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MEDIOEVO E UMANESIMO • 66
CONOR FAHY
SAGGI
DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
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MEDIOEVO E UMANESIMO
a cura di
Rino Avesani, Giuseppe Billanovich, Mirella Ferrari,
Giovanni Pozzi, Mariangela Regoliosi
66
CONOR FAHY
SAGGI
DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
PRINTED IN ITALY
SOMMARIO
Premessa ix
CONTRIBUTI METODOLOGICI
STUDI BIBLIOGRAFICI
I saggi riuniti in questo volume sono stati scritti seguendo due spinte
diverse ma affini, che sono rappresentate dalla bipartizione del mate
riale ivi incluso. Una spinta, la prima in ordine cronologico, è stata
quella di mettere al servizio dei miei studi letterari e filologici le tec
niche di analisi bibliografica che avevo attinto, fin dagli anni del mio
perfezionamento fra le cinquecentine italiane della biblioteca uni
versitaria di Manchester, dal contatto con l’ambiente bibliotecario e
filologico inglese. I contributi che ne risultarono sono quelli raccolti
nella seconda sezione di questo volume. Ma allo stesso tempo mi so
no reso conto che sarebbe stato utile fornire in italiano una discussio
ne anche elementare dei legami che potevano, anzi dovevano, esiste
re fra analisi bibliografica e critica testuale, secondo le direttive di
quell’area dell’attività filologica che in inglese si definisce con il ter
mine «textual bibliography». È cosi che sono nati i saggi contenuti
nella prima sezione di questo volume, di cui due, il terzo e il sesto, so
no pubblicati qui per la prima volta. Come ho sempre riconosciuto, le
tecniche dell’analisi bibliografica erano note e praticate da anni in
Italia da bibliotecari e bibliografi, ma, nonostante l’esempio di filolo
gi insigni come Santorre Debenedetti e Michele Barbi, esse stentava
no a penetrare nel mondo della filologia italiana. È per questo, non
ché per la natura dei miei propri interessi, che mi sono indirizzato in
questi saggi (e m’indirizzo tuttora) piuttosto ai filologi che ai biblio
tecari. Giova insistere - perché sono stato frainteso da alcuni - che
quest’atteggiamento intende esprimere, nei confronti dei biblioteca-
ri italiani, non una sfiducia nelle loro capacità di adeguarsi alle esigen
ze della descrizione e della catalogazione scientifica, come se la bi
bliografìa testuale non fosse pane per i loro denti, ma proprio l’oppo
sto, cioè il convincimento che la categoria è da tempo in possesso de
gli strumenti necessari per poter sfruttare tecniche e conoscenze
nuove, anche se ostacolata talvolta nella loro applicazione dalle im
perfezioni delle strutture organizzative delle biblioteche italiane;
mentre poteva essere utile, pensavo, offrire a quegli studiosi che con
dividevano il mio interesse nella critica testuale alcuni orientamenti
con cui navigare con qualche speranza di successo nel mare magnum
della descrizione e dell’analisi bibliografica.
Bisogna sottolineare, però, che il quadro della bibliografìa che si
X PREMESSA
1. Vedi D. F. M c K enzie, Stretching a Point: or, the Case of the Spaced-out Comps,
«Studies in Bibliography», xxxvii (1984), 106-21.
2. Vedi L. B alsamo , La bibliografia: storia di una tradizione, Firenze 1984, 7.
3. Bisogna ancora una volta fare il nome di D. F. McKenzie che, mentre scrivo
PREMESSA XI
economica del libro, e su questo terreno già molto fertile sono con
vinto che essa presto e facilm ente attecchirà e darà buon frutto.
queste parole, tiene alla British Library la serie inaugurale delle « Panizzi Lectu
res », intitolate al grande esule italiano che fu direttore della biblioteca del Museo
Britannico nell’Ottocento; la serie, che ha per titolo « La bibliografìa e la sociolo
gia del testo », aspira a strappare la bibliografìa testuale anglo-americana dal suo
isolazionismo e a ricollegarla alle grandi correnti europee di bibliografìa storica.
Precoce in questo campo fu l’appello dij. F eather , Cross-channel Currents:Histori
cal Bibliography and fhistoire du livre’, « The Library », ser. 6, 11 (1980), 1-15.
XII PREMESSA
SG U ARD O DA U N A LT R O PIANETA:
BIBLIO G RA FIA TESTU ALE ED EDIZIONE
DEI TESTI ITALIAN I DEL XVI SE C O L O 1
5. Per una rigorosa esposizione della teoria critica italiana si veda D’A. S.
A valle, Prìncipi di crìtica testuale, Padova 1972 (Vulgares Eloquentes, 7). Effettiva
mente, né il Canzoniere del Petrarca, né il Decameron presentano seri problemi
stemmatici per il critico testuale, dal momento che in entrambi i casi siamo abba
stanza fortunati nel possedere testimoni aventi il valore di autografo (per una re
cente discussione della prima edizione del Decameron, per lungo tempo stimata
testualmente importante, si veda V. B ranca-L. N adin, La stampa Deo Gratias’ del
Decameron’ e il suo carattere contaminato, « Studi sul Boccaccio », vm (1974), 1-77).
Quanto a Dante, può darsi che il recente testo critico della Divina Commedia, pro
dotto da Giorgio Petrocchi sulla base degli antichi manoscritti precedenti la revi
sione boccacciana del 1355 (La commedia secondo l’antica vulgata, 4 voli., Milano
1966-7), finirà per essere accettato come definitivo, permettendo in tal modo alla
riflessione dei critici testuali italiani di occuparsi più metodicamente dei proble
mi della stampa. In questo contesto è a prima vista sorprendente, in considerazio
ne della grande influenza esercitata sulla contemporanea critica testuale italiana
dall’insegnamento e dagli scritti di Giorgio Pasquali, che gli studiosi italiani non
abbiano mai svolto i suggerimenti impliciti in una nota della sua Storia della tradi
zione e crìtica del testo, pubblicata per la prima volta nel 1934, nella quale egli richia-
4 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
mava l’attenzione sulle varianti a stampa d’autore nelle edizioni definitive sia
dell’ Orlando furioso sia dei Promessi Sposi (1840-42). Il fatto è, comunque, che non
solo Pasquali ma anche gli studiosi responsabili della scoperta di questi casi di
correzioni d’autore, fatte durante la tiratura, rispettivamente Santorre Debene
detti e Michele Barbi, considerarono tali elementi come anormali (cfr. L. A rio
sto , Orlando furioso, a cura di S. D ebenedetti, ih, Bari 1928, 426: « Non conosco
due esemplari del Furioso che siano identici: e non parlo degli errori di stampa e
delle varietà tipografiche! Ci troviamo innanzi ad uno dei casi più strani che siano
offerti dalla tradizione tipografica. La tiratura era vigilata foglio per foglio. »).
I • SGUARDO DA UN ALTRO PIANETA 5
formati usati per stampare testi teatrali l’in-quarto è uno dei me
no preferiti.15
Tutto questo induce naturalmente a una certa cautela nel far
uso dei risultati ottenuti da un’analisi della stampa inglese nel se
dicesimo e diciassettesimo secolo. Devo confessare, tuttavia, che
negli ultim i anni la mia cautela è venuta diminuendo, grazie al
progressivo affinarsi degli studi bibliografici anglo-americani.
Vorrei segnalare, come particolarmente importanti dal mio pun
to di vista, l’opera monumentale di Cbarlton Hinman sul primo
in-folio shakespeariano, che contiene ogni sorta di stimolanti in
formazioni sulla produzione di un’edizione su larga scala, aspetto
cosi comune nella stampa italiana del sedicesimo secolo, e l’arti
colo ormai classico di Donald McKenzie del 1969, Prìnters o f thè
mind, che critica proprio quella sorta di dogmatismo che potrebbe
rendere sospetta la bibliografìa anglo-americana a chi cerchi di
applicarne le scoperte ad altre aree.16 Questo affinamento degli
studi anglo-americani è stato accompagnato dalla crescita molto
incoraggiante di un interesse specializzato tra gli studiosi dell’Eu
ropa continentale, particolarmente in Francia e nei Paesi Bassi,
verso la storia dei procedimenti della stampa e l’importanza che
essi hanno in relazione alla critica testuale; sfortunatamente que
sto movimento non ha raggiunto ancora l’Italia.17 Gli studiosi in-
15. Si veda la mia recensione a L. G. C lubb, Italian Plays (1500-1700) in the Folger
Library: a Bibliography, Firenze 1968, in « The Library », ser. 5, xxv (1970), 255-6.
16. C h. H inman, The Printing and Proof-reading of the First Folio of Shakespeare, 2
voli., Oxford I9Ó3;D. F. M c K enzie, Printers of the Mind: Some Notes on Bibliographi
cal Theories and Printing-house Practices, « Studies in Bibliography », xxn (1969), 1-75.
17. I limiti delle mie conoscenze spiegano l’assenza di qualunque riferimento
alla situazione in Germania ed in Spagna. Per quanto riguarda gli studi ispanici,
tuttavia, gli ispanisti britannici, seguendo l’esempio del defunto Edward M. W il
son, stanno attualmente producendo lavori bibliografici di grande raffinatezza;
alcuni di essi sono citati nel recente articolo di D. W . C ruickshank, Some Aspects
of Spanish Book-production in the Golden Age, « The Library », ser. 5, xxxi (1976), 1-
19. Si veda anche, nel medesimo volume (166-7), la sua recensione a R. M. F lo
res, The Compositors of the First and Second Madrid Editions of Don Quixote, Part I,
London 1975. Una recente ed importante pubblicazione tedesca è quella di M.
B oghardt, Analytische Druckforschung: ein Methodischer Beitrag zu Buchkunde und
Textkritik, Hamburg 1977, favorevolmente recensita da J.L. F lood, «The
Library », ser. 5, xxm (1978), 246-8.
IO S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
glesi possono andare orgogliosi di tali sviluppi, perché non v’è al
cun dubbio che in parte essi sono stati ispirati dalla scuola biblio
grafica anglo-americana, com’è dimostrato, ad esempio, dall’edi
zione di Les regrets di Du Bellay curata da Michael Screech,
dell’University College di Londra, e dajohnjolliffe, che allora la
vorava presso il British M useum .181 risultati conseguenti a questo
nuovo interesse stanno già fornendo una preziosa integrazione di
quanto si conosce dalle fonti anglo-americane, integrazione di
particolare interesse per lo studioso italiano, perché in Francia e
nei Paesi Bassi si danno condizioni più simili a quelle proprie
dell’Italia. In questa sede posso solo far riferimento a un singolo
contributo per ciascuna delle due aree. Per la Francia citerei il la
voro più recente che è caduto sotto la mia attenzione, lo studio di
Annie Parent, Les métiers du livre a Paris au XVIe siede, Genève 1974,
che utilizza gli archivi legali di Parigi per fornire un resoconto
particolareggiato e documentato dell’industria della stampa nel
periodo 1535-60. Questo tipo di ricerca archivistica è della massi
ma importanza in Francia e in Italia, dove non c’è nulla di simile
allo Stationers’ Register.19
18. J. Du B ellay, Les regrets et autres oeuvrespoétiques, suivis des Antiquitez de Rome,
plus un Songe ou Vision sur le mesme subject, texte établi par J. J olliffe, introduit et
commenté par M. A. S creech, Genève 1966 (Textes Littéraires Français). Il lavo
ro bibliografico dello Jolliffe fu esposto in un breve ma affascinante contributo,
Further Notes on Du Bellay, « Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance », xxvm
(1966), 112-22.
19. Altri studi recenti sulla stampa francese del sedicesimo secolo sono: Impri
meurs et libraires parisiens du XVIe siècle: ouvrage publié d’après les manuscrits de P. Re-
nouard, Paris 1964-; N. C atach , L’orthographefrançaise à l’époque de la Renaissance
(auteurs - imprimeurs - ateliers d’imprimerie), Genève 1968; Inventaire chronologique des
éditions parisiennes du XVIe siècle par B. Moreau... d’après les manuscrits de P. Renouard.
1: 1501-1510, Paris 1972; P. A quilon, Caen, Ve partie; Rouen, I ie partie, Baden-Baden
1972 (Répertoire bibliographique des livres imprimés en France au seizième siè
cle, 8); il libro di D. Pallier, Recherches sur l’imprimerie à Paris pendant la ligue (1585-
1594), Genève 1975, venni a conoscerlo solo dopo questa conferenza. Di conside
revole interesse generale sono gli studi della storica dell’ economia Natalie Z. Da
vis sulla industria della stampa nel sedicesimo secolo a Lione, particolarmente
Strikes and Salvation at Lyons, « Archiv fiir Reformationsgeschichte », lvi (1965),
48-64, e A Trade Union..., 48-69. Il recente interesse in Francia per la stampa del
sedicesimo secolo deve essere in parte attribuito all’influenza del classico studio
di Febvre-M artin, L’apparition du livre, cit. Il francese è anche la sola lingua
I • SGUARDO DA UN ALTRO PIANETA II
21. V oet, The Golden Compassés... n, 174-93; 320-1. Una traduzione inglese
della sezione relativa di queste Ordinanze fu pubblicata da L. e W . H ellinga, Ré
gulations Relating to thè Planning and Organization of Work by thè Master Printer in thè
Ordinances of Christopher Plantin, « The Library », ser. 5, xxix (1974), 52-60. Un ri
conoscimento interessante e divertente da parte di un tipografo cinquecentesco
della presenza in una delle sue edizioni sia di correzioni fatte durante la tiratura
sia di varianti accidentali dovute al lavoro d’inchiostrazione è pubblicato nel mio
articolo, Correzioni ed errori avvenuti durante la tiratura secondo uno stampatore del Cin
quecento: contributo alla storia della tecnica tipografica in Italia, « Lettere italiane », xxvii
(i975)> 184-92 [infra, 155-68]. È chiaro che l’eccezionaiità delle correzioni a stampa
è relativa, e varia secondo le circostanze. La lettera di commiato delle Lettres (Pa
ris 1586) di E. Pasquier, riprodotta da C atach , L ’orthographefrançaise..., 289, pre
senta un quadro affascinante delle costrizioni alle quali il sistema di correzione
delle bozze era soggetto nei primi secoli della stampa: « or quel que soit mon liu-
re, ie le vous enuoieray soudain qu’il sera acheué d’imprimer. le m’asseure que
trouuerez plus de fautes en l’impression que ie ne voudrois. Car quel liure peut
on imprimer de nouueau qui n’y soit infiniement sujet? L’on enuoie à l’Impri
meur ses copies les plus correctes que l’on peut. Qui passent premièrement par
les mains du Compositeur. Ce serait certes vn vray miracle, que sans faute il
peust assembler toutes les lettres: C’est pourquoy on luy baille pour controleur
vn homme qui prend le titre de Correcteur, auquel on presente la premiere
espreuue. Cestuy pour l’opinion qu’il a de sa suffisance, se donne quelquefois iu-
risdiction sur les conceptions de l’autheur, & en les voulant rapporter aux sien
nes, les interuertit: & ores qu’il ne se dône ceste loy, si est-ce que son oeil se peut
escarter. Qui est la cause pour laquelle on a recours pour la secôde espreuue à
Pautheur; mais, ou du tout on ne le trouue point, ou si on le trouue c’ est au milieu
d’autres empeschements, pour lesquels il ne peut auoir Pesprit bien tendu à ceste
correction: Voire que quand il seroit en pleines vacations, il luy est fort aisé de
mesprendre, comme celuy qui relisant ce qu’on luy apporte, pèse le lire tout ainsi
qu’il l’auoit couché par escrit. Voilà pourquoy ie vous prie, ou excuser, ou su-
pleer les fautes de l’impression».
I • SGUARDO DA UN ALTRO PIANETA 13
per tenere un torchio continuamente in funzione. La maniera più
semplice di coordinare l’attività del compositore con il funziona
mento del torchio era che due compositori lavorassero insieme
sullo stesso foglio, componendone ciascuno una forma. Se il com
positore lavorava da solo, componendo in parte o interamente un
particolare testo, ciò comportava un’organizzazione abbastanza
elaborata del ciclo produttivo, cosa che nella stamperia Plantin,
un’impresa piuttosto grande, accadeva soltanto nei periodi di in
tensa attività.22 Queste informazioni coincidono in misura note
vole con le scoperte di Charlton Hinman, che sulla base di prove
induttive è arrivato a concludere che la maggior parte del primo
in-folio shakesperiano fu composta da due (e occasionalmente
tre) compositori che lavoravano contemporaneamente sullo stes
so foglio rifornendo un unico torchio.23 In base alle prove ora di
sponibili, devo ammettere piuttosto scarse, sembra ragionevole
supporre che un libro del sedicesimo secolo fosse composto sia
per forme sia serìatim, cioè una pagina dopo l’altra; per i libri pro
dotti da piccole tipografìe, e per le opere in versi, dove un accura
to calcolo dello spazio richiesto dal materiale da stampare è facile
da farsi, riterrei la composizione per forme l’ipotesi di lavoro più
probabile. Lascio ad altri il compito di conciliare il quadro cinque-
22. V oet, The Golden Compassés..., 11,303; 312-3. Gli H ellinga, Régulations...,
57-60, contestano questa interpretazione delle Ordinanze e di altri documenti
della tipografìa Plantin, ma la loro interpretazione è a sua volta confutata - e so
stenuta quella di Voet - daj. G erritsen, Plantin’s 'Ordinances’, «The Library»,
ser. 5, xxx (1975), 134-6. In un altro documento francese del sedicesimo secolo ri
prodotto da C atach , L’orthographef r a n ç a i s e 284, un autore lamenta che « il ne
s’est passé iour depuis le premier que i’ay mis cet oeuure sur la presse, qu’il ne
m’ait esté de besoin de fournir aux Imprimeurs vn cayer de copie, qui sont douze
pages d’escriture, ou bien (pour le mieux donner à entendre) trois fueilles de
grand papier replies de douze faces ou costez de minute escrite de ma main, con-
tenât chacune page plus de quarante lignes, & chacune ligne plus de douze sylla
bes, pour fournir à deux compositeurs qui trauailloiët sur ce liure’. Può darsi, pe
rò, che ciascuno dei due compositori lavorasse per un torchio diverso, perché
l’autore continua: ‘Et outre-plus ie laissois à dire qu’il ne s’est passé iour que ie
n’aye veu quatre espreuues, qui sont les corrections des fueilles que Ion impri
me’ ».
23. Questo è particolarmente vero per le Storie e le Tragedie; si veda H inman,
The Printing and Proof-reading 1, 359-60; 361-2.
14 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
T into, Annali tipografici dei Tramezzino, Venezia e Roma 1966; D.E. R hodes, An
nali tipografici di Lazzaro de’ Soardi, Firenze 1978. Le attività degli stampatori napo
letani sono attualmente in corso di catalogazione grazie allo sforzo di una sola
persona, un ufficiale dell’esercito a riposo, il generale Pietro Manzi. Oltre al vo
lume dedicato a G. Sultzbach (Firenze 1970), il generale Manzi ha finora pubbli
cato, con il titolo collettivo di La tipografia napoletana nel Cinquecento, Firenze
1970-5, cinque volumi che catalogano la produzione di più di quindici stampatori
napoletani dell’epoca.
28. A Short-title Catalogue of Books Printed in England, Scotland, & Ireland and of
English Books Printed Abroad 1475-1640. First compiled by A .W . P ollard and
G. R. R edgrave: second edition, revised and enlarged, begun by W . A.J ackson &
F. S. Ferguson, completed by K.F. Pantzer. Volume 2: I-Z, London 1976.
29. Si veda supra, n. 13.
I * S GUARDO DA UN ALTRO PIANETA 17
meno vera oggi di quanto non lo fosse circa venti anni fa.30 L ’Ita-
lian Short-title Catalogne della British Library elenca circa 18.000
edizioni del sedicesimo secolo. Secondo uno dei suoi compilatori,
A. F. Johnson, questa collezione comprende circa un quarto della
produzione conosciuta.31 Ritengo questa stima probabilmente
eccessiva, ma sono ben lieto di accettarla per il fine che mi pro
pongo, dal momento che rende cosi semplici i miei conti. Essa dà
un totale di 72.000 edizioni italiane conosciute del sedicesimo se
colo, un numero di libri esattamente doppio di quelli che saranno
registrati nel nuovo Short-title Catalogne inglese per un arco di
tempo che è quasi due volte maggiore.
Queste cifre approssimative servono ad indicare la dimensione
del problema che si trovano a dover affrontare i catalogatori di li
bri italiani del sedicesimo secolo. Questa gran quantità di materia
le stampato ha dovuto inoltre scontare la conseguenza delle parti
colari circostanze della storia italiana, che hanno imposto, invece
della sua concentrazione in un unico grande deposito, come in
Gran Bretagna e in Francia, la dispersione in non meno di sette bi
blioteche nazionali, sei delle quali situate nei maggiori centri po
litici dell’Italia preunitaria, più una gran quantità di altre bibliote
che, universitarie e civiche, alcune di grande importanza, per non
parlare di quella che è la più grande e certamente la meglio orga
nizzata di tutte quelle italiane, la Biblioteca Vaticana, che è ovvia
mente una biblioteca privata. La dispersione degli sforzi che com
porta questo fenomeno tipicamente italiano di disseminazione
regionale ha rappresentato un ostacolo che i bibliotecari hanno
trovato diffìcile superare. Nessuna delle biblioteche nazionali ha
un catalogo adeguato dei propri libri stampati. Se posso prendere
come esempio la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, che
possiede insieme con la Vaticana la collezione più numerosa e più
importante di cinquecentine in Italia, essa ha tre serie di cataloghi
per i libri a stampa. La più moderna contiene accessioni a partire
30. Si veda la mia recensione all'Italian Short-title Catalogue della British Libra
ry, « The Modern Language Review », lv (i960), 122-3.
31. A. F. J ohnson, Italian Sixteenth-century Books, « The Library », ser. 5, xm
(1958), 161-74.
l8 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
Solo pochi, tuttavia, sono consapevoli che la medesima cura accordata alla descri
zione degli incunaboli è richiesta nella descrizione dei libri stampati in periodi
successivi.
I • SGUARDO DA UN ALTRO PIANETA 21
progetto agirebbe da catalizzatore nello sviluppo generale dell’at
tività bibliografica in Italia.
mesi o per anni interi. Cosi l’italiano scritto dal Castiglione, l’au
tore del Libro del Cortegiano, contiene alcune caratteristiche foneti
che e morfologiche che derivano dal fatto che egli era mantova
no, abituato a parlare un dialetto dell’Italia del nord. Questi tratti
differenziano immediatamente la sua lingua da quella del fioren
tino Machiavelli, che scrisse in un italiano ricco di forme e locu
zioni proprie del fiorentino parlato dei suoi tempi; e allo stesso
modo, sia la lingua del Machiavelli sia quella del Castiglione sono
facilmente distinguibili, tanto foneticamente quanto morfologi
camente, da quella di Jacopo Sannazaro, l’autore d ell’Arcadia (un
altro best-seller europeo), che invece era napoletano.
Le difficoltà che gli scrittori di questa penisola, linguisticamen
te differenziata ma culturalmente unitaria, hanno sempre speri
mentato quando si accingevano a comporre in un idioma che po
tesse essere compreso e accettato dagli uomini colti di qualunque
regione, si rispecchiano fin dall’inizio in un dibattito ininterrotto
sulla natura della lingua letteraria, il che equivale a dire sulle rela
zioni della lingua letteraria con le varie forme delle parlate locali.
La rivoluzione determinata dalla stampa nell’ambito della comu
nicazione fece della prima metà del sedicesimo secolo uno dei
momenti più vivaci di questo dibattito. Sia il Castiglione sia il M a
chiavelli ebbero ed espressero opinioni decise e contrastanti sul
l’argomento: il Castiglione nel libro i del Cortegiano, il Machiavelli
in un breve trattato ascrivibile probabilmente agli ultimi anni del
la sua vita.39 Il punto di vista che alla fine trionfò, però, fu quello
del veneziano Pietro Bembo, cosi come egli lo aveva esposto nel
le Prose della volgar lingua (1525). La norma che l’italiano scritto
avrebbe dovuto seguire era, secondo Bembo, il fiorentino, ma
non il fiorentino contemporaneo di scrittori quali Machiavelli e
39. Il Discorso 0 dialogo intorno alla lingua, che è stato oggetto di molta discussio
ne tra gli studiosi negli anni recenti, fin da quando Cecil Grayson sostenne, nel
suo articolo Machiavelli and Dante, in Renaissance Studies in HonorofHans Baron, a
cura di A. M olho e J. A. T edeschi, Firenze 1971,363-84, che l’opera doveva esse
re posteriore al 1524 e che probabilmente non era di Machiavelli. Ora la maggio
ranza degli studiosi accetta la posticipazione della data, ma riafferma la paternità
di Machiavelli.
I • SGUARDO DA UN ALTRO PIANETA 2$
40. Il curatore di testi dotto gioca una parte importante nella storia della pro
duzione libraria italiana del quindicesimo e sedicesimo secolo. Quando gli stam
patori tedeschi vennero per la prima volta in Italia, gli umanisti li aiutarono a sce
gliere i testi che avessero maggiore probabilità di successo nell’atmosfera vivace
26 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
della cultura italiana. I curatori umanisti giocarono inoltre una parte rilevante nei
primi anni della stampa nella grande città universitaria di Bologna, dove il rap
porto tra università e stampa, sebbene non formalizzato, ci fa ricordare l’analoga
situazione a Parigi. La consuetudine passò dal latino all’italiano, significativa
mente nella persona di Pietro Bembo, che curò le famose edizioni in ottavo di
Petrarca e di Dante pubblicate da Aldo Manuzio rispettivamente nel 1501 e nel
1502. Verso la metà del Cinquecento ci fu un gruppo di autori che esplicarono
una intensa attività per gli stampatori veneziani in qualità di curatori e correttori
di bozze di edizioni in volgare. Per il quindicesimo secolo si veda M. M iglio,
Giovanni Andrea Bussi, in Dizionario biografico degli italiani, 15, Roma 1972, 565-72,
con relativa bibliografìa; C. F. B ühler, The University and thè Press in Fifteenth-cen-
tury Bologna, Bologna 1959; per il sedicesimo secolo C. D ionisotti, Pietro Bembo,
in Dizionario biografico degli italiani, 8, Roma 1966,133-51; B ongi, Annali di Gabriel
Giolito, passim; e infra, n. 43. Si deve notare che uno dei punti sui quali autori e cu
ratori del Cinquecento potevano essere in disaccordo era l’ortografia. La gradua
le uniformità imposta all’ortografìa rinascimentale secondo norme fonetiche,
piuttosto che etimologiche, patrocinata dal Bembo e associata al predominio di
scrittori e forme linguistiche toscane, era contrastata da alcuni scrittori del nord e
del sud d’Italia, in nome di una più antica e universale autorità: il latino. La com
plessità delle forze operanti nella situazione linguistica dell’Italia rinascimentale
poteva produrre relazioni tra autore e curatore del tutto opposte a quelle che ho
delineato sopra: cosi, nell’edizione del 1611 di Delle commedie degl’Accademici Intro
nati, stampata a Siena da Matteo Fiorimi, nel testo di una delle commedie, della
quale questa edizione è la princeps, « thè Editor has selectively modifìed (not sim-
ply regularized) spelling, pronouns, particles, and verb inflections, as well as
whole words, to conform with thè norms which Scipione Bargagli had promul-
gated as being pure sánese » (N. N ewbigin , T wo autographs of Belisario Bulgarini’s
‘Gli scambi’ in thè Marciana Library, Venice, « Bibliothèque d’Humanisme et Re
naissance », xl [1978], 49-59).
I • SGUARDO DA UN ALTRO PIANETA 27
mi passi ai primi del sedicesimo, ha il suo luogo di maggior con
centrazione a nord di quella linea, a Venezia, la sola unità politica
italiana che durante il Cinquecento conservi il ruolo di potenza
europea. M olti autori che vivevano a sud della linea La Spezia-Ri-
mini mandavano le loro opere al nord, a Venezia, per la stampa,
sperando di conseguire la massima diffusione nel passaggio attra
verso questo canale internazionale. Cosicché autore, curatore e
stampatore potevano avere tre diverse origini geografiche ed
esprimere tre atteggiamenti linguistici diversi. In realtà, vi è un al
tro fattore di confusione linguistica all’interno del mondo della
stampa di questa epoca. Io parlavo in precedenza della mobilità
internazionale dei tipografi nell’Europa continentale del XVI se
colo. In Italia vi è anche un’emigrazione interna, cioè la rotazione
degli stampatori tra i vari stati italiani. Ad esempio, Aldo M anu
zio, il famoso stampatore veneziano, proveniva dai dintorni di
Roma, mentre Antonio Biado, uno dei più importanti stampatori
romani della prima metà del sedicesimo secolo, era di Asolo, non
lontano da Venezia. Gabriele Giolito, che diresse la più importan
te stamperia della metà del secolo a Venezia, era piemontese,
mentre in Piemonte, un’area di importanza limitata nella storia
della stampa, tre degli stampatori attivi nella seconda metà del se
dicesimo secolo provenivano da Venezia o dal Veneto, cinque da
Milano o dal Milanese, due da Firenze.41
Sarebbe interessante, e potrebbe essere realizzabile, produrre
edizioni rispettose dell’antica grafìa, sul modello inglese, nel caso
43. Le attività dei curatori di testi cinquecenteschi sono state studiate princi
palmente in funzione del loro modo di procedere rispetto ai testi italiani dei se
coli anteriori, particolarmente quelli del Boccaccio; i due curatori sui quali l’at
tenzione si è concentrata sono Girolamo Ciancio (si veda G. B occaccio , Come
dia delle ninfefiorentine (Ameto), edizione critica per cura di A. E. Q uaglio, Firenze
1963) e Tizzone Gaetano (per il quale si veda G. G hinassi, Correzioni editoriali di
un grammatico cinquecentesco, «Studi di filologia italiana», xix [1961], 33-93); sia il
Claricio sia il Gaetano erano attivi nell’industria della stampa veneziana nella se
conda e terza decade del secolo. Analogamente I. B aldelli, Correzioni cinquecente
sche ai versi di Lorenzo Spirito, « Studi di filologia italiana », ix (1951), 39-122, ristam
pato nel suo Medioevo volgare da Montecassino all’Umbria, Bari 1971, 419-517, studia
un aggiornamento linguistico anonimo, in vista di una progettata edizione, di un
testo poetico umbro del quindicesimo secolo. Per i nostri scopi, tuttavia, il contri
buto più importante e significativo è un altro studio di G. G hinassi, L’ultimo revi
sore del ‘Cortegiano’, « Studi di filologia italiana », xxi (1963), 217-64, che descrive i
cambiamenti linguistici introdotti da Giovan Francesco Valerio, un sostenitore
delle teorie del Bembo, nel testo del Libro del Cortegiano, prima della sua pubblica
zione a Venezia nel 1528. Senza questa ampia revisione, probabilmente sollecitata
sebbene non sorvegliata dall’autore, che era in Spagna, il testo del capolavoro del
Castiglione avrebbe presentato un aspetto linguistico molto più dialettale, simile
alla lingua delle sue lettere e manoscritti autografi. La necessità di un’ulteriore ri
cerca sull’influenza linguistica di curatori e stampatori fu chiaramente avvertita
da B. M igliorini, Storia della lingua italiana, 376-8; l’influenza della stampa sulla
storia della lingua nel Cinquecento è un tema costante del suo capitolo su quel se
colo, ibid., 307-428. Purtroppo, il suo invito ad un’ulteriore esplorazione di questi
fattori non è mai stato sistematicamente raccolto.
30 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
* Inedito.
32 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
xvi secolo», in (die. 1983), 12-1$; L. Sereni, Arte tipografica del sea
XVI in Italia: bibliografia italiana (1800-1983), Roma 1984.
Sui dotti curatori (si vedano le nn. 40 e 43) molto materiale
nuovo riguardo al Quattrocento è stato messo in luce nei due vo
lum i Scrittura biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento: aspetti e
problemi. Atti del seminario 1-2giugno 1979, Città del Vaticano 1980, e
Scrittura biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Atti del2° Semi
nario 6-8 maggio 1982, Città del Vaticano 1983. Per il Cinquecento
importanti sono i due scritti di A. Quondam, «Mercanzia d’onore»/
«Mercanzia d’utile»:produzione libraria e lavoro intellettuale a Venezia
nel Cinquecento, in Libri, editori e pubblico nell’Europa moderna: guida
storica e critica, a cura di A. Petrucci, Bari 1977,51-104, e Nel giardino
del Marcolini: un editore veneziano tra Aretino e Doni, « Giornale stori
co della letteratura italiana», c l v i i (1980), 75-116.
In fine, come indicazione della maggiore attenzione prestata al
fattore bibliografico dalla odierna critica letteraria italiana, si può
citare il lungo capitolo dello stesso Quondam, La letteratura in tipo
grafia, in Letteratura italiana. Voi. IL Produzione e consumo, Torino
1983,555-686, che, fra l’altro, sperimenta, con passo sicuro e buoni
risultati, alcune delle vie di ricerca proposte nel presente contri
buto e nella mia Introduzione alla bibliografia testuale (infra, 33-63).
Intanto, il procedimento di raffinamento e, nello stesso tempo,
di allargamento degli orizzonti entro la bibliografìa testuale an
glo-americana continua a dare frutti notevoli: si vedano, ad esem
pio, lo studio di P. W . M. Blaney, The Texts o f «KingLear» and their
Origins. Voi. I. Nicholas Oakes and thè First Quarto, Cambridge 1982
(accolto universalmente come un libro che, nelle parole della re
censione apparsa in «T he Library», ser. 6, vi (1984), 89-93, «porta
l’analisi bibliografica a nuove altezze »), e il contributo stimolante
e affascinante di D. F. McKenzie, The Sociologi o f a Text: Orality, Li-
teracy and Print in Early New Zealand, «T he Library», ser. 6, vi
(1984), 333-65, che, partendo dalla «nuova bibliografìa» anglo-
americana, esamina da un punto di vista antropologico-sociologi-
co-bibliografìco un documento politico importante e ambiguo, il
Trattato di W aitangi (1840), base legale del potere inglese nella
Nuova Zelanda.
II
IN TRO D U Z IO N E
ALLA BIBLIO G RA FIA TE STU A LE*
sti volgari, Padova 1975 (Medioevo e Umanesimo, 22), proprio all’inizio del capi
tolo 11, intitolato « Che cos’è la critica del testo », si leggono le seguenti parole: « Il
testo di uno scrittore contemporaneo, diffuso mediante la stampa, è oggi pratica-
mente sicuro; e se troppi errori s’insinuano in un’edizione da strapazzo, è possi
bile di solito all’autore aggiungere un errrata-corrige, o al lettore ricorrere ad
un’altra edizione, insomma eliminare le corruttele introdottesi nel testo. Le cose
stavano diversamente quando la diffusione di un testo era affidata a copisti...»
(n). [Queste parole sono state eliminate nella seconda edizione riveduta e am
pliata del manuale, Padova 1984.]
5. Del McKerrow, professore all’Università di Oxford, sono importanti, oltre
alle opere citate alla n. 2, i Prolegomenafor thè Oxford Shakespeare: a Study in Editorial
Method, Oxford 1939. Il Greg, che era Fellow del Trinity College di Cambridge,
3Ó S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
12. Il materiale archivistico italiano è stato in parte esplorato per la storia eco
nomica, sociale e culturale del libro, aspetti della storia totale del libro italiano
che sono stati portati molto avanti da illustri studiosi del nostro secolo e di quello
precedente. Come esempio dell’utilizzazione, per la storia della tecnica tipogra
fica, del tipo di materiale offerto dalle parole inserite dai tipografi nei loro libri,
mi sia permesso di rimandare ad una mia nota, Correzioni ed errori avvenuti durante
la tiratura secondo uno stampatore del Cinquecento: contributo alla storia della tecnica tipo
grafica in Italia, « Lettere italiane », xxvii (1975), 184-92 [infra, 155-68]. Molti docu
menti francesi di questo genere sono riprodotti in appendice all’interessantissi
mo libro di N. C atach , L’orthographefrançaise à l’époque de la Renaissance (Auteurs -
Imprimeurs - Ateliers d’imprimerie), Genève 1968. Lo scarso interesse manifestato
dalla cultura italiana per gli aspetti tecnici del processo tipografico è di vecchia
data: in un elenco di 66 manuali per tipografi composti nei vari paesi d’Europa
prima del 1850, compilato da P. G askell, G. B arber e G. W arrilow , An Annota-
ted List ofPrinters’ Manuals to 1850, «Journal o f thè Printing Historical Society », iv
(1968), 11-32, non figura nessun’opera in lingua italiana.
13. È appunto da un tale dialogo che è nata la bibliografìa testuale anglo-ame
ricana: testimone n’è il fatto che i piu grandi nomi della bibliografìa testuale di
lingua inglese sono tutti filologi di professione. La mancanza di un dialogo simile
nella cultura francese è stata notata da Wallace Kirsop, autore di un recente ma-
nualetto di bibliografìa testuale ad usum Francorum, Bibliographie matérielle et critique
textuelle: vers une collaboration, Paris 1970. Anche i paesi di lingua tedesca stanno
scoprendo la bibliografìa testuale; cfr. M. B oghardt, Analytische Druckforschung:
40 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
ein Methodischer Beitrag zu Buchkunde und Textkritik, Hamburg 1977. In Italia, alcuni
dei procedimenti e dei postulati più importanti della bibliografìa testuale furono
genialmente anticipati circa cinquantanni fa da Santorre Debenedetti, nelle sue
ricerche sull’ Orlandofurioso (v. L. A riosto, Orlandofurioso, a cura di S. D ebene-
detti, ni, Bari 1928,397-426), e soprattutto da Michele Barbi e da Fausto Ghisal-
berti, nella costituzione del testo critico dei Promessi sposi (v. M. B arbi, Il testo dei
« Promessi sposi » (1934), ora in La nuovafilologia e l’edizione dei nostri scrittori da Dante
al Manzoni, Firenze 19732, 195-227; F. G hisalberti, Per l’edizione critica dei “Promessi
Sposi”, « Annali Manzoniani », 1 (1939), 241-82; A. M anzoni, Tutte le opere, a cura di
A. C hiari e F. G hisalberti, IL Tomo I.IPromessi sposi: testo critico della edizione defi
nitiva del 1840, Milano 1954, 789-812). Ma, per vari motivi, questi bellissimi lavori
non provocarono nessuna discussione generale sulle loro implicazioni per la cri
tica del testo.
14. V. Z onca, Novo teatro di Machine et Edificii, Padova 1607,64-7. Il cane è forse
un topos figurativo. Lo Zonca mette in risalto, fra l’altro, la mobilità del torchio
II * INTRODUZIONE ALLA BI BLIOGRAFI A TESTUALE 41
a mano, che può essere smantellato e portato da un luogo all’altro, come accadeva
infatti presso i tipografi ambulanti del Cinquecento.
15. T. G arzoni, La piazza universale di tutte le professioni del mondo, Venezia
15872, 835. La stessa terminologia, « puller » e « beater », era corrente nella tipogra
fìa inglese del Seicento; v. J. M oxon, Mechanick Exercises on thè WholeArt ofPrinting
(1683-4), edited by H. D avis and H. C arter, London 19622, 292.
16. L’uso dei mazzi durò fino alla prima metà dell’Ottocento, quando fu rim
piazzato, anche per la stampa manuale, da quello di cilindri ricoperti di una mate
ria elastica.
17. Per lo scambio dell’ufficio di tiratore e di quello di battitore fra i due ope
rai, v. M oxon, Mechanick Exercises..., 292. F irpo, Vita di Giuseppe Pomba..., 80, fa
notare che, a causa della polvere di piombo, il lavoro tipografico era non solo du
ro, ma anche malsano.
T a v . I. La sala tipografica dell’Officina Plantiniana (ora Museo Plantin-Moretus) di Anversa. I torchi lungo le finestre sono di tipo
centesco; a sinistra, le casse con i caratteri tipografici. Vedi p. 40.
H . NV o v o t e a t r o
. torchio
PER STAMPAR. I UfeKI-«*v~
T av. III. Incisione di Peter Scriverius (1628) su disegno di Pieter Saenredam. Il tiratore sta eseguendo l’impressio
ne di una forma, mentre il battitore prepara i mazzi dell’inchiostro; a destra, la figura venerabile di un composito
re. Vedi p. 41.
T a v . IV. Una tipografìa del Settecento (dall’ Enciclopédie francese del 1769). Nel torchio a sinistra, il tiratore fissa sul timpano un foglio bianco,
mentre il battitore batte la forma con i mazzi dell’inchiostro; a destra, gli operai sono colti nello stesso momento del processo tipografico
rappresentato nella T av . III. Vedi p. 41.
42 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
gli.18 Per stampare un foglio occorrono due forme, una per ogni
facciata, e cosi il numero delle impressioni necessarie per rag
giungere questa cifra era esattamente il doppio, 2.500 al giorno. In
una giornata di dodici ore ininterrotte di lavoro, questa cifra signi
fica più di 200 impressioni all’ora, cioè circa quattro impressioni
ogni minuto, ossia un’impressione ogni quindici secondi. Natu
ralmente, per la stampa di libri con elementi tipograficamente
complessi, come xilografìe, o inchiostro a due colori, che richie
devano una cura speciale, il ritmo di produzione doveva essere
meno rapido. M a per il lavoro medio di un torchio in condizioni
normali, come quelle che si verificano nella stampa di un’opera
letteraria di formato normale (folio, quarto, ottavo, dodicesimo)
senza illustrazioni, tutte le indicazioni di cui disponiamo concor
dano con le cifre contenute nelle Ordinanze plantiniane.19 Senza
dubbio quello dei tipografi era un lavoro duro, di ritmo serrato,
che durava di solito dalle cinque o sei di mattina alle sei o sette di
sera, se non piu tardi. A Lione, nel Cinquecento, secondo la testi
monianza degli stessi operai, la giornata di lavoro durava, incredi
bilmente, venti ore, dalle due di mattina alle dieci di sera.20
Mentre i torcolieri andavano avanti con il loro lavoro rumoro
so, che richiedeva uno sforzo fìsico notevole, accanto a loro, silen-
18. L. V oet, The Golden Compasses: a History and Evaluation of the Printing and
Publishing Activities of the Officina Plantiniana at Antwerp in Two Volumes. Volume 2.
The Management of a Printing and Publishing House in Renaissance and Baroque, Am
sterdam 1972, 169, 325-6.
19. Secondo M oxon, Mechanick Exercises..., 344, la norma per un torchio con
due operai era 250 impressioni l’ora; per una discussione sommaria ma ben docu
mentata dell’argomento, v. G askell, A New Introduction..., 139-41. La cifra è vali
da per il Cinquecento e il Seicento, ma all’ inizio del periodo della stampa manua
le, sembra che il ritmo di produzione fosse stato meno rapido (forse perché la
grandezza media delle edizioni prodotte nei primi cinquant’anni della stampa
era meno di mille esemplari), mentre alla fine, almeno in Italia, ci si lagnava che
un torchio producesse non più di 700 fogli in dieci ore di lavoro (Firpo, Vita di
Giuseppe Pomba..., 27), e il Pozzoli, nella terza edizione del suo Manuale (Milano
1882,331), parlando del torchio Stanhope, « il più forte di questi torchi [di ferro] e
di lodevole precisione », aggiunge: « Due operai coll’uso di questi torchi, possono
dare tutt’al più 1000 fogli per giorno stampati d’ambo le parti».
20 N. Z. D avis , A Trade Union in Sixteenth-Century France, « Economie History
Review », ser. 2, xix (1966), 53.
II • INTRODUZIONE ALLA BI BLIOGRAFI A TESTUALE 43
21. La serie di caratteri tipografici usata nella stampa dell’ edizione infolio delle
opere di Shakespeare, pubblicata a Londra nel 1623, bastava per soltanto otto pa-
44 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
gine del testo, cioè quattro forme; v. C. H inman, The Printing and Proof-Reading of
the First Folio of Shakespeare, 2 voli., Oxford 1963,1, 73-4; G askell, A New Introduc
tion ..., 53,116. Per una descrizione dettagliata del lavoro compositoriale, v. G as
kell, A New In tr o d u c tio n 43-9 (composizione); 53 (distribuzione); 78-109 (im
posizione); 110-6 (correzione).
II • INTRODUZIONE ALLA BI BLIOGRAFI A TESTUALE 45
30. Nel nostro periodo, le bozze erano sempre quelle di un’intera forma: le
bozze in colonna sono un’invenzione del Settecento, e all’inizio erano limitate
alla stampa dei periodici; soltanto verso la seconda metà dell’Ottocento esse si
estesero alla stampa dei libri; v. G askell , A New Introduction..., 194. Non è raro il
caso di bozze del Quattrocento e del Cinquecento sopravvissute come fogli di
guardia o parte della legatura di libri più recenti; v. P. S impson , Proof-Reading in
thè Sixteenth Seventeenth andEighteenth Centuries, London 1935j W • H ellinga , Copy
and Print in thè Netherlands, Amsterdam 1962.
31. Ecco la spiegazione che di questo tipo di variante interna venne data dai ti
pografi veneziani Giovanni Battista e Melchiorre Sessa il giovane, in un’edizione
del 1559: « ... alcuni [errori] ancora ne sono accaduti nel lavorarsi, che i mazzi
dell’inchiostro tiran fuori alle volte delle lettere. Percioché tosto che i lavoranti
se ne avveggono, le rassettano ai luoghi loro. Benché molte volte per la fretta le
mettono o riverse, o in luoghi ne’ quali non hanno a stare » (v. il mio Correzioni ed
errori avvenuti durante la tiratura ..., 189; infra, 161).
50 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
32. V oet , The Golden Compasses..., 11,379-86. Altrove, il Voet osserva: « It will
be seen that paper accounted for an average o f 60-65 Per cent o f the cost o f produ
cing a book, this percentage rising to 75 per cent for some large printings » (11,19).
33. Per l’Italia cinquecentesca, v. il mio Correzioni ed errori avvenuti durante la ti
ratura ..., 189-90 [infra, 161-3]. Il fenomeno delle correzioni fatte durante la tiratu
ra non spari con l’introduzione della stampa meccanica: nella terza edizione del
suo Manuale (1882) Giulio Pozzoli scrisse: « Bando poi al pessimo uso (pur troppo
comune in molte tipografìe) di porre alla stampa prima che la forma sia stata per
fettamente corretta. Con questo falso sistema, il compositore logora la sua salute
ad un lavoro incomodo e fuori di regola, qual è quello di correggere al torchio o
alla macchina ... Egli si trova talvolta costretto a fare correzioni strambe per la
fretta, intanto che sul capo al torcoliere o al macchinista (a giornata o a fattura che
siano) scorrono le ore infruttuose. Ed è per cagione anche di tale falso sistema da
parte di molti editori e tipografi, che risultano in tante edizioni sconcezze non
punto compatibili» (in).
II • INTRODUZIONE ALLA BI BLIOGRAFI A TESTUALE 51
34. Per quest’esemplare del Furioso, mi sia permesso di rimandare alla mia no
ta, L’esemplaregià « Charlemont » dell’« Orlando Furioso » del 1532, « Lettere italiane »,
xiv (1962), 441-50. Pare che quando, nel magazzino, si provvedeva a riunire i fogli
asciugati in esemplari slegati, non si facesse nessun tentativo di separare fogli
stampati prima di un eventuale intervento correttorio avvenuto durante la tiratu
ra da quelli stampati dopo; probabilmente un tale tentativo era giudicato irrealiz
zabile. Per esemplari su pergamena la situazione era diversa. Nella stampa di
ogni singola forma, per non interrompere il lavoro dei torcolieri, bisognava stam
pare gli esemplari pergamenacei tutti insieme, o prima o dopo la stampa di tutti
gli esemplari cartacei. E evidente che almeno per le due forme che costituivano il
foglio interno del quaderno A (il Furioso del 1532 è un in quarto organizzato in qua
derni, con due fogli di stampa in ogni quaderno) gli esemplari pergamenacei fu
rono stampati prima, e cosi sono portatori del testo scorretto: evidentemente il
desiderio di avere per quegli esemplari una stampa chiara e nitida, come si ottie
ne quando la forma è fresca e pulita, pesava più di considerazioni di correttezza
testuale. Anche gli esemplari su pergamena della Hypnerotomachia Poliphili del
1499 furono stampati prima di quelli cartacei, come ha osservato G. M arder -
steig , Osservazioni tipografiche sul « Polifilo » nelle edizioni del 1499 e 1345, in Contribu
ti alla storia del libro italiano: miscellanea in onore di Lamberto Donati, Firenze 1969 (Bi
blioteca di bibliografia italiana, 57), 241-2.
52 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
parlato della loro presenza nel Furioso del 1532 come di « uno dei
casi più strani che siano offerti dalla tradizione tipografica ».35 M a
non è cosi; nella stampa del Furioso, come è stata ricostruita dalle
ricerche del Debenedetti, la sola anormalità è fornita dalla ecce
zionale qualità letteraria del testo. Varianti interne sono state os
servate in edizioni stampate in molte tipografìe italiane del Cin
quecento, a cominciare da quella aldina.36
Ovviamente, il solo modo di verificare la presenza, o l’assenza,
di varianti interne in un’edizione del nostro periodo è di collazio
narne interamente diversi esemplari. Quanti? La risposta a questa
domanda è tutt’altro che rassicurante. È stato calcolato che per
un’edizione di mille esemplari bisogna collazionarne almeno
trenta senza trovarvi neanche una variante interna, per ridurre a
una misura statisticamente irrilevante la possibilità della loro pre
senza.37 Naturalmente, se si rivela la presenza di varianti interne,
la collazione dev’essere estesa a tutti gli esemplari superstiti, nella
speranza di ricuperare altre varianti. Ora, una collazione ripetuta
cosi è un lavoro lungo, e in certi casi può essere ragionevole non
procedere ad una collazione completa di questo tipo. M a chi
prende questa decisione deve rendersi conto di non aver esplora
to tutte le vie a lui aperte per la costituzione del testo. In ogni caso,
le cifre dello Shaw, e soprattutto le tavole statistiche che accom
pagnano il suo articolo, sono preziose come guida alla ricerca, e
come misura della natura del problema e della portata dei risultati
raggiunti.
Una trentina d’anni fa, per far fronte al lavoro ingente di colla-
38. Per molte edizioni del Cinquecento, il problema della collazione interna è
reso meno grave dallo scarso numero di esemplari superstiti.
54 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
chi a stampa di tutti i libri stampati nel Regno Unito, e di tutti i li
bri in lingua inglese stampati all’estero, con l’ubicazione, per ogni
libro, se possibile, di dieci esemplari superstiti di pubblica consul
tazione.39 Per lo studioso di letteratura italiana la situazione è ben
diversa. Come è stato recentemente osservato, ciò che caratteriz
za il panorama della produzione di materiali bibliografici italiani
sono piuttosto « omissioni, assenze, latitanze ed altro », un inven
tario, cioè, di « quello che non è stato ancora fatto più che di quello
che invece è stato sinora fatto».40 Non ci sono elenchi dei libri
stampati nei maggiori centri dell’industria tipografica italiana; ec
cezion fatta per gli incunaboli, non ci sono nemmeno cataloghi a
stampa dei libri conservati nelle maggiori biblioteche italiane; an
zi, poche di quelle biblioteche possiedono, anche in forma mano
scritta, un catalogo adeguato (cioè unico e attendibile) dei loro li
bri a stampa. Chi voglia identificare e consultare gli esemplari su
perstiti di edizioni cinquecentesche dovrà, quindi, affrontare non
solo il lavoro, a volte arduo, di trovare da sé il materiale di cui ab
bisogna, ma spesso anche quello di classificarlo, una volta trovato
lo. Per fare ciò, occorre qualche nozione di bibliografìa analitica.
Come minimo indispensabile, lo studioso deve sapere come regi
strare gli estremi di un’edizione del periodo della produzione
manuale, secondo il sistema ormai universalmente invalso per la
descrizione degli incunaboli, ed esteso a edizioni più tarde dai
fondatori della bibliografìa testuale.41 Fra questi estremi, quello
più importante per il curatore di testi critici è la formula collazio-
briel Giolito de’ Ferrari da Trino di Monferrato stampatore in Venezia descritti ed illustrati
da S. B ongi, 1, Roma 1890, v-vi; v. anche il mio contributo The Viewfrom Another
P l a n e t 90. [Supra, 27].
47. B. M igliorini , Storia della lingua italiana, Firenze 19613, 376-8.
$8 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
48. A geno , L’edizione critica ..., 18, n. 7 [v. anche la seconda ediz. riveduta e
ampliata, Padova 1984, 20, n. 8].
49. Parlo della situazione tipica: il caso di un’opera •simultaneamente ideata e
composta tipograficamente dalla stessa persona sarà raro, ma non da escludere,
essendo il compositore-autore un fenomeno non sconosciuto alla storia della let
teratura; si pensi a Benjamin Franklin, a Mark Twain e a William Morris.
50. B o w ers , Principles 113.
II • INTRODUZIONE ALLA BI BLIOGRAFI A TESTUALE 59
B C
52. Dopo la stesura di questo articolo, sono apparsi due nuovi contributi rela
tivi al materiale qui trattato. Nel primo, Printers by theRules, « The Library », ser. 6,
11 (1980), 129-55, 1° studioso belga J.-F. Gilmont, prendendo in considerazione
non solo le Ordinanze plantiniane, ma anche provvedimenti ufficiali francesi,
svizzeri e tedeschi della seconda metà del Cinquecento, ha concluso che in quel
periodo il sistema di due o più compositori che lavoravano insieme per un solo
II • INTRODUZIONE ALLA BI BLIOGRAFI A TESTUALE 63
torchio era quello comunemente adottato; l’altro sistema, in cui il lavoro era di
stribuito fra i singoli compositori giorno per giorno, fu, a suo avviso, una geniale
invenzione del Plantin, non testimoniata altrove nel Cinquecento. Il secondo
contributo, The Concept of «Ideal Copy », « Studies in Bibliography », xxxm (1980),
18-53, dello studioso americano G. T. Tanselle, approfondisce il concetto di
« esemplare ideale » in funzione della bibliografia descrittiva. È da notare che
l’uso di questo concetto da parte del bibliografo nella descrizione di un’edizione
differisce da quello proposto nel mio articolo per il filologo, in quanto per il bi
bliografo 1’ « esemplare ideale » non può mai essere una pura astrazione, ma è,
nelle parole del Tanselle, « un concetto storico applicabile agli esemplari effetti
vamente usciti da un’officina tipografica ». [V. ora il mio contributo II concetto di
« esemplare ideale», infra, 89-103].
Ill
* Inedito.
i. Bisogna tener a mente che nei primi vent’anni della stampa il procedimen
to tipografico era diverso da quello descritto nei manuali tipografici. Dal 1455 al
1475 circa il materiale tipografico mandato sotto la vite per ricevere l’impressione
era della stessa grandezza del piano, non due volte piu grande, come per il resto
del periodo della stampa manuale; composizione e stampa procedevano pagina
per pagina o, nel caso di libri in quarto, in gruppi di due pagine. Manca tuttora
uno studio complessivo del fenomeno, per cui si rimanda a A. S chmidt , Untersu
chungen über die Buchdruckertechnik des 15. Jahrhunderts, « Centralblatt für Biblio
thekswesen », xiv (1897), 14-27; 57-65; 153-75; L. H ellinga , Notes on the Order of
Setting a Fifteenth-Century Book, « Quaerendo », iv (1974), 64-69; M. P ollar , The
Daily Performance of a Printing Press in 1476: Evidencefrom a Hebrew Incunable, « Gu
tenberg Jahrbuch », 1974, 66-76; S. C orsten , Das Setzen beim Druck in Formen,
« Gutenberg Jahrbuch », 1984,128-32; e due studi di P. N eedham , Fragments of an
Unrecorded Edition of the First Alost Press, « Quaerendo », xn (1982), 6-21, e Division of
Copy in the Gutenberg Bible, « Papers o f the Bibliographical Society o f America »,
lxxix (1985), 411-26. Anche nel torchio a mano fatto di metallo, introdotto all’ini-
66 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
zio dell’Ottocento, piano e forma erano della stessa grandezza: vedi infra, 216-8.
Colgo l’occasione per esprimere la mia viva gratitudine all’amico Paul Need-
ham, che ha gentilmente voluto leggere il presente contributo; le sue preziose
osservazioni mi sono state di grande aiuto. Naturalmente, la responsabilità per
quanto qui espresso rimane unicamente di chi scrive.
2. Per 1’ « esemplare ideale » vedi II concetto di «esemplare ideale», infra, 89-103.
3. Mentre il foglio è parte integrale del libro e, piegato nel modo richiesto dal
formato, viene a formare un certo numero di carte, che dalla metà del Cinquecen
to in poi sono solitamente numerate in pagine, laforma è propriamente un oggetto
fisico di vita transitoria fatto, e disfatto, in tipografìa. Ma per comodità la parola
forma viene adoperata per designare anche quelle pagine del foglio che hanno in
comune la loro origine come pagine della stessa forma, e che diffìcilmente posso
no essere designate con altro termine, perché non consecutive (ad esempio, in un
libro in ottavo le due forme usate per stampare le due facciate del foglio, secondo
l’imposizione normale, stampano rispettivamente le pagine 1,4,5, 8,9,12,13,16 e
2,3,6, 7, io, 11,14,15 del foglio in questione). Un’altra spinta ad usare la parolafor
ma per designare una parte del libro viene dal fatto che è di solito soltanto attra
verso lo studio degli esemplari superstiti del libro in questione che si viene a rico-
I l i • EDIZIONE, IMPRESSIONE, EMISSIONE, STATO 67
struire induttivamente la consistenza delle varie forme usate per la sua stam
pa.
4. La descrizione classica dei concetti di edizione, impressione, emissione, stato, è
quella di F. B o w ers , Principles of BibliographicalDescription, New York 1962,37-113;
379-426, con larga esemplificazione. La divisione bipartita della presentazione
del Bowers riflette la differenza nella problematica della descrizione bibliografi
ca per i libri prodotti prima e per quelli prodotti dopo la meccanizzazione della
stampa, differenza che rimarrà per forza smussata nelle poche pagine che seguo
no. Per i concetti di emissione e di stato la discussione del Bowers è stata portata
avanti da G. T. T anselle , The Bibliographical Concepts of « Issue » and « State », « Pa-
pers of thè Bibliographical Society o f America », lxix (1975), 17-66. Le mie pagi
ne devono molto a questi due contributi fondamentali. L’unica discussione ita
liana di questi concetti, per quanto ne so, è quella di L. B aldacch in i , Il libro antico,
Roma 1982,76-79, da cui dissento per alcuni aspetti delle definizioni di emissione
e di stato (questa parola manca, per dire la verità, nell’esposizione del Baldacchi
ni, essendo rimpiazzata da quella di variante). Le implicazioni della disposizione
gerarchica dei quattro termini sono elaborate con chiarezza dal T anselle , The
Bibliographical Concepts... cit., 28, n. 14 (la traduzione è mia): « Nella gerarchia edi
zione-impressione-emissione-stato si può dire che ogni categoria include quella sotto
stante: il totale degli esemplari dei vari stati di un’emissione dev’essere uguale al
totale degli esemplari di quell’emissione, e il totale degli esemplari del-
68 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
11. Per alcune eccezioni inglesi, provenienti per la maggior parte dal Sette
cento, vedi P. G askell, A New Introduction to Bibliography, Oxford 1972,116-17. Un
caso estremamente interessante, benché isolato, del reimpiego dei tipi nel Quat
trocento per la produzione di nuove impressioni è stato illustrato recentemente
da Paul Needham in un contributo brillante, Johann Gutenberg and thè Catholicon
Press, « Papers o f thè Bibliographical Society o f America », lxxvi (1982), 395-456;
analizzando alcune singolarità dell’edizione del Catholicon stampata a Magonza
nel 1460, il Needham ha potuto dimostrare che il libro, insieme a una Summa de
articulisj,idei di Tommaso d’Aquino e un Dialogus rationis et conscientiae di Matteo di
Cracovia, fu stampato, quasi certamente, dal Gutenberg, non con caratteri mobi
li, ma con gruppi di caratteri fusi insieme per formare blocchi della grandezza di
due righe, i quali vennero messi da parte e poi riutilizzati da altri dopo la morte
del Gutenberg per stampare una nuova impressione (nel caso del Catholicon, due
nuove impressioni) di queste opere.
72 S AGGI DI BI BLI OGRAFI A TESTUALE
14. I problemi, a volte raccapriccianti, creati per il curatore di un’ edizione cri
tica stampata con le tecniche moderne della fotocomposizione e della fotolito
grafìa, che hanno reso molto fluido il concetto di bozze di stampa, sono esposti in
una nota di S. W . Reid, Definitive Editions and Photocomposition, « Papers o f thè Bi-
bliographical Society of America», lxxii (1978), 321-26.
15. Vedi S hillingsburg , The Printing ... cit., 123-25.
74 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
ne, tutti gli atti produttivi concreti ivi ricordati hanno dato vita a
diverse impressioni dell’edizione, e soltanto esse hanno una sto
ria vera e propria. La situazione è soltanto apparentemente diver
sa per le edizioni con un’unica impressione: anche per loro la sto
ria dell’edizione è teoricamente la storia delle sue impressioni,
ma nell’assenza di impressioni posteriori alla prima, la distinzione
fra edizione e impressione diviene oziosa, e viene giustamente
abbandonata.16
Prima di passare oltre è opportuno dare notizia della recente
proposta dello studioso americano James L. W . W est III di inseri
re nella nostra gerarchia fra edizione e impressione un nuovo ter
mine, lastrazione («plating»), da definire come tutti gli esemplari di
un’edizione stampati dalla stessa serie di lastre stereotipiche o sensibilizza
te.17 L’utilità del nuovo termine deriva dal fatto che per alcune
edizioni esistono più serie di lastre; questo fenomeno si nota ad
esempio per libri in lingua inglese fatti pubblicare simultanea
mente, o quasi, in Inghilterra e negli Stati Uniti. Mandare oltre
oceano una serie completa di lastre è spesso sembrato, per una
pubblicazione di alta tiratura, una procedura meno costosa delle
due alternative, quella di mandare nell’altro paese numerosi
esemplari già stampati, oppure quella di fare una nuova edizione
inglese o americana vera e propria, con una nuova composizione.
Il termine, a mio avviso, merita di essere accettato, ma dubito che
abbia una grande pertinenza per la situazione italiana.
21. Per la Geografia del Berlinghieri vedi P. V eneziani, Vicende tipografiche defla
« Geografia » di Francesco Berlinghieri, « La Bibliofilia », lxxxiv (1982), 195-208, da cui
riprendo anche la citazione dell’istanza di Filippo e Jacopo Giunta.
22. Vedi F. P etrucci N ardelli, Torchi,famiglie, libri nella Roma del Seicento, « La
Bibliofilia », lxxxvi (1984), 159-72, soprattutto 164-67. Un accenno a quest’abitu
dine si trova anche in F. B arberi, Ilfrontespizio nel libro italiano del Quattrocento e del
Cinquecento, Milano 1969, 82-83.
23. Vedi E.B. W eaver , The Spurious Text of Francesco Berni’s «Rifacimento» of
Matteo Maria Boiardo’s « Orlando Innamorato », « Modern Philology », lxxv (1977-
78), m-31.
I l i • EDIZIONE, IMPRESSIONE, EMISSIONE, STATO 77
24. Naturalmente gli esemplari della stessa emissione possono differire fra lo
ro per la presenza di varianti interne. Può esser difficile distinguere fra varianti
occorse durante la tiratura e quelle che rivelano invece la presenza di una nuova
composizione tipografica e cosi di una nuova edizione; ciò per l’abitudine che
avevano i tipografi del periodo della stampa manuale di fornire nuove edizioni
che seguono un’ edizione anteriore pagina per pagina e anche talvolta riga per ri
ga. In linea di massima, varianti nell’uso di abbreviazioni e nella divisione delle
parole, e in certi casi anche nell’uso delle maiuscole all’inizio della parola, quan
do non sono accompagnate da cambiamenti testuali o nell’interpunzione, pre
suppongono una composizione tipografica diversa.
25. Esempi della vendita di emissioni settecentesche protratta per più di mez
zo secolo sono registrati nell’ Histoire de l’éditionfrançaise. Tome IL Le livre triomphant
1660-1830, Paris 1984,29. Si dice che ancora all’inizio di questo secolo si potevano
comprare esemplari slegati di alcune pubblicazioni della Typographia Medicea
78 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
provenienti dalla fine del Cinquecento. Saranno stati gli ultimi superstiti dei piu
di 6000 esemplari slegati di sette edizioni cinquecentesche della Typographia
Medicea che ancora nel 1770 si conservavano in una stanza del Palazzo Vecchio
di Firenze, e che agli inizi dell’Ottocento furono venduti a un libraio fiorentino
« a vilissimo prezzo » (vedi G.E. Saltini, Della stamperìa orientale medicea e di Gio-
van Battista Raimondi: memoria compilata sui documenti dell’Archivio centrale di Stato,
« Giornale storico degli archivi toscani », iv (1860), 257-308). Ma si tratta qui del
commercio antiquario, non di quello librario. Un esempio della vendita com
merciale di un’emissione protratta per un secolo e mezzo è quello deli’ Appendix
ad editionem Novi Testamenti graeci di Cari Gottfried W oide, pubblicata a Oxford
nel 1799 e ancora in vendita presso la Oxford University Press nel 1932 (vedij. W .
C arter, Binding Variants in English Publishing 1820-1900, London 1932,40-41; il sig.
J. K. Cordy, della Oxford University Press, m’informa gentilmente che VAppen
dix rimase in vendita fino all’ottobre 1953).
26. È qui che dissento maggiormente dal B aldacchini, Il libro antico cit., 78,
che non sottolinea l’importanza del nuovo frontespizio nella creazione di una
nuova emissione, e include in quella categoria casi di sostituzione e dell’uso di un
supporto diverso che, a mio avviso, indicano al massimo soltanto uno stato diver
so, come risulterà chiaro, spero, dalle pagine seguenti. Una certa difficoltà può
esistere nella determinazione della categoria di emissione nel caso di molti incu
naboli, che mancano di un frontespizio (vedi B arberi, Ilfrontespizio... cit., 55-58);
in tale circostanza, divengono determinanti altre prove delle intenzioni dell’edi
tore, come il colofone o la lettera dedicatoria. Bisogna aggiungere che anche un
catalogo famoso e autorevole come il Catalogne ofBooks Printed in theXVth Century
now in theBritish Museum adopera il concetto di emissione con una certa impreci
sione, qualificando come nuove emissioni casi di sostituzione e altri tipi di varia
zione che, secondo le definizioni qui proposte, rientrano indubbiamente nella
categoria di stato.
I l i • EDIZIONE, IMPRESSIONE, EMISSIONE, STATO 79
27. Sul Furioso del 1532 vedi il mio contributo L. A r i o s t o , « Orlando furioso »,
Ferrara, Francesco Rosso, 1532: profilo di una edizione, infra, 245-70.
8o S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
una ha il frontespizio del 1558 e il colofone del 1560 (altra variante introdotta du
rante la tiratura), e l’altra il frontespizio del 1560 e il colofone del 1558.
31. Su questo punto anche il T anselle, The bibliographical concepts... cit., 51-53,
avanza dei dubbi sulla posizione del Bowers.
82 S A GG I DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
Uno stato può essere definito come una forma tipografica con una
determinata composizione tipografica, e anche, e più normalmente,
come tutti ifogli stampati da una forma tipografica in uno stato determi
nato. Una forma tipografica deve avere per forza almeno uno sta
to. È possibile, anzi probabile, che una forma tipografica, subito
dopo la sua imposizione e prima dell’inizio della stampa, abbia
avuto almeno uno stato che differisce dal primo stato documenta
to dai fogli stampati sopravvissuti; questo stato o quegli stati
avranno contenuto errori compositoriali corretti in tipografìa. M a
nella stragrande maggioranza dei casi, essendo andate perdute le
bozze di stampa, quello stato o quegli stati che avranno preceduto
l’inizio della stampa rimangono fuori della storia, e quindi non ci
interessano. Stati posteriori al primo sono creati soprattutto dal
desiderio del tipografo, dell’editore, del curatore o dell’autore di
eliminare errori rimasti dopo la correzione delle bozze; ma essi
possono nascere da altri motivi, come il desiderio dell’autore di
32. Vedi M. B erengo, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, Tori
no 1980, 291. Per il Berengo si tratta di « edizioni simultanee », ma con la solita
precisione egli spiega che in tutti e tre i casi il materiale è stato stampato a Milano
e mandato a Torino per la vendita; esso deriva, quindi, da un’ unica composizione
tipografica e, secondo le definizioni qui proposte, fa parte di un’unica edizione.
Nel caso analogo, ma non identico, di un’impressione moderna che passa da una
casa editrice ad un’altra e da una città a un’altra dello stesso paese il Bowers am
mette la possibilità della creazione di una nuova emissione, purché essa sia forni
ta di un suo frontespizio. I casi frequenti di pubblicazione simultanea, o quasi,
della stessa edizione negli Stati Uniti e in Inghilterra creano di solito nuove la-
strazioni o nuove impressioni, perché basate sulla stessa composizione tipografi
ca, ma per comodità di riferimento il Bowers suggerisce l’uso per queste lastra-
zioni o impressioni transatlantiche del termine edizione sussidiaria o sub-edizione
(« subsidiary edition » o « sub-edition »), uso che egli estende anche a nuove im
pressioni provenienti da case editrici diverse dello stesso paese (vedi B owers,
Principles... cit., 387-93).
I l i • EDIZIONE, IMPRESSIONE, EMISSIONE, STATO 83
Per identificare gli stati di una forma, non c’è altro metodo che la
collazione multipla, lavoro sempre laborioso, anche con l’uso del
le fotocopie trasparenti. Bisogna tener a mente che una forma ti
pografica può essere corretta più di una volta nel corso della stam
pa, creando cosi più stati successivi. Per tornare ancora una volta
al Furioso del 1532, edizione curata con attenzione minuziosa
dall’autore stesso, fra le 124 forme che compongono il volume
una decina fu corretta almeno due volte. Nei primi centocin-
quant’anni della stampa, non è infrequente anche la correzione a
penna di errori occorsi nella stampa; la tecnica veniva usata con
una certa frequenza da Aldo Manuzio e dai suoi successori.37 Qui,
anche nei casi in cui la correzione si trova in tutti gli esemplari su
perstiti, si tratta di un intervento sul foglio stampato, non sulla
forma tipografica, la quale in molti casi sarà stata già distribuita al
momento dell’intervento; non si tratta dunque della creazione di
un nuovo stato. Comunque, purché lo studioso si sia convinto at
traverso la collazione multipla che la correzione a penna si sia ori
ginata in tipografìa, egli le può dare lo stesso valore di una corre
zione in piombo e quindi in certi casi di un nuovo stato.
Il concetto di stato è applicato anche a cambiamenti che inte
ressano, o possono interessare, un’intera forma, o anche parec
chie forme intere alla volta, senza però creare le condizioni ne
cessarie per la nascita di una nuova emissione o di una nuova im
pressione. Un caso di questo tipo è la sostituzione di una o più pa
gine, o anche di un intero foglio o di più fogli all’interno di un li
bro, decisa durante il corso della stampa, o a stampa ultimata.38 Se
la sostituzione è di un foglio intero, o di più fogli, ed è pienamente
riuscita, essa può non aver lasciato traccia, e quindi rimanere sco
nosciuta alla storia. M a a volte una tale sostituzione, anche se ha
portato all’eliminazione di tutti i fogli non approvati, si lascia in-
37. Vedi C. F. B ùhler, Peti Corrections in thè First Edition of Paolo Manuzio’s « An-
tiquitatum Romanarum liber de legibus », « Italia medioevale e umanistica », v (1962),
165-70, e gli altri suoi contributi citati alla n. 1 di quell’articolo.
38. La sostituzione del frontespizio, da solo o come parte di un’unità più gran
de (foglietti congiunti, mezzo foglio, foglio intero) porta solitamente alla crea
zione di una nuova emissione, come abbiamo già detto. Ma vedi infra, 87.
I l i • EDIZIONE, IMPRESSIONE, EMISSIONE, STATO 85
che della stessa forma, dello stesso foglio, o dello stesso gruppo di
fogli di un’impressione dimostra che la ricomposizione era dovu
ta al desiderio di aumentare la tiratura, non a quello di sostituire la
prima versione con un’altra. Ciò può essere vero anche laddove la
ricomposizione interessa il foglio che contiene il frontespizio;
cosi, ad esempio, il fatto che il frontespizio dei Paradossi di Orten
sio Landò, nell’edizione del 1563, insieme con il resto del primo
foglio, esiste in due composizioni tipografiche diverse, incluso un
nuovo frontespizio, non ci autorizza a parlare di una sostituzione
né di una nuova emissione dell’edizione, poiché tutte le notizie
contenute nel frontespizio sono uguali nelle due versioni - anche
le due marche tipografiche sono ben note da altre edizioni
dell’editore, Andrea Arrivabene - e il testo contenuto in questo
fascicolo ha soltanto varianti insignificanti. Abbiamo qui, dunque,
un caso in cui la presenza di un nuovo frontespizio non segnala
l’esistenza di un’altra emissione dell’edizione in questione, ma
soltanto di un altro stato, caratterizzato dalla ricomposizione del
foglio con il frontespizio.43
43. Per i Paradossi del 1563 vedi Le edizioni veneziane... cit., infra, 169-211. La de
cisione di aumentare la tiratura di un libro interessa naturajmente i primi fogli ad
essere stampati, ma bisogna tener a mente che in molti libri di ogni periodo i pre
liminari, incluso il frontespizio, venivano stampati dopo il resto del volume, abi
tudine che nei libri del periodo della stampa manuale spesso lascia una chiara
traccia nella fascicolazione o nelle segnature del volume.
88 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
IL C O N C E T T O DI ‘ESEMPLARE IDEALE’ *
Pubblicato in Trasmissione dei testi a stampa nel periodo moderno. I Seminario In
ternazionale, Roma, 23-26 marzo (sdì.giugno) 1983, a cura di G. C rapulli, Roma 1985,
49-60.
1. Vedi F. B o w ers , Criteriafor Classifying Hand-Printed Books as Issues and States,
« Papers o f the Bibliographical Society o f America », xli (1947), 271-92; F. B o
w ers , Prindples of Bibliographical Description, Princeton 1949.
2. I saggi del Greg sono raccolti nel volume postumo Collected Papers, edited
b y J .C . M axwell, Oxford 1966.
90 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
3. Qui e altrove cito dalla nuova emissione dei Principles che usci nel 1962, ad1
opera di Russell & Russell Ine., di Nuova York.
4. « The collational formula and thè basic description o f an edition should be
that o f an ideally perfect copy of thè originai issue » (Principles, 113). La parola issue,
che traduco con emissione (e vedo con piacere che emissione è stato adottato in que
sto senso anche dal personale dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle
Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche, per il Censimento delle
edizioni italiane delXVIsecolo; v. il notiziario del Censimento, intitolato II corsivo, n. 2,
maggio 1983,15), indica l’atto di presentare o di ripresentare un’edizione al pub
blico per la vendita, e anche, come qui, l’insieme di esemplari offerti al pubblico
con tale atto. [V. anche Edizione, impressione, emissione, stato, supra, 65-88.]
IV • IL CONCETTO DI ‘ESEMPLARE IDEALE’ 91
namente sviluppato, che l’esemplare ideale della descrizione bi
bliografica non s’identifica necessariamente con la percezione
che ha il filologo di un’edizione, o di una sua emissione, come
trasmettitrice di un testo. M a su ciò dovremo tornare più tardi.
U n’ultima osservazione - e forse la più importante - sulla di
scussione del concetto di esemplare ideale nelle pagine dei Princi
ples. Nelle espressioni ‘esemplare ideale’, ‘esemplare idealmente
perfetto’, si nasconde una certa ambiguità, che il Bowers, malgra
do i suoi sforzi, non è riuscito a dissipare. L’ambiguità può essere
espressa cosi: l’esemplare ideale corrisponde o no a un fatto stori
co? La sua discussione oscilla fra i due poli della storicità e del
l’idealità. Chiaramente tendente verso la storicità è la definizione
che se ne dà nel secondo paragrafo della sezione dei Principles de
dicata all’argomento: «U n esemplare ideale è un libro completo
in ogni suo foglio, come è alla fine uscito dall’officina tipografica,
in una condizione perfetta, in quello stato completo considerato
dal tipografo come l’ultimo stato, quello più perfetto, del libro ».5
Qui l’accento cade sull’esemplare ideale come prodotto reale, ve
ramente uscito da un’officina tipografica. La storicità dell’esem
plare ideale viene ancora più chiaramente asserita nella nota ap
posta alla definizione riportata sopra:
N ella descrizione di un esemplare ideale nulla è inventato; ma i dati
che risultano dall’ispezione di più esemplari vengono analizzati in base
alla storia della stampa dell’ edizione, in quanto questa storia possa essere
accertata, per scoprire la forma più perfetta del libro effettivamente pro
dotta dallo stampatore nel corso di una singola emissione.6
Qui il Bowers insiste non solo che i dati di cui è composta la de
scrizione dell’esemplare ideale devono essere passati sotto gli oc-
5. «[...] an ideal copy is a book which is complete in all its leaves as it ultimate
ly left the printer’s shop in perfect condition and in the complete state that he
considered to represent the final and most perfect state o f the book » (Principles,
113)-
6. « Nothing is invented in the description o f an ideal copy. Instead, all the
evidence to be gained from the examination o f numbers o f copies is analyzed on
the basis o f the printing history o f the edition, so far as it can be determined, in or
der to discover what was the actual most perfect form o f the book achieved by
the printer within an issue » (Principles, 113, n. 48).
92 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
10. «[...] but when only a single form was produced, the question o f inten
tion does not come up, even though some o f the features o f that form are not in
fact what the printer intended» (Tanselle, 26).
IV • IL CONCETTO DI ‘ESEMPLARE IDEALE’ 95
12. «[...] the historical purpose o f the description is best served by reporting
- for any given feature that exists in two states - the first state first, followed by
the second... the important point to recognize is that the standard description, or
ideal copy, o f an issue must allow for the variations identified as states » (Tanselle,
29-30).
13. «A different issue will be represented by a different ideal copy [...]»
(Tanselle, 30).
IV * IL CONCETTO DI ‘ESEMPLARE IDEALE’ 97
14. Il Tanselle usa questo sostantivo qui in senso astratto, che in inglese si di
stingue anche graficamente (‘form’) dal sostantivo concreto (‘forme’), con cui si
descrivono le pagine tipografiche serrate per la stampa in un telaio. In italiano,
per entrambi i significati si usa la stessa grafìa.
15. « The standard or ‘ideal’ copy, which is the subject o f a bibliographical de
scription, is a historical reconstruction o f the form or forms o f the copies o f an
impression or issue as they were released to the public by their producer. Such a
reconstruction thus encompasses all states o f an impression or issue, whether
they result from design or from accident; and it excludes alterations that have oc
curred in individual copies after the time when those copies ceased to be under
the control o f the printer or publisher» (Tanselle, 46).
98 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
dere nel modo giusto nei casi diffìcili, e la definizione del Tansel-
le aiuta molto a chiarire le idee a questo riguardo.
Tanselle si è contentato di proporre le sue idee in forma teori
ca, senza fornire un esempio di come in pratica si sarebbe proce
duto alla descrizione di un esemplare ideale secondo il suo meto
do. Fortunatamente, possiamo supplire a questa mancanza con
una descrizione veramente esauriente della formula collazionale
di un esemplare ideale che troviamo, se mi posso esprimere cosi,
in famiglia, perché appare in un articolo di Giovanni Crapulli, or
ganizzatore del presente Seminario. L’articolo in questione, che
tratta della prima edizione delle Meditationes de prima philosophia di
Cartesio, stampata a Parigi nel 1641, è stato pubblicato nel 1979:
esso quindi precede di un anno la pubblicazione del saggio del
Tanselle. Ciononostante, il nostro collega, nell’affrontare il pro
blema della descrizione dell’esemplare ideale di questa edizione,
è giunto ad una posizione che mi sembra sostanzialmente identi
ca a quella del Tanselle. La formula collazionale data dal prof.
Crapulli per l’esemplare ideale di questa edizione16 è:
8° a8(± i)è4(-4)A8(± 5)B8(± 3.6,4 4i>)C8-I8K8(2r)L8-N80 8(i 3 4V-6 8 ± 2.7)
P8(6t/-7r)Q8R8S8(ir 4v-jr 8v)T8V8(± 3)X8-2l82K8(ir)2L8(2r 6r)2M82N8(ir
3r 4v~5r éf-7r)2O82P8(-4.5 iv-2r 3V yv-8r)
I numeri fra parentesi tonde preceduti dal segno dell’addizione
e da quello della sottrazione indicano cancellantia, mentre quelli
preceduti dal solo segno della sottrazione (cfr. la seconda segnatu
ra, é, e l’ultima, 2P) indicano foglietti sottratti dalla segnatura do
po la stampa perché usati per la stampa di cancellantia (nel caso di é,
per la stampa del cancellans a B4, e nel caso di 2P, per il cancellans dei
foglietti congiunti O2.7).17 Fin qui la formula segue le norme per
la formula collazionale esposte dal Bowers e dal Gaskell.18Dove il
prof. Crapulli dimostra l’originalità del suo trattamento è nell’a-
19. « In particular, this approach departs from thè usuai concept o f an ideal co
py (in thè singular) by suggesting that thè standard to be described is not a single
preferred form but a range o f alternatives that encompasses all thè States o f each
sheet as they were issued » (Tanselle, 47).
100 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
21. Nel corso di amichevoli discussioni avute con alcuni partecipanti dopo la
lettura della mia comunicazione, soprattutto con Nina Catach e Roger Laufer,
che ringrazio sentitamente per il loro interesse, mi sono reso conto che questa
constatazione è stata intesa come rivendicazione dell’eclettismo editoriale. Tale
non era certo la mia intenzione nello scrivere queste parole, che mirano piuttosto
ad individuare il modo in cui un editore cerca di capire con precisione ciò che è
stato trasmesso attraverso i vari anelli della catena trasmissionale. Si tratta, in altri
termini, di un’operazione ancora a livello di ‘recensio’. Ho già espresso altrove
(The Viewfrom Another Planet: Textual Bibliography and the Editing ofSixteenth-Cen
tury Italian Texts, « Italian Studies », xxxiv [1979], 71-92; v. supra, 1-32) il mio dissen
so dalla teoria editoriale anglo-americana del ‘copy-text’, che si giustifica sulla
base di una situazione linguistica totalmente diversa da quella italiana.
A ggiunta
zioni italiane del secolo XVI: l ’ Orlando furioso del 1532. Questo
grosso volume in quarto di circa 500 pagine è un pezzo da colle
zione, del quale si conoscono soltanto 24 copie superstiti, la mag
gior parte delle quali strettamente compresse in pregevoli legatu
re del Settecento e Ottocento decorate in oro. Quando pensai per
la prima volta di usare fotocopie trasparenti per lavorare attorno
al Furioso del 1532, mi domandai se avrei mai trovato una biblioteca
in grado - e disposta a consentire - di fotocopiare un libro di sif
fatte dimensioni, età e rarità; ma non avevo tenuto conto dell’in
traprendenza e dell’abilità tecnica dei bibliotecari della John Ry-
lands University Library di Manchester.1 Essi infatti, valutando
l’importanza dell’aiuto che la fotocopia trasparente poteva dare
agli studiosi, accolsero la mia richiesta producendo dapprima al
cuni trasparenti che mi consentirono di provarne l’uso su uno de
gli esemplari dell’edizione presenti allaBritish Library, e in segui
to provvedendomi di una splendida completa riproduzione
dell’esemplare del Furioso del 1532 posseduto dalla John Rylands
U.L. (proveniente dalla Biblioteca Spenceriana).
I trasparenti fornitimi dalla biblioteca di Manchester furono
ottenuti con una fotocopiatrice a secco U-BÌX.33ORE. Ogni tra
sparente è di formato A-4 e comprende le due pagine di testo af
fiancate che si presentano a libro aperto. In totale si fecero poco
meno di 250 fotocopie, che vennero a costare, spese postali com
prese, circa 85 sterline [equivalenti a circa 200.000 lire italiane,
n.d.r;]. La biblioteca non ritenne opportuno sperimentare l’uso
della plastica già usata dal Barber per evitare rischi di riparazioni
ad un’apparecchiatura assai costosa. Le fotocopie trasparenti mi
furono fornite con interfogli di carta bianca; questo perché, a det
ta dei fornitori, in assenza di interfogli l’immagine dei trasparenti
nel giro di qualche mese comincerebbe a deperire e a cancellarsi
2. Nei miei trasparenti questa differenza è per difetto, mentre sulle fotocopia
trici Rank Xerox, a quanto mi informa Rory Gilbert, essa risulta in eccesso del-
1’ 1- 2 % .
V • UNA NUOVA TECNICA PER LA COLLAZIONE 109
3. Si dice anche che il suo fantasma abiti ancora l’appartamento veneziano nel
quale ho alloggiato io, ma, a parte un incomprensibile bisbiglio, egli non ha cerca
to di comunicare con me durante il mio soggiorno.
no SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
sono sfuggite cinque delle 125 varianti esistenti, quattro delle qua
li raggruppate insieme verso la fine del volume. Non ho motivi
per modificare la mia convinzione, formatasi in seguito al lavoro
di collazione tradizionale su due copie affiancate, che una colla
zione per risultare definitiva deve essere ripetuta tre volte. D’al
tra parte la nuova tecnica, secondo quanto ho potuto sperimenta
re, è otto volte più rapida del metodo tradizionale. Un migliora
mento di siffatta entità finisce col portare un vantaggio di ordine
qualitativo oltre che quantitativo: riuscire a collazionare la quarta
parte del milione di parole che sono nel Furioso in una settimana,
anziché in due mesi, rende concretamente possibili progetti che
diversamente non potrebbero essere presi in seria considerazio
ne.
Fino a quando le tecniche computerizzate di collazione attual
mente in corso di sviluppo non diventeranno largamente accessi
bili - e dubito che'per gli italianisti ciò possa avvenire prima del
2000, a causa dei ritardi organizzativi che affliggono il sistema bi
bliotecario italiano - i trasparenti di Giles Barber costituiscono un
notevole passo avanti, perché semplificano decisamente i proble
mi della collazione multipla.
A g g iu n t a
D opo aver steso questa nota, ho appreso che l’amico Gino Bel-
loni, dell’Università di Venezia, aveva pensato parecchio tempo
fa alla possibilità di usare le fotocopie trasparenti per la collazione
multipla di esemplari della stessa edizione. Purtroppo, le aveva
provate in un caso (la prima edizione del Canzoniere petra rchesco,
stampata a Venezia da Vindelino da Spira nel 1470) dove bisogna
va confrontare esemplari cartacei ed esemplari pergamenacei.
Ora, per la diversità dei tempi con cui durante i secoli si restringo
no carta e pergamena, è diffìcile che una fotocopia trasparente di
un esemplare cartaceo possa servire per la collazione di esemplari
pergamenacei della stessa edizione, e viceversa (una limitazione
delle fotocopie trasparenti che avevo notato anch’io lavorando
sul Furioso del 1532). Cosi, scoraggiato dalle sue esperienze, ilB el-
loni aveva modestamente taciuto della nuova tecnica.
M a è ormai chiaro che, quanto alla precedenza nell’uso delle
fotocopie trasparenti per la collazione multipla, l’onore spetta agli
olandesi. Secondo quanto comunicato alla Direzione di « The Li
brary» dallo studioso olandese H.D .L. Vervliet, dell’Università
di Amsterdam, la tecnica fu usata in Olanda già negli anni Settan
ta, e una descrizione (in olandese) fu pubblicata in H. F. H o f m a n
et al., Uit bibliotheektuin en informatieveld, Utrecht 1978,209-18 (vedi
«T h e Library», ser. 6, v i i [1985], 301).
* Inedito.
VI
N O T A N O N -F A N T A SC IE N T IFIC A *
* Inedito.
114 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
2. Naturalmente i dati relativi a libri già catalogati possono essere aggiunti op
portunamente anche al catalogo computerizzato delle accessioni.
3. A. O lsch ki , « La Bibliofilia », 87 (1985), 91.
n6 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
4. Il blaise offre anche il lcmarc , che equivale in pratica al catalogo della Li
brary o f Congress di cui sopra.
5. L ’ estc pubblica un bollettino, « Factotum », che appare due volte all’anno,
ed è distribuito gratis a biblioteche che collaborano nella compilazione del cata
logo, ed a persone competenti che ne richiedono l’abbonamento. Oltre a notizie
sui progressi del catalogo, il bollettino contiene anche contributi su materiale
portato alla luce dal lavoro di censimento necessario per la compilazione del ca
talogo. Il bollettino pubblica anche una serie di « Occasionai Papers »; particolar
mente utili sono i seguenti, entrambi di Robin C. Alston, direttore dell’ESTc:
Searching ESTC Online: a Brief Guide (Occasionai Paper 1), September 1982, e The
First Phase: an Introduction to thè Catalogue of thè British Library Collectionsfor ESTC
(Occasionai Paper 4), November 1983. Dello stesso Alston si può consultare an
che The Grammar of Research: Some Implications o f Machine-Readable Bibliography,
ii8 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
« The British Library Journal », 11 (1985), 113-22. Colgo l’occasione per ringraziare
Robin Alston del suo prezioso aiuto nella stesura di questa nota.
6. Vedi L. H ellinga , Machine-readable catalogue of Incunabula - ISTC, « The Li
brary », ser. 6, iv (1982), 367. Già a quella data il catalogo registrava 17,000 edizioni.
Goff = F. R. G off, Incunabula in American Libraries: a Third Census of Fifteenth-Cen
tury Books Recorded in North American Collections, New Y ork 1973;IGI = Indicegenera
le degli incunaboli delle biblioteche d’Italia, Roma 1943-81, 6 voli.
7. Per una tale ricerca bisogna indirizzarsi al Computer Search Service, Rea
ding Room, Reference Division, The British Library, Great Russell Street, Lon
don W C iB 3DG.Il prezzo per una ricerca « in linea » comincia da poche sterline.
Per informazioni particolareggiate sul blaise e sulle sue basi-dati, nonché sulle
modalità di collegamento, occorre rivolgersi al Marketing Office, The British Li
brary, Bibliographic Services Division, 2 Sheraton Street, London W iV 4BH.
L’abbonamento al blaise è di 45 sterline all’anno; il costo dell’uso che ne fa un
abbonato è calcolato sulla base di 27 sterline all’ora (prezzi validi per il 1985).
VI • NOTA NON-FANTASCIENTIFICA II9
8. Quando il lettore vedrà queste parole, sarà già apparso un volume provvi
sorio con la lettera A. Per il Censimento, vedi C. L eoncini -R. M. S ervello , Libri
antichi e catalogazione: metodologie e esperienze. Atti del Seminario di Roma, 23-25 settem
bre 1981, Roma 1984. Anche il Censimento pubblica di volta in volta un suo bolletti
no, « Il corsivo ».
120 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
9. Vedi R. A lston , The Smithsonian Project: Image Capture and Retrieval, « Libra
ry Conservation News », ix (ott. 1985), 6-7.
10. Vedi, ad esempio, i due contributi di R. L aufer , L’espace visuel du livre an
cien, in Histoire de l’édition française. I. Le livre conquérant: du Moyen Age au milieu du
XVIIe siècle, Paris 1982,479-97, e Les espaces du livre, in Histoire de l’éditionfrançaise. II.
Le livre triomphant 1660-1830, Paris 1984, 128-39.
11. Vedi, ad esempio, H. L ove, The Computer and Literary Editing, in R. A. W i-
s b e y (ed.), The Computer in Literary and Linguistic Research: Papersfrom a Cambridge
vintus una persona reale o meno, non c’ è dubbio che la lettera sia
stata scritta dall’autore delle Forcianae Quaestiones; analoghe lette
re fittizie compaiono alla fine di altre opere pseudonime del Lan
dò.10
Questo resoconto del tutto grottesco degli avvenimenti che
stanno intorno alla pubblicazione delle Forcianae Quaestiones deve
ovviamente essere preso con un pizzico di sale, e dal momento
che il viaggio del Landò a Napoli è parte integrante del racconto, i
sospetti facilmente si estendono alla indicazione del luogo di
stampa delle due edizioni. Questi sospetti sono accresciuti da ciò
che sappiamo della biografìa del Landò in quel periodo. Se è vero,
come afferma la testimonianza di Johann Albrecht von W idm an-
stetter, che intorno al 1530 Landò era eremita agostiniano nel mo
nastero di S. Giovanni a Carbonara a Napoli,11 sembra strano che
dopo aver lasciato l’ordine egli sia ritornato in una città dove era
conosciuto come monaco rinnegato e li abbia preparato la pubbli
cazione di un’opera, in particolare un’opera che descrive avveni
menti che accadono a Lucca ed è dedicata ad un mercante lucche
se residente a Lione.
3. Ulteriori motivi per dubitare dell’autenticità delle note tipo
grafiche riguardanti il luogo di stampa sono forniti da alcuni
aspetti tipografici delle due edizioni. Sono impiegati due separati
e distinti corpi di carattere corsivo, cosa per se stessa piuttosto sor
prendente per uno stampatore napoletano di questo periodo, par
ticolarmente per uno che a malapena può essere definito una fi
gura di qualche importanza nella storia della stampa, dal momen
to che, oltre le due edizioni delle Forcianae quaestiones, nessun’altra
sua edizione è ricordata. Mentre il carattere corsivo dell’edizione
10. I Paradossi del Landò (1543) e il suo Commentario delle cose d’Italia (1548) ter
minano con lettere rispettivamente di Paolo Mascranico e Niccolò Morra, en
trambe ovviamente scritte dall’autore. Il Catalogo detti inventori dette cose, anch’esso
del Landò, e pubblicato nel medesimo volume del Commentario, termina con una
Brieve apologia di M. Ortensio Landò per l’autore del presente catalogo, che adempie alla
medesima funzione delle lettere.
11. La testimonianza di Von Widmanstetter è discussa nel mio articolo Per la
vita di Ortensio Landò, « Giornale storico della letteratura italiana », c x l i i (1965),
243-58.
VII • «FORCIANAE QUAESTIONES » 129
del 1536 è fìtto e inelegante (Tav. V 2), quello dell’edizione del
1535 è di alta qualità (Tav. V i).12 Le tre iniziali silografìche
dell’edizione del 1533 appartengono chiaramente ad un unico al
fabeto figurato, e sono del tutto diverse stilisticamenteTdalle tre
iniziali eterogenee trovate nell’edizione del 1536. Altri corpi di
carattere corsivo ricordati per Napoli sono quelli usati da Cateri
na M ayr nel 1520 e dallo Sultzbach negli anni ’30, ma sono diversi
da quelli impiegati nelle due edizioni delle Forcianae Quaestiones.13
Nessun altro stampatore napoletano dell’epoca sembra avere
avuto un corpo di carattere corsivo. In verità, Martinus de Ragu-
sia è un mistero nella stampa napoletana del sedicesimo secolo;
esce dal nulla con i suoi due corpi di carattere corsivo ed una evi
dente abilità tipografica, e scompare nella dimenticanza con la
stessa rapidità con la quale era apparso.
Sebbene queste tre considerazioni non costituiscano, sia singo
larmente sia complessivamente, prove conclusive della falsità del
luogo di stampa, esse sembrano avere un peso sufficiente per giu
stificare indagini su altri possibili luoghi di origine delle due edi
zioni.
1535 1536
Noctu autem [Veneti] dum scor- Noctu autem dum scortantur, ac
tantur, ac potant, Hispanicis pal- potant, Hispanicis palliolis utun
liolis utuntur. Si non habeant, dant tur. Ferrarienses ac Mantuani nihil
omnem operam ut aliunde, quo iure, tam diligenter curant... (f. 7r, Ayr)
quoque iniuria corradant, cogunturque
interdum peregrini suos deserere. Fer-
rarienses ac Mantuani nihil tam
diligenter cu ran t... (p. 16, A8v)
Fingunt condonare Veneti, sed si Fingunt condonare Veneti, obli-
aliquando nanciscantur ulciscendi lo- viscuntur iniuriarum Mutinenses,
cum, nulli crudelius ulciscuntur. Obli- ac Regienses ... (f. 8v, A8v)
viscuntur iniuriarum Mutinenses,
ac Regienses ... (p. 20, B2v)
Sunt Veneti omnium libidinosis Sunt Veneti omnium libidinosis
simi, sine delectu amant, sunt e- simi, sine delectu amant, sunt e-
tiam in amore nulla constantia ... tiam in amore nulla constantia ...
ubi potiti fuerint, statim despici- ubi potiti fuerint, statim despici-
unt, eandem non saepe adeunt, si unt, eandem non saepe adeunt.
se facilem non praebeat de inferendo Cognovi Ferrarienses amoribus
vi cogitant. Cognovi Ferrarienses deditissimos ... (f. 91, B ir)
amoribus deditissimos ... (p. 21,
B3r)
Student piacere Mediolanenses Student piacere Mediolanenses
oppiparis conviviis ... coreis Man oppiparis conviviis... coreis Man
tuani, Perusini minis ac blasphe- tuani, Perusini minis ac blasphe-
miis, Veneti illa sua ridicula mag- miis, Veneti illa sua magnifìcentia
t 1' • '■
{ • ; q tM É ft tIB. il. . 0
tofcremière cupk aggredir. Hocerat animi mei con
fili^pràntmmdic^enmejfcfixmri^fanBwitecr
religione uiris inférma dónde ofondere nuUmfuìf*
fi onquimtamexceUetitemprofifionan, inqmfbmk
nemmexctUwrintyHosfimultosbabetiifanBitite'tn*
f^^bdm crfaam ike. Asteabasrnnit mmentori
GtùU^qu*Gottonmtemporibus Rome ckruU,deinde
tuda qum mbeHmi»dnpro(Arifiiefitglorufup
pUcioafjé^efi^fhemóJmutlocctfírunt Paularlo
nica^fiÜa^ffm^mduée rmUàresjtc mirabili finOi
me mftffttt. Poffumetiamfi uebmmultas utrguneuUiA
adducere^qua mmfolumreUgbfijfiime uixerintjed in*
trepide crucidtm nudtos prò Cbrifligloria promoum=
da pertulerintjiit Auftribcram^mtolkm, Arufhfidrrt
AntonutntyAgnctem, quartondumdecimumtertium<m
<IYASY+ ‘ H I/ I. Il
commmommrm vrbim firn ipfi defofieret.
¡Sud enim rMndnem jadt.tgo de m primm dietim quxpri,
tmm in menttm veneriti^ rmim pmfùs mttonem habetts m m
tiquitnti^mjpUndoris, mt mriwrtm.Occurrmt primm C<t* ,
Im infim t m peregrinos offieiofu (fi fit etm iisjùciendi Iteri jpes
dift*)<dioqMÌ quèttum pojfunt vitant, dut donant qm fpermint
(7 odermt-Amnt pengrimm Ueopolintnifi quippim b d ett
in fi eyàmitm exoeUemtl,u<tnfis verò.wnfolum m antfid »
Mennturtifafi m m offidigenere <mpleButurt(mtentq*t ne qitid
fi incarnitoli pttidtur.Floremini ftmt offidofi yX^rexst enfili*
mdHtttuf mm&dm vHm rejpc&4nttSi diutnu apud iHosfùt
ris,&filfas xsf fortunar rnnes aperimt.Senenfis non minore co
tcntione ptoextemcrtm damane mmnt qttàm piotris xy fòds
Smtverbis offidofiVtneti, Aftcnfis mhil tm fidum tquofibi ex
m dhm baminm beneuéentvtm condlient.Similifìmt ingenia
VeraUtnfis, asrmnt fimd depromeretidd bo/pitum beneuo t*
T a v . V. i. L ando , Forcianae Quaestiones, 153$, p. 39, C4r.
2. L ando , Forcianae
Quaestiones, 1536, c. n r, B31:. Vedi pp. 129 e 132.
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VII * «FORCIANAE QUAESTIONES » I3I
nificentia et insana iactantia, Bo- [et] iactantia, Bononienses donis
nonienses donis ... (p. 24, B4v) ... (f. ior, B2r)
Senenses non minore contentione Senenses non minore contentione
pro externorum dignitate certant pro externorum dignitate certant
quam pro aris et focis. Sunt verbis quam pro aris et focis. Sunt verbis
tantum officiosi Veneti, re ipsa nihil officiosi Veneti, Astenses nihil
prorsus. Astenses nihil non faciunt non faciu n t... (f. n r, B3r)
... (p. 26, B5 v)
Anche senza aver stabilito le relazioni tra i testi delle due edi
zioni, queste varianti indicavano che valeva la pena di cercare le
silografie del 1536 nelle edizioni veneziane, dal momento che una
ovvia spiegazione delle varianti medesime era che brani conside
rati offensivi per i veneziani o per il loro governo fossero stati eli
minati nell’edizione del 1536 da un editore veneziano. Grazie al
prezioso ‘Index of Printers and Publishers’ alla fine àeWltalian
Short-title Catalogue della British Library, un’indagine che altri
menti sarebbe stato troppo laborioso intraprendere si concluse
presto con successo. Tra i volumi pubblicati da uno dei primi ti
pografi esaminati, Melchiorre Sessa, che stampò e pubblicò nel
1534 un’edizione del Cicero relegatus et Cicero revocatus del Landò,
trovai la silografia della A iniziale impiegata nelle Forcianae Quae-
stiones del 1536 in una edizione del 1533 del Tesoro di Brunetto Lati
ni, ed anche in una edizione in-folio del 1539 del Toscanello in musi
ca, di Pietro Aron (Tav. vi 1-3). Non c’era alcun dubbio che fosse il
medesimo legno, caratterizzato da una piccola incrinatura sopra
la cima della lettera, da un’altra rottura nella traversa della A, e da
una terza frattura alla sommità del lato sinistro. Inoltre nel Tosca
nello del 1539 c’era la Q caratteristica e brutta che appare nelle For
cianae Quaestiones del 1536 (Tav. vi 4-5). Queste prove lasciano po
chi dubbi riguardo all’origine veneziana delle Forcianae Quaestio
nes del 1536. La vendita o la trasmissione di legni e caratteri da uno
stampatore all’altro, o la loro circolazione a prestito tra gli stampa
tori della medesima città, particolarmente tra quelli legati da rap
porti d’affari, era tutt’altro che insolita. M a qui, se le Forcianae
Quaestiones del 1536 sono realmente stampate da Martinus de Ra-
gusia, avremmo un caso nel quale uno stampatore prestò o ven-
132 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
17. Per i Trechsel e Jean Klein si veda H. B audrier , B ib lio g r a p h ie ly o n n a ise , sé
rie xii, Lyon-Paris 1921, 230-306. Altri volumi dei Trechsel alla British Library
contenenti le iniziali silografìche in questione sono:J. Rainerius, O r a tio , 1532 (N:
A2r), S. Champier, C a m p u s E l y s i u s G a llia e , 1533 (Q: H2r), e P e ria rc h o n , 1533 (A:
Aa3r), C. Hegendorff, D ia le c tic a e le g a lis libri, 1534 (Q: l7r), Senofonte, D e C y ri m i
n o n s e x p e d itio n e , 1536 (A: A2r; Q: D iv, Fir, Hiv, Ó8r), S. Champier, D e m o n a rc h ia
a c trip lici im p erio , 1537 (A: A3r), L e s sim u la c h r e s e t h isto rié e s f a c e s d e la m o rt, 1538 (Q:
Hi r). Nel T o lo m e o del 1535, la N appare quattro volte, la Q tredici volte, la A venti
cinque volte.
VII • «FORCIANAE QUAESTIONES » I35
Il fatto che nessuna delle due più antiche edizioni delle Forcia
nae Quaestiones sia stata stampata a Napoli ha alcune implicazioni
per la biografìa tormentata ed incerta del Landò. In primo luogo
cade l’ipotesi di una visita a Napoli nel 1535 che alcuni critici han
no postulato come necessaria per dar ragione delle due edizioni;
in secondo luogo diviene verosimile che il primo soggiorno del
Landò a Lione durò più a lungo di quanto chi scrive suggeriva in
un precedente contributo.18 N ella ricostruzione della biografìa
del Landò spesso ci si riduce, per la penuria di fatti, ad ammuc
chiare ipotesi su ipotesi. Vediamo appunto quali nuove ipotesi
possono ricavarsi dalle nuove prove. Sebbene il passo su Antonio
de Leyva citato più sopra possa riferirsi al periodo precedente la
morte di Francesco II, esso diventa certamente più opportuno
qualora lo si consideri scritto dopo quell’avvenimento, quando
Antonio, da Capitano generale della lega italica, era divenuto reg
gente dello stato. Questa situazione sembrerebbe giustificare
meglio frasi come ‘postquam Carolus Caesar in eam urbem te-
tram et monstruosam Bestiam immisit’, e i riferimenti a ‘illa du
rissima Antoniana tempora’ e ‘illa Leviana rabies’. Se questa ipo
tesi è corretta, la data di pubblicazione si pone dopo il 2 novembre
1535. Si deve tenere a mente che la consuetudine di Lione di usare
19. Per il testo della lettera si veda B audrier, B ib lio g ra p h iesèrie vm, Lyon-
Paris 1910,32-33. La possibilità che lo stile di datazione usato in questa lettera pos
sa essere ‘ab incarnatione’ fu trascurata da chi scrive quando studiò la visita del
Landò a Lione nel contributo citato alla n. 11.
20. Questa affermazione è basata sulla presenza nel volume di due contra-
VII • « F OR CI A NA E QUAESTIONES » 137
stanti riferimenti alla composizione dell’opera. Il primo di essi ricorre nella con
clusione delle discussioni riportate nel Libro 11, che, come quelle del Libro 1, han
no avuto luogo a Ford. Rivolgendosi al dedicatario dell’opera, Landò scrive:
‘Dum haec ad te scribebam, torquebar inclementius’, - un riferimento ad un at
tacco di febbre di cui soffri a Forci dopo le discussioni - ‘alioqui fuissem fortasse
paulo diligentior ... Perscripsimus autem istaec, ut tu quoque gaudium hoc no
strum gauderes, atque me tui amantissimum, qui nullum locum praetermitto tui
exhilarandi, intelligeres . . . ’ (Forcianae Quaestiones, 1535, p. 53, D3r). Il testo poi
prosegue raccontando dettagliatamente che Landò ed alcuni altri ritornarono a
Lucca e, in seguito, dopo aver sostato in città ed aver discusso di religione, si di
ressero verso Milano, passando per Firenze e Bologna. È a questo punto che ri
corre il secondo riferimento: ‘Ego vero, cum primum in urbem’ (i.e. Milano) ‘ve
ni, atque domi meae omnia ut vellem esse cognovi, coepi literis quantum memo
ria suppeteret Forciana gesta consignare’ (ibid., 57, D5 r). Abbiamo poi il resocon
to del Landò sulla sua visita a Napoli e sugli avvenimenti che stanno intorno alla
pubblicazione. La contraddizione tra i due passi suggerisce che Landò dapprima
intendesse portare l’opera a compimento poco dopo la conclusione del resocon
to delle discussioni tenute a Forci, nel punto dove ricorre il primo riferimento,
ma più tardi aggiunse tutto ciò che segue a quel punto.
21. Che il testo dell’edizione del 1536 dipende da quello dell’edizione del 1535
può essere subito dimostrato. Nell’edizione del 1535 la lettera di Antiochus Lo-
vintus a Francesco Turchi comincia cosi: ‘Audio Francisce te mihi graviter suc
cedere atque infortunium minari, propterea quod Forcianas quaestio tuo nomini
dedicatas excudendas dederim’ (59, D6r). La lezione quaestio, per quaestiones, ri
corre alla fine di una riga ed è chiaramente un errore compositoriale. Questo er
rore è ripetuto a metà riga nell’edizione del 1536 (c. 23v, C7V).
138 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
fece di Venezia la sua base per alcuni anni (ca. 1545-ca. 1554), pare
si sia servito ed abbia lavorato per altri stampatori ed editori - An
drea Arrivabene, Bernardino Bindoni, Giolito, Bartolomeo Cesa
no.
Per il momento, dunque, sembra che la falsificazione delle date
topiche in queste edizioni delle Forcianae Quaestiones debba rima
nere in un certo senso misteriosa.22
4- H 37.
5. Vedi P. A retino, Sei giornate, a cura di G. A quilecchia, Bari 1969, 410-411.
Anche per il Ragionamento della Nanna e della Antonia l’Aquilecchia descrive due
edizioni molto simili fra di loro, e probabilmente dello stesso anno.
6. Cfr. L. A riosto, Orlando furioso, a cura di S. D ebenedetti, Bari 1928, in,
406-426.
v ili • un ’ edizione cinquecentesca dell ’ « a m i n t a » 143
E se m p la r i e sa m in a ti : Bergamo, Bibl. Civica Tassiana C.3.54; Bologna,
Bibl. Comunale dell’Archiginnasio, 8 Letterat. ital., Componim. teatra
li, Caps. D. 3. No. 4; John Rylands University Library, Manchester, Bul-
lock 344443-
l’oro», in Biy invece solo per il prologo). In Bi* c’è anche un tondo piu piccolo (20
righe = 72 mm.) usato per il prologo. Come risulta dalle descrizioni già date delle
due edizioni, le imprese xilografiche sono le stesse in entrambe.
IX
N O T A SU LLA ST A M PA DELL’EDIZIONE A LD IN A
DEL 15 0 5 DEGLI « A SO L A N I» DI PIETRO BE M BO *
5. Non sembra che il Clough abbia compreso questo aspetto della struttura
del volume: si vedano le pp. 44-5 del suo articolo, dove troviamo uno schema, la
cui intestazione legge: ‘Probable imposition o f type-pages for thè quarto sheets
o f thè first gathering o f Bembo’ s Gli Asolarti (Venice, 1505)’, ma che di fatto spiega
la disposizione delle pagine stampate (vale a dire: l’immagine speculare della di
sposizione dei caratteri impaginati) per le due forme di un foglio in ottavo.
148 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
6. La relazione tra Aldo e il Bembo risale almeno al 1495, quando Aldo pubbli
cò la grammatica greca di Costantino Lascaris, che il Bembo ed un amico aveva
no riportato dalla Sicilia, in manoscritto. Nel 1496 Aldo pubblicò la prima opera
del Bembo, un breve dialogo latino, De Aetna, il primo libro stampato nel super
bo carattere aldino romano di sedici punti, disegnato e fuso da Francesco Griffo.
Bembo probabilmente ebbe molta influenza sulla successiva decisione di Aldo di
includere la letteratura in volgare tra i suoi titoli, ed egli stesso curò le storiche
edizioni di Petrarca e Dante, pubblicate da Aldo nel suo nuovo carattere corsivo
(anch’esso disegnato dal Griffo) e nel maneggevole formato in ottavo, rispettiva
mente nel 1501 e 1502: cfr. G. M ardersteig, Aldo Manuzio e i caratteri di Francesco
Griffo da Bologna, in Studi di bibliografia e di storia in onore di T. De Marinis, ni, Verona
1964,105-47; D ionisotti, Pietro Bembo..., 134-7; Idem, Gli umanisti e il volgarefra
Quattro e Cinquecento, Firenze 1968, 1-14.
IX • GLI « ASOLANI » ALDINI DEL I 5 O5 149
curi di sé, io credo che ci sia uno spazio profìcuo per l’induzione nella ricerca bi
bliografica, tenejido sempre fermo che il bibliografo deve ricordare la natura
provvisoria delle sue conclusioni. Forse sarebbe utile che smettessimo di pensare
alla bibliografìa come ad una scienza, e giungessimo a considerarla più come una
branca della storia.
11. Su questo punto, il Clough scrive (p. 30): « Una volta che il foglio senza la
lettera di dedica era stato stampato, inserirvi la lettera di dedica omessa sarebbe
stato particolarmente complicato, e probabilmente impossibile. Nel tentativo,
sbavature e allineamenti inesatti con ogni probabilità sarebbero risultati, con la
completa rovina del foglio ». Non posso acconsentire che ci sia qualcosa di im
possibile, o anche di complicato, riguardo al ripassare per il torchio gli esemplari
già tirati del foglio esterno « a » per imprimervi la lettera dedicatoria. Non mi
sembra che il rischio di allineamento imperfetto sia maggiore di quando il foglio
venga stampato per la prima volta. Non posso comprendere il riferimento alle
sbavature (a meno che il Clough non stesse pensando in termini dell’impressione
a mano del testo della lettera, cosa che sarebbe davvero una goffa procedura).
Esempi del procedimento di far ripassare sotto il torchio materiale già parzial
mente stampato sono forniti da F. B owers, Prìnciples of Bibliographical Description,
New York 1962, 84-6.
IX • GLI « A S O L A N I » ALDINI DEL I 5 0 5 153
te. L’ipotesi è che, quando l’insieme dei fogli esterni “a” fu ripas
sato sotto il torchio (non possiamo sapere quando avvenne, tran
ne che ebbe luogo prima della stampa della carta con Venata), al
cuni fogli fossero mancanti, forse perché erano già stati portati al
trove per la lega- tura.
Il 13 aprile 1505 il Bembo scrisse ajacobo Sannazaro accludendo
una copia degli Asolarli}2La data del colofone, marzo 1505, convie
ne bene con questo gesto di amicizia e di rispetto, e possiamo ra
gionevolmente supporre che il fascicolo « m » fosse composto in
marzo; il 17 marzo Aldo si rivolse alle autorità per i relativi privile
gi dell’edizione.13. Non è possibile essere cosi sicuri riguardo alla
data di inizio della stampa. In una lettera a Lucrezia del 22 settem
bre 1504 Bembo descriveva i suoi Asolarti come pronti per la stam
pa, ma riferimenti in una lettera successiva (8 ottobre), indirizzata
a Lucrezia, ci inducono a supporre che egli non avesse ancora
mandato il manoscritto agli stampatori.14Il riferimento a Lucrezia
come duchessa di Ferrara nella lettera dedicatoria dimostra, come
Renouard capi, che la lettera fu stampata dopo la morte del suoce
ro, il duca Ercole I, avvenuta il 25 gennaio 1505. Quanto al motivo
per il quale, consegnando il manoscritto ai tipografi, Bembo non
avesse preparato la lettera dedicatoria, Carlo Dionisotti, con la sua
consueta penetrazione di storico, fornisce una convincente spie
gazione psicologica: «Non è chiaro perché di questa edizione si
abbiano esemplari contenenti la dedicatoria a Lucrezia, nel frat
tempo diventata duchessa di Ferrara, e altri senza; ma è probabile
che la duplicità non fosse estranea alle incertezze e difficoltà di un
amore impossibile, che nella lontananza, da una parte e dall’altra,
lentamente ma inevitabilmente si spegneva».15
1. Con emissione traduco la parola inglese « issue », già da anni accettata in que
sto senso nella terminologia bibliografica inglese. La traduzione mi è stata sugge
rita da Richard Sayce, che in un bell’articolo (L’édition des «Essais» de Montaigne de
1595, « Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance », xxxvi [1974], 115-141) ha di
mostrato e documentato in modo esemplare la presenza in un’unica edizione pa
rigina del 1595 di quasi tutti i tipi di varianti e di emissioni conosciuti alla biblio
grafìa analitica.
2. Cfr. soprattutto F. B owers, Principles of Bibliographical Description, New
York 1962,37-113. Utili anche R. B. M c K errow , An Introduction to Bibliographyfor
Literary Students, Oxford 19282; P. G askell, A New Introduction to Bibliography, Ox
ford 1972. [V. anche Edizione, impressione, emissione, stato, supra, 65-88.]
X • CORREZIONI ED ERRORI 157
Ludovico Ariosto, Città di Castello 1914, 245-258. Nel trascriverla ho sciolto le ab
breviazioni, trascritto u consonantico con v, e sono intervenuto talvolta nella in
terpunzione, e nell’uso delle maiuscole e degli accenti.
5. Melchiorre Sessa, Vincenzo Valgrisi, Giordano Ziletti, Luigi Valvassore,
Andrea Arrivabene, Lodovico Avanzi, nominati alla c. b2v.
IÓO S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
tratta per vari mesi, come sembra dimostrare la data del 7 settem
bre 1558 alla fine della lettera dedicatoria (forse per il dubbio che
la stampa non si sarebbe terminata entro l’anno il frontespizio,
che appartiene allo stesso foglio di stampa della lettera dedicato
ria, non porta data). Quasi alla fine del volume (cc. 3A4v-7r) c’è
un «Errata-Corrige », e non sorprende il fatto che esso contiene
ben 170 errori (presumibilmente le aggiunte al Rimano stampate
dopo, alle cc. 3A7V-3C7V, sono arrivate in tipografìa quando lo
stampatore aveva già creduto d’aver terminato la stampa del li
bro: nella lettera agli studiosi che accompagna le aggiunte, il Ru
scelli descrive come egli e i suoi amici venivano notando nei fogli
del Rimario appena stampati le parole omesse nel testo).6 Di fron
te a questo lungo elenco di errori, lo stampatore sente il bisogno
di offrire ai lettori qualche parola di spiegazione, e lo fa con la nota
a cui abbiamo già accennato. Essa è in due parti, di cui una precede
e l’altra segue l’elenco degli errori:7
[3A4V] Non si essendo potuto fare, che in si grosso libro, e con tante
sorti di lettere, e cosi interrotto, le stampe, che pur troppo vi son facili et
atte, non habbiano fatto qualche errore, ancor che in effetto la maggior
parte di essi si potrebbono conoscere da ciascuno per se stesso, tuttavia
per non dar causa al S. Ruscelli di far contra noi poveri stampatori qual
che invettiva, come suol far bene spesso in fine de’ libri, e vuole che noi
stessi gli prestiamo le mani per darci de’ pugni, facendoci a noi medesmi
stampar parole contra di noi, io ho procurato di notarli qui nel fine quasi
tutti, accioché chi n’ha bisogno possa valersene a conoscerli, et anco a
corregerseli nel libro con la penna a volontà sua.
[Segue l’elenco degli errori]
[3A7r] Se alcuni altri pur ve ne sono, come qualche puntatura manifesta
mente falsa, o qualche punto, o coma, o interrogativo, che mancasse, o
qualche lettera rivolta, o altra si fatta cosa, si rimette al giudicio del pru
dente Lettore, alqual’ anco si poteva rimetter la maggior parte di tutti
questi che si son posti, se l’asprezza del Sig. Ruscelli non ci havesse spa
ventati. Ricordando, che questi errori notati non sono però corsi in tutti
gli stampati, ma in alcuni pochi de’ primi fogli, che noi li venimo tuttavia
rivedendo, et acconciando, et alcuni ancora ne sono accaduti nel lavorar
si, che i mazzi dell’inchiostro tiran fuori alle volte delle lettere. Percio-
ché tosto che i lavoranti se ne avveggono, le rassettano ai luoghi loro.
Benché molte volte per la fretta le mettono o riverse, o in luoghi ne’ qua
li non hanno a stare. Il che però è facil cosa a conoscersi da ciascheduno.
E evidentemente alla paura provocata dal terribile Sig. Ruscelli
che dobbiamo l’elenco degli errori e conseguentemente l’esi
stenza delle notizie sulle varianti interne fornite nella seconda
parte della nota. Queste notizie riguardano tanto le varianti con
sciamente introdotte nei fogli quanto quelle inconsce. Al primo
gruppo, le varianti consce, si riferiscono le parole: «... questi erro
ri notati non sono però corsi in tutti gli stampati, ma in alcuni po
chi de’ primi fogli, che noi li venimo tuttavia rivedendo, et accon
ciando ... ». A prima vista, la frase sembra rimandare ad errori oc
corsi solo nelle prime carte-del libro. M a non c’è dubbio che
quest’interpretazione sia da.scartare: gli errori registrati nel
l’elenco dello stampatore non sono limitati alle prime carte, ma
sono sparsi in maniera regolare per tutta la lunghezza del libro,
dal foglio di stampa segnato « d » a quello segnato « ZZ », il che eli
mina anche la possibilità che con le parole « alcuni pochi de’ primi
fogli » lo stampatore abbia voluto alludere, non alle prime carte,
ma ai primi fogli di stampa del libro. Cosa voleva egli dire allora
IÓ2 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
con queste parole? Per capire il loro senso, occorre soprattutto te
ner a mente che per uno stampatore del Cinquecento l’unità di
lavoro non era mai, o quasi mai, costituita da quel gruppo di esem
plari di ogni singolo foglio di stampa che, piegati e legati insieme,
compongono ciò che si chiama un libro. L’unità fondamentale a
cui andavano i suoi pensieri e le sue cure era il singolo foglio di
stampa, risultato dei procedimenti base della stampa manuale, la
composizione, l’impostazione e la stampa delle due forme di ca
ratteri tipografici utilizzate nel coprire di segni impressi le due
facciate di un pezzo di carta; i processi si ripetevano per ogni fo
glio di stampa, e costituivano, con la distribuzione dei caratteri ti
pografici dopo la stampa, il ritmo giornaliero del lavoro tipografi
co. Cosi, quando il nostro stampatore parla di errori che « non so
no però corsi in tutti gli stampati, ma in alcuni pochi de’ primi fo
gli », non pensa al libro intero, ma solo al singolo foglio di stampa,
e intende dire che gli errori non si trovano in tutti i « fogli » (cioè,
pezzi di carta) « stampati » durante la tiratura di un determinato
foglio di stampa, ma solo nei primi a passare sotto il torchio. A cor
reggere questi errori sono subito intervenuti gli stampatori (« noi
li venimo tuttavia rivedendo, et acconciando »), che avranno agito
nel solo modo possibile, fermando la tiratura e correggendo le
forme. Gli esemplari del foglio di stampa tirati dopo questa corre
zione non avranno portato, naturalmente, gli errori notati nei pri
mi fogli e corretti sulla forma, e avranno costituito cosi un nuovo
stato di detta forma.
Nello stato attuale delle nostre conoscenze, non è possibile di
re fino a che punto il procedimento della correzione durante la ti
ratura (in inglese «press correction») sia da considerare anorma
le. Da una parte, varianti interne di questo tipo s’incontrano spes
so nei libri prodotti durante il periodo della produzione manuale.
Il fenomeno è documentatissimo per libri inglesi del Cinque, Sei
e Settecento; se la documentazione è molto più esigua per il libro
italiano, ciò è dovuto in larga misura all’interesse relativamente
scarso dimostrato dagli studiosi del libro italiano per la tecnica ti
pografica. M a che il fenomeno sia esistito in Italia è fuori dubbio:
basta pensare all’edizione definitiva dell’ Orlando furioso, stampato
X * CORREZIONI ED ERRORI 163
a Ferrara nel 1532 da Francesco Rosso, dove si trovano molte va
rianti interne dovute all’autore.8 D’altra parte, è ugualmente
chiaro che anche nei primi secoli della stampa si tentava di elim i
nare gli errori attraverso prove o bozze di stampa prima dell’ini
zio della tiratura di ogni foglio: le Ordinanze di Cristoforo Plantin
sono esplicite in questo senso.9 Probabilmente quello delle corre
zioni fatte durante la tiratura era un espediente a cui si ricorreva
per motivi che, nella prospettiva dell’attività di un’officina tipo
grafica ben organizzata ed economicamente fruttuosa, si potreb
bero definire eccezionali: il fatto che l’autore, anche se presente
in città, non era sempre disponibile, o disposto, a rivedere le boz
ze nei momenti (nelle Ordinanze del Plantin sono identificati co
me molto presto di mattina e nella tarda sera) più idonei al ritmo
del lavoro giornaliero dei tipografi; le pressioni esterne (religiose,
politiche, economiche, sociali); la fretta dei tipografi, occasionata
da chi sa quali e quanti motivi economici e personali, anche bana
li; la loro negligenza o imperfetta padronanza del mestiere.
Molto più semplice e normale è il secondo tipo di varianti in
terne di cui parlano i fratelli Sessa, cioè le varianti dovute al movi-
Errata Corrige
p. 201, 15 che in uolta che di uolta in uolta
p. 484, 7-8 non solam ente lettuario, non solamente lettuario, ma an
parendo cor LAttuario, parendo
p. 551, 17 hauesse com e alterata hauesse in questo come alterata
Ora, in una linea già piena di caratteri tipografici, come sono le tre
linee sopra indicate, le correzioni proposte sarebbero state impos
sibili senza uno spostamento di tipi che avrebbe coinvolto non so
11. Per l’applicazione della distinzione fra varianti consce (« interventi corret
tori ») e inconsce (« accidenti meccanici del processo tipografico ») si veda P.
A retino, Sei giornate, a cura di G. A quilecchia, Bari 1969, 414, n. 1. Il fatto però
che appartengono allo stesso stato di un’unica forma (F interna) due delle tre va
rianti interne della prima edizione del Dialogo aretinesco, indicate nella nota cita
ta e giudicate dall’Aquilecchia varianti inconsce, rende più probabile, a mio avvi
so, l’ipotesi di un intervento di tipo correttorio per questa forma.
12. Gli errori, con le relative correzioni, sono i seguenti: p. xeni, 2 esserli / esser
le; 6 li tornasse / le tornasse, 30 bellezza / bassezza; p. xcmi, 21fossi /fosse, p. cui, 23 lon-
ghi / lunghi; p. cxxn, 5 molti d’esse / molte d’esse. Inoltre, è probabile che le lezioni
aggettiuo (p. 134,19) e puntella (p. 140,5) siano correzioni per cui i rimandi nell’ « Er
rata-Corrige » sono sbagliati (p. 134, vers. ult. aggetiuo / aggettiuo; p. 141,2 puntenella
/ puntella).
166 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
G. R uscelli, Ifiori delle rime de’ poeti illustri, Venetia 1558, c. zPyr-v1
Questo vitio di metter sempre SI, in vece di Ci, è proprio della lingua
lombarda, e di tutti questi paesi d’attorno. Onde perché i lavoranti delle
stamperie sono la più parte di questi tali, quando lavorano (che essi dico
no comporre) se ben l’autore ha scritto bene, e toscanamente, essi pren
dendo, o tutto o mezo, il verso a memoria, se lo ricordano secondo che
loro lo detta la nativa e continuata favella loro, e non come una volta sola
l’habbiano veduto cosi incorso nello scritto dell’ autore. Et poi quei che
correggono, o sono di quei medesimi ancor’ essi, e non lo hanno e non lo
conoscono per errore, o è come impossibile, che possano in una volta so
la vedere, e corregger tutti gli errori, che in gran copia ne sono spesso
nelle stampe, che si danno a correggere, essendo questo pessimo uso fra
gli stampatori di qui, che una sola volta danno a corregger la stampa.
* Inedito.
1. Il Quondam erroneamente dà l’indicazione: « pp. 605-6 », che vale per la c.
2C>7r-v. Il foglio 2P non è paginato.
i68 S A GG I DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
Nella qual sola volta, o, come è detto, è impossibile a potere in cosi folta
selva ritrovare e rassettare ogni cosa, o quando ancora si correggan tutti
nella carta, è poi ventura che i lavoranti cosi tutti gli acconcino nelle let
tere di piombo, cioè in quelle che poi fanno il lavoro, e massimamente,
che le più volte si truovano tanto sotto del tempo, che per non far patire
il torcolo, e perdere il lavoro ordinario della giornata, sono sforzati a usar
gran fretta nel correggere, e convien poi far Poratione di quel buon me
dico, che traendosi le ricette a caso della tasca, diceva a colui a chi la dava
per qualche infermo: « Iddio te la mandi buona! » Senza che un altra vir
tù è in molti de gli stampatori, che mandano a correggere il foglio, il qual
s’ha da tirare, e fra tanto essi tirano e lavorano, e quando poi viene il fo
glio indietro corretto dal correttore, o dall’autor proprio, si truova re
starsi da tirarne alcuni pochi fogli, e quei pochi si correggono. Il che tutto
nasce perché in effetto i poveri lavoranti cosi dalle casse con le lettere,
come al torcolo hanno troppo lavoro ordinario da fare il giorno, che ogni
minimo perdimento di tempo, o ogni minimo sconcio, di molti che nelle
stampe ne caggiono di continuo, è cagione di molto danno loro.
XI
landiani è ben altrimenti noto, perché Andrea dal Pozzo non è al
tro che l’editore e tipografo Andrea Arrivabene, figlio del tipo
grafo Giorgio Arrivabene di Mantova, attivo dal 1534 al 1569, se
condo i dati dell’ Italian Short-Title Catalogue della British Library,
la cui bottega era « al segno del pozzo », nelle Mercerie. Le simpa
tie protestanti dell’Arrivabene sono state investigate recente
mente da Paul F. Grendler, con risultati in larga misura positivi,
anche se l’Arrivabene ebbe sempre l’avvedutezza di non trasgre
dire, o di non trasgredire troppo apertamente, il codice di com
portamento tollerato dalle autorità veneziane in materia religio
sa, e mori tranquillamente nel suo letto nel 1570.3 La storia delle
edizioni veneziane dei Paradossi, quale la si traccerà in queste pa
gine, dimostra il largo margine di libertà lasciato a un abile opera
tore come l’Arrivabene dalla legislazione veneziana della metà
del Cinquecento sulla stampa, e dal modo trascurato in cui essa
veniva applicata. Lo stampatore dell’edizione abusiva dei Parados
si processato dagli Esecutori contro la bestemmia, Bernardino Bindo-
ni, è anche lui ben conosciuto alla storia della tipografìa venezia
na. Membro di una numerosa famiglia milanese di tipografi stabi
lita a Venezia agli inizi del Cinquecento, Bernardino era attivo
come stampatore negli anni trenta e quaranta del Cinquecento.
La sua produzione non è stata finora elencata e esplorata, ma che
egli, come l’Arrivabene, non fosse alieno dal trattare materiale re
ligioso favorevole alla Riforma è dimostrato dal fatto più clamo
roso della sua attività di tipografo, la stampa nel 1543 della prima
edizione del Beneficio di Cristo.4
conserva alla biblioteca del St. John’s College, Cambridge, vedi B enedetto d a
M antova, I l b en eficio di C risto , con le v e rsio n i d el se c o lo X V I , d o c u m e n ti e te stim o n ia n z e ,
a cura di S. C aponetto, Firenze-Chicago 1972, (« Corpus Reformatorum Italico-
rum»), 469-71, 504. Da un altro documento riportato dal Pesenti, L ib r i
c e n s u r a t i . . . , 18, risulta che nel 1551 Bernardino (a quel momento latitante) e suo fi
glio Giovanni Antonio furono banditi da Venezia per dieci e per cinque anni ri
spettivamente, per la stampa di una lettera contenente calunnie contro due frati.
5. Molte delle iniziali xilografiche usate nei P a r a d o ss i si ritrovano, ad esempio,
nel volume delle P re d ic h e so p r a a lq u a n ti sa lm i e so p r a A g g e o del Savonarola stampato
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » I7 3
complessa, che getta una luce ulteriore sui motivi e sulle azioni
dell’Arrivabene, che d’ora innanzi nominerò da solo, senza il mi
sterioso collega Pasqualino. Questi 42 esemplari si dispongono
non in un’unica edizione, come sarebbe da supporre leggendo il
documento del 2 agosto 1544, bensì in tre edizioni diverse, tutte
somigliantisi in modo tale che due devono essere considerate ri
stampe che seguono il loro modello pagina per pagina e quasi pa
rola per parola; anzi, è evidente l’intento dello stampatore di ren
dere le due ristampe il più possibile indistinguibili dal modello.
Per chi voglia conoscere gli estremi delle tre edizioni, rimando
all’appendice di questo contributo, dove si troverà una descrizio
ne non solo delle edizioni del 1544, ma anche delle altre edizioni
veneziane dei Paradossi, nonché della Confutazione de’ Paradossi, al
tra opera landiana, apparsa anonimamente nel 1545. L’esistenza di
tre edizioni quasi identiche, tutte della stessa data, insieme col fat
to, documentato nell’appendice, che si trovano anche esemplari
« misti » dei Paradossi del 1544, composti di fogli provenienti da più
di una delle edizioni di quella data, ha richiesto una descrizione
più dettagliata di quella solitamente fornita per edizioni cinque
centesche. La validità della nostra ipotesi di tre edizioni diverse è
dimostrata anzitutto dai dati statistici: dei 42 esemplari già men
zionati, 15 appartengono a 1544a, 15 a 1544!), e 8 a 1544c, mentre i
quattro esemplari « misti » sono tutti diversi fra di loro. Che gli
esemplari rappresentanti i tre raggruppamenti maggiori costitui
scano effettivamente edizioni diverse può essere dimostrato con
siderandone alcuni aspetti, come l’impaginazione confusa, ma in
maniera diversa, in ogni edizione, e meglio ancora, la serie dei ti
toli correnti, anch’essa diversa in ogni edizione, in modo tale che
essa può fornire la base di una regola empirica per distinguere fra
di loro facilmente senza ombra di dubbio tutte le segnature delle
tre edizioni, come è spiegato nella nota aggiunta alla descrizione
degli esemplari «m isti».6
dal Bindoni nel 1544, e nel Libro primo delle littere di Antonio de Guevara, stampato
nel 1545.
6. Vedi infra, 203-4. La diversità delle tre edizioni salta subito agli occhi di chi
le confronta materialmente. L’unica biblioteca che possiede tutte e tre le edizioni
174 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
del 1544 è la Nazionale Centrale di Firenze, che ha due esemplari per ciascuna
edizione.
7. Per la distinzione fra variante interna e nuova emissione, vedi il mio contri
buto, C o r r e z io n i ed errori a v v e n u ti d u r a n te la tira tu r a se c o n d o u n o s ta m p a to r e d el C in q u e
c e n to : c o n trib u to a lla sto r ia d e lla tecn ica tip o gra fica in I ta lia , « Lettere Italiane », xxvn
(1975), 184-92 [su p ra , 155-68], e soprattutto F. B owers, P rin c ip le s o f B ib lio g r a p h ic a l
D e sc r ip tio n , New York 19622, 40-41, 49-56, 77-79- [V. ora anche E d iz io n e , im p r e ssio
ne, e m issio n e , sta to , su p r a , 65-88.]
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » 175
trarca con l’espositione d}Alessandro Vellutello del 1558. Di quest’edi
zione il Bongi scrisse: « Se ne trovano copie nelle quali, durante la
tiratura, è stata mutata la data dell’ anno nel frontespizio ed in fine,
ponendovi il 1560. Ma siccome i legatori non badarono poi a que
ste variazioni quando misero insieme i volumi, cosi ne consegue
che talvolta le date dei frontespizi non confrontano con quelle fi
nali».8 L’osservazione del Bongi è puntualmente confermata dai
due esemplari di quest’edizione conservati allaBritish Library, di
cui uno (segnatura : 82 i 1) porta sul frontespizio la data del 1558 e
nel colofone quella del 1560, mentre l’altro (segnatura: 11427 e 6) ha
la data del 1560 sul frontespizio e quella del 1558 nel colofone.9
Servendomi delle ricche collezioni della British Library, ho potu
to controllare i dati forniti dal Bongi nel caso di sette edizioni, dal
1551 al 1558, conservate li in doppi esemplari con date diverse. Per
due di queste edizioni, la descrizione del Bongi è risultata erro
nea, in quanto l’intero frontespizio, insieme con il materiale pre
liminare, o una parte di esso, è stato ristampato nell’anno successi
vo, creando cosi due esempi classici della nuova emissione di
un’edizione, con nuovo frontespizio e nuovi preliminari.10 M a
negli altri cinque casi è stata pienamente confermata la spiegazio
ne del Bongi. Gli esemplari con la data dell’anno successivo non
hanno un nuovo frontespizio, e la nuova data è semplicemente
una variante interna dell’edizione, introdotta durante la stampa
della forma contenente il frontespizio.11 Quanto ai Paradossi del
noscessi quel chiarissimo intelletto, io piglierei tanta letitia d’esserli amico, quan
to gli havranno invidia i suoi nemici. La S.V. la legga, che ella troverà di molte
belle inventioni; un rabuffamento al Boccaccio [cfr. Paradosso xxvii : « Che
l’opere del Boccaccio non sieno degne d’esser lette, ispetialmente le Dieci Giorna
te »], un dar atraverso alle soppiattonerie d’Aristotile [cfr. Paradosso xxvm: « Che
l’opere quali al presente habbiamo sotto nome di Aristotele, non sieno di Aristo
tele », e Paradosso xxix: « Che Aristotele fusse non solo un ignorante, ma anche
lo più malvagio huomo di quella età »], et molte altre acutezze d’ingegno con tan
ta gratia del mondo. Ecci molti che non pigliano se non le parole, et vi si perdono
sopra; col dire : ‘la non è honesta’ ; et non considerano, che l’auttore s’ha messo la
giornea della spensieraggine per dar da ridere alla brigata; né altro penso che sia
stato il suo studio, che mostrare la via da cacciare il sonno la state, et mandar via il
cimurro della testa a’ taffani, che son cosi fastidiosi quando è l’agosto. A me la mi
par molto piacevole. O, quel esser meglio trovarsi ignorante che letterato [ cfr.
Paradosso ni: « Meglio è d’esser ignorante, che dotto »], mi quadra, et lo confer
mo per conoscer molti, che son da qual cosa, i quali strologano più a sfamarsi, che
non hanno lambiccato il cervello ne’ testi, nelle glose et fra’ dottori, et i manigol
di sguazzano. Et se hora la lingua del’ignoranza sotterra pochi fogli scritti, la boc
ca della verità potrebbe partorire assai volumi stampati (...). Benedetti siano i
Magnifici Signori Vinitiani, che almanco tu puoi dire quel che ti piace delle cose
ragionevoli non tassando né Republica né fede, che nessuno non ti flagella, et le
legioni de’ susurroni non ti calpestano il nome. Farebbono il meglio tali sfaccen
dati seguire tranquillamente quegli studi, che son giusti, senza salire sulla giran
dola d’un million di pensieri molesti, dove infelicemente tutto il giorno s’anno
tano, et attendere solo a lasciar qualche lume di loro virtuoso et buono, che si to
sto il tempo non cancellasse, senza andare armeggiando: ‘E’ vuol dire la tal cosa et
la quale’. Io mi rido di certi ser saccenti, che voglion difendere una penna da un
canto o da un altro; et non hanno tanto caldo che sudino. Et mi fo beffe di certi sa
vi, che la pigliono per i principi a spada tratta; i quali noi fan per altro se non per
ché la plebe gli sberetti sotto l’ombra d’un non so che et sotto coperta d’una ca
sacca di cottone: nell’ultimo e’ si pascon di fummo. E mi farebbon dar del capo
nel muro (s’io non mi facessi male) una caterva d’alocchi biasimatori de’ capricci
honorevoli d’altrui. Io non m’aveggo che son troppo lungo per aventura et trop
po ardito. Perdonimi V.S. per gratia sua del haver fatto il savio, havendomi tra
sportato la penna et la volontà fuor di proposito et più assai che non si conveniva,
pregando il costume gentile della mansuetudine di V.S. a sopportare l’alterezza
dell’insolentia mia. Le ricordo solo che mi comandi et nella maniera che io le son
servidore et nel modo che merita esser servito, pur che io sia buono a satisfare in
parte alla virtù, alla cortesia et alla realità grande di V.S., che la bassezza mia l’in
china et le bascia la mano. Alli xvm d’Aprile mdxliiii. Di Vinegia. Il Doni. » (A.F.
D oni, Lettere, Vinegia, appresso Girolamo Scotto, 1544, iiór-ii7r).
I78 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
14. La natura letteraria della raccolta del Doni, come di altre raccolte epistolo-
grafìche del periodo, induce a un po’ di cautela nell’ accettare come veridica la da
ta della lettera; più prudente sarebbe considerare come vero te r m in u s a n t e q u e m la
data dell’ultima lettera della raccolta, cioè il 13 maggio. Sull’epistolografìa del se
colo vedi ora G. Fragnito, P e r lo s tu d io d e ll’ e p isto lo g ra fia v o lg a re d e l C in q u e c e n to : le
le tte re di L u d o v ic o B e c c a d e lli, « Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance », xliii
(1981), 61-87; A. Q uondam (ed.), L e « c a r te m e ssa g g ie r e » ; retorica e m o d e lli di c o m u n ic a
z i o n e e p isto la r e : p e r u n in d ice d ei libri di le tte re d e l C in q u e c e n to , Roma 1981.
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » I79
La licenza per il « libro intitolato della vera tranquilità dell’ animo composto dalla
S.ra Isabella Sforza » fu concessa il 24 maggio 1544; vedi Archivio di Stato di Vene
zia, C a p i d e l C o n sig lio d ei D ie c i. N o ta to r io , 13, c. I32r.
20. Nell’autunno del 1543 ebbe luogo una delle interminabili serie di scontri
tra forze francesi e imperiali sulla frontiera nord-orientale della Francia, per cui
vedi E. Lavisse , H is to ir e d e F r a n c e . . . V, D e u x i è m e p a r t i e : L a lu t te c o n tre la m a is o n
d ’A u tr ic h e ; L a F r a n c e s o u s H e n r i I I (1 5 1 9 -1 5 5 9 ), par H. Lemonnier, Paris 1911,112. Gli
spostamenti della corte francese fra i primi di agosto e il 21 novembre, da La Fère-
sur-Oise in Piccardia a Sainte-Menehould nelle Ardenne, possono essere seguiti
nelle pagine del C a ta lo g u e d e s A c t e s d e F r a n ç o is I, T o m e I V , 7 m a i 1 5 5 9 - 5 0 d écem
bre 1 5 4 5 , Paris 1890. Purtroppo dei movimenti del Landò non si sa niente di pre
ciso.
182 saggi di bibliografia testuale
21. Per il soggiorno del Landò a Lione, e per la stampa delle due opere latine,
mi sia permesso di rimandare ad alcuni miei scritti: P e r la v ita di O r te n sio L a n d ò ,
GSLI, cxLii (1965), 243-58; T h e T w o « N e a p o l i t a n » E d i t i o n s o f O r te n sio L a n d ò ’s « F o r -
c ia n a e Q u a e s ti o n e s », in C o lle c te d E s s a y s o n Ita lia n L a n g u a g e a n d L ite r a tu r e p r e s e n te d to
K a th l e e n S p e ig h t, Manchester 1971,124-42 [su p ra , 123-39]; e T h e C o m p o sitio n o f O r
te n sio L a n d ò ’s D ia lo g u e « C icero r e le g a tu s e t C icero re v o c a tu s », « Italian Studies », xxx
(i975), 30-41-
22. Vedi il mio contributo L a n d ia n a . I. O r te n sio L a n d ò a n d th e D ia lo g u e « D e s i d e
r a E r a s m i f u n u s » (1 5 4 0 ). IL L a n d ò ’s L e t t e r to V a d ia n u s (1 5 4 3 ), IMU, xix (1976), 325-87.
23. Nella B ib lio g r a p h ie ly o n n a ise del Baudrier manca una sezione dedicata al
Pullone; le mie informazioni sulla sua attività sono basate sullo studio sia degli in
dici del lavoro del Baudrier, sia delle cinquecentine francesi della British Library.
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » 183
27. 1543, cc. E4r-v. Il Landò citava a memoria il testo della Vulgata:
P a r a d o ss i,
La Vulgata
E t e x c ita tu s e st ta n q u a m d o r m ie n s d o m in u s: ta n q u a m p o t e n s c r a p u la tu s a vin o.
è l’unica versione ad usare qui la parola c ra p u la tu s.
28. Per una descrizione di come venne effettuata la sostituzione, vedi in fra ,
198-9.
i86 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
29. Vedi il mio contributo, Un trattato di Vincenzo Maggi sulle donne e un’opera
sconosciuta di Ortensio Landò, GSLI, cxxxvm (1961), 254-72, soprattutto 262-64.
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » 187
nell’opera del Cavalca appaiono anche gli stessi tipi adoperati per
stampare 1545a (Tav. ix 1-2).30 Il Ruffìnello è indubbiamente lo
stampatore di 1545a. Meno individualità ha il materiale tipografi
co usato nella stampa di 1545b, la cui identificazione è stata più la
boriosa. M a anche qui, con l’aiuto di iniziali xilografiche ben rico
noscibili a cagione di fratture all’orlo del legno, si è potuto identi
ficare il materiale come quello usato nello stesso anno in alcune
edizioni stampate da Bartolomeo da Lodrone, detto l’Imperado-
re, la cui bottega, come c’informa la sottoscrizione di una sua edi
zione di Apuleio nella traduzione del Boiardo, apparsa nel 1544,
era « sulla piazza di S. Marco appresso la chiesa di S. Basso » (Tav. x
1-2).31
Fra i dodici o tredici stampatori usati apertamente dall’Arriva-
bene di volta in volta nella sua funzione di editore (egli possede
va, ma forse soltanto nella seconda metà della sua attività a Vene
zia, anche un’officina tipografica) non figura il nome di Ruffìnel
lo, e cosi non c’è niente che consenta di collegare 1545a con l’Arri-
vabene. M a con Bartolomeo detto l’Imperadore le cose sono di
verse. Anzitutto, egli aveva già lavorato per l’Arrivabene, stam
pando nel 1544 un’edizione della traduzione italiana di Cristoforo
Landino delle Rerum gestarum Francisci Sfortiae Commentarii di Gio
vanni Simonetta.32 Oltre a questo legame esplicito, ce n’è un al-
35. Due imprese dell’Arrivabene sono descritte in fra , 209-n. Una delle impre
se raffiguranti Cristo con la Samaritana è riprodotta in Seidel M enchi, L e tra d u
z i o n i ita lia n e di L u t e r o . . . , Tav. iv, fra pp. 72 e 73.
36. W.Ll. B ullock, T h e ‘L o s t ’ « M is c e lla n e a e q u a e stio n e s » o f O r te n sio L a n d ò , « Ita-
lian Studies », 11 (1938), 50, n. 7. L’amico T. Gwynfor Griffìth mi ha gentilmente
informato che l’edizione di cui parla il Bullock è infatti la seconda parte di un vo
lume che contiene anche un’altra opera del Piccolomini, D e l l a sfe ra d e l m o n d o .
L’impresa dell’albero colpito da un fulmine appare anche sul frontespizio
dell’intero volume. Alla fine del volume c’è il seguente colofone: « In Venetia
per Giouanantonio & Dominico fratelli de Volpini da Castelgiufredo, Ad instan
tia di Andrea Ariuabene, Tien per insegna il Pozzo. Del mese di Aprile m.d .xl . ».
190 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
per le mani degli huomini. Questo è, Signori, l’ufficio vostro: questo a voi s’ap
partiene: questo da voi richieggono tutti i buoni » (C o n f u t a z i o n e , c. I2r).
40. Per la censura dei libri a Venezia e la storia degli indici dal 1549 al 1559 vedi
G rendler , T h e R o m a n I n q u i s i t i o n . . ., 63-127,151-54; per il testo del C a t h a lo g u s del
1554/1555 e dell’ In d ic e del 1559 vedi F.H. R eusch, D i e In d ic e s lib ro ru m p r o h ib ito r u m
d e s s e c h z e h n te n J a h r h u n d e r t s g e s a m m e lt u n d h e ra u sg e g e b e n , Tübingen 1886. Geremia
era stato il nome religioso del Landò come membro dell’ordine agostiniano; vedi
P e r la v ita di O r te n sio L a n d ò 243-51.
192 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
41. Le opere del Landò incluse nella L ib r a ria , che nell’ultima edizione curata
dall’autore, quella del 1557, raggiunsero il numero di dodici, compresi i P a r a d o ss i e
la C o n f u t a z i o n e , erano raccolte sotto il lemma di « Hortensio Landò », che s’inizia
va con la seguente nota: « La stampa, che è arte onorata e di somma fama, talvolta
è stata cagione di fare inalberare molti uomini che son morti credendo vivere, e
molti che son vivi veggon la morte de’ loro scritti per più cagioni. Prima la molta
comodità de’ libri e gran quantità, che ci hanno oggi mai fatta una selva inestrica
bile sugli occhi dell’ intelletto; poi la pania del diletto che altri ha di leggere infini
te cose e sempre nuove, è stata cagione che molti uccellacci v’hanno invescate
l’ale, si che la fama loro, che in altra guisa avrebbe volato al cielo dell’immortalità
con l’ali della gloria, è rimasa tarpata dalli artigli della ignoranza e da l’unghie del
vituperio. Però chi vuole fuggire l’uno e l’altro inconveniente, cioè che voglia fa
re opere degne o legger cose buone, pigli le composizioni vulgari d’Ortensio »
(A.F. D oni, L a L ib r a ria , a cura di V. B ramanti, Milano 1972, 127-28).
42. Per una descrizione dell’edizione del 1563 vedi in fra , 209-11.
43. Vedi la mia recensione al libro del Grendler, T h e « I n d e x lib ro ru m p r o h ib i t o -
ru m » a n d th è V e n e tia n P rin tin g I n d u s tr y in th è S i x t e e n t h C e n tu r y , « Italian Studies »,
xxxv (1980), 52-61.
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » 193
mativi del Grendler, sembra che ci sia ancora qualcosa che ci sfug
ge nei rapporti fra editoria e autorità laiche e religiose a Venezia
nei primi anni della Controriforma.44 È probabile che la migliore
via per fare dei progressi in questo campo sia quella, non molto al
la moda fra i cultori di storia intellettuale, della ricerca bibliogra
fica. Soltanto dopo la cernita ‘verticale’ di tutta l’attività dell’Arri-
vabene, quella editoriale insieme a quella propriamente tipografi
ca, accompagnata con un’esplorazione ‘orizzontale’ della produ
zione tipografica veneziana degli anni sessanta, basate su ricerche
precise e esaurienti condotte in biblioteche italiane e straniere
(non si può sottolineare abbastanza che in questo campo - ed è il
44. Un’altra opera landiana, il C o m m e n ta r io d e lle cose d ’Ita lia , pubblicata per la
prima volta a Venezia nel 1548, ebbe un’ultima edizione veneziana nel 1569, ad
opera di Giovanni Bariletto. Cinque anni prima era stato promulgato a Venezia
V in d ic e tridentino, il primo indice, secondo il Grendler, ad essere accettato e ap
plicato con rigore; esso conteneva le stesse indicazioni sul Landò dell’ In d ic e paoli-
no del 1559. Sul frontespizio del C o m m e n ta r io non compare il nome dell’autore,
ma la sua identità è rivelata, in una maniera simile a quella adoperata nei P a ra d o ssi,
nella lettera di commiato, questa volta scritta da, o attribuita a, Nicolò Morra, che
comincia: « Godi Lettore il presente C o m m e n ta r io , nato dal constantissimo cervel
lo di M. O. L. detto per la sua naturai mansuetudine il Tranq. », e nell’iscrizione
alla rovescia alla fine del C a ta lo g o d e ll’in v e n to ri d e lle cose ch e s i m a n g ia n o e t d e lle b ev a n
d e c’h o g g id i s ’u sa n o , stampato con il C o m m e n ta r io in tutte le edizioni dell’opera,
compresa quella del 1569: « SVISNETROH, SVDNAL, ROTVA TSE », che ci comu
nica antidromicamente il messaggio: « EST AVTOR, LANDVS, HORTENSIVS ». È
diffìcile capire come questo messaggio abbia potuto sfuggire all’attenzione degli
Inquisitori; ma anche ammettendo che, come Omero, avevano il diritto di son
necchiare di tanto in tanto, non avevano potuto chiudere gli occhi alla B r ie v e a p o
lo gia di M . O r te n sio L a n d ò , p e r l ’a u to r e d e l p r e s e n te C a th a lo g o , con cui termina il volu
me. Ventun anni prima, nel 1548, al momento di licenziare C o m m e n ta r io e C a ta lo
g o , i Riformatori dello Studio di Padova avevano informato i Capi del Consiglio
dei Dieci che l’autore delle due opere era « hortensio Landò da piacenza » (il do
cumento è riportato nel mio contributo, P e r la v ita di O r te n sio L a n d ò . . . , 256). È
forse opportuno ricordare che nell’indice tridentino la prima classe, in cui è posto
il nome del Landò, viene cosi definita: « In prima non tam libri, quam librorum
scriptores continentur, qui aut haeretici aut nota haeresis suspecti fuerunt. Ho-
rum enim catalogum fieri oportuit, ut omnes intelligant, eorum scripta, non edita
solum, sed edenda etiam, prohibita esse » (Reusch, D i e In d ic e s lib ro ru m p r o h ib i t o -
r u m . . . , 246). Colgo l’occasione per correggere un errore in cui ero incorso nel
mio contributo P e r la v ita d i O r te n sio L a n d ò . . . , 244, n. 2, dove avevo erroneamente
scritto che il nome del Landò non appare nell ’ In d ic e dementino del 1596. Infatti
lo si trova li nella stessa classe e forma in cui era apparso n e \ V In d ic e tridentino del
1564.
194 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
prezzo che bisogna pagare per il grande prestigio della cultura ri
nascimentale italiana - non bastano orizzonti nazionali) si può
sperare di gettare più luce sul posto occupato dall’Arrivabene nel
mondo intellettuale e religioso del suo tempo.
Intanto, l’attaccamento quasi ventennale dell’Arrivabene al ca
polavoro del Landò, testimoniato dalle edizioni del 1 5 4 4 e del 1 5 6 3
e dovuto, si può sospettare, a considerazioni tanto economiche
quanto ideologiche, ci permette di avanzare l’ipotesi, solo parzial
mente suffragata da prove concrete, del suo coinvolgimento an
che nelle edizioni del 1545. Secondo quest’ipotesi le azioni
dell’Arrivabene possono essere riassunte cosi: nel 1 5 4 4 , una volta
fatti stampare i Paradossi con i tipi del Bindoni, l’Arrivabene li ave
va fatti ristampare due volte, la seconda volta dopo l’emissione
della sentenza del 2 agosto, chiedendo al Bindoni di imitare molto
strettamente in queste ristampe la sua prima edizione, nell’inten
to di poter far passare esemplari di queste ristampe come apparte
nenti alla prima edizione bindoniana, e quindi stampate prima del
processo e della sentenza (la logica di questo ragionamento ci por
terebbe a considerare anche la prima ristampa come fatta dopo il
processo). N el 1545, poi, venuti a mancare esemplari delle edizio
ni del 1 5 4 4 , come anche di 15 4 4 C con la data del 1545, e mantenen
dosi viva la richiesta del pubblico per il libro, l’Arrivabene pensò
di farlo ristampare di nuovo. M a non poteva continuare a far ri
produrre la prima edizione veneziana, perché con il passar del
tempo la scusa dell’appartenenza a quella edizione di esemplari
trovati in bottega sarebbe diventata sempre meno convincente;
né tanto meno egli poteva usare nelle nuove edizioni l’impresa
dell’albero colpito da un fulmine, che ormai, per le autorità vene
ziane, era rivelatrice dell’identità dell’editore quanto una delle
sue imprese raffiguranti un pozzo. Cosi, giudicando pericoloso
l’impiego ancora una volta dei tipi di Bernardino Bindoni (o forse
non essendo riuscito a persuadere questi a continuare la sua colla
borazione), l’Arrivabene si rivolse a due altri stampatori; prima a
Venturino Ruffìnello, che aveva il vantaggio di non aver mai
avanti lavorato per lui (forse ebbe un certo peso nella scelta anche
il fatto che il Ruffìnello aveva recentemente aperto un’officina a
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T a v . V ili. Frontespizio dei Paradossi, 1544C. Vedi pp. 188, 201 e 208.
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I § 5**8 ^ g j &Wtg £ 1 - i
• H i I I I 1 ^ 1 i
1 5 ** à 'S - 'S .I .'J ì .'S ^
f i 1 1 1 ? b i s 8 3
LA SECONDA ORATIQNE
ietta Confutatione de Earadofsu
C ON F V T A T I ON E
D E L L I B R O
D E PARADO SSI
NVO VAMENTE COMPOS TA,
et in tre orationi
diflinta*
T a v . XII. Impresa tipografica, Confutazione de’ Paradossi, 1545, c. Air. Vedi p. 188.
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » 195
M antova, e stava p er trasferirsi p erm an en tem en te in q u ella città),
poi a B artolom eo detto l’ Im peradore, provando sim u ltan eam en
te a te n er desto l’ in teresse d el pubblico p er il libro con la stam pa
d ella Confutazione de’ Paradossi ad opera dello stesso stam patore.
Se quest’ ipotesi coglie n el vero, dovrem o concludere che tutte
le ed izio n i v en ezian e d ei Paradossi del Lando erano state p ub b li
cate dallo stesso editore, che aveva saputo m eglio di ogni altro, n e
gli anni fra il 1540 e il 1570, sfruttare le in certezz e d ell’ am m in istra
zione v en ez ian a rispetto alle esigen ze spesso contrastanti del
com m ercio librario e d ella C ontroriform a.45
45. Nel 1594 e di nuovo nel 1602 furono pubblicate, a Bergamo e a Vicenza ri
spettivamente, con il permesso delle autorità religiose, due edizioni espurgate
dei Paradossi, la prima con diciassette Paradossi, scelti dai due libri, e la seconda
con quindici dei diciassette Paradossi contenuti nell’edizione del 1594 (vedi
G rendler, Critics of the Italian World..., 233-34, con alcune inesattezze rispetto al
contenuto delle due edizioni).
A P P E N D IC E 1
i. V i = i 544a
Frontespizio
** PARADOSSI *+ / CIOÈ, SENTENTIE FVORI / Del com un parere,
N ouella- / m ente uenute in luce. / O PRA N ON MEN D O T T A CHE /
piaceuole, & in due parti Jeparata. / [Impresa (81,5 x 71 m m ): dentro
un bordo ovale, albero colpito da un fulm ine, sotto un cielo stellato;
nel bordo: SO TTO LA FE DEL CIEL AL AER CH IARO. TEMPO NON
MI PAREA D A FAR RIPARO] / [a sinistra dell’impresa, parallelam en
te al margine] OMNI TEMPORE DILIGIT, / [a destra dell’impresa,
parallelam ente al margine] QVI A M IC VS / EST. PRO. XVII. / IN VI-
NEGIA. M D XLIIII. /
Collazione
8°. A-D 8 E8 (± E 2.7) F-N 8 O4 (k2-4 L3 per L4). Cc (2) 3-18 1120-2215
24-29 22 3124 25 34 27 36-44 37 46-55 46 57-80 82 82-101103 103-106 (2).
In alcuni esemplari la c. 73 è numerata 65, numero della prima carta della
segnatura precedente, erroneamente trasferito dal compositore insieme con
il titolo corrente alla form a esterna della segnatura seguente, e poi corretto
durante la tiratura.
Contenuto
A ir Frontespizio A iv Bianco A2r Lettera dedicatoria: « ALL’IL-
Titolo corrente
[verso] ** IL PRIMO (SECONDO) LIBRO t e / [recto] ** DE PAR A
DOSSI te
Varianti:
** T A V O L A t e O 3V 0 4 r
[manca il titolo] A ir-3 r C 4r D sr D yr G3r G4r O2V C>3r O4V
[mancano i fregi] A3V A4r A5V A 6r A7V A8r
PARADOSSI. A 5 r B 4 r B 6 r B 7 r C 2 r C 7 r C 8 r D2 r D8 r E2 r E5 r E8 r
F2r F5r F8r G sr G6r H 6r H -N 7r 0 2 r
PARADOSSI, A 7r A8r B 8r C 6r D 6r E6r F6r G-N8r
[fregio a sinistra invertito] E-G7r H -N sr O ir
[fregio a sinistra invertito e capovolto] E-G8v H -L6v L7r M 6v
M 7r N 6v N 7r O iv 0 2 r
SECONDO [invece di PRIMO] G iv G2v
I fregi a Eyr sono del tipo più grande descritto nella nota 1).
198 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
Richiami
A8v ciò B8v tanto C8v le m olte D8v stata E8v (per F8 v M eglio G8v
liare H8v io di I8v m ille K8v gior L8v gnifìcano M8 v ti non N8 v (co
me
Tipi
Lettere dedicatorie e lettera di com miato: corsivo, 29 IL, 122 x 73
m m (A2r), 20 IL = 84 mm
Testo: tondo, 29 IL, 122 (131) x 73 mm (A4r), 20 IL = 84 mm (= tondo
l)
Iniziali xilografiche
21 xilografìe, appartenenti a diversi alfabeti di diversa grandezza,
alcune usate varie volte, per un totale complessivo di 34 iniziali.
Esemplari esaminati
Bologna, B. Univ., A V Y V 2 23; Firenze, B. Marucel., 10 0 vm 65; Firenze,
B. Naz. Centr., 12 B B 5 1 6 ; altro esempi., 12 9 578; Manchester, Joh n Rylands
Univ. Lib., Christie 9 c 33; *New Haven, Conn., Yale Univ. Lib., Beinecke
Hd 28 360; Padova, B. Univ., 90 c 249; Parma, B. Pah, Sai I xvn 37707; *Phila-
delphia, Pennsylvania Univ. Lib., IC5 L2347; Reggio Emilia, B. Mun., 16 H
1207; Roma, B. Ang., 00 8 48; *Toronto, Univ. Lib., B io 3130; Trento, B.
Com., 230 i 20; Venezia, B. Marc., 69 D 133; Verona, B. Civ., 116/1.
Nota
1) I foglietti congiunti E2 e E7 si presentano in due form e diverse. Una,
conservata in dieci dei quindici esemplari esaminati, contiene a E2r una ver
sione più breve e meno controversa della fine del Paradosso v i i : « Esser mi
glior 1’imbriachezza, che la sobrietà ». Indizi di natura tipografica - una pic
cola differenza nella misura usata dal compositore (72 mm invece di 73 mm);
il fatto che E2v è di solo 28 righe, di contro alle 29 righe di una pagina norm a
le; la disposizione delle varianti nei titoli correnti - inducono a ritenere che
la form a « breve » di E2 e E7 sia posteriore a quella « lunga », conservata negli
altri cinque esemplari. La sostituzione, decisa presumibilmente per ragioni
di ordine testuale, venne effettuata ristampando il quartino E2/E7 e inseren
dolo nella segnatura E, probabilmente quando una parte dell’ edizione aveva
già lasciato l’officina tipografica. Ristampando il quartino, si colse l’ occasio
ne di rimediare a un errore di composizione per cui l’ultima riga dell’ origi-
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » 199
nario E2v era stata ripetuta all’inizio di E3r. Cosi, nella form a « breve », E2v
consta di solo 28 righe. La form a « breve » di E2 e E7 è stata essa stessa sottopo
sta a un processo correttorio durante la tiratura, di cui sono rimaste le traccie
in alcune varianti interne.
2) Il materiale tipografico usato per stampare questa edizione appartiene a
Bernardino Bindoni.
2. V 2 = I544b
Frontespizio
[com e 1544 a]
Collazione
8°. A -N 8 O 4. C c (2) 3 -20 2 0 22 22 2 4 -6 9 80 7 1 8 2 73-80 9 1-10 6 9 7 -10 11 0 3
103 104 100 104 (2) [= 108].
Contenuto
Com e I544a, tranne per la fine delprim o libro, a G2v, dove non si tro
vano le parole: « IL FINE DEL PRIMO LIBRO ».
Titolo corrente
[com e 1544 a]
Varianti:
TAVOLA 0 3 v-4r
[manca il titolo] A ir-2 r A3r 0 2 v -3 r O4V
[mancano i fregi] N ir - 0 2 r
PARADOSSI. N ir - 0 2 r
LIBRO. N iv-8v
[fregio a sinistra invertito e capovolto] B7V B8v C7V C8v D7V
D8v E7V E8v
[fregio a destra invertito e capovolto] A -M 7r A -M 8r
[fregio a sinistra invertito; fregio a destra capovolto] A sr A 6r
E6r F-M 5r F-M 6r
200 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
Richiami
[come 1544 a, tran n e] A 8 v ciò
Tipi
Lettere dedicatorie e lettera di com miato: corsivo, 2 9 IL, 122
(129) x 73 mm, della stessa m isura m a diverso da quello usato in 15 4 4 a
Testo: A-M , come 15 4 4 a (= tondo 1)
N-O, un altro tondo (= tondo 11), della stessa m isura di 1, ma
con piccole diversità in alcune lettere (ad esempio, in 1 la parte infe
riore d el^ minuscolo è inclinata a destra, m entre in 11 è perpendicola
re)
30 IL: G ìv-2v.
Iniziali xilografiche
C o m e 15 4 4 a, m a q u attro d e lle 21 x ilo g ra fìe (una Q , d u e S, u n a C ) sono
diverse.
Esemplari esaminati
Bologna, B. Com. Archigin., Landoni 1873; Cambridge, Univ. Lib., Bute
8722; ‘ Cambridge, Mass., Harvard Univ. Lib., Ital. 7650145*; ‘ Chicago, Univ.
Lib., Rare Book Room; Firenze, B. Naz. Centr., 3 L 6 490; altro esempi., 12
BB 5 15 ; Manchester, Joh n Rylands Univ. Lib., Bullock 343440; altro esempi.,
Christie 9 c 32: Padova, B. Semin., DD 3 x; Parigi, B. Nat., Z 17971; Pisa, B.
Univ., H m 1126; Venezia, B. Marc., 218 C 177 (1); Venezia, B. Correr, 11510;
Vicenza, B. Civ. Bert., B 1 2 2; ‘ Urbana, 111., Illinois Univ. Lib., x 853 L23 Op
1544.
Nota
Il materiale tipografico usato per stampare questa edizione appartiene a
Bernardino Bindoni.
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » 201
3. V 3 = I544C
Frontespizio
[come 1544a, con le seguenti differenze: 1) nella prim a riga, i fregi pri
m a e dopo la parola PARADOSSI sono invertiti e capovolti rispetto a
1544a; 2) nella seconda riga, niente virgola dopo CIOÈ; 3) a sinistra
dell’impresa, le parole parallele al m argine sono congiunte insiem e,
cosí: OMNITEMPOREDILIGIT; 4) a destra dell’impresa, niente pun
to dopo EST; 5) l’ultim a riga è: IN VINEGIA M.D.XLIIII.]
Collazione
8°. A-N 8 O4 (k per K). Cc (3) 4-2819 30-50 (1) 52-69 80 7182 73-80 91-93
64 95 95-106 97-104 100 101 (2) [= 108].
Contenuto
come I544b
Titolo corrente
[verso] IL PRIMO (SECONDO) LIBRO / [recto] DE PARADOSSI
Varianti:
TAVOLA C>3v-4r
[manca il titolo] A ir-2 r A3r G3r G4r Ü 2v-3r O4V
[manca IL] A6v
SECONDO [invece di PRIMO] G iv G2V
LIBRO. N3V N4V
IL PRIMO LIBRO [per DE PARADOSSI] D2r
[DE omesso] C 8r F6r
202 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
PARADOSSI. B y r E 6 r E y r I 6 r K s r M 5 r N 3 r N 6 r
PARAD O SSO I G 7 r
PARAOSSI L 4 r
Richiami
[come 1544 b]
Tipi
Lettere dedicatorie e lettera di com miato: come 1544b
Testo: come 1544b, m a i due tondi sono distribuiti secondo la se
guente tabella:
tondo I tondo II
A B
Cir-3r C3v-4 r
C4v-5r C5v-6r
C6v-8r
D E
Fir-2v F3r
F3v-4 r F4V
F5r-6r F6v
F7r-8v
G H
I K
L M
Nir Niv-2r
N2V-3V N4r
N4v-5r N5V
N6r-8v O
28 IL: E 2 v F7V; 30 IL: G i v -2 v
Iniziali xilografiche
24 xilografìe, di cui 18 già apparse in 1544a o in 1544b, alcune usate
diverse volte, per un totale complessivo di 34 iniziali.
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » 203
Esemplari esaminati
Bologna, B. Com. Archigin., 8 D vi 53; Cambridge, Univ. Lib., P 6 402 [sei.
e]; *Chapel Hill, N.C., N orth Carolina Univ. Lib., RBR T857 L; Firenze, B.
Naz. Centr., 60 8 60; altro esem pi, M 40 2; Parigi, B. Nat., Z 17972; Piacenza,
B. Com., R xii 47; Roma, B. Vat., Ferraioli v 1939; Treviso, B. Com., 2331; V e
nezia, B. Marc., 70 C 193.
Nota
1) La collazione di quattro esemplari di 1544 c (Cambridge, Chapel Hill,
Parigi, Roma) ha rivelato la presenza di correzioni eseguite durante la tiratu
ra in sette dei quattordici fogli. In sei fogli (B, D, E, I, L, M) le correzioni inte
ressano una sola forma, quella interna in B, D, E, I, L, quella esterna in M,
mentre in H le correzioni si estendono a ambedue le forme. La form a interna
di I, poi, è stata corretta due volte, la prim a volta per correggere alcuni refusi
tipografici, la seconda volta unicamente per eliminare tre errori nei titoli
correnti (q. v.).
2) Due degli esemplari elencati sopra, quello di Firenze, B. Naz. Centr.,
60 8 60, e quello veneziano, portano sul frontespizio la data « m . d . x l v » . Si
tratta di una variante introdotta durante la tiratura (lo prova il fatto che la
lunghezza delle sei prim e righe del frontespizio nell’esemplare veneziano è
inalterata rispetto agli altri esemplari di 15440).
3) Il materiale tipografico usato per stampare questa edizione appartiene a
Bernardino Bindoni.
4. E s e mp l a r i mi s t i c o n l a d a t a de l 1544
5. V4 = 1545 a
Frontespizio
PARADOSSI / CIOÈ, SENTENTIE / FVORI DEL C O M V N / Parere:
N ouellam ente / venute in luce. / OPERA N O N MEN D O T T A / Che
piaceuole: & in due / parti Jeparata. / [Fregio] / [Impresa (24 x 24
mm): astronomo con sfera arm illare, sotto un cielo stellato] / [linea] /
IN VENETIA. M D XLV. /
Collazione
8° . A-L8. Cc (2) 3-85 (3).
Contenuto
A i r Frontespizio A i v Bianco A2 r Lettera dedicatoria: « A LL’ ILLV-
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » 205
Titolo corrente
[verso] IL PRIMO (SECONDO) LIBRO |[recto] DE PARADOSSI.
Varianti:
[manca il titolo] A ir-3 r L6r Lyr-8v
.DE H 2r
PARADOSSI B3r
Richiami
A8 v lo cheB 8v re le C8 v za qual D8 v che per E8 v glior F8v grandezze
G8v fusse H8v conuer = I8v nutolo K8v e paruto
Tipi
Lettera dedicatoria del prim o libro e Tavola dei Paradossi: tondo,
30 IL, 123 x 71 m m (A2 v), 20 11. = 82 mm.
Testo del prim o e del secondo libro: tondo, 34 IL, 126 (133) x 71 mm
(B3r), 20 IL = 74 m m (A3r-8v = 33 IL, 122 (129) x 68 mm).
Lettera dedicatoria del secondo libro e lettera di com miato: corsi
vo, 20 IL = 82 mm.
Iniziali xilografiche
14 xilografìe, tredici con lettere in nero su sfondo bianco, apparte
nenti a diversi alfabeti, alcune usate varie volte, per un totale com
plessivo di 34 iniziali.
206 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
Esemplari esaminati
Bergamo, B. Civ., Salone Cass 3 G 128; Parma, B. Pai., Pai. 12213; Roma, B.
Vat., Capponi vi 59; *San Marino, Cai., Henry E. Huntington Lib., ENV
370306; Venezia, B. Marc., 63 c 205 (impf.: mancano E5r-8v); ‘ W ashington,
DC, Folger Shakespeare Lib.
Nota
1) O ltre la variante nel titolo corrente già ricordato, c’ è una variante inter
na nella form a interna di C.
2) Il materiale tipografico usato per stampare questa edizione appartiene a
Venturino Ruffìnello; il proprietario dell’impresa usata nel frontespizio non
è stato identificato.
6. V5 = 1545b
Frontespizio
PARADOSSI / CIOÈ SENTENTIE / FVORI DEL C O M V N / parere:
Nouellamente / uenute in luce. / OPERA N ON MEN D O T =/ta che
piaceuole: &in due /parti ¡eparata. / [Fregio] / IN VENETIA M.D. XLV. /
Collazione
8°. A-L8. Cc (1) 2-88.
Contenuto
A ir Frontespizio A iv Bianco Azr Lettera dedicatoria: «A L L ’IL-
LVSTRISSIMO SIGNORE / il S. ChristoforoMadruccio V. di Tr. /ammini
stra tore di Pr. », anonima A3 r Testo del primo libro, contenente quat
tordici Paradossi, ognuno dei quali incomincia con un’iniziale xilo
grafica F2 v Lettera dedicatoria: « AL M O LT O ILLVSTRE ET REVE/
rendo Signore: il S. Cola Maria Caracciolo V. / di C. &assistente di Jua
Santità. », anonima F3V Testo del secondo libro, contenente sedici
Paradossi, ognuno dei quali incomincia con un’iniziale xilografica;
termina a L6r: «IL FINE DE PARADOSSI. / SVISNETROH
TABEDVL. » L6v Lettera di commiato: « PAVLO M ASCR AN ICO /
alli cortesi Lettori. » L7V « T A V O L A DE PARADOSSI. » L8r-v Bianco.
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « PA R AD O S S I» 207
Titolo corrente
[verso] IL PRIMO (SECONDO) LIBRO |[recto] DE PARADOSSI.
Varianti:
[manca il titolo] Air-3r F2V-3V L6v L7V-8V
Richiami
A8v fanno B8v que C8v ri per D8v l’Isola E8v tanto F8v mediocre
mente G8v Meglio H8v so chiaro 18v stumati K8v ciò
Tipi
Corsivo, 30 IL, A-B = 123 (130) x 67 mm (A4r); C-L = 123 (130) x 72
mm (C2r), 20 11. =82 mm (corsivo di Froben 80 [1520]; vedi A. T into,
Il corsivo nella tipografia del ’500, Milano 1972, 47-50, e Tav. x 2).
Iniziali xilografiche
12 xilografìe, appartenenti a diversi alfabeti, alcune usate varie vol
te, per un totale complessivo di 32 iniziali.
Esemplari esaminati
Bergamo, B. Civ., Salone Cass 3 1 1 1 33; Cambridge, T rinity Coll. Lib.,
Butler 24; *Durham, N. Carolina, Duke Univ. Lib., T r R 858 49; Firenze, B.
Marucel., 7 H 4 72; Firenze, B. Rie., Mise. 302 4; Londra, Brit. Lib., 1081 g 15;
Manchester, Joh n Rylands Univ. Lib., Christie 9 c 34; Mantova, B. Com.,
A rm 20 a io; M ilano, B. Ambr., S N H 1123 (1); ‘ N ew York, N.Y., Columbia
Univ. Lib., B 851 L234; Oxford, Taylor Institute, A rch I a 27; Parigi, B. Maz.,
45460; Pavia, B. Univ., 6 9 1 30; altro esempi., 123 A 3; Piacenza, B. Com., N xn
16; Roma, B. Ang., RR 28; altro esempi., xx 2152; Roma, B. Naz. Cen., 69 8 G
5; Treviso, B. Com., v 17 L 24; Vicenza, B. Civ. Bert., B 4 2 14 ; ‘ W ashington,
D.C., Lib. o f Congress.
Nota
1) In 6 dei 21 esemplari esaminati, invece delle iniziali xilografiche a B iv
(Q )e B 4 r( T ) ,c ’ è uno spazio vuoto, contenente una piccola lettera di guida.
208 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
Frontespizio
CONFVTATION E / DEL LIBRO / DE PARADOSSI / NVOVAMENTE
CO M PO STA, / et in tre orationi / distinta. / [Impresa: albero colpito da
un fulmine; vedi 1544 a] /
La xilografìa usata per l’impresa può essere identificata con quella usata
per le tre edizioni dei Paradossi del 1544 per una serie di fratture all’orlo (vedi
T aw . v i l i e x i i ).
Collazione
8°. A-C8. Cc (1) 2-24.
Contenuto
Air Frontespizio Aiv: « LA T A V O L A DE I PARADOSSI, / che in queste
tre Orationi ji confutano.» Azv Lettera dedicatoria: «All'eccellente Si
gnora mia la S. D. Hippolita / Gonzaga, Contesa della Mirandola. », anoni
ma A3 r: « TRE O RATION I NELLE / quali Ji confuta il libro de Parados
si.» B s r: «L A SECONDA ORATIONE / della Confutatione de Para-
dojsi. » C3V: « LA TERZA ORATIONE / della Confutatione de Parados
si. » C8v Bianco.
Titolo corrente
[vèrso] CONFVTATION E |[recto] DE PARADOSSI.
Varianti:
[manca il titolo] Air-3r Bsr C8v
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « PA R AD O S S I» 209
Richiami
A8v io ue B8v decreti
Tipi
Corsivo, 29 IL, 122 (130) x 71 mm (A4r); 20 11. = 84 mm
1) 30 IL: C5r-7v.
2) I tipi sono sim ili a quelli usati per la stampa di 1545 b, ma il corpo
pare leggerm ente più grande.
Iniziali xilografiche
5 xilografìe, di cui tre, E (C3V), N (A3r), P (B5r), appartengono allo
stesso alfabeto figurato (27 x 23 mm).
Esemplari esaminati
Bergamo, B. Civ., Salone Cass 3 H 4 80; Bologna, B. Com. Archigin., 8 EE v
25; Bologna, B. Univ., A V Y V 2 23; Cambridge, Emmanuel Coll. Lib., 323 7
94; Ferrara, B. Com. Ariost., L 3 7 2; Firenze, B. Naz. Centr., M 1083 3; Lon
dra, Brit. Lib., 245 d 5; altro esempi. 1081 g 29; Manchester, Joh n Rylands
Univ. Lib., Bullock 343440; altro esempi., Christie 9 c 34; altro esempi., Chri-
stie 9 c 36; Milano, B. Ambr., S iVH 1 66; M ilano, B. Naz. Braid., & & vm 72/2;
M ilano, B. Triv., M 611; Modena, B. Est., 6 2 6 9 ; Monaco di Baviera, Bayeri-
sche Staatsbibl., Ital 92/2; Parigi, B. Nat., Z 17973; Piacenza, B. Com., C 4 I 9;
altro esempi., N xn 16; Roma, B. Ang., 0035; Treviso, B. Com., 2336; Venezia,
B. Marc., 66 C 204; Venezia, B. Q uerini Stampalia, I g 1461.
Nota
1) 17 dei 23 esemplari elencati sopra sono legati con esemplari di un’edi
zione veneziana dei Paradossi, uno con un esemplare di I544a, uno con un
esemplare di 1544b, uno con un esemplare « misto » del 1544, due con esem
plari di 1545b, e dodici con esemplari dell’edizione del 1563 descritta sotto.
2) L’alfabeto figurato di iniziali xilografiche, e probabilmente anche il re
sto del materiale tipografico usato per stampare questo libro, appartiene a
Bartolomeo detto l’Imperadore, stampatore di 1545b.
8. V6 = 1563
Frontespizio
Paradojsi / CIOÈ SENTENTIE FVORI / DEL C O M M V N PARERE /
210 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
Colofone
(L 7 v ) IN VENETIA MDLXIII. /
Collazione
8°. A-L8. Cc (1) 2-86 (2).
Contenuto
Air Frontespizio AivBianco A21 Lettera dedicatoria: « ALL’ILLV-
STRISSIMO / SIGNORE, IL S. CH RISTOFORO / M A D R V C C IO V. DI
TR. / & amministratore di Pr. », anonima A3r Testo del primo libro,
contenente quattordici Paradossi; termina a Fi v: « IL FINE DEL PRI
M O LIBRO. » F2r Lettera dedicatoria: « AL M O LTO ILLVSTRE / &
Reuerendo Signore, il S. Cola / Maria Caracciolo V. di C. / & ajsi-
stente di Jua /Jantità. », anonima F3r Testo del secondo libro, conte
nente sedici Paradossi; termina a L5V: «IL FINE D E PARADOS
SI.» L6r Lettera di commiato: «PA VLO M ASC R AN IC O / ALLI
CORTESI / LETTORI.» L y r «L A T A V O L A / DE’ PAR AD O S
SI.» L7V Colofone L8r-v Bianchi.
Tipi
Corsivo, 30 IL, 124 (131) x 74 mm (A4r), 20 11. = 82 mm.
Esemplari esaminati
Bergamo, B. Civ., Salone Cass 3 H 4 80; Bologna, B. Com. Archigin., 8 EE
V 25; Londra, Brit. Lib., 245 d 5; altro esempi., 1081 g 29; Manchester, John Ry-
XI • EDIZIONI VENEZIANE DEI « P A R A D O S S I » 211
lands Univ. Lib., Bullock 343425; altro esempi., Christie 9 c 36; Milano, B.
Ambr., S N H I 66; M ilano, B. Naz. Braid., & & vm 72; M ilano, B. Triv., M
611/2; Parigi, B. Nat., Rés Z 3576; Piacenza, B. Com., C 4 1 9; altro esempi., E1
xii 55; Venezia, B. Marc., 66 C 204; Venezia, B. Q uerini Stampalia, I g 1461.
Nota
1) Due degli esemplari esaminati, quello dell’Ambrosiana di M ilano e
quello di Parigi, hanno il frontespizio seguente: PARADOSSI, CIOÈ / SEN-
TENTIE FVORI DEL / COMMVN PARERE / NOVELLAMENTE VENVTE /
IN LUCE. / OPERA NON MEN DOTTA, CHE / PIACEVOLE, ET IN DOE /
PARTI SEPARATA. CON / l’Indice delle coje degne di / memoria, di nuouo
aiunto. / [Impresa (44 x 44 mm): Cristo con la Samaritana al fonte; ai tre lati
dell’impresa: CHI BERRÀ DI QVESTA / ACQVA, NON HAVERÀ / SETE IN
ETERNO.] / IN VENETIA, / Appresso Andrea Arriuabene. / M D LXIII. /
Nelle altre pagine (A2v, A3r, A4V, Asr, A 6v, A 7r, A8v) che, insieme con il
frontespizio (=Air), compongono la form a esterna della segnatura A, questi
esemplari offrono anche una serie nutrita di varianti interne.
2) Di questa edizione abbiamo dato una descrizione meno dettagliata di
quella fornita per le edizioni anteriori.
XII
2. Il lavoro testuale, iniziato da Michele Barbi nel 1934 con l’articolo II testo dei
«Promessi Sposi », negli « Annali della R. Scuola Normale Superiore di Pisa » (ora
in M. B arbi, La nuova filologia e l’edizione dei nostri scrittori da Dante al Manzoni, Fi
renze 19732, 195-227), e continuato da lui e da Fausto Ghisalberti nelle pagine del
la rivista « Annali manzoniani », soprattutto nel contributo del Ghisalberti (Per
l’edizione critica dei «Promessi Sposi», «Annali manzoniani», 1 [1939], 241-282), fu
portato a termine prima con la pubblicazione nel 1942 ad opera del Barbi e del
Ghisalberti del solo testo critico, e poi coll’ edizione mondadoriana, apparsa nel
1954 a cura di Alberto Chiari e del Ghisalberti, del testo delle tre redazioni del ro
manzo, con apparato di varianti e nota filologica (Tutte le opere di A. Manzoni, a cu
ra di A. C hiari-F. G hisalberti, ii, IPromessi Sposi. Tomo I, Testo definitivo del 1840.
Tomo II, Testo della prima edizione 1825-1827. Tomo III, Fermo e Lucia, Milano 1954).
La storia esterna dell’edizione, con la pubblicazione dei documenti legali e finan
ziari e di molte lettere di e a Manzoni relative all’edizione, è stata tracciata da M.
Parenti, Manzoni editore: storia di una celebre impresa manzoniana illustrata su docu
menti inediti 0 poco noti, Bergamo 1945.
XII • l ’ e d i z i o n e definitiva dei « promessi spo si» 215
un unica innovazione significativa, quella che portò, verso il 1475,
al raddoppiamento della lunghezza del carro,3 fu sconvolto nella
prima metà dell Ottocento da una serie di invenzioni rivoluzio
narie che cambiarono completamente i mezzi di produzione.
Quelle più importanti furono la meccanizzazione dell’operazio
ne della stampa e del lavoro compositoriale, iniziata rispettiva
mente nel secondo e nel terzo decennio del secolo, e il perfezio
namento della stereotipia, avvenuto nello stesso periodo.4 M a an-
3* una testimonianza italiana del 1476, che accenna alla necessità di far
stampare il materiale tipografico contenuto nel carro ingrandito con due tratti
della sbarra, e non uno, v. A. R osenthal, SomeRemarks on “thè Daily Performance of
a Printing Press in 1476”, « Gutenberg-Jahrbuch », 1979,39-50. Si attende con molto
interesse la pubblicazione dei risultati delle ricerche condotte da Lotte Hellinga,
della British Library, sul luogo e sulla data dell’innovazione.
4* Cfr. P. G askell, A New Introduction to Bibliography, Oxford 1972, 201-205;
25I_253; 274- La meccanizzazione della stampa interessò all’inizio soprattutto la
stampa di giornali e di riviste. In Inghilterra, luogo di nascita del torchio meccani
co, soltanto dopo il 1830 si cominciò ad usarlo anche per la stampa dei libri. La sto
ria dell’introduzione e dell’uso in Italia della stampa meccanica e delle altre in
novazioni ottocentesche nel processo tipografico è ancora largamente da fare;
ma è già chiaro che l’acquisto nel 1830 fatto da Giuseppe Pomba di Torino di un
torchio meccanico da usare anche (forse soprattutto) per la stampa dei libri è se
gno di un apprezzamento estremamente precoce delle possibilità della nuova in
venzione (cfr. L. Firpo, Vita di Giuseppe Pomba da Torino: libraio tipografo editore,
Torino 1975 - Strenna Utet 1976). Nel Tomo x i i della Nuova enciclopedia popolare,
pubblicata dal Pomba nel 1848, alla voce Tipografia, si tessono le lodi della nuova
macchina: « Un grande perfezionamento introdottovi da varii anni nell’arte tipo
grafica, sono 1 torchi mecanici... La machina mossa da due uomini che girano un
manubrio, o da una machma a vapore, fa tutte le operazioni da sé, e stende anche
1 inchiostro sui caratteri. Ne viene che la stampa si fa con grande economia e con
una sollecitudine, senza la quale non si potrebbero stampare io, 15 e fino a 20 mila
copie al giorno di alcuni fogli periodici. Prima di tale scoperta era d’uopo molti
plicare le forme, laddove invece oggidì due forme sono sufficienti, e la tiratura è
da sei a otto volte più rapida. - Egli è vero che queste machine non diedero ancora
stampe molto esatte; il registro della ritirazione non vi si fa molto bene, quindi è che
non si può valersene per le belle edizioni, né pei libri di matematiche i quali ab
bondano di segni e di impaginature delicate; ma i torchii mecanici riescono utilis
simi per la maggior parte dei libri, massime per quelli che publicansi in gran nu
mero e pei quali occorre sollecitudine » (p. 217). A Firenze, negli anni Cinquanta,
secondo Gaspero Barbera, i torchi meccanici non erano creduti buoni per la
stampa dei libri: « In Firenze non si conoscevano torchi a macchina, che avessero
riputazione di essere buoni arnesi, al più si credevano atti a stampare giornali,
non già opere; l’impressione veniva arrabbiata e il registro non corri-
216 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
spondeva per niente » (G. B arbèra, Memorie di un editore, Firenze 19302, 126-127).
Il Barbera ricorda che la tipografìa Le Monnier, per cui lavorò dal 1841 al 1854,
« aveva sei torchi a mano, e piu tardi, verso il 1850, accrebbe il materiale di un tor
chio a macchina » (ibid., 52). A Milano negli anni Cinquanta c’erano già sei torchi
meccanici, ma non so da chi né quando fu introdotta nella città lombarda la nuo
va invenzione. La stereotipia, come scrisse il tipografo milanese Giulio Pozzoli,
« è quel processo che ormai tutti conoscono, destinato a moltiplicare le impres
sioni col mezzo di piastre fuse, solide, rappresentanti in un sol pezzo la faccia del
le pagine state composte con caratteri mobili » (G. Pozzoli, N u o v o manuale di ti
pografia, Milano 1882,365). L’uso della stereotipia dev’essersi diffuso in Italia poco
prima, perché nella prima edizione del suo libro il Pozzoli l’aveva detto « proces
so non estraneo alla tipografìa, ma da pochi conosciuto e molto meno praticato »
(G. P ozzoli, Manuale di tipografia, Milano 1861, 331).
5. Cfr. R. D arnton, The Business of Enlightenment: a Publishing History of thè
« Encyclopédie » 1775-1800, Cambridge (Mass.) 1979,177-245, soprattutto p. 240, fìg.
3. Uno studio generale delle attività della Société Typographique de Neuchâtel
per gli anni 1769-1773 è in corso di preparazione, ad opera di Jacques Rychner.
Del Rychner, intanto, si possono consultare À l’ombre des Lumières: coup d’oeil sur la
XII • l ’ e d i z i o n e definitiva dei « promessi spo si» 217
re un aumento nel ritmo di produzione poteva essere attaccato
anche da un altro lato, quello della grandezza del materiale tipo
grafico fatto passare sotto il torchio. M a malgrado i vari tentativi
fatti per aumentare la grandezza del torchio di legno, i lim iti im
posti dal materiale di cui era fabbricato si erano dimostrati invali
cabili: dal Cinquecento all’Ottocento le dimensioni medie del
piano del torchio di legno rimanevano di 47 per 30 cm., e quelle
dello specchio di stampa del foglio d’edizione di 60 per 47 cm.6
La soluzione del problema doveva aspettare la nuova tecnolo
gia della rivoluzione industriale. Nel 1800, un ingegnere dilettan
te inglese, Carlo Mahon, visconte Stanhope, ideò e fece costruire
un torchio fatto di ghisa, destinato a diffondersi per tutta l’Europa
e ad essere largamente usato per più di un secolo, accanto ai nuovi
torchi meccanici. Il torchio Stanhope era stato concepito in rispo
sta ad una esigenza sentita per la prima volta nel lontano 1475 con
il raddoppiamento nella grandezza del carro: come costruire un
torchio con un piano tanto grande da poter stampare il materiale
contenuto nel carro ingrandito con un unico tratto della mazza.
M a la robustezza dei nuovi torchi metallici consentiva un’altra
innovazione che si rivelava ancora più importante per la storia
della stampa, l’ingrandimento dell’intero torchio, compresi carro
e piano. Già alla fine del primo ventennio dell’ Ottocento si aveva
no torchi Stanhope di varie dimensioni, da quelli della stessa gran
dezza del torchio tradizionale a quelli capaci di stampare un’area
che misurava 98 per 58 cm., circa quattro volte più grande (T aw .
x i i i e xiv).7 L’aumento nel ritmo di produzione che accompa-
13. Cfr. Appendice 1. Vorrei esprimere la mia gratitudine al prof. Marino Be
rengo, che gentilmente mi ha fornito l’indicazione dei documenti riguardanti la
ditta Guglielmini e Redaelli conservati all’Archivio di Stato di Milano.
14. A. V isconti, Una stamperìa milanese (sec. XVIII - sec. XX), Milano 1928,124-
126.
15. M. B erengo, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, Torino
1980. Il Berengo racconta che nel dicembre del 1842, subito dopo la stampa dei
Promessi sposi, la ditta stampò tre opuscoli devoti spagnoli per l’America latina,
due a tiratura di 12000 esemplari e il terzo a 24000.
16. Archivio di Stato, Milano. Commercio, P.M., busta 349, supplica di Vincen
zo Guglielmini e Giuseppe Redaelli per la patente di Claudio Michele Destefa
nis: «... oltre allo Stabilimento con due Torchi ed un copioso assortimento di
Carratteri (sic), i [ricorrenti si trovano forniti dei mezzi sufficienti che occorrere
potessero per l’andamento dell’azienda medesima».
XII • l ’ e d i z i o n e DEFINITIVA DEI « P RO ME S SI S P O S I » 221
19. F. G hisalberti, Per l’edizione..., cit., 250, nota 2. Le incisioni erano costate
a Manzoni la somma di L. 91497, mentre i profitti dovuti all’autore nel 1843 per la
vendita dell’edizione, secondo i calcoli del Guglielmini, erano di L. 46374 (ihid.,
nota 4).
20. Cfr. M. Parenti, Manzoni editore..., cit., 48.
XII • l ’ e d i z i o n e definitiva dei « promessi spo si» 223
messi sposi , il ritmo di produzione doveva essere sensibilmente
minore.21 Per la stampa di quest’edizione, dobbiamo presupporre
l’uso di tecniche o di attrezzature diverse da quelle tradizionali,
più consone all’industrializzazione dell’attività tipografica che
avvenne durante il corso dell’Ottocento in Italia. M a quali tecni
che, o quali attrezzature?
Per caso, fra le bozze di stampa dei Promessi sposi conservate a
Brera, ce n’è una che ci permette di dare una risposta a queste do
mande. Si tratta di una delle pochissime bozze sciolte (segnatura:
Manz. xxx. 17); è impaginata, come la stragrande maggioranza
delle bozze dei Promessi sposi, e stampata su una sola facciata della
carta, secondo il sistema tradizionale. Essa ci presenta le otto pagi
ne della segnatura (= dispensa) 21, numerate da 161 a 168. Nella sua
forma attuale, la bozza consiste di due lunghe striscie, ognuna
contenente quattro pagine, una accanto all’altra: una striscia con
tiene le pagine 162, 167 168, 161, l’altra le pagine 164, [165], 166,
163.22 A prima vista, non si capisce da quale processo tipografico
possono risultare queste strisce; ma a guardare bene, si vede che
entrambe le strisce hanno un orlo irregolare, creato, a quanto pa
re, da uno strappo, e che i due orli combaciano perfettamente.
24. Il loro suggerimento è stato fatto per spiegare la presenza di bozze stam
pate da un sol verso conservate come pagine separate; cfr. A. M anzoni, Tutte le
opere. . ., ii, cit., Tomo I, 889. Per loro, la bozza grande della segnatura21 era « una
copia di bozze impaginata » (863).
226 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
25. Ad esempio, alcune bozze delle segnature 27, 34, 35, 47 e 101, per cui si ri
manda alla discussione di queste segnature (dai curatori chiamate fogli) nelle note
all’edizione Chiari/Ghisalberti.
IL ?
lèi
27. Per la storia esterna del Tesoro manzoniano, cfr. ihid., 802-803.
28. M. Parenti, Manzoni editore..., cit., 121.
29. Il termine convenzionale per quest’unità, che figurava soprattutto negli
accordi fra autori e editori, era «sedicesimo»; cfr. M. B erengo, Intellettuali e
librai..., cit., 319-329.
XII • l ’ e d i z i o n e definitiva dei « promessi sposi» 229
due mesi, secondo l’articolo 12 del contratto, rivelano che nel no
stro caso non si trattava di una finzione legale: i fogli comprati per
la stampa dell’edizione erano effettivamente capaci di contenere
16 pagine del libro. Ad esempio, per il primo fascicolo, che, come
tutti i fascicoli, conteneva due dispense di otto pagine ciascuna,
con una tiratura di 10000, piu 200 copie di scarto, come accordato
nell’articolo 3 del contratto, si comprarono 21 risme, cioè 10500 fo
gli.30
Più interessante ancora è l’accenno al formato che si trova nel
Manifesto del luglio 1840:
L opera e l’appendice [Storia della Colonna Infame] saranno comprese
in un solo volume in 8°, massimo, di circa fogli 52, ossiano 832 pagine, in
formato, carta e caratteri simili al presente manifesto.31
32. Le bozze dell’edizione definitiva dei Promessi sposi sono di tre tipi, bozze in
colonna, sopravvissute per una parte del testo corrispondente a soltanto ventiset
te pagine, bozze impaginate e imposte stampate su una sola facciata e bozze im
paginate e imposte stampate sul recto e sul verso della carta (bozze del secondo e
del terzo gruppo sono da Chiari e Ghisalberti chiamate talvolta anche « prove di
torchio »). Le bozze ora nel Tesoro manzoniano appartenevano originariamente, a
mio avviso, al secondo e al terzo gruppo; in altre parole, bozze di una sola pagina
esistono oggi soltanto perché la bozza originale di un’intera forma è stata poi ta
gliata e separata in pagine. Dal punto di vista della storia della stampa, le bozze
più interessanti sono quelle in colonna, a quel periodo ancora una novità per la
stampa di un libro. Secondo il Ghisalberti, le bozze in colonna, che rappresenta
no la prima fase nella preparazione dello stampato, ed erano l’occasione di un ul
teriore lavoro correttorio sul testo, dopo quello testimoniato dall’esemplare po
stillato della ventisettana mandato in tipografìa, sono da supporre per l’intero li
bro. L’ipotesi è del tutto convincente: le bozze in colonna, che contenevano il
materiale tipografico prima dell’inserimento dei legni, occorrevano a Manzoni
per poter fissare il collocamento e la misura delle vignette, e talvolta anche il loro
argomento. Questo viene spiegato in una lettera del 20 aprile 1842 a Francesco
Gonin, il pittore torinese che esegui la maggior parte dei disegni per i legni: «...
ecco come stanno le cose. L’appendice [Storia della Colonna Infame], ho visto che
bisognava rifarla di pianta. E ho visto ancora, che, per fissare con fondamento i
posti e le misure de’ disegni, bisognava avere il testo stampato. Ne ho per circa tre
fascicoli, che porteranno circa 24 disegni; e tra cinque o sei giorni, l’avrò corretto
e compaginato, da non aver altro, per la parte mia, che a ingommar le cartoline sui
legni » (A. M anzoni, Tutte le opere..., vii, cit., Tomo II, 214; v. anche 234-235, bi
glietto al Gonin del luglio 1842). Una bozza in colonna, « compaginata » e con
l’indicazione della posizione dei legni, è riprodotta dal Ghisalberti, «Annali
manzoniani », 11 (1941), fra pp. 42 e 43. Bozze impaginate e imposte sono soprav
vissute in versioni multiple per quasi ogni segnatura. Quelle stampate su una sola
facciata esistono per il Manifesto e per sedici delle cento otto segnature del libro.
Nelle bozze dei Promessi sposi non c’è un rapporto cronologico fisso fra bozze
stampate su una sola facciata e quelle stampate sul recto e sul verso; talvolta, la
bozza stampata su una sola facciata precede, altre volte, come nelle segnature 7,
il, 14,27,40,42,63,67, essa segue quella stampata su entrambe le facciate. Il fatto è
che, mentre con l’imposizione normale una bozza stampata sul recto e sul verso
rappresenta, rispetto a quella stampata su una sola facciata, uno stadio seriore del
processo correttorio, con l’imposizione a mezzo foglio essa non possiede alcuna
superiorità o posteriorità intrinseca rispetto all’altro tipo, essendo entrambi pro
dotti dalla stampa della stessa, unica forma.
XII • L EDIZIONE DEFINITIVA DEI « P R O ME S SI S P O S I » 23I
34. Per il testo del contratto con il Sacchi cfr. ibid., 120.
35. A. M anzoni, Tutte le opere..., vii, cit., Tomo II, 128.
XII • l ’ e d i z i o n e definitiva dei « promessi sposi» 233
intendersi col Sacchi perché porti il numero degl’intagliatori stranieri
almeno a sei, e portare a dieci giorni l’intervallo tra le dispense.36
Non prima del 2 febbraio 1840, quindi, e probabilmente dopo
l’8 febbraio, fu steso il secondo paragrafo del contratto nella sua
forma originaria.
M a nel contratto questo paragrafo è stato cancellato, e alla fine
del contratto è stata inserita una nuova versione, che legge cosi:
La pubblicazione dell’opera incomincierà col quindici 15. Luglio
prossimo, e verrà proseguita per dispense di due mezzi fogli di otto pagi
ne ciascuno da farsi ogni quindici giorni.
36. Ibid., 129. Si vede che Manzoni aveva dimenticato l’ordine in cui nella pre
cedente lettera aveva esposto i primi due «partiti».
234 SAGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
38. La lettera è riprodotta in ibid., 272-273. Essa continua: «... nel settembre
scorso mi domandarono un prestito in danaro onde far fronte alle ingenti spese
della stessa edizione, assicurandomi che appena stampati i primi fascicoli, doven
do Ella pagarli e per la carta, e per la stampa, essi mi avrebbero subito rimborsato.
Nel dicembre dell’istesso anno somministrai loro altre somme, assicurandomi di
nuovo la restituzione assieme alle altre, giacché Ella ne aveva già domandato il
conto; ed in Gennaio mi dissero che alla fine del mese Ella aveva già disposto per
rimborsarli; ma passando inutilmente diversi mesi, volli prendere conoscenza
del contratto esistente fra Lei, ed i tipografi, per vedere se realmente si era conve
nuto il detto pagamento, ed è dalla verificazione affermativa, che diedi loro altri
capitali, che io stesso domandai altrove a prestito onde ajutare i detti tipografi, e
lasciare a Lei qualche agio ». In questa partecipazione generosa del Sacchi alle
spese dei tipografi abbiamo il motivo del formarsi della nuova ditta, in cui, signi
ficativamente, toccava al Sacchi la gestione della Cassa. Pare che i tipografi aves
sero rappresentato al Sacchi in maniera inesatta il senso dell’articolo ventitreesi
mo del loro contratto con Manzoni, che stipulava il saldo dei conti di tipografìa
con il danaro incassato per la vendita dei fascicoli.
236 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
39. A. M anzoni, Tutte le opere..., vii, cit., Tomo II, 149.È certamente erronea,
però, l’asserzione dell’Arieti, commentando una lettera indirizzata al pittore Fe
derico Moja, che « il 9 giugno 1840 la composizione del testo giungeva a p. 250 »,
cioè alla segnatura 32 (ibid., 753). Non ho consultato l’originale della lettera in
questione, con cui Manzoni accompagnava l’invio di legni per tre disegni com
missionati dal pittore (Bibl. Labronica, Livorno, Autogr. Bastogi, cass. 36, ins.
574), ma essa dev’essere stata scritta il 9 giugno 1841, non 1840. Uno dei tre disegni
era pronto il 21 giugno 1841 {postscriptum della lettera 613, a Luigi Sacchi); il 29 giu
gno 1841, poi, Manzoni mandò al Moja la somma stabilita per i tre disegni, insie
me con il dono dei fascicoli dell’edizione finora usciti {ibid., 195; 197).
XII • l ’ e d i z i o n e definitiva dei « promessi sposi» 237
na, che non contenevano i legni; deve invece riferirsi alla stampa
di materiale imposto, e cosi all’uso di un torchio grande. Accet
tando l’ipotesi dell’uso di più torchi grandi, il particolare non ri
chiederebbe commenti: la stampa sarebbe stata iniziata su un tor
chio grande comprato dai tipografi durante l’estate e messo nella
loro officina. M a con l’ipotesi di un solo torchio grande, siamo co
stretti a concludere che la stampa dell’edizione definitiva dei Pro
messi sposi ebbe inizio non nell’officina tipografica della ditta Gu-
glielm ini e Redaelli, ma in quella xilografica di Luigi Sacchi. Pri
ma di respingere come assurda questa conclusione, sarebbe op
portuno considerare attentamente l’istanza del 1839 riportata in
appendice. Non sarebbe la stampa del testo manzoniano nell’offi
cina del Sacchi un modo di raggiungere la meta indicata dai nostri
tipografi nella loro istanza come una « necessità assoluta » nella
produzione di edizioni illustrate, quella, cioè, di riunire in un uni
co luogo la stampa di un testo e la preparazione delle sue illustra
zioni?
APPENDICE
V. Guglielmini
Giuseppe Redaelli
A ggiunta
* Inedito.
1. Vedi Parenti, Manzoni editore... cit., 48.
2. Vedi B erengo, Intellettuali e librai... cit., 311, n. 5.
3. Ho consultato l’esemplare dell’Elenco conservato nella sala di consultazio
ne della Braidense (segnatura: bibl. vii. C.b.51/1-30). L’Elenco fu pubblicato men
silmente, ma con paginazione continua per tutta l’annata. L’esemplare braidense
è legato in annate. I volumi segnati bibl. vii. C.b.51/28 e 30 sono doppioni dei vo
lumi 24-27 della stessa serie, ma con una legatura diversa che lascia trasparire
chiaramente la divisione originaria in puntate mensili. Dal 1821 al 1826 l’Elenco
aveva un titolo leggermente diverso: Elenco delle opere stampate e pubblicate in Mila
no e sue provincie. I volumi braidensi contengono anche una pubblicazione paralle
la, l’Elenco delle opere stampate epubblicate in Venezia e nelleprovincie venete, compilato
e pubblicato nello stesso modo.
XII • L EDIZIONE DEFINITIVA DEI « P RO ME S SI S P O S I » 24I
novembre 1840
1846 Manzoni A. I promessi Sposi ecc.,
dispensa i.a e 2.a, in 8, di pag. 16.
Milano, st. G uglielm ini........ 4 70 1000
dicembre 1840
2035 dispensa 3.a - 6.a 70 3000
gennaio 1841
70 dispensa 7.a - io.a 10000
febbraio 1841
255 dispensa i3.a e i4.a 70 10000
marzo 1841
446 dispensa n.a, I2.a e I5.a - i8.a 5 70 10000
aprile 1841
632 dispensa i9.a - 24.a 35 10000
giugno 1841
932 dispensa 2<?.a e 30.a 81 10000
luglio 1841
1147 dispensa 25.a - 28.a, e 3i.a e 32.a 80 10000
agosto 1841
1289 dispensa 33.a - 38.a 40
settembre 1841
1588 dispensa 4i.a - 44.a 35 10000
ottobre 1841
1723 dispensa 45.a e 4ó.a 35 10000
novembre 1841
1883 dispensa 39.a e 40.a6 35 1000
1884 dispensa 47.a - 50.a 35 10000
4- Per il resto dell elenco do soltanto il numero delle dispense. Gli estremi si
ripetono nella stessa forma, o quasi, per ogni registrazione. Dal gennaio 1841 l’in
dicazione del numero delle pagine appare nella forma meno ambigua di « di pag.
8 per dispensa».
5. Questa registrazione, insieme con quasi tutte le seguenti, si conclude con le
parole « per dispense », che si riferiscono al prezzo, espresso in centesimi, che ap
pare nella colonna immediatamente a destra.
6. Eccezionalmente, per queste dispense la registrazione contiene anche la
242 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
dicembre 1841
2153 dispensa 5i.a e 52.a 35 10000
gennaio 1842
59 dispensa 53.a - s8.a 40 10000
febbraio 1842
269 dispensa 59.a - Ó2.a 35 10000
marzo 1842
457 dispensa Ó3.a e Ó4.a 35 10000
aprile 1842
597 dispensa Ó5.a - 68.a 35 10000
maggio 1842
822 dispensa Ó9.a - 72.a 35 10000
giugno 1842
957 dispensa 73.a - 78.a 40
luglio 1842
1218 dispensa 79.a e 8o.a 50 10000
agosto 1842
1396 dispensa 8i.a - 84.a 40 10000
settembre 1842
1542 dispensa 87.a - 92.a 70 10000
novembre 1842
1887 dispensa 8s.a e 86.a, 93.a - ioo.a 35 1000
gennaio 1843
65 dispensa ioi.a - io8.a7 40 10000
L. A R IO ST O , «O R L A N D O F U R IO SO »,
FERRARA, FRA N C E SC O R O SSO , 1 5 3 2 :
PRO FILO DI U N A EDIZIONE*
* Letto al II Seminario Internazionale sulla trasmissione dei testi a stampa nel periodo
moderno, Roma-Viterbo, 27-29 giugno 1985, e in corso di stampa negli Atti del Se
minario.
246 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
1. Per una discussione piu dettagliata dell’uso delle fotocopie trasparenti per
la collazione, mi sia permesso di rimandare alla mia nota, Una nuova tecnica per col
lazionare esemplari della stessa edizione, « La Bibliofilia », lxxxvii (1985), 65-68. [Sm-
pra, 105-11.]
2. Per le edizioni ariostesche, vedi G. A gnelli-G. R avegnani, Annali delle edi
zioni ariostee, Bologna 1933, 2 voli.
3. Dal 1524 al 1531, secondo i dati forniti da Agnelli e Ravegnani, furono pub
blicate quindici edizioni abusive, tre nel 1524, una nel 1525, tre nel 1526, due nel
1527, una nel 1528, quattro nel 1530 e una nel 1531. Anche se bisognosi di controllo,
XIII • l ’ « ORLANDO F U R I O S O » DEL 1532 247
e forse anche di revisione, alla luce dei progressi fatti in questi ultimi cin
quantanni nello studio delle cinquecentine e nella tecnica della loro descrizione,
questi dati ci danno un quadro sufficientemente esatto del modo in cui l’industria
tipografica italiana, soprattutto veneziana (ben dodici delle edizioni elencate so
pra furono stampate nella Serenissima), aveva sfruttato il grande successo del
poema ariostesco.
4. Per la lettera vedi L. A riosto , Tutte le opere. Volume terzo. Satire, a cura di C.
S egre . Erbolato, a cura di G. R onchi. Lettere, a cura di A . S tella , Milano 1984,452-
53-
248 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
landò, et lui l’à intitulato Orlando Furioso, quale è uno bello libro, più bello
che non è lo Innamoramento di Orlando. Lui ne ha donato uno al Ill.mo S.
v.ro patre et uno a madama v.ra maire et uno al R.mo Cardinale [Sigis
mondo Gonzaga]; li altri lui li vole fare vendere. Se piace a la S.V. che io
ve ne manda uno, io li mandorò (sic), perché io so che quella si dileta di
havere di questi libri, maxime una Opera nova et cosi bella corno è que
sta. Como lui li facia vendere, io ne comprarò uno et il farò ligare et il
mandarò ala S.V.5
A parte il confronto con l’Innamorato, precoce giudizio critico sul
valore della nuova opera, questa lettera interessa soprattutto per il
ruolo assunto dall’Ariosto nello smercio della propria opera. Se, a
solo quindici giorni dalla conclusione della stampa del libro (il co
lofone della prima edizione porta la data del 22 aprile 1516), l’Ario
sto era già a Mantova con la sua « cassa di libri » in forma di esem
plari sciolti che voleva far vendere, vuol dire che l’edizione, o una
parte di essa, gli apparteneva, era sua proprietà, presumibilmente
perché egli aveva assunto almeno una parte delle spese. Né con
traddice a questa conclusione la lettera del 17 settembre 1515, di
mano del poeta, con cui il card. Ippolito d’Este aveva chiesto al
marchese di Mantova il libero transito per il territorio mantovano
di m ille risme di carta, «essendo», come spiega al cognato, «per
far stampar un libro de M. Ludovico Ariosto mio servitore ».6 Si
tratta probabilmente di una finzione diplomatica per vincere
eventuali resistenze del marchese di Mantova nel concedere
all’Ariosto l’esenzione dai dazi; qualora si pensasse ad un prestito
o ad un dono da parte del cardinale per permettere al suo servito
re di stampare il suo poema nel modo che gli sembrava migliore,
non cambierebbe lo stretto rapporto fra l’autore e le vicende im
prenditoriali del suo libro testimoniato dalla lettera del Calandra.
Quando poi nel gennaio 15321’Ariosto scrisse al duca Federico per
chiedere una simile esenzione per la carta che voleva comprare
7. Ibid., 461.
8. Ibid., 177.
250 S AGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
9. Vedi C atalano , Vita ... cit., 11, 344-45 (documento 628). Per la data della
lettera, v. C . D ionisotti , Notizie ariostesche, « Giornale storico della letteratura
italiana», evi (1935), 224-29.
10. L. A riosto , Orlando furioso, a cura di S. D ebenedetti, Bari 1928, 3 voli.
(Scrittori d’Italia, 108-110).
XIII • l ’ « ORLANDO F U R I O S O » DEL 15 3 2 2$ I
se del testo critico dell’opera.11 Già prima del lavoro del Debene
detti si sapeva che esistevano differenze fra vari esemplari dell’e
dizione, ma spetta a lui il merito di aver capito per primo l’origine
e la natura di queste varianti interne, e di averle utilizzate corret
tamente per la costituzione del testo. Avendo collazionato undici
esemplari dell edizione definitiva, egli aveva potuto identificare
due fonti diverse di variazione: i) varianti introdotte nelle forme
tipografiche durante la tiratura; e 2) varianti cagionate dalla sosti
tuzione in alcuni esemplari di un intero foglio di stampa, quello
interno del fascicolo A, che comprende le carte A3, A4, A5 e A6
(in verità, il Debenedetti parla qui di un « mezzo foglio », ma il fat
to di non aver capito la struttura del libro, che è un quarto in otto,
in cui ogni fascicolo consta di due fogli di stampa, uno esterno,
che comprende le carte 1,2, 7 e 8 del fascicolo, e uno interno, con
le carte 3? 4 >5 c 6, non intacca minimamente la solidità del ragiona
mento del Debenedetti né la validità delle sue conclusioni).12
Il lavoro del Debenedetti sull’edizione definitiva del Furioso è
eccezionalmente intelligente e soddisfacente. Dopo averlo con
trollato minuziosamente, non esito a dire che la sua edizione co
stituisce uno dei punti più alti raggiunti dalla filologia italiana mo
derna: potesse un mio lavoro rivelarsi cosi pieno di integrità e di
intelligenza a coloro, se ce ne saranno, che lo vorranno prendere
in esame a cinquantanni dalla stesura! Cionondimeno, il lavoro
del Debenedetti sul Furioso del 1532 è passibile di essere continua
to e anche perfezionato, in due direzioni: a) inquadrando i risulta
ti già raggiunti in un contesto bibliografico adeguato; e b) esten
dendo la collazione ad esemplari non utilizzati da lui nella prepa
razione della sua edizione.
Sono queste le direzioni in cui si sono svolte le mie ricerche,
11. Per il concetto di esemplare ideale, mi sia permesso di rimandare alla mia
comunicazione al 1 Seminario, ora in Trasmissione dei testi a stampa nelperiodo moder
no, a cura di G. C rapulli, Roma 1985 (Lessico Intellettuale Europeo, 36), 49-60.
[Supra, 89-103.]
12. Do in appendice a questo contributo un elenco degli esemplari a me noti
del Furioso del 1532, a cominciare dagli undici esemplari collazionati dal Debene
detti, insieme con una descrizione sommaria dell’edizione.
252 SAGGI DI BI BLIOGRAFI A TESTUALE
13. Queste carte, insieme con altro materiale debenedettiano, sono ora depo
sitate presso la Biblioteca della Facoltà di Lettere dell’Università di Pavia. Per un
elenco di questo materiale, che è di notevole estensione, vedi C. S egre , Il labora
torio di Debenedetti, “Memorie della Accademia delle Scienze di Torino. 11. Classe
di Scienze Morali, Storiche e Filologiche », ser. 5, in (1979), 21-55.
X III • l ’ « ORLANDO F U R IO SO » DEL I 5 3 2 253
per credere che essa fosse più ampia); inoltre, le mie collazioni
non sono state complete (ad esempio, non ho collazionato che
saltuariamente i tre esemplari pergamenacei inclusi fra i volumi
da me esaminati, perché le mie fotocopie, basate su un esemplare
cartaceo (no. 14), non sono efficaci per la collazione di esemplari
pergamenacei). M i sembra lecito concludere che in questa edi
zione la presenza di varianti interne sia da supporre per ogni for
ma, essendo per questa edizione la correzione delle forme duran
te la tiratura un procedimento normale. Ci sono anzi alcune for
me che sono state corrette più di una volta.14 Fra le varianti porta
te alla luce dalle mie collazioni figurano correzioni di refusi e di
ovvi errori che possono essere attribuite al tipografo, ma ci sono
anche molte correzioni linguistiche e stilistiche, alcune dell’enti
tà di un intero verso, e in un caso di due versi, che non possono es
sere attribuite che all’autore. Tutte queste correzioni, che fanno
parte della storia interna della genesi dell’ultimo Furioso, saranno
elencate nello studio monografico che sto preparando sulla stam
pa del Furioso del 1532.
Il foglio sostituito
La presenza di varianti interne introdotte durante la tiratura in
edizioni del Cinquecento (e di altri secoli del periodo della stam
pa manuale) è un luogo comune della bibliografìa testuale; ma è
raro trovare un’edizione come il Furioso del 1532, che le possieda
in quantità significative dall’inizio alla fine del libro. Il First Folio
(1623) delle opere di Shakespeare, ad esempio, ne contiene soltan
to per una sesta parte delle forme tipografiche che compongono
l’edizione.15 Perché questa correzione cosi intensa delle forme
durante la tiratura per tutto il corso della stampa del Furioso del
1532 ?
del 1521 e il testo definitivo del Furioso.18Il lavoro di lim a che ha poi
portato questo testo « provvisorio » a quella perfezione che ammi
riamo nel capolavoro ariostesco, l’autore l’ha dovuto fare su boz
ze di stampa. Di questo lavoro abbiamo una sola ma preziosa trac
cia per uno soltanto dei 62 fogli dell’edizione, nel confronto tra i
fogli di Tipo 1e quelli di Tipo 11per il foglio A interno. Il Debene
detti, nella sua bellissima Nota, ha elencato e analizzato le diffe
renze fra i due tipi: più di novanta varianti, oltre alle differenze
puramente tipografiche e d’interpunzione, cioè più di una va
riante per ottava. Un lavoro correttorio veramente imponente,
accanito, che coinvolgeva non solo l’assetto linguistico del testo
(p.es. dui > duo, cambiamento costante nel passaggio dal testo del
1521 a quello del 1532) ma anche quello stilistico, a livello minimo
(cfr. l’introduzione di una vocale in sinalefe nel cambiamento fin
in >fin e in, altra costante dell’ultimo stadio della correzione, spes
so visibile nelle correzioni fatte durante la tiratura) e anche a li
velli più alti (cfr. cambiamento di un intero verso: 1,46,7).19
Cos’era successo, quindi, nella stampa del Furioso del 1532 per
dar luogo ai fogli di Tipo 1, con il testo ancora « provvisorio », simi
le, se non addirittura identico, a quello contenuto nell’esemplare
postillato dell’edizione del 1521 mandato in tipografìa? Dobbiamo
supporre che per questo foglio le correzioni dell’autore non fos
sero mai state introdotte nelle forme, o perché non fossero mai
state fatte, il che mi sembra improbabile, o perché fossero state
smarrite nel loro passaggio dall’autore al tipografo, forse andate
perdute in tipografìa, senza che i tipografi sentissero il bisogno o il
desiderio di avvertirne l’autore. Cosi, il foglio venne stampato
con il testo ormai sorpassato dell’esemplare mandato in tipografìa.
20. Di solito, gli esemplari pergamenacei del Furioso portano ognuno lo stesso
testo, con le stesse varianti, perché nel procedimento tipografico è più comodo
stampare gli esemplari pergamenacei in un blocco compatto, durante la stampa
di ogni forma. Il Debenedetti non si era reso pienamente conto dell’eccezionaiità
dell’esemplare pergamenaceo Barb. lat. 3942, esemplare di presentazione al card.
Ippolito II d’Este (l’esemplare M). Oltre al fatto di possedere il foglio A interno
di Tipo 11, a differenza degli altri esemplari pergamenacei, esso ha un frontespizio
mimato non tipografico (e quindi manca anche di Aiv) e per A2r, dove l’intesta
zione e i primi quattro versi del poema sono scritti a penna a caratteri d’oro, ha
per il resto della pagina una composizione tipografica propria, dimostrata dalla
presenza di due varianti tutte sue, contro tutti gli altri esemplari, anche pergame
nacei. °
2 1. L ’ e s e m p la r e d i p r e s e n ta z io n e a l c a rd in a le I p p o lito II d ’E ste (l’ e s e m p la r e
M ), c h e h a il fo g lio A in te r n o d i T ip o 11, a n c h e se c o n s e g n a to su b ito al d e s tin a ta -
rio , e r a s e m p re lì a F e rra ra , a p o r ta ta d i m a n o . S fo r tu n a ta m e n te , a p a r te p e r
l ’ e s e m p la re Z , d e lla P ie r p o n t M o r g a n L ib r a r y , « d o n a t o g ià a lla S .ra V e r o n ic a
G a m b e r a d a llo a u to r e iste s so » ( p e r c u i m i sia p e r m e s s o d i r im a n d a r e a u n a m ia
n o ta d i m o lti a n n i fa, L’esemplare già « Charlemont» dell’« Orlando Furioso » del 1532
« L e t t e r e ita lia n e », x i v (1 9 6 2 ), 4 4 1 -5 0 ) , n o n s a p p ia m o n ie n te d e lla s to ria in iz ia le
d e g li a ltri e s e m p la r i p e r g a m e n a c e i s o p ra v v is s u ti.
2 58 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
stampa di ogni forma; dopo, presumibilmente, li hanno stampati piu tardi, dopo
aver effettuato la correzione della forma secondo le eventuali istruzioni dell’au
tore. Le varianti della forma interna del foglio G interno (vedi Appendice C) mo
strano come i fogli pergamenacei furono stampati dopo il primo intervento cor-
rettorio (varianti 1 e 2), ma prima del secondo (variante 3). Questa stessa forma ci
presenta l’unica occasione, già segnalata dal Debenedetti, in cui i e /hanno una le
zione diversa: si tratta della variante 3, non corretta in i, che ha invece lo stato cor
retto dell’altro intervento correttorio.
27. Faccio quest’affermazione dopo aver confrontato le misure dei margini di
/con quelle dell’esemplare veronese del Furioso (l’esemplare x), ancora slegato e
in fogli, e quindi presumibilmente intonso. Vorrei esprimere la mia gratitudine
al prof. Cesare Segre, che mi ha gentilmente permesso di esaminare l’esemplare
/. Il Debenedetti (A riosto , Orlandofurioso... cit., in, 414) aveva cautamente avan
zato l’ipotesi che / fosse destinato all’uso dell’autore «sempre malcontento
dell’opera sua». E un’ipotesi ragionevole, dato che l’edizione comprendeva an
che esemplari pergamenacei, ovviamente destinati a servire come esemplari di
dedica da presentare a protettori e amici potenti.
2Ó2 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
29. H o a g g iu n to fr a p a r e n te s i q u a d re la s e g n a tu ra d e i v a r i e s e m p la ri. D e i v e n
tu n o e s e m p la r i fin o r a e s a m in a ti, n o v e s o n o im p e r fe tt i; l ’ im p e r fe z io n e in te re s s a
q u a si s e m p r e A i o I17, c o n d e c o r a z io n e x ilo g r a fic a d i a lta q u a lità . C o m e r is u lte r à
c h ia ro d a l te s to d e l m io c o n tr ib u to , le d e s ig n a z io n i « T ip o 1 » e « T ip o 11 » si r i f e r i
s c o n o a lla p r e s e n z a d e l c a n c e lla n d u m (T ip o 1) o d e l c a n c e lla n s (T ip o 11) d e l fo g lio A
in te r n o (A 3 .4 .5 .6 ). H o c o n tin u a to la s e rie d i sig le a lfa b e tic h e u sa ta d a l D e b e n e -
d e tti p e r d e s ig n a re g li e s e m p la r i d a lu i c o lia z io n a ti, i n tr o d u c e n d o v i p e r ò l ’ u so d e l
m a iu s c o lo p e r in d ic a re g li e s e m p la r i p e r g a m e n a c e i.
XIII • l ’ « orlando f u r i o s o » del 1532 265
di proprietà del prof. Cesare Segre, Milano;
imperfetto : manca Ai] Tipo ii 1
il. Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Va
ticano, esemplare pergamenaceo [Barb. lat.
3942; imperfetto: mancano A1.8] Tipo ii M
Altri esemplari
12. British Library, London, esemplare pergame
naceo [G.11068] Tipo 1 N
13. British Library, London [C.20.C.11; imperfetto:
mancano Ai.2.7.8] Tipo 1 0
14. John Rylands University Library of Manches
ter, Manchester [10195; esemplare Spenceria-
no, già appartenuto a G. A. Barotti] Tipo 1 P
15. Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Va
ticano [Rossiano 4686; imperfetto: mancano
I12.7] Tipo 1 r
16. Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Va
ticano [Ferraioli iv.4086] Tipo 1 s
17. Bodleian Library, Oxford [4°.A2i.Art.] Tipo 1 t
18. Codrington Library, All Souls College, Ox
ford [mm.10.13; imperfetto: manca I17] Tipo 1 u
19. Stadt- und Universitätsbibliothek, Frankfurt-
am-Main [il 1930/307 Nr.i] Tipo 1 V
20. Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze
[Palat.2.7.3.15; imperfetto: mancano Bi, hi.2.7.8] Tipo 1 w
21. Biblioteca Capitolare, Verona [R.vm.4] Tipo 1 X
22. Houghton Library, Harvard University, Cam
bridge (Mass.) pIC5.Ar434.5160.1532] Tipo 1 y
23. J. Pierpont Morgan Library, New York, esem
plare pergamenaceo [PML 800; esemplare
Charlemont] Tipo 1 z
266 SAGGI DI BIBLIOGRAFIA TESTUALE
A p pendi ce B
Frontespizio
[dentro una cornice xilografica di motivi classici, firm ata F. DE NAN-
TO] [tutto in rosso] ORLANDO FVRIOSO DI /MESSER LVDOVICO /
ARIOSTO NOBILE / FERRARESE NVO/VAMENTE DA / LVI PRO
PRIO / CORRETTO E / D’ALTRI CANTI NVO-/VI AMPLIATO CON
/ GRATIE E PRI/VILEGII. /
Colofone
h8r: Impresso in Ferrara per maestro Francesco Rosso da Va-/lenza,
a di primo d’Ottobre. M.D.XXXII,
Formula collazionale
4to A8 (±A34.5.6) B-Z8 a-h8
Contenuto
Air Frontespizio Aiv Privilegi di Clemente VII, datato 31 genn.
1532, e di Carlo V, datato 17 ott. 1531 A2r « ORLANDO FVRIOSO DI
MESSER LVDOVICO / ARIOSTO ALLO ILLVSTRISSIMO E REVE/
RENDISSIMO CARDINALE DON/NO HIPPOLYTO DAESTE /SVO
SIGNORE. / CANTO PRIMO /» h6v dopo 9 ottave: «FINIS. /
Titolo corrente
[verso] C A N T O / [recto] PRIMO - XLVI. ET VLTIM O [A ir-2 r h 7 r-8 v
m an ca il tito lo c o rre n te G 2 r G 4 r DVODECIM O. Hzr TERZODE-
CIM O. L 7 r D ECIM O O TTAVO (p er D ECIM O TTAVO ) V i r
TRENTESIMO (p er VENTESIMONONO) Z 4 r TERNTESIMO-
Q V A R T O a3r TERNTESIMOSESTO b 4 r TERNTESIM OTTAVO
b 8 r TERNTESIMONONO]
Richiami
A8v Dun [Bir = D’un] B8vIlRe C8vRuggier D8v Tutte E8v
Quiui F8v Le bellezze G8v Non H8v Getta I8v Rinaldo
K8v E fa L8v II graue M8v Del [Nir = Dal] N8v Hermoni-
de 0 8 v L’ardita P8v Almonio Q8v Hebbile R8v II de-
strier S8v Non T8v Ilgiouine V8v Tutta X8v Alla Y8v Fu
repulso Z8v Ben a8v E poi b8v Essendo c8v Tutta d8v
Già e8v Leuato f8v Sprona g8v Ilqual
Tipi
R 8 6 ; i 8 i (189) x I3 im m .; testo delpoema in due colonne di cinque otta
ve ciascuna; iniziale xilografica (40 x 40 mm.) all’inizio di ogni canto.
A ppendice C
i. G4r bi6; xii,49,8: « che per bisogno, alle sue imprese armato. » (De
benedetti, Segre)
alle battaglie alle sue imprese
a bcde f gHi l MNop
rstuvwx
2. G5V a39; xn,77,7: « con tal lo stuol barbarico era mosso » (Debene
detti, Segre)
tal tal,
a bc de f gHi l MNop
rstuvwx
3. G6r a24; xii,85,8: « sempre è in timore, e far contraria via » (Debe
nedetti); «teme, e di far sempre contraria via» (Segre)
Sempre e in timore, e far contraria via
acHi M N
Teme, e di far sempre contraria via
bdefgloprstuvwx
Canto i, stanza 35
Canto i, stanza 46
L’indice, che comprende anche il materiale contenuto nelle note, ricorda soltan
to i casi dell’uso in senso tecnico delle parole elencate. Le cifre in corsivo riman
dano a definizioni date nel corso dell’esposizione. Dei termini non spiegati nel
testo si dà qui una breve definizione.
Francoforte sul Meno, Stadt- und Uni Gonzaga Federico, marchese, poi du
versitätsbibliothek 265, 269-70 ca, di Mantova 247-9
Franklin Benjamin 58 Gonzaga Francesco, marchese di Man
Frasso Giuseppe xii tova 247-9
Fregoso Federico 171 Gonzaga Ippolita 208
Fugger Johann Jacob 186 Gonzaga Lucrezia 180
Fulin Rinaldo 153 Gonzaga Sigismondo 248
Fulvio Andrea 163 Gran Bretagna v. Inghilterra
Grayson Cecil 24
Gaetano Tizzoni 29 Greg W alter W . 21, 33-6, 89
Gambara Veronica 51, 257 Greif Sebastian v. Gryphius Sebastia
Garzoni Tommaso 41 n i
Gaskell Philip 1-2, 6-7,14, 34, 37,39,42, Grendler Paul F. 27, 125, 169, 171, 183,
44-5, 47-9, 54, 71, 86, 98,156,164,215, 1 9 1 -3 , 195
217, 224, 260 Griffìo Sebastiano v. Gryphius Seba
Gasparrini Leporace Tullia 20 s tia n i
Geldner Ferdinand 5, 38 Griffith T. Gwynfor 189
Gelli Giovanni Battista 163 Griffo Francesco 148
Genova, Biblioteca Civica 19 Gritti Andrea, doge di Venezia 247,
Germania 5-7, 9, 136, 186, 190 258, 267
Gerritsen Johan 13, 45 Grossi Tommaso 81, 219
Ghinassi Ghino 29, 56 Gryphius Sebastianus 6, 38, 123, 134-6,
Ghisalberti Fausto 40,59,214,222,225- 181
7, 230, 244 Guevara Antonio de 173
Giacomo I d’Inghilterra, re 28 Guglielmini Vincenzo 222, 233-4
Gilbert Rory 108 Guglielmini e Redaelli, ditta 213, 219-
Gilmont Jean* François 62 21, 231, 234-5, 237-9, 241-2
Ginzburg Carlo 180 Guicciardini Francesco 25
Gioliti, famiglia di tipografi 6, 182 Gutenberg Johann 37, 71
Giolito Gabriele 6,15,27,56,75,80,123,
139, 159 Hegendorff Christoph 134
Giolito Giovanni 27 Hellinga Lotte 12-13, 45, 65, 118, 160,
Giorgetti Vichi Anna Maria 15 163, 215
Giovio Alessandro 176 Hellinga W ytze Gerbens 11-13, 45, 49,
Giovio Paolo 176 160, 163
Giulio II, papa 185 Hinman Charlton 9, 13, 44-5, 53, 105,
Giunta Bernardo 76 253
Giunta Filippo 76, 145 Hinman Collating Machine 53, 105-6,
Giunta Giovanni Maria 159 113, 121
Giunta Jacopo 76 Hofman H.F. n i
Giunta Lucantonio 27 Horden John 1
Giunta Lucantonio, eredi di 76 H y p n e r o to m a c h ia P o lip h ili 51
Giunta Tomaso 159
Giunti, di Firenze, famiglia di tipografi Ricino Bernardo 28
15,52 In c u n a b u la S h o r t -t i t le C a ta lo g u e ( I S T C )
Giunti, di Venezia, famiglia di tipogra- 118
fi 15 In d ic e g e n e r a le d egli in c u n a b o li n e lle b ib lio
G off Frederick Richmond 118 tech e d ’I ta lia ( I G I ) 118
Gomez Odoardo 157 Inghilterra 5, 7,16-17, 28, 38, 53, 74, 82,
Gonin Francesco 230-2, 236 117, 215, 221
INDICE DEI NOMI 277
Italia, Corte di Cassazione 116 ---- German Short-title Catalogue 133
- Ministero per i Beni Culturali e ---- Italian Short-title Catalogue 7,16-17,
Ambientali 18 131, 171, 187
---- Istituto Centrale per il Catalogo ---- Marketing Office 118
Unico delle Biblioteche Italiane e - Università di, Birkbeck College 106
per le Informazioni Bibliografi Union Catalogue 116
che 90, 118, 122 ---- University College London 9, 28
Longo Francesco 169-70, 172
Jackson William A. 16 Love Harold 120
Jenny Beat R. 6 Lovintus Antiochus 124-5, 127, 137
Jenson Niccolò 5 Lowry Martin J.C. 6, 170
Johnson Alfred Forbes 17 Lucca 128, 136-7
Jolliffe John io, 133 - Biblioteca Governativa 124
Julian Roche Associates 108 Lutero Martino 171, 182
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