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All’interno della scuola negli ultimi anni si è visto un notevole aumento di ragazzi immigrati

nelle classi che ha contribuito ad accrescere il diffuso bisogno di attivare percorsi didattici
interculturali che facilitino il confronto, l’interazione e lo scambio tra diverse culture degli
alunni che quotidianamente entrano in contatto. Ciò che è emerso da un progetto portato
avanti dalla scuola media antonio Gramsci a Roma è che L’educazione interculturale deve
essere proposta anche in assenza di alunni stranieri perché i ragazzi pur provenendo dalla
stessa macrocultura in realtà appartengono a gruppi diversi in base a differenti realtà sociali.
In questa prospettiva si inserisce quindi anche l’educazione musicale dato che la musica
facilita il dialogo educativo interculturale e quindi in questi anni si è lavorato per ricercare
nuovi percorsi Didattici che definiscono lo specifico ruolo della musica in una società
multietnica. Il progetto che è stato proposto dalla scuola media riguarda un laboratorio sulle
tecniche narrative poetico-musicali dei griot mandinga e dei cantastorie siciliani. La scuola
media dove è stato svolto questo progetto è la scuola Antonio Gramsci di Roma la quale è
situata in una cosiddetta area a rischio perché dal punto di vista socio culturale la scuola è
frequentata da numerosi alunni stranieri e accoglie anche ragazzi rom dei campi della
Magliana e di Bellosguardo. Quindi il principale scopo educativo è stato quello di
promuovere nei ragazzi un’autoconferma della propria identità. Il percorso programmato
prevedeva infatti di affrontare il tema della tradizione orale per cercare la propria identità
attraverso il confronto con le storie degli altri. Il lavoro della santini è stato quello di guidare
inizialmente gli alunni delle classi prime nella ricerca, raccolta e analisi della
documentazione relativa alle loro famiglie per meglio capire le loro origini. Successivamente
i ragazzi hanno tracciato una mappa della loro provenienza familiare hanno raccolto
interviste fatte ai loro nonni scoprendo favole, proverbi e ninnananne. È stata creata sulla
base di un’intervista alla nonna di un’ alunna una poesia in rima baciata e di volta in volta
dopo aver recitato più volte i versi, la classe ha deciso quali cancellare e quali mantenere. A
questo Punto del percorso gli alunni hanno confrontato le storie delle loro famiglie ed è stato
fatto conoscere loro il Griot senegalese Pape Kanoutè, il quale ha raccontato le vicende
dell’impero mandè e dell’etnia mandinga e ha eseguito due versioni del canto kelo
accompagnandosi con la kora. Dopodiché i ragazzi hanno provato a suonare questo
strumento che rappresenta l’etnia mandinga diffuso in tutta l’Africa occidentale e inoltre
hanno provato a recitare le strofe della poesia che avevano scritto in classe in modo da
rendersi conto che per cantare e recitare in gruppo è necessario imparare ad ascoltarsi l’un
l’altro. I Ragazzi hanno sperimentato che per rendere comprensibile il significato del testo è
necessario curare l’emissione dei suoni dunque hanno lavorato affinché usassero la voce in
modo sonoro ed espressivo perché la conoscenza della propria voce è uno dei fattori di
costruzione dell’identità individuale (serena facci). Hanno eseguito questi esercizi: corretta
respirazione ottenuta col controllo del diaframma e dell’emissione del fiato, produzione
spontanea di suoni e vocalizzi sperimentando l’influenza dei movimenti della lingua della
mandibola delle labbra sulla qualità del suono. E poi hanno lavorato per variare l’intensità e
la durata dei suoni e per rispettare le pause. Oltre al lavoro sull’espressività della voce
hanno dovuto pensare anche all’espressione corporea Per cui Pape ha insegnato loro una
delle danze ballate dai mandinga in diverse occasioni di festa per mettere in esercizio tutto il
corpo. Il ritmo in quattro quarti veniva scandito dal battito delle mani e con il Djembè, un altro
strumento. I ragazzi erano disposti in semicerchio con il corpo un po’ proteso in avanti con la
prima pulsazione la gamba destra si spostava indietro, sulla seconda si ricongiungeva a
quella sinistra accompagnando questo spostamento con il battito delle mani, sulla terza
pulsazione era invece la gamba sinistra a spostarsi indietro e quando sulla quarta
pulsazione si ricongiungeva alla destra si battevano nuovamente le mani e a questo punto si
ricominciava il ciclo. Il movimento è stato accompagnato anche dall’esecuzione vocale del
canto in lingua mandinga KELO. Gli esercizi vocale e gli esercizi di espressione corporea
sono risultati fondamentali per superare le inibizioni all’interno del gruppo e per conoscere le
possibilità comunicative del proprio corpo. Per la fine del laboratorio è stato organizzato uno
spettacolo in cui sono stati invitati i nonni e i genitori e il titolo di questo spettacolo era “ i
nonni e i cantastorie raccontano”. È stata costruita una piccola scenografia simbolica dei
luoghi di incontro e relazione tipici della cultura occidentale e della cultura africana grazie
all’aiuto del professore di educazione tecnica. In particolare è stato utilizzato il caminetto e il
baobab. Al centro vi era un televisore che aveva la funzione di album dei ricordi attraverso
cui sono state proiettate le fotografie di famiglia degli studenti. I ragazzi si sono disposti in
semicerchio intorno al Pape e hanno recitato le loro poesie ispirate ai racconti dei nonni
mentre sul televisore scorrevano le fotografie di ciascun alunno. Per confrontare due diverse
tecniche di raccontare in musica è stato invitato l’anno successivo un cantastorie siciliano.
Mentre i griot Mandinga rappresentavano la cultura orale, il cantastorie siciliano era
portavoce della civiltà della scrittura. Fu invitato Franco trincale che eseguì diverse ballate
del repertorio tradizionale dei cantastorie siciliani. Alle classi prime di scuola media ormai
diventate classi seconde si aggiunse una classe prima formata da Alunni provenienti da
famiglie con forte disagio socio culturale. Queste erano le fasi del progetto: scelta di un tema
specifico di carattere storico sociale, raccolta di interviste articoli di giornale fotografie film,
trasformazione della documentazione in una ballata, scelta di un modulo musicale tra quelli
tradizionalmente usati dai cantastorie siciliani che calcasse il ritmo della narrazione e ne
sottolineasse i contenuti, rappresentazione grafica su cartelloni della storia cantata ed
esecuzione di fronte a un pubblico di ciò che è stato prodotto. Anche stavolta la santini ha
lavorato in équipe con docenti di altre discipline ed è stata preziosa la collaborazione
dell’antropologo e cantastorie Mauro Geraci in qualità di esperto esterno. In particolare la
classe prima ha composto la ballata “La storia di nonno Giovanni”. Anche questa volta gli
alunni hanno dovuto intervistare i loro nonni sulle vicende della loro vita e su eventuali
filastrocche Per cui è stato possibile individuare caratteristiche ricorrenti di tutti i nonni e dare
vita a un nonno Giovanni che in realtà era un nonno immaginario che li sintetizzava tutti.
Non tutti gli alunni conoscevano le vicende dei loro familiari quindi ciò ha contribuito anche a
conoscere di più le proprie origini. Il modello scelto per produrre questa ballata fu una
tarantella eseguita da Orazio Strano nella ballata “Turiddu siciliano” perché il carattere brioso
permetteva di narrare la storia In modo giocoso. Hanno inventato 10 strofe di quartine in
endecasillabi a rima baciata con parlato declamato nei momenti di maggiore tensione del
racconto e alla fine una filastrocca riferita da una delle nonne. Anche stavolta ogni ragazzo
ha contribuito all’improvvisazione dei versi della ballata. Le varie scene sono state disegnate
su un cartellone con l’insegnante di educazione artistica creando diversi riquadri in base alla
storia raccontata. Seguendo la stessa tecnica compositiva anche le classi seconde hanno
costruito le ballate. Ma il testo poetico non è stato improvvisato attraverso le interviste ma
sulla base della documentazione raccolta dei ragazzi in merito ai fatti narrati. Nella fase
finale del lavoro è stato indispensabile che i ragazzi imparassero intonare in coro il testo
della ballata e a recitare le frasi poi hanno imparato ad esprimere la loro versione della storia
anche attraverso il linguaggio gestuale Per eseguire in pubblico Un concerto dal titolo “i
cantastorie, la piazza, la scuola” nella sala Odeon dell’Università la sapienza di Roma. Nel
corso del laboratorio per esempio i bambini hanno notato il rapporto affettivo che si instaura
tra lo strumento, la chitarra nel caso di Trincale, e il musicista, in particolare uno dei bambini
ha notato infatti che quella chitarra risultava “vissuta“ perché sopra vi erano numerose
dediche incise.In conclusione è possibile affermare che quando si parla di Interculturalità in
musica bisogna concepirla come un confronto tra identità. Il compito degli insegnanti è
quello di guidare i ragazzi a ricercare le proprie radici nel passato individuale e familiare
lavorando sulla memoria per aiutarli a conoscere se stessi.

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