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La vita
Nacque da una ricca famiglia di rango equestre a Cordoba probabilmente nel 4 a.C.
A Roma studiò retorica e filosofia. I suoi maestri furono Fabiano, Attalo e Sozione.
Seneca abbandonò la sua idea di una vita completamente dedicata agli studi e rivestì la questura.
Era in possesso di notevoli eloquenza e arti oratorie.
I suoi rapporti con gli imperatori furono travagliati, tant’è che Caligola progettava di farlo uccidere.
Fu tuttavia Claudio ad allontanarlo da Roma, esiliandolo in Corsica, dove rimase fino al 49, quando
fu richiamato nella capitale dalla nuova moglie di Claudio, Agrippina.
Fu precettore di Nerone la cui madre stava preparando l’impero.
Nel 54 quando Claudio morì, gli successe Nerone e Seneca si trovò ad essere consigliere reale.
Come scrive nel “De clementia”, il suo obbiettivo era quello di fare di Nerone un principe sovrano
esemplare, ma le sue aspettative furono deluse.
Già nel 59, Nerone fece uccidere la madre, ma Seneca rimase comunque al fianco del principe,
sebbene la sua posizione divenne più debole.
Dal 62, Seneca si ritirò e si diede alla vita di studi da lui tanto agognata, fino al 65, anno della sua
morte.
Come scrive Tacitò, egli affrontò la sua sentenza di morte con coraggio, serenità e nobiltà d’animo.
I Dialogi
Sono un insieme di 10 opere, divise in 12 libri, di argomento filosofico.
Nei Dialogi, l’autore parla sempre in prima persona, avendo come unico interlocutore il destinatario.
“Consolatio ad Marciam”, è l’opera più antica e si propone di consolare Marcia, una donna nobile,
sofferente per la perdita di suo figlio. In questo testo scrive di come la morte non sia nient’altro che
un passaggio ad una vita migliore. L’opera ha carattere retorico sia nei temi che nello stile, molto
elaborato e sostenuto.
“Consolatio ad Helviam, matrem” ha come destinatario la madre dell’autore, sofferente per
l’allontanamento del figlio in Corsica. Seneca scrive di come l’esilio non sia un male, in quanto il
saggio, essendo abitate del mondo, è in grado di professare le virtù in maniera indipendente dal
luogo. Il testo è caratteriozzaro da una profonda intimità e per la nobile dignità, trasmette la figura
di un uomo colpito da una sventura, in grado di mantenere una virile serenità.
“Conoslatio ad Polybium” rivolta ad un liberto di Claudio in occasione della morte di un fratello.
Segue le stesse argomentazioni della lettera alla madre, sebbene in tono più solenne. Tuttavia la
posizione del destinatario era quello che realmente interessava Seneca, infatti egli sperava di essere
richiamato a Roma dall’esilio. Osanna Claudio e le sua imprese allo stesso scopo.
“De ira”, in cui il filosofo si propone di combattere l’ira, descritta come la passione più odiosa e
pericolosa. Egli scrive che l’ira non è mai accetta inquanto offusca la ragione e ha caratteri molto
simili alla follia, ne indica infine alcuni rimedi per essa.
“De brevitate vitae” dedicato all’amico di Paolino, si occupa di sostenere la tesi del poeta di come
gli uomini abbiano torto a lamentarsi della brevità del tempo a loro assegnato in quanto ne si ha
abbastanza e che va solo gestito al meglio. Definisce quindi saggio chi è in grado di farlo. Spreca il
suo tempo chiunque non dedichi il suo tempo a qualsiasi cosa che non sia la ricerca della saggezza.
“De vita beata” è divisa in due parti. Nella prima di carattere teoretico, Seneca espone la dottrina
morale e stoica che descrive la vita in funzione della natura e quindi per l’uomo secondo la ragione;
nella seconda parte, di carattere polemico, ma con implicazioni personali, Seneca respinge le
critiche verso i filosofi di chi li accusa di incoerenza. Seneca si difende inoltre con eloquenza e
vigore, dicendo che egli stesso si trova sulla strada del miglioramento e che quindi non è perfetto.
“De tranquillitate animi” è dedicata al caro amico Anneo Sereno ed inizia chiedendo consigli in una
situazione di insicurezza, quindi dopo una descrizione di un animo in preda a questi mali, indica
alcuni rimedi che aiutino a raggiungere la tranquillità e quindi l’impegno nella vita per il bene
comune e la serena accettazione della morte.
“De otio”, opera che Seneca rivolge ancora ad Anneo Sereno, in cui affronta i problemi
dell’impegno e disimpegno. Il filosofo sostiene la validità dell’otium a scelta, in quanto l’uomo
saggio non deve impegnarsi a meno che non siano le circostanze ad imporglielo. È infatti
impossibile trovare uno Stato in cui il filosofo possa operare liberamente.
“De providenzia” dove Seneca risponde all’amico Lucillio che gli ha chiesto perché i buoni sono
colpiti dai mali e se è vero che l’universo è retto dalla provvidenza. Il filosofo risponde dicendo che
quelli che si presentano dinanzi agli uomini non sono mali, ma delle prove a cui i buoni sono
sottoposti dagli dei per temprarli.
“De constantia sapientis” dedicato ancora ad Anneo Sereno, qui Seneca spiega che il saggio non può
essere colpito da offesa alcuna in quanto la sua forza e la sua superiorità morale lo rendono
invulnerabile di fronte agli attacchi provenienti dall’esterno. Per Seneca l’unico bene coincide con la
virtù della quale nessuno può privarlo.