Sei sulla pagina 1di 1

Il Museo della Rivoluzione

La nota del regista sul 2+1 channel film – scitto da Srđan Keča

L’esposizione di Vjenceslav Richter sul progetto del 1961 per il palazzo del Museo della
Rivoluzione inizia così:

“Lo scopo e l’idea del museo è di salvaguardare la verità su di noi. Da qui deriva la
sua straordinaria importanza che ha trovato conferma nella posizione assegnata.

Pertanto è impossibile affrontare la soluzione del problema con un arsenale di


nozioni convenzionali sui musei, nonostante quanto valide possano essere soluzioni
derivate da lì.

La realizzazione del museo della Rivoluzione deve esprimere un’idea grande e


pervasiva.

La nostra idea e l’idea su di noi.

E’ talmente nostra quanto è nuova e autentica.

Nuove idee sorgono dalle verità fodamentali e ne incrementano.“

I sei brevi paragrafi, letti come una poesia, immediatamente accelerano il cuore, se uno sa il
destino del Museo e del suo palazzo. Per chi è nato e cresciuto in Jugoslavia, è un po’ troppo
logico che un progetto del genere non si è nemmeno avvicinato alla sua piena espressione.
Molto similmente come nella Via dei Coccodrilli di Bruno Schulz, l’intensità si dissolve, le
possibilità svaniscono, “i grigi, folli papaveri dell'eccitamento si riducono in cenere“.

Eppure, una vita nascosta persiste tra quel cenere. I’interrato rimanente diventa una camera
oscura, completando, in un modo perverso, quel compito di Richter di “salvaguardare la verità
su di noi“. Gli echi della città, da poco in sviluppo, risuonano attraverso i vasti e bui corridoi.
Quelli che vivono dentro mangiano, dormono, giocano, si battono e a volte si amano. Il sole si
dissolve proprio come è apparso. Ogni sera una vecchia signora accende il fuoco, come se
fosse il suo cusotode dell’anima.

All’estremità oposta, sul terzo schermo, un diagramma tridimensionale del Museo è stato
costruito, nella sua ubicazione originale – una spettrale traslazione del progetto del 1961,
tanto fluida, mutabile e impermanente quanto i tempi in cui viviamo.

Potrebbero piacerti anche