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Lezione 3

con questa di oggi termino le lezioni di ripetizione.


Le proteine: Costituiscono circa il 15% del contenuto cellulare. Le funzioni sono molte e differenziate :
-Enzimi
-Struttura
-Trasporto
-Movimento
-Difesa cellulare
-Deposito
-Segnalazione
-Recettori
-Regolazione genica
-Funzioni speciali

La funzione di molte proteine richiede il legame reversibile di altre molecole (ligandi). Il ligando si lega ad
una regione detta sito di legame, e questo legame è favorito dalla flessibilità delle proteine. Il legame tra
una proteina e il suo ligando è generalmente associato ad un
cambio conformazionale. Nei sistemi a più subunità, tali
modificazioni possono essere trasmesse da una subunità ad
un’altra. L’interazione tra una proteina e il suo ligando
possono essere regolate, spesso mediante interazione con
altri ligandi.
slide4
La comprensione del modo in cui le proteine interagiscono
con i ligandi è fondamentale per capire in che modo le proteine funzionano e in che modo possiamo
modificare la loro funzione., per migliorare le sue caratteristiche(esempio aumentare la capacità di
riconoscere un substrato, capacità di mantenere la propria conformazione in ambienti sfavorevoli e cosi
via). (slide 5)Quindi qui interviene il ruolo del bioinformatico che in qualche modo deve valutare se è
possibile progettare a priori una modificazione di una proteina che possa contribuire alla generazione di
varianti migliori. (slide6)Per produrre proteine diverse dobbiamo ricorrere a tecniche di MUTAGENESI di cui
esistono moltissime varianti, da quelle più vecchie basate sull’introduzione di mutazioni casuali a quelle più
legate alla capacità di manipolazione di DNA in cui si introduce in modo selettivo delle mutazioni specifiche
all’interno di una sequenza nucleotidica. In generale l’approccio alla generazione di diversità nelle proteine
si basa su due strategie diverse:
-Strategie usando un approccio bioinformatico, quindi sulla base della conoscenza della sequenza e della
struttura tridimensionale della proteina andiamo a prevedere quello che possa essere l’effetto di qualche
sostituzione amminoacidica mirata(quindi si parla di mutagenesi Sito-Diretta) sulla struttura e sull’attività
della proteina.(qui conosciamo la struttura e la sequenza della proteina e sappiamo come si ripiega e da qui
proponiamo una sostituzione utile per migliorare la proprietà che vogliamo implementare).
-Oppure si possono utilizzare metodiche completamente casuali di generazione di diversità legate poi alla
capacità di selezionare eventuali varianti con caratteristiche superiori.(sistema indipendente dalla
conoscenza della struttura precisa della proteina e quindi si ricorre a mutagenesi casuale e poi si scelgono
le varianti con le migliori caratteristiche).
Queste tipo di metodiche richiedono una capacità di introdurre mutazioni all’interno di una sequenza
clonata e lo si può fare con metodi diversi ad esempio utilizzando la reazione a catena della polimerasi. La
TAQ polimerasi è un enzima estremamente efficace nel sintetizzare DNA , ma che nella sua forma più
classica manca dell’attività esonucleasica 3’ ->5’ per cui spontaneamente introduce errori con un’elevata
frequenza; questa capacità di introdurre errori può essere facilmente spinta dalla modificazione delle
condizioni sperimentali in cui si effettua l’amplificazione ad esempio aggiungendo ioni manganese alla
miscela di reazione; tutte le polimerasi per interagire con il DNA usano degli ioni magnesio che servono a
schermare le cariche del fosfato dei nucleotidi,e quindi se aggiungiamo manganese in qualche modo va a
spiazzare il magnesio(?)e promuove la capacità della polimerasi di selezionare il nucleotide sbagliato e
quindi aumenta in modo significativo la frequenza di errore. Quindi otterremo DNA amplificato in cui è
stato introdotto mutazioni casuali. Quando
produciamo mutazioni casuali la strategia che
perseguiamo per ottenere delle varianti superiori è
detta EVOLUZIONE NON ORIENTATA o EVOLUZIONE
DIRETTA DELLE PROTEINE perchè in qualche modo si
rifà ad un meccanismo naturale di introduzione di
diversità all’interno di una sequenza nucleotidica per
cui poi le varianti migliori vengono selezionate da
forze selettive (selezione naturale) , in questo caso è
una selezione orientata perchè è lo sperimentatore
che pone delle condizioni selettive che consentono
l’identificazioni di varianti che noi consideriamo
migliori. (slide9)Ad esempio se vogliamo selezionare un anticorpo che abbia maggiori capacità di
riconoscere l’antigene. Nell’anticorpo esistono le
regioni ipervariabili che sono associate alla
capacità di riconoscimento dell’antigene e noi
possiamo progettare degli esperimenti con cui
selezionare degli anticorpi generati in vitro che
abbiamo una capacità massimizzata di riconoscere
un certo antigene. (slide11)A questo scopo
possiamo utilizzare ad esempio la tecnica del
Phage Display che è una tecnica in cui facciamo
esprimere una proteina di nostro interesse, nel
nostro caso un anticorpo o un frammento di un
anticorpo sulla superficie di una particella virale,
ad esempio fago M13 e facendo in modo che una proteina del
capside venga prodotta in forma fusa alla proteina che ci interessa;
in questo caso è schematizzato un frammento FAB anticorpale.
Il frammento FAB(che contiene una catena pesante e una catena
leggere e ha un singolo sito di legame per un antigene)che si ottiene
per digestione proteolitica con la papaina. (slide12)Se noi abbiamo
costruito un vettore di espressione che produce una proteina
capsidica ad esempio la G3P(forse voleva dire Gene PIII) del fago
M13 in forma fusa con la catena pesante di un frammento FAB e
(?)in vettore che contiene la stessa quantità della catena leggera sempre lo stesso frammento FAB(?),
potremmo ottenere delle particelle virali che sulla loro superficie espongono, associato alla proteina virale
PIII, la proteina che corrisponde al frammento FAB e che sta sulla superficie.
slide12

Questo è un sistema che può essere utilizzato per esporre proteine di varie dimensione(da 6-300 aa), da
piccoli peptidi a grandi peptidi e di varia
natura(anticorpi o enzimi) e se noi
applichiamo la metodica dell’introduzione
della variabilità, come quella descritta prima
attraverso l’uso della reazione a catena della
polimerasi sul frammento clonato,
genereremo una library di diverse particelle
virali, ciascuna delle quali sulla sua superficie
in associazione con la proteina del capside,
esporrà una variante diversa della proteina
clonata. Questo tipo di particelle possono
essere usate in una fase successiva per un
esperimento di screening; ad esempio se
abbiamo espresso degli anticorpi che legano
una proteina a noi nota, possiamo utilizzare
un saggio di legame in cui queste particelle vengono utilizzate per riconoscere l’antigene immobilizzato su
una superficie e attraverso procedure di lavaggio via via sempre più stringenti, selezioneremo quelle
particelle che spungono(?) l’anticorpo che lega con più affinità la proteina legata alla superficie e potremmo
a quel punto riestrarre la sequenza di DNA associata a quel virus e ottenere una particella virale e
amplificarla in modo da ottenere la proteina che ci interessa oppure ripetere ulteriormente il ciclo di
mutagenesi e selezione per migliorare ulteriormente la selezione di varianti migliori.
slide15
Tornando indietro queste procedure di mutagenesi non orientata quasi sempre sono effettuate attraverso
la reiterazione del processo di mutagenesi e selezione in modo da rendere più ampio il ventaglio di
variazioni nucleotidiche generate e quindi aumentare la probabilità di identificare combinazioni
amminoacidiche più complesse.
(slide19)Tutte queste considerazioni su proteine e ligandi richiedono in ogni caso l’utilizzo di metodiche
attraverso cui si possa misurare
una stabilità di legame tra
proteina e ligando e l’interazione
tra loro è quasi per definizione di
natura reversibile e questo
significa che le due molecole
tendono ad associarsi e a
dissociarsi in modo continuo fino
a raggiungere un equilibrio dove
però la singola molecola può
sempre dissociarsi. Noi possiamo
studiare l’associazione tra
proteina e ligando in una
condizione di equilibrio, cioè nella condizione in cui la
quantità di ligando associato alla proteine è di tipo
stabile. Ciascuna interazione proteina-ligando può
essere definita attraverso la determinazione di costanti
di equilibrio.
L’interazione tra la proteina e il ligando è caratterizzata
da due possibilità:
- Le due molecole possono associarsi e poi dissociarsi
-oppure possiamo osservare il fenomeno opposto in cui
le molecole di associano formando il complesso.
Per ciascuna associazione molecola-ligando possiamo
definire delle costanti di associazione e di dissociazione che sono dipendenti sia dalle concentrazioni delle
due specie sia da quelle che sono le costanti di associazione e dissociazione.

In generale in condizioni di equilibrio la stabilità dell’interazione proteina-ligando è definita da una costante


di equilibrio che è data da un rapporto tra una costante di associazione tra le due molecole e la costante di
dissociazione(la tendenza delle molecole a separarsi). Quindi è dipendente da quello che è il rapporto tra la
concentrazione del complesso e la concentrazione delle due specie separate(ligando libero e proteina
[𝑃𝐿]
libera. 𝑲𝒂 = [𝑃][𝐿] costante di associazione.
Più alta è la forza con cui le molecole interagiscono tanto più alta sarà la costante di equilibrio e quindi
tanto maggiore sarà la stabilità di questo tipo di interazione. Lo studio della proteine e il suo ligando può
essere descritto anche in modo abbastanza semplice, se noi consideriamo una proteina e la mettiamo in
soluzione con il suo ligando, si potrà formare il complesso proteina-ligando di natura reversibile e la
costante di associazione è data dal rapporto tra la concentrazione del complesso proteina-ligando sulla
concentrazione della proteina libera e del ligando libero.
Se definiamo come Θ (Teta) quella che è la percentuale dei siti di legame della proteina occupati dal ligando
sulla totalità dei siti di legame disponibili, questa sarà data dal rapporto della concentrazione del complesso
proteina-ligando sulla somma della concentrazione della proteina legata al ligando più i siti della proteina
[PL]
libera Θ = [PL]+[P] Questo definisce una percentuale. E andando a riarrangiare questa equazione andando
a portare il denominatore in alto e andando a sostituire a PL questa funzione , quello che si ottiene è che la
percentuale dei siti occupati è data dal rapporto della concentrazione del ligando libero sul ligando libero
più 1 su Ka, e 1/Ka è uguale a Kd ovvero costante
di dissociazione , questa è sperimentalmente
uguale a quella concentrazione di ligando a cui il
50% dei siti di legame sono occupati dal ligando e
questa è la definizione con cui in biochimica si
misura la capacità delle proteine di legare uno
specifico ligando.
[𝐿] 1
Ricapitolando Θ = [𝐿]+ 1 ; Kd=𝐾𝑎 =>
𝐾𝑎
[𝐿]
Θ = [𝐿]+𝐾𝑑

La tabella successiva riporta delle costanti di


dissociazione di una serie di legami tra proteine e
ligandi e tanto è più piccola la costante di
dissociazione e tanto più forte è la forza del legame tra proteina e ligando.
Ad esempio parleremo spesso dell’interazione della Biotina e Avidina(che lega specificamente la biotina)
perchè in proteomica è un tipo di associazione che si utilizza tantissimo. Per la Biotina abbiamo una
costante di dissociazione estremamente piccola 1x10-15 che da una misura di interazione molto forte. Altri
tipi di interazione proteina ligando invece sono molto più deboli, ad esempio se guardiamo l’interazione del
Calcio con la Calmodulina con proteine che hanno moduli strutturali simili a quelli della calmodulina e che
sono necessari per legale reversibilmente il calcio, hanno costanti di dissociazione molto più alte rispetto a
quella della Biotina, qual è il significato? Che questo tipo di interazione è di tipo regolativa all’interno delle
cellule dove l’associazione della proteina con il suo ligando deve essere di natura reversibile! ad esempio
l’interazione delle proteine della contrazione muscolare che è regolata dal Calcio attraverso domini simili a
quelli della Calmodulina devono essere in grado di legare e dissociare rapidamente il loro ligando in modo
da cambiare stato di conformazione in funzione di quella che è la disponibilità del ligando. Altri tipi di
interazioni devono essere stabili, ad esempio l’insulina e il recettore dell’insulina e quindi sono tipi di
interazioni fatti per durare nel tempo. (slide23-24)Lo studio tra recettore e ligando in biochimica viene fatto
attraverso lo studio dell’emoglobina. L’emoglobina e la mioglobina hanno una conformazione
tridimensionale (se analizzata a livello del singolo monomero) quasi identica quindi largamente
sovrapponibile su qualsiasi subunità. Queste due hanno identità di sequenza molto piccola di 18% , ma la
struttura tridimensionale è quasi identica. Queste sono proteine globulari caratterizzate da una struttura
caratterizzata prevalentemente da alfa-elica ed entrambe possiedono un cofattore che è il gruppo eme ,
ma le loro funzioni nell’organismo sono molto diverse.
(slide 26) Le proteine tendono ad acquisire delle diversità nel corso dell’evoluzione che se assumiano la
costanza della funzione è dovuta essenzialmente all’accumulo di mutazioni di tipo neutrale, cioè che non
alterano la funzione della proteina e se diamo per scontato che la funzione resti costante tanto più che gli
organismi sono separati dal punto di vista evolutivo, tanto più maggiore è probabile che ci sia un accumulo
di mutazioni neutrali all’interno di una certa proteina e quindi è possibile ricostruire degli alberi filogenetici
dell’evoluzione a partire dalla diversità nelle sequenze di singole proteine. Ad esempio questo nella figura
della slide 26 è un albero filogenetico costruito a partire dall’analisi della sequenza del citocromo C.
N.B. Però non è detto che le funzioni restino strettamente le stesse.
Se guardiamo le mutazioni dell’emoglobina nella specie umana, ci sono popolazioni umane che hanno
mutazioni che sono associate al particolare ambiente dove sono state selezionate; ad esempio le
popolazioni del Nepal che sono selezionati per vita in altura hanno una capacità di trasporto dell’ossigeno
che è diversa dalle popolazione ad esempio Europea.
Gli alberi filogenetici delle proteine sono molto diversi se costruiti in base a proteine diverse, perchè ogni
proteina mostra una sua velocità di accumulo delle mutazioni; ci sono delle proteine che sono rimaste
praticamente costanti nel corso dell’evoluzione, ad
esempio l’istone H4 in tutti gli eucarioti è
estremamente conservato, probabilmente perchè
l’introduzione di mutazioni altera in modo importante
la capacità di formare l’associazione istone-DNA.
slide27
Altre proteine si modificano più velocemente, altre si
modificano in modo quasi libero come i
Fibrinopeptidi che sono frammenti proteici liberati
durante il passaggio dal fibrinogeno a fibrina e che
non hanno una funzione legata alla sequenza proteica
specifica e quindi possono accumulare liberamente
mutazioni.
Tornando all’emoglobina un primo elementi di riflessione è che la funzione di questa proteina è legata ad
un cofattore e di fatto (ne parleremo anche in un’altra lezione) la stragrande maggioranza di proteine
utilizza cofattori. Quando parleremo di metalli vedremo che almeno la metà delle proteine utilizza cofattori
metallici e questo ci dice che la sequenza aa delle proteine non sempre è sufficiente a generare proteine
funzionali, ma molto spesso la funzionalità richiede oltre agli aa anche altri elementi , nel caso specifico un
cofattore organico abbastanza complesso come la protoporfirina associata ad un metallo, in altri casi
elementi pi semplici come metalli, ma tutti che conferiscono alle proteine delle proprietà aggiuntive che i
20aa di base non potrebbero attribuire alle varie proteine, o comunque non sono sufficienti per avere
quella enorme variabilità di strutture e funzioni che incontriamo comunemente in tutti i sistemi viventi.

Questa è la protoporfirina IX, questo anello tetrapirrolico legato


al Ferro e che troviamo nell’emoglobina. In diverse proteine
svolge ruoli differenti; ad esempio nell’emoglobina trasporta
l’ossigeno, in altre proteine trasporta altre cose, nei citocromi
trasporta elettroni e cosi via. Il diverso tipo di trasporto è
associato al diverso comportamento dell’atomo del Ferro; nella
mioglobina e nell’emoglobina il Ferro mantiene un singolo stato
di ossidoriduzione, infatti è sempre Ferro2 e non deve mai
ossidarsi. Se il Ferro dell’emoglobina si ossida, l’emoglobina
perde la capacità di legare reversibilmente l’ossigeno. Questa
ossidazione si verifica ad esempio nella carne tenuta all’aperto,
cioè quando cambia colore , quando diventa più scura. Lo
stesso cofattore quando posto in un ambiente differente come
quello del citocromo cambia completamente stato di ossidazione da Ferro 2 a Ferro3 e la funzione del
citocromo è legata a questo cambiamento. Altra osservazione di base, la struttura della proteina
determinata in questo caso dalla diversa sequenza aa intorno allo stesso cofattore modifica il
comportamento del cofattore e la sua capacità di partecipare a reazioni biologiche diverse. Nella
mioglobina/emoglobina il Ferro partecipa al legame di piccole molecole come l’ossigeno; la tasca dell’eme è
fatta in modo tale da rendere ottimale il legame della protoporfirina con l’ossigeno. In teoria può legare
anche molecole come il monossido di carbonio e questo legame è più forte di quello con l’ossigeno, però
nella proteina è favorito il legame con l’ossigeno per ragioni di ingombro sterico,perchè nonostante
ossigeno e monossido di carbonio abbiano più o meno la stessa dimensione, il legame ottimale alla
protoporfirina ha un orientamento parzialmente trasversale ed è proprio così che si posiziona l’ossigeno;
invece il monossido di carbonio tende ad orientarsi perpendicolarmente al piano dell’eme.
Molte proteine legano protoporfirine e non soltanto l’eme o i citocromi, ma anche molte perossidasi e in
tutti i casi quello che cambia è l’ambiente di coordinazione del Ferro .. Nelle perossidasi il substrato è
l’acqua ossigenata; cambiano eventuali ligandi el Ferro, quindi al posto dei residui di istidina ci possono
essere altri ligandi ad esempio gruppi tiolici o di altra natura.
L’emoglobina rispetto alla mioglobina, essa è caratterizzata da una struttura quaternaria formata da due
protomeri alfa e due beta. L’interazione tra subunità è largamente mediata da legami deboli di diversa
natura, ad esempio idrofobica(in particolare tra la subunità alfa2 e beta2 o alfa 1 e beta1) o di natura
elettrostatica. (slide35)Nell’emoglobina possiamo riconoscere 2 strutture diverse:
-Una struttura molto stabile detta stato T dalla parola in inglese Tens(?), che è la struttura completamente
priva di ossigeno.
-Una struttura invece completamente satura di ossigeno che definiamo stato R o Relaxed, che è più
instabile e che aspita a ritornare alla conformazione T.
Queste diversi stati sono alla base del funzionamento della molecola nel trasporto di ossigeno; e le
principali differenze tra T e R sono dovute a cambiamenti nel posizionamento delle diverse subunità che in
larga parte derivano da cambiamenti del reticolo di legami idrogeni e salini che si formano tra i protomeri
alfa1-beta1e alfa2-beta2 in funzione di quanto ossigeno è legato alla singola molecola.
(slide37)Questo grafico descrive le differenti
proprietà di legame dell’ossigeno, della
mioglobina e dell’emoglobina. In ordinata
abbiamo la percentuale di saturazione dei siti
di legame per l’ossigeno e in ascissa abbiamo la
concentrazione dell’ossigeno misurata in
termini di condizioni di pressione parziale
dell’ossigeno. La mioglobina ha una curva
iperbolica, cioè viene saturata completamente
dall’ossigeno già a pressioni molto basse. Al
contrario mostra una curva di legame di tipo
sigmoide, cioè è quasi satura di ossigeno ad
alte concentrazioni di ossigeno ad esempio nel
sangue arterioso, mentre è in gran parte
scarica di ossigeno nel sangue periferico venoso.

Gran parte dei cambiamenti conformazionali che


avvengono nella molecola di emoglobina in funzione
della concentrazione di ossigeno , possono essere
ricondotti a piccoli cambiamenti che vengono indotti
dall’ossigeno in seguito al legame al ferro nella tasca
dell’eme. (slide38) Nello stato T il ferro dell’eme
tende ad essere attratto verso l’istidina prossima con
una risultante parziale perdita di planarità della
molecola di protoporfirina; il legame dell’ossigeno
nella forma R tende a riportare il ferro al centro del
piano dell’eme e a riportare la protoporfirina nel suo
stato planare. Questo piccolo movimento di (0,6Å di
spo
stamento dell’atomo di ferro e dell’istidina prossimale) si
trasmette a quella che è la catena alfa a cui è legata
l’istidina prossimale(catena F dell’emoglobina) che
costituisce l’innesco di tutti i cambiamenti generali a
livello della singola subunità e a livello di struttura
quaternaria.
slide40
Questo tipo di movimenti influenzano quelle che sono i
legami chimici tra diverse subunità dell’emoglobina nella
forma T. L’importanza di questi legami ionici
dell’emoglobina è in parte evidenziata dall’effetto Bohr
che misura i cambiamenti di affinità dell’emoglobina per
l’ossigeno in funzione del pH. Come vedete dei piccoli cambiamenti di pH possono modificare in modo
importante quella che è l’affinità della molecola per l’ossigeno; tanto più si va verso condizioni di acidità più
si abbassa l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno, e questo è detto effetto Bohr.

Questo effetto ci spiega il ciclo del funzionamento dell’emoglobina nelle sue due funzioni principali:
-Trasportare ossigeno e
-Trasportare CO2
Queste due funzioni sono strettamente collegate.
L’emoglobina quando arriva a livello dei polmoni essa viene saturata da ossigeno e comincia il suo ciclo di
trasporto di ossigeno. Man mano che l’ossigeno passa in ambienti in cui la tensione di ossigeno tende a
diminuire, tende a cedere l’ossigeno che viene utilizzato dai diversi tessuti, e nei tessuti dove è intensa
l’attività metabolica, si ha come scarto l’anidride carbonica. La CO2 a livello del sangue tende a reagire con
l’acqua per formare bicarbonato, reazione che può essere catalizzata dall’anidrasi carbonica, ma comunque
avverrebbe spontaneamente, la va solo a velocizzare. La formazione di bicarbonato è importante perchè
trasforma l’anidride carbonica che è un gas in una forma salina. In teoria potremmo aspettarci un
abbassamento del pH del sangue(perchè si ha liberazione di H+) ma questo abbassamento è minimo perchè
questo mantenimento del pH sanguigno è assicurato dall’emoglobina che è una molecola con effetto
tampone, in quanto lega i protoni rilasciati dalla dissociazione del bicarbonato e questo ha un effetto
importante nel trasporto di CO2 in quanto stabilizza la molecola dello ione bicarbonato titolando via i
protoni e rendendo stabile la forma ionica de bicarbonato(serve quindi a prevenire la reazione inversa, cioè
la liberazione della CO2 a livello dei tessuti). Il legame dei protoni all’emoglobina promuovono la
riformazione dei legami salini tra subunità alfa-beta che sono tipici della forma T dell’emoglobina, per cui la
nuova formazione di questi legami salini con l’acquisizione della forma T promuove ulteriormente il rilascio
di ossigeno a livello dei tessuti periferici e quindi lo scaricamento dell’ossigeno trasportato da parte della
molecola di emoglobina. La maggior parte della CO2 trasportata non è legata direttamente all’emoglobina,
anche se una piccola quota di emoglobina viene legata direttamente attraverso formazione di carbammati
attraverso legami con istidine ammino-terminali di alcune catene di emoglobina.
(slide46)Il passaggio da T a R è ulteriormente regolato da altre
molecole, in particolare dal 2,3 bifosfoglicerato (BPG) che è un
sottoprodotto della glicolisi che viene formato in funzione di quelle
che sono le necessità di rilascio di ossigeno da parte dell’emoglobina.
E’ una molecola che si lega nella cavità centrale del tetramero di
emoglobina e interagisce con le catene beta e andando a stabilizzare
una conformazione dell’emoglobina a bassa affinità per l’ossigeno(ad
alte quote produciamo più BPG). La differenza principale tra
mioglobina e emoglobina vista anche nel grafico precedente è che la
mioglobina ha una struttura monomerica che non può essere
significativamente alterata da legami con ligandi, invece la struttura
tridimensionale dell’emoglobina si presta ad una modulazione fine di
quella che è l’affinità della singola subunità per il suo substrato che è modulata proprio dal modo in cui le
diverse subunità interagiscono tra loro.
slide50
Altro ripasso: (slide51-52)La classe delle proteine che rende possibile la maggior parte delle funzioni
cellulari, ovvero gli ENZIMI. Gli enzimi sono le proteine1 che catalizzano2 le reazioni chimiche che
avvengono nei sistemi biologici.
1
con l’eccezione dei ribozimi (RNA catalitici).
2
Un catalizzare è una sostanza che promuove una reazione chimica senza subire alcuna modificazione
permanente.
Proprietà generali delle reazioni catalizzate dagli enzimi sono caratterizzate da:
6 12
-Elevate velocità di reazione (10 -10 volte maggiori rispetto a quella delle reazioni non catalizzate)
-Avvengono in condizioni più moderate, esempio 37° della cellula umana
-Sono caratterizzati da elevatissima specificità di reazione, infatti ogni enzima riconosce in modo selettivo
un suo substrato e spesso si parla di stereospecificità
-Sono spesso soggette a regolazione.
(slide53)Nomenclatura: Gli enzimi sono solitamente denominati aggiungendo il suffisso –asi al nome del
substrato dell’enzima o a una frase che descrive la reazione catalitica dell’enzima (ureasi, alcol
deidrogenasi..). Gli enzimi vengono classificati in base alla reazione chimica catalizzata con un nome
raccomandato, un nome sistematico e un numero di classificazione (es. carbossipeptidasi A, peptidil-L-
aminoacido-idrolasi, EC 3.4.17.1).
Un gran numero di enzimi utilizza componenti chimici addizionali chiamati Cofattori. Un cofattore può
essere uno ione metallico o una molecola organica più complessa detta coenzima. Un cofattore associato
stabilmente (spesso covalentemente) alla proteina si definisce un gruppo prostetico.
Distinguiamo tra:
Oloenzima: proteina con cofattori – cataliticamente attivo.
Apoenzima: proteina senza cofattori – cataliticamente inattivo.

La complementarità tra sito attivo e substrato


è detta: Modello Chiave-serratura (Fisher
1894), quindi un adattamento geometrico tra
substrato e il sito di legame sulla proteina.
Questo modello è stato poi rivisitato
proponendo il Modello di Adattamento
indotto(Koshland 1958) in cui substrato e
enzima modificano entrambi la propria
conformazione in seguito alla loro
interazione(formazione del complesso
proteina-ligando) ed è proprio questa
modificazione conformazionale che si associa
alla capacità di catalizzare la reazione chimica
favorendo il raggiungimento della fase di transizione della reazione chimica.

Specificità di substrato: Gli enzimi sono altamente stereospecifici, nel senso che l’enzima riconosce l’aa
specifico,ad esempio riconosce l’aa L e non il D e in generale riconoscono molecole sulla base della
presenza di gruppi chiralici. Sono selettivi riguardo l’identità chimica dei loro substrati (specificità
geometrica),ma il grado di specificità geometrica può tuttavia variare considerevolmente; può essere di
varia natura ad esempio proteasi che sono estremamente selettive nei confronti di un singolo residuo aa,
cioè riconoscono esattamente una catena laterale singola per un certo aa! Altre invece sono un pò più lasse
e possono accomodare diversi tipi di substrati. Il meccanismo con cui funzionano gli enzimi è quello di
abbassare lo stato di transizione di una reazione
chimica.

slide 63 slide64

• Generalmente una reazione chimica catalizzata dagli


enzimi è intrinsecamente favorita da quella che ha una
diversa stabilità del substrato rispetto al prodotto.
Esiste la naturale tendenza della molecola a
trasformarsi in una molecola più stabile. Ma questa
reazione di modificazione della molecola originale nel
suo prodotto non avviene in modo spontaneo, ma per

avvenire la molecola deve raggiungere uno stato detto


di TRANSIZIONE che è caratterizzato da un livello
energetico molto elevato che solitamente non viene
raggiunto spontaneamente a meno che in vitro
aumentiamo la temperatura o la pressione o entrambe.
Gli enzimi invece offrono delle vie alternative con cui è
possibile favorire la reazione chimica passando per una
via che ha un’energia di attivazione molto più bassa e
che rende più probabile che questa reazione possa
avvenire. Come fanno le proteine a facilitare le reazioni
chimiche? In molti casi lo fanno mediante processi che
sfruttano delle reazioni chimiche di contorno, ad
esempio gran parte delle reazioni chimiche che
avvengono nella cellula sono rese possibili dall’accoppiamento del processo di trasformazione del substrato
in un prodotto mediante l’idrolisi dell’ATP mediato dall’enzima.
Un esempio la reazione di formazione del glucosiofosfato ( il primo passaggio del glicolisi) è una reazione
chimica sfavorevole che non avviene spontaneamente!Cioè se incubiamo insieme glucosio e fosfato non
osserveremo mai la formazione di glucosiofosfato, ma se accoppiamo questa reazione con un processo di
idrolisi dell’ATP, la risultante energetica delle due reazioni avrà un ∆G negativo(cioè la somma di ∆G1+∆G2 ,
questa è la reazione sfavorevole di legame di fosfato al glucosio e l’idrolisi dell’ATP, la somma di queste
reazioni da ∆G negativo che rende possibile che questa reazione avvenga).
slide66
L’altro aspetto critico è legato al cambiamento di
conformazione che avviene nel riconoscimento tra
proteina e ligando. Se noi immaginassimo il
riconoscimento proteina-ligando come il
riconoscimento chiave-serratura avremmo un legame
stabile tra la proteina e il ligando. Se invece
immaginiamo questo legame come un legame che
forza la struttura della proteina ad assumere una
conformazione energicamente instabile e che a sua
volta risulta in una induzione di una modificazione
chimica nella struttura del ligando , questo può servire
ad avvicinare il ligando ad una struttura che si
avvicina a una struttura che è quella dello stato di
transizione utile per il passaggio del substrato verso
la formazione del prodotto finale della reazione. In
generale la maggior parte dei processi enzimatici,
che siano basati su meccanismi di tipo acido-base o
di modificazione covalente di proteine in cui si forma un legame transitorio tra il substrato e la molecola
proteica sono una serie di meccanismi di modificazione della struttura del substrato che servono a
avvicinare il substrato a quella che è la struttura dello stato di transizione utile affinchè la reazione possa
avvenire in termini veloci.

slide 68 slide69
(slide71)L’altro aspetto da ricordare è che gli enzimi hanno una funzione regolabile. Le regolazioni principali
sono quelle di natura allosterica che avvengono per legame con ligandi di natura reversibile oppure per
modificazioni di tipo covalente reversibile.
Modificazioni di tipo allosterico sono comunissime nelle vie metaboliche caratterizzate da catene
enzimatiche in cui servono diversi passaggi per
arrivare a sintetizzare una certa molecola(aa, acido
grasso) che coinvolgono diversi enzimi in modo
sequenziale.
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Questi enzimi devono essere attivi quando c è
necessità di sintetizzare questa molecola, e devono
essere spenti quando quella molecola è già
accumulata all’interno della cellula. Una strategia
comune per ottenere questo tipo di regolazione è
fare in modo che il prodotto finale della reazione vada ad inibire l’enzima o uno degli enzimi che sono attivi
nella fase iniziale di sintesi. Quindi se E è il prodotto finale ed è inibitore delle enzima che catalizza la prima
reazione abbiamo modo di controllare la produzione di questa molecola. Questo si osserva nella
produzione di aa! Esempio la via metabolica che converte la treonina in isoleucina, caratterizzata
dall’intervento di vari enzimi, quando si accumula isoleucina va ad inibire la treonina deidratasi che è il
primo enzima di questa via metabolica bloccandone la sintesi. Questi sono processi detti INIBIZIONE A
FEEDBACK NEGATIVO.
Gli enzimi allosterici sono enzimi multisubunità il cui funzionamento ricorda quello dell’emoglobina in cui il
legame del regolatore allosterico che è una molecola non metabolizzata dall’enzima, va a legarsi in un altro
sito (un sito di natura regolatoria) induce un cambiamento conformazionale che si trasmette alla subunità
catalitica aumentandone o diminuendone l’attività catalitica.
Altri enzimi non vengono modulati per legame reversibile di ligandi ma sono regolati mediante
modificazioni covalenti della loro struttura.
Modificazioni covalenti possono coinvolgere la
fosforilazione , l’adenilazione,metilazione ... queste
sono tutte reazioni di natura reversibile che
vengono comunemente usate dalle cellule per
indurre cambiamenti conformazionali in enzimi
specifici e per modificarne l’attività.
[[(slide75) Enzimi allosterici: Gli enzimi allosterici
(altra forma) agiscono mediante il legame non
covalente e reversibile di composti regolatori
chiamati modulatori allosterici (positivi o negativi –
omotropici o eterotropici).]]
Tra i tipi di modificazione delle proteine ci possono essere altri tipi più particolari come il riconoscimento di
GTP, il cui legame di questa proteina induce cambiamenti conformazionali che possono essere indipendenti
dall’attività di fosforolisi di gtp.
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Tra i cambiamente conformazionali ci sono anche quelli di natura non reversibile che sono abbastanza
importanti e comuni come l’attivazione di zimogeni , esempio attivazione delle proteasi intestinali; le
proteasi vengono prodotte in forma inattiva e sono poi attivate nell’intestino per azione di altre proteasi.
Oppure l’attivazione della coagulazione del sangue che funziona per attivazione di una cascata di eventi di
digestione proteica dove viene attivata una prima proteasi che attiva una proteasi successiva e cosi via fino
ad attivare la trombina che è la proteina che porta alla
produzione di fibrina che è la molecola di base per la
formazione del coagulo.
Come bioinformatici saremo coinvolti nell’analisi di
identificazione di network di connessione tra
proteine...(slide87)Questi qui descritti sono i network di
connessione funzionale delle proteine:
-Regolazione genica
-Interazioni proteina proteina
-Metabolismo
-Cell signaling
-Citoscheletro

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