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La filosofia pre critica è importante per capire l'evoluzione della filosofia di Kant a
partire dalle origini fino ad arrivare fino ad oggi.
Kant si era formato principalmente studiando i testi del pensiero razionalistico come questo
si era sviluppato soprattutto in germania attraverso i testi di Wolff, il più importante
metafisico tedesco precedente a Kant autore di un manuale in uso all’epoca.
All’epoca si stava diffondendo in germania la conoscenza della filosofia sperimentale
inglese con newton per quanto riguarda la scienza e Hume per la filosofia. Kant conosceva
e leggeva i testi di newton e degli empiristi inglesi.
La sua filosofia risulta quindi Influenzata sia dalla tradizione metafisica razionalistica sia
dalla tradizione scientifica ed empirista.
Fin dalle sue prime pubblicazioni è possibile riscontrare questa doppia anima del pensiero
di kant, al centro dei suoi scritti in cui si trattano problemi scientifici cerca infatti di integrare
all’interno di questo nuovo corso del pensiero filosofico di matrice empirista anche le
concezioni della metafisica tradizionale.
La sovrapposizione di temi fisici e metafisici nelle prime opere è evidente.
Gli scritti Kantiani degli anni ‘60 sono caratterizzati da una riflessione sui principi e
sul metodo delle diverse scienze che porta Kant a mettere in dubbio il suo
programma di congiungere metafisica e scienza della natura.
Intorno ai trent’anni realizzò che il metodo razionalistico derivante dal processo
logico-deduttivo e di stampo matematico e il metodo empiristico sono due metodi tra loro
diversi. Alla luce dei nuovi progressi della scienza e dell’affermarsi del nuovo modello
scientifico (in riferimento al modello newtoniano e galileiano), realizzò che si trattava di
un modello di conoscenza diverso dalla metafisica tradizionale.
Kant trasse spunto dagli scritti pubblicati da Swedenborg, un veggente svedese, per
elaborare un severo esame delle presunte conoscenze della metafisica, di cui egli stesso
si era occupato. Kant porta così alle estreme conseguenze il punto di vista dell’empirismo
e della filosofia sperimentale.
Anche se volessimo ammettere per ipotesi l’esistenza di un mondo quale viene annunciato
da Swedenborg, esso non potrà comunque essere oggetto di scienza secondo il modello
empirico perché non può essere conosciuto con gli strumenti della scienza empirica In
seguito alla lettura degli scritti di Hume inizia a prendere forma il progetto di rielaborare la
metafisica come scienza dei confini della ragione umana, Kant sostiene che la ragione
umana abbia dei limiti oltre i quali non è più possibile parlare di una vera e propria
conoscenza.
Morale e religione
Sul piano della morale e della religione all’inizio kant si avvicina alla corrente del
sentimentalismo inglese, una corrente molto importante all’interno della filosofia inglese
che non ha niente a che fare al significato che noi diamo alla parola, secondo i
sentimentalisti inglesi la definizione di morale e la definizione che noi diamo al bene e al
male e la conseguente determinazione dei nostri comportamenti morali, dipende da un
sentimento interno che tutti gli uomini hanno e che questi autori chiamano il sentimento
morale.
Nella critica della ragion pratica, dove si occuperà proprio di temi morali, si distaccherà da
questa posizione e sosterrà un’altra concezione morale diversa da quella
sentimentalistica. Rousseau esercitò sul piano della filosofia morale un'influenza
paragonabile a quella di Hume sul piano della filosofia della conoscenza. Fu proprio la
conoscenza di Rousseau ad influenzare Kant in ambito morale, spingendolo a una
considerazione della virtù libera dalle costruzioni metafisiche.
In una delle sue opere fondamentali del primo periodo, la forma e i principi del mondo
sensibile e del mondo intellegibile, dissertazione con la quale kant si abilita alla libera
docenza, nel periodo pre-critico, Kant comincia a formulare una nuova concezione di spazio
e tempo in quanto principi della conoscenza sensibile mediante alcuni termini che
rimarranno fondamentali e caratteristici della filosofia kantiana anche del periodo critico. La
sensibilità viene presentata caratterizzata dal fatto che gli oggetti possono essere
conosciuti a condizione di colpire i sensi con la loro presenza mentre l’intelletto è la facoltà
di rappresentare le cose che non colpiscono i sensi.
Kant definisce fenomeni gli oggetti della conoscenza sensibile e noumeni gli oggetti
della conoscenza intellettuale
Kant analizza approfonditamente anche i concetti di spazio e tempo, che nella filosofia
occidentale hanno una lunghissima storia e si trovano all’interno di tutti i grandi filosofi sia
nel corso del medioevo ma anche nell’età moderna e giunge a definirli forme del mondo
sensibile. (Forma è il rapporto delle conoscenze tra di loro, considerato facendo astrazione
da ogni contenuto. Si suddivide forma logica e forma dell’intuizione). Essi costituiscono la
legge in cui la mente umana rappresenta gli oggetti dei sensi.
La metafisica in quanto scienza dei fenomeni veniva radicalmente separata da tutte
le scienze empiriche e dunque si richiede una nuova giustificazione
In questa dissertazione Kant individua temi che verranno poi risolti e sviluppati nella
critica della ragion pura, circa 11 anni dopo, ormai diventati il centro del suo interesse e
della sua riflessione.
La sua abilitazione gli permetteva di insegnare ma anche di dedicarsi ai propri studi e alle
proprie ricerche. Nel corso degli undici anni che intercorrono tra la pubblicazione della
dissertazione del ’70 e la critica della ragion pura non vengono pubblicati scritti di
particolare importanza vista la particolare attenzione che Kant dedicò alla ricerca e alla
stesura della Critica.
- La critica della ragion pura, prima scritta, analizza la ragione nella sua funzione
conoscitiva, sviluppa una teoria della conoscenza. Il suo obiettivo primario
consiste nell’esame delle domande fondamentali della metafisica e per giungere a
tali conclusioni svolge un esame complessivo di tutte le conoscenze umane.
- Nella ragion pratica analizza la ragione nella sua funziona relativa all’azione, e
dunque i criteri che servono ad orientare le azioni umane che si basano su
principi etici e morali, sviluppa una teoria della morale.
- Nella critica della ragione giudicante si occupa di due tematiche diverse, da una
parte studia la ragione dal punto di vista della capacità che gli uomini hanno di
interpretare il mondo in una prospettiva finalistica o teleologica (l’uomo è
orientato verso il raggiungimento di qualcosa oppure è governato semplicemente
dal caso), mentre la seconda parte riguarda temi di estetica, Kant è un dei primi
filosofi ad occuparsi dell’estetica (oggi teoria dell’arte) che deriva dal greco,
significa sensazione e indica qualcosa in relazione al sentimento (il bello,
sublime)
Alla base di tutte queste critiche c’è la ragione, in linea con i principi dell’illuminismo, dato
che Kant è stato in un certo senso il vertice dell'illuminismo. La concezione che kant ha
della ragione è molto complessa, la ragione umana può essere studiata sotto diversi
aspetti, ha delle funzione diverse
Il termine critica, dal punto di vista filosofico può assumere due significati diversi
ma complementari tra di loro
1. Il primo significato più immediato è che l’esercizio della ragione da parte dell’uomo si
realizza attraverso una riflessione approfondita delle funzioni che la ragione stessa
può svolgere all’interno dell’esistenza umana (la ragione si interroga e riflette
criticamente su se stessa e sulle proprie funzioni)
2. il secondo significato collegato al primo è che proprio per questa capacità
autoriflessiva che la ragione ha nei confronti di se stessa e dei suoi limiti e delle sue
modalità di espressione è anche capace di scoprire e correggere gli errori che nel
corso della storia della filosofia sono stati fatti da diversi filosofi quando si sono
occupati di conoscenza, morale e sentimento. Analisi critica della tradizione
filosofica precedente.
La ragione di Kant attiva, pone e individua i primi limiti, confini errori e difetti.
Critica al dogmatismo e allo scetticismo
Il dogmatismo è un tipo di pensiero che deriva dal razionalismo, dal pensiero deduttivo
e dalla metafisica e che consiste nell’elaborare teorie senza un esame preliminare delle
capacità e dei limiti della ragione.
Lo scetticismo è quell'atteggiamento filosofico trasferito sul piano moderno, esemplificato
di Hume, che porta alle estreme conseguenze le premesse della filosofia empirista
inglese,sostenendo che qualsiasi conoscenza non ricavate dai sensi sia impossibile.
Kant si collega alla tradizione filosofica a lui precedente riprendendo da una parte
il dogmatismo che deriva dal razionalismo e dall’altra parte lo scetticismo che
deriva dall’empirismo, ma critica entrambi.
Il dogmatismo è insoddisfacente perché non dà conto dei principi in base ai quali si
possono stabilire affermazione valide mentre lo scetticismo ha preteso di distruggere troppe
certezze. Riprende le due correnti filosofiche ma le usa come argomenti filosofici sui quali
esercitare la
critica della ragione, la quale non si può accontentare né dalla visione
esclusivamente razionalistica né di quella empiristica.
Queste tradizioni filosofiche si limitano all’analisi di un singolo aspetto della conoscenza
e della ragione che non può essere studiata sotto un unico punto di vista. Lo scopo è
quello di elaborare una concezione della conoscenza che superi da una parte i limiti del
dogmatismo e dall’altra i limiti della scetticismo e quindi stabilire quali sono le condizioni
di verità della conoscenza e i confini oltre i quali una tale conoscenza non è possibile.
Prima di entrare nell’analisi successiva che Kant farà dettagliatamente di tutte quelle
attività che rendono possibile la conoscenza, si rende necessario definire quale sia la
concezione assoluta della conoscenza sostenuta da kant
Nella introduzione che lui scrive alla prima critica della ragion pura, spiega la diversità
fondamentale che intercorre tra la sua concezione criticistica e la concezione
tradizionale della conoscenza che era stata sostenuta dagli altri filosofi appartenenti alla
storia della filosofia a lui precedente.
Kant nella critica mira trovare delle leggi che valgono necessariamente per qualsiasi
oggetto dell conoscenza umana e che perciò costituiscono una conoscenza a priori. Kant
sostiene che queste proprietà generali dipendono dalle facoltà conoscitive umane.
Lui ritiene talmente radicale questo cambiamento da lui proposto che lo definisce come
una vera e propria rivoluzione e per illustrare il significato di questa rivoluzione
ricollegandosi al modello astronomico dice che il cambiamento che propone nella
concezione della
conoscenza è talmente rivoluzionario che potrebbe essere paragonato per importanza alla
rivoluzione copernicana, al passaggio avvenuto da una concezione geocentrica
dell’universo ad una concezione eliocentrica.
Parlando della sua filosofia conia questa definizione di rivoluzione copernicana su un
piano filosofico.
Così come aristotele e tolomeo e tutti i medievali ritenevano che fosse il sole a girare
intorno alla terra, allo stesso modo sul piano filosofico si riteneva che la conoscenza
derivasse da una struttura per cui la realtà fosse un qualcosa di fermo ed indubitabile, punto
di riferimento, e che la conoscenza derivasse dal fatto che la mente umana, il soggetto in
termini filosofici, ruotava intorno alla realtà, all’oggetto.
La mente umana per conoscere la realtà si adattava, cercava di modellarsi su delle
strutture oggettive ed immutabili che erano sempre le stesse. Il soggetto si doveva adattare
all’unica realtà vera oggettiva e costante che era il mondo fisico, naturale.
Era il soggetto che si costituiva in funzione dell’oggetto.
Con Kant viene ribaltato il rapporto che c'era il soggetto e l’oggetto, al centro si trova il
soggetto, la mente umana, mentre all’esterno che gira intorno al soggetto c’è quello
che comunemente viene chiamato la realtà fisica naturale, l’oggetto.
Non è la nostra mente che si adatta alle strutture immutabili del mondo esterno, ma tutte le
immagini e rappresentazioni che noi soggetti della conoscenza ci costruiamo del mondo
sono un prodotto dell’attività conoscitiva della nostra mente, ci rappresentiamo il mondo in
un certo modo perché la nostra mente è fatta in modo tale che noi possiamo immaginarlo
in questo modo. Il mondo oggettivo, in sé, non può esser oggetto della nostra conoscenza
perché non possiamo uscire dalle categorie della nostra mente.
Non si può parlare di conoscenza in se stessa indipendemente dalla nostra mente, bisogna
studiare le strutture della nostre mente che fanno si che ci rappresentiamo determinate
costruzioni mentali di come il mondo è fatto, l’oggetto dipende dal soggetto. Kant mette al
centro della teoria della conoscenza non più il mondo, l’oggetto, ma il soggetto, la mente
umana, in quanto ci permette di conoscere il mondo in un determinato modo.
Conoscenza trascendentale
Per quanto riguarda la conoscenza scientifica è innegabile che vi sia una base empirica. A
questa base empirica per Kant noi costantemente applichiamo delle categorie del nostro
pensiero, concetti astratti, le quali categorie ci permettono interpretando i dati
dell'esperienza di costruirci delle rappresentazioni del mondo.
Per kant non si può avere una conoscenza dell'oggetto in sé, esiste il filtro costituito dalle
strutture concettuali della nostra mente tra la realtà e la conoscenza che ne deriva. Tutto
ciò che percepiamo del mondo è sempre mediato, non possiamo conoscere il mondo in
sé.
Queste strutture vengono definite da Kant a priori, un termine caratteristica della filosofia
kantiana, e significa indipendenti dall'esperienza umana, ciò che rende possibile
l’esperienza stessa. Sono innate nell’uomo e necessarie.
La conoscenza si fonda in parte sull’esperienza sensibile (a posteriori, i dati
dell'esperienza vengono sempre dopo) e da una parte delle facoltà conoscitive umane (a
priori).
La filosofia critica viene perciò anche chiamata filosofia trascendentale, spiega come
sia possibile effettivamente la conoscenza a priori.
Il termine trascendentale in Kant ha un significato tecnico e va distinto da trascendente,
che indica la trascendenza, ossia qualcosa che trascendente, sta oltre, il mondo fisico e
indica infatti qualcosa di metafisico.
Nel linguaggio comune queste due parole vengono considerate sinonimi. In Kant
questo termine viene utilizzato in riferimento alle condizioni a priori, non legate
all’esperienza, che rendono possibile la conoscenza scientifica.
Dati questi presupposti Kant riflette sulle categorie mentali che permettono la conoscenza
e permettono di capire il funzionamento della mente umana.
Per Kant la conoscenza scientifica si basa e si esprime tramite dei giudizi (enunciato
o proposizione).
Un giudizio è una frase o enunciato che connette almeno un soggetto ed un predicato .
Kant per primo ha messo in evidenza in modo esplicito la connessione diretta che esiste
tra il piano del linguaggio e le strutture conoscitive della nostra mente.
Nel nostro linguaggio si riflettono le nostre strutture mentali.
Dunque bisogna studiare il nostro linguaggio e il suo funzionamento (diversi tipi di
enunciati) attraverso cui si esprime la scienza, per capire come funziona il nostro pensiero.
La tavola dei giudizi rappresenta una sorta di esposizione dei diversi tipi di giudizi di cui
si può servire la scienza.
La prima suddivisione fondamentale eseguita da kant è tra giudizi analitici e giudizi
sintetici, primi tutti a priori, esprimono una conoscenza indipendente dall’esperienza,
mentre i giudizi sintetici possono essere a posteriori oppure a priori.
Questa è l'ossatura della tipologia di giudizi secondo Kant.
I giudizi analitici a priori sono universali, necessari e di infecondi, non danno origine ad
una nuova conoscenza. (i corpi sono estesi, occupano uno spazio, corpo è tutto ciò che
occupa uno spazio e dunque implicito e necessario nel soggetto).
Questo tipo di giudizi sono caratteristici della concezione razionalistica della scienza
(teoremi matematici)
I giudizi sintetici a priori sono i giudizi nel quale il predicato aggiunge al soggetto qualcosa
che non era contenuto nel soggetto stesso e non derivano dall’esperienza, sono a priori.
La caratteristica di questi giudizi è che sono fecondi, ci portano a conoscenza di qualcosa
di nuovo, sono universali, validi sempre e dovunque, e sono necessari, le cose devono
essere così.
Un esempio che kant fa è numerico, riguarda la matematica, 7+5=12.
Il predicato 12 dice qualcosa in più rispetto al soggetto, in quanto non è collegato e
contenuto nè nel 7 né nel 5 ma è un’informazione aggiuntiva in merito alla loro unione, è
dunque fecondo. Usando il sistema metrico decimale di numerazione la somma dei due
numeri darà sempre 12, di conseguenza è universale. Inoltre non può essere
diversamente, pertanto è necessario.
Un altro esempio proposto da Kant, ‘tutte le cose che accadono nel mondo fisico hanno
una causa’ si tratta di un giudizio sintetico a priori.
Il concetto di causa aggiunge informazioni rispetto al soggetto, le cose accadono, non
è contenuto in esso di per sé. Nel mondo materiale tutto ciò che accade ha una causa
indipendentemente dal contesto, quindi è universale ed è necessario perché senza
una causa un evento non può accadere.
Questi giudizi derivano da un principio logico, da regole, non basano questa estensione
di conoscenza su dati empirici particolari.
I giudizi sintetici a priori sono caratteristici della concezione filosofica criticista e della
scienza newtoniana, scienza intesa in senso moderno, sono gli unici che ci garantiscono
fondata che sia origine a qualcosa di nuova ma che sia allo stesso tempo universale e
necessaria. Empirismo e razionalismo vengono così uniti.
La struttura
All’interno della critica della ragion pura Kant distingue due grandi sezioni diverse tra di
loro, la prima si chiama dottrina trascendentale degli elementi mentre la seconda parte si
chiama dottrina trascendentale del metodo.
Dottrina trascendentale degli elementi si suddivide in estetica trascendentale e
logica trascendentale, quest’ultima si suddivide in analitica trascendentale e la
dialettica trascendentale.
Con estetica (aisthesis, sensazione) Kant indica la scienza che tratta delle condizioni a
priori della sensibilità, ovvero spazio e tempo.
Nell’estetica trascendentale c’è una parte materiale che deriva dai cinque sensi e
percezioni (sensazioni) e una parte formale a priori che riguarda le forme pure, ovvero
spazio e tempo. Le sensazioni hanno infatti bisogno di forme pure dell’intuizione che sono
indispensabili.
La logica trascendentale tratta dei concetti formati a priori dall’intelletto e dalla ragione. I
concetti formati a priori dall’intelletto sono detti categorie , i concetti formati a priori dalla
ragione sono detti idee.
L’analitica trascendentale è quella parte della critica in cui Kant spiega in che modo le
intuizioni sensibili vengono unificate. Le funzioni che appartengono all’analitica servono
a rendere comprensibili e a dare un ordine a queste intuizioni sensibili.
Ciò avviene attraverso le categorie dell’intelletto, anche in questo caso a priori. Lo studio di
queste categorie è quella parte della filosofia tradizionale che ci aiuta a capire in che modo
la nostra mente servendosi delle categorie della mente che sono a priori unifica le
sensazioni che provengono dalle esperienze.
Con l’estetica e l’analitica Kant crea un paradigma della conoscenza scientifica
Nella dialettica trascendentale Kant cerca di capire se definire la metafisica come scienza
o meno. La dialettica esamina le infondate argomentazioni elaborate dalla ragione umana
su quegli oggetti di cui non possiamo fare esperienza.
Se la metafisica segue il modello presentato nell’estetica e nella logica può
essere considerata una scienza.
Nella dialettica studia le cosiddette idee della ragione (un significato più specifico rispetto al
titolo). Analizzando il modo in cui i filosofi hanno storicamente usato il termine metafisico
(prospettiva storica sulla storia della filosofia) Kant arriverà alla conclusione che la
metafisica non è una scienza moderna e su questa base dà una nuova definizione di
metafisica.
Estetica trascendentale
Kant ritiene che in ogni intuizione si possano distinguere una materia e una
forma. La materia dell’intuizione è costituita dalle sensazioni.
Le forme dell'intuizione sono due: spazio e tempo. Spazio e tempo sono elementi
puramente formali, fanno parte a priori della nostra conoscenza sensibile, la rendono
possibile senza derivare dall’esperienza
Nella dissertazione del 70 Kant aveva già affrontato questi temi, riprende delle definizioni
già precedentemente formulato ma non sviluppato all’interno del criticismo. Kant definisce
spazio e tempo come le forme pure dell’intuizione.
Lo spazio per kant è la forma del senso esterno mentre il tempo la forma del senso interno.
Dal punto di vista di Kant la forma pura, non mescolato a elementi empirici, dello spazio è
quella che rende possibile e sta alla base di tutte le intuizioni degli oggetti esterni a noi, ogni
oggetto fisico materiale occupa uno spazio se così non fosse sfuggirebbe alla percezione
dei nostri sensi.
Gli stati interiori della nostra vita sono percepiti e classificati grazie al tempo secondo le
categorie di passato, presente, futuro. SI tratta di una classificazione a priori, che
precede l'esperienza.
Qualunque esperienza che facciamo si colloca all'interno di spazio e di un tempo definiti,
non esiste esperienza al di fuori di queste coordinate. Se non esistessero a priori spazio e
tempo non sarebbe possibile alcuna intuizione sensibile.
Spazio e tempo sono dunque intuizioni pure, non concetti empirici e
costituiscono rappresentazioni necessarie e grandezze infinite date.
Spazio e tempo sono le condizioni che rendono possibili le scienze esatte come geometria
e aritmetica. Lo spazio, ossia la forma del senso esterno, sta alla base della geometria, la
geometria è quella.
Il collegamento tra il tempo e i numeri è meno immediato e intuitivo.
Le nostre percezioni interiori si strutturano secondo le categorie passato, presente futuro,
ma per poter dare queste definizioni ad un livello ancora più basilare della nostra intuizione
bisogna immaginare che esista una successione temporale di istanti che si susseguono.
Questa struttura del tempo sta alla base della rappresentazione grafica della linea dei
numeri che si basa su una successione. l’aritmetica dunque è una rappresentazione grafica
della successione temporale.
Se si analizzano queste due forme ci si rende conto del fatto che in un certo senso la
forma pura del tempo è quella più fondamentale tra le due. Qualunque rappresentazione
esterna degli oggetti può essere ricondotta ad un istante temporale. Non è vero invece il
contrario che ogni percezione del senso interno sia riconducibile in un spazio, non tutto
esiste nello spazio (sogni, sentimenti,emozioni pensiero, sono percepite dal senso interno
ma non sono riducibili ad una dimensione spaziale).
Analitica trascendentale
Categorie
Quanto kant usa le categorie per definire i concetti puri dell’intelletto, chiaramente si
riferisce ad aristotele dato che il termine categorie viene usato per primo da aristotele.
Secondo aristotele le categorie che sono 10 hanno una valenza ontologica e hanno una
valenza gnoseologica.
Riguardano quindi la sfera dell’essere, com’è fatto l’essere, queste categorie hanno una
portata sostanziale, chiariscono la composizione dell’essere in quanto tale. Hanno inoltre
una valenza gnoseologica in quanto riguardano la sfera della conoscenza, secondo
aristotele queste categorie rappresentano i dieci generi sommi, generi che sono più
generali possibili, ossia quelli che hanno la massima estensione e la minima comprensione.
La conoscenza per Aristotele è resa possibile dal fatto che quelle categoria che sono
nella nostra mente che usiamo per analizzare e comprendere il mondo sono anche le
stesse categorie che compongono l’essere sul piano ontologico, c’è una relazione diretta,
si riflettono l’uno dell’altro.
Kant fa riferimento alla classificazione delle forme dei giudizi per stabilire una
tavola completa e definitiva delle categorie.
A partire dalla tavola dei giudizi li raggruppa in quattro gruppi: giudizi di qualità(affermativi,
negativi, infiniti), quantità(particolari, singolari, universali), relazione e modalità. Poiché per
Kant la struttura del linguaggio riflette quella della mente, a partire dalla tavola dei giudizi è
possibile risalire alle categorie da cui essi derivano.
Ad esempio ai giudizi di quantità universali corrisponde la categoria della totalità, a
quelli singolari quella dell’unità e ai particolari quella della pluralità.
Le categorie sono quindi di quattro tipi: della quantità, della qualità, della relazione e
della modalità.
Deduzione trascendentale delle categorie
Kant affronta un problema spinoso che tratta in modo piuttosto approfondito all’interno della
critica della ragion pura usando delle argomentazioni a volte anche complesse.
Sostanzialmente la domanda che Kant si pone è quella circa la corrispondenza tra le
categorie dell'intelletto che sono a priori nella nostra mente, indipendenti dall’esperienza e
le proprietà degli oggetti sensibili. Anche hume aveva introdotto questo dubbio riguardo la
validità empirica delle categorie, Hume era infatti giunto ad affermare che il concetto di
causalità è formato dalla nostra mente e dunque non ha una validità oggettiva. Con il
termine deduzione Kant intende un ragionamento che risolve una questione di legittimità
Secondo Kant l’intelletto svolge la funzione di unificare le intuizioni sensibili, che definisce
operazione di sintesi. Questa operazione sintetica ha come condizione e presupposto una
coscienza unitaria ossia affinchè l’intelletto possa fare questo bisogna presupporre che
dentro di noi vi sia una sorta di coscienza che abbiamo di noi stessa in senso unitario,
tutte queste categorie e intuizioni fanno parte di un’unica unità di coscienza o ‘io penso’ o
appercezione trascendentale.
L’io penso funzione interna che permette di tenere insieme in un’unica coscienza
tutta la molteplicità di dati che prevengono dall’intuizione e di tenerle unite.
Grazie a questa funzione unificante noi siamo in grado di collegare le sensazioni con le
categorie dell'intelletto. Sia le sensazioni che le categorie fanno parte dell’io penso. Il
meccanismo attraverso cui funziona l’io penso è quello di classificare le sensazioni che
riceviamo attraverso l’uso delle categorie,al di fuori di questa unità dell’io penso le
sensazioni sarebbero informazioni che nessuno può decodificare (schermo e computer)
All’interno della coscienza le due cose sono inseparabili non si potrebbe avere alcuna
conoscenza di queste sensazioni senza un intelletto che le codifica, le sensazioni in se
stesse non esisterebbero nemmeno se non ci fosse niente in grado di decodificarle.
Scompare di conseguenza il problema dell'applicabilità delle categorie agli dati dei sensi
in quanto sono due cose inseparabili.
(mettendo la mano sul fuoco si sente il calore in quanto è il cervello attraverso la
trasmissione degli impulsi che decodifica la sensazione come caldo e fa ritirare la mano, se
si ha una lesione ai nervi del braccio, l’impulso nervoso si interrompe e non si sentono più
le sensazioni in quanto la comunicazione nervosa è interrotta e le informazioni non vengono
decodificate). Hanno bisogno l’uno dell’altro per esistere e avere senso.
È nel giudizio che si produce una sintesi tra una molteplicità di intuizioni e le categorie
non sono altro che concetti ricavati dall'applicazione delle funzioni logiche del giudizio
agli oggetti.
Schematismo trascendentale
Dopo aver risolto la difficoltà precedente si interroga sulla modalità in cui le categorie siano
applicabili alle intuizione dei sensi dal momento che le categoria non contengono alcun
elemento sensibile e sono eterogenee rispetto alle intuizione dei sensi. Kant introduce di
conseguenza la nozione dell'immaginazione, una facoltà conoscitiva, diversa dalla nostra
concezione di immaginazione quale fantasia, che si distingue dalle altre qualità capacità in
quanto permette di produrre spontaneamente delle immagini mentali indipendentemente
dal fatto che queste siano presenti.
Kant sostiene che nella conoscenza ci sia una parte che deriva dai sensi e da una parte
che è costituita dalle forme pure di spazio e del tempo legate all’intuizione sensibile, la cui
importante è quella del tempo.
In virtù del fatto che tutte le nostre intuizioni sensibili sono comunque riconducibili alla
forma pura del tempo ma non dello spazio e siccome la forma pura del tempo è a priori e
indipendentemente dall'esperienza così come le categoria, la forma pura del tempo dunque
fa da ponte tra le categorie e le intuizioni sensibili. Da una parte è legata ai dati
dell'esperienza di cui non possiamo avere alcuna cognizione al di fuori delle categorie di
spazio tempo, e dall’altro è legate alla categorie.
Dunque l’immaginazione per produrre delle immagini ossia degli schemi corrispondenti
alle categorie si serve della forma pura del tempo.
Ossia applica le categorie dell’intelletto alle intuizioni sensibili tramite la forma pura
del tempo.
Gli schemi puri sono dunque delle regole ricavate dalle categorie che permettono
di realizzare una sintesi del molteplice del tempo, tempo che è forma di ogni
intuizione sensibile .
Lo schematismo trascendentale consiste nella formulazione di questi schemi puri e
costituisce la spiegazione del modo in cui le categorie si possono applicare alle
intuizioni sensibili.
I principi puri dell’intelletto sono le regole mediante le quali le categorie vanno usate
medianti gli schemi,i costituiscono il presupposto necessario dell’esperienza stessa. Questi
principi costituiscono delle regole generali che devono guidare l’applicazione delle categorie
dell'intelletto con la mediazione degli schemi prodotti dall’immaginazione.
i principi puri dell’intelletto che corrispondono alle categorie di quantità sono assiomi
dell’intenzione. Il principio degli assiomi dell’intuizione afferma che tutte le intuizioni sono
quantità estensive. Ogni oggetto dell’esperienza si deve affermare attraverso una sintesi
di parti e dunque deve possedere un’estensione.
le categorie dell'intelletto attraverso il concetto degli assiomi dell’intuizione si possono
applicare a slo questo tipo di oggetti, oggetti composti che esistono nel mondo fisico e
materiale. Dunque bisogna escludere dalla conoscenza, qualsiasi oggetto privo di
estensione (anima, ciò non vuol dire che non esista ma che non può essere oggetto di
una scienza empirica, fondata sull’esperienza).
Non può esistere una conoscenza scientifica dell'anima, perché anche
ipotizzandone l’esistenza è comunque qualcosa che sfugge all'esperienza
Le anticipazione della percezione sono quei tipi di principi che noi utilizziamo in rapporto
alle categorie di qualità.
Ogni fenomeno del mondo fisico ha una sua intensità, ossia un grado di
manifestazione. Ogni sensazione deve possedere un grado d’intensità che può essere
rappresentato mediante una misura matematica.
Tutti gli oggetti sulla base delle anticipazioni della percezione si presentano a noi con un
certo grado intensità e ci permette di effettuare delle misurazioni. Se un oggetto non si
può misurare non può essere oggetto di conoscenza.
La scienza si può applicare solo a determinati tipo di oggetto, che ci rappresentiamo
con particolari caratteristiche.
Le analogie dell’esperienza riguardano quelle leggi che sono relative alle categorie
della relazione
Qualunque esperienza si fonda sul presupposto che tra le nostre percezioni vi sia
un qualche genere di connessione necessaria.
Per ogni categorie della relazione esiste un tipo di connessione diversa: alla categoria di
sostanza corrisponde la connessione della permanenza ( se un oggetto esiste nel mondo
in modo sostanziale, la sua sostanza permane nel tempo pur trasformandosi) a quella
della causa il principio di causa-effetto, e alla reciprocità il principio di reciprocità di azione
delle sostanze (una sostanza agisce su un’altra che a sua volta agisce sulla prima).
I postulati del pensiero empirico in generale sono quelle regole generali secondo le quali
le categorie dell’intelletto devono essere applicate all’interno della modalità. Alla categorie
della possibilità e dell’impossibilità corrispondo il principio della non contraddizione, un
qualcosa di contraddittorio logicamente non può esistere.
Alla categorie dell'esistenza corrisponde la possibilità dell’oggetto come esperienza Alle
categorie della necessità e della contingenza corrispondono le condizioni universali e
necessarie dell'esperienza, ci devono essere delle condizioni o presupposti universali e
necessari perché al di fuori di queste non è possibile alcun tipo di conoscenza.
Riprende i concetti di fenomeni e noumeni già inseriti nella dissertazione del 70 dando
una definizione definitiva
Al termine dell’analitica trascendentale Kant torna sulla questione dei confini della
conoscenza possibile e ha dimostrato che la conoscenza è sottoposta alle
condizioni specifiche dell’esperienza umana.
La scienza quindi deve basarsi sull'esperienza dei fenomeni.
La mente umana, la ragione umana, in se stessa tende naturalmente a pensare a
degli oggetti che si sottraggono alle condizioni dell’esperienza sensibile e quindi non
appartengono alla sfera sensibile. Ciò non implica che queste identità diano origine ad
alcuna scienza di tipo newtoniano in quanto si basano su delle astrazione che non
hanno alcuna corrispondenza sul piano empirico.
La concezione Kantiana della scienza viene definita la filosofia dei limiti in quanto pone
dei limiti alla conoscenza scientifica. Kant vuole stabilire un confine all'interno del quale si
può parlare di scienza e al di fuori del quale non è più possibile
Kant usa l’esempio di un'isola in mezzo al male, finchè si è sull’isola si è su un terreno
solido e quindi si possono formare delle conoscenze, al di fuori dell’isola nel mare non è più
possibile costruire nulla in quanto mancano fondamenta solide. Ciò non vuol dire che il
mare non esista ma non è una base su cui costruire qualcosa di stabile.
In contrapposizione alla concezione della scienza come scienza di fenomeni Kant sviluppa
la concezione del noumeno oppure della cosa in sé che rappresenta il limite oltre il quale
non si può andare se si vuole fondare una conoscenza scientifica
Quando Kant parla della cosa in sé viene dunque pensata come un noumeno, cioè come
oggetto di conoscenza puramente intellettuale, che prescinde dal dato della sensazione.
Sulla base di quanto detto precedente la conoscenza dei noumeni appare per definizione
impossibile perché pretende di fare a meno di quelle condizione che rendono possibile
ogni esperienza.
La cosa in sé dunque non va pensata come un noumeno, ma come un concetto
negativo, cioè un concetto definito per negazione come ciò che non è sottoposto alle
condizioni dell’esperienza,
L'oggetto non può trascendere se stesso di conseguenza rappresenta un concetto limite
che non può essere oltrepassato, in quanto è al di fuori delle condizioni dell’esperienza.
Dialettica trascendentale
Nella dialettica Kant confronta la filosofia metafisica con il modello di scienza che ha
costruito per vedere se corrispondono fra loro. Se corrisponde la metafisica è una
scienza altrimenti sarà vero il contrario.
La dialettica trascendentale è una logica della parvenza, logica perchè fa parte della
logica trascendentale, parvenza significa illusorio in quanto si sviluppa sulla base di
un’attitudine naturale della nostra mente a raggiungere una conoscenza incondizionata
rispetto qualunque riferimento all’esperienza.
Secondo Kant negli esseri umani e nella mente umana c’è una tendenza naturale, ossia è
spontanea, a cercare una risposta alle nostre domande formulando delle idee di fondo
che però non possono essere provate attraverso nessuna esperienza empirica. Le idee
sono prodotti della nostra mente, delle costruzioni astratte che non hanno un fondamento
empirico.
Qui si produce una sorta di cortocircuito: alla fine dell’analitica si giunge alla conclusione
che le categorie dell’intelletto per essere usate in modo corretto e per poter produrre una
conoscenza di tipo scientifico devono essere applicate alle intuizioni sensibili. Entrambe
sono fondamentali perché ci possa essere una conoscenza scientifica. Nelle idee della
metafisica viene meno una delle due componenti fondamentali dal momento che le
categorie dell’intelletto vengono applicate alle idee della ragione e non alle intuizioni
sensibili.
Si crea un situazione che riguarda una realtà trascendente, in quanto si rivolge la mente a
delle entità che possiamo pensare con la nostra mente ma per le quali non abbiamo
alcuna testimonianza sul piano dell’esperienza.
Analizzando queste idee Kant dice che queste idee fondamentali della ragione sono di
tre tipi:
- l'idea dell’anima, quella parte della speculazione metafisica da platone fino a cartesio
che parla dell’anima, kant definisce questa sezione psicologia razionale - L’idea di
mondo o di cosmo, idea all’origine della cosmologia razionale - Idea di Dio dalla quale
si sviluppa la teologia razionale
Psicologia razionale
Critica di tutte quelle concezioni del mondo che non hanno un fondamento empirico ma
si fondano soltanto sulla ragione astratta.
Non critica l'astronomia, lo studio del cosmo e dei pianeti su base empirica, sta criticando
quelle proposizioni che possono essere enunciate del mondo in modo puramente astratto
e razionale.
Il mondo viene definito da Kant nella dialettica come unità incondizionata totalità di tutti i
fenomeni. Non fa riferimento ad una singola esperienza, la parola mondo sta ad indicare
la totalità di tutti i fenomeni che stanno accadendo nello spazio e nel tempo. CIò significa
che L’esperienza empirica è limitata e relativa a singoli fenomeni, non potremo mai fare
esperienza di tutti i fenomeni nel tempo e nello spazio, possiamo fare esperienza di un
fenomeno alla volta, di una parte infinitesimale di ciò che chiamiamo mondo, Di
conseguenza le preposizioni riguardo al mondo esprimono qualcosa di puramente
razionale, un’idea della ragione puramente teorica e astratta e priva di corrispondenza sul
piano empirico.
L’idea di mondo è un’idea puramente teorica e astratta che non ha nessuna corrispondenza
sul piano empirico, non esiste alcuna esperienza possibile della totalità di tutti i fenomeni.
Ne consegue che quando i filosofi metafisici dall’antichità fino ad oggi hanno definito il
mondo da un punto di vista razionale, pronunciando degli enunciati che spiegano come è
fatto il mondo in senso di totalità, hanno dato luogo ha una serie di proposizioni contrarie
l’una all’altra ma sulle quali non potremo mai dire quale è vera e quale è falsa, data
l’impossibilità di verificarli e confrontali sperimentalmente. Rimangono speculazioni astratte
della ragione
Queste proposizione contrarie tra di loro vengono definite le quattro antinomie della
ragione, coppie di proposizioni contrarie l’una rispetto all’altra alla quale la ragione senza
alcuna base empirica dà origine quando vuole affermare qualcosa sulla realtà del mondo
come totalità, tra le quali non sarà possibile decidere quale sia vera e quale meno.
Si hanno quindi una tesi e un’antitesi. Le tesi appartengono all’ambito del dogmatismo
le antitesi all'empirismo .
L’empirismo è quella prospettiva che non pone limiti alla sintesi dei fenomeni, il mondo è
per esempio considerato come infinito nel tempo e nello spazio, il dogmatismo è invece
quella prospettiva che pone un inizio di ogni serie di fenomeni, il mondo ha avuto un
cominciamento nel tempo e ha un limite nello spazio.
Kant non sostiene nessuna di queste tesi, si tratta di metafisica, scientificamente non
è possibile stabilire quale tra le due proposizioni sia vera.
C’è quindi ad esempio una contrapposizione tra chi sostiene che il mondo sia finito nel
tempo e chi sostiene che sia eterno. Scientificamente parlando non si può stabilire
quale delle due proposizioni sia corretta.
La seconda antinomia è tra semplice e composto, tra chi sostiene che nel mondo tutto
sia riconducibile a parti semplici e indivisibili e all’opposto chi sostiene che non esistono
entità semplici e indivisibili.
La terza antinomia è tra libertà e necessità, tra chi sostiene che nel mondo oltre al
principio di causalità è presente anche una serie di fenomeni che accadono liberamente
che quindi
non sono sottoposti alla legge della necessità e invece dall’altra parte chi afferma che
nel mondo tutto accade secondo delle leggi di natura.
La quarta antinomia è tra chi sostiene che al mondo appartiene qualcosa che
è assolutamente necessario e chi sostiene che in nessun luogo esiste un
essere assolutamente necessario.
Teologia razionale:
La terza e ultima idea è quella che riguarda Dio, dalla quale deriva la teologia razionale,
che si fonda unicamente sulla ragione senza alcun riferimento all’esperienza. A partire
dall’antichità attraverso tutto il medioevo fino ad arrivare a cartesio, i filosofi metafisici si
sono sforzati di dimostrare l'esistenza di Dio e quindi il fatto che dio non solo esiste ma
costituisce il fondamento di tutta la nostra realtà, sia dell'anima sia del mondo. Dio è il
fondamento su cui tutto poggia.
Se si intende individuare gli errori dei filosofi metafisici che hanno provato a dimostrare
l’esistenza di dio e le sue proprietà su basi puramente razionali bisogna analizzare nel
dettaglio quali sono stati i principali argomenti usati dai filosofi metafisici per parlare di dio
e dimostrarne l’esistenza.
Kant riconosce tre filoni del pensiero metafisico nel momento in cui ha come oggetto
della riflessione dio (teologia razionale):
Prova ontologica
La prova ontologia è la più fondamentale. Nella sua formulazione più chiara risale a
sant’anselmo d'aosta, filosofo teologo medievale, considerato come colui che per primo
ha cercato di fornire una prova convincente dell’esistenza di dio.
Sant’anselmo sostiene basandosi sia sul pensiero aristotelico sia sulle opere dei padri della
chiesa, che dio è l’essere per definizione perfettissimo, perché se così non fosse non
potrebbe essere dio. Ossia possiede in sé tutte le qualità possibili e contiene tutto in quanto
se non fosse così non potrebbe essere perfetto in quanto privo di qualcosa. Di
conseguenza tra le infinite proprietà contiene anche la proprietà dell’esistenza. Allora esiste
veramente, perchè altrimenti non sarebbe reale e quindi non sarebbe dio. Per Kant la
proprietà dell’esistenza non è una proprietà che può essere dedotta logicamente partendo
da principi a priori. L’esistenza è una proprietà che può essere soltanto appurata
con l’esperienza, sono necessarie prove empiriche per affermare l’esistenza di qualcosa.
Kant fa l’esempio dei 100 talleri, monete tedesche ai tempi di kant. Dal semplice pensiero
dei cento talleri non consegue che essi esistono. Il nostro pensiero non ha limiti ma ciò non
implica che tutto esista empiricamente.
In questo modo smonta la prova ontologica di sant' Anselmo. Si può pensare
qualunque cosa di dio ma non è detto che esista empiricamente.
Quando applichiamo le categorie dell’intelletto all’oggetto di dio non otteniamo
alcuna conoscenza scientifica in quanto non fa parte del campo delle intuizioni
sensibili.
Prova cosmologica
La prova cosmologica è quella per cui dato che ogni fenomeno fisico ha una causa è
possibile risalire alla causa prima di tutto che non può avere a sua volta una causa, ossia
Dio. Il concetto della causalità è valido finché si è nel mondo naturale, ma dio per
definizione non fa parte del mondo fisico, quindi non è possibile sapere se questo principio
vale anche al di fuori del mondo sensibile. Anche questa prova costituisce un ragionamento
vuoto.
Prova fisicoteologica
Sorge quindi una domanda spontanea. Se queste pseudo scienze si fondano sulle idee
della ragione rispetto a cui non è possibile raggiungere nessuna conoscenza che funzione
hanno?
Su questa domanda Kant aggiunge un nuovo argomento.
Le categorie dell’intelletto di cui si tratta nell’analitica trascendentale hanno un ruolo
costitutivo ossia nella loro applicazione corretta alle intuizioni sensibili costituiscono le
leggi della scienza, producono conoscenza.
Le idee della ragione non svolgono un ruolo costitutivo in quanto non danno origine ad
alcuna scienza, ma hanno una funzione regolativa: pur non producendo conoscenza,
regolano, ordinano e classificano le nostre conoscenze all’interno di raggruppamenti
che consentono di dare ordine alle nostre conoscenze.
Sotto il concetto di idea di anima si possono raggruppare le conoscenze che riguardano
noi stessi e la nostra interiorità, sotto l’idea di mondo raggruppiamo tutte le conoscenze
che riguardano la realtà esterna, sotto l’idea di dio raggruppiamo tutte le conoscenze che
fanno riferimento a un possibile fondamento della nostra realtà oggettiva e soggettiva,
cercando di spiegare l'origine di fenomeni a partire da un fondamento esterno rispetto a
noi e al nostro mondo.
Deriva di conseguenza una ridefinizione del concetto di metafisica. Alla fine di questo
percorso che Kant ha sviluppato nella critica della ragion pura può rispondere alla
domanda circa la definizione di metafisica.
La metafisica intesa in senso tradizionale, a partire da Platone fino a Wolff è inutile per
quanto riguarda la conoscenza scientifica in quanto non produce alcuna conoscenza.
Bisogna dunque ridefinire la definizione, la metafisica non può essere un scenza ma alla
luce dell’idealismo trascendentale può essere definita come quella disciplina che studia
tutte le condizioni a priori della conoscenza.
Di conseguenza bisogna porre una distinzione chiara tra ciò che noi definiamo conoscenza
intesa come conoscenza scientifica e pensiero, dal momento che le due cose non
coincidono. Il nostro pensiero non ha limiti ma questo non implica che sia conoscenza
valida in quanto la conoscenza scientifica è un tipo di pensiero che si fonda su presupposti
definiti nell’analitica.
Quella di Kant è una filosofia dei limiti, all’interno del campo immenso del pensiero
umano esiste un’attività detta conoscenza scientifica solo se risponde a determinati
requisiti.
g
g
g
Nella critica della ragion pura Kant parte dall’analisi dei giudizi per sviluppare le diverse arte
della critica della ragion pura, dal momento che la scienza si esprime attraverso diversi tipi
di giudizi. Nella critica della ragion pratica si parla di morale, di comportamenti umani sul
piano
etico morale determinati da prescrizioni o comandi che ci dicono come agire. Il giudizio è
descrittivo, enunciati che descrivono il mondo, mentre le prescrizioni che stanno alla base
dell’etica chiariscono come agire.
Kant distingue due tipi di prescrizione. Da una parte si parla di massime dall’altra vi sono
gli imperativi.
Le massime sono dei comandi che hanno un valore soggettivo mentre gli imperativi
hanno un valore oggettivo. All’interno degli imperativi Kant distingue due tipi diversi di
imperativi,
l’imperativo ipotetico e l’imperativo categorico. nell’ambito della morale si hanno tre tipi
di prescrizioni: le massime, gli imperativi ipotetici, e gli imperativi categorici.
Il fine della critica della ragion pure è quello di definire una legge morale universale ed
è dunque necessario distinguere i principi che determinano le azioni.
La ragione svolge un ruolo fondamentale nell'etica kantiana: essa è ciò che orienta
e determina la volontà dell'uomo ad agire in vista del bene. La razionalità è un
fattore determinante in tutti i campi, compreso quello della morale.
L’etica di Kant è un'etica del dovere, deontologica, bisogna fare una determinata
cosa perché la ragione lo impone.
I contenuti della morale possono essere molto diversi in relazione ai luoghi, dei periodi delle
culture della propria coscienza (aborto). Si pone quindi il problema di trovare delle leggi
morale valide ovunque e in ogni momento indipendentemente dalle diverse culture e
società. L’etica kantiana è un’etica formale o formalistica, non ha contenuti specifici, non
dice cosa è giusto e cosa non è giusto fare in determinate situazioni, ma riguarda solo la
forma che la legge morale deve avere assumere universalmente nel determinare il
comportamento
umano, in quanto si fonda sulla ragione, caratteristica che accomuna tutti gli
uomini indipendentemente da fattori esterni come la cultura.
L’etica è formalistica e razionalistica ma in quanto tale è anche universalistica, in quanto
si fonda sulla ragione. Si ha un’etica formalistica razionalistica e universalistica.
Quando si parla della legge morale, la modalità attraverso al quale questa etica si
esprime nel modo più giusto è l’imperativo categorico.
Le altre due modalità di prescrizione, le massime e gli imperativi ipotetici non sono adatti
ad esprimere una prescrizione che deve essere razionale universale e formale.
Sia perché le massime hanno un valore soggettivo e in quanto tali non possono essere
universali. Mentre gli imperativi ipotetici (mezzi per raggiungere dei fini preposti) non sono
adatti ad esprimere la legge morale in quanto hanno contenuti specifici, sono sono formali,
indicano azione specifiche necessarie per raggiungere uno scopo. Inoltre lo scopo che una
persona che si propone non è detto che sia razionale, razionale è il calcolo per adeguare i
mezzi utilizzati per raggiungere un fine, ma è detto che lo scopo, il che farebbe venire
meno il razionalismo.
L’imperativo categorico, modalità attraverso cui si esprime l’etica kantiana può essere
formulato secondo tre formule diversa ma complementari. L’imperativo categorico
dettato dalla ragione in senso formale e in senso universale ma può assumere delle
modalità di espressione diverse.
g
h
j
j
j
j
1. “agisci in modo che la massima della tua volontà possa valere sempre come
principio di una legislazione che abbia una validità universale”.
La legge morale per definizione deve essere adatta a valere universalmente. Questo
criterio formale permette di stabilire immediatamente la formula dell’imperativo categorico.
La prima modalità è la prima formulazione dell’intelletto categorico
- es. prescrizione di non rubare: può valere universalmente ovvero nessuno deve
rubare? sì; prescrizione di rubare: si può desiderare che si tratti di un principio
universale? no, non è un imperativo categorico.
Per verificare la validità si può sottoporre qualsiasi massima a una sorta di test e si scoprirà
che l’intelletto comune quando valuta la moralità di un’azione, presupponga questo
principio. Si tratta di qualcosa di formale che riguarda l'universalità della massima di un
comportamento.
2. “Agisci in modo da trattare, l’umanità così nella tua persona come nella persona di
ogni altro, sempre insieme come fine, mai semplicemente mezzo”
Agisci in modo tale da considerare sia te stesso sia ogni altro essere umano mai come
fosse soltanto un mezzo per raggiungere un fine (non strumentalizzare mai né te stesso né
gli altri essere umani) ma considera sempre l’umanità stessa come un fine in sé. Non
sfrutta né il tuo prossimo né te stesso per raggiungere fini personale ma considera
l’umanità come un fine, qualcosa che ha un valore in se stesso.
Questa formulazione nasce dalla considerazione del fatto degli essere umani come essere
razionale. Ogni essere umano in quanto razionale ha diritto ad essere rispetto per quello
che è. Non rispettando la razionalità umana si degraderebbe la morale a un mezzo.
L’azione non è più morale ma assume contenuti specifici (si torna all’imperativo ipotetico) se
la razionalità umana non viene rispettata ma sfruttata.
3. “Agisci in modo che la tua volontà in quanto essere ragionevole, possa essere
considerata una volontà universalmente legislatrice”.
Gli uomini infatti non si occupano soltanto di conoscenza scientifica o di morale, ma anche
di quella sfera dell’esistenza umana che riguarda l’estetica e la bellezza intesa come fonte
di piacere. Gli uomini possiedono una facoltà estetica ovvero una sensibilità che permette
di distinguere il bello (che produce un sentimento di piacere) e il brutto (ciò che suscita un
sentimento di dispiacere o repulsione)
I giudizi riflettenti quindi hanno a che fare con la sfera del sentimento, ovvero di quelle cose
naturali o artificiali che producono dei sentimenti di piacere o dispiacere che vengono in
base a queste definite belle o brutte. Anche i sentimenti svolgono un ruolo nella vita umana
che molto spesso si rivela determinante.
Kant analizza quindi un’altra funzione della mente umana ovvero il sentimento sia nella
sfera dell’arte sia in quella della vita quotidiana.
All’interno dei giudizi riflettenti esistono i giudizi estetici e teleologici, rispettivamente relativi
all’arte e relativi ai sentimenti suscitati in noi dalla natura nel momento in cui la
consideriamo non come oggetto di conoscenza scientifica, ma come un’entità generale
dotata di un ordine e di un’armonia interna (la natura svolge due funzioni diverse: una rosa
può essere definita e descritta sia dal punto di vista di un botanico attraverso giudizi
determinanti che semplicemente in maniera soggettiva attraverso dei giudizi riflettenti che
ne esplicitano la bellezza, i significati simbolici eccetera).
- I Giudizi estetici empirici (del gusto) sono giudizi di gusto personale perché si
fondano sull'esperienza, e variano da persona a persona.
- I giudizi estetici puri, invece che non dipendono dall'esperienza empirica, sono quelli
che possono avere in linea di principio una pretesa di universalità (una certezza
assoluta non è possibile) anche nel campo dei sentimenti ci sono dei giudizi che
possiamo presumere possano essere universali, ossia validi per tutti, (‘una rosa in
fiore è bella’ tende a valere per tutti).. Questa pretesa di universalità si fonda sul
fatto che bene o male certe strutture fondamentali sono comuni in quanto umani
siamo fatti allo stesso modo. Ciò vale nel bello come nel brutto, si può ipotizzare
siano valide per tutti perché si basano sulle strutture percettive se non uguali simili
in tutti gli uomini.
I giudizi estetici possono avere come soggetto il bello, ciò che suscita piacere o dispiacere,
ma anche il sublime. Ciò che produce in noi un sentimento dell’illimitato qualcosa che non
ha limite o confine, qualcosa di straordinario o eccezionale che da un alto attrae dall’altro
spaventa. Esistono il sublime matematico, ossia ciò che mi stupisce su una misura di
grandezza, qualcosa di illimitato che suscita ammirazione e terrore, ma anche il sublime
dinamico, ciò che stupisce per la potenza (terremoto, eruzione di un vulcano) forze talmenti
potenti, impossibili da controllare che sottolineano la nostra piccolezza di fronte alla natura.
Questi fenomeni suscitano in noi la consapevolezza di ciò che ci caratterizza e si
distingue dal resto della natura, unica essere viventi consapevoli e coscienti di se stessi e
capaci di agire moralmente, di seguire con i nostri comportamenti una legge morale. Gli
esseri umani sono diversi e superiori rispetto al resto nella natura.
vita (vedi libro pag 382); come nel caso di kant, anche per hegel la sua vita (da un punto di
vista esteriore) non è una vita ricca di molte avventure. ha visitato la germania, l’italia però la
sua vita esteriore è la vita di un accademico-> è un uomo che ha focalizzato tutte le sue
energie nella produzione della sua filosofia.
vita e opere
nasce a danzica nel nord europa sul baltico che oggi fa parte della polonia, ma all’epoca era
della germania. poi da danzica la famiglia si trasferisce ad amburgo. nasce in una famiglia
dell'alta borghesia cittadina perché suo padre era un commerciante e proprietario di una
grande impresa di commercio a livello internazionale; il padre era il classico capitalista
protestante-> per lui il lavoro era anche il simbolo della benevolenza di dio. frequentavano le
famiglie più altolocate della società borghese tedesca. questo padre aveva sposato una
donna molto più giovane di lui che era la madre di schopenhauer, la quale però era tutto
l'opposto del padre-> era una donna a cui piaceva fare la vita di società. accade che il padre
avrebbe voluto che suo figlio facesse degli studi commerciali per rilevare l'azienda familiare
e la facesse crescere. infatti fin da quando è ragazzo comincia a viaggiare (il padre aveva
contatti in tutto il mondo) per far si che entrasse nella realtà dell’azienda. questo fu un
periodo felice. a un certo punto però muore il padre e lui rimane orfano di padre abbastanza
giovane; da un punto di vista emotivo era molto legato al padre, condivideva i valori e l’etica
e questo lutto lo colpisce tremendamente. con la morte del padre tutti gli averi passano nelle
mani della madre; nel primi anni cerca di tenere in piedi le cose però lei era una donna che
non era minimamente interessata al commercio, quindi decide di trasferirsi a weimar (centro
della cultura tedesca); vende l’azienda di famiglia, poi aveva anche il capitale messo da
parte del padre, vende alcune proprietà e diventa una donna ricchissima. a weimar si
compra una casa e apre un salotto letterario (andavano di moda). schopenhauer per il
momento preferisce rimanere ad amburgo perché dentro di sé vorrebbe seguire quello che il
padre avrebbe voluto per lui-> va a fare pratica presso alcune aziende. dopo qualche anno
si rende conto che quella era la volontà di suo padre, ma che la carriera economica non fa
per lui; quindi anche lui lascia amburgo e va dalla madre che lo introduce nell’ambiente
culturale. però anche lì si rende conto che il tipo di vita che fa la madre è troppo frivola,
basata solo sull’esteriorità-> si trova in disaccordo con la madre perché lui non era un
carattere mondano. lascia anche la madre e si iscrive all’università e viene introdotto da un
amico alla conoscenza del pensiero buddista e induista, e quando ha 25 anni discute la sua
tesi di dottorato e con questa ottiene l’abilitazione per diventare libero docente e insegnare
in università. però lui si trova a fare questo nello stesso momento in cui a berlino hegel
insegna (già riconosciuto in tutta la germania), quindi erano in pochi che ascoltavano le sue
lezioni; poi lui nelle sue lezioni criticava hegel apertamente; quindi la sua carriera
universitaria comincia e finisce lì. aveva pubblicato il suo testo fondamentale che però nella
sua prima edizione non fu ben compreso.
schema 1 schopenhauer
il mondo come verità e rappresentazione
significato titolo: nel titolo compare prima il termine volontà e poi rappresentazione, perchè
da punto di vista di schopenhauer la volontà è quell'aspetto che costituisce la vera realtà del
mondo, mentre la rappresentazione è subordinata rispetto alla volontà. però nell'esposizione
della materia (il libro è suddiviso in quattro sezioni) nella prima sezione parte parlando della
rappresentazione. poi dopo averlo sviluppato passa alla volontà nella seconda sezione. poi
nella terza sezione riprende il tema della rappresentazione portano a compimento le
questioni aperte, e nella quarta parte parla della volontà nell’ottica prospettica cercandi di far
vedere quali sono le vie della liberazione.
la sua filosofia riprende e radicalizza alcune definizioni che provengono dalla filosofia
kantiana però portandole a delle conseguenze estreme-> gli dà una nuova direzione.
concetti di fenomeno e noumeno. dal fenomeno fa derivare il discorso sulla
rappresentazione, mentre dal noumeno la problematica della volontà.
-fenomeno e rappresentazione: fenomeno è un termine greco che col dire ciò che appare
davanti nostri occhi; il significato che gli ha dato kant: una costruzione che deriva
dall’applicazione delle categorie dell’intelletto alle intuizioni sensibili. mentre per
schopenhauer il fenomeno è rappresentazione e la prima frase che si legge nel testo è molto
provocatoria “il mondo è una mia rappresentazione” (lui presuppone che chi legge abbia una
cultura filosofica)-> bisogna intendere l'affermazione nel senso che ciò che comunemente
chiamiamo il mondo (lo presupponiamo come qualcosa di esterno a noi e che ci precede),
se cerchiamo di dare una definizione concettuale di che cosa sia il mondo in se stesso
diremmo che è l’insieme di tutte le cose che ci sono fuori di noi; ma qui lui mette in dubbio
questa concezione comune del mondo, perché queste cose che stanno fuori di noi e che noi
definiamo il mondo in che modo noi ne diventiamo consapevoli?-> attraverso delle immagini
mentali (ritorno a kant)-> non posso sapere cos’è quella cosa in se stessa, la conosco solo
tramite le rappresentazioni della mia mente; dico che una cosa esiste perchè la mia mente
produce delle rappresentazioni. nel momento in cui vengono a mancare le rappresentazioni
del mondo che facciamo con la nostra mentre, viene a mancare anche il mondo. il mondo è
una mia rappresentazione (del soggetto) è una frase vera. questo pensiero di schopenhauer
è stato ripreso a livello delle neuroscienze-> ciò che noi chiamiamo mondo è un prodotto
dalla nostre rappresentazioni mentali che derivano dal cervello. tutto ciò che chiamiamo
deve essere per forza ricondotto a delle rappresentazioni. su queste rappresentazioni si
fonda la conoscenza scientifica, cioè quell'attività umana che si basa su rappresentazioni
(kant radicalizzato). come fa il nostro intelletto a costruire le rappresentazioni? [schema 2] lui
per spiegare in che modo la nostra mente costruisce le rappresentazioni dice che costruisce
attraverso le tre categorie di spazio, tempo e causalità. spazio e tempo sono le forme
dell'intuizione sensibile a priori secondo kant, la causalità è l'equivalente che nel sistema di
kant sono le 12 categorie dell’intelletto.
schopenhauer prende un’altra strada rispetto a kant riguardo alla conoscenza scientifica. vi
è una valutazione di schopenhauer diversa; perché secondo kant la conoscenza scientifica
fondata sui fenomeni, all'interno dei suoi limiti è una conoscenza valida e tutto ciò che sta
fuori dai confini non è scienza. secondo schope invece la conoscenza scientifica non è come
pensava kant, una conoscenza che ci avvicina alla verità ma è ingannevole; le categorie
stanno solo dentro la nostra mente e ci fanno vedere il mondo solo in un certo modo, come
se fosse riflesso in degli specchi deformati. è una verità evanescente, perché la verità del
mondo si trova su un altro piano. schope usando un mito della filo indiana dice che questo
tipo di conoscenza basata sulla rappresentazione può essere paragonato al velo di maya
[divinità che getta sul mondo reale un velo che impedisce agli uomini come stanno
effettivamente le cose, quindi l’unico modo che hanno è quello di oltrepassare questo velo
per vedere al di là]. secondo schope la conoscenza scientifica ci tiene lontani dalla verità,
perché non si pone sul piano delle rappresentazioni, ma su quello della volontà.
nell’ultima parte del mondo come volontà e rappresentazione, schope sviluppa una
prospettiva diversa che non è più così pessimistica-> allora di fronte a questa condizione di
dolore e sofferenza, cosa possono fare gli uomini? esistono nella vita umana delle
possibilità, che hanno solo gli uomini, perché seguendo certe strade gli uomini hanno la
possibilità di liberarsi, di andare al di là della loro normale condizione naturale di sofferenza.
indica dei percorsi che gli uomini hanno per uscire da questa condizione di dolore.
tre vie di liberazione: arte, morale, ascesi.
● arte: quando vediamo un oggetto in modo artistico, non lo vediamo attraverso le
categorie dello spazio, tempo, causalità che sono tipiche delle strutture a priori
dell'intelletto, ma guardiamo un oggetto in senso ideale, cioè sganciato dalle strutture
a priori di spazio, tempo e causalità. è un processo di elevazione verso l’alto, in cui ci
stacchiamo dal mondo delle rappresentazioni e avvediamo a una sfera più alta che
sta oltre al tempo, allo spazio, ai desideri. l’altre ci porta in elevazione verso una
sfera superiore che ci distacca dal mondo quotidiano.
critica filosofia
qual è la critica filosofica che feuerbach muove all’idealismo e quindi anche a hegel. l’errore
che queste filosofie hanno commesso è quello di avere invertito tra di loro il concreto e
l'astratto; la filosofia dell’idealismo sostanzialmente da un punto di vista della sua struttura di
fondo, questi autori hanno in comune il fatto che fanno derivare come conseguenza il
contratto dall’astratto→ partono tutte da un principio astratto che è il fondamento di tutto e
da lì fanno derivare come conseguenza tutto il resto, quindi anche la realtà umana concreta.
invece, dice feuerbach, se noi vogliamo capire come funzionano veramente le cose
dobbiamo rovesciare questo rapporto, bisogna piuttosto dire che è vero l'opposto→ che il
punto di partenza è il concreto e l'astratto è una conseguenza che deriva dal concreto.
bisogna operare un rovesciamento di quelli che sono i rapporti tra astratto e contesto previsti
dagli idealisti. il concreto per gli idealisti corrisponde all’essere, mentre l’astratto corrisponde
al pensiero. quindi anche il concreto di feuerbach possiamo definirlo come l’umanità e
l’astratto in questo caso sarebbe lo spirito. alla base c’è il rovesciamento tra le due cose.
posta questa condizione di fondo ne derivano una serie di conseguenze perché la filosofia
per potersi sviluppare su della basi solide non può partire dall’astratto perche non puo
essere compreso, se non come un prodotto/una costruzione derivante dall’attività umana,
cioè dal conto. le idee non esistono in sé per sé, ma derivano dal pensiero umano. non
possiamo assolutizzare l’astratto e usarlo come punto di partenza perché, dice feuerbach,
se non si fosse il concreto (la realtà umana) non ci sarebbe nessuno spirito/nessuna idea;
perché come si fa a sostenere l’esistenza di un pensiero se non solo in relazione al soggetto
pensante. [es: la terra non fosse un pianeta come questo in cui viviamo, ma uno come la
luna o marte. esisterebbe un pensiero astratto? no, perché non c’è nessun soggetto capace
di pensare]. profondo radicamento nel concreto in feuerbach→ non possiamo sostenere che
esiste qualcosa di astratto se prima non c’è al abse un soggetto capace di pensare e di
produrre dei concetti astratti. tutti i concetti sono il prodotto di un pensiero. e dunque se
partiamo da questo rovesciamento, allora possiamo capire meglio di cosa stiamo parlando→
tutto quello che trattiamo all’interno del discorso filosofico è correlato al concreto, agli esseri
umani che sono capaci di sviluppare un pensiero astratto e di formulare dei concetti. con
feuerbach c’è una forte svolta di tipo antropologico (scienza che studia l’uomo) → questo
capovolgimento mette al centro l’essere umano. dal punto di vista di feuerbach crolla tutto il
discorso che faceva hegel, che diceva che l’essere concreto è un prodotto dell’attività dello
spirito (idea in sé che diventa idea fuori di sé). esiste un soggetto concreto materiale, che è
l’essere umano, che è in grado di produrre un pensiero astratto grazie al quale riesce a
produrre delle entità astratte.
pag 100 e 101→ vita e opere. entra nell'ambiente della sinistra hegeliana quando va
studiare a berlino. studia feuerbach, su cui farà una critica. è sempre stato un perseguitato
perché era un personaggio scomodo→ perché prendeva posizione sempre contro il potere;
ha fatto una vita da esule.
pag 102-103→ confronto con hegel. quando si è formato a berlino, che era ancora dominato
dalla filosofia di hegel, si forma sulla filosofia di hegel e questa matrice hegeliana gli rimarrà
per tutta la vita,a che se poi si distaccherà e farà della critica molto radicali al suo pensiero.
nasce e si sviluppa all’interno del dibattito hegeliano, all’interno della sinistra hegeliana.
critiche fondamentali di marx a hegel applicate soprattutto al concetto dello stato; lo schema
che usa all'inizio per criticare hegel è lo stesso di feuerbach, lo schema del rovesciamento
che applica allo politica e al concetto di stato. conserva anche il concetto di dialettica di
hegel; in seguito svilupperà la dialettica di matrice hegeliana, ma sul piano materiale.