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Lavoro di tirocinio

S. Tramma: “L’educatore imperfetto. Senso e complessità del lavoro educativo”

Anno Accademico 2009-2010

Zancai Martina

Consegna A

LA FIGURA DELL’EDUCATORE PROFESSIONALE:

 “L’educatore, operatore primario della contemporaneità, è chiamato a occuparsi delle


diverse forme e delle differenti qualità della vita vera delle persone.” (pag.7)

 “L’educatore si confronta con percorsi caratterizzati da incertezza, equilibri precari,


movimento perenne, ridimensionamento di solidi quadri di riferimento teorici.” (pag.7)

 “La figura dell’educatore professionale è una figura costitutivamente incerta, alle volte quasi
sfuggente, costantemente in via di definizione, restia a qualsiasi tentativo di stabilizzazione
all’interno di una rassegna esaustiva di compiti e funzioni.” (pag.11)

 “Costante messa in discussione del proprio orizzonte di finalità, delle esperienze di vita,
degli obiettivi, dell’universo dei soggetti ritenuti destinatari e/o co-costruttori dell’azione
educativa.” (pag.12)

 “L’educatore è incerto perché l’educare è stato ed è sempre incerto.” (pag. 12)

 “L’incertezza non può non considerarsi un dato di stabilità, un elemento costitutivo della
professionalità.” (pag.12)

 “L’istruttore autoritario.” (pag.15)

 “Attualmente l’educatore professionale è ritenuto un operatore che ha come compito


generale (dichiarato/auspicato/ambito) individuare/promuovere/sviluppare le cosiddette
potenzialità (cognitive, affettive, relazionali) dei soggetti individuali e collettivi.” (pag.18)

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 “L’educatore interviene laddove le “normali” dinamiche educative non consentono o non
consentirebbero un “autonomo” percorso di crescita verso un’auspicata condizione adulta.”
(pag. 60)

 “Educatore ponte tra legalità e illegalità.” (pag.106)

 “Educatore: consapevolezza di non potersi mettere compiutamente nei panni dell’altro;


sforzo di concepire un’esistenza completamente diversa dalla propria.” (pag.116)

 “Debolezza dell’educatore.” (pag.123)

 “L’educatore è un farmaco immateriale”. (pag.127)

LA RELAZIONE EDUCATIVA:

 “Adattamento costrittivo dei soggetti alle norme sociali e culturali esistenti, cioè alla
“prevenzione” o alla “riparazione” di comportamenti individuali ritenuti socialmente
“pericolosi.” (pag.13)

 “Rigida distinzione tra devianza e normalità, tra salute e follia.” (pag.15)

 “Il lavoro dell’educatore è relazionale non solo in rapporto ai soggetti destinatari delle azioni
educative, ma anche in rapporto ad altri educatori e ad altre figure professionali.” (pag.19)

 “Due immagini di educatore ed educare, da una parte: caldo, fortemente motivato,


emotivamente coinvolto, passionale; dall’altra: freddo, distaccato e distante.” (pag. 21)

 “Le cose rappresentano un’importante fonte educativa che si affianca alle altre, cioè i
compagni: «sia ben chiaro, i tuoi veri educatori», i genitori: «i tuoi educatori ufficiali, se
non ancora i tuoi diseducatori», la scuola: «quell’insieme organizzativo che ti ha
completamente diseducato», la stampa e la televisione: «spaventosi organi pedagogici privi
di alcuna alternativa».” (pag.47)

 “Accompagnano il soggetto per tutto il corso della vita o per lunghi periodi di essa.”
(pag.58)

 “Disporre una rete di relazioni familiari e sociali soddisfacenti.” (pag.63)

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 “Una rete relazionale è dunque oggi meno data e più cercata.” (pag.64)

 “Tenere costantemente alta la tensione verso l’attivazione e il mantenimento di relazioni


significative.” (pag.64)

 “Il lavoro educativo è connaturato all’ampliamento, alla stabilizzazione, al recupero


dell’autonomia, ma anche a un aspetto meno solare e più inquieto, cioè la riduzione
dell’autonomia dell’altro.” (pag.72)

 “Burnout.” (pag.110)

 “Fantasmi che possono aleggiare nella relazione educativa.” (pag.117)

L’EDUCARE:

 “Educare oggi significa stare in questo mondo obbligato e movimentato che


quotidianamente si pone come scenario vincolante e, nello stesso tempo, immaginarne (per
se e per gli altri) uno diverso: essere convinti che esiste una possibilità di cambiamento
positivo, o, quanto meno, la possibilità di resistere, e contribuire a far resistere, ai
cambiamenti negativi.” (pag.8)

 “Il sapere necessario per educare si acquisirebbe per il solo fatto di essere stati, a propria
volta, educati.” (pag.20)

 “Esperienze o episodi nei quali la finalità è costituita dal bene dei destinatari senza che sia
ritenuto opportuno e/o possibile dichiarare e disvelare gli intenti e il processo educativo. Ma
anche progetti e accadimenti nei quali il bene perseguito è quello dei produttori. Quindi, da
una parte esperienze ed episodi considerabili naturali, innocui, auspicabili, dall’altra, invece,
azioni dal carattere più inquietante, discutibile se non del tutto manipolatorio.” (pag.31)

 “Preparare la forza lavoro” (pag.39)

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 “La scuola rappresenta l’esperienza nella quale, più che in ogni altra, si verifica la
discordanza tra gli obiettivi auspicati e dichiarati e gli obiettivi effettivamente praticati e
raggiunti.” (pag.39)

 “Televisione” (pag.41)

 “Sono i non selvaggi a decidere che la condizione di selvaggio è pericolosa o spiacevole e a


sentirsi legittimati a intraprendere azioni educative familiari e professionali. Tutto questo
indipendentemente dall’esistenza di una domanda e senza porsi, in buona parte dei casi,
quesiti attorno all’assenza di domanda.” (pag.81)

 “Nella recente tradizione pedagogica la tendenza è stata quella di separare la formazione


dall’educazione.” (pag.83)

 “Cambiamento” (pag.128)

Consegna B

Per quanto riguarda la figura dell’educatore professionale ho scelto alcune frasi che inquadrano
la sua condizione di continua precarietà, come ad esempio questa frase in cui Tramma afferma
che l’educatore si confronta con percorsi caratterizzati da incertezza, equilibri precari,
movimento perenne, ridimensionamento di solidi quadri di riferimento teorici, oppure ancora
l’autore sottolinea gli ostacoli che si incontrano nell’esercitare la professione dell’educatore,
quando afferma che la figura dell’educatore professionale è una figura costitutivamente incerta,
alle volte quasi sfuggente, costantemente in via di definizione, restia a qualsiasi tentativo di
stabilizzazione all’interno di una rassegna esaustiva di compiti e funzioni.”

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Questi sono gli aspetti che più mi hanno colpito perché forse ancora non mi rendevo conto di
tutta la fatica e motivazione necessarie per affrontare continue sfide; credo che finchè non
inizieremo a entrare nell’ambito pratico della professione non sarà facile capire tutte le difficoltà
che dovremo affrontare: infatti leggere che l’educatore deve avere la consapevolezza di non
potersi mettere compiutamente nei panni dell’altro e contemporaneamente sforzarsi di concepire
un’esistenza completamente diversa dalla propria, sembra un’affermazione banale nel leggerla
ma non credo proprio che sia altrettanto facile da mettere in pratica.

In particolare poi mi ha molto colpita la definizione di educatore come un farmaco immateriale;


si avvicina moltissimo al pensiero che mi ero fatta riguardo all’educatore ed è stato uno dei
motivi che mi ha spinta a scegliere questo percorso di studi: l’idea di poter aiutare gli altri,
anche se non posso materialmente risolvere i loro problemi almeno potergli essere vicino
emotivamente, dare un conforto e un appoggio, tutti pensieri su cui la lettura del libro mi ha
portato a riflettere in maniera più matura, motivandomi ancora di più.

Nell’ambito della tematica della relazione educativa non mi trovo d’accordo con l’autore su
alcuni punti, per esempio quando afferma che ci deve essere un adattamento costrittivo dei
soggetti alle norme sociali e culturali esistenti, cioè “prevenzione” o “riparazione” di
comportamenti individuali ritenuti socialmente “pericolosi”.

Personalmente non mi trovo d’accordo con l’espressione “adattamento costrittivo”, nessuno


dovrebbe essere costretto a “standardizzarsi” se non è nelle sue intenzioni perché comunque
non credo si avrebbero grandi risultati, se non è quello che la persona vuole, perché credo che
questo non farebbe altro che, alla fine, allontanare la persona da quello che cerchiamo di farle
fare o pensare.

Invece mi ha molto incuriosito l’estratto di Pasolini in cui afferma che le cose rappresentano
un’importante fonte educativa che si affianca alle altre, cioè i compagni: «sia ben chiaro, i tuoi
veri educatori», i genitori: «i tuoi educatori ufficiali, se non ancora i tuoi diseducatori», la
scuola: «quell’insieme organizzativo che ti ha completamente diseducato», la stampa e la
televisione: «spaventosi organi pedagogici privi di alcuna alternativa».

Un’affermazione sicuramente molto attuale, che porta a ripensare a tutti a problemi che
sentiamo continuamente riguardo ai genitori che non si dimostrano in grado di allevare ed
educare i propri figli e, anzi, commettono anche azioni violente e criminali; problemi riguardo
alla scuola e soprattutto riguardo alla televisione che è sempre più la compagna preferita dai

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bambini, spesso lasciati da soli a guardare anche programmi non adatti a loro, senza la
compagnia di un adulto. Credo che quest’ultimo aspetto limiti molto le relazioni educative che
si possono instaurare con gli altri: forse sono proprio questi alcuni dei fantasmi che aleggiano
sulle relazioni educative di cui si parla nel testo.

Mi piacerebbe invece poter approfondire il passaggio in cui l’autore parla del burnout, non ne
avevo mai sentito parlare, è stato una novità e proprio per questo ero molto incuriosita nel
cercare di capire di cosa si trattasse e le sue dinamiche.

Infine nell’ambito dell’educare mi ha molto colpito questo estratto: “esperienze o episodi nei
quali la finalità è costituita dal bene dei destinatari senza che sia ritenuto opportuno e/o possibile
dichiarare e svelare gli intenti e il processo educativo. Ma anche progetti e accadimenti nei quali
il bene perseguito è quello dei produttori. Quindi, da una parte esperienze ed episodi
considerabili naturali, innocui, auspicabili, dall’altra, invece, azioni dal carattere più inquietante,
discutibile se non del tutto manipolatorio”. Si sottolinea sempre questo duplice aspetto in cui
rischia di cadere l’educatore; questo mi ha fatto capire quanto è difficile imparare ad accettare
che in questo lavoro si può anche fallire.

Invece non mi trovo d’accordo con il concetto che il compito dell’educazione è di preparare la
forza lavoro, non credo assolutamente che il fine dell’educazione sia solo questo ma soprattutto
di insegnare a fare esperienze e a superare gli ostacoli che si possono incontrare, insegnando alle
persone a pensare in modo critico, ad avere un loro pensiero, poi ovviamente anche di aiutare le
persone a garantirsi un futuro ma oltre a questo ci sono molte altre cose importanti. Non bisogna
guardare solo l’utilità che un essere umano può rappresentare per la società, ma prima bisogna
guardare alla persona come insieme di emozioni, pensieri, idee, stati d’animo.

A questo ultimo aspetto si ricollega anche il concetto di cambiamento, l’idea che una persona
che ha sbagliato possa cambiare e che merita una seconda possibilità e questo secondo me
dovrebbe essere il compito degli educatori e dell’educare, dare alle persone la speranza di poter
cambiare, di poter migliorare la propria condizione di vita o di poter uscire da una determinata
condizione, cercare di aiutarli in questo cammino fornendogli supporti adeguati ma soprattutto
la loro vicinanza.

Tutto questo mi ha fatto riflettere molto su quanto sia sbagliato giudicare persone o situazioni,
avere dei pregiudizi, alle volte sbagliati, perché molte volte le situazioni non sono esattamente
uguali a come possono apparire agli occhi di chi le vede da fuori. Ho capito quanto è difficile

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sforzarsi di comprendere situazioni che non ci appartengono direttamente e soprattutto cercare
di capire gli altri.

Consegna C

Per quanto riguarda il commento e la valutazione sulla prima parte del lavoro di tirocinio posso
dire che ho trovato molto interessante il libro che ci è stato fornito, risponde a molte domande
su cosa significa educare e sulla figura dell’educatore professionale, confrontandola anche con
le altre figure con cui entra in contatto nel corso del suo lavoro. Vorrei però proporre, se
possibile, di affiancare alla lettura di un testo anche le testimonianze delle esperienze personali
di educatori o formatori che lavorano già sul campo, per capire anche nei diversi contesti
lavorativi quali sono le difficoltà e le persone con cui si entra in contatto e che sono parte
integrante del lavoro.

Così facendo, anche i dubbi degli studenti e le loro curiosità avrebbero avuto subito risposta.

Propongo questo perché, come viene anche espresso nel testo di Tramma, la professione
dell’educatore non si può fondare solamente su basi teoriche ma sono fondamentali le
esperienze che si possono acquisire solamente attraverso la messa in pratica di quello che ci
viene insegnato in aula.

Proprio per questo mi aspetto di acquisire più conoscenze durante il tirocinio pratico, perché
credo che solo in quel momento riuscirò veramente a capire in cosa consiste il lavoro, le
difficoltà e gli strumenti più adatti per compierlo e, soprattutto, avremo anche la possibilità di
fare esperienze anche in settori diversi, così ciascuno può riflettere su quale sia il campo più
adatto per sé e in quale contesto preferirebbe operare.

Oltre a questo forse si sarebbe potuto discutere di più in aula del testo proposto, in quanto
conteneva anche temi che non erano mai stati affrontati con altri docenti e per questo non
immediatamente chiari.

Gli incontri sono stati comunque piacevoli, i docenti ci hanno esposto con chiarezza
l’esperienza di tirocinio e le modalità e i tempi in cui il lavoro doveva essere svolto.

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Anche riguardo al calendario degli incontri e agli orari, sono stati comunicati con anticipo in
modo chiaro e preciso, facendo soprattutto attenzione a non sovrapporsi alle lezioni
accademiche.

L’unica nota negativa è stata la consegna del materiale che per alcuni gruppi di tirocinanti non è
stata tempestiva ma ai quali è stato dato comunque il giusto tempo per presentare il lavoro.

Infine ritengo che l’esperienza di tirocinio sia un’esperienza molto formativa ed\qq importante,
anche per come i docenti sono riusciti a trasmettermi la loro passione per questo lavoro e ad
infondere in me ancora più curiosità e motivazione verso questo percorso di studi e ancor di più
per il lavoro che spero, un giorno, potrò andare a svolgere.

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