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Marco Sirtori «Viaggiando imparerem geografiay. Annie Vivanti tra narrativa e odeporica «Non ho paese: é mia tutta la terra!» (Annie Vivant) Viaggi senza mappa, viaggi di finzione «Della sua geografia si raccontano confini della Confederazione Svizzera va Giosue Carducci nella recensione a Lirica di Annie Vivanti (1890) per sbarazzare il lettore di ogni dubbio sull’orizzonte culturale della giovane Poetessa, non, come creduto da alcuni, brillante studentessa alla Normale di Pisa, ché, anzi, sarebbe stata bocciata a tutti gli esami del primo anno. E si che nella Svizzera tedesca, dopo la morte della madre, la scrittrice aveva trascorso due anni per completare una formazione cosmopolita che avrebbe conferito alla «signorina autrice» un carattere originalissimo, italiano e straniero a un tempo, europeo e poetico senza dubbi: cose meravigliose, che assegnasse ai non so quanti mari»'. Cosi ironizza- La giovane autrice é ella italiana? Di espressione artistica; ma nacque da ma mente parld per prime lingue il tedesco ¢ !ingiese, e anche quasi naturalmente a otto anni faceva versi nell’una e neil"altra; ma le rimase sempre poi l'impressione che I’inglese fosse la lingua delle sgridate e il tedesco quella dei sogni?. padrs ¢ di sentimenti si, e nella simpatica c@ in Londra. [...] Annie natural- Annie Vivanti (1868-1942), «poetessa zingara», nomade ma non randa- gia’, «sbalza da un estremo all’altro d’Europa, come una cometa invisibile " Giosue Carducci, Nota, in Annie Vivanti, Lirica, con prefazione nota di G. Carducci, Treves, Milano 1915, p. 260. ? G. Carducci, Nota, cit., pp. 258 260. Si veda anche A. Vivanti, Ego, in Ead., Tutte le poesie, edizione critica con antologia di testi tradotti, a cura di Carlo Caporossi, ‘Olschki, Firenze 2006, p. 149: «Del mio paese chiedi? Io ti rispondo: / Non ho paese: é mia tutta la terra!». . * E la Vivanti stessa a rifiutare l'epiteto di randagia in una risentita lettera a Papini Pancrazi, da Pecetto Torinese, del 7 luglio 1920: «Mi pare che l’aggettivo randagio sia scor- 201 striscia fuggiasca per il ciclo»*. Conosce Ie capitali del Vecchio Mondo e ne percorre fin dall’infanzia le strade polverose, forte di una competenza linguistica bi-trilingue che crea una forte polarita tra realta (curiositas e de- nuncia) ¢ sogno (desiderio ed evasione). Nel Preludietto boemo premesso alle pagine autobiografiche di Zingaresca (1918), la scrittrice svela il «se- greto» della sua ambivalente «passione delle lontananze»*. Sono I’istintivo bisogno di espansione e il fascino dell’ignoto che la inducono a un reiterato distacco dalla tranquilla ma soffocante dimensione domestica: Non posso vedere davanti a me una strada — bianca, ignota, che conduce chi sa dove! — senza sentire la necessita di percorrerla, lo struggimento di seguirla fin do- ve va [...] Gia, fin da bambina, io dicevo sempre: «Mi piacciono molto gli andar via, Ed anche oggi, alla gioia grande dell’arrivo in ogni luogo nuovo, prediligo la gioia maggiore di ripartire®, Ogni viaggio viene affrontato con «letizia» e «incantamento», perché vissuto come un libero andare per il mondo senza meta alcuna. I] senso oc- culto di questa gioia viene scoperto durante una passeggiata montana, quando un contadino boemo annuncia alla scrittrice che all’arrivo é «molto aspettata». Se la vita in sé non é che delusione e inappagato desiderio, il so- lo possibile riscatto sta in un moto perpetuo da e verso il mondo degli affet- ti: «Mio Dio, concedetemi questa grazia suprema; fate che, per quanto lon- tano errino i miei passi, vi sia sempre chi attende il mio ritorno»’. Questo sentimento ambivalente fornira la struttura latente alle pagine autobiografiche della scrittrice ¢ ai viaggi intrapresi dalle protagoniste dei suoi romanzi. Gran parte dell’opera le‘tersria deila Vivanti si muove infatti sul terreno ibrido dell’odeporica’, pulsione all’erranza di matrice autobiografica e una invitation au voyage alla quale rispondono i suoi per- tese ¢ male adatto a descrivere la mia vita di grandi viaggi e di grandiosi avvenimenti; vita nomade, avventurosa, se volete, ma non randagia come dicesi dei cani famelici e dei gatti erranti per i tettin. La lettera, gia pubblicata da Lorenzo Mondo (E per Annie il cuore del “carissimo orco”, in «La Stampa. Tuttolibritempolibero», a. XVII, n. 1348, 13 novembre 2004, p. 3), ora si legge in A. Vivanti, Tutte le poesie, cit., p. 71. * Giuseppe Antonio Borgese, Un romanzo di Annie Vivanti, in d., La Vita e il Libro. Terza serie e conclusiva, Fratelli Bocca, Torino 1913, p. 231. * A. Vivanti, Zingaresca, Mondadori, Milano 193 1,p. 11. © Ii, pp. 11-12. 7 Wi, p. 16. ® Sulla letteratura di viaggio come genere ibrido o di confine cfr. Federica Frediani, Uscire. La scrittura di viaggio al femminile: dai paradigmi mitici alle immagini orientaliste, prefazione di Antonio Prete, Diabasis, Reggio Emilia 2007, pp. 49-92; Elvio Guagnini, II viaggio, lo sguardo, la scrittura, Edizioni Universita di Trieste, Trieste 2010, pp. 1-40. 202 sonaggi romanzeschi, donne sulle quali il «peripatetic writer»’ proietta la sua ansia di sconfina e Teli Me. j Seas cl scontin ‘mento © di conoscenza. Se teniamo presenti le indica- ’ i s zionati Iettori critici, che stentano nel distinguere dimen- i Sione finzionale ¢ testimonianza reale", apparira imprescindibile ricostruire f la sua poetica odeporica a partire dagli scritti narrativi. Gid nei romanzi ; Annie Vivanti propone una sua visione del viaggio che trovera una picna, matura ¢ consapevole formulazione in Terra di Cleopatra, diario 0, meglio, Tomanzo di viaggio’'' che traduce in racconto il soggiomo egiziano della Poetessa cinquantasettenne. | Per la Vivanti lo spazio non si da, d’altra parte, come un reticolo topo- grafico predeterminato, ma prende forma dal movimento reale ¢ risente del- | le suggestioni leticrarie di cui lautrice si nutre fin dalla giovinezza. Non stupisce, dunque, il suo programmatico ostentare una mancanza di chiare | coordinate geografiche anche laddove queste s"intersechino in un luogo | abitato e amato come la Confederazione Elvetica. ' Quasi per un sottile, autoironico contrappasso, la Vivanti concede alla ‘ Protagonista del suo primo romanzo, Marion artista di caffé-concerto it (1891), un viaggio in una Svizzera personale ¢ fiabesca, lontana dallo ste- i reotipo offerto delle guide turistiche ¢ ricostruita fantasiosamente sui sogni i d’evasione della fanciulla: La Svizzera prendeva nella sua mente contorni strani e forme indefinite. Un al- | tro paese! E ne’ suoi ricordi la vedeva, sulla carta geografica, nettamente separata \ dal’ Italia con una riga color rosa, mentre IItalia era verde pallido. E tutta la Sviz~ | zera, cosi piccola, aveva quel colore di rosa sbiadita. \ Non ne aveva un pensiero ben chiaro: soltanto, sentendosi stanca, decise di non | dormire in diligenza, per vedere quando si sarebbe passato sopra quella linea che i c’era tra I’Italia verde © Ja Svizzera rosa”, ‘ Nell’immaginazione ingenua e sentimentale della piccola viaggiatrice, ; Ia Svizzera degli atianti gcografici é un luogo poetico disegnato, in base al- le scarse conoscenze adolescenziali, nei toni pastello di un mondo artificia- le ¢ inattingibile pexché fibresco. Il paese dei manuali e delle guide turis * Anne Urbancic, Picturing Annie's Egypt. Terra di Cleopatra by Annie Vivanti, in «Quaderni d’Italianistican, 2006, vol. XXVUI, n. 2, p. 93. ' Cfr. C. Caporossi, «Un nuovo canto audace e forte». Un percorso da Lirica a Annie Vivanti, in A. Vivanti, Tutte le poesie, cit., p. 95 € A. Urbancic, Picturing Annie’s Egypt, Ccit,, pp. 93-94, Michela De Giorgio, Le italiane dall'unita a ogi. Modelli culturali e comportamenti sociali, Laterza, Roma-Bari 1992, p. 140, nota 159. "2 A. Vivanti, Marion artista di caffe-concerto, a cura di C. Caporossi, con una nota di Anna Folli, Sellerio, Palermo 2006, p. 53. 203 So TN che svanisce al primo contatto, qualora lo spazio astrattamente circoscritto dalle carte sia privo di riferimenti affettivi e alla fredda griglia topografica non si sostituisca una mappa del cuore, tracciata con contorni femminili nel segno dell’amore sororale. Cosi accade che per la giovane Nancy, protago- nista dei Divoratori (1911), V’Italia senza l’amica Edith non sia che «una macchietta verde ed un nome sulla carta geografica, ma in realta non esiste affatto!»'?, Ma per Marion il piacere del viaggio non sta ancora nella scoperta di luoghi sconosciuti, e tanto meno nell’allontanamento liberatorio dalla sua quotidiana esistenza; nasce dall’occasione di gettare uno sguardo decentra- to sul mondo in un gioco reversibile di osservazione e offerta di sé agli oc- chi concupiscenti dei passanti. Le giomate elvetiche della piccola «vaga- bonda»"* iniziano all’alba, quando Marion si avvia alla strada maestra per guardare viandanti, turisti e operai che «sostano meravigliati al vederla pas- sare rapida, cosi solitaria ¢ tanto bella!»'*: «Essa, all’ora in cui passava la diligenza, amava mettersi ritta ad uno svolto brusco della strada, dove le vetture giungendo la vedevano a un tratto, inaspettata come una visione»'*. Il senso primo del viaggio sta nell’esporsi allo sguardo altrui in attesa dincontri che traducano in una realta potenziale il sogno d’amore fiabesco narratole dalla madre («la bambina interrompendo — Mamma, racconta an- cora della via lunga lunga, e come lei andava, andava, andava, fino a trova- re il castello del re!»'”), L’altrove diventa un luogo d’attesa e d’inquicta aspettazione sempre trasferibile, sul piano dell’immaginario, in un paese ulteriore, mai definitivamente individuato e conquistato, perché |’incontro con I’uomo dei sogni (il figlio del re, nella fiaba materna) porrebbe termine al viaggio che é il solo spazio di liberta concesso alla donna. Cosi Nancy, nei Divoratori, configurera la sua Svizzera, poetica e ideale, come luogo di fuga in una natura silvestre incantata e trasfigurata da un ingenuo spirito animistico che istaura un muto e gioioso dialogo tra la donna e gli elementi inoffensivi del paesaggio boschivo: «Conosco ed adoro ogni roccia ed ogni ciottolino della Svizzera; conosco ogni pino in ogni foresta; ed ogni scoiat- tolo su ogni pino. Ho percorso ogni serpeggiante via moestra, che s’attorciglia come uno svolazzo di nastro bianco ittorne i Ganchi austeri "3 Bad., J divoratori, a cura di C. Caporossi, con uno scritto di Georg Brandes, Sellerio, Palermo 2008, p. 118. 1 4. Vivanti, Marion artista di caffé-concerto, cit., p. 55. 5 Ivi, p. 54. "© tbidem. "7 La madre racconta alla la casa della cola Marion Ja storia archetipica di una ragazzina che lascia gna per raggiungere il castello del re (ivi, p. 53) 204 delle Alpi. Sono fuggita da ogni blanda prateria»'®, Lo sguardo della viag- giatrice conferisce un movimento serpentino allo sfondo rigido e severo dei ilievi montani ¢ la presenza femminile si fa ‘svolazzo’, arabesco, creativo ingentilimento del mondo. Nancy sta scrivendo a un ignoto ¢ lontano am- miratore e si sforza di presentare un’immagine ideale di sé e della sua pre- disposizione al viaggio: _ Sono molto simpatica in viaggio. Sono sempre di umore uguale, e porto dei ve titi color sorcio che mi fanno delle piccole spalle fragili patetiche, e la vita sotti- le. Tutto cid & importante viaggiando; perché fa perdonare le mille e mille valigie e valigette che porto nello scompartimento, e le cappelliere che perdo, ¢ gli ombrelli che dimentico. Anche la gente che, per principio, brontola sempre, diventa indul- gente ¢ amabile quando vede che ho un vitino piccolo e I’aria trasognata ed un cappello che mi sta bene, E facchini e guardiafreni e conduttori, tutti mi adorano! L...] Poi, in viaggio non ho mai sonno. Metto gid la testa non importa dove, e dor- Mo come un gatto cinque minuti. Poi mi risveglio allegra e ragionevole e di buon umore. Si, si; credo che veramente vi piacerebbe di avermi in viaggio con voi". Il falso autoritratto, destinato a essere ben presto demistificato dal «Cher inconnu», propone un’attitudine che ritroveremo nelle pagine di Terra di Cleopatra: la Vivanti si presenta al lettore come una viaggiatrice anomala, estranea a una fruizione convenzionalmente turistica dei luoghi visitati”? e propensa a intendere il viaggio come ricerca di un incontro autentico con Valtro. Di qui la necessita, tutt’altro che superficiale ed esteriore, di adotta- re uno stile comportamentale ¢ un dress code atti a suscitare empatia e a destare negli altri il bisogno di soccorrere I’indifesa viaggiatrice. I] suo ve- stiario dimesso, sobrio e quasi umile nella sua apparente trascuratezza, & inteso come adozione di un atteggiamento di sincera apertura a un mondo altrimenti osservato, in prospettiva maschile, dall’altezza della superiorita di razza e di classe. L’abbigliamento rinuncia consapevolmente agli em- blemi della civilts di appartenenza, alle sue insegne predatorie e coloniali- ste, per avviare un ciatogo interculturale rispettoso e compartecipe”. * A. Vivanti, { divoratori, cit., p. 365. vi, p. 364. % ‘Si veda un’altra incidentale notazione di Nancy, che a Capri ironizza sull’ «onnipresenza di copie tedesche svenevoli € sconvenienti» ¢ di «comitive inglesi coi Baedeker sotto il braceion (ivi, p. 401). 2! La Vivanti é sempre molto sensibile ai codici dell’abbigliamento. Prepararsi al viag- gio comporta al contempo una spogliazione (la scelta di abiti connotati da una disarmante umi}ta) ¢ un travestimento, ovvero la vestizione di un’armatura contro le insidie e gli agguati de!"ignoto, Si veda il caso della piccola Myosotis (Naja Tripudians): perduta in una Londra dclinquenziale, per difendersi ricorre alla sua modesta mise da viaggio, «il disprezzato abito turchino scuro, un po’ polveroso, un po’ usato, un po’ logoro; ma chiuso e corretto e opaco e 205 E da questo sentimento del viaggio che nasce l’odio della Vivant Frinsegnamento delle discipline geografiche impartte, tra Ottocento e No" vecento, ai giovani, futuri colonialisti europei € trasmessa in Sedicesimo ak le fanciulle come repertorio di pregiudizi razzistici. Questa idiosincrasia g gia presente in Lirica, dove si manifesta in un irtiverente € infantile geste biblioclasta: Vieni. Ti condurrd meco lontano. La casa é stretta, vieni fuori! fuori! Lascia il pigro sognar, lo studio vano, E getta i libri in testa ai professor. Tu meno studierai: seri ed attenti Viaggiando imparerem Geografia”. Secondo il sistema formativo anglosassone, sperimentato dalla scrittrice ¢ dalle sue eroine, il mondo non pud e non deve essere conosciuto se non vagamente, quel tanto che basta a legittimare un indefinito anclito allo sconfinamento in regioni inaccessibili ma sempre a portata @immaginazione. Perché il viaggio reale é all’insegna del pericolo e il con- tatto con l’ignoto conduce fatalmente allo smarrimento. II compito di neu- tralizzare l’estinto all’erranza, per sublimazione e trasfigurazione poetica, & solitamente affidato alle istitutrici, come la Fraulein che, nei Divoratori, cura I’educazione della piccola Nancy e, in luego di una corretta informa zione geografica, offre alla ragazzina una visiovie cosmologica fiabesca, ma densa di inquietanti allusioni intese a inibire i! icsiderio d’evasione: Fraulein nelle sue lezioni di ieri le aveva insegnato un fatto meraviglioso: aveva detto che il mondo era una stella: una stella rotonda, oscillante nell’azzurro, con altre stelle tutto all’ingiro. [...] Ma dunque, se andava all’orlo del mondo, proprio decente» (A. Vivanti, Naja Tripudians, introduzione di Cesare Garboli, Mondadori, Milano 1970, p. 147). Altrove (Vae victis!) la storia pud operare con maggiore, perversa violenza la sua profanazione dell’universo muliebre, perché le fanciulle, inconsapevoli del male che domina il cuore degli ‘uomini-lupo’ (le truppe tedesche pronte a invadere il Belgio), si l= sciano trovare nei loro abiti da ballo, graziosi e ingenuamente seducenti, dando occasione ai loro carnefici di oltraggiare il corpo e l’anima delle donne del nemico con un esaltato sadi- smo, "n , ; ‘A. Vivanti, Romantica, in Ead., Tutte le poesie, cit., p. 209. Ma si veda anche il com Ponimento di Arturo Colautti, Annie in «Cronaca Partenopea», a. XI, n. 26, 28 giugno 1891, p. 1; ora in A. Vivanti, Tutte le poesie, cit, p. 276: «A te la vita nomade fu scol». Rasestlusione delle donne dalle discipline geografiche rimando al bel volume di Luis Diabasis, Regalo Lee oe "nesicicl eografe, presentazione di Marghetia Hack 206 fino all’orlo, 1a dove la curva della terra comincia a scendere, si s ” vte Pa gendosi un poco (ed aggrappandosi forse ad un albero per non cadere!) joarde gh nel cielo e veder le altre stelle, sospese sotto di sé! " 8 Subito Nancy senti che bisognava che ella andasse fino all'orlo del mondo a guards [...] Fu cosi che Nancy usci dal suo giardino, per andare all'orlo del mondo”. Esulare dallo spazio convenzionale della vita mulicbre (qui evocato co- me giardino, hortus conclusus, ma sempre descritto, nei testi della Vivanti. come oasi idilliaca lontana dalla violenza della storia)“, é rischioso in quanto presuppone uno sporgersi, ovvero esporsi al mondo ¢ affrontare il rischio della caduta. Per questo la contemplazione dello spazio virtualmen- te percorribile pud generare agorafobia e terrore dell’infinito. Nancy con- fessera all’amica Clarissa di odiare le stelle: Vorrei essere certa che a un dato punto non ve ne fossero piil!... Vorrei sapere che smettono, che terminano! Mi fa troppo terrore il favoloso Nulla al di la dello Spazio illimitato — il perpetuo Giammai al di la dell’Eternita senza fine. Vorrei che ci fosse una muraglia intomo all’universo, un baluardo che ci rinserrasse tutti sani € salvi, lontani dal terribile Infinito!”*. Quando Ja perdita (economica, affettiva, morale) interviene a violentare lesistenza quotidiana, lo sradicamento geografico, forzato o volontario, di- venta uno «spaventoso sogno» ¢ il «viaggio atroce»”® prende la forma di un vano girovagare in metropoli estranee e inospitali. Alla Nancy dei Divora- tori tocea in sorte di conoscere le sofferenze degli emigranti italiani a New York; gid a Parigi, sola tra gente che «non aveva mai sognato potesse esi- stere»”’, prova uno strano «senso di solitudine e di paura»: «Le parve di es- sere sola nel mondo, ¢ piccola, ¢ derelitta, con nessuno che avesse cura di lei»*®, Ma é proprio grazie a questi spostamenti coatti che, dopo aver inu- tilmente ricercato in una Sgura imaschile (il marito Aldo) un «baluardo» 3 A. Vivanti, / divoratori, cit., p. 93. Questa esperienza formativa verra fatalmente ri- percorsa dalla figlia di Nancy: «D’aritmetica Anne-Marie capiva poco. Di geografia niente» ivi, p. 367 ef ule fanzione pedagogica del tema nella narrativa vivantiana cfr. Andrea Molesini Spada, Idillio e tragedia: verifica di uno schema, in Dame, droga e galline. Romanzo popo- lare e romanzo di consumo tra Ottocento e Novecento, a cura di Antonia Arslan, Unicopli, Milano 1986, pp. 241-256. 25 a. Vivanti, / divoratori, cit., p. 184. 6 Wi, p. 262. a 77 Wi, p. 193. 28 Ivi, pp. 194-195. 207 contro i pericali dell esistenza, la donna prende cossionza della necesst g uistare una completa autonomia economica, intellettuale ¢ morale, wea trove Annie Vivanti conduce le sue protagoniste agli esiti estremj de} viaggio come caduta. Per Maria Tarnowska (Circe, 1912) Pesistenza é yy cossessivo, allucinato peregrinare da und: 9p) ital della mondanita euro all’altra; e, in questo disperato tentativo di fuga dai suoi Persecutori ¢ daj propri fantasmi mentali, i paesaggi turistici vengono percepiti come mere illusioni ottiche (forme distorte di una nevrosi accentuata dall’uso delle droghe) 0 come uno sfondo indistinto che lascia insensibile la Viaggiatrice patologica e la esclude dal godimento, superficiale ma gioioso, di monu- menti e opere d’arte: Non si era pitt come l’altra gente, la gente che incontravamo in viaggio e negli alberghi: gente che s’interessava al paesaggio, alle opere d'arte, ai monument Non andavamo mai a vedere cattedrali. Noi non c'interessavamo che alle nostre proprie anime dolorose. Eravamo come chi viaggia con un ammalato e non pensa che a lui, e non guarda che lui. E |’ammalato era l’anima nostra”. Circe, nella forma ibrida di un reportage romanzato inteso a Tipercorre- Te la carriera delittuosa di questa protagonista della cronaca nera d’inizio Novecento, si presenta come un excursus della stessa scrittrice, che nella cornice del testo compie un viaggio circolare. La narrazione viene avviata col distacco della Vivanti dal proprio sicuro mondo familiare ¢ poetico, rie- vocato dal «verdant landscape of Tuscany» (un omaggio al cantore delle Odi barbare?)” attraversato in treno e percepito con gli occhi ancora inno. centi della piccola Maria. Nell’epilogo del romanzo-inchiesta, dopo la lun- ga confessione della nobildonna russa, la Vivanti riprende la parola e, di nuovo, in viaggio, ma verso casa: al percorso circulare della narratrice, da casa a casa, secondo una sana dimensione del viaggio «li Conoscenza come momentanea, legittima uscita dai consueti confini mondo femminile, corrisponde il lineare descensus Inferi della «Circe modernay”!, una «deva. statrice»”” destinata a passare dalle grandi hall degli alberghi europei, dalle ampie sale da gioco e da ballo animate dalla mondanita cosmopolita, alla stretta cella del penitenziario di Trani. ® (. Vivanti, Circe. I! romanzo di to/Novecento, Milano 2011, p. 127, * Cosi nell'edizione inglese del romanzo (A. Vivanti, Maria Tarnowska, with an intro- ductory letter by Professor L.M. Bossi of the University of Genoa, The Century Co., New York 1915, p. 3), mentre in quella italiana la narratrice attraversa, pid verosimilmente, «i verdi campi della Puglia» (A. Vivanti, Circe, cit, p. 11), 3" A. Vivanti, Circe, cit,, p. 175, 2 Wi, p. 14. Maria Tarnowska, a cura di C. Caporossi, Ot- 208 In Vae Victis! (1917) V’emigrazione della donna, che nasce come un di- Sperato tentativo di rim uovere i traumi prodotti dalla brutalita maschile (la violenza carnale subita da Louise e dalla giovane cognata Chérie durante Vinvasione tedesca del Belgio), Minvasione tedes da occasione alla scrittrice di contrapporre amanita Continentale, appassionata ¢ Pictosa, lo stereotipo vivantiano dell Englishness, Connotato da una mancanza di compartecipazione affetti- va radicata nel common sense ma suscettibile di essere destituita di senso nel contatto con la vita e con la storia. In questo romanzo le donne inglesi paiono non potersi emancipare da un’educazione fondata sulla xenofobia e sulla legittimazione della Politica colonialista. E ‘straniero’ tutto cid che appare ‘volgare’ 0 ‘sconveniente’. La sanita morale sta nella chiusura alPaltro, nell’angustia dell’orizzonte culturale e nel Tifiuto di confrontarsi con il mondo esterno: «Quando si vive tanto tempo all’estero [...] c’& sem- Pre qualcosa sotto! E poi questa ‘ristrettezza d’idee’, non @ quasi sinonimo di ‘nobilta idee? [...]2»*3. Per la ‘Vivanti viaggiare significhera liberarsi e liberare le donne del suo tempo dai pregiudizi colonialisti che sono alla base dell’educazione impar- tita alle fanciulle. Per le piccole Myosotis e Leslie, protagoniste di Naja Tripudians (1921), una corretta e completa conoscenza geografica del mondo va esclusa, perché rischierebbe di compromettere la fede nell’immutabilita degli imperi e nella supremazia inglese: I loro studi di Geografia si limitarono ai nomi dei continenti, dei mari e delle 37 contee d’Inghilterra; tutto il resto, visto le condizioni incerte e tumultuarie dell’epoca presente, era inutile impararlo, perché le cose potevano cambiare ogni giorno. [...] Impararono che il mondo é rotondo e appartiene agli inglesi; che gli Oceani sono vasti e appartengono agli inglesi; che gli inglesi permettono — genero- samente — ad alcune altre nazioni di vivere nel mondo, ¢ ad alcune altre navi — poche! — di navigare sui mari. Impararono che bisogna odiare i tedeschi, disprezza- re i latini, e aver schifo dei negri. [...] Impararono che il sentimento é una cosa volgare; che é ridicolo commuoversi, che é indecoroso entusiasmarsi....*. Ma V’ostentata freddezzs ar nifestazione di una chiusura all’altro funzionale allo sviivppe c: sentimenti radicalmente colonialisti, produce i suoi mostri: le fanciutte, ei pericoli del mondo, sono esposte all’aggressivita dei «rettili modecain che abitano il cuore della ci- vilta europea. Il loro vagare «fantastiche e sognanti in un mondo d’azzurre irrealta», alla ricerca di un diaiogo gentile «con le cose immateriali e ina- ® Bad., Vae Victis!, Quintieri, Milano 1923°, pp. 110 € 112. * Bad., Naja Tripudians, cit., pp. 34-35. 209 nimate»*, termina tragicamente in una Londra labirintica ¢ te ve il reato (la pedofilia) & possibile anche grazie alla cecitg late, dy adulti, arroccati nella loro presunzione di dominator} del ‘ale deg, f ruscita dal paradiso agreste della campagna inglese & inevitabne™- Ma viaggio & quintessenza della vita ¢ insopprimibile impulso: «fj fic, il possono fare che un volo, uno solo! in tutta la loro vita! Appena fat ton lato, muoiono. [...] al loro posto che cosa fareste? Volereste? (a Wo fermo per non morire?»**. © 9 Staresie Si deve convenire con Cesare Garboli che la Vivanti, anche eo trice di viaggi, cha un doppio sentimento della realta: supe cia ; volto come quello di una giornalista avvezza a tutti i retroscena de] isin e intimo e smarrito come quello di una bambina pronta a Scoppiare i ghiozzin"”. Le sue viageiatrici si muovono spinte dalla tendenza, din infantile, a trascrivere i dati dell’esperienza entro la cornice de] sogno at le impressioni letterarie™*; ma, al contempo, vivono I’erranza come moi : to di emancipazione personale (col rischio di una caduta) e denunci dell’aggressivita colonialista. ta Elegie egiziane Questo duplice sentimento anima il diario egiziano della scrittrice, Terra di Cleopatra (1925), pubblicato nella collezione mondadoriana di «Viaggi e grandi imprese» con un corredo di trentadue fotografie in bianco e nero su tavole fuori testo”. L’edizione ha pretese d’eleganza: la raffinata copertina bianca illustrata da Cisari presenta un ficgiv, policromo ma dai delicati toni acquarello, che riproduce, con tratto grafico sottilmente stilizzato, la faccia- ta di un antico tempio; in primo piano ngi, poste di profilo, fanno guardia con fare tutt’altro che minaccioso, che, semmai, paiono illuminate | da un sorriso beffardo, placido ¢ distante. Non @ irrilevante che l'esemplare della princeps da me posseduto porti un’indicazione di proprieta per mano 3 Ii, p. 37. % Ivi, p. 120. 37 C. Garboli, Annie Vivanti, in A. Vivanti, Naja Tripudians, cit., p. 15. 3* Si veda Francesca, turista americana in Italia (¢ altra proiezione autobiografica della Vivanti), che a una Guida di Firenze e dintorni ¢ al Baedecker’s. Italy preferisce l'Inferno come vademecum di un viaggio a Rimini, terra natale della Francesca da Polenta cantata da Dante (A. Vivanti, Perfeta, in Ead., Racconti americani, a cura di C. Caporossi, con ut nota di A. Folli, Sellerio, Palermo 2005, p. 30). : 9 A. Vivanti, Terra di Cleopatra, Mondadori, Milano 1925. Le fotografie appaiono in late rispetto al racconto del viaggio, quasi cartoline aggiunte dall’editore in ossequio convezioni della collana. Cfr. A. Urbancic, Picturing Annie's Egypt, cit., p. 104. 210 See ee Pere teen ere ee ec eel Ne eas A, rus iy: perso Tes di una donna («Gina Abrizzio, Agosto 1926»), a testimoniare, come spesso capita per i libri della Vivanti, che le sue opere vengono avvertite come fa- centi parte di un canone femminile gia alla loro uscita (altri volumi portano dediche di amiche ad amiche)*. _1l libro viene anticipato sulla «Stampa»"' secondo la strategia di lancio di cui la Scrittrice gode grazie alla sottoscrizione, nel settembre del 1924, di un Vantaggioso Contratto con la Mondadori, editore intenzionato a immette- re la Vivanti in un mercato orientato alla «promozione di una narrativita Tomanzesca dalle caratteristiche modernamente commerciali € con solide Prospettive di sviluppo e unificazione funzionale della compagine dei letto- tiv’. L’inclusione nella collana dei «Viaggi» costringe la scrittrice a sotto- mettersi alle convenzioni del genere odeporico di primo Novecento. Nella Tielaborazione dei materiali la Vivanti conferisce al suo diario una struttura narrativa ben meditata: temi e situazioni si Susseguono secondo una dispo- sitio corrispondente all’itinerario della viaggiatrice, ma vengono collocati anche secondo un evidente principio di variatio, nell’alternanza tra indica- Zioni turistiche e storico-archeologiche, pagine di impegno socio-politico, momenti d’espansione lirica e di meditazione sul mistero della morte, epi- sodi dal carattere giocoso o schiettamente comico, tra il canzonatorio (nei “° La mia copia del romanzo Mea culpa (Mondadori, Milano 1930) porta parimenti una dedica manoscritta: «Con affetto sincero, perché col passare del tempo non ti dimentichi delle amiche / Maria Silvestri / Lara Santini / Pisa 25 Novembre anno X era fascista». “' Terra di Cleopatra, che porta come data di stampa il 20 novembre 1925, raccoglie gli articoli (ma si trattera piuttosto di anticipazioni del volume) pubblicati tra il 14 gennaio e il 24 settembre 1925 sulla terza pagina della «Stampa» di Torino, nella rubrica «Dalla nostra inviata speciale» (indico tra parentesi la collocazione in volume): Una scritirice italiana in Egitto. Deserto, 14 genn. 1925 (I. La partenza, pp. 9-18); La traversata, 23 gen. 1925 (II. La traversata, yp. 19-25; II]. Howard Carter e il suo canarino, pp. 26-32); L'arrivo (IV. Larrivo, pp. 33-37; V. Maitinata ai Cairo, pp. 38-45); L’eterna silenziosa, 7 febbr. 1925 (VI. Nel Meno-House ffotel, pp. 46-50, VII. Le piramidi di Ghizeh, pp. 51-55; VIII. L'eterna silenziosa, wp. 56-58), Saad Pascid Zagloul, 17 febbr. 1925 (IX. Una visita a Zo~ gloul Pascia, pp. 59-65; X. £ inczisto d'un nome..., pp. 66-73); Isola Elefantina, 5 marzo 1925 (XL. L'Isoie “32; XI Vaticinio nella sabbia, pp. 83-88); Scorpioni e serpenti, 24 marzo 1925 3 oypisni e serpenti, pp. 89-95; XIV. L incantatore, pp. 96- 103); L’agonia di File, 34 i925 (XY. Gita a un'isola moribonda, pp. 104-114; XVI. L/agonia di File, pp. 15-118}: legia desertica, 5 giugno 1925 (XVII. Elegia desertica, pp. 120-130); Verso Tebe dalle conto porte, 1° luglio 1925 (XVIII. Un commiato, pp. 133-137; XIX. Coccodrilli, pp. 138-147); Il funereo “Harem” delle regine, 11 agosto 1925 (XX. It funereo Harem delle regine, pp. 148-159); Addio Egitto, terra d’incanti, 24 sett. 1925 (XXII, La vallata dei Re, pp. 176-187). Un estratto del volume (Elegia desertica) venne ri- pubblicato a fini promozionali in «La parola e¢ il libro», fasc. 2, febbraio 1926, pp. 41-44, Terra di Cleopatra fu in seguito ristampato da Mondadori (1929 e 1943) e tradotto in arabo € olandese: Ard Kiliwpatara, trad. di Taha Fawzi, Matba’at Al l'timaad, Tl Cairo 1927; Het Land van Cleopatra, trad. di Ellen Forest, Foreholte, Voorhout 1927. ® Bruno Pischedda, Annie Vivanti, in «Belfagor», 1991, p. 49, nota 46. E 211 confronti dei goffi turisti occidentali) ¢ Pautoironico. Il testo meseolg qo. autobiografici e finzione letteraria, come gia avviene, a contrario, ne Tae. conti americani, dove la verisimiglianza é ottenuta con lo stratagemma di fare della narratrice la protagonista del viaggio”. Il volume si apre con un movimento in prolessi, 0, se si vuole, con sorta di pseudo-incipit in medias res. L’espediente, forse ispirato alle tecnj. che del montaggio cinematografico™, trasferisce su terra egiziana Tanelito al viaggio come incantamento: To certo sogno, Non é possibile che sia vero quanto mi accade!... Mi pare che ip stia facendo uno di quei sogni stravaganti e pazzeschi che, al mattino, quando si vorrebbero ricordare e raccontare, sfumano, si confondono, dileguano nella piiy in. sensata incoerenza. A momenti mi sveglierd nella mia placida villetta sulla colina, e la fedele Mar. gherita, battendo piano alla porta mi dira: — Signora, sono le sette”. Il frammento onirico, che vede la Vivanti incredula nel trovarsi su un cammello, nel cuore del deserto ¢ gia diretta alla Valle dei Re, viene Tipor- tato a realta dagli otto gatti di giada verde che la narratrice tiene nelle mani, Lungo tutto il racconto gli amuleti raccolti in viaggio (dalla collana d’ambra ricevuta da un mercante d’Assuan, al piccolo cerchio d’avorio get- tatole in grembo da una donna nel deserto roventte) assumono Ia funzione di ristabilire il contatto tra tempo dell’esperienza e tempo della scrittura: «Li ho davanti a me, mentre scrivo, tutti quei doni [...] € fa loro vista mi intene- risce il cuore»®*, Entro la cornice lirico-onirica si dipana Ia nar: we del viaggio, riordi- nato a posteriori in ventidue capitoli racchiusi in ire partizioni corrispon- denti alle grandi tape del percorso ¢ ai diversi voiti dell’Egitto antico ¢ moderno (Verso gli inviolati silenzi del deserto, Presso le scroscianti cate- ratte del Nilo, Tra gli eterni splendori di Tebe). La narrazione viene avviata da un vivace dialogo, nel quale la Vivanti, giudicando «orrendo» un cappel- Jo parigino dell’amica Flora, rivela il suo stato di apatia patologica, un ma- lessere curabile, stando al suo medico, con una fuga dal «rumore, turbine e © A. Urbancic, Picturing Annie's Egypt, cit., pp. 93-94, “ Sul rapporto della serittrice con i cinema nascente eft. B. Pischedda, Annie Vivanti, cit., p. 59. E, in genere, i suoi lettori non mancano di rilevare il ricorso a tecniche narrative d'impronta cinematografica (cfr., in particolare, Lorenzo Giusso, Annie Vivanti, in Id., viandante ¢ le statue, Corbaccio, Milano 1913, p. 58; G.A. Borgese, Un romanzo di Annie Vivanti, cit., p. 233). * A. Vivanti, Terra di Cleopatra, cit., p. 9. “ Wi, p. 68. 212 tumulto»? della mondanita occidentale. L’espediente del viaggio terapeuti- co non nuovo nel genere odeporico® ma rischia di limitare il Tacconto egiziano alla ricerca di solitudine nella nudita assolata del paesaggio deser- ico. Terra di Cleopatra pare invece ideato per un ampio pubblico che chiede di vivere attraverso la lettura un’esperienza totalizzante: alla prota- gonista si aggrega una spensierata brigata di amici e parenti, che, abbando- nati subito dopo l’arrivo nella terra dei faraoni, verranno ritrovati alla fine del viaggio come testimoni di altre modalita, turistico-mondane, di fruizio- ne dell’Egitto. Quello che Annie Vivanti si rifiuta di vedere (i Iuoghi d"interesse del turista convenzionale) viene osservato, vissuto e raccontato dai suoi connazionali. Bazar, harem veri o fittizi, fumoir d’oppio, siti ar- cheologici visitati alla ricerca di «emozioni artistiche»® sono evitati dalla Protagonista, che segue un doppio itinerario nello spazio e nel tempo, tra la ricostruzione di un Egitto mitico e P’interesse per le sorti della nazione mo- dema. Questi temi danno Iuogo a episodi che vedono intervenire personag- 81 contemporanei alla ribalta della cronaca giornalistica: tra gli altri, Ho- ward Carter, recente scopritore della tomba di Tutankamon (novembre 1922) e qui soggetto di un ritratto caricaturale da contrapporre al pit serio Profilo dell’archeologo italiano Ernesto Schiapparelli, ¢ Saad Zaghloul, il nazionalista egiziano conosciuto dalla Vivanti in occasione della conferen- za di Versailles (1919) ¢ gia agli arresti domiciliari perché ritenuto respon- sabile dell’assassinio di Sir Lee Stark (novembre 1924). Sul piano narrativo il percorso assume, come capita spesso nella narrati- va della Vivanti, un carattere circolare, da deserto a deserto. Il testo si chiu. de, con un’impennata poetica, nella stessa atmosfera sognante che avvia Pescursione egiziana nella prima pagina del volume: Con questa visione, in questi sogni, io ti la Come un immenso susurro, cote un gi Sahara e passa turbinando sonra le sash E forse lo spirito del Ueserio « O Egitto, terra di poesia, te, io, Egitto, terra di splendore. [...] 0 frusciar d’ali sorge il vento del + addio!®?, II deserto, spazio lirico di isot luogo dove maggiormente si ento ¢ liberta creativa’', rappresenta il erciia il «fascino delle solitudiniy gia vissu- “Wi, p. 13. “ Cfr. Adriana Valerio, Introduzione, in Donne in viaggio. Viaggio religioso, politico, Imergforico, a cura di Maria Luisa Silvestre ¢ A. Valerio, Laterza, Rome Bast 1999, p. XI. A. Vivanti, Terra di Cleopatra, cit., p. 16. Wi, pp. 186 € 187, 213 i ~~ to dalla narratrice di Zingaresca nelle sperdute praterie texane. In quel mar, pietrificato, «reso immobile dal tocco di una bacchetta magica», la prot, gonista ¢ il marito si propongono di avviare una fiorente attivita di alleva. mento del bestiame. Ma l’abbandono della vita europea, «falsa ¢ cony, zionale», ¢ la ricerca di un contatto con la «primitivitan” della natura set. vaggia fanno parte di una scommessa «romantica» che fallisce sul piang economico e come progetto di vita. Il viaggio non pud risolversi in un ap. prodo definitivo, perché l'esistenza stessa é reiterata dislocazione. Annie Vivanti é «di guelle nature che lasciano cadere le cose non appena le abbia- no raggiunte»”*: a ogni allontanamento dalla civilta deve seguire un ritorno, La narratrice decide di concludere il soggiorno americano cosi che in Sviz. zera (tanto per cambiare) la figlia Vivien possa ricevere un’adeguata edu- cazione geografica e trovare «delle altre mucche, delle mucche bene educa- te, con latte ¢ panna e campanello al collo»®*. Il deserto africano, proprio perché visitato in una parentesi temporale (due soli mesi), viene goduto pienamente come luogo di segregazione dalla compagine sociale europea. Sempre contemplato nell’ora in cui assenti so- no le masse dei turisti, ¢ celebrato dalla Vivanti come vastita, silenzio, soli- tudine, luce accecante, energia vivificante ¢ calore: il silenzio del deserto che non assomiglia ad alcun altro silenzio; un silenzio 1355 in cui si ascolta la muta voce dell’immensita”®. ... Sui due deserti, quello Libico d’un grigio un po” freddo, quello di Sahara tut- to d’oro incandescente come se racchiudesse in ogni sua molecola un’infocata scintilla di sole’”. L’aria del deserto é un’aria speciaic: ta; un senso di vitalita ardente, i! nella libera immensita®’, 1 la vespira prova una gioia quasi violen- di slanciarsi avanti e sempre pill avanti Svuotato di ogni forma di vita, i} Sahara proietta anche un reiterato me- mento mori sulle antiche vestigia mezzo affondate nelle sue sabbie, bagnate *" Com’é gia per la Nancy dei Divoratori, sedotta dai versi di Robert Browning (The Glove): «Anche lei, anche lei era gid a leghe nel deserto. Era gia lontana nell’immensa soli- tudine dell’ispirazione» (A. Vivanti, I divoratori,cit., p. 248). * Bad, Zingaresca, cit., p. 52. * Ii, p. 24, * ©, Garboli, Annie Vivanti, cit., p. 12. 5 Ii, p. 74. * A. Vivanti, Terra di Cleopatra, cit., p. 58. 57 Wi, p. 107. * ivi, p. 108. 214 dalla luce lunare o arse nello splendore del sole cgiziano. In questa dimen- sione spaziale, astratta e poctica a un tempo, la viaggiatrice ricerca Vincontro con l’umaniti che vive al di la del muro di razza ¢ classe, oltre Vasprezza indifferente degli inglesi, capaci di atti d’estrema violenza colo- nizzatrice. Ma gli interlocutori egiziani della Vivanti sono solo uomini. Le donne, rinchiuse negli harem o ridotte a un umiliante ruolo di sudditanza che la scrittrice non manca di registrare come una componente integrante e immutabile della civilta araba®, si sottraggono al dialogo ¢ a uno sguardo diretto; sono creature del silenzio condannate a un'immobilita rituale, «mi- steriose figure ammantate di nero», «funerce figure sull'abbagliante oro del paesaggion®. La ricerca di un modello di femminilita da opporre al ruolo decorativo © mondano della donna occidentale avvia allora un altro percor- 80, a ritroso nel tempo, secondo una dinamica di approccio all’ Egitto gradi- ta al grande pubblico degli anni Venti®". UI rinvenimento di una femminilita autentica, ¢, al tempo stesso, archeti- Pica, procede dalla ricsumazione di figure mitiche, a partire dall'«eterna si- Ienziosa», I’

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