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Teratologia sessuale
I mostri e gli studi di genere
1
Haraway D., The Haraway reader, Routledge, New York-London, 2004, p. 12
2
Ivi, p. 13
3
Ivi, p. 39
Generatosi nel repertorio fantascientifico, il cyborg è la
paradossale figura di una ontologia politica, che condensa in
sé “realtà materiale e immaginazione, i due centri congiunti
che strutturano ogni possibilità di trasformazione storica”.4
Con il cyborg, Haraway ci invita dunque a pensare insieme
realtà e finzione aprendo, nella realtà stessa, lo spazio per
un intervento politico che la trasformi.
Nelle pagine che seguono, pur in totale sintonia con le tesi
di Haraway, si cercherà di rilevare la superfluità del ricorso
all’immaginario fantascientifico, identificando, nella natura
stessa, un luogo teorico non meno rivoluzionario del cyborg.
Non serve infatti ricorrere all’immaginazione per trovare un
dispositivo che porti con sé i tratti ibridi e creativi di cui
si alimentano gli studi di genere più all’avanguardia. La
stessa natura, contrariamente a quelle letture che la
vorrebbero statica, semplice “dato” a cui adeguarsi, è
intrinsecamente perversa e innovatrice.
Non faremo del resto che seguire dei suggerimenti già
presenti nei testi di Haraway. In una pagina molto densa di
Ecce homo, ain't (ar'n't) i a woman, and inappropriate/d
others: the human in a post-humanist landscape, la filosofa
descrive il carattere ambivalente della natura. Da una parte,
“la natura è un topos”, ovvero il luogo che, passivamente,
ospita tutto ciò che accade, preservandone i confini stabili e
dunque l’identità. Dall’altra, però, oltre a giocare questo
ruolo conservatore, la natura agisce anche come principio
creativo e trasformativo: essa, infatti, “è anche un trópos, un
tropo. È figura, costruzione, artefatto, movimento,
spostamento”.5 Come se la natura stessa potesse agire contro
4
Ivi, p. 8
5
Ivi, p. 65
natura, pervertendo e snaturando i suoi stessi prodotti, agendo
cioè da inesauribile fonte di novità che costantemente modifica
ogni apparente stabilità. Il prototipo di questo aspetto
autocontraddittorio e innovatore della natura stessa sono i
mostri, straordinari prodigi che da sempre hanno scandalizzato
il discorso scientifico, la cui analogia con i cyborg è non a
caso ribadita da Haraway espressamente e a più riprese.
Anti-genealogia
Il mostro è la differenza
12
“Il mostro […] è essenzialmente il misto. È il misto di due regni, del
regno animale e del regno umano: l’uomo con la testa di bue è un mostro,
l’uomo dai piedi di uccello è un mostro. È il misto di due specie: il maiale
che ha una testa di pecora è un mostro. È il misto di due individui: colui
che ha due teste ed un corpo è un mostro, colui che ha due corpi e una testa
è un mostro. È il misto di due sessi: colui che è contemporaneamente uomo e
donna è un mostro. È un misto di vita e di morte: il feto che viene alla
luce con una morfologia che non gli consente di vivere, ma riesce comunque a
sussistere per qualche minuto o qualche giorno, è un mostro. È, infine, un
misto di forme: colui che come un serpente, non ha né braccia, né gambe è un
mostro”. Ivi, p. 64
13
Haraway D., Op. cit., pp. 73,74
differenziali di “interferenza e non immagini riflesse”.14 Non
rimanda a nulla se non a se stesso e al proprio singolarissimo
evento e, in questo senso, può dire Foucault, esso è un
“principio tautologico”.15 Il mostro non si definisce infatti
che attraverso la propria radicale e irriducibile alterità: “il
mostro è la differenza”.16
14
Ivi, p. 69
15
Foucault M., Op. cit., p. 58
16
Deleuze G., Differenza e ripetizione, Raffaello Cortina, Milano, 1997,
p. 48. Gli studi di genere e la filosofia contemporanea sono qui solidali
nella critica a “l’incurabile familiarismo della psicanalisi” (Deleuze G. e
Guattari F., L’Anti-Edipo, Einaudi, Torino, 1975, p. 102). “I mostri in un
mondo cyborg”, infatti, “sono incorporati in narrative non edipiche”
(Haraway D., Op. cit., p. 9), sfuggono al “piccolo dramma familiare” (ivi,
p. 76) dell’Edipo, sono “illegittimi” (ivi, p. 13), a tal punto differenti
dai propri genitori da possedere “un corpo non generato” che “libera energia
genealogica greggia, illimitativa, ove può mettersi, iscriversi,
rintracciarsi in tutte le diramazioni contemporaneamente, da ogni parte”
(Deleuze G. e Guattari F., Op. cit., p. 85).
17
Foucault M., Op. cit., p. 66
18
Ivi, p. 57
propria e/o di chi lo ha generato.19 Tristemente famose sono le
campagne eugenetiche portate avanti nel corso del Novecento:
“regimi totalitari come quello della Germania di Hitler e
dell’Unione Sovietica di Stalin vietarono l’esibizione di
freaks in quanto esemplari degeneri della specie umana. Se ne
occuparono poi nelle loro campagne eugenetiche di pulizia
etnica, impedendo loro di riprodursi”.20
Lo stigma che pesa sui mostri è dunque ad un tempo biologico
e sociale, naturale e giuridico, poiché la loro trasgressione
interessa entrambe le dimensioni. Diventa così chiaro quale
possa essere il loro interesse negli studi di genere: il mostro
scardina sia il determinismo biologico, che si basa su presunte
e immaginarie essenze naturali, sia il costruzionismo sociale,
che assimila il genere a un dato ruolo sociale che si
tratterebbe di riprodurre. Tale complicità tra l’essenzialismo
biologico e quello sociale regola in fondo la nostra società,
dove l’attribuzione del sesso è spesso “preconcetta e
convenzionale”21 e si basa su miscugli teorici di biologi ed
ideologia. Ciò è particolarmente evidente, sottolinea
l’antropologa Mila Busoni, nelle “procedure sulla
determinazione del sesso e delle tecniche di intervento sui
neonati intersessuati, cioè di quegli esseri umani che alla
nascita presentano organi sessuali esterni non chiaramente
definiti né come maschili né come femminili”. In questi casi, i
medici sono soliti ignorare la mostruosa ambiguità dei nuovi
nati e procedere con la costituzione chirurgica del sesso sulle
19
Si vedano le ricognizioni storiche di Asma S., On monsters. An unnatural
history of our worst fears, Oxford University Press, New York, 2009
20
Braidotti R., Op. cit., p. 45
21
Busoni M., Genere, sesso, cultura. Uno sguardo antropologico, Carocci,
Roma, 2000, p. 45
tradizionali basi binarie, tanto che sarebbe più corretto
parlare di “(ri)costituzione del sesso”.22
Il mostro, incarnazione paradossale del contro-natura e della
differenza, può essere proprio quel dispositivo teorico utile a
scardinare i binarismi che sclerotizzano i discorsi sul
genere, fondando un’epistemologia politica a venire. Può
insegnarci “come costruire un’unità politica senza affidarci
alla logica dell’appropriazione, dell’incarnazione e
dell’identificazione tassonomica”23 e condurci verso un “mondo
mostruoso senza genere”.24
Bibliografia
22
Ivi, p. 46
23
Haraway D., Op. cit., p. 15
24
Ivi, p. 39
Haraway D., The Haraway reader, Routledge, New York-London,
2004
Platone, Cratilo, in Id., Tutti gli scritti (a cura di
Giovanni Reale), Bompiani, Milano, 2000