. 339, fig. 2. Cfr. Kleiner 1962, pp. 67-69, figg. 2-15; Pekridou 1986; Si-

smondo Ridgway 1990, pp. 36-37, ill. 13, figg. 13-15; Stewart 1993, p. 312, fig. 113; Moreno 1994b,
pp. 90-94, fig. 115.
36 Cfr. supra, nota 30, con bibliografia. Vedi inoltre l’approfondita disamina di E. Lip-

polis, in Alessandro Magno. Storia e mito 1995, pp. 313-315, n. 109, con la quale concordo piena-
mente. Cfr. infine Moreno 1999, pp. 28-31.
37 Cfr. Cadario 2006, pp. 35-37; Zanker 2009, pp. 291-292.
38 Silvae, 1, 1, 86-87.
39 Sulla statua di Alessandro Ktistes nel Foro di Cesare cfr. supra, nota 37. Sul reimpiego

di statue nell’antichità vedi, ancora molto valido, Blanck 1969.


40 Kähler 1965; Jacquemin, Laroche 1982, pp. 207-212, 215-218, figg. 8, 9, 13; Moreno

1994b, pp. 538-541, nota 858, con bibliografia. Cfr. anche Moreno 2003.
41 Plutarco, Emilio Paolo, 28.
42 Colin 1930, pp. 29-32, tav. 5.
43 Bergemann 1990. Sulle statue equestri ellenistiche: Coarelli 1996, pp. 382-417;

Queyrel 2003, pp. 75-90.


44 Vedi anche La Rocca 1990, pp. 347, 457.
45 Moreno 1995a, p. 178. Vedi anche Bergemann 1990, p. 170, n. M 6, tav. 89.

Cfr. inoltre supra, nota 39.


46 Crawford 1974, p. 361, 1, a-c; Bergemann 1990, p. 170, n. M 12, tav. 89, h.
47 Crawford 1974, p. 429, 1; p. 454, 1; Bergemann 1990,p. 171, nn. M 18 - M 19, tav. 90,

a-b; La Rocca 1990, figg. 250-251.


48 Cfr. supra, nota 36.
49 Si veda a tal proposito il gruppo delio di Gaio Mario.
50 Cfr. supra, nota 30, con bibliografia.
51 Vedi supra, nota 30, con bibliografia. Cfr., oltre a Coarelli 1981, M. Cadario, in I giorni

di Roma 2010, pp. 288-289, n. II. 21, con esaustiva bibliografia (datazione: 70-50 a.C.).
52 Cfr. in particolare Cadario, vedi supra, nota 51.
53 G. Calcani, in Moreno 1995a, pp. 148, 150. Il Santuario di Dion rappresentava il

luogo di adunata dell’esercito macedone, come il Campo Marzio lo era per le legioni romane.
Sulle statue di Dodona si consideri anche Katsikoudis 2005. Da ricordare anche la statua di
Skopje: Tomović 1992, p. 85, n. 61.
54 Vedi anche La Rocca 1990, p. 490.
55 Coarelli 1981, p. 251.
56 G. Calcani, in Moreno 1995a, pp. 150-151. Vedi inoltre supra, nota 51.
57 Cicerone, ad Att., VII, 1, 17.
58 Moreno 1981, p. 186, nota 91.
59 La Rocca 1990, p. 490.
60 Vedi gli esemplari in Bergemann 1990, p. 171, nn. M 22 - M 27, tav. 90, c-h.
61 Mattingly, Sydenham 1923, p. 129, n. 62, tav. VIII, 126; Bergemann 1990, p. 173,

n. M 46, tav. 91, c.


62 Ensoli 1995, p. 338, fig. 1 e p. 340, fig. 3.
63 Cerulli Irelli 1972, pp. 95 ss.
64 Vedi specialmente Adamo Muscettola 1987, pp. 46-47.
65 BMC 1923, p. 366, n. 12, tav. 60, 1; Bergemann 1990, p. 174, n. M 60, tav. 91, c.

72
alessandro magno

66 Mattingly, Sydenham 1923, p. 86, n. 613; Bergemann 1990, p. 174, nn. M 69 - M 72,

tav. 91, k.
67 Cfr. supra, nota 30, con bibliografia. Vedi inoltre Adamo Muscettola 1987; Berge-

mann 1990, pp. 82-86, n. P 31; Cadario 2004, pp. 315-321.


68 Leander Touati 1987, con bibliografia; Leander Touati 1990.
69 Calcani 1989.
70 Cfr. supra, nota 30, con bibliografia.
71 Mattingly, Sydenham 1926, pp. 136, 622; Bergemann 1990, p. 174, n. M 62, tav. 91, g.
72 Mattingly, Sydenham 1926, pp. 371 ss., 339-341, tav. 73, 2; Bergemann 1990, p. 176,

nn. M 91 - M 92, tav. 92, c.


73 Vedi Bergemann 1990, p. 176, n. M 100, con bibliografia, tav. 92, f; p. 180, nn. M 157 -

M 159, con bibliografia, tav. 93, f; p. 180, n. M 165, con bibliografia, tav. 93, g.
74 Cfr. supra, nota 30, con bibliografia.
75 Alföldi 1976, p. 14, nn. 45-46, tav. 17 ss. Vedi anche Vermeule 1980, p. 116, n. 35.
76 Ensoli 1987, pp. 269 ss.
77 Moreno 1994b, pp. 302 ss., nota 579, con bibliografia, figg. 376, 386.
78 G. Calcani, in Moreno 1995a, pp. 153-154. Cfr. anche supra, note 30, 33.
79 Vedi supra, nota 1.

Sull’iconografia di Alessandro a cavallo nelle scene di caccia vedi G. Calcani, in More-


no 1995a, pp. 65-67, n. 4.9.1 (statuetta bronzea di Alessandro cacciatore da L’Aquila a Roma);
Moreno 1995a, pp. 172-175 (Caccia al leone di Alessandro e Cratero); G. Calcani, in Moreno
1995a, pp. 176-177 (Cacce al leone di Alessandro a cavallo). Ivi in particolare le seguenti sche-
de delle opere: Moreno 1995a, p. 174, n. 4.22.1 (base a rilievo da Messene a Parigi), p. 175,
nn. 4.22.2-4.22.3 (statue di Cagna ferita a Roma e a Napoli); F. Smith, in Moreno 1995a,
p. 177, nn. 4.23.1-4.23.2 (medaglioni da Tarso a Parigi). Sulla fortuna dell’immagine cfr. Ensoli
1995, p. 293, fig. 11 e pp. 341-342.
80 Cfr. supra, nota 79. Escludiamo in questa sede la Caccia al leone di Alessandro ed

Efestione perché entrambi i personaggi sono appiedati.


81 Cfr. supra, nota 79, con bibliografia.
82 Cfr. supra, nota 79, con bibliografia.
83 Cfr. supra, nota 79, con bibliografia.
84 Su tutta la questione vedi Ensoli 1987, p. 284, note 408-411, con bibliografia.
85 Calcani 1989.
86 Vedi supra, nota 30, con bibliografia.
87 Sui tondi adrianei cfr. Ensoli 2007a, con ampia bibliografia.
88 Bergemann 1990, p. 179, nn. M 119, M 126 - M 127, M 133, con bibliografia.
89 Bergemann 1990, nn. M 138 - M 139, con bibliografia.
90 Bergemann 1990, pp. 180-181, nn. M 166 - M 169, M 171, con bibliografia, tav. 93, h.
91 Helbig 1972, p. 439, n. 169; Bergemann 1990, pp. 111 ss., n. P 54, con bibliografia,

tavv. 83-84.
92 Bergemann 1990, pp. 115 ss., n. P 63, con bibliografia, tav. 85.
93 Sulla figura del principe macedone vedi anche Alessandro Magno 1995, con particola-

re riguardo, per l’iconografia, a Moreno 1995b.


94 Per l’imperatore Costantino in merito agli anablepontes, cfr. Ensoli 2000b, special-

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