Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna nel 1855 ed è stato
un poeta e accademico italiano. Pascoli, nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è insieme a Gabriele D'Annunzio il maggior poeta decadente italiano. Da ragazzo studiò nel collegio dei Padri Scolopi ad Urbino, e successivamente nei licei di Rimini e di Firenze. Il 10 agosto 1867, quando Giovanni aveva undici anni, il padre Ruggero venne assassinato con una fucilata mentre sul proprio calesse tornava a casa da Cesena. Le ragioni del delitto, forse di natura politica o forse dovute a contrasti di lavoro, non furono mai chiarite e i responsabili rimasero per sempre oscuri, nonostante tre processi celebrati e nonostante la famiglia avesse forti sospetti sull'identità dell'assassino. Il trauma lasciò segni profondi nella vita del poeta. La famiglia cominciò dapprima a perdere gradualmente il proprio stato economico e successivamente a subire una serie impressionante di lutti, disgregandosi; l'anno successivo morirono,la madre, per un attacco cardiaco, una sorella e due fratelli. Nel 1878 fu arrestato per aver partecipato ad una manifestazione anarchica. Passò 5 mesi in carcere dove maturò la sua conversione ai doveri impostigli dalla necessità di provvedere alle sue due sorelle minori. Divenuto professore universitario nel 1895 e costretto dalla sua professione a lavorare in città (Bologna, Messina e Pisa), egli non si radicò mai in esse, preoccupandosi sempre di garantirsi una "via di fuga" verso il proprio mondo di origine, quello agreste. Nello stesso anno infatti si trasferì con la sorella Maria nella nel piccolo borgo di Castelvecchio, in una casa che divenne la sua residenza stabile quando (impegnando anche alcune medaglie d'oro vinte al Concorso di poesia latina di Amsterdam) poté acquistarla cercando di ricostruire con le sorelle il nido familiare disperso. Vinse la Cattedra di Letteratura latina all’Università di Messina e cominciò a pubblicare le sue prima opere; nel 1903 ottenne il trasferimento all’Università di Pisa e pubblicò i Canti di Castelvecchio, ma alla gioia del duraturo ritorno al “nido” si mescolava la grande delusione per il “tradimento” della sorella Ida, che aveva voluto sposarsi lasciando la famiglia d’origine. Il certificato di morte riporta come causa un tumore allo stomaco, ma è probabile fosse stato redatto dal medico su richiesta della sorella, che intendeva eliminare tutti gli aspetti che lei giudicava sconvenienti dall'immagine del fratello. La probabile vera causa del decesso fu appunto la cirrosi epatica. La malattia lo porta infatti alla morte il 6 aprile 1912 nella sua casa di Bologna. MYRICAE. Raccolta di liriche, pubblicate per la prima volta nel 1891, di argomento semplice e modesto, come dice lo stesso Pascoli, ispiratosi per lo più a temi familiari e campestri. Il titolo è dato dal nome latino delle tamerici (citazione Virgiliana, usata all’inizio della 4° Bucolica per annunciare l’elevazione del tono della poesia),umili pianticelle che sono prese a simbolo di una poesia senza pretese legata alle piccole cose quotidiane e agli affetti più intimi. E’ dunque una poesia fatta di piccole cose, inerenti alla vita di campagna, di quadretti rapidissimi (bozzetti), conclusi nel giro di pochi versi “impressionistici”, dove le “cose” sono definite con esattezza, col loro nome proprio. Vi compaiono anche poesie in cui le “cose” si caricano di una responsabilità simbolica e già si affaccia il tema dei morti(X Agosto), sottolineando una visione della vita che tende a corrodere i confini del reale – avvertito come paura e mistero – per una evasione nella fiaba e nel simbolo. Nella raccolta, cresciuta nel tempo dalle 22 poesie della prima edizione alle 155 dell’ultima, le poesie si ordinano per temi, corrispondenti ai cicli annuali della vita in campagna. La raccolta si apre con il giorno dei morti, il giorno in cui il poeta si reca al camposanto. La poetica di Pascoli è espressa nella celebre prosa il “Fanciullino”, un testo che è una vera e propria riflessione sulla poesia/ciò che egli intende della poesia. Per Pascoli esiste una parte infantile che accompagna l’uomo per tutta la vita, ma questa parte nell’uomo comune (l’uomo che non è poeta) viene soffocata dalla ragione. Mentre il fanciullino si stupisce ogni qual volta vede qualcosa di nuovo, prova sempre stupore e meraviglia. Il fanciullino ha un rapporto pre-razionale con la realtà, poiché ai suoi occhi è tutto nuovo. Pascoli usa un linguaggio allusivo, criptico, decifrato, ma anche lirico. In Pascoli manca la narrazione, il testo è impegnativo, la sintassi è frammentaria, le frasi spesso sono spezzate, preferisce periodi semplici,composti di una sola frase, o strutture paratattiche con frasi accostate mediante virgole o congiunzioni; il lessico è nuovo, con mescolanze di parole dotte e comuni ma sempre preciso e scrupolosamente scientifico quando nomina uccelli(pettirossi, assiuoli…) o piante(tamerici, gelsomino..). Ci sono accostamenti di immagini slegate fra loro. Le figure retoriche sono molto presenti, come per esempio la sinestesia ( associazione espressiva tra due parole pertinenti a diverse sfere sensoriali).