07/10/2021 Silvia Basile Mat. 2007192 Corso di laurea in Filosofia
Il seminario è iniziato con il discorso della Professoressa Cremonesini sugli
omicidi di genere. Col tempo lo stereotipo della donna che “se l'è cercata” è scomparso in questo contesto. Dunque l’omicidio non viene più legato ad un fattore estetico, all’abbigliamento, al suo essere presumibilmente una femme fatale. Attualmente invece, la donna viene raffigurata dai giornalisti come “brava”. Ciò può sembrare un aspetto positivo, ma in realtà occulta una psicologizzazione di questo fenomeno che è invece sociale. La donna viene descritta come se fosse per natura fragile, come tratto psicologico. Questa diviene quindi la causa dell’omicidio. Mentre per descrivere l’omicida si usa la parola fragile, ma non lo è intrinsecamente, deriva da una degenerazione del sentimento. L’amore malato è la patologia di questo secolo e questa degenerazione trova la giustificazione nei comportamenti della donna che ad esempio abbandona l’uomo. I soggetti vengono mostrati nella loro fragilità; un uomo psicologicamente fragile uccide una donna fragile per natura. La donna dunque collabora al suo omicidio perché non riesce ad allontanare questo amore malato e non riesce a chiedere aiuto. In realtà questa è una falsificazione in quanto non viene data davvero importanza ai comportamenti della vittima. Il termine “raptus” viene utilizzato per descrivere questo tipo di eventi per ricondurre il profilo morale e professionale dentro il quadro di una normalità affettiva che si rompe. In effetti, i protagonisti della vicenda vengono presentati al TG con le loro foto, foto della loro quotidianità e normalità. Amore e vita di coppia subiscono una rottura di senso. Le donne vengono chiamate per nome e non viene descritta la loro vita, mentre gli uomini diventano protagonisti perché si parla dei loro valori, del loro modo di vivere, delle loro professioni. La rappresentazione del contesto in cui i femminicidi avvengono, racconta il contesto sociale. Molto spesso però le vicende vengono scollegate dalla società che diventa ornamentale. La comunità segue due tipizzazioni: - Comunità dell’odio (vuole espellere chi si è macchiato di questo delitto perché ha leso i valori morali della società); -Comunità della pietas cristiana (atteggiamento pietistico verso i protagonisti della vicenda, entrambi vengono considerati vittime dell’amore degenerato, non danno conto alle dinamiche e la donna diventa vittima due volte). Anche i media svolgono un ruolo significativo per la propagazione degli stereotipi di genere in quanto la misoginia è anche online. Sia il fruitore che il social, i media, usufruiscono della divulgazione di qualsivoglia linguaggio. Il digitale ha cambiato il nostro modo di comunicare e il sistema, che produce effetti sulla nostra vita. Il digitale fa in modo che rimanga tutto. La parola che descrive esattamente il cambiamento digitale è che è una dimensione relazionale dove distruggiamo e creiamo significati e relazioni. Nelle parole, nella violenza vellutata, stiamo costruendo una forma di vita potenziata dal digitale: si può parlare di un effetto cozza che prende la forma dell’acqua in cui è immersa. Bisogna dunque chiedersi in che acqua viviamo e prendiamo forma, che acqua stiamo creando, di quale qualità. Il tema della violenza del linguaggio deve essere affrontato da questo punto di vista.