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Appunti Organizzazione Aziendale - Prof. Della Torre

Organizzazione aziendale (6 cfu) (Università degli Studi di Bergamo)

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Scaricato da Ivan Bernardi (ivanbernardi1@gmail.com)
Organizzazione aziendale

Sommario

IL CONCETTO DI TEORIA ORGANIZZATIVA 3

L’EVOLUZIONE DELLE TEORIE ORGANIZZATIVE 4

LE TEORIE CLASSICHE 4
Frederick Winslow Taylor
4
La Scuola delle Relazioni Umane (SRU) 6
Max Weber (1864-1920) 7
Henry Fayol 7
LA MOLTEPLICITÀ DI PROSPETTIVE 7
La prospettiva MODERNISTA

8 La prospettiva interpretativista

9 La prospettiva post-modernista

L’AMBIENTE ORGANIZZATIVO 10

IL NETWORK INTERORGANIZZATIVO 11
I tipi di network interorganizzativi 12

LA STRUTTURA DI UN’ORGANIZZAZIONE 13

LA STRUTTURA FISICA 13
LA STRUTTURA SOCIALE 14
La struttura sociale secondo Mintzberg (1983)

14 I tipi di struttura

15 Le teorie contingentiste sulla relazione tra struttura sociale e ambiente

16

LA TECNOLOGIA 18

LA TIPOLOGIA DI WOODWARD (1965) 18


La tecnologia nelle organizzazioni/aziende di servizi
19
L’evoluzione della tecnologia 19
LA TIPOLOGIA DI THOMPSON (1967) 21
LA TIPOLOGIA DI PERROW (1967-68) 21

LA CULTURA ORGANIZZATIVA 22

HOFSTEDE: LE INFLUENZE SULLA CULTURA ORGANIZZATIVA (2001) 22


LA CULTURA SECONDO SCHEIN (1985) 23
LA CULTURA SECONDO DENINSON (1990) 24
Organizzazione Aziendale Il concetto di teoria organizzativa

LA VISIONE SIMBOLICO-INTERPRETATIVISTA: GOFFMAN E ROSEN 24


LA VISIONE POSTMODERNISTA: MARTIN E KUNDA 24

LA PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA 24

LE VARIABILI CHIAVE 25

LA PROGETTAZIONE DELLA MICROSTRUTTURA 27

IL RUOLO 27
LO STUDIO DELLE MANSIONI 28
LE VARIABILI CHIAVE DELLA MICROSTRUTTURA: LE PREFERENZE DEGLI ATTORI 29
LE TEORIE MOTIVAZIONALI 29
La scala dei bisogni di Maslow (1954)

29 Il modello di Herzberg (1959)

30 Il mofello di McClelland (1961)

30 Il modello aspettativa-valenza di Vroom (1964)

30 Il modello del goal setting di Locke (1968)

31 La teoria x e y di McGregor

31

LA PROGETTAZIONE DELLA MESOSTRUTTURA 32

LA SPECIALIZZAZIONE ORIZZONTALE 32
I criteri di specializzazione
32 I
confini delle unità organizzative 32
Le dimensioni delle unità organizzative 33
LA SPECIALIZZAZIONE VERTICALE 33
Accentramento o decentramento

33 Il numero di livelli gerarchici

36 Line/staff

36
IL COORDINAMENTO 37
Adattamento reciproco

37 Supervisione diretta

37 Standardizzazione

37 I collegamenti laterali

37

2
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LA PROGETTAZIONE DELLA MACROSTRUTTURA 39

FORMA SEMPLICE 39
FORMA FUNZIONALE BUROCRATICA (O BUROCRAZIA MECCANICA) 39
FORMA FUNZIONALE BUROCRATICA CON INTEGRATORI 39
FORMA FUNZIONALE PROFESSIONALE 39
FORMA ADHOCRATICA 40
FORMA DIVISIONALE 40
FORMA A MATRICE 40
FORMA A RETE 40

3
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Organizzazione Aziendale Il concetto di teoria organizzativa

IL CONCETTO DI TEORIA ORGANIZZATIVA

Per teoria si intende l’insieme di concetti e relazioni che viene proposto per spiegare un fenomeno
d’interesse, cioè il concetto che viene selezionato come nucleo centrale della teorizzazione.
La teoria organizzativa ha come fenomeno d’interesse l’organizzazione, cioè un gruppo di due o più
persone che collaborano e coordinano la loro attività in maniera sistematica, per raggiungere degli obiettivi.
Tuttavia l’organizzazione è un fenomeno complesso, che si può
Ambiente
considerare come un insieme di vari elementi: tecnologia, struttura Cultura
sociale, cultura e struttura fisica, tra loro interrelati, circondati e
penetrati dall’ambiente esterno che esse stesse contribuiscono a Tecn Strutt
ologi a ura fisica
costruire.
Comunque, ciò che caratterizza l’organizzazione è la suddivisione del
Struttura
lavoro insieme alla coordinazione tra gli individui che la compongono.
sociale
L’organizzazione aziendale è un particolare tipo (ma non l’unico!) di
organizzazione, che si concentra in particolar modo su:
 La struttura aziendale: è l’assetto dei vari elementi aziendali, non solo tecnici, ma anche umani.
Essa comprende quindi anche la distribuzione dei ruoli (che sono in genere di due tipi: manageriali
e tecnici) e la gerarchia dei poteri interna all’azienda. Lo schema che le riassume si chiama
organigramma. Rappresenta l’aspetto statico dell’organizzazione (facilmente interpretabile e
capibile mediante documenti).
 I processi aziendali: sono l’aspetto dinamico dell’organizzazione, che viene rappresentato dalle
attività che si svolgono quotidianamente nella struttura aziendale. Aspetto dinamico -> più difficile da capire
in quanto soggetto a continui cambiamenti.
Caso Ferrari
 Struttura= responsabile operazioni, coordina ufficio tecnico e ricerca e sviluppo.
 Processo= insieme di attività che portano la vettura pronta all’evento.
Caso Italcementi
 il cambio di proprietà implica anche un cambio della struttura aziendale che andrà ad influire sui processi
della società.

TEORIA ORGANIZZATIVA= assortimento di teorie e modelli che cercano di spiegare come le organizzazioni
funzionano e si relazionano con l’ambiente.
Perché una funzione aziendale funzioni correttamente, essa deve tendere a determinati obbiettivi:
 Efficacia: è il grado di raggiungimento degli obiettivi e dei risultati previsti. Il primo problema legato
all’efficacia è, però, la molteplicità e diversità degli obiettivi, determinati anche dai diversi
stakeholders (sono le persone che hanno interesse allo svolgimento dell’attività aziendale).
L’organizzazione aziendale, quindi, deve essere in grado di fronteggiare le diverse esigenze,
tenendo conto delle diverse priorità. La seconda questione sta nel fatto che l’organizzazione si
articola su più livelli: l’azienda deve raggiungere l’efficacia sia nel suo complesso che nei suoi
singoli settori. Esempio Fabbrica degli spilli A. Smith-> divisione del lavoro aumenta produttività.
 Efficienza: consiste nel risparmio di risorse nell’ottenimento di prodotti finiti (cioè nel
raggiungimento degli obiettivi previsti). Essa comprende l’efficienza produttiva, che si misura
attraverso il rapporto input (costi) – output (ricavi), e l’efficienza transazionale, legata invece ai
costi decisionali, di distribuzione, coordinamento e controllo.
 Equità: è il grado di soddisfazione degli individui coinvolti. Essendo molto soggettiva, viene spesso
sottovalutata, ma in realtà molto importante come obiettivo perché collegato agli altri due. L’equità
viene inoltre concepita a due livelli: il primo è quello della giustizia distributiva, intesa come
allocazione equa e giusta delle ricompense. Il secondo è quello della giustizia procedurale o
interazionale, cioè l’insieme delle politiche e delle procedure corrette utilizzate per l’allocazione
delle ricompense (visto dalla parte del dipendente). L’equità, infine, si ricollega al concetto di
responsabilità sociale dell’organizzazione.
In sostanza, le varie teorie organizzative si occupano di capire come funziona un’organizzazione e come si
relaziona con l’ambiente circostante, per gestirla al meglio, in modo da raggiungere questi tre obiettivi.
Organizzazione Aziendale L’evoluzione delle teorie organizzative

L’EVOLUZIONE DELLE TEORIE ORGANIZZATIVE

LE TEORIE CLASSICHE
Frederick Winslow Taylor

Il contesto storico
Taylor introdusse per la prima volta le sue teorie a fine ‘800, negli Stati Uniti, mentre era in atto la
Rivoluzione Industriale, per cui le principali caratteristiche del mercato erano:
 Elevata crescita ed espansione delle imprese (sviluppo industriale)
 Manodopera poco qualificata (perché gli operai provenivano prevalentemente dalle campagne);
 Alta domanda, quindi mercato in espansione;
 Tecnologia in evoluzione.
 Impreparazione dei manager e proprietari
Erano, nel complesso, condizioni favorevoli alle imprese, che però non potevano coglierne appieno le
potenzialità dell’ambiente perché mancava una vera e propria organizzazione aziendale.
Le aziende dell’epoca non erano gestite dal management, ma dai capireparto, che agivano tramite:
 Empiria, arbitrarietà e corruzione;
 Contrattisti: erano lavoratori a tempo determinato, che concordavano con l’impresa la quantità da
produrre, utilizzavano i macchinari e gli impianti dell’azienda ma si autogestivano;
 Drive system (sistema della spinta): cioè sistemi di incentivazione alla produttività basati sulla forte
pressione e insistenza esercitata sugli operai.
In base a questi elementi, Taylor criticava:
 Soldiering: il rallentamento intenzionale della produzione da parte degli operai a causa della
convinzione che maggior produttività significasse meno posti di lavoro;
 Inefficienza dei metodi empirici utilizzati dai capi reparto che genera sprechi;
 Sistemi errati di incentivazione, in particolare il lavoro a cottimo, che portavo l’operaio a calcoli di
convenienza.

La rivoluzione mentale

Sulla base di queste considerazioni, Taylor suggeriva una completa rivoluzione mentale, per evitare i difetti
del sistema precedente. Tale rivoluzione avrebbe incluso due cambiamenti fondamentali:
 L’inizio di una collaborazione tra direzione e operai in modo da aumentare il surplus, cioè il
guadagno dell’impresa, per aumentare il surplus era necessario aumentare anche la produttività.
Tramite l’OSL (organizzazione scientifica del lavoro) è possibile incrementare la produttività di 3 o
4 volte, senza imporre ulteriori fatiche ai lavoratori.
 L’abbandono dei metodi empirici e pratici per l’organizzazione del lavoro, per iniziare ad utilizzare la
conoscenza scientifica.

Esperimento dela macchina (Charlie Chaplin)


-> lavoratore trattato come un oggetto, si è solo preoccupati di vedere se la macchina funziona, perciò il lavoratore
non viene preso in considerazione e gli si può fare quello che si vuole.
Altro aspetto che emerge è la separazione tra la funzione direttiva ed esecutiva.
I principi dell’organizzazione scientifica del lavoro (OSL) e i suoi meccanismi

È importante nelle teorizzazioni di Taylor distinguere la rivoluzione mentale suggerita (vedi sopra), dai
principi teorizzati e dai meccanismi che da questi ultimi derivano.
In particolare, mentre i principi dell’OSL consistono nella trasformazione dell’organizzazione in scienza, i
meccanismi, invece, rappresentano la dimensione più tecnica e, in poche parole, le operazioni pratiche da
mettere in atto.
Organizzazione Aziendale L’evoluzione delle teorie organizzative

I principi dell’OSL sono:


1. Lo studio scientifico del lavoro.
Si tratta dell’individuazione della modalità ottima per organizzare il lavoro. Esso si riconnette al
principio dell’one best way, in base al quale esiste una sola e unica risoluzione ottima per ogni
problema. Questo principio è alla base dell’OSL, ma si ricollega in particolare allo studio scientifico
del lavoro.
Da quest’ultimo derivano poi, principalmente, due meccanismi:
 La separazione tra progettazione (management) e esecuzione (lavoratori);
 Il task management, che consiste nello scomporre il lavoro studiato (mansione) in operazioni
e compiti elementari, trovare la procedura e le attrezzature più rapide ed efficienti per
ognuno di essi ed eliminarne i movimenti errati o inutili, così da standardizzare ogni
mansione.
2. Selezione e addestramento scientifico della mano d’opera.
Consiste nella possibilità di individuare il lavoratore di PRIMA CATEGORIA, ovvero colui che
svolgerebbe al meglio una determinata mansione, in modo da assegnare a ogni lavoratore la
mansione più adatta. Il meccanismo che ne deriva è, per esempio, quello dei test di selezione.
3. Instaurazione di rapporti di stima e di collaborazione tra dirigenti e mano d’opera.
Consiste nella ricerca del consenso dei lavoratori e nel far sentire il lavoratore importante e partecipe
nell’impresa, principalmente per un motivo: evitare i conflitti coi sindacati.
4. La distribuzione uniforme del lavoro e delle responsabilità, attraverso due meccanismi:
 La direzione funzionale: ogni “capo” ha un compito o una funzione precisa (es: controllo
della qualità, velocità delle procedure, controllo degli approvvigionamenti ecc. ecc.) per cui
ogni dipendente può sottostare a più capi che sono allo stesso livello. È il contrario della
direzione gerarchica.
 Il principio d’eccezione: viene conferita più autonomia al lavoratore, che non si vede più
costretto a dover chiedere aiuto sempre al capo, ma può risolvere piccoli problemi in modo
indipendente, utilizzando le sue conoscenze.

Il fordismo e la catena di montaggio


Henry Ford fu il primo ad applicare parte delle teorie di Taylor in senso pratico.
Da allora nacque il fordismo, cioè un metodo di organizzazione della produzione, basato fondamentalmente
sul metodo di organizzazione del lavoro di Taylor.
Attraverso l’istituzione della catena di montaggio, egli mette in pratica il primo principio. Tuttavia tralascia
molto i restanti principi, in particolare il secondo: non puntava a selezionare gli operai, ma, piuttosto,
attraverso la logica meccanica, a semplificare il lavoro e i movimenti a tal punto da poter essere svolti da
qualsiasi persona ad alta velocità, eliminando quindi l’esigenza di selezionare e formare il personale.
Ultimo punto del fordismo è la politica dei salari alti: Ford puntava a remunerare il meglio possibile i suoi
operai in moto tale che potessero permettersi i suoi stessi prodotti. Egli mirava quindi alla vendita di massa,
come dimostra anche la produzione in serie attraverso la catena di montaggio, e non sul saggio di profitto
(cioè su una differenza elevata tra il costo di produzione e il prezzo di vendita del prodotto. Egli preferiva
vendere a costi bassi ma a tante persone e non a prezzi alti ma a pochi).

Taylor nel management contemporaneo


Alcuni punti del taylorismo vengono ancora oggi utilizzati in alcune imprese (es: fast food), per esempio:
 Studio dei tempi e dei metodi
 Standardizzazione
 Tasking
Organizzazione Aziendale L’evoluzione delle teorie organizzative

 Bonus per la produttività


 Selezione scientifica
 Individualizzazione del lavoro

Le critiche al Taylorismo
Dagli anni ’20 in poi vennero individuati due grandi limiti, o difetti, nelle teorie di Taylor:
 Mancata osservazione degli aspetti psicologici del lavoro.
I metodi tayloristici furono ampiamente criticati perché inducevano all’alienazione del lavoratore.
Essi non tenevano conto della fatica e della monotonia che l’organizzazione scientifica provocava e
che, essendo anche fortemente soggettive, provocavano un forte rallentamento della produzione.
 Visione troppo semplicistica degli aspetti motivazionali.
Con l’OSL i lavoratori non venivano particolarmente incentivati: le possibilità di carriera non erano
elevate, gli incentivi economici non erano sufficienti e il grado di soddisfazione non veniva
nemmeno calcolato.
Tutto ciò portò a un punto di svolta con la Scuola delle Relazioni Umane (SRU).

La Scuola delle Relazioni Umane (SRU)

Negli anni ’30 e ’40 nacque la necessità di trovare motivazioni e incentivi al lavoro che fossero più umani e
democratici. Le prime ricerche vennero avviate nel 1924, quando vennero fatti i primi esperimenti sul grado
di correlazione tra l’illuminazione dell’ambiente e il rendimento degli operai.
Le tre ricerche alla base della SRU, però, furono condotte da Mayo e Roethlisberger tra il 1927 e il 1932.
Il loro obiettivo era quello di capire se fossero più importanti i fattori economici o quelli psicosociali nello
stimolare il rendimento del lavoro.
L’esperimento consisteva nel monitorare la produttività di un gruppo di operaie, incentivandole anche con la
retribuzione a cottimo. La produttività, nel primo esperimento, aumentò del 30%, ma solo con i successivi
due esperimenti si riuscì a comprendere che gli incentivi economici erano solo al terzo posto in ordine di
importanza tra gli elementi che incentivavano la produzione. Al primo e al secondo posto si trovavano
rispettivamente le buone relazioni umane nel gruppo (comprese anche quelle con il supervisore) e le pause
di riposo.
Tuttavia i risultati ottenuti dai due studiosi furono ampiamente criticati per la poca scientificità. In particolare,
non si tenne conto di:
 Interventi disciplinari effettuati (2 licenziamenti)
 Adozione di diversi parametri di misurazione
 Influenza di fattori esterni (crisi del ’29)
 Orientamento preconcetto delle analisi (i due ricercatori sapevano, o meglio, speravano che i
risultati sarebbero stati quelli successivamente ottenuti, perciò hanno lavorato con metodi differenti
per raggiungere quel risultato)
I critici sostenevano, sostanzialmente, che questi 4 elementi fossero sufficienti a indirizzare il risultato verso
quello ottenuto, mentre incentivi economici, pause di riposo e buone relazioni umane avessero avuto scarsa
rilevanza.
Nonostante ciò, proprio grazie a questi studi Mayo riuscì a individuare un ulteriore fattore che influenzava la
produttività dei lavoratori: le norme sociali di carattere informale, cioè delle regole che i lavoratori
tacitamente e inconsciamente si davano e seguivano per ritenere il lavoro “equo” (es: si stabiliva una certa
quantità di prodotti da finire entro la giornata e tale quantità non andava superata). In realtà queste regole
sono “normali” nella società.
Inoltre questi esperimenti influenzarono tutti gli studi successivi.
D’altra parte, infine, da essi derivano i 3 principi cardine che contraddistinguono l’ideologia della SRU:
Organizzazione Aziendale L’evoluzione delle teorie organizzative

 Importanza dei fattori informali (vedi sopra);


 Esistenza di fattori psicologici latenti che condizionano i comportamenti del gruppo;
 La fabbrica viene vista come un’istituzione rigeneratrice in una società ormai dominata dall’anomia.

Max Weber (1864-1920)

Weber studiò i cambiamenti della società dovuti all’avvento della rivoluzione industriale e individuò 3 tipi di
potere, di cui solo l’ultimo creato proprio grazie all’industrializzazione:
 Potere tradizionale: era quello definito da uno status ereditario, che si tramandava di generazione
in generazione (es: monarchia ereditaria, nobiltà, ecc.);
 Potere carismatico: è una forma di autorità che viene riconosciuta a persone con particolari doti di
persuasione e attrazione, che possono esercitare una leadership senza aver bisogno di ulteriori
riconoscimenti formali (es: leader politici);
 Potere legale-razionale: esso viene assegnato in base a norme prestabilite da criteri razionali,
come particolari competenze tecniche o determinate capacità relazionali.
Secondo Weber, l’unico potere giusto, efficiente ed efficace, è quest’ultimo. Tuttavia era anche convinto che
esso potesse essere esercitato solo all’interno di una burocrazia. Da qui deriva la sua più grande teoria: la
teoria della burocrazia.
Secondo Weber, solo nella razionalità di una struttura sociale burocratica di autorità sarebbe stato possibile
affermare criteri meritocratici nell’attribuzione dell’autorità e del potere, a discapito quindi del culto della
personalità (potere carismatico) e del nepotismo (potere tradizionale).
Weber identificava inoltre un idealtipo (=costruzione mentale non concreta costruita per accostarsi alla
realtà, ma per certi versi utopica) di burocrazia, con le seguenti caratteristiche:
 Fedeltà e segreto d’ufficio;
 Scelta di membri con adeguata competenza e specializzazione;
 Gerarchia d’uffici;
 Possibilità di carriera;
 Lavoro dei membri a tempo pieno e che garantisca uno stipendio fisso;
 Non possesso degli strumenti di lavoro.

Henry Fayol

E’ stato il primo a descrivere le funzioni che il capo doveva assolvere. Descrive la funzione manageriale/direzionale.

LA MOLTEPLICITÀ DI PROSPETTIVE
Molteplicità delle prospettive= tanti modi diversi di guardare la stessa cosa -> risultato diverso. L’adozione di
molteplici prospettive permette di avere più strumenti a disposizione.

Alcune metafore alla base delle Teorie Organizzative.


- Organizzazione come una macchina -> Taylor e Ford. Sono organizzazioni rigide e poco reattive ai -
cambiamenti dell’ambiente. (va bene per mercati stabili)
- Organizzazione come sistema organico (corpo umano), adattabile all’ambiente, reagisce velocemente ai
cambi.
- Organizzazione come cervelli= ciascun membro ha una sua esperienza che va a formare una conosce
collettiva che ‘organizzazione deve gestire.
- Organizzazione come prigione= luogo in cui l’individuo è obbligato a comportarsi in un certo modo.
L’individuo lascia perciò fuori la propria identità personale e sposa la visione dell’organizzazione.

Esistono 3 prospettive sulla base delle quali sono state create nel tempo diverse teorie organizzative, cioè:
la prospettiva modernista, quella simbolico-interpretativista e quella post-modernista.
Ciascuna di esse fornisce strumenti di analisi che possono essere tutti ugualmente utili nell’organizzazione
aziendale.
Per capire le tre diverse prospettive bisogna però prima capire e comprendere i presupposti da cui essi
derivano. In particolare è bene analizzarne le posizioni filosofiche in relazione a queste due discipline:
 Ontologia: si occupa di cosa significa la realtà per l’uomo e se la sua esistenza può essere
oggettiva o no. Esistono due gruppi di teorici a riguardo:
-Soggettivisti: sostengono che qualcosa esista solo nel momento in cui lo si vive e gli si attribuisce
un significato. Ogni persona, quindi, crea la propria realtà sulla base delle
Organizzazione Aziendale L’evoluzione delle teorie organizzative

proprie convinzioni, esperienze, credenze e percezioni, acquisite anche dalla società


circostante.
-Oggettivisti: sostengono che la realtà esista indipendentemente dalla percezione
dell’uomo. Perciò anche i comportamenti delle persone sono prevedibili e determinabili
perché collegati a cause precise nella realtà.
 Epistemologia: si occupa del significato di conoscenza e dei metodi che si possono adottare per
ottenerla o valutarla. La divisione teorica in questo ambito è tra:
 Positivisti: partono dal presupposto di poter analizzare la realtà solo ed esclusivamente
attraverso l’analisi scientifica e misurazioni oggettive, ricavando dei modelli teorici che
possono poi essere applicati alla generalità dei fatti concreti.
 Antipositivisti: (o interpretativisti) credono che la conoscenza possa essere creata solo
comprendendo il punto di vista di coloro che vivono direttamente la realtà studiata. Bisogna
quindi condurre ricerche “soggettive”, volte ad accedere al significato costruito dagli altri in
un determinato contesto, tenendo conto, poi, che esso può essere filtrato dalla personale
visione dell’io interprete. La differenza, qui, dai positivisti sta nella soggettività delle
“indagini” e nella ricerca di una verosimiglianza piuttosto che di una generalizzazione.
NB: per capire meglio vedere slide ed esempio

La prospettiva MODERNISTA

I modernisti sono, generalmente, oggettivisti e positivisti.


Per loro le organizzazioni sono entità reali e oggettive, che possono essere studiate con metodi statistici e in
modo completamente oggettivo e scientifico, ispirandosi a criteri di efficienza ed efficacia.
Il loro obiettivo principale è quello di trovare regole e tecniche universali per il controllo e la gestione delle
organizzazioni.
Di seguito due delle più importanti e famose teorie moderniste.

La teoria dei sistemi


Secondo questa teoria l’organizzazione è un sistema, composto d’innumerevoli sottosistemi. Essi, tuttavia,
sono fortemente collegati tra loro e non possono che essere studiati e gestiti come un unico complesso.
Di conseguenza, un’organizzazione deve saper beneficiare di:
 Differenziazione, che permette di avere un certo grado di specializzazione in ogni sottosistema;
 Coordinazione tra i vari sottosistemi.
Infine, si deve tener conto del fatto che il sistema interagisce con l’ambiente circostante, da cui riceve INPUT
e in cui immette OUTPUT.

La teoria delle contingenze


Questa teoria si trova in completa opposizione al principio dell’one best way di Taylor.
Secondo i teorici delle contingenze, infatti, non esiste un unico modo migliore per organizzare un’impresa,
bensì la progettazione ideale è legata e varia a seconda di diversi fattori contingenti, tra i quali:
 Ambiente
 Tecnologia
 Persone
 Obiettivi
 Dimensione
L’organizzazione deve quindi essere in grado di adattarsi ad essi, creando una situazione di fit
(adattamento). Nel caso in cui i fattori vengano modificati o l’organizzazione non riesca ad adeguarsi ad essi,
Organizzazione Aziendale L’evoluzione delle teorie organizzative

si genera una situazione, si dice, di misfit e le conseguenze possono essere più o meno gravi per quanto
riguarda l’efficacia e l’efficienza dell’organizzazione stessa.

La prospettiva interpretativista

Gli interpretativisti sono sostanzialmente soggettivisti e positivisti.


Per loro l’organizzazione è una comunità costituita da rapporti umani e non può essere considerata come un
oggetto che deve essere misurato e analizzato per ottenere delle teorie certe. Essa è una rete di significati,
costruiti dai membri stessi in base alle loro esperienze personali e al contesto culturale in cui si trovano.
L’obiettivo degli interpretativisti, quindi, è quello di interpretare i significati attribuiti all’organizzazione in
contesti specifici, applicando criteri di verosimiglianza in contesti simili, ma senza mai adottare teorie
generali.

La teoria del sensemaking (Weick, 1995)


Di tutte le teorie interpretativiste, la più famosa è quella del sensemaking, di Weick.
Secondo Weick le organizzazioni esistono prevalentemente nella mente dei loro membri, sotto forma di
mappe cognitive.
Il sensemaking (creazione di senso) consiste proprio nella ricerca di un ordine nelle proprie esperienze (in
questo caso che riguardano l’organizzazione) per dare un senso al contesto organizzativo o alla realtà. La
realtà organizzativa viene costruita quindi socialmente dai membri, in base ai significati che ognuno di loro
attribuisce ad essa.
In base al sensemaking (cioè all’attribuzione di significato effettuata socialmente) avviene poi l’enactment,
cioè l’agire sulla base dei significati attribuiti.
È l’enactment stesso che poi contribuisce a rendere reale il sensemaking, cioè i vari significati attribuiti, che
prima dell’enactment erano solo delle costruzioni mentali.
In base a questa teoria, quindi, chi progetta e gestisce l’organizzazione dovrebbe essere in grado di
uniformare il sensemaking di tutti i membri, lavorando sulle loro percezioni ed esperienze e indirizzandolo
verso l’enactment più appropriato.

Il disastro del Mann Gulch


Fattori che provocano il disastro:
- errore di valutazione del problema
- mancanza comunicazione e inesperienza
- fattori fuorvianti-> scattano fotografie, si fermano a mangiare, decisioni Dodge non spiegate, confusione
pompieri
Esempio classico di distruzione e collasso del metodo del Sensemaking. Ciascuno ha elaborato a modo
proprio gli episodi, senza dare spiegazioni agli altri.

La prospettiva post-modernista

I post-modernisti non prendono una posizione filosofica di riferimento né nell’ontologia né nell’epistemologia,


perché ritengono che la conoscenza sia una forma di potere e sceglierne una obbliga all’emarginazione
dell’altra.
Infatti, i post-modernisti partono dal presupposto di non ambire alla Verità, ma hanno l’obiettivo di portare
alla luce le persone e le idee che sono sempre state sottovalutate.
Per loro, l’organizzazione è anch’esso un sito dove si sviluppano rapporti di potere e di oppressione, che
andrebbero evitati, incoraggiando forme di organizzazione riflessive e comprensive.
I critical management studies
Sono un filone di questa prospettiva post-modernista, che promuove una forma di organizzazione basata
sulla soddisfazione dei vari membri, ma anche dell’organizzazione stessa nel suo complesso.
I suoi 3 principi fondamentali sono:
 Metodi d’incentivazione accattivanti;
 Possibilità di migliorare le competenze dei membri;
 Partecipazione dei membri alla vita dell’organizzazione.
Organizzazione Aziendale L’ambiente organizzativo

L’AMBIENTE ORGANIZZATIVO

L’ambiente è l’insieme di tutti gli elementi e le forze che sono esterne alle organizzazioni, ma che possono
influenzarne, direttamente o no, la sopravvivenza e le normali attività attraverso gli INPUT e che possono
essere influenzati attraverso gli OUTPUT.
Può essere esaminato su più livelli:
 Network interorganizzativo: consiste nelle relazioni e interazioni tra le varie organizzazioni
esistenti (chiamate stakeholders) che si influenzano reciprocamente; questo network è importante
perché dentro la rete circolano informazioni e risorse. A seconda delle relazioni che hai con le altre
organizzazioni si possono avere posizioni di vantaggio o svantaggio nel network.
 Ambiente generale: è costituito dall’insieme di forze che condizionano l’ambiente e va suddiviso in
7 settori:
1. Settore sociale: include tutte le caratteristiche rilevanti della società in cui
l’organizzazione opera, come l’età media, il libello di mobilità sociale, l’educazione, il
tipo di commercio più comune…
2. Settore culturale: strettamente legato a quello sociale, include i valori, le tradizioni, i
comportamenti tipici della società…
3. Settore legale: comprende le leggi e le costituzioni dello/degli Stato/i in cui
l’organizzazione lavora;
4. Settore politico: riguarda la distribuzione e la concentrazione del potere politico, il
tipo di sistema (autoritario/democratico) e il livello di partecipazione alla politica da
parte dei cittadini;
5. Settore economico: include tutti i tipi di mercato (del lavoro, finanziario, dei beni e
dei servizi) e il loro andamento. In questo settore rientrano anche tutte le politiche
economiche adottate dallo Stato, l’andamento del bilancio statale e della bilancia dei
pagamenti;
6. Settore tecnologico: riguarda tutte le tecnologie e le scoperte disponibili
nell’ambiente circostante;
7. Settore fisico: comprende non solo la presenza o meno di materie prime e risorse
varie sul territorio, ma anche il livello di inquinamento, il meteo e i cambiamenti
climatici, le caratteristiche del territorio, la presenza di infrastrutture, ecc.
 Ambiente internazionale: consiste nel collegamento tra i vari ambienti generali nel momento in cui
l’organizzazione operi in più paesi e, quindi, a livello internazionale.

DOCUMENTO MOBILI DESIGN verso FORNITURE OF AMERICA


1. settore economico sociale= Italia manodopera specializzata, America manodopera poco specializzata.
2. settore culturale= i lavoratori cambiano spesso posto di lavoro in cerca di salari più alti.
3 settore sociale= l’azienda italiana non licenzia i lavoratori per non creare disoccupazione, perciò decide di
convertire le mansioni degli operai.
4. settore fisico= scelta del metallo come materia prima
5. settore tecnologico= per azienda americana settore debole, deve importare i macchinari.

Volendo esaminare l’ambiente, inoltre, bisogna tener conto di tre dimensioni:


 La sua complessità, cioè il numero di elementi che lo compongono, la loro diversità e la presenza
di altre organizzazioni;
 La sua stabilità, che è relativa al grado di dinamicità degli elementi dell’ambiente (se cambiano in
fretta o no);
NB: da queste prime due caratteristiche deriva una maggiore o minore incertezza a
livello organizzativo. + complessità e + instabilità = maggior livello di
incertezza.
Per evitare l’incertezza, l’organizzazione deve quindi mettere in atto un’attività di boundary
spanning, che consiste nel monitoraggio dell’ambiente circostante per trasmettere informazioni utili
(es: nuove tecniche di produzione di fornitori, clienti e concorrenti) ai decisori. Questa attività include
anche la “manipolazione” dell’informazione a vantaggio dell’organizzazione, attraverso, per esempio,
pubblicità o
attività di pubblica relazione.
 La sua ricchezza, ovvero la quantità di risorse nell’ambiente.
Organizzazione Aziendale L’ambiente organizzativo

NB: da questa ultima dimensione, invece, dipende il grado di dipendenza dalle risorse materiali, finanziarie
e umane (che sono sempre limitate per definizione) dell’organizzazione. In risposta a questo problema,
quest’ultima deve porre in essere l’attività di buffering, cioè la creazione di “ruoli cuscinetto” tramite
persone addette proprio ad evitare che l’organizzazione arresti la sua attività per una carenza temporanea
di una di queste risorse. (ES: scorta di magazzino adeguata, addetto alle vendite che contatta il
consumatore se
l’azienda non vende, ecc. ecc.)
L’impresa può anche decidere di rispondere influenzando le risorse, attraverso collegamenti
interorganizzativi (acquisto di nuove aziende, joint ventures, consigli di amministrazione concatenati ecc.) e
il controllo della sfera ambientale (attività politica tramite lobby, associazioni di settore…).

LA DIPENDENZA DELLE RISORSE

La dipendenza dalle risorse è il risultato della scarsità delle risorse materiali e finanziarie di cui
l’organizzazione ha bisogno. Le organizzazioni cercano quindi di ottenere un controllo sulle risorse per
minimizzare tale loro dipendenza.
Quali sono le risorse?
- input di capitali
- input di materie prime
- input di forza lavoro
- input di conoscenza e strumenti
- output clienti

Come fa però l’organizzazione a diminuire questa dipendenza dalle risorse?


Bisogna aumentare lo spazio di influenza che l’organizzazione ha verso l’ambiente, ad esempio tramite il
marketing.

PUBBLICITA’ FIAT
Differenze dei 2 video:
- durata filmato -> la pubblicità vecchia dura 6 minuti, ora durano massimo 10 secondi. Questo divario è
dovuto a ritmi di vita differenti, prima la vita aveva un ritmo tranquillo, ora frenetico.
- nella pubblicità vecchia l’auto va bene per tutti (produzione di massa), nelle pubblicità odierne invece, si
cerca di tramandare qualcosa che distingue, non che va bene per tutti, perciò si enfatizzano molto gli aspetti
tecnologici e il prezzo.

Se l’organizzazione non ha abbastanza informazioni su come sta cambiando l’ambiente, non si può mettere
in atto una strategia efficace. Un’azienda che ha ribaltato il rapporto di dipendenza dall’ambiente è la Apple.
Oggi la gente è disposta a mettersi in coda ore prima per acquistare il nuovo modello di un Iphone -> ora è
l’ambiente ad essere dipendente dall’organizzazione.

STRATEGIE PER INFLUENZARE LE RISORSE NELL’AMBIENTE


1. stabilire collegamenti interorganzzativi -> vi sono diverse pratiche, ad esempio acquistare pezzi
dell’ambiente: un’azienda compra un competitor, joint ventures, cooptazione (vengono inseriti nei consigli di
amministrazione della società persone influenti dell’ambiente esterno), recruitment dei dirigenti (si cerca sul
mercato del personale qualificato), pubblicità.
2. controllare la sfera ambientale -> decidere di cambiare ambiente, cambiare business, lobbying,
associazione di settore (imprese che si mettono insieme Es. Confindustria), attività illecite (corruzione).

IL NETWORK INTERORGANIZZATIVO O RETI ESTERNE


Il network interorganizzativo (o forma a rete) è una forma di cooperazione tra due o più aziende
(organizzazioni) autonome e indipendenti sotto il profilo proprietario, ma che sono collegate tra loro da
interdipendenza e le cui relazioni sono governate da meccanismi di coordinamento multipli.
Nonostante esso sia già un “sottolivello” dell’ambiente organizzativo, anch’esso può essere suddiviso in più
livelli e essere analizzato sotto diversi punti di vista:
 Relazione diadica: si prende in considerazione una singola relazione tra due sole organizzazioni.
Queste ultime vengono chiamate attori e la relazione tra loro instaurata può essere direzionale,
quando c’è scambio di risorse tra le due, o non direzionale. Un network interorganizzativo è formato
da una molteplicità di relazioni diadiche;
 Ego network: si tiene conto solo delle relazioni dirette che una certa organizzazione di riferimento
instaura con altri attori;
 Overall network: comprende non solo delle relazioni dirette, ma anche quelle indirette, includendo
quindi attori che non si relazionano con l’organizzazione di riferimento, ma che comunque la
influenzano.
Le VARIABILI CHIAVE da prendere in considerazione nello studio di un network sono:
 Embeddedness: è la quantità e il tipo di relazioni sociali e interpersonali che si instaurano
nell’organizzazione e tra gli attori;
 Fiducia tra gli attori; quante possibilità ci sono che l’organizzazione si comporti come io mi aspetto che
faccia. Più è alta la fiducia più ho attese di comportamento.
 Forza delle relazioni: dipende dalle altre due variabili ed è la frequenza e l’intensità delle relazioni
tra gli attori. Più le relazioni sono deboli, più sono i costi di coordinamento. Tuttavia, proprio
relazioni deboli comportano un’alta possibilità di innovazione nei metodi di controllo, coordinamento
e instaurazione delle stesse.
Per comprendere invece la posizione di una determinata organizzazione all’interno del network, attraverso
cioè una NETWORK ANALYSIS, bisogna prendere in considerazione:
 Connettività: è il grado di collegamento tra le organizzazioni. Per studiarla si calcola:
1. La densità relazionale: il numero di relazioni presenti;
2. La media della distanza geodetica: tempo medio che un’impresa impiega per
raggiungere gli altri attori (numero di altri attori che mediamente deve “toccare”
prima di raggiungerne uno in particolare).
 Centralità: cioè l’importanza dell’organizzazione nel network, in base a:
1. Degree centrality (DC): numero di attori con cui l’organizzazione di riferimento è in
relazione diretta (cioè numero di attori che compongono il suo Ego Network);
2. Closeness centrality (CC): distanza che mediamente l’organizzazione ha nei
confronti degli altri attori dell’overall network;
Organizzazione Aziendale L’ambiente organizzativo

3. Betweenness centrality (BC): n° di relazioni di cui l’organizzazione fa parte come


intermediario.
Per chiarimenti ed esempi vedi slide Della Torre

I tipi di network interorganizzativi o reti

 RETE VERTICALE: è la supply chain (rete di valore), cioè quella che si crea tra le aziende tra loro
non concorrenti ma che contribuiscono a un unico processo. In questo tipo di rete ho relazioni sia
con i fornitori di 1°livello che di 2°livello (a monte), mentre a valle ho relazioni con i distributori e i
Fornitori di 2° livello
clienti. Metodo per controllare ambiente acquistare azienda fornitrice. (controllo risorse).

Fornitori di 1° livello
f1 f2 f3 f4 f5 f6 f7

F1 F2 F3 F4 F5 F6

Impresa focale

D1 D1 D1 Distributori

Clienti
finali

 RETE ORIZZONTALE: è la rete che si crea tra imprese concorrenti, che operano nello stesso
mercato. Essa ha come obiettivo (o dovrebbe) la resource pooling, cioè la condivisione di risorse,
come informazioni, ricerche, conoscenze, obiettivi, ecc.
Le relazioni create possono essere formali, attraverso consorzi, associazioni o joint ventures, ma
anche informali, cioè basate su accordi non specifici, sulla fiducia reciproca e spesso sulle relazioni
interpersonali tra le due organizzazioni.
 RETE AD ALTA CONNETTIVITÀ (vedi connettività sopra. Es di rete alta conn.: distretti industriali)
 RETE AD ALTA CENTRALITÀ (vedi sopra. Es: azienda broker)
 FORMA DI RETE EQUITY: si ha quando le relazioni tra attori si instaurano attraverso cessione o
condivisione di diritti di proprietà (joint ventures, capital ventures, minority holding…)
 FORMA DI RETE NON EQUITY: si ha quando, invece, le relazioni si instaurano solo tramite
standard informali (fiducia) o tramite obblighi reciproci (franchising).
Organizzazione Aziendale La struttura di un’organizzazione

LA STRUTTURA DI UN’ORGANIZZAZIONE

Per struttura si intendono tutte le relazioni tra le parti e gli elementi di un insieme organizzato. La struttura
complessiva è composta da struttura fisica e struttura sociale.

LA STRUTTURA FISICA
Essa comprende tutte le relazioni spaziali e temporali tra gli elementi fisici dell’organizzazione (Es. edifico,
uffici, scrivanie, macchinari). È’ importante studiare la struttura fisica di un’organizzazione per diversi motivi:
 Secondo i modernisti essa può essere importante per l’efficacia e l’efficienza organizzative;
 Secondo gli interpretativisti essa trasmette dei significati che è importante prendere in
considerazione;
 Secondo i post-modernisti, infine, essa esprime le relazioni e le gerarchie di potere
interne. La struttura fisica è composta a sua volta da tre elementi:
 Geografia organizzativa
Essa consiste di tutti i punti e i luoghi del pianeta da cui l’organizzazione conduce i suoi affari,
includendo non solo i centri posseduti o gestiti dalla stessa, ma anche le strutture regolarmente
frequentate dai suoi membri nell’esercizio delle loro funzioni.
Questo aspetto della struttura fisica di un’organizzazione incide sulla difficoltà di comunicazione e
coordinazione.
Inoltre, a seconda della geografia organizzativa, l’organizzazione può trarre una serie di limitazioni
a cui adeguarsi, piuttosto che altrettante opportunità.
 Lo schema strutturale o layout
Si tratta della sistemazione spaziale degli oggetti fisici e delle attività umane. Include, quindi, il
posizionamento dei diversi edifici e strutture e, al loro interno, la posizione delle mura, del mobilio,
delle attrezzature e anche degli individui o dei gruppi.
I 4 aspetti fondamentali di questo livello della struttura sono, soprattutto per i modernisti:
1. La prossimità, cioè la distanza tra le zone assegnate a un singolo individuo o gruppo e agli altri;
2. L’apertura, ovvero la mancanza di delimitazioni fisiche all’interno dell’area di lavoro tra un
individuo e l’altro;
3. L’accessibilità, cioè il grado di semplicità con cui gli individui possono interagire tra loro
restando nella propria area di lavoro;
4. La privacy.
I modernisti tendono a osservare, principalmente, il grado di correlazione tra questi elementi e il
livello di efficienza ed efficacia nella comunicazione e nella coordinazione.
Gli interpretativisti, invece, cercano i significati associati alle caratteristiche fisiche dei luoghi di
lavoro, significati che, spesso, vengono collegati ai valori dell’organizzazione e allo status dei suoi
membri.
Infine, i post-modernisti vedono le disposizioni spaziali come incarnazione del potere, usato per
dominare i più deboli.
NB: La cultura del luogo influisce sui messaggi trasmessi dal layout di un’organizzazione.
 Architettura, design e stile
Essa comprende lo stile architettonico e decorativo di terreni ed edifici, sia internamente che
esternamente, includendo tutti i suoi elementi (pavimenti, luci, architettura, qualità del mobilio,
abbigliamento dei dipendenti, ecc. ecc.)
Generalmente, questo aspetto della struttura fisica è oggetto di osservazione degli interpretativisti,
Organizzazione Aziendale La struttura di un’organizzazione

che esaminano i messaggi che esso trasmette e l’impatto che ha sull’immagine dell’organizzazione.
Tuttavia può avere anche alcune influenze sull’efficacia e l’efficienza dell’organizzazione e
interessare, quindi, anche i modernisti (es: illuminazione, temperatura…).

LA STRUTTURA SOCIALE
Essa è schematicamente formata da:
 SPECIALIZZAZIONE VERTICALE/GERARCHIA DI
AUTORITA’
(Mesostruttura verticale) che si basa su:
1. Differenziazione verticale= quanti livelli
gerarchici ci sono nell’organizzazione.
2. Funzioni di linea/staff= funzioni di core
business.
3. Centralizzazione= potere accentrato al vertice o
distruibto lungo tutti i livelli.
 SPECIALIZZAZIONE ORIZZONTALE/DIVISIONE DEL
LAVORO
(Mesostruttura orizzontale) che si basa su:
1. Grandezza
2. Differenziazione orizzontale
3. Integrazione e coordinamento
 FORMALIZZAZIONE DI REGOLE E PROCEDURE
(Microstruttura) che si basa su:
1. Formalizzazione= documenti che accertano la
specializzazione.
2. Varietà= varietà dei lavori.
3. Specializzazione= livello di dettaglio di ciascuna
mansione.
4. Job crafting= dare piccole mansioni alle persone
in modo tale che vada ad impegnarsi sulle cose
che più gli interessano e gli escano meglio.
NB: tutto viene ripreso nei capitoli più avanti.

CASO DUE GOCCE D’ACQUA


ANALISI CASO A
Differenziazione verticale
Provincia 1= centralizzazione al vertice del potere decisionale + tanti livelli
gerarchici.
Provincia 2= pochi livelli gerarchici + potere non accentrato al vertice.

Microstruttura
Provincia 1= grado specializzazione elevato (organizzazione tayloristica)
Provincia 2= ambiguità delle mansioni. Viene assegnato un obiettivo e non
importa come il gruppo lavora per raggiungerlo.

Risultato
Provincia 1 più efficiente grazie ad un alto grado di formalizzazione (so
cosa devo fare e che procedure seguire), in questo modo ottengo un
risultato migliore riducendo anche il tempo impiegato.
= metodo formalizzato di procedure, bassa libertà di iniziativa-> per ogni
cosa andava chiesta l’autorizzazione. Non cambiano modo di lavorare.
Provincia 2= affida solo un obiettivo, ci si può muovere come si vuole,
basta raggiungere il risultato. Totale autonomia nello svolgimento del
compito

La struttura sociale secondo Mintzberg (1983)

Mintzberg propone uno schema strutturale per analizzare l’organizzazione ed individua all’interno delle
organizzazioni 5 parti, chiamate tutt’ora le 5 parti di Mintzberg, che compongono la struttura sociale, cioè:
 Nucleo operativo, che comprende tutte le persone che contribuiscono al processo lavorativo di
trasformazione degli input in output. (es: operai e simili)
 Vertice strategico, che consiste di tutte le persone che prendono le decisioni più importanti
riguardo all’attività dell’organizzazione e i suoi obiettivi (management, amministratori, imprenditore)
 Linea intermedia, composta dalle persone che trasformano le decisioni del vertice in azioni
concrete, che verranno poi svolte dal nucleo operativo (middle manager)
 Tecnostruttura, ovvero tutti coloro che studiano come rendere l’attività dell’organizzazione più
efficace ed efficiente possibile (formazione, pianificazione strategica)
 Staff di supporto, che include tutti coloro che svolgono servizi ausiliari e non legati strettamente al
lavoro del nucleo operativo (ricerca e sviluppo, servizio mensa, ufficio legale, pr…)
I tipi di struttura

Struttura funzionale

Presiden
te

Produzion Marketin Progettazio R


e g ne &
S

È una struttura sociale in cui i compiti vengono suddivisi tra i membri dell’organizzazione in base alla
funzione che svolgono. I responsabili di funzione, che sono a capo di ogni gruppo/settore che si è creato
rispondono direttamente al presidente.

Struttura divisionale

Presidente

Prodotto 1 Prodotto 2 Prodotto 3

Produ Marke Logi Produ Marke Logi Produ Marke Logi


R&S R&S R&S
zione ting stica zione ting stica zione ting stica

E’ una struttura in cui i membri vengono innanzitutto smistati in divisioni, in base a criteri come:
la linea di prodotto (vedi schema), l’area geografica a cui sono destinati o il tipo di progetto, ecc. Ogni divisione,
poi, in genere viene suddivisa ancora in base allo schema della struttura funzionale.

La differenza tra le due strutture è che nel primo caso tutti quelli che si occupano della stesa funzione hanno lo
stesso capo e stanno nello stesso dipartimento. Nella forma divisionale invece chi si occupa di una funzione, ad
esempio ricerca e sviluppo, hanno capi diversi a seconda dell’unità di business in cui lavorano.

Struttura a matrice
Presiden
te
Direttore Vicepresiden Vicepresiden Vicepresiden Manager
di te te te Controller
approvvigionamen
prodotto progettazion produzione marketing to
e
Product
Manager
A
P. M.
B
P. M.
C
P. M.
D

È una struttura piuttosto complessa e adatta principalmente alle organizzazioni che lavorano su progetto e
non in serie.
Innanzitutto l’organizzazione viene suddivisa per funzioni (seconda riga della tabella), ma anche per
progetto/prodotto (prima colonna), in modo tale che esistano sia responsabili di progetto che di funzione:
essi sono costretti a collaborare e a coordinarsi sempre tra loro.
Organizzazione Aziendale La struttura di un’organizzazione

Le teorie contingentiste sulla relazione tra struttura sociale e ambiente

La teoria dell’integrazione e differenziazione (Lawrence e Lorsch) – 1969

Lawrence e Lorsch esaminarono diverse imprese che lavoravano in ambienti più o meno incerti e
complessi. Giunsero così a capire che più l’ambiente in cui l’organizzazione si trova è complesso, più essa
sarà portata a creare dei sottosistemi al suo interno, così che ognuno di essi possa dedicarsi al settore
specifico dell’ambiente con cui interagisce, gestendolo e controllandolo al meglio per evitare incertezze.
Tali organizzazioni giungono, cioè, ad avere diversi livelli di differenziazione nei propri dipartimenti/
sottosistemi, su 4 livelli:
 Orientamento temporale: alcuni dipartimenti operano sul breve periodo (es: reparto vendite), altri
sul lungo (reparto ricerca & sviluppo);
 Orientamento interpersonale: alcuni sono orientati alle relazioni (reparto vendite) altri al lavoro
(reparto produzione);
 Formalizzazione della struttura: certi dipartimenti sono più formalizzati e gerarchici (reparto
produzione), altri sono più snelli e dinamici (reparto progettazione);
 Obiettivi.
Tuttavia, un alto grado di differenziazione richiede un’altrettanta elevata capacità di coordinamento e
integrazione, raggiungibile in diversi modi (vedi più avanti i meccanismi di coordinamento). In generale, per
avere questa capacità, bisogna ricordarsi che:
 In ambienti stabili la gerarchia e il coordinamento centralizzato sono i più ottimali.
 In ambienti incerti è invece necessario prendere decisioni più velocemente ed essere
sufficientemente flessibili, perciò bisogna decentrare i processi decisionali a livelli inferiori della
gerarchi.
Differenziazione Integrazione
Alta (Burocrazia e
Ambiente stabile Bassa
accentramento)
Alta (Decentramento e
Ambiente Alta
gerarchia snella)
instabile

La teoria dei sistemi meccanici e organici (Burns e Stalker) – 1961


Sistemi meccanici Sistemi organici
Alta e specifica differenziazione Alta integrazione e lavoro di
Compiti + gruppo
standardizzazione
Formalizzazione Alta Bassa
Centralizzazione Alta Bassa
Verticale (da superiore a
Comunicazione Orizzontali (da pari)
subordinato)

SISTEMA MECCANICO O BUROCRAZIA


Forma di organizzazione che funziona bene in ambienti stabili e semplici. Per questo motivo, questo tipo di
sistema è difficilmente riscontrabile nel mondo di oggi.
SISTEMA ORGANICO
Forma di organizzazione che funziona bene in ambienti complessi e instabili. Sistema maggiormente
utilizzarto nei tempi odierni.
Secondo Burns e Stalker, questi sono due modelli base di organizzazione che si trovano l’uno all’opposto
dell’altro. Nella realtà, di solito, le caratteristiche di questi due modelli vengono mischiate in una stessa
organizzazione, a seconda delle scelte adoperate dalla stessa.
Comunque, alla base della loro teoria si ha l’idea in base alla quale le organizzazioni meccanicistiche
sono più adatte ad ambienti stabili, mentre quelle organicistiche ad ambienti dinamici, dove i
cambiamenti sono frequenti, perché più flessibili e con meno regole e procedure da seguire nel prendere
decisioni rapide.
Oggi si parla di organizzazioni ambidestra, ovvero dotarsi di una parte di entrambi i sistemi organizzativi.
In questo modo avremo organizzazioni:
- con strutture mutevoli
- unità creative e incubatori di idee
- imprenditorialità aziendale interna e campioni intellettuali
- bilanciamento tra exploration e exploitation

Il modello contingente per la risposta organizzativa all’incertezza ambientale

Semplice Complesso
Incertezza bassa Incertezza bassa/moderata
Struttura meccanica Struttura meccanica
Poche unità organizzative Molte unità organizzative e qualche attività Stabile
Nessun ruolo di integrazione di confine
Orientamento alle attività correnti Molti ruoli di integrazione
Bassa velocità di risposta Qualche attività di pianificazione
Velocità di risposta moderata
Incertezza alta/moderata Alta incertezza
Struttura organica Struttura organica
Poche unità organizzative e molte attività di Molte unità organizzative e attività di Instabile
confine confine
Pochi ruoli di integrazione Molti ruoli di integrazione
Orientamento alle pianificazione Molta attività di pianificazione
Alta velocità di risposta Velocità di risposta alta

Il modello del ciclo di vita organizzativo (Greiner 1972)

Greiner suddivide la vita delle organizzazioni in 5 farsi distinte, intervallate da altrettante crisi, in cui
l’organizzazione ha esigenze sempre diverse e, di conseguenza, ad esse si deve adattare la struttura
sociale, che deve cambiare nel tempo.
1. Fase imprenditoriale: l’organizzazione si concentra sulla produzione e la vendita e l’imprenditore
riesce a controllare l’attività perché di piccole dimensioni.
 Crisi di leadership: con l’aumento delle dimensioni e della complessità
dell’organizzazione, l’imprenditore non ha più le competenze necessarie per
gestire l’attività.
2. Fase della collettività: Introducendo manager specializzati (linea intermedia), i processi decisionali si
centralizzano,
viene data una direzione all’attività e i vari membri vengono integrati.
 Crisi di autonomia: l’eccessivo accentramento porta a un sovraccarico di lavoro
per i manager.
3. Fase di delega: viene attuato un processo di decentralizzazione del potere, con cui più compiti e
responsabilità vengono affidati a vari membri.
 Crisi di controllo: con la decentralizzazione, l’organizzazione ha bisogno di
Controllare questi processi di delega.
4. Fase di formalizzazione: viene introdotta una forte e rigida burocrazia con precise procedure di
controllo, elevata pianificazione e procedure formali sempre più complesse.
 Crisi della burocrazia: le regole e le procedure sempre più complicate e
standardizzate rendono l’attività inefficiente e l’ambiente lavorativo sgradito ai
lavoratori.
5. Fase della collaborazione: I compiti vengono ri-suddivisi tra i membri, che vengono organizzati in
squadre di lavoro più piccole e responsabilizzate, con molta più autonomia. Il compito dei manager,
ora, è quello di motivare l’organizzazione verso precisi obiettivi.
 Crisi di rinnovamento: avviene quando i manager non riescono più a motivare
l’organizzazione. In seguito a ciò possono esserci due conseguenze: il declino
dell’organizzazione o la ricostituzione della stessa sotto una nuova forma
innovativa.

Il modello dei sistemi aperti (Katz e Kahn 196)


Anche Katz e Kahn tendono ad analizzare l’evoluzione della struttura sociale dell’organizzazione nel tempo.
1. Fase di progettazione: è la fase 0, in cui l’organizzazione non ha una vera e propria struttura
sociale perché la cooperazione è risultato più di un insieme di motivazioni personali che non frutto di
una vera azione organizzativa.
2. Attività di sostegno: I compiti di acquisto e vendita dell’organizzazione vengono differenziati
dall’attività di produzione in senso stretto. Ciò permette ai membri del nucleo tecnico di concentrarsi
sul mero processo di trasformazione mentre gli altri individui si preoccupano delle “attività
cuscinetto” con cui si interagisce con l’ambiente, chiamate appunto attività di sostegno. Il tutto viene
coordinato dai manager.
3. Attività di mantenimento: esse sono le attività connesse alla risoluzione dei problemi legati ai
cambiamenti nell’organizzazione e nell’ambiente esterno, come i cambiamenti del personale (risorse
umane), i contatti col pubblico (PR), la politica fiscale (contabilità)… Esse aiutano a fare in modo che
l’organizzazione possa continuare la sua attività indisturbata dagli stimoli interni ed esterni. Il
bisogno di integrazione aumenta, così vengono assunti nuovi manager e adottata una gerarchia
più articolata e rigida.
Organizzazione Aziendale La tecnologia

4. Funzioni di adattamento: l’organizzazione, infine, dovrà adattarsi all’ambiente esterno, agendo sui
prodotti offerti e anche sulla sua attività complessiva, attraverso, appunto, le funzioni di adattamento,
che comprendono: la pianificazione strategica, le previsioni economiche, i reparti R&S, le attività di
lobbying…

LA STRUTTURA FISICA
Riguarda le relazioni spaziali e temporali tra gli elementi fisici di un’organizzazione. Esistono diverse visioni
della struttura fisica di una organizzazione:
 Visione modernista: cercano di capire quale sia la struttura più efficiente
 Visione simbolico-interpretativa: si chiedono quale sia il significato simbolico delle strutture.
Esempio: cosa significa avere le vetrate anziché i muri di cemento.
 Visione postmodernista: come attraverso la struttura fisica si possa comprendere la divisione del
potere nell’organizzazione. Struttura fisica=manifestazione del potere.

ELEMENTI DELLA STRUTTURA FISICA

1. geografia organizzativa
Composta da tutti i siti nel mondo dove l’organizzazione è presente in qualche modo (filiali, relazioni
con clienti e fornitori ecc…). La geografia organizzativa è molto importante sia per la reputazione e
la credibilità di una organizzazione, sia perché più è grande l’organizzazione più aumentano le
difficoltà di coordinamento. Altro elemento fondamentale sono le infrastrutture , intese come grado
di accessibilità alle strutture.

2. Disposizione degli spazi


Riguarda la sistemazione spaziale degli oggetti fisici e delle attività umane.
Aspetti rilevanti:
- prossimità degli uffici
- apertura (open space)
- accessibilità da una postazione all’altra (open space)
- privacy: in contrasto con accessibilità

COFFICES
Ambienti lavorativi al di fuori dell’organizzazione, tipicamente in bar. Molte aziende stanno
investendo molto nello SMART WORKING, ovvero i lavoratori possono lavorare per qualche giorno
da casa. Questo metodo porta alla creazione dei coffices, questi ambienti sono molto stimolanti
perché si entra in contatto con persone che operano all’esterno dell’organizzazione permettendo di
ottenere nuove informazioni e idee.
3. Architettura stile e design
Impattano sull’immagine e sulla cultura dell’organizzazione che viene proiettata all’esterno, ma
anche sui risultati di efficienza.
Riguardano:
- edifici
- terreni
- arredamento
- illuminazione
- abbigliamento

LA TECNOLOGIA

La tecnologia è l’insieme di processi, tecniche, macchinari e azioni utilizzati per trasformare gli input
organizzativi in output. In sintesi, è il processo produttivo di un’organizzazione, che include non solo gli
strumenti utilizzati ma anche le procedure adottate.
Vengono individuati due tipi di tecnologie in ogni organizzazione:
 Tecnologia “core”: quella strettamente collegata al processo tecnico di trasformazione degli input in
output che comprendono tutta la linea produttiva (vertice, linea intermedia, nucleo operativo).
 Tecnologia ausiliaria: o non core, è quella di cui, invece, fa uso lo staff e vanno a supporto delle
tecnologie core. (non sono fondamentali per l’organizzazione). Sono ad esempio: ricerca e
sviluppo, risorse umane, marketing e contabilità.
LA TIPOLOGIA DI WOODWARD (1965)
Diversi studiosi delle organizzazioni hanno cercato di classificare la tecnologia in diversi modi.
La Woodward, inizialmente, avviò le sue ricerche tentando di trovare una corrispondenza tra il grado di
rendimento di un’organizzazione e la sua struttura sociale. In realtà non trovò collegamenti tra i due
elementi, bensì comprese che il grado di rendimento dipendeva dall’adeguatezza della struttura sociale alla
tecnologia utilizzata.
Suddivise così la tecnologia (core) utilizzata in base alla complessità tecnica e a ognuna di esse associò
la più adeguata struttura sociale.

Complessi
tà Tipologia Struttura sociale corrispondente

tecnica
Bassa Produzione unitaria, a piccoli lotti: Struttura organicistica:
(es: azienda il personale è altamente specializzato
decentralizzazione del potere, alto
agricola) perché partecipa a più fasi del processo grado di autonomia dei lavoratori,
produttivo e la produzione è per lo più bassa formalizzazione, gerarchia
artigianale. piatta
Media (es: Produzione di massa, in serie: Struttura meccanica:
catena i lavoratori non hanno elevata processi decisionali centralizzati, alto
di competenza e svolgono compiti semplici controllo dei manager,
montaggi e ripetitivi. formalizzazione elevata.
o)
Produzione a processo continuo:
Struttura organicistica:
Alta la produzione è fortemente
processo decisionale decentrato,
(es: automatizzata e il lavoratore interviene
basso controllo ma gerarchia a più
estrazio nel processo produttivo solo per
livelli e più complessa che negli altri
ne governare la macchina
due casi.
petrolifer ed è quindi altamente qualificato.
a)
Tuttavia la tipologia di Woodward presenta almeno tre limiti:
 Non tiene conto delle aziende di grandi dimensioni nel suo studio;
 La tecnologia si è evoluta da allora (vedi sotto);
 Non considera le aziende di servizi (vedi sotto).

La tecnologia nelle organizzazioni/aziende di servizi

Le differenze che presentano le aziende di servizi in confronto alle imprese industriali sono:
 Prodotto intangibile;
 Non esiste magazzino perché produzione e consumo del servizio sono simultanei;
 Labor e knowledge sono “intensive” (invece che il capitale);
 Alta interazione coi clienti e attenzione al rapporto con questi ultimi;
 Elemento umano molto importante;
 Difficile misura della qualità;
 Il tempo di risposta deve essere rapido;
 Il luogo di erogazione è importante.

L’evoluzione della tecnologia

La tecnologia di produzione è stata rivoluzionata grazie, soprattutto, all’avvento del computer, che rese la
produzione:
 Flessibile grazie a:
 Software CAD (Computer-Aided Design), che permette di disegnare e modificare
facilmente l’oggetto della produzione; (progettazione di nuovi prodotti a computer, test
prodotto progettazione 3D)
 Software CAM (Computer-Aided Manufacturing), che permette invece di convertire
l’uso dei macchinari utilizzati, per passare dalla produzione di un prodotto a un altro;
 Software gestionali, che infine forniscono un sistema informativo integrato.
 Snella come quella prevista dal modello giapponese.

Il modello giapponese (Toyotismo)

Il modello giapponese nacque non solo grazie all’innovazione tecnologica, ma anche, e soprattutto, grazie
all’innovazione organizzativa, cioè cercando di organizzare la produzione nel modo più efficiente possibile.
Esso nacque in Toyota alla fine degli anni ’40, quando l’azienda non riusciva a sopportare la competizione
coi concorrenti. Questo perché sul mercato si tendeva a puntare sulla produzione di massa e sul saggio di
profitto, mentre la Toyota, considerando l’ambiente in cui si trovava, non poteva permettersi grandi spazi, né
per la produzione (in serie), né per il magazzino.
Organizzazione Aziendale La tecnologia

Toyota puntò così sul just in time, tecnica indirizzata a soddisfare solo gli effettivi bisogni del mercato, nel
momento in cui sorgono, senza sprechi.
Il modello giapponese si basava su 4 punti:
 Eliminazione delle risorse ridondanti : viene eliminato tutto ciò che rende il processo produttivo
inefficiente e tutti gli sprechi. Da qui, si parla di “officina minima”, cioè i macchinari utilizzati sono il
meno possibile, in modo che occupino poco spazio. Inoltre, a questo punto si ricollega il principio
del kaizen, o ottica del miglioramento continuo, in base al quale tolto uno spreco si può sempre
riuscire a eliminare quello successivo.
 Coinvolgimento dei dipendenti: gli operai possono intervenire nel processo produttivo così da
evitare gli sprechi e rimediare ai difetti, in modo da non dover eliminare in seguito il prodotto finito.
(principio degli sprechi)A questo punto si ricollega il principio di automazione (autonomia
nonostante automazione), secondo il quale la tecnologia utilizzata, nonostante sia molto
complicata e guidi essa stessa il processo produttivo, deve essere controllata dagli operai, i quali
non devono essere alienati dai macchinari ma devono partecipare attivamente al processo
produttivo.
 Partecipazione dei fornitori: Invece che ricercare sempre il fornitore più conveniente, si punta a
rapporti di lungo periodo, che permettono di avere maggior fiducia e, quindi, più coordinazione
senza elevati costi di transizione.
 Ricerca della total quality: si ricerca non solo la qualità tecnica del prodotto, durante e alla fine del
processo produttivo, ma anche del servizio che viene offerto al cliente che si rivolge all’azienda.

Modello giapponese e occidentale a confronto

Tecnologia
Non complessa Complessa
Post-fordismo grasso
Grassa (in Fordismo (fabbrica ad alta
Produzione serie) automazione)
Post-fordismo snello
Snella Toyotismo
(fabbrica integrata)

Il modello della Woodward oggi

Con l’evoluzione tecnologica, la classificazione di Woodward è stata modificata. Ora bisogna tener conto
della produzione che, grazie alla tecnologia (CAD, CAM) può essere personalizzata anche se di massa.
Ovviamente cambierebbero anche le relative strutture ideali. La classificazione ora può essere sintetizzata
così:
NB: La prima riga è quella che indica Dimensione dei lotti
la nuova classificazione. Piccoli Grandi Illimitati
Produzione Personalizzazio
Personalizza Piccoli lotti ne
to flessibile
Flessibilità di massa
del Produzione di
In serie x x
prodotto massa
Standardizza x x Processo
to continuo
Organizzazione Aziendale La tecnologia

LA TIPOLOGIA DI THOMPSON (1967)


Thompson classifica le tecnologie in base a:
 Livello di standardizzazione degli input e degli output, cioè se gli input o gli output
dell’organizzazione sono sempre uguali oppure no;
 Livello di standardizzazione dei processi produttivi.
Da esse dipende il tipo di tecnologia che a sua volta determina il grado di interdipendenza tra i membri e
come essa va gestita.
Standardizzazione processi
Bassa Alta
Tipo di Collegamento lineare (catena
di
Standardizzazione input e output

tecnolog
ia No montaggio)
(sarebbe assurdo avere Sequenziale: le mansioni di ogni
output e input standardizzati membro sono collegate a quelle
Interdipendenz
a e non standardizzare i del membro precedente nel
processi) processo
produttivo
Pianificazione, programmazione
Meccanismi di dei
coordinamento compiti, standardizzazione di
regole e procedure
Tipo di Tecnologia intensiva (es: Tecnologia di mediazione (es:
tecnolog reparto pronto soccorso) banche)
ia
Reciproca o intensiva: i
Generica: la differenziazione tra
compiti di ognuno
i compiti dell’organizzazione è
Interdipendenz possono variare in
a elevata e i membri sono quasi
qualsiasi momento,
del tutto autonomi
perciò tutti i membri sono
dipendenti tra loro.
Procedure e regole
Meccanismi di standardizzate,
Procedure e regole
coordinamento pianificazione e standardizzate
programmazione,
adattamento
reciproco

Thompson definisce 3 tipi di tecnologie:


1. tecnologie lineari= sia input che output standardizzati, compreso il processo di trasformazione (catena di
montaggio).
2. tecnologie di mediazione (banche) = processi di trasformazione standardizzati, ma input e output non
sono standardizzati.
3. tecnologie intensive (pronto soccorso) = i compiti di ognuno possono variare in qualsiasi momento, perciò
tutti i membri sono dipendenti tra loro

Thompson aggiunge la necessità di coordinamento nelle 3 tipologie di tecnologie. Perciò ci sarà un diverso
livello di interdipendenza dei compiti (quanto io ho bisogno di interagire con altri soggetti per svolgere la mia
mansione).

Tecnologia di mediazione: interdipendenza generica: caratterizzata da regole e procedure standard, ed è il


livello più basso di interdipendenza in quanto l’output finale è la somma di tanti output individuali.
Interdipendenza generica -> procedure standard
Tecnologia di collegamento lineare: interdipendenza sequenziale. Significa che il compito di C dipende da
quanto bene B ha svolto il suo compito, il quale dipende da quanto bene A ha svolto il suo lavoro.
Oltre ad avere regole e procedure standard ci deve essere un livello di pianificazione delle attività (tempi e
metodi)
interdipendenza sequenziale-> procedure standard + pianificazione e programmazione

Tecnologia intensiva: interdipendenza reciproca. Regole, procedure standard + pianificazione e


programmazione standard + adattamento reciproco (ci si coordina parlando).
interdipendenza reciproca-> procedure standard + pianificazione e programmazione
+ adattamento reciproco

Esempi interdipendenza di Thompson:


1. football americano= interdipendenza sequenziale
2. basket= interdipendenza reciproca
3. baseball= interdipendenza generica
4. calcio= interdipendenza reciproca

LA TIPOLOGIA DI PERROW (1967-68)


Perrow suddivide le tecnologie delle organizzazioni in base al grado di incertezza della loro attività, che
dipende dalla variabilità dei compiti e dall’analizzabilità degli stessi. Per variabilità si intende quanto mi
posso aspettare che arrivino situazioni anomale durante il processo di trasformazione, mentre per
analizzabilità si intende in quanto posso scomporre le singole attività in compiti ben identificabili e
analizzabili nel processo produttivo.

Variabilità dei compiti


Bassa Alta
Incertezza media:
Incertezza bassa:
Tecnologia ingegneristica
Alta Tecnologia di routine
(lavori di contabilità,
(es: catene di
Analizzabilità montaggio)
ingegneria,
segreteria)
Incertezza media: Incertezza alta: Tecnologia
Bas Tecnologia non
sa artigianale di routine (ingegneria
(imprese di aerospaziale)
costruzione)

Catena di montaggio= i compiti sono molto analizzabili e pochi imprevisti nel processo di trasformazione.
Tecnologia di routine.

Imprese artigianali= non ci sono tanti imprevisti nel processo di trasformazione, ma i compiti sono poco
scomponibili. Si basano molto sulle competenze acquisite con l’esperienza.

Tecnologie ingegneristiche= gli imprevisti sono significativi, ma sono facilmente riferibili a compiti
prestabiliti.

Tecnologie non di routine= tanta variabilità delle situazioni, anche non previste e difficili da trattare con
modelli predefiniti.

LA QUARTA RIV. INDUSTRIALE

La quarta rivoluzione è caratterizzata dall’ingresso dell’intelligenza artificiale nei processi produttivi.


Due sono gli aspetti fondamentali:
1. Il fulcro sono i c.d. cyber-physical systems, ossia sistemi in cui il mondo fisico degli esseri umani e il
mondo del digitale si fondono in unico sistema.
2. Internet of thinghs, Big data, Realtà aumentata, etc. sono veri e propri game-changer, nel senso
cambiano le regole gioco e sono disruptive rispetto al passato.

Cosa c’è di diverso rispetto al passato?


1. La velocità di sviluppo esponenziale anziché lineare
2. La profondità: cambiamenti di paradigma senza precedenti nel mondo economico, del business, nella
società e negli individui
3. L’impatto sistemico tra e nei paesi, aziende, settori e nella società nel suo complesso
I nuovi modelli organizzativi
La rivoluzione digitale impatta drasticamente sull’organizzazione, amplificando processi già in corso
caratterizzati da tre elementi :

1. smantellamento delle rigide strutture gerarchiche tradizionali a favore di strutture snelle, agili e libere
(holacacry? bossless companies?)

2. attenzione all’individuo e ai suoi bisogni di crescita e di significato anziché alle regole, alle procedure,
alle prescrizioni (job crafting, smartworking, freedom management?)

3. Creazione di ambienti collaborativi basati su team interfunzionali che facilitino l’apprendimento e


stimolano la creatività (diversity and inclusion?)
Organizzazione Aziendale La cultura organizzativa

LA CULTURA ORGANIZZATIVA

La cultura organizzativa è l’insieme dei valori, delle opinioni e conoscenze condivisi dai membri di
un’organizzazione e insegnati ai nuovi membri come maniera corretta di pensare e comportarsi. È composta
quindi da:
 Elementi tangibili ed evidenti: simboli, riti e cerimonie, storia, regole scritte, linguaggio e slogan,
contesto fisico e abbigliamento.
 Elementi “nascosti” e astratti: valori fondamentali, assunti, credenze, regole non scritte.
In ogni cultura organizzativa, inoltre, esistono molteplici subculture organizzative, cioè dei sottoinsiemi di
membri dell’organizzazione che si identificano come un gruppo distinto all’interno di essa e agiscono
abitualmente in base a convinzioni condivise. Esse si possono creare per diversi motivi: per la condivisione
di stessi interessi o di identità professionali, similitudini etniche e di genere, ma anche per influenze culturali
esterne, nazionali o regionali. Possono essere:
 Subcultura dominante: (o aziendale) è quella che, solitamente, viene avanzata dalla direzione e
consiste nella visione principale dell’organizzazione.
 Subcultura valorizzante: è quella che supporta in modo entusiasta la cultura aziendale.
 Subcultura ortogonale: introduce valori e convinzioni indipendenti, che né interferiscono con la
subcultura dominante, né la celebrano.
 Controcultura: di essa fan parte tutte le subculture che portano con sé valori e convinzioni che
mettono in discussione la cultura aziendale. Non sono necessariamente negative, possono anche
portare innovazione nell’azienda.

HOFSTEDE: LE INFLUENZE SULLA CULTURA ORGANIZZATIVA (2001)


Gli studi effettuati da Hofstede derivano dall’idea che le organizzazioni siano espressione di sistemi culturali
più vasti. Egli studiò l’influenza delle culture nazionali di 40 paesi diversi su IBM, azienda che aveva
stabilimenti in ognuno di essi, e delineò 5 elementi di tali culture che la influenzavano particolarmente:
 Distanza di potere: esprime il grado di uguaglianza tra i cittadini di un paese e fino a che punto
essi sono disposti a sopportare una distribuzione ineguale di potere, ricchezza e prestigio.
In una cultura in cui questa distanza è bassa, il capo ideale dell’organizzazione dovrebbe avere un
atteggiamento democratico e pieno di risorse. In caso contrario dovrebbe essere più autoritario e
l’organizzazione fortemente gerarchica.
Da questa distanza dipende anche il grado di mobilità sociale.
Paesi con alta distanza di potere sono il Giappone, l’Italia, la Spagna, mentre essa è minore in
Finlandia, Danimarca o Svezia.
 Elusione dell’incertezza: consiste in tutti quei modi tramite i quali una società cerca di proteggersi
dalle incertezze, cioè dagli imprevisti, per esempio tramite leggi, regole e varie procedure.
Da ciò dipende il grado di accettazione dei cambiamenti: qualora l’elusione sia alta, i cambiamenti e
le diversità sono meno tollerati, mentre vengono accettati rigidi controlli e regole. Viceversa,
quando l’elusione è bassa, la società è più disposta ad accettare idee innovative e comportamenti
inusuali.
L’elusione dell’incertezza è molto alta in paesi come Italia, Giappone, Finlandia, mentre è più bassa
negli USA, in UK, Svezia o Danimarca.
 Individualismo/Collettivismo: riguarda la misura in cui ci si aspetta che un individuo agisca in
modo indipendente, e se prevalgono i valori individuali o quelli collettivisti.
Nelle società individualiste le attività hanno priorità sulle relazioni e i rapporti tra individui sono
Organizzazione Aziendale La cultura organizzativa

deboli, ci si aspetta che ogni individuo si prenda cura di sé. In quelle collettiviste, invece, i rapporti
si contraddistinguono per una forte lealtà ma gli individui si aspettano dalle organizzazioni
protezione e sicurezza.
Esempi di società individualiste sono la Danimarca, la Svezia, gli USA, la Germania, ma anche
l’Italia stessa. Più collettiviste sono invece il Brasile, il Giappone, la Grecia.
 Mascolinità/Femminilità: è il grado di separazione dei ruoli in base al genere dell’individuo.
In società più mascoline si tende a dare importanza a obiettivi lavorativi come la carriera e i
guadagni e a valori quali il decisionismo e l’assertività. In società più femminili, invece, si
preferiscono obiettivi che riguardano le relazioni interpersonali e le capacità intuitive come valori.
Società mascoline sono l’Italia, il Giappone, la Germania, l’Austria, mentre sono femminine, per
esempio, il Cile, la Danimarca e la Scandinavia.
 Orientamento al lungo/breve periodo: riguarda l’attitudine alla parsimonia e alla perseveranza
nonché il rispetto per le tradizioni. Nelle culture orientate al lungo termine si ha la convinzione che il
duro lavoro porti a benefici e si è molto legati alle tradizioni, per questo è più difficile avviare
un’attività nuova e portare innovazione.
Questo ultimo elemento è stato individuato solo successivamente agli studi, proprio perché ci sono molte
variabili che non sono state prese in considerazione e che sono moltissime. Gli studi di Hofstede sono però
molto importanti perché dimostrano come la cultura organizzativa sia un punto d’ingresso per varie influenze
esterne.

LA CULTURA SECONDO SCHEIN (1985)


Secondo Schein la cultura è lo schema di assunti fondamentali che un certo gruppo ha inventato, scoperto
e sviluppato mentre imparava ad affrontare i problemi legati al suo adattamento esterno o alla sua
integrazione interna, e che hanno funzionato in modo tale da essere considerati validi e quindi degni di
essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a tali
problemi.
Secondo Schein l’essenza della cultura organizzativa è formata da un nucleo di assunti di base, cioè quello
che i membri dell’organizzazione credono essere la realtà. Essi stanno al di sotto del livello ordinario di
consapevolezza, ma penetrano ed influenzano tutte le esperienze umane.
Da questi assunti, provengono poi i valori culturali, cioè i principi sociali, gli obiettivi e gli standard qualitativi
ai quali i membri attribuiscono una certa importanza. Essi definiscono le priorità dei membri
dell’organizzazione e cosa per loro è giusto o sbagliato. Sono ad un livello già più elevato di
consapevolezza. I valori culturali trovano espressione, a loro volta, nelle norme, che sono strumenti che
definiscono come un individuo debba comportarsi e possono essere formali (regole scritte) o informali (di
solito sottintese, ma che si percepiscono tramite gesti, sguardi, ecc.).
Dalle norme e dai valori, infine, provengono gli artefatti, cioè manifestazioni tangibili della cultura di
un’organizzazione ed espressione dei suoi assunti e valori. È difficile comunque riconoscere quali siano i
valori a cui un artefatto si ricollega. Sono esempi di artefatti i riti, le cerimonie, l’abbigliamento, i gesti, il modo
di comunicare, l’arredamento, i marchi, lo slogan…
Organizzazione Aziendale La progettazione organizzativa

Analizziamo la cultura organizzativa attraverso un esempio nel film “tutta la vita davanti”.
Elementi cultura organizzativa:
1. Focalizzazione su risultato, con un momento specifico in cui si premiano i migliori e si umiliano
coloro che non hanno raggiunto il risultato. Questa scena è simbolica della cultura organizzativa
perché la leader trasmette messaggi chiave stimolando anche la competizione tra i dipendenti
(frecciatine). Vi è inoltre un contrasto tra un approccio friendly (messaggi al mattino, cerimonia
alla mattina), per creare un ambiente affiatato, salvo poi umiliare pubblicamente le addette.
2. Sui muri sono riportati i principi chiave della cultura organizzativa del luogo.
3. Momento motivazionale degli uomini (team building).
4. Separazione netta tra uomini (venditori) e donne (telefoniste).
5. Etica lavorativa basata sul raggiungimento del risultato, per ottenerlo vale tutto (mentire ai clienti)
6. Storia organizzativa
La base di tutto ciò è la retorica, molto spesso anche in grandi aziende vi sono delle parole chiave che
vengono ripetute spesso, nonostante non vengano mai prese in considerazione (spirito di gruppo, team
building)

LA VISIONE SIMBOLICO-INTERPRETATIVISTA: GOFFMAN E ROSEN


Fin ora sono state prese in considerazione teorie riguardo la cultura organizzativa unicamente dal punto di
vista modernista. Goffman e Rosen sono due interpretativisti.
Goffman sostiene che le organizzazioni siano una metafora del teatro: il manager è il regista che definisce i
ruoli e i copioni, cioè i compiti e le azioni, di ogni attore, ovvero i dipendenti. Diverse esibizioni e performance
permettono di compiere uno spettacolo, che in termini metaforici è il raggiungimento di un obiettivo
dell’azienda.
Rosen, invece, analizza il significato simbolico di rituali e cerimonie: essi vengono promossi, di solito,
dalla direzione, per rafforzare le identità individuali e la gerarchia dell’organizzazione, ma anche il senso di
appartenenza dei membri e la condivisione dei valori aziendali.
Studia in particolare le cene aziendali, che sono momenti in cui la cultura organizzativa viene proposta di
soppiatto. Ci sono le gerarchie nella composizione dei tavoli, i discorsi dei manager, momento della
celebrazione in cui viene identificato il modello da seguire e verso cui tendere, ovvero quello del vincitore.

LA VISIONE POSTMODERNISTA: MARTIN E KUNDA


Secondo Martin non esiste un unico livello di analisi della cultura organizzativa, perché sono 3:
 Integrativa: la cultura è fonte di armonia e consenso;
 Differenziazione: nell’organizzazione esistono diverse subculture, a volte in contrasto tra loro;
 Frammentaria: non esiste una vera e propria cultura definitiva, ma solo una molteplicità di punti di
vista, spesso incostanti e ambigui.

Secondo Kunda, invece, la cultura organizzativa è uno strumento di controllo. Tramite essa, cioè, si tende
ad abolire l’identità individuale a favore di quella organizzativa cosicché gli interessi dei lavoratori coincidano
con quelli dei manager. Ciò permette (o impone) ai dipendenti l’interiorizzazione di disciplina e autocontrollo,
attraverso strumenti come corsi di formazione e manuali. Sparisce il confine tra individuo e organizzazione.
(individuo=organizzazione)
Esempio autocontrollo del dipendente: il dipendente partecipa ad un corso scelto e offerto dall’azienda, la
quale si occupa anche di fornire il manuale, in modo tale che il dipendente applichi ciò che vuole l’azienda.
MOTIVAZIONE E PROCESSI DECISIONALI

La decisione organizzativa è il processo di identificazione e risoluzione dei problemi che riguardano


l’organizzazione.
Le decisioni si dividono in:
 Programmate: che si ripetono periodicamente e per le quali so come comportarmi anche in base al
passato.
 Non programmate: situazioni impreviste e imprevedibili, in cui non so come comportarmi. In un
mondo competitivo come quello di oggi aumenta sempre più il numero di decisioni non programmate da
prendere. Ad esempio la scelta di un’alleanza con un’altra azienda o meno.

IL PROCESSO DECISIONALE

Il processo decisionale avviene attraverso un approccio:


- Razionale: teoricamente porta alla soluzione migliore, tuttavia nessuno ha un approccio razionale al 100%,
in quanto siamo sempre influenzati da qualcosa.
È il modo in cui si dovrebbe sempre svolgere il processo decisionale e si sviluppa tramite 8 fasi

1. Analisi dell’ambiente;
2. Identificazione del problema;
3. Specificazione degli obiettivi;
4. Diagnosi del problema (causa);
5. Sviluppo di soluzioni alternative;
6. Valutazione delle alternative;
7. Scelta dell’alternativa migliore;
8. Implementazione dell’alternativa scelta.
Questo sarebbe l’approccio più adatto ad ogni tipo di decisione ma è difficilmente realizzabile e utilizzabile e
per questo viene considerato “ideale” più che reale.

-La prospettiva della razionalità limitata


L’approccio razionale è spesso impossibilitato da:
 Razionalità limitata: spesso le informazioni disponibili sono molteplici, incomplete e confuse e il
tempo a disposizione è limitato;
 Limitazioni personali: il processo decisionale può essere influenzato da sentimenti personali,
come insicurezza, bisogno di prestigio, ecc.;
 Limitazioni organizzative: come la cultura e la struttura aziendale o il bisogno di consenso,
cooperazione e supporto, che influenzano la decisione.

.
Organizzazione Aziendale La progettazione della mesostruttura

Gli eurismi
Essi, insieme all’intuizione manageriale, sono dei metodi di ricerca che si differenziano da tipico processo
decisionale razionale.
Ciò non vuol dire che non si basino su elementi razionali, ma sono comunque delle scorciatoie che possono
produrre delle distorsioni cognitive, cioè errori nel processo decisionali, i quali ne riducono l’efficacia.
Le distorsioni cognitive più importanti sono:
 Framing: è un errore di valutazione dell’ambiente causato dal fatto che non vengono prese in
considerazione tutte le prospettive e i punti di vista. L’eurisma, infatti, non permetti di avere una visione
oggettiva perché si tende a non valutare tutte le alternative possibili;
 Disponibilità: Situazione in cui si dà credito alle informazioni che si hanno già a disposizione senza
considerare che potrebbero esistere altrettante informazioni mancanti di carattere rilevante;
 Rappresentatività: cioè l’attribuzione a una certa informazione di un determinato significato solo
per l’utilizzo di stereotipi;
 Ancoraggio: Situazione in cui, avendo dei punti di riferimento, si tende a cercare di non allontanarsi da
essi, pur sapendo che potrebbero esistere alternative anche migliori;
 Auto-conferma: quando si tende a dare più importanza a fattori a favore della propria preferenza
piuttosto che ad altre informazioni rilevanti ma svantaggiose;
 Errore di attribuzione: cioè errore nell’attribuire le cause di un certo risultato (positivo o negativo
che sia) a un fattore o a una persona piuttosto che ad altro.

LE TEORIE MOTIVAZIONALI (lezione 14-15)


La motivazione è l’insieme di forze che contribuiscono a determinare l’inizio, la direzione (cioè gli obiettivi), il
livello (l’intensità) e la persistenza (durata) del comportamento lavorativo di una persona.
Da esso dipendono i risultati della performance lavorativa.
Performance = Abilità * Motivazione

La scala dei bisogni di Maslow (1954)

Secondo Maslow l’uomo è portatore di bisogni, classificabili in 5 tipologie che possono essere ordinate
gerarchicamente:
1. Bisogni fisiologici: sono i bisogni primari, legati alla sopravvivenza dell’uomo;
2. Bisogni di sicurezza: sono legati al bisogno di protezione dai pericoli e all’esigenza di avere una
certa sicurezza che i propri bisogni primari vengano soddisfatti in modo costante anche sul lungo
periodo;
3. Bisogni sociali: (o di appartenenza) che sono relativi all’esigenza di una persona di interagire con
altri individui;
4. Bisogni di stima: (o dell’ego) di cui fan parte sia l’esigenza di avere successo personale, sia la
necessità di ricevere apprezzamento;
Organizzazione Aziendale La progettazione della microstruttura

5. Bisogno di autorealizzazione: è il bisogno di “fare ciò che piace” e di realizzare il proprio progetto
di vita.
Secondo Maslow da un lato un bisogno soddisfatto cessa di essere motivante, dall’altro un bisogno non
diviene motivante finché non sono stati soddisfatti tutti i bisogni di livello inferiore.
Un’organizzazione, in generale, dovrebbe essere in grado di offrire ai propri membri la realizzazione di tutti i
loro bisogni, così che siano sempre motivati.
Tuttavia il modello di Maslow non è più da considerarsi attuale: la gerarchia per molte persone è variata.

Il modello di Herzberg (1959)

Herzberg distingue l’insoddisfazione dalla mancanza di insoddisfazione e, ovviamente, dalla soddisfazione.


Secondo lui l’assenza di insoddisfazione (ma anche di soddisfazione) è una situazione che si può creare con
la presenza di fattori igienici, come il salario, le condizioni salubri e sicure del luogo di lavoro, una
supervisione corretta, buone relazioni interpersonali, ecc., che eliminano l’insoddisfazione, ma non generano
soddisfazione. Quest’ultima può essere generata solo dai fattori motivazionali, come la possibilità di far
carriera, la responsabilità, la possibilità di crescita personale, ecc. Questi fattori sono legati ai bisogni
superiori dell’uomo, cioè: l’ampliamento della propria conoscenza, la propria crescita reale come persona,
la possibilità di dimostrare efficacia in condizioni di incertezza, la creatività diffusa o la ricerca di nuovi nessi
logici/stimoli.
Tuttavia anche Herzberg riconosce come non per tutti risultino motivanti e soddisfacenti i fattori
motivazionali, mentre per alcuni anche i fattori igienici possono risultare motivanti. Divide infatti i lavoratori in
cercatori di igiene e cercatori di motivazione.

Il mofello di McClelland (1961)

McClelland, a differenza di Maslow e, in parte, Herzberg, tiene in considerazione i diversi tipi di personalità
che un lavoratore può possedere e, quindi, divide le persone in base ai bisogni che tentano di soddisfare e la
cui soddisfazione genera motivazione.
 Bisogno di Achievement: è il desiderio di conseguire obiettivi sfidanti grazie alle proprie capacità.
Sul lavoro queste persone cercano obiettivi sfidanti ma che siano raggiungibili e feedback chiari e
rapidi;
 Bisogno di affiliazione: è l’esigenza di essere parte di un gruppo, sentirsi accettati dagli altri e
soddisfare le aspettative altrui;
 Bisogno di potere: cioè il bisogno di avere influenza sugli altri e di assumere posizioni di comando
e controllo.

Il modello aspettativa-valenza di Vroom (1964)

Secondo Vroom la motivazione di un individuo dipende da un processo decisionale razionale che prende in
considerazione l’utilità attesa di un certo comportamento, quale può essere l’esecuzione di una buona
performance lavorativa. L’utilità attesa dipende da due elementi:
 L’aspettativa, ossia i risultati derivanti dall’esecuzione di un certo comportamento, sia in termini di
performance che di ricompensa;
 La valenza, cioè il valore che le ricompense derivanti dalla performance hanno rispetto al proprio
sistema di preferenza.
Motivazione → Utilità attesa = Aspettativa * Valenza
Organizzazione Aziendale La progettazione della microstruttura

Il modello del goal setting di Locke (1968)

Secondo Locke la motivazione dipende anche dai tipi di obiettivi proposti. Perché essa sia elevata, gli
obiettivi dovrebbero essere:
 Precisi: cioè definiti in modo specifico e preferibilmente quantitativo, anche perché risulta più
semplice comunicarli agli interessati e che questi ultimi possano controllare l’andamento del proprio
lavoro;
 Sfidanti;
 Orientati al risultato: e non al comportamento, cioè non dovrebbero stabilire come raggiungere il
risultato voluto, ma solo quest’ultimo;
 Partecipati: cioè stabiliti con la partecipazione dell’interessato, così che egli lo comprenda meglio e
lo accetti;
 Accompagnati da un feedback.

La teoria x e y di McGregor

Secondo McGregor, nella progettazione della microstruttura si possono avanzare due approcci diversi per
quanto riguarda le motivazioni che inducono una persona a lavorare, approcci che inducono a diversi modi
di progettare la microstruttura.
La teoria x dice, sostanzialmente, che il lavoro è un male necessario, una costrizione e il lavoratore è
inaffidabile. Per questo sono necessari premi e punizioni per incentivare il lavoratore. Di conseguenza,
l’organizzazione viene progettata lasciando poca autonomia e responsabilità al lavoratore e poca flessibilità
nei suoi compiti, costruendo una limitata possibilità di carriera e di sviluppo personale, perché in genere il
lavoratore è un cercatore di igiene (vedi dietro) e imponendo uno stretto controllo sul lavoratore.
Secondo la teoria y, invece, il lavoro è anche fonte di autorealizzazione e il lavoratore è affidabile e
responsabile. I premi e, soprattutto, le punizioni possono generare insoddisfazioni e essere
controproducenti. In questo caso, si tende a lasciare molta autonomia, responsabilità e possibilità di
creatività nei propri compiti al lavoratore oltre che dare un’ampia possibilità di carriera e autorealizzazione.
Tuttavia questi due approcci, generalmente, non vengono isolati l’uno dall’altro, ma vengono utilizzati in
simbiosi dai progettatori di un’organizzazione, nonostante spesso uno dei due prevalga.

L’effetto Pigmalione

L’effetto Pigmalione si ricollega alla teoria x e y di McGregor. Questo effetto si genera nel momento in cui si
applica o si crede in una delle due teorie e si ha come effetto proprio la conferma della teoria in questione:
confermano

Azioni Nostre
altrui credenze

determinano
determinano

Credenze Nostre
altrui azioni

influenzano
Organizzazione Aziendale La progettazione della mesostruttura

LA PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA (lezione 16)

Qui inizia la seconda parte del corso. Finora ci si è concentrati sulle parti dell’organizzazione. Adesso si
studierà come organizzarle al meglio tra loro.
La progettazione organizzativa è il processo di individuazione e implementazione di un determinato
assetto organizzativo. Quest’ultimo è composto fondamentalmente da due aspetti:
 Divisione del lavoro che avviene a livello di:
Organizzazione Aziendale La progettazione organizzativa

 Mansioni
(microstruttura); Macrostruttura Costi di
 Unità (mesostruttura);
 Inter-impresa (fuori dall’impresa; produzione
outsourcing).
La divisione del lavoro genera differenziazione e indipendenza che porta quindi al
bisogno di coordinarsi (secondo punto).
 Coordinamento che avviene tramite:
 Allineamento delle attività;
 Integrazione; Costi di gestione
 Motivazione/controllo. delle relazioni

La progettazione organizzativa, composta quindi da questi punti, deve tendere a 3 obiettivi fondamentali:
efficacia, efficienza, equità (vedi capitolo iniziale).
Esistono inoltre diversi livelli di progettazione:
 Livello intra-organizzativo (interno all’azienda) composto a sua volta da:

Bottom up
Top Down
 Progettazione microstruttura: oggetto è la mansione, unità di analisi il compito;
 Progettazione mesostruttura: oggetto è il coordinamento, unità la mansione;
 Progettazione macrostruttura: oggetto è la forma organizzativa, unità le attività.
 Livello inter-organizzativo, che si riferisce alle relazioni tra le organizzazioni.
N.B. Top Down e Bottom Up sono due modi di progettare l’organizzazione: nel primo si parte a progettare la
forma organizzativa e poi si procede fino a implementare la microstruttura, mentre con il metodo bottom up si
procede al contrario.

LE VARIABILI CHIAVE (no)


In generale questa parte non viene chiesta negli esami per frequentanti (nell’anno 2015-2016 non è stata
spiegata).
Le variabili chiave sono elementi in base ai quali decidere che valore attribuire alle variabili organizzative
per soddisfare i criteri di efficacia, efficienza ed equità.
1. Economia di scala: quando si ha una diminuzione dei costi medi unitari di produzione all’aumentare
della capacità produttiva dell’unità economica considerata. Come conseguenza si hanno maggiori
dimensioni dell’organizzazione o dell’unità economica di riferimento (es: reparto, impianto). Si ha un
economia di scala nei seguenti casi:
a. Soglia minima di impiego di una risorsa: se non è conveniente sfruttare una risorsa (es:
campagna pubblicitaria) se il costo generato non può essere ripartito su un’ampia quantità di
prodotti.
b. Uso ripetitivo di una risorsa senza oneri aggiuntivi: quando viene fatto un investimento
in una risorsa (es: brevetto) che può essere poi utilizzata illimitatamente e il cui costo,
quindi, è conveniente se ripartito su più prodotti.
c. Sfruttamento del livello di impiego ottimale di risorse combinate.
d. Forme di autoassicurazione: quando un’organizzazione ricava una migliore ripartizione dei
rischi da maggiori dimensioni o da maggiore copertura di tali rischi (es: azienda di
assicurazioni che aumenta il numero di clienti così da diminuire la probabilità di rischio).
2. Economia di specializzazione: ripetizione nel tempo della stessa attività da parte di una risorsa
(uomo o macchina) che porta a vantaggi in termini di costi di produzione (=ugual costo totale ma
qualità o costo unitario migliori). L’effetto di questa variabile chiave, in genere, è una forte
specializzazione dei membri dell’organizzazione, oltre che una forte divisione del lavoro su più livelli.
Questa variabile chiave si ha in corrispondenza di:
Organizzazione Aziendale La progettazione organizzativa

a. Apprendimento di tecniche e orientamenti: l’acquisizione di esperienza da parte dei


lavoratori che, nella costante ripetizione delle loro azioni, diventano più efficienti;
b. Utilizzo di risorse tecnologiche dedicate: utilizzo di impianti nella produzione che siano
altamente specializzati così da aumentare la produttività.
3. Economia a raggio d’azione: quando il costo di produzione congiunta di due o più prodotti è
inferiore al costo della produzione disgiunta di ognuno di essi. La conseguenza di questa situazione
è, ovviamente, la diversificazione della produzione. Quando si ha questa variabile?
a. Risorse tangibili: quando si hanno risorse tangibili la cui condivisione nella produzione di
prodotti diversificati genera vantaggi di costo (es: reti distributive condivise, impianti che
permettono produzioni diversificate).
b. Risorse intangibili (es: marchi che vengono utilizzati per prodotti molto diversi).
c. Competenze organizzative: capacità come quella di coordinare e impiegare risorse in
modo ottimale, che possono essere trasferite in reparti diversi dell’organizzazione stessa
(es: manager con capacità di analisi di mercato che possono essere applicate a più prodotti)
4. Incertezza: quando esiste una differenza tra le informazioni necessarie e quelle a disposizione.
Come risultato si hanno: elevato bisogno di coordinamento e di un’ottima gestione delle
informazioni, unità organizzative ridotte e costi di produzione più elevati. L’incertezza si genera se ci
sono:
a. Impossibilità di definire a priori preferenze e obiettivi chiave;
b. Difficoltà a prevedere in modo realistico fatti futuri;
c. Difficoltà nel comprendere le relazioni causa-effetto;
d. Variabilità degli elementi rilevanti;
e. Difficoltà di valutazione dei risultati ottenuti ex-post;
f. Elevato numero di informazioni che possono intervenire nell’analisi di un problema.
5. Insostituibilità e criticità delle risorse : insostituibilità significa impossibilità di sostituire quella
risorsa (fisica, umana, organizzativa o di localizzazione) utilizzata in un’attività. Criticità, invece,
riguarda l’elevata rilevanza di quella risorsa per il funzionamento del processo produttivo o per i suoi
buoni risultati. Come effetto di questa variabile si hanno costi di produzione minori ma maggiori costi
di coordinamento, di gestione delle relazioni (esterne) e di copertura dei rischi. Questa variabile si
genera in presenza di:
a. Monopoli (delle risorse acquistate);
b. Specificità delle risorse utilizzate (es: impianto adatto ad un unico tipo di prodotto).
6. Potenziale di opportunismo: è la probabilità che una relazione intra- o inter-organizzativa venga
tradita da un accordo, una promessa non mantenuti o che vengano fatti altri inganni o azioni con lo
scopo di accrescere i benefici a danno dell’altrui parte. L’effetto di questa variabile è un maggiore
controllo. Quando questo potenziale è elevato?
a. Conflitti di interesse;
b. Incertezza sulla controparte;
c. Sostituibilità degli attori;
d. Non longevità della relazione.
7. Interdipendenza: quando diverse attività o parti di un’organizzazione dipendono le une dalle altre.
Può essere generica, sequenziale, intensiva (vedi tipologia di Thompson). Più essa è elevata,
maggiore la difficolta di coordinamento.
8. Numero di attività, attori e relazioni: è l’aspetto quantitativo dell’interdipendenza e dipende da
numero di attori e attività, frequenza delle relazioni e ampiezza delle stesse (quanti attori ed
elementi coinvolgono). Più questi elementi sono elevati, maggiori sono i costi di coordinamento
nell’organizzazione.
Organizzazione Aziendale La progettazione della microstruttura

LA PROGETTAZIONE DELLA MICROSTRUTTURA

La progettazione della microstruttura è la costruzione e lo studio delle singole mansioni (job design) e
scelta dei meccanismi da utilizzare per coordinare le mansioni interdipendenti che contribuiscono a un unico
risultato comune.
La mansione (o job) è l’insieme di compiti assegnati in modo stabile a una singola persona nell’ambito del
sistema primario del lavoro di cui essi fanno parte. Quest’ultimo è l’insieme di attività interdipendenti tra
loro che concorrono a realizzare un output comune e identificabile. Il compito, infine, è l’insieme di
operazioni unitarie necessariamente collegate tra loro.

Sistema primario
del lavoro

Mansione Mansione Mansione


1 2 3

Compito 1 Compito 2 Compito 1 Compito 2 Compito 3 Compito 1 Compito 2

Il modo in cui i compiti vengono assegnati alle mansioni si chiama divisione del lavoro, che viene attuata:
 Orizzontalmente, determinando la varietà dei compiti assegnati a una singola persona.
 Verticalmente, determinando l’autonomia e la responsabilità necessarie a svolgere una certa
mansione.

Divisione orizzontale
Bassa: molta varietà Alta: poca varietà

Divisio Bassa: autonomia Mansione ricca Mansione poco varia ma


ricca
ne
Alta: poca Mansione povera ma Mansione parcellizzata
vertica autonomia varia
le

IL RUOLO
Il ruolo è un insieme di comportamenti e compiti che deve svolgere colui che ricopre una determinata
mansione. Esso è composto da 3 dimensioni:
 Oggettiva: cioè quella legata ai compiti e alle mansioni svolte dalla persona;
 Soggettiva: formata dalle conoscenze, le capacità e la motivazione che la persona in questione
deve avere;
 Interpersonale: ovvero le relazioni che ella instaura e il modo di rapportarsi che deve
mantenere. Possono però verificarsi delle tensioni di ruolo, in caso di:
 Ambiguità di ruolo: le aspettative che si hanno dalla persona che ricopre un determinato ruolo
non sono state esplicitate, in modo totale o parziale;
 Distorsione di ruolo: Ci sono incomprensioni tra chi deve svolgere il ruolo e gli attori ad esso
collegati per quanto concerne le aspettative nei suoi confronti;
Organizzazione Aziendale La progettazione della microstruttura

 Incongruenze di ruolo: Le aspettative trasmesse non sono adatte a chi svolge il ruolo, per motivi
personali (mancanza di capacità, contrasto coi suoi valori o bisogni) ma anche organizzativi (non
vengono conferiti i mezzi adatti, non c’è corretta formazione);
 Conflitti tra ruoli: i ruoli svolti da una stessa persona sono tra loro inconciliabili.

LO STUDIO DELLE MANSIONI


Esso è il punto centrale della progettazione della microstruttura. Può essere effettuato sia in fase di
creazione dell’organizzazione (progettazione ex-novo o in green field), sia in via successiva (per esempio in
caso di riprogettazione). È composto da più fasi:
1. Job Analysis: consiste nell’esaminare i compiti che fanno parte della mansione (cosa?), i metodi di
lavoro (come?), le finalità (perché?) e le conoscenze necessarie (chi?). Questa fase viene svolta
analizzando la mansione svolta nella propria organizzazione, piuttosto che esaminando altre
organizzazione, specialmente in caso di progettazione ex-novo.
2. Job Description: vengono formalizzate le informazioni raccolte nella fase 1, delineando e scrivendo
le principali caratteristiche della mansione: denominazione, scopo, dimensioni (fatturato e numero di
dipendenti gestiti), contesto, attività (compiti svolti), collocazione nell’organigramma (dipendenza
gerarchica e rapporti con altre mansioni), finalità.
3. Job Specification: vengono definite le caratteristiche che deve avere e la disponibilità che deve
dare la persona che svolgerà questo job, in termini di requisiti professionali, responsabilità, sforzo
richiesto e sopportazione delle condizioni ambientali.
4. Job Evaluation: viene infine definito il grado di importanza della mansione per l’organizzazione, in
relazione ad altre mansioni o a determinati standard. Esistono diversi sistemi di valutazione:
a. Job ranking: è un metodo di valutazione non quantitativo che assegna una posizione in
classifica ad ogni mansione di un’organizzazione, in base a diversi parametri. Viene
utilizzato anche nella contrattazione collettiva.
b. Job grading (o classification): è un metodo, anche questo, non quantitativo, che assegna i
compiti a classi e sottoclassi di inquadramento in base a criteri generali e astratti. Anche
questo viene utilizzato nelle contrattazioni collettive, come nelle declaratorie.
c. Metodo del punteggio: è l’unico di questi tre metodi ad essere quantitativo, perché non
solo stila una classifica delle mansioni a definisce anche la distanza di valore tra di esse. È
inoltre il metodo più noto e utilizzato. Innanzitutto la mansione viene scomposta (in genere)
in base a: requisiti professionali, responsabilità, sforzo e condizioni ambientali. Ad ognuno di
questi elementi, poi, viene assegnato un peso che assume nella valutazione.
Successivamente, ad ogni mansione viene assegnato un punteggio per ogni ambito e viene
fatta la media ponderata ottenendo un “punteggio finale” per ognuna di esse. Si ottiene così
una classifica delle mansioni svolte all’interno dell’organizzazione.
Un esempio di metodo del punteggio è quello utilizzato dall’agenzia di consulenza Hay
Group, largamente conosciuto e utilizzato anche nelle ricerche di mercato e nelle indagini
retributive, soprattutto relativamente a figure come quadri e dirigenti. In questo caso la
mansione viene analizzata in base a:
 Know-how (competenze e conoscenze richieste);
 Problem solving (intensità del processo mentale e
flessibilità richiesta);
 Accountability (responsabilità che la mansione
implica).
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LE VARIABILI CHIAVE DELLA MICROSTRUTTURA: LE PREFERENZE


DEGLI ATTORI
Gli studiosi hanno individuato una serie di caratteristiche delle mansioni rispetto alle quali i lavoratori hanno
delle preferenze e dalle quali dipende il loro grado di motivazione e soddisfazione sul lavoro, perché tali
caratteristiche generano tre stati psicologici critici che inducono il lavoratore a svolgere i propri compiti al
meglio.
Caratteristiche della mansione Stati
psicologici Risultato
(preferenze degli attori)
critici
Varietà: diversità dei compiti all’interno
della
stessa mansione Senso di
Identità: quanto il risultato della mansione
è significatività
riconoscibile nell’output finale
Significato: che impatto ha la mansione Motivazion
sul ee
lavoro o la vita di altre persone soddisfazio
Autonomia: estensione delle attività di
ne
decisione, regolazione e controllo nella Responsabilità
mansione
Feedback: misura in cui la mansione
Consapevolezz
produce feedback riguardo all’efficacia del
a dei
lavoro dell’attore in questione
risultati

Tuttavia è stato anche dimostrato come esistano delle persone per cui queste preferenze non sono vere: per
alcuni, un elevato grado di autonomia nella mansione produce stress, per esempio, per via dell’elevata
responsabilità che ciò implica. In generale si può dire che queste considerazioni possono valere per quelle
persone che hanno un forte bisogno di crescita e di sviluppo e possiedono capacità rilevanti per il job.

TENDENZE RECENTI

JOB CRAFTING= tutti quei comportamenti che la persona tiene svolgendo il proprio lavoro e che vanno a
modificare i contenuti della mansione. La mansione non deve essere perciò per forza dettata dai dirigenti,
ma è il dipendente che la modifica come meglio crede, ovviamente entro certi limiti. Questa funzione viene
utilizzata soprattutto per evitare la creazione di conflitti all’interno dell’organizzazione. Spesso è un processo
spontaneo e inconsapevole.

SMARTWORKING/LAVORO AGILE= Una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle
persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a
fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Lavora sulla motivazione individuale delle persone.
Le posizioni organizzative non sono gestite da: spazi fisici fissi, tempi e orari di lavoro, ma si lascia libertà
alle persone di gestire il luogo di lavoro, l’orario e il modo di lavorare.
LA PROGETTAZIONE DELLA MESOSTRUTTURA

La progettazione della mesostruttura riguarda il coordinamento e la specializzazione delle unità


organizzative che, a sua volta, va analizzata sia a livello orizzontale che verticale.

Mesostruttura

Specializzazione Coordinamento

Verticale Orizzontale

LA SPECIALIZZAZIONE ORIZZONTALE
La specializzazione orizzontale riguarda la creazione delle unità organizzative (=dipartimentalizzazione)
attraverso il raggruppamento delle mansioni, secondo una logica di bottom-up, o attraverso la progressiva
scomposizione del task complessivo dell’azienda in minori mansioni, con un approccio top-down.
Il primo problema che si pone quindi nell’organizzazione della mesostruttura a livello orizzontale è proprio la
scelta dell’approccio top down o bottom up.
Gli altri problemi, invece, sono nei 3 prossimi paragrafi.

I criteri di specializzazione

Sono i criteri con cui si decide di riunire determinate mansioni nella stessa unità organizzativa.
I due più importanti sono:
 In base agli input: (o alla tecnica impiegata) cioè il raggruppamento avviene tramite le conoscenze
o le capacità necessarie per quelle mansioni, ma anche in base alle funzioni o alle attività svolte e
alle risorse (materiali e non) utilizzate;
 In base agli output: cioè il raggruppamento avviene in base ai prodotti e ai servizi forniti, ai cliente
e alla località geografica o ai processi (dove per processo si s’intende quell’insieme di attività che
ottiene un output che ha valore pur non essendo il prodotto finito).
NB: a diversi livelli possono essere utilizzati diversi criteri, così come sullo stesso livello ma in unità
organizzative differenti. Non per tutta la progettazione organizzativa deve essere utilizzato lo stesso criterio.

I confini delle unità organizzative

Per “confini” si intende cosa deve essere incluso in ogni unità organizzativa, considerando prodotti, funzioni,
mansioni, ecc..
In base al metodo analitico per determinare tali confini è necessario seguire 8 fasi:
1. Individuazione delle attività da considerare (mansioni o compiti);
2. Analisi delle specializzazioni: essa permette di minimizzare la differenziazione intra-unità, creando
unità organizzative omogenee, e di massimizzare la differenziazione inter-unità. In particolare si
tratta di individuare:
 Tecniche e conoscenze richieste nello svolgimento delle mansioni;
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 Orientamenti, ovvero atteggiamenti o stili cognitivi richiesti per eseguire l’attività. In


particolare si distinguono:
 Orientamenti specialista o generalista;
 Al breve o al lungo periodo;
 Ai compiti o alle persone;
 All’ottimizzazione o all’innovazione;
 Stile di influenza autoritario o partecipativo.
3. Analisi delle interdipendenze: serve per massimizzare l’interdipendenza intra-unità, eliminando
invece quella inter-unità. Mira, in particolare, a individuare il tipo di interdipendenza (vedi dietro),
l’ampiezza, la frequenza, l’intensità, la criticità e l’incertezza;
4. Analisi delle incertezze;
5. Analisi dei conflitti d’interesse;
6. Analisi delle relazioni sociali;
7. Analisi delle dimensioni;
8. Analisi comparata delle alternative.

Le dimensioni delle unità organizzative

La dimensione dell’unità organizzativa è determinante per:


 L’efficienza e l’efficacia del controllo sui lavoratori che ne fanno parte;
 L’efficienza e l’efficacia della soluzione organizzativa, cioè del lavoro di chi ne fa parte.
Vantaggi di piccole dimensioni sono:
 Maggior supervisione e controllo gerarchico;
 Comunicazioni più semplici e facili;
 Bassa necessità di capacità direzionale;
 Minori ambiguità di ruoli;
 Soddisfa i bisogni di sicurezza.
Vantaggi di grandi dimensioni, invece, sono:
 Ruolo esclusivamente decisionale del capo;
 Possibilità di delega;
 Minore stress da esposizione;
 Possibilità di soddisfare i bisogni superiori (stima e autorealizzazione).

LA SPECIALIZZAZIONE VERTICALE
Essa riguarda la distribuzione del potere decisionale nell’organizzazione, attivando scelte in riferimento al
numero di livelli gerarchici, alle autorità decisionali e all’articolazione line/staff.

Accentramento o decentramento

Nella progettazione della mesostruttura, l’organizzazione deve decidere innanzitutto la distribuzione


dell’autorità decisionale: tanto più essa è concentrata in poche persone a livelli alti tanto più vi è
accentramento. In caso contrario, quando essa è attribuita anche a molte persone operanti a livelli bassi, si
parla di decentramento.
Per capire il grado di accentramento di un’organizzazione si possono considerare diversi elementi:
 Numero di decisioni che vengono prese nei vari livelli;
 Contenuto delle decisioni;
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 Margini di discrezionalità, cioè l’autonomia che i decisori nei vari livelli gerarchici realmente
hanno,
considerando eventuali limiti o opzioni nelle decisioni;
 Processo decisionale: esso è composto da 7 fasi: stimolo, informazione (cioè individuazione delle
alternative possibili), consiglio (valutazione), scelta, autorizzazione, implementazione e controllo.
Tanto più queste fasi sono nelle mani dei livelli gerarchici più elevati, tanto più si può parlare di
accentramento.

I 5 tipi di accentramento di Mintzberg


(Vedi slide per disegni)
Mintzberg individua 5 tipi di accentramento, cioè (da quello più intenso al meno intenso):
 Accentramento verticale e orizzontale: tutto il potere è concentrato nelle mani del vertice
strategico e la supervisione sui lavoratori è diretta;
 Decentramento orizzontale limitato: il potere decisionale viene trasferito agli analisti (membri
della tecnostruttura) limitatamente ad alcuni argomenti o problemi. Questi hanno di solito il compito
di prendere decisioni riguardo la formalizzazione e gli strandard del lavoro;
 Decentramento verticale limitato: qui il potere decisionale viene trasferito a membri del middle
management limitatamente ad alcuni argomenti e problemi;
 Decentramento orizzontale e verticale selettivo: il potere decisionale viene affidato a vari
membri e unità organizzative (middle management, tecnostruttura e staff di supporto). Ognuna di
esse, tuttavia, ha competenza solo in determinati ambiti e in relazione a determinati problemi;
 Decentramento verticale e orizzontale: il potere decisionale si concentra nelle mani dei livelli più
bassi dell’organizzazione, come il nucleo operativo.
N.B. Per decentramento verticale si intende il trasferimento del potere decisionale a favore di organi di line
che sono inferiori nella gerarchia dell’organizzazione. Nel decentramento orizzontale, invece, il trasferimento
avviene a favore di organi che non fan parte della line (vedi sotto).

La matrice delle responsabilità

È un prospetto a doppia entrata che presenta nelle righe le decisioni, nelle colonne i vari attori e nelle
intersezioni riga-colonna il ruolo degli attori in quella determinata decisione (vedi libro pag. 172 Isotta).
La matrice permette non solo di controllare che responsabilità ha ogni attore, ma anche se la decisione da
prendere è collegiale, se è più o meno importante, ecc..

Vantaggi e svantaggi dell’accentramento

Vantaggi Svantaggi
Maggior coordinamento Sovraccarico del vertice
Orientamento e prospettiva delle decisioni
più Lentezza nell’attivazione delle decisioni
generali
Sfruttamento delle competenze del vertice Possibilità di informazioni mancanti
Rapidità di risposta ai cambiamenti Minore possibilità di responsabilizzazione

Minori problemi di opportunismo Problemi di motivazione e di sviluppo personale


Minori costi di struttura dei lavoratori per difficoltà di carriera
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La relazione tra il grado di accentramento e il ruolo delle informazioni


Costo per la comunicazione delle
La tabella illustra cosa conviene scegliere tra informazioni
de- e accentramento in base alle del vertice agli altri livelli gerarchici
informazioni Basso Alto
Valore delle
informazioni a Alto Decentramento Accentramento
disposizione del
vertice (quanto
sono rilevanti per Basso Decentramento
prendere
una decisione?)

N.B. Il ruolo delle ICT (Information Communication Technology): La tecnologia ha reso più basso il costo
del trasferimento di informazioni, influenzando questo modello e portando, al giorno d’oggi, a un maggior
grado di decentramento nelle organizzazioni.

Il numero di livelli gerarchici

Tipo di struttura Vantaggi Svantaggi


Più possibilità di carriera
Verticale (molti livelli Alti costi di coordinamento
gerarchici) Più capacità di analisi
Flessibilità
Orizzontale (pochi livelli
Più motivazione Poca possibilità di carriera
gerarchici)
Bassi costi di coordinamento

Line/staff

Gli organi di line sono quelli legati al primary task, cioè principalmente alla trasformazione di input in output
(nucleo operativo). Lo staff, invece, è addetto ad attività di consulenza per la line (tecnostruttura e staff di
supporto). I problemi principali relativi a questo ambito sono:
 Make or buy? È un problema relativo principalmente allo staff. La decisione deve decidere se
produrre internamente (make) i servizi offerti dallo staff, o esternalizzare (buy) attraverso
l’outsourcing o la creazione di aziende collegate.
 Concentrazione o dispersione? È un problema legato al collegamento tra line e staff e alla
collocazione di unità di staff all’interno dell’organizzazione. Si sceglie la concentrazione se si ritiene
più adeguato creare organi di staff “unici”, che condividono le stesse risorse pur lavorando su
diversi livelli gerarchici dell’organizzazione o in più unità o divisioni. La dispersione, invece, prevede
che gli organi di staff vengano “dispersi” in più unità tra loro indipendenti che si dedicano ad
un’unica divisione/unità organizzativa/livello gerarchico, con risorse a sé. (Es: le risorse umane
sono “concentrate” se un unico ufficio gestisce tutto il personale, sono “disperse” se ci sono più
uffici, ognuno dei quali gestisce un reparto dell’organizzazione, per esempio uno la direzione, uno il
nucleo operativo, uno il reparto R&S).
 Autorità funzionale? A livello di staff, è più adeguato inserire una semplice autorità gerarchica che
controlla la line o è più conveniente e giusto inserire un’autorità funzionale, che viene cioè a sua
volta controllata da altri? Questo problema riguarda quindi il grado di autonomia dei membri
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IL COORDINAMENTO
Per coordinamento si intende lo svolgimento di attività giuste, svolte dalle persone giuste, nel modo, nei
tempi e nei luoghi giusti, evitando le duplicazioni inutili.
Tramite i meccanismi di coordinamento e di controllo si giunge all’allineamento di attività parziali e all’unità di
sforzi in vista di un obiettivo comune, cioè una situazione di coordinazione.
I meccanismi di coordinamento sono:

Adattamento reciproco

Tipico delle piccole imprese, non prevede nessuna formalità nella comunicazione e quasi nessun controllo
gerarchico: si lascia che gli attori si coordino tra loro in modo autonomo.

Supervisione diretta

Secondo Mintzberg è un metodo di coordinamento in cui un attore, cioè il superiore gerarchico, si assume la
responsabilità del lavoro di altri, dando loro ordini sul lavoro da svolgere e su come svolgerlo e controllando
le loro azioni.

Standardizzazione

Standardizzazione significa ridurre ad un modello predefinito ciò che viene svolto e si tratta di un
meccanismo di coordinamento perché così facendo si riduce il bisogno di comunicazione per sapere come
operare. Può avvenire a livello di:
 Input: viene specificato il tipo di informazione richiesto per eseguire un certo lavoro. Vengono cioè
standardizzate le conoscenze e capacità di chi viene assunto (es: si cercano solo laureati in un
determinato ambito);
 Output: Viene specificato il risultato che un singolo attore o un’unità organizzativa devono ottenere,
in termini di fatturato, guadagno, numero di prodotti…
 Processo di lavoro: viene specificato il modo in cui il lavoro deve essere svolto e le operazioni da
svolgere.
* Coordinamento e accentramento del potere decisionale
Esiste un collegamento tra il meccanismo di coordinamento usato e l’accentramento del potere decisionale:

Supervisione Standardizzazio Standardizzazio Standardizzazio Adattamento


diretta ne dei processi ne output ne input reciproco

Organizzazione Organizzazione
accentrata decentrata

I collegamenti laterali

Essi cercano di realizzare il coordinamento tra unità organizzative, evitando il ricorso a canali di
comunicazione verticali (cioè ricorrendo a superiori gerarchici) ma attivando, invece, canali di comunicazione
e decisione che coinvolgono direttamente le persone interessate, formalizzando così il sistema
dell’adattamento reciproco. Essi possono essere:
Organizzazione Aziendale La progettazione della mesostruttura

 Orizzontali, se le persone coinvolte sono tutte dello stesso livello gerarchico, o trasversali;
 Temporanei, se vengono creati solo per risolvere un problema in particolare, o permanenti;
 Continui, se composti da persone dedicate a tempo pieno al loro funzionamento, o discontinui,
quando le modalità di funzionamento sono periodiche e comportano un impiego solo parziale delle
persone;
 Individuali o collettivi;
 Più o meno formali a seconda del numero di regole e del grado di autonomia lasciato agli attori in
relazione all’attivazione, composizione e funzionamento degli stessi.
Esempi di collegamenti laterali sono:
 Riunioni;
 Ruoli di collegamento, cioè ruoli individuali che consistono nel collegare un’unità organizzativa
all’altra attraverso una persona che costituisce il canale di comunicazione;
 Manager integratori, cioè organi che hanno la responsabilità di coordinare le attività che sono
state assegnate, in base a diversi criteri di specializzazione (es: input), a unità organizzative
differenti. Es: manager di prodotto di una certa area geografica;
 Team o task forces, cioè dei gruppi di lavoro formati da persone provenienti da diverse unità
organizzative e creati per risolvere un certo problema. La differenza tra team e task forces sta
principalmente nella temporaneità e continuità di questi ultimi, al contrario dei team che sono
tipicamente permanenti e discontinui.

I problemi del gruppo

 Isolamento del gruppo dal resto dell’organizzazione, creando una situazione di forte indipendenza
che non permette al team di focalizzarsi sui veri obiettivi dell’organizzazione;
 Conformismo, cioè l’uniformità del comportamento degli attori di un gruppo, per natura, perché “si
va troppo d’accordo”;
 Groupthink, che si crea quando un gruppo è troppo coeso e si tende ad accettare semplicemente
ciò a cui si giunge come prima idea o impressione (anche senza essere davvero d’accordo) ma
senza analizzare a fondo o confrontarsi, compiendo quindi errori di valutazione;
 Polarizzazione, cioè quando le decisioni prese sono troppo rischiose o troppo prudenti perché la
responsabilità è “di tutti e di nessuno”;
 Free riding, che è simile al social loafing, cioè la svalutazione della responsabilità del singolo
all’interno di un gruppo.
Le soluzioni possono essere:
 Chiarezza del task;
 Collegamento con l’organizzazione;
 Ricerca di persone con le giuste caratteristiche per il gruppo;
 Determinazione di una modalità di funzionamento del gruppo.
Organizzazione Aziendale La progettazione della macrostruttura

LA PROGETTAZIONE DELLA MACROSTRUTTURA


La progettazione della macrostruttura consiste sostanzialmente nella determinazione della forma
organizzativa più adatta. Per forma organizzativa si intende una combinazione tipica di scelte relative alla
specializzazione e scelte riguardo il coordinamento, che sono caratterizzate da coerenza interna, cioè
coerenza tra tutte le scelte inerenti alle variabili organizzative, e da coerenza esterna, cioè rispetto a
determinate situazioni che caratterizzano l’ambiente di cui è parte l’organizzazione.
Un altro elemento fondamentale è quello della complementarietà, ovvero l’idea che se prendo scelte coerenti
tra loro, l’impatto di ciascuna scelta è più alto rispetto al contributo di ogni singola decisione.
Gli idealtipi delle forme organizzative sono molteplici, tra cui:

FORMA SEMPLICE
È tipica delle piccole imprese e caratterizzata soprattutto da un basso numero di livelli gerarchici. Il fulcro
dell’organizzazione è l’imprenditore, o comunque il vertice strategico, dove risiede quasi tutto il potere
decisionale (forte accentramento). Il metodo di coordinamento è quello della supervisione diretta.
Questa forma viene poco utilizzata perché adatta solo alla piccola impresa artigianale, dove è facile che si
crei un senso di appartenenza alto tra i membri, che si sentono coinvolti personalmente dall’attività e dagli
obiettivi dell’organizzazione. Tuttavia, al contrario, tipico di queste forme è anche il senso di costrizione dei
membri in quanto le possibilità di carriera sono limitate.

FORMA FUNZIONALE BUROCRATICA (O BUROCRAZIA MECCANICA)


È una delle forme che ha da sempre caratterizzato la grande impresa, ma che oggi non risulta più adeguata
a un ambiente instabile e incerto come quello contemporaneo.
La sua caratteristica fondamentale è l’elevato numero di livelli gerarchici, per cui si ha una forte
specializzazione delle unità organizzative, ma anche problemi di coordinamento. Quest’ultimo avviene
tramite supervisione diretta e standardizzazione dei processi lavorativi e, in parte, dei risultati per quanto
riguarda il vertice.
La forma burocratica è frutto di una forte volontà di controllo sull’organizzazione che ha espressione
nell’elevato accentramento verticale (vertice) e un decentramento orizzontale verso la tecnostruttura,
organo per eccellenza di questa forma.

FORMA FUNZIONALE BUROCRATICA CON INTEGRATORI


È identica a quella precedente, ma con l’aggiunta di manager integratori che possono essere inseriti allo
stesso livello dei vari manager delle unità organizzative per coordinarli tra loro, oppure all’interno di un’unità
organizzativa per coordinare le varie attività svolte in essa. Il manager non ha autorità gerarchica, ma
solamente autorità di coordinamento.

FORMA FUNZIONALE PROFESSIONALE


Questa è una delle forme organizzative più avanzate e innovative, perché adatta a un ambiente stabile ma
complesso.
Essa è caratterizzata da pochissimi livelli gerarchici, con un forte decentramento orizzontale e verticale
verso il nucleo operativo. Il sistema di coordinamento fondamentale è la standardizzazione elevatissima
degli input.
Tuttavia questa forma presenta dei problemi di coordinamento interni che la rendono poco incline a
innovazioni e cambiamenti e non adatta ad ambienti instabili. È tipica di organizzazioni di liberi professionisti,
Organizzazione Aziendale La progettazione della macrostruttura

come medici, avvocati e insegnanti, che spesso devono far conto con la discrezionalità, che non permette
loro di giudicare il lavoro dei colleghi, non risolvendo così i problemi (ognuno lavora per se).
Tipiche di questa forma sono le gerarchie parallele.

FORMA ADHOCRATICA
Questa forma organizzativa è tipica di imprese fortemente innovative (es: ingegneria aerospaziale) perché
adatta ad un ambiente complesso e dinamico. È’ basata su team e task force formate da persone che
vengono da diverse parti dell’organizzazione. Questi lavorano in maniera autonoma ma ciò può presentare
problemi relativi al coordinamento, con ambiguità, conflitti e inefficienza, specialmente col trascorrere del
tempo. Per questo ha vita breve e può condurre a un istantaneo successo o insuccesso.
Essa è caratterizzata da pochi livelli gerarchici con un decentramento selettivo verso il nucleo operativo e lo
staff di supporto, parte fondamentale dell’organizzazione, che godono così di molta autonomia. Il
meccanismo di coordinamento classico è l’adattamento reciproco, anche se si può dire che esiste un certo
livello di standardizzazione degli input attraverso una formazione iniziale.

FORMA DIVISIONALE
Questa è la forma organizzativa tipica delle aziende di grandi dimensioni, che hanno più prodotti, perché
competitiva anche su mercati diversificati (vedi schema indietro).
L’organizzazione viene suddivisa in divisioni, ciascuna delle quali è come se fosse una piccola azienda, in
base a diversi elementi, ed esse sono tra loro indipendenti. Tuttavia necessitano di coordinazione tra di loro
ed essa viene garantita da un forte decentramento verticale limitato verso i manager della linea intermedia
(parte centrale dell’organizzazione), che si occupano di controllare tutte le divisioni, ma anche attraverso la
standardizzazione degli output. Le divisioni vengono inoltre coordinate internamente attraverso la
standardizzazione dei processi.
Il problema fondamentale che si può creare in questa forma organizzativa è la competizione tra le divisioni,
al contrario della cooperazione che invece dovrebbe esistere tra loro. Spesso ciò viene intensificato dai
prezzi di trasferimento da un’unità all’altra come se fosse una compravendita.

FORMA A MATRICE
Questa forma è tipica delle imprese che lavorano a progetto (vedi schema dietro).
Essa è caratterizzata da pochi livelli gerarchici ma anche dalla presenza di una duplice autorità che
garantisce il coordinamento tra funzioni e progetti. I meccanismi di coordinamento tipici sono, infatti, oltre
all’adattamento reciproco, i collegamenti laterali. Per garantire il loro funzionamento, inoltre, avviene un
decentramento verso la linea intermedia e il nucleo operativo. La standardizzazione invece avviene a livello
di input.
Questa forma è tuttavia molto costosa e può presentare problemi relativi alla distribuzione del potere tra i
manager.

FORMA A RETE
È una forma che prevede l’esistenza di un’organizzazione principale e una serie di organizzazioni minori ad
essa collegate. La prima svolge solo l’attività fondamentale.
I LAVORI SPORCHI

Il lavoro sporco è un concetto con il quale si cerca di misurare la realtà. Fa parte di alcune teorie tra cui:
simbolica  Importanza della dimensione soggettiva: il lavoro e le organizzazioni sono costruzioni sociali
alle quali gli individui attribuiscono determinati significati. Questi significati possono essere compresi,
attraverso un processo di ascolto attento e interpretazione.
Discipline di riferimento: sociologia, psicologia.

Il concetto di lavoro sporco viene creato da Hughes, sociologo americano, sul finire degli anni ’50. Viene
definito come “un lavoro che è fisicamente disgustoso, un simbolo di degradazione personale, un’attività che
ferirebbe la dignità di chiunque. Un qualcosa che va contro le concezioni più alte, eroiche e morali di noi
stessi…” “…è un lavoro di cui vergognarsi, che va nascosto…”
Hughes introduce 3 tipi di lavoro sporco:
1. Fisico
2. Sociale
3. Morale

LAVORO SPORCO FISICO


1. è un lavoro in cui si viene a contatto diretto con i rifiuti, la morte, la melma o liquidi di scarico.
Es. il netturbino;
2. o è un lavoro che si pensa venga svolto in condizioni particolarmente pericolose. Es. il pompiere;

LAVORO SPORCO SOCIALE


1. è un lavoro che implica il contatto con soggetti a loro volta stigmatizzati. Es. la guardia carceraria;
2. è un lavoro in cui la persona assume una posizione servile rispetto agli altri. Es. l’usciere;

LAVORO SPORCO MORALE


1. quando si pensa che la persona al lavoro adotti comportamenti di dubbia virtù. Es. lo spogliarellista;
2. oppure quando adotta sistemi che sono considerati intrusivi, ingannevoli o che vanno contro
determinate norme di civiltà. Es. l’investigatore privato.

Il concetto equivalente di stigma


Termine che deriva da una diffusa disapprovazione sociale e utilizzato per attribuire un significato
negativo a qualcosa ritenuto difettoso, viziato, deviante o inferiore.

Il concetto di Mcjob
Un lavoro scarsamente qualificato, che si svolge in condizioni gravose o penalizzanti quali, ad esempio:
instabilità contrattuale, basse retribuzioni, lunghi turni di lavoro, orari sfavorevoli, ambienti insalubri, scarse
opportunità di fare formazione o di avanzamenti di carriera…

CARATTERISTICHE LAVORI SPORCHI

Sono 6 le caratteristiche dei lavori sporchi:


1. C’è una componente o un’attività di lavoro sporco in ogni mestiere
L’esempio dei medici, sporcizia morale nel caso del suicidio assistito.
2. Il prestigio -inteso come un mix di status sociale, potere, retribuzione, qualità del lavoro, cultura
personale livello educativo modera la percezione di sporcizia di un’occupazione.
Il caso degli avvocati.
3. La sporcizia può essere attribuita sia al singolo compito o attività, sia all’occupazione più in generale.
Ad esempio il giornalista, caratterizzato da uno stigma circoscritto, ovvero solo alcune attività sono
considerate sporche.
Esattore invece stigma pervasivo, la sua attività è considerata interamente sporca.
4. La sporcizia è socialmente costruita e dipende quindi dai valori, dalle rappresentazioni, dalle sensibilità
diffuse in un certo contesto nazionale e culturale in un dato momento. L’esempio dei politici in Italia oggi.
5. Una stessa occupazione, può essere stigmatizzata da più punti di vista. Esempio: il lustrascarpe.
6. Mentre i lavori sporchi dal punto di vista fisico e sociale godono di uno "scudo di necessità", ovvero si
pensa che ci sarà sempre bisogno di macellai, operatori di call center, meccanici, addetti alle pulizie,
poliziotti, pompieri, minatori, imbalsamatori, camionisti, facchini ecc. … sono considerati un "male
necessario". I lavori sporchi dal punto di vista morale sono spesso considerati inutili, anzi dannosi
per la società es. gestori di sala slot, spogliarellisti, tatuatori, affaristi, investigatori privati… Il lavoro
sporco morale è il più persistente, il meno tollerabile e porta spesso ad esprimere un giudizio negativo a
livello personale.
Lo stigma morale è quindi considerato il più grave.

Perché è interessante il concetto di lavoro sporco?


Negli ultimi decenni gli studi di organizzazione aziendale si sono concentrati soprattutto sui ruoli impiegatizi,
manageriali e dirigenziali, o sui lavori di esperti e professionisti. = forte attenzione sulle élite organizzative.
Di conseguenza si sono persi di vista i lavori più umili e degradati, che pure fanno parte della vita
organizzativa.

Gli effetti del lavoro sporco


Lo stigma associato a certi lavori rappresenta una minaccia per l’autostima di quei lavoratori; • Questo può
influenzare negativamente il loro benessere psico-fisico, con conseguenze negative sia a livello individuale
che organizzativo.
Alcuni effetti negativi possono essere: Emozioni negative (ansia), disimpegno al lavoro, turnover (personale
cambiato spesso).

Come le persone fanno fronte al lavoro sporco


Le persone mettono in atto delle strategie per rendere più vedere il lavoro sotto un altro punto di vista, ad
esempio:
1. Le persone tendono a dare al lavoro significati positivi o neutralizzare quelli negativi (riformulare).
2. Proporre nuovi standard in base ai quali giudicare il lavoro (ricalibrare).
3. Enfatizzare aspetti positivi, non stigmatizzati del lavoro (riorientare).
4. Ricercare forme di socialità tra coloro che condividono lo stigma (Forme di socialità positive)
5. Sottolineare il valore pubblico di un certo lavoro (Contrastare la percezione pubblica).
6. Tattiche che permettono di evitare o nascondere la sporcizia (Tacere, negare o omettere).
7. Confronti con persone o gruppi considerati più stigmatizzati (Fare confronti).
8. Usare forme di dark humor che fanno allentare un po’ la tensione (Forme di humor nero)
9. Criticare coloro che criticano il tuo lavoro, delegittimarli (Condannare chi ti condanna).
10. Indicare le persone con cui si è a contatto come causa dello stigma (Dare la colpa ai clienti-utenti).
11. Smarcarsi o non accettare di identificarsi con il proprio ruolo (Prendere le distanze)

Implicazioni manageriali
Nella fase di reclutamento/selezione (HRM):
1) Selezionare persone che dimostrano un’affinità per il lavoro;
2) Cercare di anticipare ai candidati le possibili difficoltà e lo stigma a cui andranno incontro.
Durante la fase di inserimento al lavoro (i responsabili):
1) Utilizzare periodi di prova;
2) Cercare di modificare percezioni, comportamenti, pregiudizi della persona;
3) Aiutare a prendere le distanze, mettere le cose in prospettiva;
4) Supportare i nuovi arrivati nelle loro relazioni con l’esterno, con parenti e amici;
5) Desensibilizzare, esporre progressivamente alla sporcizia.
Nel lavoro di tutti i giorni (i responsabili):
1) Creare una cultura comune, favorire la condivisione di storie, esperienze;
2) Proteggere le persone dagli azzardi del mestiere;
3) Creare degli spazi sicuri, di backstage, dove le persone possono distendersi, rilassarsi.

Lo stigma può agire a 4 principali livelli, che interagiscono tra di loro:


1) il compito, l’attività;
2) il gruppo occupazionale;
3) l’organizzazione;
4) il settore di attività

CONCLUSIONI

1) Non ci sono solo lavori puliti, d’ufficio, prestigiosi e che godono di buona considerazione sociale;
2) I lavori sporchi, o le attività sporche, sono molteplici e potenzialmente coinvolgono tutte le occupazioni;
3) La sporcizia attribuita a un certo lavoro non è assoluta, ma è relativa a un certo contesto. Può quindi
variare nel tempo e a seconda del contesto culturale in cui ci si trova;
4) La sporcizia può agire a diversi livelli: il compito – il gruppo occupazionale – l’organizzazione – il settore di
attività;
5) Il lavoro sporco ha degli effetti potenzialmente dannosi sugli individui e sulle organizzazioni, per cui va
affrontato e gestito.

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