Indice
Storia
Ispirazione
Influenza culturale e politica
Filmografia
Note
Monumento all'Università Ludwig
Bibliografia Maximilian di Monaco, dedicato al
Voci correlate gruppo della Rosa Bianca.
Altri progetti
Collegamenti esterni
Storia
Operativo a Monaco di Baviera, il gruppo pubblicò sei opuscoli, che chiamavano i tedeschi a ingaggiare
la resistenza passiva contro il regime nazista. Un settimo opuscolo, che potrebbe essere stato preparato,
non venne mai distribuito perché il gruppo cadde nelle mani della Gestapo. Il gruppo era composto da
cinque studenti: i fratelli Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf, tutti
poco più che ventenni. Ad essi si unì anche un professore, Kurt Huber, che stese gli ultimi due opuscoli.
Sebbene i membri della Rosa Bianca fossero tutti studenti all'Università Ludwig Maximilian di Monaco,
avevano anche partecipato alla guerra sul fronte francese e su quello russo, dove furono testimoni delle
atrocità commesse contro gli ebrei e sentirono che il rovesciamento delle sorti che la Wehrmacht soffrì a
Stalingrado avrebbe alla fine portato alla sconfitta della Germania. Essi rigettavano la violenza della
Germania nazista di Adolf Hitler e credevano in un'Europa federale che aderisse ai principi cristiani di
tolleranza e giustizia. Citando estensivamente la Bibbia, Sant'Agostino, Rilke, Laozi, Aristotele e
Novalis, così come Goethe e Schiller, si appellarono all'intellighenzia tedesca, credendo che si sarebbe
intrinsecamente opposta al nazismo. La loro ideologia si era formata seguendo le tesi del movimento
giovanile cattolico Quickborn, guidato dal sacerdote d'origine italiana Romano Guardini[1] ed era stata
influenzata, oltre che dal parroco di Söflingen (un quartiere di Ulm in cui era presente una forte
resistenza cattolica al nazismo) Franz Weiss, anche da Carl Muth e Theodor Haecker, due intellettuali
cattolici anti-nazisti, il cui pensiero influenzerà molto le scelte di resistenza pacifica del gruppo.[2]
Questa, secondo i loro piani, doveva attuarsi attraverso la distribuzione di volantini in luoghi pubblici, il
cui contenuto avrebbe dovuto risvegliare la coscienza del popolo tedesco.
«Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate; impedite che questa atea
macchina da guerra continui a funzionare, prima che le città diventino un cumulo di
macerie...»
I fratelli Scholl e Probst furono i primi ad affrontare il processo, che era chiaramente una farsa, il 22
febbraio 1943, presso il Volksgerichtshof («tribunale del Popolo»), un tribunale politico speciale
presieduto da Roland Freisler. Nel corso di un breve dibattimento, durato cinque ore, furono reputati
colpevoli e ghigliottinati il giorno stesso. Le guardie del carcere e lo stesso boia dissero che mai avevano
visto morire tanto coraggiosamente dei giovani, in particolare la ragazza. Qualche giornale di Monaco
portò in breve la notizia. Le motivazioni della sentenza furono le seguenti:
«Gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio
dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita
nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno
diffamato il Führer in modo assai volgare, prestando così aiuto al nemico del Reich e
indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono essere
puniti con la morte.[4]»
Gli altri membri chiave del gruppo, processati il 19 aprile 1943, furono anch'essi trovati colpevoli e
decapitati nei mesi successivi. Amici e colleghi della Rosa Bianca, che aiutarono nella preparazione e
distribuzione degli opuscoli e raccolsero fondi per la vedova e il giovane figlio di Probst (Probst aveva
tre figli, di cui uno appena nato), vennero condannati al carcere con una pena oscillante tra i sei mesi e i
dieci anni. Nel complesso a Monaco e Amburgo furono condannati a morte quindici appartenenti al
gruppo e trentotto alla carcerazione. Questi ultimi alla fine della guerra furono liberati dalle truppe
statunitensi. Durante il nazismo il Volksgerichtshof da solo condannò a morte cinquemilatrecento
persone.[3]
Se dobbiamo dar retta al libro di David Irving, La guerra di Hitler, Hitler così commentò la repressione
della Rosa Bianca:
Ispirazione
Davanti alla Gestapo, Sophie sostenne che Hans si era ispirato al
simbolo dei nobili perseguitati dalla rivoluzione francese.[7]
Diversi riconoscono influenze anche di Léon Bloy, scrittore
reazionario cattolico francese, sul pensiero di Hans Scholl,
ideologo principale.[8] Nel quarto volantino, con uno stile che
ricorda quello di Bloy, Hans attacca Hitler con toni mistici:
La parola democrazia ricorre solo una volta nei volantini. Nel primo, con una prudentissima astensione:
"Non vogliamo qui formulare giudizi sulle possibili, diverse forme di Stato, la democrazia, la monarchia
costituzionale, la monarchia assoluta e così via". Resta implicito l'obiettivo democratico in tutti gli altri
testi, che condannano lo Stato autoritario e auspicano il ritorno a uno Stato di diritto.[11]
(La voce narrante in La Croce, la Rosa e la Svastica, di Paolo Borella, edizione Sergio Fratini su Raiuno,
da Pagine della Resistenza Europea, di Emanuele Milano e Gianni Salmi del 25 aprile 1962.)
Con la caduta del regime nazista, la Rosa Bianca divenne una rappresentazione della forma più pura di
opposizione alla tirannia, senza interesse per il potere personale o l'autocelebrazione. La loro vicenda
divenne così popolare che il compositore Carl Orff (che era rimasto in Germania durante la guerra)
sostenne, per fugare da sé i sospetti di collusione con il regime nazista di fronte agli alleati che lo
interrogavano, di essere stato uno dei fondatori della Rosa Bianca e venne rilasciato. Benché fosse
personalmente in contatto con Huber, non ci sono prove che Orff fosse stato in alcun modo coinvolto nel
movimento e probabilmente fece quella dichiarazione per sfuggire alla carcerazione.
La fondazione Weiße Rose è stata costituita nel 1986 a Monaco di Baviera da componenti e superstiti del
gruppo e da parenti e amici dei membri giustiziati, in particolare Franz Josef Müller e Traute Lafrenz,
con lo scopo di promuovere la conoscenza storica e culturale del movimento di resistenza antinazista.
Nel 2005 è stato prodotto in Germania un film che narra gli accadimenti finali della vicenda dei
partecipanti all'organizzazione clandestina, intitolato La Rosa Bianca - Sophie Scholl. Sophie Scholl
viene inoltre menzionata nel finale di La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler in un'intervista di repertorio
da Traudl Junge, nativa di Monaco di Baviera proprio come lei.
Alla Rosa Bianca è anche intitolato l'istituto di istruzione superiore di Cavalese e Predazzo in Trentino-
Alto Adige e la Scuola Media Statale di Saluzzo, in provincia di Cuneo. Il nome è stato inoltre utilizzato
da alcuni movimenti culturali e politici.
Dall'unione delle sezioni linguistiche pubbliche della città di Trento è nato un Liceo Linguistico[12] che è
stato intitolato a Sophie Scholl.
I fatti de La Rosa Bianca sono soggetto dell'opera cameristica Die Weiße Rose di Udo Zimmermann, che
racconta gli ultimi istanti di vita di Hans e Sophie Scholl prima di essere decapitati.
Filmografia
La rosa bianca, regia di Alberto Negrin (1971), sceneggiato televisivo RAI in due puntate[13]
Die Weiße Rose, regia di Michael Verhoeven (1982)
La Rosa Bianca - Sophie Scholl (Sophie Scholl – Die letzten Tage), di Marc Rothemund
(2005)
Note
1. ^ Aa.vv., Romano Guardini e i movimenti moderni, RACCOLTA CIVILE (2), 2011, p.2
2. ^ Hans and Sophie Scholl, German Resisters of the White Rose, Toby Axelrod, Library
Bound Book, 2001, ISBN 978-0-8239-3316-7
3. Testimonianza di un sopravvissuto del gruppo, su nostreradici.it.
4. ^ Estratto dalla sentenza a carico di Hans Scholl, Sophie Scholl e Christoph Probst, su
olokaustos.org. URL consultato il 25 novembre 2007.
5. ^ Dalla rivista Missioni Consolata (http://sfogliabile.rivistamissioniconsolata.it/2016/MC_01_
2016/files/assets/basic-html/page-74.html#)
6. ^ La guerra di Hitler, traduzione di M. Spataro, Roma, Edizioni Settimo Sigillo, 2001.
7. ^ La Rosa Bianca non vi darà pace, p. 194.
8. ^ Lettres de Hans et Sophie Scholl (http://www.periblog.fr/2011/08/leon-bloy-hans-et-sophie
-scholl-lettres.html?m=1)
9. ^ La Rosa Bianca non vi darà pace, pp. 194-195.
10. ^ La Rosa Bianca non vi darà pace, pp. 50, 55.
11. ^ La Rosa Bianca non vi darà pace, pp. 55-56.
12. ^ Liceo Linguistico Trento (http://www.linguisticotrento.it/)
13. ^ La rosa bianca (1971), su Internet Movie Database. URL consultato il 31 luglio 2019.
Bibliografia
Inge Scholl, La Rosa Bianca, traduzione di Marcella Ravà, Valentina Gallegati, ITACA, 2007
[1993], ISBN 978-88-526-0113-2.
Romano Guardini, La Rosa Bianca, traduzione di Michele Nicoletti, 2ª ed., Morcelliana,
2005 [1994], ISBN 978-88-372-1530-9.
Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca non vi darà pace, Abbecedario della giovane resistenza
Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca, un gruppo di resistenza al nazismo in nome della libertà,
Edizioni Paoline, 1993, ISBN 978-88-215-2662-6.
Voci correlate
Resistenza tedesca
Germania nazista
Rosa (simbolo)
Sophie Scholl
Josef Söhngen
Altri progetti
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Collegamenti esterni
Testo degli opuscoli distribuiti dalla Rosa Bianca: (i) (http://www.rosabianca.org/?page_id=6
8), (ii) (http://www.rosabianca.org/?page_id=70), (iii) (http://www.rosabianca.org/?page_id=7
7), (iv) (http://www.rosabianca.org/?page_id=80), (v) (http://www.rosabianca.org/?page_id=
83), (vi) (http://www.rosabianca.org/?page_id=87).
L'importanza della "Rosa Bianca" per il futuro dell'Europa (http://www.nostreradici.it/rosa_bi
anca.htm). Conversazione tenuta a Belluno il 5/02/1996, di Franz Josef Mueller
(sopravvissuto del gruppo)
VIAF (EN) 131008281 (https://viaf.org/viaf/131008281) · LCCN (EN) n83010975 (htt
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Controllo di 16037) (data) (https://data.bnf.fr/ark:/12148/cb119716037) · BNE (ES) XX4442327 (ht
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327) (data) (http://datos.bne.es/resource/XX4442327) · NLA (EN) 35642711 (https://nl
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