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Giorcio Bantt * PARTI DEL DISCORSO CONTROVERSE ** 1. La NOZIONE DI “PARTE DEL DISCORSO” Liidea che le parole di una lingua vadano suddivise in classi diverse nacque molto presto nella storia degli studi grammaticali. In ambito greco, fu forse Platone nel Sofista (261¢-263c) e nel Cratilo (431b) a di- stinguere per primo tra dvSpata e diwara, che corrispondevano grosso modo a quelli che oggi noi chiamiamo nomi (0 sostantivi) e, rispettiva- mente, verbi. Nei secoli successivi, le distinzioni tra i vari elementi del di- scorso si andarono sviluppando nel pensiero grammaticale greco e latino (cf. Traglia 1970, pp. 489 sgg.; Matthews 1990, pp. 217 sgg.), giungendo intorno allinizio della nostra era alle serie «scolastiche» di otto parti (uégn tod A6yov, partes orationis) definite secondo criteri morfologici, sin- tattici e semantici. Per il greco & qui riportata quella data da Apollonio Discolo (Zuvt. 1.14-29), un grammatico del II sec. d.C., che perd é pro- babilmente gia da attribuire a Dionisio Trace (II-I sec. a. C.; cf. Traglia 1970, p. 495); per il latino, invece, la serie qui riportata & quella di Pri- sciano, che scriveva a Costantinopoli nel VI sec. d.C. ¢ che ordind l’e- lenco delle otto parti del discorso in questa lingua in un modo il pitt pos- sibile omogeneo a quello greco (cf. II, 3 sgg., e II, 115 sgg, nell’ed. di Keil 1857-1880; cf. anche Matthews 1990, p. 229). E interessante che, nell'ambito di una tradizione sostanzialmente unitaria come quella clas- sica, i grammatici sentissero il bisogno di riflettere alcune delle differenze strutturali che distinguono il greco dal latino, Cosi tra le parti del di- scorso del greco vi & Varticolo, che manca in latino, e per mantenere la suddivisione in otto classi, i grammatici romani dal I sec. d. C. (probabil- mente gia da Remnio Palemone, cf. Traglia 1970, p. 491 sg.) insistettero sulla necessita di separare le interiezioni dagli avverbi. Svowe “nome” nomen Ona “verbo” verbum * Universiti di Roma I. »* Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato ¢ incoraggiato nella preparazione di questo la- voro; in patticolare Walter Belardi, Claudia A. Ciancaglini, Mirella Cipriano, Paolo Di Gio berto Mioni, Raffaella Petili, Annarta Puglielli, Marco Svolacchia, Ovviamente la responsab ‘qualsiasi errore 0 imprecisione & solo mia, — 54 ustoxii “participio” participium gigov “articolo” pronomen dvcovta. “pronome” Pracpositio gdtieais “prep. adverbium Extognna “avverbio” interiectio ivbeouos “congiunzione” ——_contuunctio Queste serie rimarranno pressoché invariate fino all’avvento della lin- guistica moderna, non di rado ipostatizaate come se avessero un fonda- mento ontologico oppure, come in Vico, concepite secondo una «gerarchia glottogonica» (cf. Belardi, in corso di stampa; anche Simone, 1990, p. 361), I neogrammatici, anche quando trattavano le stesse lingue per le quali queste serie erano state elaborate quasi due millenni prima, avvertirono ben presto il carattere fortemente eterogeneo dei criteri su cui esse sono basate. Ad esempio, nei suoi Prinzipien der Sprachgeschichte Paul (1880, p. 352 dell’ed. 1968") osserva che la suddivisione tradizionale delle parti del discorso nelle lingue indoeuropee, che fondamentalmente & ancora quella dei grammatici antichi, «trigt ... den Charakter der Willkiirlichkeit an sich. Thre Mangel lassen sich leicht zeigen»'". La ragione & che essa «beruht nicht auf konsequent durchgefiihrten logischen Prinzipien, sie ist vielmehr zu Stande gekommen unter Beriicksichtigung sehr verschiedener Verhilt- nisse» ”. E precisa: Es sind drei Punkte, die bei der iiblichen Einteilung massgebend gewesen sind: die Bedeutung des Wortes an sich, seine Funktion im Satzgeftige, sein Verhalten in Beaug auf Flexion und Wortbildung (p. 353 dell'ed. 1968"), Egli era perd convinto che non fosse possibile arrivare a un sistema mi- gliore: «Der Versuch, ein streng logisch gegliedertes System aufzustellen, ist iberhaupt undurchfithrbar» °, Wackernagel, che dei neogrammatici fu uno dei pitt attenti alla descrizione sintattica in termini che noi ora chiame- remmo sincronici, spezz invece una lancia in favore di una definizione strettamente formale delle parti del discorso rielaborando una vecchia clas- sificazione di Varrone ®,, anche se non si volle discostare dall'affermazione (1) «B: sostanzialmente arbitraria. Le oe eee meer facilitan. (2) «Non & basata su principi logici applicati in maniera cocrente, ma & stata sviluppata te- nendo conto di fatti molto diversi. G) «Furono tre i punti determinanti per la suddivisione tradizionale: il significato della parola i per sé la sua funzione nel contesto della frase, il svo comportamento in rapporto alla flessione ed alla derivazione. (4) ll tentativo di costruire un sistema organizeato in maniera rigorosamente logica ® del tutto inrealzzabile» 15) A Varrone (11627 a. C.) & dovuro uno dei temtativi pit: coerenti compiutinel'sntichita di classiticazione tigorosamente lormale delle parti del discorso: sostandvi (con casi, senza tempi), verbi senza casi, con tempi), paticipi (con casi, con temp, avverbi (senza casi, senza tempi. Cf Jespersen 1975", p. 58), Matthews (1990, p. 226 sg) —5 di Paul che una loro classificazione logica rigorosa fosse comunque impos- sibile («nicht durchfithrbar»): Wir unserseits werden zuniichst die sogen. Interjektionen ausscheiden, da sie an der Grenze von Wértern und Nichtwérter stehen, Innerhalb der cigentlichen Worter gibt es die zwei Hauptgruppen der Nomina und der Verba, der Wérter, welche Kasus haben, und der Wérter, welche die Personen des Subjekts unterscheiden, dazu als dritte Gruppe die flexionslosen Wérter (Wackernagel 1926, p. 70 dell'ed. 1981") Nei decenni successivi la problematica relativa alle parti del discorso venne elaborata dai linguisti occidentali soprattutto in rapporto a due temi, che si trovano variamente intrecciati nei diversi autoti: (a.) lo sviluppo di un sistema di definizioni piti cocrenti e rigorose, ¢ (b.) una crescente atten- zione alle lingue non indoeuropee, soprattutto a quelle che, diversamente dall'arabo, dall'ebraico ecc., non disponevano di una propria tradizione di studi grammaticali cui richiamarsi. In questa maniera ci si proponeva di ar- rivare a generalizzazioni di validita universale sulle parti del discorso che una lingua pud avere”; ma nel contempo si mirava anche ad elaborare strumenti descrittivi atti ad uscire dalle secche e dalle contraddizioni in cui si incappava quando si cercava di descrivere il comportamento delle parole di lingue pitt o meno “esotiche” applicando pedissequamente, a mo’ di letto di Procruste, le classificazioni grammaticali sviluppate per il greco ed il latino, come si era fatto nella maggior parte delle trattazioni di lingue afticane, amerindie, ecc. dal sec, XVII in poi. Cosi Bloomfield, uno dei massimi esponenti dello strutturalismo lingui- stico americano, affermava nel 1933 che: It is a mistake to suppose that our part-of-specch system represents universal features of human expression. If such classes as objects, actions, and qualities exist apart from our (6) «Per parte nostra escluderemo per prima cosa le cosiddette interiezioni, che si pongono al confine tra le parole e le non-parole. Nell’ambito delle parole vere ¢ propric vi sono i due gruppi Paaae dei nomi e dei verbi, ossia delle parole che hanno i casi e di vslcre Sa le per- sone del soggetto; a queste si possono iungere come terzo gruppo le parole prive lessione», (7) Basti ricordare, a questo guard rentativo di Jespersen (1924) di definire le parti del di- scorso su base strettamente sintattica (le loro possibilitt di combinarsi con altri elementi della frase nell’ ambito di un sistema di relazioni gerarchiche a tre ranghi o gradi), o quello di Brondal (1928) a classificarle in rapporto a quattro nozioni semantico-funzionali (sostanza-relatum, relazione-relator, gant desonpt quali decin). 8 watt dna lines di icra che ha continua ad sare Tinteresse degli studiosi fino ad oggi, basti ricordare i! noto numero di Lingua del 1966 (vol. 17, n, 1/2) interamente dedicato alla deserizione delle classi di parole in I! lingue diverse (gbo, inglese, siapponese, navaho, greco antico, cinese moderno, latino, yokuts, bileno, yurok e sotho settentrio. nale}. Piii recentemente, per non ricordare che uno fra i tanti, si pud menzionare Croft (1984) che cerca di correlare le principali classi di parole con alcuni aspetti semantici e pragmatici del discorso. L’ampio capitol di Givén (1984) sulle classi di parole, pur dando molto spazio alle caratteristiche rorfosintatiche, cerca invece di giustficare una differenaazione semantica delle princpall cast es sicali sulla base di una scala di stabilita temporale (time-stability scale, p. ¢s., «experiential clusters de- noting rapid changes in the state of the universe . are prototypiclly cvs and actions, and languages tend to lexicalise them as verbs» p. 52). Una linea intermedia che, pur privilegiando propriet gram: ‘naticali quali la distribuzione di una classe di parole, la sua gamma di funzionsintatche e le catego tie morfologiche o simattiche che ena pus edprimere, aansetc cusivenal coment ered, {p. 4) almeno nella scelta della denominazione da dare a singole parti del discorso di una lingua, ¢ il- lustrata nel lavoro di Schachter (1985). Considerazioni pragmatiche, oltre che sintattiche & morfologi- che costituiscono anche la base dello studio di Sasse (1988) sulle eateporie sintatiche ¢ le loro. Sottocategotie. | — 56 — language, as tealitics either of physics or of human psychology, then, of course, they exist all over the world, but it would still be true that many languages lack corresponding parts of speech [p. 198 sg, dell'ed. 1979") Per il suo orientamento fortemente comportamentista, che lo induceva a privilegiare gli aspetti formali ¢ direttamente osservabili rispetto a quelli semantici ®, Bloomfield insisté su una definizione strettamente sintattica ¢ distribuzionale delle parti del discorso («parts of speech»). In questa ma- nicra egli sviluppd in Language un frammento di tipologia (Bloomfield 1933, pp. 198 spg. dell’ed. 1979"): i. lingue con molte parti del discorso inglese (sostantivi, verbi, aggertivi, avvetbi, preposizioni, congiunzioni coordinanti, congiunzioni subordinanti, oltre alle interiezioni); fi, lingue con tre parti del discorso semitico ", algonchino (con una classe somigliante ai nostri sostantivi,¢ una ai no- stri verbi); tagalog (parole primarie statiche, parole primarie transitorie", e particelle) ii, lingue con due parti del discorso cinese (parole piene, e particelle) " Gia in Bloomfield @ presente una concezione che avra un grande svi- luppo nei decenni successivi con la sintassi generativa: le parole e i si tagmi che si possono alternare in una medesima posizione sintattica appar- tengono ad una stessa classe di forme («form-class»), definibile («most easily described» Bloomfield 1933, p. 196 dell’ed. 1979") in termini di classe di parole («word-class»), cio? di parte del discorso. In altre parole, poiché in un’analisi sintattica formale la distinzione tra parola e sintagma & secondaria, la tassonomia delle parti del discorso rifetita alle singole parole viene sostituita da una tassonomia di costituenti («expressions» nel lin- guaggio bloomfieldiano), parole o sintagmi che siano: in- In speaking of form-classes we use the term expression to include both words and phrases: thus Joh is a substantive, poor Jobn a substantive phrase, and both forms are sub- stantive expressions (Bloomfield 1933, p, 196 dell'ed. 1979) (8) Si ticordi la sua affermazione che athe descriptive phase of linguistics consists in a some- d analysis of speech-forms, on the assumption that these speech-forms have constant and de. finable meanings» (Bloomfield 1933, p. 158 dell'ed, 1979), (9) Cf. la tipartizione dei gramimatici arabi tradizionali:éom «nome», fil «verbo», ¢ barf eparti- cella» (cio® tutto quel che non & né sire ne fet (10) «Transient»; queste «resemble our verbs in forming a special kind of predicate ithe narra tive type, with four substypes, ..) and in showing morphologic dist and mode, but they differ from our verbs because, on the one hand, they are not restricted to the function of predi cate and, on the other hand, there exist non-narrative predicates» (Bloomfield 1933, p. 200 sg. del ed. 1979") 11) Sulla falsariga della distinzione dei grammatici cinesi tra «parole pienen (verbi, nomi, pro- nomi, aggettivi € aumerali) © «parole vuoter (partielle ecc.), cf. Taplavini (1950, p. 3.48). =i Nei decenni successivi la linguistica generativa prosegue su questa linea quando introduce il termine di categoria («category»), riferito in. primo luogo a costituenti (o a posizioni) nella sintassi. Per esempio, in Chomsky (1965) sono categorie sia S (frase) che NP (sintagma nominale), V (verbo), ecc. All'interno di queste sono perd definite con particolare cura le catego rie lessicali («lexical categories»), che sono quelle come N (nome), V, ecc., cui corrisponde una effettiva parola o voce del lessico («lexical entry») ", ¢ che sono quelle che pitt si awicinano alla nozione usuale di parti del di- scorso. Una riflessione specifica su quali siano le categorie lessicali possibili non c’é nei primi sviluppi di questa corrente di studi, ma va ricordata Vintroduzione dei tratti sintattici (asyntactic features») che, sull'analogia esplicita dei tratti binari sviluppati da Jakobson per la fonologia, consen- tono di arricchire notevolmente la descrizione delle categorie e delle voci lessicali. ‘Tra di essi, oltre a quelli selettivi (p. es., [+[+N] - [+Animatol] per un verbo transitivo come frighten che richieda un oggetto animato) ¢ a quelli di sottocategorizzazione stretta (p. es., (+ ~ ] per un verbo che am- metta di essere costruito intransitivamente senza un oggetto), vi sono i tratti categoriali come [£V] (verbalita), [£N] (nominalita), [tAdjective] (aggettivita), [+M] (modalita, cioé l’essere un verbo modale), ecc, Jackendoff (1977), in uno dei lavori pitt sistematici dedicati dalla sin- tassi generativa alla riflessione sulle categorie sintattiche, artiva a distin- guere per l’inglese ben 10 categorie lessicali (sia «maggiori» che «minori») con un sistema basato su 4 tratti sintattici: [Subj], [Obj], [Comp], e [£Det] "*. Lo stesso Jackendoff (1977, p. 33) ammette che in questo si- stema non trovano posto le congiunzioni coordinative ¢ i complementatori, mentre le congiunzioni subordinative possono essere trattate come un caso patticolare di preposizioni (P), cio come P con complement frasali. (Si noti che nella matrice riportata qui sotto la categoria Prt & costituita dalle particelle come up, on, ecc., Q dai quantificatori come many, much, ecc., € Deg dalle «degree words» come $0, t00, as, ecc.). (12) CE, «A category that appears on the left in a lexical rule we shall call lexical category (Chomsky 1965, p. 74 dell'ed, 1982") (13) Anche se, p. es. Chomsky (1965) afferma chiaramente che i formativi grammatical (gram. matical formatives) come Perfect, Possessve, ecc., le categorie (sintattiche) «are sclected from a frxed, universal vocabulary» (p. 65 sg. dell'ed. 1982") 14) Il tratto [4Subj] riguarda la possibiliti di avere un soggetto (in inglese, il soggetto di un N & pes. un genitive “sassone” come [Jobnl’s proof of the theorem, che ha con il resto del sintagma nominale Jo stesso rapporto strutturale del soggetto della frase John bas proved the theorem). [Obj] si riferisce alla possbilita di avere un «oggetto diretto» (cio® di reggere un SN non introdotto da una preposizione). [Comp] corrisponde al poter reggere un oggetto introdotto da una preposizione, mentze [Det] riguarda Vavere 0 meno le earatteristiche sintatiche dei determinant (arcicoli, dimo- strativi, ece:). (da Jackendoff 1977, p. 33) | Subj Obj Comp Det Vv + + + M + + - P - + + Prt - + - Si noti che il lavoro di Jackendoff, pur essendo basato essenzialmente su un’analisi dellinglese "; aveva un obiettivo nettamente universalistico. Rie- laborando sia le idee di Chomsky sulluniversalita dei formativi grammati- cali ¢ delle categorie (cf. la nota 13), che alcune idee con cui questi (Chom- sky 1970) aveva cercato di formulare alcune generalizzazioni trasversali tra pit categorie («trans-category generalisations»), egli infatti postula (Jacken- doff 1977, pp. 29 5 2. Universal grammar includes a set of distinctive features which defines the possible lexi- cal categories of human languages. A particular language chooses its repertoire of lexi cal categories from among those provided by universal grammar. b. Each lexical category X defines a set of syntactic categories X’, X”, .. , X*, the superea- tegories of X. Il punto (b.), che @ la continuazione logica della nozione bloomfiel- diana di expression come classe di forme comprendente sia parole che sin- tagmi, costituisce il nucleo essenziale della «X-bar theory» (per cui si hanno serie di categorie come, p. es, N, N’ ed N”, V, Ve V, ecc.). In anni pitt recenti (cf, p. es., Haegeman 1991, pp. 71 sgg.), mentre la «X-bar theory» veniva maggiormente claborata in maniera da definire il numero di livelli di categorie sovraordinate che ha senso porre, la struttura generale di ognuno di essi, ecc., il concetto di categoria lessicale si @ evo- luto in una direzione in parte pid astratta, aggiungendo alle categorie ele- (15) La metodologia del lavoro fortemente monoglottico caratteristica di molta parte dei gene- rativist da questi spesso giustficata dal punto di vista teorico con Ie tesi che (,) un sistema puo es: sere compreso solo attraverso un'analisi molto approfondita rigorosa, ¢ fii.) che anche dati su una singola lingua possono in realta fornize indicazioni su universali linguistici (cf, p. es, Chomsky 1965, p. 209 delled, 1982"; Jackendolf 1977, p. 2) — 59 mentari I («inflection», flessione verbale, che comprende elementi lessicali come i verbi ausiliari aspettuali ¢ modali, ed elementi non lessicali quali i morfemi di tempo e di accordo verbale) ¢ C («complementizer», cioé com- plementatori come that, if, whether, ecc., ma che in una serie di casi 2 costi- tuita da una casella vuota che fa sentire i suoi effetti sulla sintassi pur non avendo alcuna realizzazione fonica) Sarebbe inutile proseguire questa frettolosa panoramica sull’elabora- zione teorica relativa al concetto di “parte del discorso” (“classe di paro- le”, “categoria lessicale”, ec.) nelle principali fasi della storia della lingui- stica. Lo scopo qui non @ infatti storiografico, ma puramente introduttivo all'argomento principale di questa nota, che & quello ben pitt modesto di i lustrare come linguisti di epoche diverse abbiano trattato, nella loro pratica conereta, alcune classi di parole del somalo, lingua contraddistinta da di- verse particolarita tipologiche in questo settore. 2. LE PARTI DEL DISCORSO IN SOMALO. I somalo, qui inteso ad indicare la varieta sostanzialmente poco diffe- renziata in dialetti che @ parlata nel centro-nord del paese, nell’Ogaden in Etiopia e nell’estremo sud, cioé nell’Oltregiuba ¢ nel Kenya nord-orientale, & in realta una delle lingue pitt studiate dell’ Africa subsahariana. Dal primo schizzo grammaticale, pubblicato nel 1870 da Praetorius, fino ad oggi vi sono state decine di descrizioni di questa lingua, anche se non tutte di uguale importanza e innovativita rispetto allo stato precedente delle cono scenze. Tra i primi studi, i pit ampi sono senz’altro quelli di Reinisch, il quale pubblicé tre volumi (grammatica, dizionario e testi: Reinisch 1900b, 1902, 1903) oltre a materiali raccolti da altri studiosi (Reinisch 1900a, 1904). For- matosi come orientalista a Vienna e a Tubinga nella meta del secolo scorso, quando le critiche dei neogrammatici alla linguistica che li aveva preceduti erano ancora in gestazione, egli inizia la parte della sua grammatica dedi- cata alla morfologia con la seguente affermazione: ‘Im Somali lafen sich folgende redeteile unterscheiden: 1) das substantiv 2) der artikel 3) das adjectiv 4) das numerale 5) das pronomen 6) das verbum 7) die bezichungsworter (pripositionen) 8) die adverbien 9) die conjunctionen 10) die interjectionen (Reinisch 1903, p. 31)."" Come si vede, si tratta della partizione tradizionale, risulrante dalla fu- sione delle categorie distinte dai grammatici dell’epoca classica per il greco (16) «Nel somalo si possono distinguere le seguenti parti del discorso: 1) il sostantivo 2) l'art colo 3) Paggettivo 4) il numerale 5) i! pronome 6) il verbo 7) le preposizioni 8) gli avverbi 9) le con siunzioni 10) le interiezioni — 60 — ed il latino, con le modifiche avvenute in epoca medievale (climinazione del participio come parte a sé stante e scissione del nome in sostantivo ¢ aggettivo), e con Pageiunta dei numerali 2.1. I numerali Ma V’affermazione di Reinisch riportata pid su @ in realta una petitio principii, una presa di posizione quasi rituale che egli stesso in parte con- traddice poco pit: avanti, quando osserva a proposito dei numerali cardi- nali che «die zalwérter sind substantiva und zwar von eins bis ein- schlieBend acht weiblichen, von neun an aber minnlichen geschlechtes» ‘"! (Reinisch 1903, p. 55), ed in effetti nel suo dizionario essi sono sempre de- iti come «num, s.» cioé «numerale substantivum» pit lindicazione del genere. Quando cioé Reinisch passa all’analisi concreta dei cardinali, si trova nella necesita di trattarli come una sottoclasse di sostantivi, piuttosto che come una parte del discorso a sé stante. Questo é del resto il modo in cui essi vengono trattati dalla maggior parte degli autori successivi, cf. Mo reno (1955, p. 42), Saeed (1982; 1987, p. 165), Lamberti (1988, p. 127), Puglielli e Cabdallah (1993, p. 88). L’unica eccezione & Andrzejewski (1975, p. 7 sg.), studioso di formazione strutturalista estremamente attento ad una analisi ¢ classificazione rigorosa delle proprieta morfosintattiche e distribuzionali delle parole e dei sintagmi identificabili nel somalo. Nel suo lungo e minuzioso elenco di classi di parole di questa lingua, egli tiene net- tamente separati i numerali cardinali dai sostantivi («nouns»). La ragione & che egli definisce questi ultimi in base a due ctiteri, uno strettamente sin- tattico, altro di carattere piuttosto lessicale: a. ai sostantivi si possono sulfiggere, con particolari fenomeni di sandhi, dei determinanti (cf. pitt avanti la sez. 2.2.); b. i sostantivi costituiscono una classe aperta di parole, cio’ una classe cui si possono ag- giungere nuove parole attraverso meccanismi quali il prestito, Ia detivazione, ec. I criterio (b.) serve ad escludere diversi gruppi di parole che, pur po- tendo prendere un determinante, sono per altri aspetti differenti dai so- stantivi, come i pronomi personali e, appunto i cardinali. Qui va aggiunto un terzo criterio, questa volta strettamente sintattico, che distingue i cardi- nali: €. quando reggono un sostantivo (il mumeratum), questo va al genitivo singolare, ad ecce- one (i) dei sostantivi femminili in consonante con tono alto ascendente sul sillaba, che vanno al genitivo plurale maschile (nei termini di Banti 1988b, un fem della II declinazione deve comparite con il suo genitivo plurale maschile della TV decli 17) «1 numerali sono sostantivi, e precisamente di genere femminile da uno fino ad otto in: cluso, ma maschile da nove in p — 61 — nazione), e (ii.) dei sostantivi non numerabili o comungue gilt collettivi o plurali, che devono comparite in frasi relative come complementi di ah «essere» Questi tre criteri messi insieme definiscono una classe di parole del so- malo che perd non comprende solo i numerali cardinali, bensi anche i nu- merali in -eeyo che indicano una quantita approssimativa (p. es. tobaneeyo «decina»}, dhawr m. «parecchi» e Vinterrogativo immisa f, «quanto?» ”, che Andrzejewski (1975, pp. 8 sg.) assegnava a classi separate («approxi mating numerals», «unspecified numeral» e «intertogative word, type VI»). Da un punto di vista strettamente grammaticale mi sembra ragionevole so- stenere che in somalo questi quattro gruppi di parole formino la categoria dei numerali, che pud essere vista sia come una parte del discorso a sé stante, sia come una sottocategoria del sostantivo. In questa maniera il cri terio (a.) definisce i sostantivi, quello (b.) li divide in una sottoclasse aperta (nomi comuni, nomi propri, ec.) e in una chiusa (pronomi personali, nu- merali, ecc.), quello (c.) distingue i numerali dalle altre sottoclassi chiuse di sostantivi che possono prendere dei determinanti, 2.2. I determinanti Bell (1953, p. 11 sg.) fu il primo a definire come una classe a sé stante, che egli chiame definitives («determinanti» o «determinativi»), un gruppo di morfemi che possono sia comparire suffissi a dei sostantivi che stare da soli. Essi comprendevano per lui gli articoli, i dimostrativi, Pinterrogativo kee «quale?», e i possessivi. Da un punto di vista strettamente formale, tutti i determinanti somali appaiono formati da due elementi (cf. Banti 1984a, p. 136): (i) un morfema iniziale indicante il genere ¢ il numero del sostantivo cui sono suflissi o cui si riferiscono (&- per il m., & per il f, kuw- per il pl.) ®, e (i.) um elemento centrale che distingue un determinante dal Paltro, e che @ costituito per lo meno da una vocale. Si hanno cosi, p. es. 0 2 in una frase a. articolo dif (usato «quand il referente del nome & distante dal parlan: che si rifetisce al passato», Puglieli e Cabdallah 1993, p. 61) itm if Aut pl 18) Si hanno quindi i seguenti tipi di costruzione: a. far dibi «4 tori» (d. dibi m.) i. fer maalmdod «4 gioeni» (ef. maalin f. della II declinazione) ©. dfar carriur dh «4 bambini» (cf. carmiur f. collettive) : Si not che le parole somale sono qui trascritte con la grafia ufficiale di questa lingua, con Pag. afunta dll indicazione dell accento tone (ped per «breve con tomo at, dy psd lene con es alto © ascendente, da pet a lunga con tono discendente) nei soli casi in cul ed sia indispensabile, (19) Esempi di dhawr e inmisa con Varticalo possono essere dhawrkii dagiigadoodba mar «ogni Pochi minutiv e waa tnmntsadii? «che ore sono?» (20) Questi &: e & vanno soggetti a vari fenomeni di sandhi, ben descritt in tutte le grammati che di somalo. Kuso. compare solo quando il determinante non é suffiso a un'altra parola, Altrimenti siha & 0 fa second del genere del purale del sostantivo cui é legato; p. es, kawaas aquelin, ma uae gacyardaas «aquei nomi» da magacyo pl. f. di magac m. «nome. — 62 — b, dimostrative kan «questo» kan tant kuswan pl In base a questo criterio strettamente morfologico, i determinanti perd comprendono non solo i quattro gruppi individuati da Bell (1953), cio? gli atticoli, i dimostrativi, linterrogativo kee «quale?», e i possessivi, ma anche due altre parole che ancora Andrzejewski (1979, pp. 14 sg. ¢ 17 sgg,) tiene separate dai determinanti, cio’ lindefinito Au «uno, qualeuno» (f tu, pl. Auwo) e Vinterrogativo kuna «chi?» derivato da Au mediante laggiunta del suffisso interrogativo -ma (cf. meelma «dove?» da meel «luogon, idinma «chi di voi?» da idin «voir, ecc.). Da un punto di vista sintattico, i determinanti vanno divisi in tre sottoclassi: 1, determinanti che compaiono sia legati (cio® suffissi a dei sostantivi) che liberi (cio® come teste di sintagmi): articoli (ka © ki) dimostrativi (hav, Baas, ece.) interrogativo kee 2. determinanti che compaiono sia legati che liberi solo se hanno suffisso un determinante della precedente sottoclasse (1,), ma che altrimenti compaiono solo legati: possessivi ® 3. determinanti che compaiono solo liberis indefinito Aer interrogative kama E presumibile che proprio quest’ ultimo fatto, cioé Pimpossibilita di ve- nire suffissi ad altre parole, abbia indotto Andrzejewski a tenere ku e kuma separati dagli altri determinanti mentre, secondo me, V’identita della strut- tura morfologica giustifica la loro inclusione in questa classe, che costitui- sce un buon esempio di parte del discorso chiusa ”. Reinisch (1903) invece, in conformita alla concezione tradizionale delle parti del discorso cui egli aderisce (cf. il passo citato nella parte introdut- tiva della sez, 2. di questo studio), separa nettamente gli articoli ka e Avi da- (21) Usato per esempio in tu fale aun altro», tu dad ab «qualche persona di sesso femminile» (lett. «qualeuna che sia una persona), tu boa é dbibtay «mi ha disturbato qualcosa>, ece. (22) In questo modo si cstinguono i possesivibrevi usati solo con termini di parentela e poche alee pale (cl Fesempio i), da quel lunghi che hanno sffisso un aticlo, un cimestetivo o inter rogativo kee: i, walaal-kay «mio fratello» (ma non ay!) ia, badalsbay-ga «il mio discorso» it. hadd/-bey-gan «questo mio discorso» line, hadal-bay-gee? «quale mio discorso>> iid, hay-ga «i mio» (23) Sullopposizione tra parti del discorso aperte (conteneati un elevato numero di parole cui se ne possono sempre aggiungere delle altreattraverso innovazione lesscale; p. es, sostantiv, verbi cc.) € chiuse (con tun numero ridotto di parole cui, almeno in linea di massima, non se ne possono aggiungere alte; p. es. pronomi, congiunzioni, ecc) cf. recentemente Schachter (1985. pp. 4 see." ergs ees gli altri determinanti. Gli uni costituiscono una parte del discorso a sé stante, mentre gli altri vengono suddivisi tra diverse classi di pronomi (di- mostrativi, ecc.). La forte somiglianza morfologica tra i diversi determinanti non gli é perd sfuggita ed egli cerca di coglierla, per cosi dire, in diacronia quando afferma, da un lato, che gli interrogativi (ké) e (eu-md) sono for- mati aggiungendo dei suffissi all’articolo (Reinisch 1903, pp. 77 sg.) *", dal Paltro che i possessivi come Aayga «il mio» ecc. sono formati aggiungendo i «pronominalsuffixes (7) «mein», (2) «dein» ec. all'articolo (pp. G4 sgg,). Un analogo ricorso ad una sorta di spiegazione diacronica viene fatto da Moreno (1955) quando sctive, p. es., che «da un suo pronome dimo- strativo ... il somalo ha tratto un articolo che si suffigge al sostantivo» (p 31), 0 che «nei distintivi & € 1 dei due paradigmi» dei possessivi m. e f. «si riconoscono facilmente gli articoli maschile e femminile» (p. 49). Inoltre, mentre non é chiaro se egli voglia attribuire all’articolo lo statuto di parte del discorso a sé stante, egli trata i possessivi nello stesso capitolo del «pronome personale» (pp. 45 sgg.), i dimostrativi in un capitolo a parte in titolato «pronomi dimostrativi» (p. 55 sg.), € gli interrogativi (ke) e (kuima) nei capitoli intitolati con it soggetto focalizzato da baa, 0 ku sti dammene uno» (0 «dammi qual cosa», ma non «pib mir den» come Lamberti 1988, p. 115!) con Au oggetto dirctto dellimperativo si Sulla questione dellindefinito &u ef, anche Banti (1991, p. 85), — 4 — frasi in cui il possessivo si trova da solo, senza appoggiarsi a un nome; in tal caso diventa un pronome» p. 81). E interessante notare come in questo caso un criterio sintattico ¢, probabilmente, considerazioni di ordine glot- todidattico, abbiano indotto questi due autori, per altri versi ben meno «glottocentrici» di Moreno, a trattare come due classi di parole distinte quanto un criterio strettamente morfologico porta invece a trattare come un’unica classe. 2.3. La questione degli «aggettivi» Di aggettivi Reinisch (1903) parla in pit punti della sua Grammatik, di- stinguendo apparentemente i seguenti tipi: a. aggettivi primitivi 0 semplici («urspetingliche, einfache», p. 53) (ad) «bianco», (‘as) «rosso», (der) «lungo», ecc. b. aggettivi derivati da sostantivi mediante i suffissi (2d) (pp. 38 sg., 53) € (dd) (pp. 39, 58 sg.) (Arb-éd) earabon (p. 38), (badéd) «marino» (p. 38), ece:s (idéd) «ovino» (p. 39), ali ordinali come (labid) «secondo» (p. 39), ecc. . aggettivi derivati da sostantivi e pronomi mediante aggiunta del «suffix -ale, verklirat cle» (pp. 39, 53) (aniga-ile, anigile) «mio» (p. 39), (beyndla) ebugiardo> (p. 39), (géd-la) (p. 34), ece. g. «aclativan derivati da sostantivi, participi e aggettivi mediante le desinenze -<, «ayd, -i(p. 38) cong Ogadén-a oder -ayd ein weib von Ogaden» (p. 38), «nin-ki batrd -ahd qui est) der bésewicht, one artikel: nin batrin-a> (p. 38), «nin-kt der mann der verriiekt ist» (p. 38), ec. Il suffisso -an del tipo (f.) é in realta lo stesso con cui si formano quelli che questo autore (p. 102) chiama «participi passivi» dei verbi, come (firan) agedffnet, aperto» (p. 102), (fiirsan) «auf veranlafung jemandens gedffnet, fatto aprire» (p. 103), ece. La loro affinita con gli aggettivi @ tale che egli stesso nota come «die participia in adjectivischer stellung» (p. 54), cio’ in posizione aggettivale, possano avere plurali raddoppiati alla stessa stregua degli aggettivi primitivi del tipo (a.); quindi «nimin ‘lan oder ‘lilan be- driingte manner» (p. 54) alla stessa stregua di «nimdn yéryar kleine min- nem (p. 54). Mentre Reinisch (1903) non si pose il problema di definire chiaramente — 65 — gli aggettivi rispetto ad altre classi di parole, Bell (1953) si rese conto che si trattava di un problema complesso ed applicd il termine «“Adjective” ... only to those words from which Attributive Verbs ... can be formed» (p. 76). Questi ultimi, cio’ i «verbi attributivis, hanno un paradigma partico- lare, le cui forme principali (dall’aggettivo Jadan «in buona salute») sono qui riportate accanto a quelle che vi corrispondono per il verbo «essere» (ahay ec.) e per un verbo regolare come fur , p 83); ma al passato essi compaiono anche in posizione attributiva quando «a noun defined by Ai, ti, etc., is qualified by an adjective» (p. 81), p. es., «di bigii weynaa waa dintey the big ox died» (p. 81). In questo caso egli stesso nota come il «verbo attributivo» costituisca in realta una frase relativa (quindi «the ox which was big»), perché in somalo solitamente non vi sono pronomi, congiunzioni o altri morfemi che introducano le relative **, Bell (1953, p. 76) distingue tre tipi di «aggettivi»: (i) aggettivi radicali, corrispondenti a quelli primitivi o semplici di Reinisch (cf. il tipo a (ii) aggettivi verbali, ciot derivati da verbi, che corrispondono ai «patticipi passivi> di Reinisch, ivi compresi quelli come badan «many (plentiful) (p. 77) che questi consi derava derivati da un sostantivo ® (ii) le «verbal roots ab (“being”), Jeb (“having”), la’ (“being without”) (p. 76) che ri chiedono «a complementary noun to complete the sense» (p. 77 sg,), che cio’ devono reggere un complemento nominale; p. es. «tin Somali ab “a Somali man (a man being a Somali"), min gad leb “a bearded man (having a beard)”, nin inda la’ “a blind man (without eyes)"» (p. 78). Alcuni dei tipi considerati aggettivi da Reinisch (1903) vanno quindi analizzati altrimenti. P. es., (géd-le) «barbuto» & in realta un sintagma in cui gadb abarba» & complemento di /eh «avente, che ha»; analogamente, (27) Per semplicita tipografica, la Iricativa faringale sorda e la occlusiva retroflessa sonora sono rappresentate come b e d negli esempi trtti da Bell (1953) invece che con i simboli IPA da Tui usa Per analoghi motivi, negli esempi tratti dai lavori di Andrzejewski le vocali avanzate, cio [+ ATRI, non sono distinte da quelle arretrate, ciot (~ATRI (28) Da un punto di vista tipologico, quindi, un sintagma somalo con una relativa come wilka Lad arageay] «il ragazzo (witlka) che tu (aad) hai visto» non & molto diverso dal corrispondente in slese the boy [you saw] (29) Anche Andrecjewski (1969) ritiene badarr connesso a un verbo (abadé to become many, to become much, to become characterized by much», p. 73), pur ammettendo che alcune di queste pa. role che, come vedremo, egli considerera una classe speciale di verb, siano in realta denominali piut tosto che deverbali (cf. «aarsdn to be famous» vs. «dan {masc.) fame, a famous person or persons», 0 ««dugséon to be sheltered» vs, «digs? {mase. noun) a sheltered place; a Koranic schoob», p. 78). Tn realt3 bad m. alle, menge, reichlicher vorrat» (Reinisch 1902, p. 70) & probabilmente una false lem- ‘matizzazione: in somalo vi'sono piuttosto bad f, «mare», «grande quantitin e la famiglia di badi f «gran quantiti», badan m. «maggior parte», bado adiventare molto», badi «rendre molto» e badan (essere) molto». Sia il somalo bad: «numeroson, «grande quantita» (con il metonimico bud f mare»), che loromo dada «molto» (e badaa «di gran quantita»), sono probabilmente vecchi prestit dal semitico d'Etiopia con il solito esito z>d (ct. Sasse 1979, p. 19): cf. geez bazha «essere numeroso, essere abbondanten, amatico ¢ guraghé hizza «essere molto, gutaghé baci c bait! «abundant, much cece, (cf. Leslau 1979, p. 168). 30) In realta tutti tipi qui raggruppati nel gruppo (c.) di Reinisch sone il tisultato di analisier rate. (Aniga-dle, anigdle) «mio» (p. 39), infati, & gid bene identificato da Moreno (1955, p. 248 sg.) rel senso che, p. es, (askin angile) traducbile in italiano con questo cavallo & mio», in relta & — 67 (ladg-la) «geldlos, squattrinato» & in realta lacag la’ «che non ha sold» si- mile al gia visto «nda la’... blind ... (without eyes)». | «relativa» di Reini- sch (1903), poi, costituiscono una generalizzazione sbagliata, in cui gid la von Tiling (1918-19) cercé di mettere ordine, risultante dall’aver confuso i tipi nin Soomaali ab «un (uomo) somalo», dibigi’ weynaa «il toro (che era) grande», ¢ alcuni casi in cui un sintagma costituito da un sostantivo piti un «aggettivo» & usato come soggetto non focalizzato e quindi prende la desi- nenza ~i del nominativo*. Cosi, (nag Ogadén-a) & naag Ugaadeen ab, con Varticolo naag-ta Ugaadeen-ka ab, con Ugaadeen(-ka) complemento nomi- nale di ab; (win-ki batran-ka-aba) & ninkii batraanka abaa «l’'uomo che era (non «qui est»!) un attaccabrighe», il cui cortispettivo femminile sarebbe naagtii batraanka ahayd «la donna ec». I tipi (ndg Ogadén-ayd) © (nin-bi batran-ka-d) non esistono, mentre (nin-ki walan-) «der mann der verriickt ist» @ ninkit waalani, nominativo di ninkii waalam; e in effetti Reinisch (1902, p, 3) rinvia all’esempio (ninki walani drama ninki indala-’i haddit nin dma nag dilo, mag mé-la) (Reinisch 1900b, p. 79) ciok ninkii waalani ama ninkii indba la’i badduu nin ama naag dilo, mag ma leb «se un pazzo 0 un cieco uccide un uomo o una donna, non c’ (da pagare) il guidrigildo (mag)». La distribuzione di forme apparentemente non coniugate come ladan € ab, forme composte come ladan-yahay vs. yabay, ¢ forme coniugate come ma ladn-i, ma ab-i, ladn-ayd, ecc., che Bell (1953) aveva cercato di spiegare distinguendo tra «aggettivi» e «verbi attributivi> poté in realta essere me- glio compresa solo quando divenne chiara ’opposizione tra paradigmi nor- mali o estesi e paradigmi ristretti nel sistema verbale somalo, ¢ tra frasi re- lative di soggetto e relative di complemento, in cui cioé l’antecedente (la te- sta) & identico al soggetto della relativa o, rispettivamente, non lo @. La pre- ‘messa per questo chiarimento, era una rappresentazione accurata non solo della lunghezza e della qualita delle vocali, ma anche delle alternanze to- nali, ¢ fu quindi Andrzejewski (1956a, 1956b) a gettare i fondamenti nel suo articolo sugli schemi accentuali delle forme verbali nel somalo setten- trionale ¢ nell’introduzione ad una antologia di testi raccolti da Muuse H. I, Galaal. Nelle frasi principali le forme normali del presente e del passato vengono usate in tutti i contesti in cui il soggetto non & focalizzato, cio& quando non @ marcato dagli indicatori baa, ayaa (e yaa), dalla particella in- «questo cavalla fo (lo) posseggo», dove le grafie (anigdle) e (anigdle) cercano di rendere una forma contratta di aniga baa leb «son io ad averllo)y con il pronome aga «io» soggetto marcato dallindi catore bus ¢ il predicato costcuito da feb (cf. il gia visto esandasug birta ahaa baa furan the iron box is open» di Bell 1953, p 83). Inoltre, (beymdla) «bugiardom & in realta il sostantivo composto beenaale m, formato da een’ f. ebugia» con il sufisso derivative -le su cui cl. Puglicll (1984, pp. 7 sg.) GD) Chiamata «Subjectival -o» da Bell (1953), che riporta lesempio «nimanka goraadke lib wag foogsancyaan, kuwaase garaadka li’ waa tegeyaan the sensible men are waiting, but those without sense are going away» (p, 79), con lb.i€ ls forme nominative di lebe, ispettivamente, di la” Sulla posisione delle marche del nominativo solo alla fine del sintagma cui si rferiscono (piuttosto che su ogni singola parola di cui esso si compone), sulle varie forme segmental etonali che esse possono avere, e, oprat. tutto Andracjewski (1964, 1979) che chiama il nominativo «Case B», e Bandi (19845, 19885). — 68 — terrogativa yaa, né & Vinterrogativo yaa «chi?», il determinante interroga- tivo kee 0 un sostantivo cui esso sia sullisso (ef. Andrzejewski 1956a, p 126, Andrzejewski 1964, pp. 128 sgg., ¢ Andrzejewski 1975); mentre quando & focalizzato compaiono le forme ristrette. Si hanno cosi, p. es Riyo iségéa doond «E lui (isdgda = isdga baa) che vuole (doond 3m del presente ristretto di doo «volere, cer care») delle capre» Riyéa isdgu doonaa «Lui (isdgu nominativo di ssdga) vuole (doonaa 3m del presente normale o esteso di doon awolere, cercare>) proprio delle eapre (riya = riya bia)» Nelle frasi relative di complemento si usano forme verbali speciali, chiamate «divergent paradigms» in Andrzejewski (1964, 1969, 1975, 1979) ¢ «modo dipendente» in Antinucci (1981, p. 238) ¢ Puglielli e Cabdallah (1993, p. 281), mentre in quelle di soggetto si usano forme identiche ai pa radigmi ristretti, che perd Andreejewski preferiva distinguere da questi chiamandole dapprima «construct paradigms» (1964, p. 128) e «conver gent paradigms» in lavori successivi (p. es., 1969, 1975, 1979) ®. Si ha cosi, p. es. (adattato da Andrzejewski 1979, p. 20): Ninka uu dbuxiisha a keené mé yagaan? «Conosce !uomo cui lui (wz) porta (keend 3m del presente dipendente in una relativa di complemento) il carbone?» Nénka dbuxtisha ti keend mé yagaan? «Conosce Puomo che gli porta (Reend 3m del presente ristretto in una telativa di sogeetto) il carbone?» Gia Andrzejewski (1956a, pp. 118 sgg.) si rese conto che le forme prive di desinenza come xun, dheer, ladan, furan, ab, leh ecc., che Bell (1953) aveva trattato come aggettivi dai quali venivano formati i «verbi attribu- tivi>, non erano in realta altro che forme del paradigma ristretto del pre: sente degli stessi verbi che, nei contesti che non tichiedono paradigmi ri- stretti, hanno p. es., presente ladnahay, ladantabay, passato ladnaa, ladnayd, ecc, Negli esempi di Bell gia visti in precedenza, quindi, la forma adesinen- ziale furan nella frase «sanduugii birta abaa baa furan the iron box is open» (Bell 1953, p. 83) é la 3m del presente ristretto, che compare perché il sog- getto @ focalizzato dall’indicatore baa; mentre i sintagmi «nin hun a bad man», «ninka deer the tall man» (Bell 1953, p. 77), «nin Somali ab a Somali (62) Il quadro delle forme verbali nelle relative & ulteriormente complicato dalle marche del no- minativo, che determinano forme diverse nelle relative di soggetto e di complemento quando queste npaiono in sintagmi nominali con funzioni di soggetto. P. es., ninka bukaa mea yagaan? el'vomo ammalato {lo} conosce?» (con Bukaa «che ® ammalato», 3m della forma nominativa del presente ri- 0 di Bug «essere ammalato> usato in selativa di soggetto) vs, minke buku ma yagaan? «conosce no ammalato?» (con buka «he & ammalato», 3m della forma non nominativa del presente ti- to di bug «essere ammalaton usato in relativa di soggetto) — 69 — man (a man being a Somali), nin gad Jeb a bearded man (having a beard), rnin inda la’ a blind man (without eyes)» (Bell 1953, p. 78) sono in realt& so- stantivi seguiti da frasi relative di soggetto con il verbo al presente ristretto (quindi sintatticamente analoghi al gia visto inka dbuxiisha ti keend «Puomo che gli porta il carbone»). A loro volta, «sanduugii birta aba the iron box» (Bell 1953, p. 83) e «débigii weynaa the big ox» (Bell 1953, p. 81) sono anch’essi sostantivi con relative di soggetto, nelle quali perd il verbo & al passato ristretto ”, In questa maniera, gli «aggettivi» ¢ i «verbi attributivi» del somalo non sono classi di parole o parti del discorso distinte, ma parti diverse del para- digma coniugazionale di un’unica classe di parole, che Andraejewski chiamé in un primo momento (1956a, p. 118) «4th Conjugation» *, e suc- cessivamente (p. es., 1969, p. 47) «hybrid verbs». Si tratta cio’ di verbi veri e propri che perd hanno, oltre a desinenze in parte diverse da quelle degli altri verbi, anche un sistema di tempi modi parzialmente diverso. Per un (53) Questo spiega perché al passato si abbiano forme identiche alla 3m anche con antecedenti al plurale, un fatto che Bell (1953, p. 81 sg) segnalava come singolarita di accordo, p. es, «wadaadde dit masaksnsa cae the poor priest» (p82), let santon (che) erano povern, con ae ual la 5m invece del plurale abaayeer. In effetti i paradigm ristretti sono caratterizati, oltre che da desi epzee schemtonal divers, anche de. un fot ipcretsmo delle forme. Qu sono porta presente e il passato ristretto, affermativi e negativi, dei git visti ladan (essere) in buona saluten, ab «essere» (abedve verb deli $*coniuasone, come ave fra poco) edi ar sapien (un verbo reglae lella 1* coniugazione) Presente ristretto Is addin ab furs 2 Tedén ab Jur 3m odin ab Sur 3 ladén a Surta Ip ladén ab Furnas 2p ladén ab fur Sp ladén ab Sursé Presente negativo ristretto (invariabile per persona numero) ladnvéyn ab-éyn fursin Passato ristretto Is ladn-éa ada Jury 2s lade ah-éa fury 3m ladda abréa ‘furéy 3f ladn-éyd ahéyd ‘furtiy Ip lodsr-éyn abdyn Surnay 2p adneda abda fury Sp ledn-éa ahéa furedy Passato nogativo (invariabile per persona e numero} ladnéyn ahiyn furin G4) Un termine gia impiegato da Bell (1953, p. 80) per indicare i suoi «verbi attributivin, Le al- tre tre coniugazioni sono quella semplice, quella causativa e quella media o autobenefattiva Il termine «verbo dll coningaioney (0 «verbo Cy) &mantenut in quest lavoro, peché Ia denominazione ‘evcrbi stativi> usata da aleuni autori(p.es., Puplilli e Cabdallah 1993, pp. 117 spg.) pud causare con- fusione con i verbi semanticamente stativi delle altre Coniugazioni, p. es., bug «essere malatow, bub ‘cessere certo», fir aesisteren, agoo «conoscere, sapere, ccc. (sulle cui particolanta morfosintatiche cf Saced 1987, p. 67 see) 70 — verso, in tutti questi verbi manca una distinzione formale tra tempi sem- plici ¢ tempi progressivi (per azioni in corso di svolgimento o che si svolge- ranno nell’immediato futuro), che invece @ presente in una parte cospicua delle altre classi di verbi, In secondo luogo, oltre ai vari tipi di presente passato affermativi ¢ negativi, normali, ristretti ¢ dipendenti, i verbi C4 hanno alcuni tempi particolari che mancano negli altri, come il presente e ill passato esclamativo ™, mentre non posseggono diversi tempi e modi che le altre coniugazioni hanno, quali l'imperativo, lo iussivo 0 l’infinito (e quindi non hanno neanche le forme composte dalPinfinito pia un ausiliare). Al posto di queste forme, vengono usate suppletivamente le forme corrispon- denti del verbo incoativo in /aat/ derivato dal verbo C4. Cosi si usano, p. es., limperativo noolow «vivil» ¢ lo iussivo ha noolaado «che viva, evviva> dell'incoativo noolow «rendere vivo, ravvivare quando servono le corti spondenti forme del verbo C4 noo! «viveren °° Tutti i verbi di questa classe «describe a particular state, quality or acti- vity viewed specifically as having duration, ie. being continuous or having some degree of persistence» (Andrzejewski 1969, p. 68). Ma al loro interno si possono distinguere i seguenti gruppi secondo Andrzejewski (1969, p. 69 seg.) che @ lanalisi pitt particolareggiata fra quelle finora pubblicate: a. primitivi con valore qualitativo («to have a particular quality or characteristic», p. 69) 0 stativo («to be in a particular state», p. 69); ah «essere» (Vunico irregolare, per il suo presente coniugato con prefissi abay, bahay ecc.), eb «averer, «dire>, og «sapere, weyn «essere grande», idil «essere completo», eee. b. derivati deverbali ¢ denominali in -av e -sam, con il valore di «durational neuter passi ves» (Andrzejewski 1969, p. 69) oppure di qualitativi e stativi corrispondenti a verbi in coativi o di altro tipo, 0 a sostantivi e chiuso, essere legaton (vs. xir alegare»), dbibb-an wessere in diffi colti> (vs. dbib «clisturbare, mettere in difficoltin); engeg-an «essere seco» (Vs. er- eg adisseccarsi»), didd-an «essere contrario a» vs, did «tifiutaten; roobb.an «to be under rainfally (vs. roob «pioggia»), ecc. ar-san «essere cotton (vs, kar-i «cuocere, far bollires); farax-san wessere felice> (vs. farax, arallegrare>); wanaag-san «essere buono» (vs. wanaag abontin), ecc 5) P. es, gabadkanu way qurux badantobay «questa ragazza & molto bella» (con il presente normale del verbo composto gurus badar lett. aessere molto di bellezean) vs, gabadbonu quric bada- naa! «quanto & bella questa ragazza!» (con il presente esclamativo dello stesso verbo) G6) La mancata comprensione di questo fenor usato non pochi fraintendimenti e f ature di dati in passat. P.es,, Moreno (1955) nota l'esstenza di un «tema suppletivo» (p. 110) in-at di «essere» da cui si forma un «compiuto», cio’ un passato (ahddey, ece.) che eg distingue dal pas: sato di tipo C4 (abd, abéyrd) chiamando quest ultimo «imperfetto indicativo» (p. 277) 0 «compiuto ositivo (imperfetto)» (p. 107) tradotto come «io ero, tu eri, ecc>» e il primo aperietto indicativon (p. 277) 0 «compiuio istantaneo (perfetto}> {p. 110) tradotto come «fui». In realta ahaa, abaya @ il pas sato del verbo C4 ab «essere>, mentre abuadey, abaatey & il passato del verbo ab>aw «diveniren, lin: coativo in /aat/ derivato da ab, lo stesso Moreno (1955) coglie questo significato nella parte dedicata al daréd, quando traduce il paradigma (ahddey, eee.) con «io fui, divennis tu fost, divenisti, ece.», entre (aha, abdy-d) @ tradotto solo con io ero», ece. Ancora Saced (1987, p. 106) considera limpe- tativo ghaw eTinfnto ebua come parte del paraigioa dia wesere»piiteno che dll incoativ in faat! da esso derivato! meet lee c. derivati in -con, con valore di qualitativi o di stativi: udg-oon wessere profumato» (vs, udug «profumo» e udg-i «xendere profumato»), ece Questa analisi degli «aggettivi» somali come una classe speciale di verbi, che fa del somalo una «adjectival-verb language» in termini tipolo- gici (cf. Schachter 1985, p. 17), @ stata mantenuta nelle sue linee essenziali da Puglielli (1981, p. 31 sgg., «verbi aggettivaliv; 1984, «verbi della 4a co- niugazione), Puglielli e Cabdallah (1993, pp. 117 sgg., «verbi stativin) e da me stesso (Banti 1988a, pp. 207 sgg., «C4 verbs»). Recentemente Saced (1987, pp. 169 sgg.; 1988), Ajello e Puglielli (1988) e in parte Lamberti (1988, pp. 135 sgg., 270 sgg.) °” hanno riesu- mato la vecchia concezione che vedeva in queste parole degli aggettivi. ced (1988) argomenta che in forme di presente come wau wanaagsan yahay «lui é buono» l’elemento wanaagsan sembra comportarsi come un comple- mento del verbo «essere», anche se gli unici altri elementi «which can oc- cur as complements of yahay», cio’ di «essere», «are NPs» (p. 573), mentre per altri versi i sostantivi sono nettamente diversi dagli elementi come wa- naagsan perché questi ultimi «cannot occur as subjects or be wh-questio- ned» né possono comparire con dei determinanti (p. 576). Se quindi si pone una classe speciale di verbi per le parole della classe di wanaagsan, questa secondo Saced sarebbe «highly irregular» (p. 573), ed egli preferisce trattarla come una categoria sintattica a parte, quella degli aggettivi, che devono essere sempre accompagnati dal verbo «essere» («always occur as complements of yabay ‘to be’», p. 576). La diversita tra forme come wu wanaagsan yahay da un lato e, dal’altro, wuu wanaagsanaa «era buono» € nin wanaagsan «a man who is good, a good man» (p. 577) & quindi da lui ricondotta ad una sostanziale unita, perché la struttura sottostante di wa wanaagsanaa e di nin wanaagsan sarebbe «wuu wanaagsan ahaa» (p. 574) e, rispettivamente, «nin wanaagsan ab» (p. 576). Poiché perd queste due forme non si incontrano mai nel somalo reale, egli postula una regola di «Copula Reduction» («CR») che cancella la radice, cio’ -ah-, di «essere, per cui «what remain to become suffixed clitics are the tense and person markers» (p. 574); questa regola agisce, secondo Saeed, obbligatoriamente quando ah «essere» accompagna un «aggettivo» ed @ in un qualsiasi tempo 0 modo che non sia il presente affermativo; in quest’ultimo caso essa & in- vece facoltativa (questo per rendere conto di forme abbreviate come wu wanaagsanyay per wu wanaagsan yahay «which commonly occur in speech and which are associated with less formal speech styles», p. 574, e che sono (7) Lamberti (1988, p. 270 sgg.), pur notando che Ia loro flessione & 1¢ tra la «adjektivische Flexion» nella quale «das Adjektivam .. vers in» (p. 138) e i «Komposita von abv», cio’ leb aaveren, la’ «non avere, vermisser», {jacal-ab-) amare», (eg-ab-) «somigliare», ecc., che sarebbero «Verbalstimme bzw. Nomina, die mit dem ver bum ab- eine Finheit biden» (p, 293). Non & dato sapere, tutavia, su quale base egli consideri alcune i queste parole degli aggettvi, altre dei temi verbali ¢ altre ancora dei sostantiv — 72 — assenti nelle varieta di somalo a sud dell’ex Somalia Britannica) . La re- gola di «CR» non opera invece mai quando il complemento di «essere» & un sostantivo. Si avrebbero quindi derivazioni come le seguenti con P'«ag- gettivor wanaagsan ¢ il sostantivo askari «soldatom: = wanaagsan yabay /wanaagsan yabay/ { > CR wanaagsanyay ftwanaagsan abaal = ——+ CR wanaagsanaa (nin wanaagsan abl = ——+ CR nin wanaagsan Inn askari abl — nin askari ab «un uomo che € un soldato» Anche Ajello e Puglielli (1988) pensano che quando i verbi C4 hanno desinenze uguali a quelle del verbo ah «essere», in realta ci si trovi davanti auna «deletion of the root of the verb ‘to be’» (p. 545), che essi perd pon- gono anche in sede diacronica. Di conseguenza, anche loro ritengono pit appropriato considerare questa classe di parole come degli aggettivi «since they need the copula to perform their function as predicates» (p. 539); la presenza della copula @ , secondo loro, evidente nel presente (p. es., waa weyn yabay «& grande»), mentre nel passato ¢ nelle altre forme essa sa- rebbe stata parzialmente obliterata da un proceso di grammaticalizzazione (pp. 539, 544). Un altro argomento contro l’idea che queste parole siano dei verbi, seppure di un gruppo speciale, & per questi autori la diversita del loro presente tistretto (completamente invariabile) rispetto a quello degli altri paradigmi ristretti (che distinguono la 3f ¢ la Ip dalla forma sincretica per tutte le altre persone, cf. la nota 33). Essi preferiscono vedere nelle forme invariabili ah, wanaagsan, furan, che compaiono quando il soggetto della frase @ focalizzato, degli aggettivi veri e propti piuttosto che delle forme invariabili di presente ristretto (pp. 541 sgg.), per cui la differenza tra le due frasi Cali waa weyn yahay «Ali & grande» con focalizzazione del predicato ed Cali baa weyn «& Ali che & grande» con focalizzazione del soggetto sarebbe determinata dal fatto che nella seconda «the copula is cancelled» (p. 542), determinando quindi un’alternanza tra frase verbale (con predicato formato da un aggettivo pit: «essere») ¢ frase nominale (con predicato formato dal solo aggettivo). Tn realta, come ho mostrato pitt volte (Banti 1987; 1988a, pp. 208 sgg.; 1988c, pp. 46 sgg.; in corso di stampa, pp. 5 sgg.), da un punto di vista (38) Anche Moreno (1955, pp. 106, 111 sg.) pensa a forme in cui il verbo «essere» accompagni re gli caggettvin, cf. «ma bddni da ma bidan ihi> (p. 111), abadnéyén por badan ahévenn (p. 112), ec. Exli registra perd per il somalo del Benaadir anche forme negative «senza abbreviazione> ‘p. 11) come «hiin md tibid,cattivo non sei, o ma fim sid, non cattivo sei = non sei cativor Ip. 108) «rma badan mibi, ma badan tibine (p. 111) che mi sembrano piuttosta delle forzaeure dei dacs (nessun parlante nativo me le ha mai accettate!), ad eccezione di (ma badan tibin) che perd é la forma interro gativa ma badan tibiin? asiete moi?» € non una forma equivalente a ma badnidin anon sicte molt. —-BH comparativo non c’é alcuna ragione di ritenere che le forme dei verbi C4 con desinenze uguali a quelle di ab «essere» derivino da forme composte in cui la radice -ab- di questo verbo sia stata cancellata. Essi hanno infatti pa- ralleli molto chiari in altre lingue cuscitiche orientali come il saho-‘afar, il jiiddu, il konso, ecc., nelle quali verbi come «esseren, «averen, «essere Iungo», «essere grande», ecc. sono coniugati come verbi con desinenze spe- ciali senza comparire con forme composte da un elemento tematico pitt una copula. I] rapporto con predicati di tipo nominale emerge solo in una prospettiva storica molto piti lontana, perché questi predicati qualitativi e stativi coniugati del cuscitico orientale hanno chiari paralleli formali con le coniugazioni a suffissi delle lingue afroasiatiche pit antiche, quali lo stativo accadico (il paradigma che assumevano sostantivi, aggettivi ed aggettivi verbali in posizione predicativa senza che vi fosse una copula; p. es. éarriku «io sono te» da iarrum «re», rabita «sei grande» da rabitm «grande>) e i suffissi coniugazionali con i quali Yantico egiziano costrul una parte cospi- cua del proprio sistema verbale a partire da vecchi nomi ed ageettivi ver- bali (cf. Schenkel 1975; Cohen 1984; Banti 1987, pp. 155 sgg.). Le forme composte con «essere» nel presente dei verbi C4 sembrano piuttosto un’in- novazione del somalo ¢ delle lingue omo-tana pitt orientali, che nel somalo non & neanche riuscita a scalzare completamente il vecchio tipo di presente di questi verbi che sopravvive in vari usi marginali quali i proverbi (p. es., Jaabi laba uv la’ «la mente non pud pensare a due cose diverse [nello stesso tempo]»), le frasi comparative (ed @ per questo che Andrzejewski, 1969, lo chiama «Present Comparative»; p. es., intaas ka weyn-i «sono pitt grande di quello [che hai detto}»), espressioni cristallizzate come i ringraziamenti (cf. mabadsén-id lett. «sei ringraziato» e mabadsan-idin lett. «siete ringraziati»), ec. Anche l'argomento della diversiti del paradigma tistretto completa- mente invariabile del presente dei verbi C4 rispetto agli altri paradigmi ti- stretti del somalo, addotto da Ajello ¢ Pugliclli (1988, pp. 541 sgg.) a soste- gno della loro tesi dell’aggettivalita di questa classe di parole, resta molto indebolito non appena ci si pone in un’ottica comparativa. In ambito cusci- tico orientale, infatti, ad apparire isolato @ il tipo di paradigma ristretto prevalente in somalo (che come nel gia visto presente ristretto di fur «aprire» distingue la 3f fur-td e la 1p fur-nd dalla forma sincretica fur-d per tutte le altre persone), perché in arbore, oromo, dirayta e dullay la focali zazione del soggetto & accompagnata in tutti i verbi da un’unica forma in- variabile per tutti gli accordi, cio dello stesso tipo del presente tistretto dei verbi C4 del somalo. Né va dimenticato che paradigmi verbali privi di accordi di persona sono ben attestati nei sistemi verbali del cuscitico orien- tale; per il somalo basti bensare al passato negativo 0 al presente e al pas- sato negativo usati con soggetti focalizzati o nelle frasi dipendenti che sono sempre del tutto invariabili per persona e numero. Da un punto di vista strettamente sincronico la regola di «CR» posta da Saeed (1988) pud essere necessaria come regola fonologica facoltativa 74 — per rendere conto di forme settentrionali come wut wanaagsanyay per wu wanaagsan yahay ®, se non tientra nel pitt generale fenomeno di debolezza di -b- nel somalo settentrionale al quale si devono anche varianti facoltative come waraabaa per waraaba-ha «la iena», Ma estenderla come regola obbli- gatoria a tutte le altre forme del paradigma dei verbi C4 causa alcune diffi colta. E vero infatti che in molte lingue il verbo «essere» & itregolare, ma che esso debba avere un intero sistema di desinenze e di tempi tutto spe- ciale al punto da formare una classe verbale a sé stante come vorrebbe Sa- eed (1988: «the irregular verb yahay ‘to be’, which can be said to form a third class on its own», p. 568), e come sembra implicito in Ajello e Pu gliclli (1988), mi sembra eccessivo. Piuttosto, questo verbo va considerato un verbo C4 come leh «averen, la’ «non avere, mancare di», jecel «amare», tweym «essere grande», ecc., ¢ la sua irregolarita consiste solo nell’avere un presente conjugato a prefissi *”. Ma c’é un altro aspetto che mi sembra do- vuto a una certa forzatura dei dati. Saeed (1988), infatti, afferma che in tou wanaagsan yahay «lui & buono» e way wanaagsan tabay «lei & buona», «wanaagsan is behaving in a way we might expect of NPs in Somali» (p. 573). Questo non @ vero: con un sostantive come macallin «insegnante» 0 un sintagma nominale come wiilkay «mio figlio» non si possono avere *wau macallin yabay, *way macallin tabay, *wuu wiilkay yabay ece. La co- struzione normale in questi casi una frase nominale in cui 'SN é@ un pre- dicato preceduto dallindicatore waa 0 seguito dalla particella invariabile weeye: waa macallin 0 macallin weeye «e un insegnante», waa macallimad 0 macallimad weeye «é una insegnante», waa wrilkay 0 wiilkay weeye « mio figlion. La costruzione con «essere» con valore copulative compare solo con soggetti di prima o seconda persona con ’'SN «predicativo» focalizzato (39) Queste forme contratte del presente di ab «essere» non sono perd «associated with les for ral styles of discourse» come sostiene Saced (1988, p. 574), Esse compaiono infatti anche in testi dei maggiori poeti della Somalia settentrionale, il cui stile non pud essere considerato altro che estrema- etc formale. P. es.,nel geeraar conosciuto con il nome di Ergo «La missione» composto da Maxa. med Xaashi Dhamac «Gaarriye» ne! 1992 per scongiurare la guerra civile che si tava profilando nel Somaliland, si incontrano i versi Waxaanr-e} nin arkaaya / mar kastoo aya guaro / ina eel ka tegaayo / weliba aad uga sti xunoo «sono un uomo che vede / che ogei volta che le eavallete se ne vanno / Ta sciano dietro di sé un danno / sempre molto peppiore di prima» con taxaan-ey per taxa aan abay, © pitt avanti Haddit aad amakaagtay / ku ayaan badanteeye «anche se i meravigli/ sei stata molto fort: rata» con ayaan badan-teey-e per ayaan badan tabay (40) Pid in generale, mi sembra che Varchitestura del sistema verbale somalo posta da Saced (1987, pp. 27 seg; 1988, p. 368), seppure accettabile per fini didattici, sia poco plausible da un punto di vista pit formale, Egli distingue infatti (i) vesbi a suffisi o deboli (come fur «apriro> negli esempi di paradigmi vist in precedenza), che sono la stragrande maggioranza; (i) verbi con mot cazione della radice o forti che indicano gli accordi di persona con prefisie il tempo con modiificw tion del voeaisma radeae sol verb dheh item, vow sveninen al etare, gacerom © 00 #0. nosceren): is) aP «essere» con prefissi nel presente e desinenze speciali negli altri tempi e modi, Mi sembra pit! semplice distinguere solo due grandi classi di verbi, quelli con suffissi come fur (che eom: prendono le cosiddette prime tre coniugazioni, cf la nota 34) e i C4, che hanno desinenze e sistema di tempi e modi differente. In questo modo i verbi a prefissi vanno trattati come irregolarita (sicura ‘mente residui di un sistema assai pili esteso in passato) nell ambito di queste due grand classi: deb, ius, ac ago en eal leu at hanno sistema di tempt e desinenae come le prime re conse zioni, e prefissi di accordo © modificazione del vocalismo solo in alcuni tempi, mentre si @ gia visto che ab & unico verbo icregolare dei C4 5 — dall'indicatore baa come un vero ¢ proprio complemento del verbo (quindi macallin baan abay «sono un insegnante», witlkay baad tahay «sei mio fi- lion, ecc.). Con soggetti di terza persona questa costruzione (cio® macallin uw yabay) ® talora possibile anche se molto forzata, ma I'SN non & mai nello stesso costituente di «essere» come nell’ipotetico *waa macallin yabay né, tantomeno, fuso con esso in un’unica parola *”. Infine, esistono in linguistica alcuni criteri precisi che & opportuno se- guire quando si postulano forme sottostanti a quelle effettivamente osserva- bili. Tra di essi uno dei pid importanti @ quello della semplicita ¢ dell'eco- nomia (cf., p. es., Hyman 1975, pp. 90 sgg., 182 sag), che era gi ben chiato a Bloomfield (1933) nella scelta tra diverse analisi possibili di feno- meni morfologici quali le diverse forme del plurale nominale inglese o Pop- posizione tra forme maschili ¢ femminili in aggettivi francesi come Laid [le] «brutto» e laide [led]: Our aim is to get, in the long run, the simplest possible set of statements that will de- sctibe the facts (p. 211 sg. dell’ed. 1979") Ma mi pare che lanalisi di Saeed (1988) vada contro a questo principio quando: (i.) postula una nuova classe di parole, quella degli aggettivi, che altrimenti del tutto superflua per la descrizione del somalo; (ii.) stipula la regola che questa classe di parole debba sempre cooccorrete con il verbo «essere»; (iii.) postula una nuova classe di verbi con desinenze e sistema di tempi suoi propri ma comprendente il solo ah «esseren; (iv.) fa di una re- gola altrimenti facoltativa e, come gia detto, forse addirittura parte di una pitt generale regola di indebolimento facoltativo di -A- nel somalo setten- trionale, una regola obbligatoria che interesserebbe tutte le variet’ di so- malo, e che si applicherebbe ogniqualvolta una forma del verbo ah «es- sere non al presente affermative accompagni un «aggettivon, In conclusione, nonostante le critiche che le sono state mosse, la tesi che parole somale come wey, wanaagsan ec. siano dei verbi, seppure di un tipo speciale (i verbi C4), ¢ non degli aggettivi sembra ancora quella piti semplice e che meglio ne rappresenta le particolarita morfologiche e sintat- tiche. Essi occupano la stessa sede sintattica degli altri verbi in posizione sia predicativa che attributiva (si é gia visto, p. es., che nin xun «un uomo cattivo» & analizzabile come un sostantivo seguito da una frase relativa di (41) Invece, il verbo «essere» compare regolarmente con un soggetto di terza persona quando questo @ focalizzato, come si gia visto, oppure in frasi subordinate. Le controparti della frase nomi nale focalizzata sul predicato diag toaa mracalin e, rspettivamente,(waxaan u maleynayaa) in wu ma callin yabay «(citengo) che egli sia un insegnante>, dove pero la forma del verbo «essere» ¢ il SN che ne dipende non fanno mai parte di uno stesso costituente (e quindi si possono liberamente spostare, . €.... macalin in au yabay 0 .. in uu yahay macalln) né vanno incontro a fenomeni di sandhi come quelli osservabili nel presente composto dei verbi C4 (p. es... in ay Sabool tabay ache lei ® povern> con la - del sostantivo saboo! «persona povera> conservata davanti av... nt ay oggosbabay «che lei 8 daccordo» con la -! del C4 oggol «essere daccordo» fusa con la f- successiva). $i tratta di una asim- ia paradigmatica singolare che va senz’altro spicgata. 76 — soggetto: non c’é modo in somalo di distinguere «un uomo cattivo» da «un uomo che & cattivo»), ed esprimono nella morfologia categorie grammati- cali quali l'accordo di persona, la focalizzazione del soggetto (paradigma stretto), la polarita (cioé forme affermative vs. forme negative), tempo e€ modo, che sono tutte categorie che essi condividono con il sistema verbale di questa lingua e che non sono espresse dai sostantivi “. Le stesse forme raddoppiate come niman yaryar «uomini piccoli» (gia menzionate all'inizio di questa sezione), trattate come veri e propri plurali ancora da Lamberti (1988, p. 133: «Die echten Adjektiva weisen eine Pluralform auf. Diese wird durch Reduplikation der anlautenden Silbe gebildet»), non sono in realta diverse dalle forme raddoppiate degli altri verbi e quindi indicano anch’esse, come mostrd Andrzejewski (1969, p. 66), pluralita verbale, cioé che «(a) one subject is involved more than once, or (b) two or more sub- jects are involved once or more than once each, consecutively or simultane- ously» (sull’argomento cf. anche Ajello 1981). L’unico fattore morfologico che i verbi C4 hanno forse effettivamente in comune con i sostantivi e che li oppone agli altri verbi & di natura deri- vazionale, Infatti dai C4 e dai sostantivi (e da alcuni attributivi di cui si par- Jera fra poco), ma non dalle altre sottoclassi di verbi, si formano dei causa- tivi in -ee (con nomi verbali in -ays m. e -ayn f), che perd quando sono de- nominativi indicano piti generalmente «to perform an activity whose nature is suggested by the meaning of the corresponding noun» (Andrzejewski 1968, p. 6), e quando derivano da attributivi «to be in that position in time and space which is described by a corresponding attributive» (Andrzeje- wski 1968, p. 6). Eccone alcuni esempi: a. da verbi C4 caddee «imbiancare» da cad «essere bianco» dheeree «allungaten, «correre velocemente» da dheer «essere lontano» b. da sostantivi giimce «valutare il prezzo di gs> da gtimo «prezzo» kabee «colpire con la scarpa> da kab «scarpa> c. da attsibutivi dambee wessere dietzo, essere Vultimo» da dambe «posteriorer orree aprecedere, essere il primo» da hore «anteriore, precedente» Delle parole che Reinisch (1903) considerava aggettivi, si @ quindi visto che quelle precedentemente elencate sotto (a.) ed (£.) sono meglio analizza- bili come verbi di una classe particolare che comprende anche «esserer, «sapere, «amare», ecc., mentre quelle elencate sotto (c.), (d.) € (g.) deri- (42) Quanto al fatto che il sistema di tempi e modi dei verbi C4 & essenzialmente minore di

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