Moderna perché nasce tra il 1736 e il 1750, si creano condizioni, che rendono possibile la nascita di
una disciplina filosofica come l'estetica, che si occupa in particolare dell'arte e della bellezza. il
termine “Estetica” viene coniato per la prima volta nel 700 da Baumgarten, filosofo tedesco, prima
all'interno del testo “Meditazione su ciò che concerne la poesia” nel 1735, come nuova parola, e poi
successivamente nel 1750 come titolo di una sua opera, appunto “Aestetica”. L'estetica è il ramo
della filosofia che riguarda il bello, le Belle Arti, il gusto, la poesia e la musica. “Aestetica”, dal greco
“aisthesis” che significa sensibile, che fa appello alle sensazioni, ai sentimenti e agli affetti. Nasce a
metà del 700 con un intento preciso: come tentativo di conferire una legittimazione universale,
filosofica a un ambito dell'esperienza che è caratterizzato dall'emergere della soggettività nelle sue
componenti più immediate legate al sensibile e al sentimento. Prima della nascita dell'estetica come
disciplina si riteneva che tutto ciò che aveva a che fare con il sentire, le sensazioni, il sentimento, le
percezioni fossero qualcosa di non universale. Tutto ciò che fino a un certo punto della storia del
pensiero veniva considerato come il regno del contingente cioè dell'errore acquista la dignità di
un'esperienza che possiede una sua universalità e che può essere studiata dalla scienza filosofica.
Quindi la natura di questo regno aurorale fatto di percezioni e sensazioni è il regno del contingente
per il quale sembra non esserci una regola universale, ed è per questo che la filosofia non si
occupava di questo regno perché sembrava qualcosa di sempre diverso. Sempre diverso ( ognuno
ha i suoi sentimenti, ha il suo modo di percepire il mondo, ognuno ha il suo modo di sentire la vita).
Si riteneva che queste modalità avessero un carattere empirico e quindi questo ambito non potesse
essere interrogato dalla filosofia, perché si credeva che tutto questo ambito fosse il regno
dell'errore. La filosofia si basa sulla verità delle cose, e quindi il regno dell' errore va abbandonato.
Quando passiamo alla luce della ragione si guadagna la verità. Quindi l'estetica nasce appunto per
sradicare questo presupposto. E’ importante richiamare la distinzione kantiana tra giudizi
determinanti e giudizi riflettenti. I giudizi determinanti, sono giudizi che posseggono l'universale, la
regola, il principio e la legge. Per esempio: se vedo quell'animale che cammina davanti a me, io
dentro di me posseggo il concetto di cane, il concetto di cane è universale, e posso dire bobby è un
cane. I giudizi riflettenti sono quei giudizi in cui è dato solo il particolare, e l'universale sarà il giudizio
a trovarlo. Kant dice: quando diciamo che qualcosa è bello non possediamo il concetto di bellezza. Lo
scopo di Kant è quello di dirci che il bello non è un concetto, è un'esperienza. La bellezza non è un
canone. E’stato Kant che nel 700 ha capito che bisognava correggere questa idea del canone. Noi
non sappiamo cos'è la bellezza perché non possediamo il concetto. Quando diciamo che qualcosa è
bello stiamo giudicando la relazione che c'è tra noi e l'oggetto. L'estetica è per Kant, l'esperienza che
ciascuno di noi fa quando ha qualcosa davanti senza possedere un’idea di quel qualcosa.
Opera di Anselm Kiefer (artista contemporaneo), Humbaba, 2009. E’ un quadro, un trittico, tre parti
che sono unite nel 2009. In quest’opera ci manca l’universale, quindi si tratta di un giudizio
riflettente. Humbaba era il dio della foresta dei cedri nelle leggende mesopotamiche. Humbaba
aveva poteri invulnerabili , era protetto da una veste fatta di sei veli che lo proteggevano da qualsiasi
pericolo esterno. Con il suo solo passaggio riusciva a provocare terremoti e incendi. Siamo andati a
interrogare quello che in filosofia si chiama il paratesto, il testo è il quadro, il paratesto è ciò che sta
intorno( titolo dell’opera, anno, nome dell’artista). Non c’è nessuna regola universale per giudicare
quest’opera, perché Kiefer rappresenta Humbaba con questa giacca sospesa nella foresta. Kant dice:
se noi proviamo un sentimento di piacere davanti a quest’opera, ci poniamo la domanda, che cos’è
questo sentimento di piacere che proviamo davanti a quest’opera?
Per Kant è importante che sia un setimento che si colloca all’interno di un esperienza estetica ,
quindi abbiamo a che fare con ciò che sollecita il nostro sentire, con ciò che è sensibile. Questo
sentimento che proviamo davanti a quest’opera, mette la nostra immaginazione e il nostro
intelletto, in un rapporto di libero gioco. Il lavoro dell’intelletto e dell’immagine funzionerà se si
proverà un sentimento di piacere. Si arriva però a una questione: i giudizi estetici non possono fare i
conti con regole. La precettistica aveva un ruolo importante nella storia dell’arte, esistevano delle
regole. Nel 700 l’estetica va a sostituire la precettistica, però se è vero che l’esperienza estetica non
si basa su principi e regole, e che i giudizi che la riguardano sono giudizi riflettenti, abbiamo un
problema, cadiamo nel soggettivismo e nella relatività assoluta, cioè se non ci sono regole che prima
garantivano l’universalità, regole che valgono per tutti, resta il soggettivismo e la relatività assolutà.
Lo scopo dell’estetica è che ci sia una regola che vale per tutti, e che ognuno abbia il suo
individualissimo gusto.
Il battista dell’estetica è stato Baumgarten. Nelle sue meditazioni l’estetica nasce come filosofia
poetica la seconda come la scienza della conoscenza sensibile, di ciò che si conosce in modo
sensibile. Filosofia poetica era una scienza nel 700’ cioè qualcosa che ha a che fare con la ragione,
una conoscenza intellettuale e concettale. La poesia ha a che fare con la conoscenza sensibile, è un
qualcosa di diverso dalla filosofia. Baumgarten si rende conto che la filosofia ambito della ragione e
dell’argomento e la poesia ambito della sensibilità, dell’intuizione si incontrano. La filosofia può
occuparsi di ciò che riguarda la sensibilità. La sensibilità fino al 1735 venne considerata il regno
dell’errore che inganna i sensi, si capisce che filosofia e poesia navigano insieme. Il filosofo si rende
conto che in quella immediatezza intuitiva vi è qualcosa di fondamentale. La seconda amina scientia
sensitive quid cognoscendi, l’estetica è una scienza della conoscenza sensibile. La poesia entra nella
filosofia, la sensibilità ciò che riguarda i 5 sensi, ma anche qualcosa di più della semplice percezione
che ha a che fare con la risonanza dei nostri sentimenti. La parola Sensitive entra nella scienza.
Dicevamo che l’estetica nasce con due anime: come filosofia dell’arte poetica, e come scienza della
conoscenza sensibile. Nel paragrafo 9, delle Meditazioni troviamo una celebre definizione
baumgartiana della poesia: Oratio sensitiva perfecta est poema ( Orazione sensibile perfetta).
Orazione: una serie di parole che significano rappresentazioni connesse tra di loro;
Sensibile: fa appello alle sensasioni, agli affetti e sentimenti; qui l’intento di Baumgarten è quello di
distinguere il discorso sensinsibile dal discorso intelletuale (basato su concetti e ragioni);
Perfetta, in un doppio senso: ciò che noi percepiamo con i sensi, i desideri, i sentimenti che
sembrano così disordinati, hanno la loro perfezione.
Questa perfezione è data dalla presenza di più elementi nell’unità (esempio: la grazia di un volto, è
data dalla totalità del volto stesso). C’è da precisare che la conoscenza sensibile e la conoscenza
intellettuale sono sullo stesso livello. Se la conoscenza sensibile fosse priva di una qualche razionalità
allora non sarebbe una ‘conoscenza’, ma bensì il regno dell’irrazionalità. Stessa cosa vale per la
conoscenza intellettuale, la quale, senza sensibilità non sarebbe una ‘conoscenza’.
Da Baumgarten si percepisce la volontà di riabilitare la conoscenza sensibile, poiché prima di lui essa
era appunto considerata come il regno dell’errore. Baumgarten decide dunque di contrastare il
trattamento che il filosofo Cartesio aveva riservato alla conoscenza sensibile, nel “Discorso sul
metodo” del 1637, in cui dice di non prendere nulla per vero che non si presenti secondo chiarezza e
distinzione.
Obiezione di Leibniz a Cartesio: il discorso di Cartesio è troppo soggettivo. Quel che ci appare chiaro
e distinto potrebbe non esserlo veramente. Il pensiero ricco e pieno di elementi non è così chiaro,
più è complesso ed articolato più è confuso. Le nostre rappresentazioni sono complesse piene di
incatenamenti. Più un pensiero è aperto al mondo più diventa complesso. Cartesio è troppo chiuso
nella sua chiarezza e non essere recettivo verso ciò che proviene dal mondo esterno. Più siamo
sensibili meno siamo sicuri, meno sensibilità più certezze. Dobbiamo esporci ad un’insicurezza che ci
apre al mondo. La complessità ci mette a contatto con il mondo. La conoscenza non può essere solo
legata alla semplicità, il pensiero semplice è astratto, intellettualistico, incapace di presa sulla vita. Il
pensiero deve essere alimentato da più elementi. Non basta il cogito ergo sum, dobbiamo
presupporre, dice Leibniz, che l’io sia affetto in vari modi (variis modis affectum esse). Per avvicinarci
alla verità secondo Leibniz e Baumgarten dobbiamo lasciarci suggestionare il più possibile dal mondo
esterno.
Prima grande distinzione operata da Baumgarten: Chiarezza intensiva è quella che si ha quando
possediamo il dettaglio di quello che vediamo. Dettagliata, analitica e distinta. Vuole cogliere
l’elemento singolo, non interessa l’estetica ma la conoscenza intellettiva. Chiarezza estensiva (vivida
ma non analitica). Vivida molto evidente però non è analitica, dettagliata. Baumgarten non dice che
la sensibilità è oscura. L’impressione ha carattere estensivo. Esperienza estetica richiede una certa
passività per essere recettivi. Se il pensiero parte troppo presto si riflette sul nulla. Kiefer dice
parlando della sua esperienza creativa: Quando creo sono bloccato nella materia stessa del dipinto.
Quello che entra in azione, vicinissimo a me, è qualcosa paradossalmente informe ma di grande
precisione. Esperienza che mette insieme una contraddizione. Poniamo 3 diverse rappresentazioni:
1 rappresentazioni oscure, oscurità notturna. 2 rappresentazioni chiare e confuse, esperienza
estetica quando durante il giorno si presenta qualche nebbiolina. Es.: visione della luce del sole. 3
rappresentazioni chiare e distinte, luce piena che ci mostra le cose nel dettaglio. Si è nella
conoscenza intellettuale. Distinguiamo le cose. L’esperienza estetica non ha bisogno di conoscere il
dettaglio, interessa l’insieme di ciò che si vede. Baumgarten nel 1750 utilizza la metafora dei
momenti della giornata. Aurora, rappresentazioni chiare e confuse; mezzogiorno, rappresentazioni
chiare e distinte. Nella notte vi sono rappresentazioni oscure dove non si distingue nulla.