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MACRO ARGOMENTI:
1) Il repertorio delle accademie (concerti) fino al 1830
2) Il repertorio delle accademie dal 1830 alla nascita del recital
3) Le accademie di Fredrik Chopin
4) I grandi virtuosi della prima metà dell’Ottocento: Chopin, Liszt, Kalkbrenner, Pixis, Hiller,
Mendelsshon, Moschles, Osborne, Thalberg, Henselt, Wieck, Herz, Weber.
5) Il repertorio storico ad opera di Ignaz Moschels.
6) Franz Liszt: il recital. Rapporto Chopin/Liszt. Analisi dei programmi da concerto di Liszt e
della sua produzione pianistica.
7) I grandi virtuosi della seconda metà dell’Ottocento: Carl Tausig, Anton Rubinstein, Hans
von Bülow, Charles Hallé, Eugene d’Albert, Kindworth, Reisenauer, Rosenthal, Emil von
Sauer, A. Siloti, Hutcheson.
8) I grandi virtuosi a cavallo tra Ottocento e Novecento: Josef Hofmann, Josepf Lehvinne,
Theodor Leschetizki, Raoul Pugno, Maurice Planté, Vladimir de Pachmann, Alfred
Grünfeld, Sophie Menter, Sapellnikov, Camille Saint-Saëns, Ignaz Paderewsky, Teresa
Carreño, Leopold Godowsky, Alfonso Rendano.
9) Il caso Ferruccio Busoni.
Cos’erano le accademie? Erano quelli che poi sarebbero stati chiamati concerti.
Il solista si occupava della programmazione del concerto e condivideva il cartellone con altri artisti
“sostenitori”: cantanti, attori, strumentisti e piccoli gruppi da camera. Riceveva, inoltre, i proventi
della vendita dei biglietti e si incaricava di assumere e pagare gli altri artisti.
Dalle sue accademie possiamo notare musica di qualità completamente differente: Pixis, Hertz
eccetera sono interiti nei suoi programmi allo scopo di intrattenere anche colore che di musica non
se ne intendono, stesso motivo per il quale la musica di Chopin inserita è quella delle piccole
composizioni piacevoli.
I programmi da concerto di Clara Wieck-Schumann si sarebbero poi evoluti, dopo la morte di
Robert, con un centro focale su Beethoven e Schumann e una maggior presenza di Bach, Scarlatti,
Haydn, Mendelssohn, Chopin e Brahms. Scompaiono del tutto dai suoi concerti Pixis, Thalberg,
Henselt, Herz, a testimonianza di una evoluzione nel gusto ed una visione più matura del panorama
compositivo. La carriera concertistica di Clara è stata tra le più lunghe e continuative dell’Ottocento
visto che è rimasta in attività dal 1827 al 1888, anno della morte di Liszt.
Se oggi suoniamo a memoria è colpa di Clara Wieck-Schumann, che, infastidita dalla presenza del
volta-pagine, si imparava tutto a memoria; fattore di grandissimo pregio, se consideriamo
l’immensa durata delle sue accademie, tutte attorno alle due ore.
Del valore pianistico di Clara esistono molte testimonianze ma basta osservarne i programmi
SUCCESSIVI ALLA MORTE DI SCHUMANN:
Clara Wieck (4 gennaio Clara Wieck (15 febbraio 1866 Clara Wieck (17 marzo 1867 a
1862 a Vienna) a Vienna) Vienna)
C. Weick: Quartetto per Beethoven: 31 n° 2 Wieck: Lieder
pianoforte e archi (ascolto Bach: Fantasia cromatica e fuga Franz: Lieder
anche del trio op. 17) Brahms: Ballate op. 10 n° 2 e 3 Grädener: Lieder
Brahms-Haendel: Variazioni Chopin: Improvviso op. 29 Beethoven: Fantasia op. 77
su tema di Haendel Schumann: Carnaval Bach: Toccata in sol maggiore
Bach: Toccata in fa maggiore Schumann: 5 Lieder (inframezzati ai W.F. Bach: Andante
Schumann: Fantasia op. 17 pezzi pianistici) con Dunstmann. Scarlatti: due Sonate
Schumann: Studi sinfonici op. 13
Brahms: Scherzo op. 4
Brahms: Variazioni su un tema di
Paganini
Nello stesso periodo altri pianisti virtuosi tengono accademie e, benché dimenticati perché non
particolarmente interessanti a livello compositivo, erano comunque pianisti virtuosi.
Tra loro ricordiamo Sigmund Thaberg, virtuoso al pari di Liszt, che mollerà la carriera da pianista
in età avanzata per andare a produrre vino in Italia. Le sue accademie sono incredibilmente
autocelebrative; egli inserisce per la maggior parte proprie composizioni e quando fa musica degli
altri sceglie sempre lavori minori, per poter esaltare la propria opera. Ad esempio:
Sigmund Thalberg (accademia del 25 aprile 1841 a Vienna)
Thalberg: Fantasia su “La donna del lago”
Sechter: Der Hirt am Felsen, per canto e fisarmonica
Thalberg: Studi
Beethoven: “Ah! Perfido”, per canto e pianoforte
Thalberg: Fantasia sulla “Semiramide”
Tra i pianisti virtuosi dell’epoca ricordiamo anche Adolph Henselt, il quale, al contrario di
Thalberg, riduce moltissimo la presenza di propri brani, consapevole dei loro limiti, proponendosi
più come interprete che come compositore/esecutore dei propri brani. Ad esempio:
Adolph Henselt (accademia del 1842 a Breslavia)
Henselt:Gondola, Aria russa, Due studi dall’op. 5 (Ave Maria, Eroica)
Weber: Ouvertures del “Freischütz” e dell’”Oberon”, Concertstück op. 79 (elementi di vari compositori, glissando
d’ottava), “Invito alla danza” (aneddoto di von Lenz, pianista dilettante ricchissimo che prendeva lezioni da tutti i
grandi, a lezione da Liszt), Sonata op. 49
Liszt: Reminiscenze della “Lucia di Lammermoor”
Thalberg: Fantasia sul Mosè (tipo medley/purpourry di tutti i temi dell’opera. Parte b è tema con variazioni su aria
“dal tuo…? Soglio. L’ultima variazione è la prima comparsa della tecnica della “terza mano”, tipica poi di Liszt. La
gente si alzava per capire come facesse il pianista di turno a eseguirlo)
Kessler: Studio in re minore
Chopin: Notturno in fa diesis maggiore [op. 15 n° 2], studi in do maggiore mi bemolle maggiore e la minor (Chopin
ancora sempre e solo pezzi brevi)
Henselt è esemplificativo: il 1840/1842 è il periodo in cui iniziano a dividersi le strade tra i
pianisti/compositori e i pianisti/interpreti di altrui composizioni.
(abbiamo ascoltato anche “un petit train de plasir” di Rossini).
LA VITA DI F. CHOPIN
Bimbo prodigio, allievo di maestri di solidissime basi accademiche e deboli basi artistiche. Egli si
afferma nel panorama musicale solo una volta conosciuto all’estero: egli esplora l’Europa in senso
antiorario escludendo dalle grandi capitali della musica l’Italia (per la scarsa considerazione data
alla musica strumentale a favore di quella operistica) e aggiungendo l’Inghilterra (data la passata
presenza di M. Clementi e dei suoi alunni, tra cui Field, dal quale Chopin erediterà l’ampio uso
della forma del notturno). Il giro che fa è dunque circa il seguente: Polonia, Germania, Inghilterra,
Francia e Austria (non sono sicura dell’ordine).
Chopin debutta a Parigi il 26 febbraio 1832. Per garantirsi il successo economico si circonda di
“buoni compagni”: 3 celebri cantanti dell’Opéra, strumentisti vari e pianisti. Il programma:
F. Chopin (debutto parigino il 26 febbraio 1832)
Kalkbrenner: Grande sonata brillante op.177 (super bidermeier)
Mendelssohn
Hiller: piano concerto op.69 (parecchio difficile tecnicamente)
Osborne: notturno op 75 (allievo di Kalkbrenner)
Sowinski: Piano Concerto no. 1 in G-Minor, op. 36
Kalkbrenner: marcia e polacca per 6 pianoforti
Chopin: op. 2 e op. 21
Il debutto finisce male perché Chopin non riesce a coprire le spese, a malapena paga tutti i
musicisti. Questo concerto però gli permette per lo meno di farsi conoscere nell’ambiente
parigino, dove si riscatterà 9 anni dopo, suonando sua musica appena pubblicata e invitando una
cantante e una violinista, ciascuno con il proprio pianista accompagnatore. Secondo la
testimonianza di Liszt, il programma avrebbe dovuto essere questo:
F. Chopin (26 aprile 1841 all Salle Pleyel di Parigi)
F. Chopin: ballata op. 38, scherzo op. 39, polacche op. 40, mazurke op. 41 e vari bis con studi, notturni e preludi.
Chopin fu da sempre contrario all’esibizionismo in concerto, anche per via dei problemi fisici che lo
mettevano in difficoltà a studiare tutto il giorno. Egli aveva però una competizione agguerrita: i
pianisti dell’epoca tenevano accademie lunghissime e incredibilmente pesanti a livello esecutivo.
Tra i nomi dell’epoca mancano dunque personaggi importanti come Schumann e Brahms, che non
si esibiscono nelle grandi capitali della musica come Parigi, non allontanandosi mai dalla propria
patria.
ASCOLTI:
-Adolf von Henselt: Nocturne op. 6 n. 1 - Schmerz im Glück (c. 1836)
-Friedrich Kalkbrenner: La Solitudine opus 46 (c.1825) (copiato un notturno di Field,
“probabilmente uno punto bello del brano”. Arrau dice che fino al 1850 le appoggiature vanno fatte
in battere)
-Ferdinand Hiller: Etude n° 7, Suite seconda
-George Alexander Osborne: Shower of pearls
-Ignaz Moscheles: Sonate Melancolique
-Johann Peter Pixis: Melange Sur des Motifs Favoris du "Siège de Corinthe" de Rossini (è un
medley/purpurry sull’opera di Rossini; bello solo perché la musica è di Rossini, musica originale di
Pixis non è particolarmente interessante)
-Sigismund Thalberg: Fantasia su “God Save the Queen” op. 27 e Grande Fantasia op. 63
Dagli ascolti ci rendiamo conto che Pixis ed Heartz sono estremamente più commerciali degli altri.
Questo li porta ad essere spesso inseriti nei programmi da concerto di tutti, per divertire il pubblico,
benché il livello musicale non sia elevatissimo.
Un programma simile sarà presentato il 3 dicembre del 1844 con il quinto Concerto di Beethoven in
apertura di serata.
In questi concerti vediamo sia un repertorio virtuosistico che storico, benché egli sia spesso
protagonista.
Berlioz scrive una recensione circa il concerto del terzo programma, evidenziando come Liszt non
ha apportato nessun tipo di modifica alla partitura, pratica parecchio diffusa all’epoca. Egli rimane
estasiato dal suo nuovo modo di suonare, così incredibilmente filologico ([…] Liszt s’è
costantemente mantenuto al livello del pensiero dell’autore. Non si può dire nulla di più, lo so, ma
non si deve dire nulla di meno, perché è vero. È l’ideale dell’esecuzione di un’opera ritenuta
ineseguibile. Liszt, riproducendo in questo modo un’opera ancora incompresa, ha dimostrato che è
lui il pianista dell’avvenire. Onore a lui.)
Circa il quarto programma: l’Hexameron è una composizione a più mani (Liszt, Thalberg, Pixis,
Herz, Czerny e Chopin) di variazioni basate su un tema rossiniano (iniziativa di Liszt simile a
quella delle variazioni Diabelli). La difficoltà di questa composizione è totalmente trascendentale,
tantoché l’ultimo pianista in Italia a eseguirlo in pubblico fu Vincenzo Balzani negli anni ’80. Il
gran galoppo cromatico e la tarantella napoletana piacevano molto, benché non particolarmente
interessanti per essere di Liszt, e egli non poteva lasciare il palco finché non le eseguiva.
Da una lettera di Marie D’Agoult (donna dell’epoca) a Ferdinand Hiller scopriamo che diede dei
“monologhi pianistici” durante la quaresima a Roma, periodo in cui sono vietati i concerti, per gli
stranieri, dove suonò solo lui e solo sua musica.
Dalle lettere con la principessa Cristina di Belgioioso scopriamo che, dopo il successo
dell’esperimento romano, propose una serie di “soliloqui” a Parigi, stanco di fare la guerra con gli
altri virtuosi e dunque non potendo ad arrivare a un programma di senso comune, dove suona da
solo sua musica (“il concerto sono io”).
Fino ad oggi, i concerti erano le “accademie”, dove spesso vi erano altri musicisti ospiti. Con questi
“monologhi pianistici” e con i “soliloqui” nasce il RECITAL PIANISTICO.
Berlino, dicembre 1841-marzo 1842 in 10 concerti esegue:
Bach: Fantasia cromatica e fuga, Preludio e fuga in do minore WTK 1
Bach-Liszt: Preludi e fuga per organo in la minore e mi minore
Beethoven: Sonate op. 26, 27 n° 2, 31 n° 2, 57, 106, Concerti n° 3, n° 5, Fantasia op. 80
Beethoven-Liszt: Marcia funebre della Sinfonia n° 3, Scherzo, Tempesta e Finale della Sinfonia n° 6, Adelaïde.
Chopin: Notturni, Mazurche, Valzer
Händel: Fuga in mi minore, Tema e variazioni della Suite in re minore
Hummel: Settimino op. 74 (trascritto da Liszt), Fantasia op. 116 per pianoforte e orchestra, Oberons Zauberhorn.
Mendelssohn: Capriccio op. 5
Moscheles: Studi op. 95
Paganini-Liszt: La campanella, Il carnevale di Venezia
Rossini-Liszt: Ouverture del Guglielmo Tell, Tarantella, La serenata, l’Orgia
Scarlatti: Sonate
Schubert-Liszt: Erlkönig, Ave Maria, Städchen, Lob der Tränen
Liszt: Parafrasi sul Don Giovanni di Mozart, Roberto il diavolo e Gli Ugonotti di Meyerbeer, Niobe di Pacini, La
sonnambula, I Puritani e Norma di Bellini, Lucia di Lammermoor e Lucrezia Borgia di Donizetti, Valzer a capriccio
n° 3, God save the King, Valse de bravoure, Gran Galop chromatique, Au lac de Wallenstadt, Au borde d’une
source, Mazeppa, Rapsodie ungheresi, marcia ungherese, Hexaméron.
Osservando le scelte di repertorio di Liszt non possiamo non notare l’assenza di Schumann,
Mendelssohn e Schubert. Sembra quasi che Liszt veda unicamente sé stesso al cuore della scena
contemporanea relegando Chopin in un angolo ed eseguendone solo le composizioni brevi, con la
notevole eccezione degli Studi op. 25 (eseguiti il 9 aprile del 1837). Il periodo barocco è delineato
con Bach, Scarlatti e Händel mentre quello a cavallo tra Classicismo e Romanticismo vede
Beethoven protagonista e seguito da pochi lavori di Hummel e Moscheles.
Le sue trascrizioni possiamo convenire che alternano elementi di incredibile filologia ed elementi
dove c’è molto “Liszt”.
Tutto questo programma berlinese è stato eseguito a memoria. L’uso del suonare a memoria non è
da ascriversi a Liszt ma a Clara Wieck, come già abbiamo detto.
I suoi studi di gioventù, op. 2, non sono particolarmente virtuosi. Dopo aver scoperto Paganini egli
rimane estasiato e inizia a dedicarsi al virtuosismo; la prima versione dei 12 studi trascendentali era
impraticabile, quelli eseguiti ora sono una rielaborazione successiva volta alla semplificazione.
La presenza di Scarlatti nei programmi da concerto non è una innovazione risalente a Liszt:
Clementi per primo aveva iniziato a riscoprire le Sonate di Scarlatti e le pubblicò nei primi anni
dell’Ottocento gli “Scarlatti’s Chefs d’oeuvre” (da una serie di manoscritti in suo possesso). Ignaz
Moscheles nel febbraio del 1837 aveva inserito le Sonate di Scarlatti, eseguite al cembalo. È però
merito di Liszt se i sui allievi (Emil von Sauer, Hans von Bülow) avrebbero curato la revisione di
una selezione delle Sonate consentendo, proprio grazie a queste prime edizioni, la conoscenza di
questo repertorio. Le prime edizioni (Bülow in edizione Kalmus, Sauer edito da Peters. Solo due
volumi con 25 e 50 sonate) hanno visto interventi assai arbitrari sul testo con sostituzione di
armonie giudicate “sconvenienti”, aggiunte di ottave e riempimento di accordi (nello stile tardo
romantico), oltre all’idea di legare le sonate tra loro a formare una Suite. Queste prime edizioni,
proprio grazie alla grande diffusione, avrebbero inoltre condizionato le scelte discografiche di molti
pianisti a cavallo tra Otto e Novecento: non è difficile riscontrare una uniformità nelle scelte dei
grandi pianisti che non avevano a disposizione altre edizioni. La prima edizione integrale delle
Sonate di Scarlatti vide la luce a partire dal 1906 per i tipi di Ricordi nella revisione di Alessandro
Longo.
Dalla lettura “Liszt maestro di pianoforte” di Caroline Butini Boisser (sua amante madre di un
alunno) edito Sellerio scopriamo che Liszt faceva studiare Czerny (suo maestro) ai suoi alunni. Esci
suggerisce, come Beethoven, di tenere la prima nota delle quartine per dargli un senso melodico.
Ai tempi volevano inoltre che il poso restasse fermo (guidamano=stecca di legno parallela alla
tastiera dove appoggiavano il poslso. Il forte era dato solo dallo scatto del dito e non dal peso del
braccio), e Liszt per primo capisce l’inutilità di tale prassi.
La tecnica di Liszt condiziona metà delle scuole pianistiche dell’epoca (“le grandi scuole
pianistiche” di Rattalino).
I suoi alunni= Eugene d’Albert, Conrad Ansorge, Hans von Bülow, Hans Bronsart, Arthur
Friedheim, Frederic Lamond, Karl Klindworth, Sophie Menter, Alfred Reisenhauer, Moritz
Rosenthal, Emil von Sauer, Giovanni Sgambati, Alexander Siloti, Bernhard Stavenhagen, August
Stradal, István Thomán, Carl Tausig, Egon Petri, Anton Rubinstein.
RAPPORTO CHOPIN/LISZT
Chopin scrive a Ferdinand Hiller: “Le scrivo senza sapere che cosa la mia penna sta
scarabocchiando, perché in questo momento Liszt sta suonando i miei studi [op. 10] e getta i miei
onesti pensieri fuori dalla mia testa: vorrei rubargli il modo di suonare i miei propri Studi!”
L’aneddotica vuole che Liszt, trovando lo spartito degli studi dell’op. 10 sul pianoforte a casa
Chopin, si sedette al pianoforte e li suonò tutti a prima vista alla perfezione. Con questa incredibile
prestazione, Liszt si aggiudicò la dedica degli stessi studi.
Nei quattro programmi non sono presenti i grandi cicli chopiniani: preludi op. 28, studi op. 10, op.
25. Questo non toglie minimamente importanza a questo ciclo di concerti che, così come fu per
Bülow, contribuì a far divenire i brani di Chopin colonne portanti del grande repertorio
concertistico.
Anton Rubinstein ha sempre avuto una visione moderna nella scelta dei programmi da concerto ed
anch’egli aveva ideato un ciclo storico (che terminava con un intero concerto di proprie musiche)
all’interno del quale era previsto il programma dedicato a Beethoven che comprendeva:
Sonata op. 27 n° 2, op. 31 n° 2, op. 53, op. 57, op. 90, op. 101, op. 109 e op. 111.
ERNST PAUER (1826-1905), viennese, figlio di una Streicher, allievo di Franx Xaver Mozart, si
trasferisce a Londra nel 1851 dove diviene uno dei più importanti musicisti.
La sua serie di concerti con programmi storici è di grande rilievo. I programmi, eseguiti
alternandosi al clavicembalo e al pianoforte, spaziano da Kuhnau, Bach (padre e W. Fr.), Haendel,
Galuppi, Paradisi, Scarlatti, Lully, Martini, Couperin, Rameau (tutti eseguiti al cembalo) a Carl
Philipp Emanuel Bach, Mozart, Clementi, Haydn, Cramer, Beethoven, Field, Chopin, Schumann,
Heller, Hummel, Mendelssohn, Schubert, Weber, Liszt e Thalberg.
Pauer prende l’eredità del solco tracciato da Moscheles e lo amplia curando una delle primissime
edizioni, una antologia di autori clavicembalistici, con aggiunta di segni di articolazione e di
espressione.
HANS VON BULOW (1830-1894), dopo essere stato avviato dai genitori
agli studi forensi, incontra Liszt a Lipsia dove lo sente dirigere Wagner.
Diviene allievo di Liszt ed esegue in prima assoluta la Sonata in Si minore
nel gennaio del 1857 e, nel luglio del 1874 a Manchester, le Variazioni su
tema di Haydn di Brahms per due pianoforti con Charles Hallé (egli, nel
1881, eseguì in 8 serate l’integrale delle sonate di Beethoven e tutto il
clavicembalo ben temperato), dirige la prima del Concerto n° 1 di
Tchaikowsky a Boston nell’ottobre del 1875).
I cicli Beethoveniani: Conquista il primato tra gli interpreti beethoveniani della seconda metà
dell’Ottocento.
Ecco tre programmi beethoveniani presentati nel 1867 a Monaco:
19 novembre 1867 3 dicembre 1867 17 dicembre 1867
Sonata op.106 Sonata op. 27 n° 1 Sonata op. 27 n° 2
Varizioni op. 34 32 variazioni in do minore Sonata op. 54
Fantasia op.77 Sonata op. 110 Sonata op. 81°
Bagatelle op.126 Tre Minuetti 33 Variazioni su un valzer di
Sonata op.101 Rondò a capriccio Diabelli op. 120
Sonata op. 57
Notiamo la presenza della fantasia op. 77, brano introdotto nel repertorio concertistico da Clara
Wieck e rimasto per tutto l’800. La difficoltà di questo pezzo sta nella eterogeneità dell’opera, dalla
quale consegue una difficoltà enorme nel renderlo uniforme.
Un altro ciclo Beethoveniano di Bülow si tenne a Vienna, al Musikverein, a partire dall’8 gennaio
1872 con il seguente programma:
8 gennaio 1872 13 gennaio 1872 18 gennaio 1872
Mozart: Fantasia K 475 Beethoven: Sonata op. 31 n° 2 Beethoven: Sonata op. 101
Beethoven: op. 13 Fantasia op. 77 Op. 106
Variazioni op. 34 su un tema Beethoven-Bulow: Marcia Op. 109
originale Beethoven: 32 variazioni in do Op. 110
op 31 n° 1 minore 33 Variazioni su un valzer di
op. 27 n° 2 Sonata op. 57 Diabelli op. 120
Variazioni op. 3 Sonata op. 90
Beethoven-Bulow: tre Minuetti
Beethoven: Rondò a capriccio
Sonata op. 81a
Dopo il 1879 Bülow presenterà spesso un programma con le ultime 5 Sonate di Beethoven (due ore
e venti minuti circa) eseguendo, come bis, la Fuga della 106.
Gli ultimi grandi cicli beethoveniani di Bülow sono la chiara risposta ai cicli di Anton Rubinstein.
Ecco i programmi dei quattro concerti tenuti a Vienna il 21, 24 gennaio e 1 e 7 febbraio 1887:
21 gennaio 1887 24 gennaio 1887 1 febbraio 1887 7 febbraio 1887 Due mesi più
tardi
Sonate op. 2 n° 2, 10 Sonate op. 27 n° 1 e Sonate op. 57, 78, Sonate op. 101, 106, Sonata op. 2 n° 3,
n° 2, Variazioni su un n° 2, Variazioni op. 81a, Fantasia op. 77, 33 Variazioni su un Bagatelle op. 33
tema russo, Sonata 35, Sonate op. 31 n° 2 Sonate op. 109, 110, tea di Diabelli op. n° 1, 2, e 3,
op. 13, op. 14 n° 1 e e n° 3, 32 Variazioni 111 120. Sonate op. 10 n°
n° 2, Variazioni op. in do minore. 1, op. 7,
34, Sonata op. 28 Bagatelle op. 119
n° 1, 2, e 3,
Variazioni op. 76
Il concerto di addio--New York, primo maggio 1889. Egli sete il dovere morale di far conoscere
Beethoven al pubblico, che all’epoca prediligeva ancora la musica biedermaier (pixie,
karkbrenner…). Pian piano però i programmi diventano più leggeri.
EUGENE D’ALBERT allievo di Liszt. Abbiamo una registrazione importantissima della sonata in
si minore di Liszt fatta con pianoforte a rullo. Egli si prende molta più libertà di quella che ci
concediamo noi oggi, anche con diverse sporcizie.
Tra i grandi nomi dei virtuosi tra Ottocento e Novecento troviamo: Josef Hofmann, Josepf
Lehvinne, Theodor Leschetizki, Raoul Pugno, Maurice Planté, Vladimir de Pachmann, Alfred
Grünfeld, Sophie Menter, Sapellnikov, Camille Saint-Saëns, Ignaz Paderewsky, Teresa Carreño,
Leopold Godowsky, Alfonso Rendano.
Ecco un programma da concerto, dove presenta la fantasia sul Don Giovanni di Liszt, che nel 1800
risultava essere, insieme alle variazioni di Chopin su “là ci darem la mano”, pezzo virtuosistico di
maggiore riferimento.
Busoni nasce da una famiglia di musicisti (mamma pianista di origini germaniche e padre
clarinettista toscano, che suona in giro e lo porta con sé). Durante la guerra si rifugia in Svizzera,
zona neutrale, così da poter continuare serenamente la sua attività musicale.
Tra i tanti meriti Ferruccio Busoni c’è quello di aver portato Bach nei programmi da concerto (già
Hallé aveva iniziato con forme brevi) al pari di Beethoven e Chopin inserendolo definitivamente nel
repertorio da concerto più conosciuto.
Questa operazione culturale è avventa attraverso due strade: l’esecuzione delle opere originali di
Bach e la proposta delle proprie trascrizioni, nel solco di quanto fatto in precedenza da Tausig e
Liszt.
Breitkopf editore affidò a Busoni tutta l’opera pianistica bachiana da revisionare. Benché le
diteggiature siano buone, a livello filologico non è troppo affidabile; sopostava le note, le tagliava,
aggiungeva parti…
All’ascolto delle due sonatine di Busoni emergono elementi che saranno poi ripresi da
compositori quali Scriabin, Ravel e molti altri. Molto varie, presentano interi passaggi per note
doppie, e nell’arco di entrambe le sonatine li affronta tutti (seconde, terze, quarte… fino a ottave).
Le ottave al basso presentano anche la terza per colorare, caratteristica ereditata da Brahms, che
faceva questa operazione alla destra.
La musica di Busoni ha un generale carattere riflessivo, se accenna a elementi divertenti trapela
un divertimento tetro e cupo. Altro ascolto busoniano che abbiamo fatto è “turandots fraigemach”,
basato sul tema “greenslaves”, che Busoni fa diventare inquietante.
All’ascolto delle interpretazioni di Busoni della musica di Chopin (preludio “la goccia d’acqua”
di Chopin da piano rullo duo art. talvolta registrava su dischi a 78 giri e steinway-welte) scopriamo
due elementi della prassi dell’epoca che sono andati perduti. In primo luogo lo “scampanamento”:
in presenza di un bicordo veniva eseguito prima il basso poi l’acuto. Altro elemento interessante
della prassi dell’epoca era aggiungere episodi musicali casuali tra un pezzo e l’altro per collegarli.
Come mai non esiste una “scuola di busoni”? innanzitutto Busoni non era votato all’insegnamento,
era geloso del suo sapere e faticava a condividerlo. Inoltre, egli è interessante, a livello compositivo,
solo per gli “addetti ai lavori”, non riesce a “toccare i cuori” di tutti, dunque è difficile che avesse
seguaci che decidessero di imparare proprio da lui (anche Hindemith non ha seguaci).
Notiamo che il programma prevede musica da Bach ai suoi giorni (Rubinstein), evidenziando sia il
tipo di ricerca storica di Busoni, che la sua informazione circa il panorama musicale del suo tempo.
Egli decide di inserire in questi programma persino Mozart, autore di solito da lui evitato.
L’edizione originale (Breitkopf) presenta all’inizio una iconografia demenziale, che contiene un po’
di tutto, così come il concerto. Per prendere coscienza dell’imponenza del concerto basti dire che
l’ingresso del pianoforte prevede 4 pentagrammi, dal tanto che è ampia l’estensione adottata, e che
la trascrizione non è, come al solito, per due pianoforti, ma per tre, visto che un pianista solo non
può fare una riduzione orchestrale esaustiva.
Il concerto è intriso di italianità; c’è tanto Verdi e tanta musica popolare. Abbiamo anche molto di
autori passati.
Inoltre l’ultimo movimento presenta, oltre all’orchestra e al pianoforte, un coro maschile a sei parti
reali.
Beethoven per primo, con la Fantasia Corale per pianoforte e orchestra op. 80, ha pensato di
includere il coro nella sezione finale di un concerto (Fantasia) per pianoforte e orchestra. Dopo
Beethoven ci sono pochissimi esempi: Daniel Steibelt, con il Concerto No. 8 (eseguito per la
prima volta il 16 marzo 1820, a San Pietroburgo), e il Concerto No. 6, Op. 192 (1858) di Henri
Herz.
La prima esecuzione, Berlino, Beethoven-Saal, 10 novembre 1904, vide Busoni solista con Karl
Muck alla conduzione dell’Orchestra Filarmonica di Berlino e del Kaiser-Wilhelm
Gedächtniskirche. La critica accolse il concerto con esiti assai diversi ma, in prevalenza,
l’accoglienza fu piuttosto negativa.
Busoni aveva intenzione di dedicare il Concerto al suo amico William Dayas, ma William morì nel
1903. Sua figlia Karin fu la prima interprete del concerto in America nel 1932.
È un concerto tutt’oggi poco eseguito, sia per la enorme difficoltà pianistica, che riescono a
fronteggiare Hamelin e pochi altri, ma anche per la dispendiosità, conseguente alla grande vastità di
organico.
Bisogna riconoscere che tanti elementi di questo concerto saranno poi dei punti di riferimento per
importantissimi autori del ‘900, che da Busoni assorbiranno certe sonorità e stilismi pianistici. Tra
questi riconosciamo Rachmaninov, e persino Disney (in “Fantasia”, “L’apprendista stregone”).
LETTURE CONSIGLIATE:
1) Heinrich Neuhaus: “l’arte del pianoforte”
2) “Chopin visto dai suoi allivi” dell’astrolabio
3) Caroline Butini Boisser: “Liszt maestro di piano” da Sellerio (madre di un alunno di Liszt e
suo amante. Punto di vista di una non musicista, alcune cose sono poco tecniche):
4) Rattalino: “le grandi scuole pianistiche”
5) V. Lenz: “il pianoforte e i suoi virtuosi” (riccone nobile dell’Ottocento che andava in giro per
Europa a farsi dare lezione di pianoforte dai migliori)
CURIOSITA’:
- Godovsky ha scritto studi su studi di Chopin rendendoli impraticabile. In uno ha messo
insieme 3 studi di Chopin. Li abbiamo ascoltati da Francesco Libetta
- John Ogdon è un grandissimo pianista che ha conosciuto poca fortuna non diventando mai
un nome come si sarebbe meritato
- Idil Brilet è una pianista turca che ha in repertorio 55 concerti per pianoforte e orchestra
- Gli Steinway marchiati CD sono di una qualità spaziale, per riconoscerli hanno inoltre la lira
sotto il logo invece che sopra
- Cziffra è nato con il metacarpo esterno, motivo per il quale ha una distanza 1-2 clamorosa.
Egli venne torturato in Russia dal regime comunista che lo costrinse ad andarsene. Il figlio
rimane in patria e si da fuoco. Cziffra diventa alcolista.