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Lo Stato e gli altri enti pubblici minori necessitano per lo svolgimento delle varie funzioni ad essi assegnati
dall’ordinamento giuridico di mezzi economici. L’attività finanziaria è l’attività di acquisizione, di gestione e di
spesa dell’insieme delle mezzi economico – finanziarie indispensabili allo Stato e agli enti pubblici minori per il
raggiungimento delle loro finalità istituzionali.
Le risorse economiche vengono reperite presso 2 fonti da:
1. attività di amministrazione dei beni del loro patrimonio o dall’esercizio di altre attività di diritto privato;
2. Dall’acquisizione di ricchezza dei cittadini mediante il prelievo dei tributi.
Il DIRITTO FINANZIARIO è quella branca del diritto che può essere scisso in 2 discipline giuridiche distinte:
1. la Contabilità di Stato (“attività Iure gestionis”): più correlata al diritto privato, in quanto attinente
all’Amministrazione del patrimonio, alla formazione dei contratti, alla gestione delle imprese pubbliche;
2. il Diritto tributario (“attività Iure imperii”): più correlata al diritto pubblico, relativa all’attività dello
Stato (enti pubblici) diretta a procurarsi i mezzi finanziari occorrenti per il raggiungimento delle loro
finalità.
L’oggetto del nostro studio
È una disciplina giuridica che ha per oggetto l’imposizione dei tributi, intesa come principi (i principi sono
regole di carattere generale, avvolte non scritti perché desumibili dall’ordinamento giuridico à l’insieme delle
norme produce principi) e regole (2 che si identificano con le norme scritte) che presiedono:
1 sia alla scelta che
2 alla concreta determinazione dell’oggetto della tassazione, cioè scegliere il presupposto dell’imposta
(ossia COSA tassare e QUANTO tassare). È necessario anche il riferimento soggettivo, il c.d.
contribuente, anche “centro di imputazione soggettiva”. È vero che l’imposta colpisce il
presupposto, il suo oggetto (es. reddito, patrimonio ecc.), ma non può farlo senza il riferimento ad un
soggetto, che può essere una persona fisica o un’entità creata dall’ordinamento giuridico, come ad
es. una società, fondazione, associazione.
Rientrano nel diritto tributario anche istituti relativi alla irrogazioni irrogazione delle sanzioni pecuniarie. Inoltre
assolve anche compiti redistributivi della ricchezza (si parla di diritto distributivo), di incentivo di certe attività e
disincentivo di altre.
Il contribuente
Il contribuente è il titolare della capacità contributiva, e su di lui che grava l’obbligazione tributaria, per cui è
tenuto al versamento di tributi. Esso rappresenta la dimensione soggettiva del prelievo fiscale.
Per poter definire il concetto di Obbligazione tributaria, rivediamo quella di Obbligazione data dal diritto
privato:
• obbligazione di Diritto Privato:
o è un vincolo giuridico che lega 2 o più soggetti;
o ha le sue fonti;
o ha un contenuto patrimoniale.
• obbligazione tributaria: ha connotati simili:
o ha un creditore e debitore;
o ha un oggetto: ossia la prestazione tributaria;
o ha una fonte: la circostanza che nasce in forza della legge;
o ha delle caratteristiche proprie.
Il diritto è animato da interessi. Il diritto nasce ed esiste fondamentalmente per disciplinare i rapporti tra gli
individui e risolverli in modo ordinato e pacifico. Questo significa con riguardo al diritto tributario, il
contemperamento di 2 interessi:
1. Interesse fiscale: cioè l’interesse della PA (ma anche della collettività visto che la PA risponde a un
interesse pubblico) al regolare, tempestivo ed efficiente prelievo delle imposte;
2. Libertà individuale: ossia la libertà dell’individuo che deve essere salvaguardata in tutte le sue
manifestazioni a cominciare dalla libertà intesa come integrità fisica e psicologica. Esempio 1: Il tema
della privacy, collegato ai + noti strumenti di accertamento tributario che sono fortemente invasivi nei
confronti del diritto di riservatezza nei confronti dell’individuo. Esempio 2: A casa vi arriva un invito al
contraddittorio dell’Agenzia delle entrate in cui vi si chiede di dimostrare la congruità di tutte le
movimentazioni bancarie dell’estratto conto. Mostratici che non sono soldi che avete nascosto al fisco
ma che sono versamenti dovuti ai beni che avete venduto ecc.”. Significa che ognuno di noi deve fornire
giustificazioni anche per i comportamenti che appartengono alla vita individuale di ciascuno di noi.
Quindi PROTEZIONE DELLA TUTELA DELLA LIBERTA’ INDIVIDUALE e, connesso ad esso,
della Proprietà!
Ci si pone a questo punto una domanda: Il diritto di proprietà è riconducibile ad uno dei diritti fondamentali dei
diritti dell’individuo (VISIONE LIBERISTA), ossia un diritto fondante della libertà individuale, o si tratta
semplicemente di un diritto economico (VISIONE SOCIALE)?
v Secondo la visione liberale: ritiene il diritto di proprietà un diritto fondante della libertà individuale,
perché senza una sostanza economica non si può realmente affermare di essere liberi;
v Secondo la visione sociale: considera il diritto di proprietà come un mero diritto economico cha ha una
sua tutela, quindi alla stregua degli altri diritti costituzionalmente riconosciuti all’individuo(Si badi: il
diritto di proprietà non si trova nella costituzione tra i diritti della persona, ma tra i rapporti economico –
sociali, MA la nostra costituzione nasce in un clima politico e culturale in cui il pensiero liberale pesa
molto poco e peso molto di più quella sociale.
Prelievo fiscale
Il prelievo fiscale è una sottrazione coattiva di ricchezza che viene realizzato in forza di disposizioni di legge e
secondo parametri e criteri che la stessa legge espressamente individua. La ricchezza viene sottratta al privato
per un fine pubblico, cioè finanziarie le spese della comunità.
Quindi il prelievo costituisce un’attività impositiva.
Mentre il tributo è una nozione di carattere generale, cioè costituisce il GENERE, le 3 sottocategorie sono
concetti di SPECIE.
Tutti i 3 tipi di entrate pubbliche hanno in comune sia la coattività, sia il prelievo di ricchezza.
N.B. Il tributo NON è un corrispettivo!!! Manca una norma che definisce il tributo, anche se vi sono norme che
utilizzano tale termine.
La nozione tributo delimita la sfera della giurisdizione tributaria, ossia il territorio all’interno del quale il giudice
tributario decide le controversie. Per stabilire se per una determinata controversia bisogna rivolgersi alla
commissione tributaria o ad un giudice o giurisdizione differente (es. quello civile o amministrativo) devo vedere
se la controversia ha ad oggetto un tributo o meno. Esempio: se si tratta di una multa stradale, la giurisdizione
non è quella tributaria, perché la multa non è un tributo.
L’imposta
L’imposta è un’obbligazione di riparto di oneri economici pubblici e ciascun contribuente è il debitore di una
quota; la determinazione di quest’ultima dipende dall’indice di riparto previsto dalla legge (sono atti o fatti dai
quali si fa dipendere la determinazione della quota). L’imposta è dovuta dal contribuente per ciò solo che esiste
una spesa pubblica da distribuire tra i membri di una comunità.
Caratteristiche:
v Ø L’elemento distintivo dell’imposta è il riferimento al principio della capacità contributiva. Quindi il
prelievo è correlato ad una situazione economica rilevante: la capacità contributiva.
Per cui l’imposta assolve ad una funzione solidaristica, nel senso che chi ha capacità contributiva
(ricchezza spendibile) concorre a finanziare le spese pubbliche anche in luogo di chi manca del tutto di
tale capacità e pur fruisce di tutti i servizi della comunità.
v Ø il gettito derivante dall’imposta è destinato alla copertura dei servizi pubblici INDIVISIBILI (le spese
pubbliche relative a tali servizi, proprio per il loro carattere di indivisibilità, non si possono ripartire tra i
consociati): Il servizio pubblico indivisibile NON è suscettibile di essere commerciato perché non
avendo un’utilità divisibile in modo percepibile (es. difesa interna, illuminazione pubblica), ad esso
NON può riferirsi un prezzo (il prezzo è connesso ad un’utilità che il bene ha). Quindi il mercato non lo
può offrire. Se il mercato non lo può offrire, deve essere l’ente pubblico a sostituirsi consentendone la
fruizione a tutti. Il costo del servizio pubblico verrà coperto attraverso la fiscalità generale, ossia delle
imposte.
C’è una scissione totale tra la posizione del soggetto contribuente e la posizione del soggetto utente, cioè si
pagano le imposte a prescindere dall’effettiva fruizione di un determinato servizio, perché ha utilità indivisibile.
Esempio: fruizione dell’illuminazione pubblica del singolo. La tassa
La tassa
La tassa è connotata dalla circostanza che il debito nasce dalla richiesta di fruizione di un determinato servizio
pubblico. La tassa PRESCINDE dalla capacità contributiva. Esempio: Io sono tenuto a pagare la tassa in virtù
del fatto che io ho chiesto di usufruire di un certo servizio. Tutti quelli che non si iscrivono all’università non
pagano le tasse universitarie. Tuttavia può capitare che le tasse, come ad es. quelle universitarie, variano al
variare della capacità contributiva (nell’esempio variano per fasce di reddito). In questo caso prevale l’esigenza
di equità sociale sul rigore concettuale, MA la tassa ordinariamente NON è collegata al criterio di capacità
contributiva. Tant’è che la Corte Costituzionale ha affermato che le tasse NON soggiacciono all’art. 53 Cost..
Non è necessaria che la richiesta sia ESPLICITA, ma può anche essere nelle “cose”. Esempio: la tassa sui rifiuti
urbani. Io qui non faccio richiesta di usufruire del servizio. C’è una dichiarazione iniziale imposta dalla legge ai
fini dell’applicazione del tributo in cui dichiaro alcune circostanze che mi riguardano come ad es. i metri quadri
dell’abitazione, il nr. di componenti del nucleo familiare ecc. La Cassazione ha detto che la richiesta è dato dal
fatto che l’individuo vive in un contesto urbano nel quale è istituito un servizio di rimozione dei rifiuti.
Quindi la tassa è dovuta in relazione ad un servizio o attività resa dall’ente pubblico all’obbligato
NORMALMENTE su domanda di quest’ultimo.
Il gettito della tassa è destinato alla copertura dei servizi pubblici divisibili. Solitamente la tassa non copre
l’intero costo del servizio, ma è più bassa. La restante parte del costo viene finanziata mediante il gettito delle
imposte, quindi sono trattati alla stregua del costo dei servizi pubblici indivisibili. Questo perché si ritiene che la
prestazione di determinati servizi pubblici pur divisibili, es. l’istruzione, la sanità, la fruizione di servizi pubblici
culturali ecc., abbia un’utilità / valenza oltre che per il singolo utente che ne beneficia, anche per la collettività
nel suo insieme. In altre parole: la circostanza che esista un polo universitario in una determinata sede geografica
ha un’utilità che trascende la somma delle utilità dei singoli studenti, ma ritorna a beneficio della collettività nel
suo insieme e questi benefici non possono che essere pagati dalla collettività nel suo insieme.
Quindi la quota di costo del servizio pubblico che non è coperto dalla tassa è coperto dalla fiscalità generale in
base alla considerazione che esiste in quel servizio pubblico una quota di utilità generale che non deve essere
pagato dal singolo utente.
Dal libro: Il soggetto tassato NON è un contribuente e la sua garanzia non è apprestata dall’art. 53 Costituzione,
ma dai seguenti corollari (ma vigono le seguenti regole):
o la tassa non è dovuta (se pagata à restituita) se il servizio non è stato reso per fatto imputabile all’ente
pubblico creditore
o l’ammontare della tassa non deve mai superare il costo del servizio reso
o se vengono imposti corrispettivi di diritto privato o tasse a fronte della fruizione di servizi pubblici
essenziali o irrinunciabili (istruzione, medicine) va rispettato il canone della capacità contributiva.
Con riguardo al rapporto tra fonti nazionali e fonti comunitarie, tale aspetto è stato regolamentato con la riforma
costituzionale dell’art. 117 Cost, il quale al I Comma stabilisce che potestà legislativa deve rispettare oltre la
Costituzione anche i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. In
particolare, nelle materie riservate all’Unione Europea (à ripartizione di competenze), prevalgono le fonti
comunitarie col solo limite costituito dalla PARTE IMMODIFICABILE della Costituzione italiana (i c.d.
principi costituzionali fondamentali).
Le convenzioni internazionali
Sono volte ad armonizzare le legislazioni tributarie degli Stati contraenti. Le convenzioni internazionali non
sono fonti di diritto tributario; esse assumono rilevanza giuridica nell’ordinamento italiano soltanto con
l’emanazione della legge di ratifica (atto emanato da organi uno Stato al fine di rendere esecutiva
nell’ordinamento interno una norma che lo Stato si è obbligato ad adottare attraverso la convenzione).
Vi sono delle convenzioni bilaterali internazionali contro la doppia imposizione (à volta ad evitare che la stessa
manifestazione di capacità contributiva sia assoggettata a tassazione simultanea da + paesi). Esempio: per i
dipendenti Unicredit siciliano a Francoforte. Esiste un paese della residenza e uno della fonte (in Germania) con
il rischio di una doppia tassazione, tuttavia, con le convenzioni i 2 paesi concordano una regola secondo cui il
pagamento dell’imposta avviene una sola volta (valido anche per gli immobili).
L’efficacia della legge si estende anche a quegli atti normativi emanati dal Governo, ovvero le fonti parallele
subprimarie:
• decreti legislativi
• decreti legge
che nel campo tributario, per il suo forte tecnicismo, sono spesso necessari.
I decreti legislativi
L’attività legislativa delegata è subordinata alle seguenti condizioni:
1. la delega deve essere deliberata dal parlamento (attraverso la procedure normale di esame e di
approvazione);
2. la delega deve essere effettuata a favore del governo per:
a. per un tempo limitato;
b. per oggetti definiti;
3. la legge delega deve fissare i principi e i criteri direttivi cui dovrà uniformarsi il governo.
I decreti legge
Sono emanati in casi straordinari di urgenza e di necessità. Si tratta di provvedimenti provvisori con efficacia di
legge che devono essere presentati alle camere il giorno dell’emanazione per la conversione in legge (à sono
vigenti anche in attesa del termine di conversione). I decreti perdono efficacia fin dall’inizio se non sono
convertiti in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione.
La potestà legislativa delle Regioni e la ripartizione di competenza tra Stato e Regione: l’autonomia
tributaria, l’autonomia finanziaria e il divieto di istituire dazi.
Il nuovo art. 117 Cost. ha equiparato la potestà legislativa dello Stato e delle Regioni (ossia si afferma una
potestà legislativa regionale). In particolare il nuovo art. 117 Cost. prevede:
a. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;
b. Lo Stato ha la legislazione esclusiva in alcune materie che sono di competenza esclusiva dello Stato, e
quindi le Regioni non possono legiferare in quelle materie;
c. Ci sono materie su cui sia lo Stato che le Regioni possono legiferare (quindi la competenza tra Stato e
Regioni è di tipo concorrente); d. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia
non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Dunque si afferma una potestà legislativa locale, ossia quella Regionale, e potestà normativa (anche Comuni,
Provincie, Aree Metropolitane). Quindi queste ultimi, ossia gli enti locali, NON sono dotate di potere legislativo,
ma hanno un POTERE REGOLAMENTARE - NORMATIVO. Esempio: Se voglio saperecome è normata la
Tarsu a Palermo, mi leggo le norme della legge statale, da integrare con il regolamento comunale, perché ci sono
ambiti di esercizio della potestà normativa- tributaria affidata agli enti locali.
L’Autonomia tributaria (art. 117, 119 Cost.)
v Con riguardo alle Regioni a Statuto ordinario: bisogna distinguere:
1. i tributi impropri (entrambi regionali): sono quei tributi il cui gettito è attribuito alle Regioni ma
che sono stati istituiti con la legge dello Stato. In questo caso la condizione INDISPENSABILE
affinché le Regioni possono legiferare in materia tributaria è l’intervento del legislatore statale
volto a determinare le grandi linee del sistema tributario e definire gli spazi e i limiti entro i
quali potrà esplicarsi la potestà impositiva.
Ossia occorre che l’Istituzione e / o la modifica dei tributi avvenga con legge della Regione nel
rispetto dei principi di coordinamento con il sistema tributario statale, tassativamente e
preliminarmente definiti dal legislatore statale con apposita legge.
2. i tributi propri: in questo caso sussiste il potere esclusivo delle Regioni in merito all’autonomia
tributaria (priva di legge statale di coordinamento) quando si richiede soltanto che la singola
Regione, nell’istituire i tributi propri, valuti essa stessa la coerenza del sistema regionale con
quello statale, ossia sia in armonia con la Costituzione e rispetti, principi dell’ordinamento
incorporati nel sistema tributario statale.
v Con riguardo alle Regioni a Statuto speciale: la regola circoscritta ai tributi propri suddetta diviene
regola generale coinvolgente qualunque tributo (quindi non devono attendere la legge statale di
coordinamento per legiferare in materia tributaria. È sufficiente che si mantengono in armonia con i
principi del sistema tributario statale)
E in caso di violazione, anche di norme internazionali o comunitarie e di pericolo per l’incolumità e sicurezza
pubblica, il governo sostituisce gli organi regionali, provinciali, comunali.
La legge, nonché gli atti aventi forza di legge, sono soggetti al sindacato di legittimità costituzionale (operazione
volt ad accertare che una legge o un atto ad esso equiparato sia conforme alle norme della Costituzione). La
legge dichiarata incostituzionale perde efficacia dal giorno successivo a quello di pubblicazione della sentenza e
tale perdita si proietta all’indietro, fino alla data di entrata in vigore della norma annullata (con totale
cancellazione di tutti gli effetti ad essa collegabili). La Corte Costituzionale deve però osservare il principio di
conservazione della norma, che impone il mantenimento in vita di una norma di legge, quando a questa possa
essere riconosciuto almeno un significato conforme a Costituzione. Esempio: Se ad una norma si possano
riconoscere 2 significati, di cui 1 conforme e l’altro difforme alla Costituzione, la Corte Costituzionale sceglierà
la prima
Regolamenti (fonti SECONDARIE)
Non sono dotati di efficacia di legge e sono subordinati alla legge. I regolamenti non possono contenere norme
contrarie alle disposizioni di leggi (eccezione: vedi regolamenti delegati). Per cui se una norma regolamentare è
in contrasto con una norma di rango superiore (legge o Costituzione), è legittima. Il controllo di legittimità della
Corte Costituzionale è limitato alle leggi e agli atti aventi forza di legge (e NON si estende ai regolamenti).
Possiamo distinguere i regolamenti:
v § statali (Governo nel suo complesso, dal presidente del Consiglio dei Ministri, singoli Ministri o da più
ministri in accordo tra loro);
v § regionali e di fonte locale (Regione, Provincia, Comune, come ad es. tarsu).
Non intercorre alcun rapporto di subordinazione gerarchica tra i regolamenti statali, regionali e degli enti locali
(Provincie e Comuni) perché in questo ambito il principio di gerarchia è sostituito dal criterio di ripartizione per
materia (vedi pag. 39 per approfondire).
L’esercizio della potestà normativa tributaria trova dei limiti di natura costituzionale:
v § Art. 81: vieta al parlamento di stabilire nuovi tributi con la legge di
v approvazione del bilancio
v §Art. 23 sancisce: Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla
legge (principio di riserva di legge) à Rinvio Integrazione Cap IV e VI
v §Art. 53 dispone: o al I Comma: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in
v ragione della loro capacità contributiva; o al II Comma: Il sistema tributario è informato a criteri di
progressività.
à Rinvio Integrazione Cap IV e VI
Sono tutte imposte che vengono assolte alla fonte al momento della produzione e poi scivolano come una sorta
di traslazione fino al consumatore finale.
Possiamo anche distinguere:
§ Periodiche: quando il presupposto consiste in uno stato suscettibile di ripetersi nel tempo (es. terreni,
fabbricati) fattispecie che si prolunga nel tempo.
Presenta 2 caratteristiche:
o essendo tale situazione non circoscritta entro un lasso di tempo limitato, occorre che il legislatore
intervenga per delimitare il periodo di tempo (a cui fare riferimento per imputare al contribuente
un’obbligazione tributaria autonoma), che prende il nome di periodo d’imposta (normalmente
coincide con l’anno solare)
o NON si tratta di 1 sola obbligazione, il cui adempimento è scaglionato nel tempo, MA per ciascun
periodo sorge una distinta obbligazione (come nell’obbligazione istantanea).
Ø Istantanee: quando il presupposto consiste in un solo determinato evento.
Per ogni singolo avvenimento (che costituisce il presupposto) sorge una distinta e unica obbligazione. Può
accadere che l’unica obbligazione si scomponga in diverse parti (esigibili in tempi diversi e soggette a discipline
diverse), per cui si avranno obbligazioni di imposta PRINCIPALI, COMPLEMENTARI E SUPPLEMENTARI.
N.B. Tale distinzione non coincide con quella tra imposte dirette ed indirette. Inoltre tale distinzione è rilevante
anche con riguardo alle esenzioni, che possono essere temporanee o per-manenti, ove quelle temporanee sono
concepibili solo con riguardo alle imposte periodiche.
Inoltre, possiamo distinguere:
§ le imposte generali: quelle imposte che colpiscono l’indice nel suo complesso (in tutte le sue
manifestazioni). Esempio: l’Irpef;
§ le imposte speciali: quelle imposte che assoggettano al tributo una sola parte o componente del reddito o
del patrimonio (o dell’indice). Esempio: l’Ici; sul REDDITO o sul PATRIMONIO.
Inoltre, la base imponibile può avere: a. una struttura composita: risultante o somma di un insieme d i
elementi positivi e negativi; b. una struttura semplice: immediata.
Le imposte dirette sul reddito e sul patrimonio possono essere distinte:
1. imposte soggettive (o personali): che colpiscono l’insieme dei reddito o dei beni del contribuente (o anche una
parte di essi) avendo riguardo delle sue condizioni personali e familiari;
2. imposte oggettive (o reali): che riflettono singoli beni o redditi (o anche gruppi di beni / redditi) senza
riguardo alla condizione personale del soggetto passivo d’imposta.
SI BADI: L’effetto della progressività non si realizza solo con la variazione dell’aliquota, ma si può realizzare
altresì con abbattimenti alla base imponibile, ad es. le deduzione e detrazioni. Più alto è il reddito, più bassa è la
detrazione. È chiaramente anch’esso uno strumento di progressività.
L’obbligazione tributaria si distingue per la fonte, perché nasce dalla LEGGE (art. 23). Sulla fonte esistono
teorie:
1. Teoria dichiarativista: C’è chi sostiene che il debito d’imposta del soggetto X nasce dalla legge e tutto il resto
è mera attuazione;
2. Teoria costitutivista: Altri ritengono che l’obbligazione tributaria nasce non solo dalla legge, ma anche
dall’attività di accertamento del tributo.
Il rapporto giuridico d’imposta:
v Ø è determinato dalla legge (ovvero al verificarsi del presupposto previsto dalla legge);
v Ø vede un soggetto attivo, ossia il creditore, che si identifica con l’ente impositore, cioè colui che
esercita la potestà impositiva (può essere il Comune, ente locale ecc.). In Italia l’organo a ciò deputato
per la maggioranza dei tributi è l’agenzia delle entrate. Vi sono delle situazioni in cui l’ente impositore
ricorre all’intermediazione di un soggetto al fine di recuperare il gettito del tributo. In questi casi
interviene un soggetto terzo che è l’agente della riscossione, che riveste il ruolo di creditore;
v Ø Il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria è quel soggetto che risponde del pagamento del debito
d’imposta. Di regola, è costituito dal contribuente, che è titolare della capacità contributiva (Il
contribuente è il soggetto tenuto alla contribuzione; colui che deve l’imposta perché si sono verificati
fatti e situazioni, previsti dalla legge come presupposto tributario, che sono a lui riferibili o ascrivibili.).
Possiamo avere anche + soggetti passivi, cioè più soggetti obbligati al pagamento della medesima
imposta. Esempio: eredi di un unico defunto. La soggettività passiva (con riguardo all’imposta sulla
successione) ricadrà su tutti e 3 i figli in solido. La posizione passiva si scompone in una serie di figure;
in particolare, oltre il contribuente esistono altre figure che NON coincidono con quella del soggetto
passivo del tributo.
Tra i più importanti ricordiamo:
o Sostituto d’imposta: è obbligato in luogo (cioè al posto di) del soggetto passivo;
o Responsabile d’imposta***: è obbligato insieme al soggetto passivo, cioè realizza una solidarietà nel
debito. Esempio: il notaio.
Queste 2 figure sono TERZI / ESTRANEI rispetto al rapporto giuridico d’imposta e che AFFIANCANO il
soggetto passivo. Esse hanno in comune quello di essere obbligati al pagamento dell’imposta (così come il
soggetto passivo sono debitori del tributo).
*** Le diverse situazioni passive che scaturiscono dalle fattispecie tributarie possono far capo ad una pluralità di
soggetti passivi. Si è in presenza di un’obbligazione solidale quando più soggetti sono tenuti in solido ad
adempire all’obbligazione tributaria.
Vi sono 2 tipi di solidarietà tributaria:
1. solidarietà paritaria: vincolo solidale caratterizzato da una pluralità di obbligazioni (di pari rango) che dal lato
attivo fanno capo all’ente creditore, mentre dal lato passivo sono poste a carico di più obbligati tributari, tutti
principali. Si ha quando il presupposto del tributo si realizza nei confronti di tutti i diversi obbligati (pur potendo
variare il carico d’imposta)
2. solidarietà dipendente: si ha nel caso in cui i vincoli facenti capo a ciascun singolo soggetto (pur essendo
intrinsecamente uguali) sono posti tra loro in un rapporto di dipendenza. L’obbligazione che fa capo al
coobbligato (Nessun beneficio di escussione è previsto di regola a favore dell’obbligato dipendente, visto che nei
confronti dell’ente creditore, obbligato principale e obbligato dipendente sono posti sullo stesso piano.) in via
dipendente esiste solo in quanto esista l’obbligazione principale facente capo ad un altro soggetto. Es. il
responsabile d’imposta à questa figura si distingue dalle altre obbligazioni solidali dipendenti per l’estraneità del
responsabile d’imposta alla realizzazione del presupposto imponibile.
La rivalsa è il meccanismo attraverso il quale il sostituto procede al recupero, nei riguardi del sostituito,
dell’imposta pagata o da pagare all’Erario. Tale rivalsa può costituire un obbligo o una facoltà (nel senso che
base alla legge il sostituto può essere obbligato o ha la facoltà di esercitare la rivalsa nei confronti del soggetto
passivo dell’obbligazione, se si tratta di un obbligo, la rivalsa è assistita da sanzioni, anche di ordine penale.).
Questa rivalsa avviene attraverso il prelievo alla fonte (o ritenuta alla fonte). La rivalsa è PREVENTIVA, nel
senso che il sostituto d’imposta preleva anticipatamente sulle somme che egli deve al soggetto passivo una quota
parte, chiamata “ritenuta”, che costituisce per lui la rivalsa delle somme che dovrà versare all’Erario (ossia
l’imposta viene prima trattenuta dal sostituto e poi versata all’Erario). Tale rivalsa a monte diviene garanzia del
sostituto (di riavere i soldi), che dovrà, inoltre, rilasciare al sostituito una certificazione = il CUD (se lavoro
dipendente), certificazione che dimostra le ritenute.
Contabilmente la sostituzione avviene in questo modo (nel caso dei salari e stipendi), cioè avrò:
v Ø da un lato il debito nei confronti dell’erario, ossia l’obbligazione che il sostituto ha nei confronti del
fisco;
v Ø e contestualmente la trattenuta di somme in capo al percipiente le somme (es. il dipendente) di una
somma che corrisponde a quella che dovrà versare all’Erario.
Esistono 2 ipotesi di prelievo alla fonte:
1. prelievo definitivo (sostituzione a titolo di imposta), che si caratterizza:
o La ritenuta a titolo d’imposta si basa sul reddito (complesso delle componenti positive di reddito
relative al periodo d’imposta al netto delle componenti negativi imputabili allo stesso periodo);
o La titolarità dell’obbligazione fa capo al soggetto obbligato alla ritenuta, ossia al sostituto
d’imposta, e NON al contribuente. Quindi l’unico soggetto passivo dell’obbligazione tributaria è
il sostituto d’imposta;
o La ritenuta a titolo di imposta definisce il prelievo e NON vi sono successivi conguagli. Il
sostituto versa ciò che ha prelevato al sostituito e il rapporto finisce lì. Il sostituito d’imposta è
libero da qualsiasi altro adempimento (non deve fare nient’altro). Esempio: il caso della Banca e
correntista (Sostituzione totale.)
2. prelievo provvisorio (sostituzione a titolo di acconto), che si caratterizza:
o La ritenuta a titolo di acconto colpisce i singoli compensi lordi;
o La titolarità dell’obbligazione rimane a carico del soggetto che realizza la “situazione base”
dell’imposta, ossia del contribuente (sostituzione parziale);
o La ritenuta a titolo di acconto NON esaurisce la tassazione, perché è previsto un conguaglio
successivo. Il prelievo alla fonte costituisce una anticipazione del prelievo ordinario che il
soggetto passivo subirà al momento della dichiarazione dei redditi. L’esecuzione della ritenuta
fa sorgere un credito nei confronti dell’ente impositore pari alla ritenuta subita. Il sostituto dovrà
rilasciare al sostituito una certificazione relativamente alla ritenuta subita. Questa certificazione
legittima il soggetto che ha subito la ritenuta a conteggiarla nella sua personale dichiarazione dei
redditi come un importo a credito. Per cui una volta che il sostituto abbia operato la ritenuta e
l’abbia versato all’erario, il sostituito, in sede di dichiarazione dei redditi, dovrà esporre il
reddito lordo (al lordo della ritenuta), poi sommarlo a tutti gli altri redditi propri (redditi
provenienti dall’attività professionale e redditi provenienti da immobili o altri cespiti ecc.) e poi
dall’imposta complessivamente dovuta sarà decurtata la ritenuta che ha subito (è prelievo
anticipato che rappresenta un credito). Esempio: Nel reddito di lavoro autonomo, il
professionista deve ricevere 1000 EUR da una società. La società non pagherà al professionista
EUR 1000, ma la somma al netto della ritenuta del 20 %, ossia EUR 800. La società versa la
ritenuta all’Erario. Il professionista dovrà in sede della dichiarazione annuale dei redditi esporre
il reddito lordo (EUR 1000), poi sommarlo a tutti gli altri redditi propri e poi dall’imposta
complessivamente dovuta sarà decurtata la ritenuta che ha subito (è un prelievo anticipato che ha
già subito e rappresenta un credito).
Badate: La sostituzione si realizza attraverso la rivalsa che è operata mediante la ritenuta. Quindi usare
“sostituzione a titolo di acconto” o “ritenuta a titolo di acconto” è la stessa cosa.
Spesso nel rapporto tra sostituto e sostituito vi sono accordi fraudolenti. È vero che il sostituto d’imposta è
estraneo al rapporto tributario, per cui non è interessato ad evadere l’imposta, bensì a comportarsi bene per
evitare di incorrere in qualche sanzione, tuttavia le 2 parti possono trovare la convenienza a mettersi d’accordo
per frodare la legge. Infatti, nel caso del rapporto di lavoro dipendente:
v il dipendente: ne beneficia in quanto non esponendo nulla, si sottrae al prelievo fiscale sulla retribuzione;
v il sostituto: il quale può avere una pluralità di interessi a non formalizzare il rapporto di lavoro, tra cui:
o la negoziazione sul risparmio d’imposta: es. premesso che io paghi in nero e che tu risparmi
l’imposta, sull’imposta che tu risparmi, per esempio, facciamo a metà;
o se il sostituto ha un livello basso di ricavi dovuti ai ricavi in nero, mentre il livello di salari è
eccessivo, lo squilibrio potrebbe diventare un campanello (o spia) di allarme. Pagando le retribuzioni
in nero, il datore di lavoro riesce ad abbassare il livello dichiarato di salari;
o si può sottrare agli obblighi previdenziali che rappresentano un costo aggiuntivo per l’azienda.
Pagando in nero risparmia tutta la parte degli oneri sociali a suo carico (INPS);
o Si sottrae all’art. 18 dello statuto dei lavoratori, cioè alle tutele che scattano quando i lavoratori
dipendenti superano un certo numero in un’azienda.
Responsabilità. La cassazione, con un orientamento molto penalizzante nei confronti del sostituito, considera
corresponsabili sostituto e sostituito del versamento della ritenuta in quanto la ritenuta si riferisce ad un obbligo
del sostituito. Quindi ogniqualvolta il sostituto non effettua il versamento dell’imposta, se il sostituito non è in
grado di esibire la prova dell’avvenuto versamento della stessa oltre che della ritenuta, la Cassazione lo ritiene
obbligato a versare l’imposta non versata dal sostituto. Questa è l’evoluzione della legge, MA la legge nulla dice
sull’argomento.
Domanda di ragionamento: Quando venne proposto di “mettere i Bot nella dichiarazione dei redditi”, cosa
s’intendeva dire?
Significa computare le cedole nell’ottica dell’imposta progressiva. Trattandosi di un prelievo alla fonte a titolo
d’imposta che sono, per l’appunto, prelievi definitivi, essi non vengono cumulati con il reddito complessivo del
soggetto, per cui non rientrano nel calcolo dell’imposta progressiva. Quindi il Bot della persona che ha EUR
1000 di reddito è tassato esattamente alla stessa maniera del soggetto che ha EUR 1'000'000 di reddito. La cedola
è un reddito di capitale e dunque sarebbe soggetta all’IRPEF. Se un reddito è soggetto all’IRPEF, è soggetto
all’imposta progressiva.
Domanda: l’imprenditore individuale rientra anche nell’ambito in cui abbiamo fatto rientrare le società e
l’imprenditore commerciale? SI!! Ed anche i professionisti, perché tra professionisti si opera la ritenuta. Finora il
legislatore non ha considerato opportuno addossare l’effettuazione della ritenuta in capo al soggetto persona
fisica consumatore finale. Gestire le ritenute non è una cosa semplicissima, in quanto porta con sé una serie di
obblighi (di dichiarazione, di certificazione, ecc.).
Il responsabile d’imposta
Il responsabile d’imposta è colui che è obbligato al pagamento dell’imposta INSIEME con altri, per fatti o
situazioni riferibili esclusivamente a questi ultimi, con diritto di rivalsa. Quindi è un obbligato solidale
congiuntamente al soggetto passivo (cioè è tenuto in solido con il soggetto passivo).
L’ipotesi classica del responsabile d’imposta è quella del NOTAIO. Il notaio rogante un atto pubblico è
responsabile d’imposta per l’imposta di registro, nonché per le altre imposte indirette gravanti quell’atto
liquidate al momento della registrazione.
Nice to know: La disciplina DEONTOLOGICA del Notaio (NON il diritto tributario) al fine di assicurare
l’assoluta terzietà del notaio (ad evitare che l’imposta sia oggetto di contrattazione interna tra le parti e il notaio),
obbliga il notaio ad esigere l’imposta anticipatamente rispetto alla formazione dell’atto.
Queste 2 figure – sostituto e responsabile – che affiancano il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria sono 2
figure di frequente applicazione e rispondono alle seguenti esigenze:
1. garanzia per gli interessi del Fisco: Il Fisco inserendo nell’obbligazione un terzo estraneo determina un
conflitto d’interesse, perché il terzo non ha l’interesse di evadere le imposte altrui e di incorrere in sanzioni;
2. economicità del prelievo e dell’accertamento: perché è più facile controllare 1 sostituto che 1000 sostituiti,
cioè l’azienda che non tutti i suoi dipendenti;
3. tempestività del prelievo: perché attraverso il sistema della ritenuta alla fonte, l’Erario entra in possesso del
gettito man mano che il reddito viene prodotto anche con effetto di illusione finanziaria (ciò che conta per il
percipiente è il netto, l’incidenza del prelievo fiscale tende ad essere sottovalutato perché il percipiente non lo
riceve mai il lordo. È soltanto un nr. scritto nella busta paga). Questo spiega il perché il sistema del prelievo alla
fonte sia considerato dallo Stato una zona off limits. La sua applicazione nel tempo si è estesa.
L’insieme delle figure soggettive legate al rapporto giuridico d’imposta non è esaudito dalle figure che abbiamo
trattato, ossia del sostituto e responsabile d’imposta. Questo perché a fianco dell’obbligazione tributaria (che
costituisce un vincolo giuridico avente contenuto patrimoniale che lega il soggetto attivo al soggetto passivo, che
dipende dalla legge, e ha ad oggetto il tributo) esistono una pluralità di rapporti obbligatori***. In un rapporto
giuridico d’imposta vi sono tanti obblighi, molti dei quali non hanno contenuto patrimoniale, ma che sono molto
rilevanti, soprattutto gli obblighi (“prestazioni imposte”) finalizzati all’accertamento, quindi obblighi di
contenuto informativo.
*** Attenzione alla differenza tra obbligo e obbligazione: l’obbligazione è necessariamente di contenuto
patrimoniale; l’obbligo ha una sfera più ampia, perché attiene anche a posizioni soggettive riguardanti i
comportamenti. Posso dire che ho l’obbligo di andare in un posto, ma non l’obbligazione di andare in un posto,
non ha un contenuto patrimoniale, ma il mio comportamento è doveroso.
Se guardiamo gli artt. 32 e ss. del Dpr. 600/73 troviamo tantissimi obblighi che ricadano non solo sul soggetto
passivo, ma anche a carico di altri soggetti.
o Ø Soggetto passivo: l’obbligo per eccellenza in ambito di rapporto d’imposta è quello dichiarativo à
l’obbligo del soggetto passivo dell’imposta, con una frequenza stabilita dalla legge, generalmente
annuale, di portare a conoscenza dell’Amministrazione Finanziaria quegli elementi che riguardano la sua
situazione tributaria. L’obbligo dichiarativo non si limita solo al reddito, ma è più ampio, perché
vogliono sapere quanti figli ho, se sono a carico o no, se sono sposato o no, se ho fatto analisi cliniche,
ecc. È un obbligo informativo di solito guidato da una modulistica. Ovviamente il fisco è un fenomeno
di massa, per cui 1 dei caratteri tipici del fenomeno di massa è la necessità della standardizzazione delle
procedure e dei comportamenti;
o Ø Altri soggetti su cui gravano obblighi informativi: Il fisco può chiedere alla PA documenti sulla
situazione fiscale di un determinato contribuente, ad es. può chiedere all’Asl di rendere noto l’elenco dei
professionisti che esercitano la loro attività nel suo territorio, o ancora di conoscere il nr. specifico di
visite che uno specifico professionista ha realizzato nell’anno per fare un controllo incrociato. E l’Asl
non può rifiutarsi, perché la legge impone l’obbligo di informazione, a carico delle Pubbliche
Amministrazioni.
Esempio 2: Pensate alle indagini bancarie: le banche e gli altri intermediari finanziari sono obbligati a
fornire all’Amministrazione Finanziaria tutti i dati relativi alle movimentazioni finanziarie dei loro
clienti. Anche questo è un obbligo di informazione, pur in assenza del rapporto giuridico imposto con la
banca.
Il rappresentante FISCALE
Il rappresentante fiscale è una figura che riguarda i soggetti non residenti che realizzano in Italia fatti o situazioni
rilevanti rispetto alle imposte sul reddito o sull’IVA. Con riguardo:
v alle imposte sul reddito: il rappresentante fiscale svolge solo la funzione di ricevere gli atti che
provengono dall’Amministrazione finanziaria e di collaborare con gli uffici finanziari, nel senso di
comunicare loro dati relativi al soggetto rappresentato salvo che non sia diversamente disposto nell’atto
di designazione che deve essere indicato in sede di dichiarazione);
v all’IVA: Il rappresentante fiscale risponde in solido con il rappresentato con riguardo agli obblighi
derivanti dall’applicazione delle norme in materia di IVA;
Il domicilio fiscale (tutti gli atti, contratti, nonché le dichiarazioni presentati all’Amministrazione finanziaria
devono recare l’indicazione del comune di domicilio fiscale, precisando l’indirizzo)
o le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato: hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui
anagrafe sono iscritte;
o i non residenti: hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si è prodotto il reddito o, se il reddito è
prodotto in più comuni, in quello in cui è stato prodotto il reddito più elevato;
o le persone giuridiche: hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la loro sede legale, o in
mancanza, quella amministrativa. Se manca anche quest’ultima, allora hanno il domicilio fiscale nel
comune dove è stabilita la sede secondaria, e in mancanza anche di questa, nel comune in cui esercitano
prevalentemente la loro attività;
o gli Italiani residenti all’estero: sulla base di un rapporto di servizio con la PA hanno il domicilio fiscale
nel comune di ultima residenza nello Stato.
Speso accade che il tributo si incassa anticipatamente (mediante la ritenuta d’acconto, crediti di imposta ecc.)
rispetto alla data in cui si realizza il presupposto. Esempio: il presupposto dell’IRPEF a carico di Tizio si
completa alla chiusura del periodo d’imposta del 2013, ma il relativo tributo viene incassato per lo più in varie
frazioni ben prima del 31.12.2013).
Tutti gli esborsi che precedono l’avverarsi del presupposto sono acconti, anticipazioni, crediti a favore del
contribuente da far valere ai fini del soddisfacimento della futura obbligazione definitiva, se questa verrà ad
esistenza; quest’ultima, effetto tipico nascente dal presupposto, che alla stessa guisa delle obbligazioni di diritto
privato può estinguersi per COMPENSAZIONE (Nella compensazione non avviene il passaggio di denaro. Sia
la compensazione che il pagamento estinguono l’obbligazione; solo che nel pagamento tale effetto viene
conseguito attraverso l’esecuzione della prestazione, mentre nella compensazione tale effetto viene conseguito
attraverso la contemporanea estinzione di un’altra obbligazione, coesistente e nella stessa entità, del creditore
nei confronti del debitore.), regolata dall’art. 8 dello Statuto dei diritti dei contribuenti.
Possiamo distinguere:
o obbligazione definitiva: quando si basa su un atto di imposizione divenuto definitivo (per mancata
impugnazione o per sentenza passata in giudicato dell’impugnazione, sentenza definitiva, non più
impugnabile) e sulla dichiarazione annuale divenuta essa stessa intangibile;
o obbligazione provvisoria: ogni altra obbligazione.
L’obbligazione facoltativa è l’obbligazione tributaria, che pur sorgendo originariamente come pecuniaria, può
venire assolta dal contribuente oltreché in danaro anche con la dazione di beni diversi da esso (ad es. attraverso
la dazione di beni culturali).
L’Amministrazione finanziaria
Cosa si intende per Amministrazione finanziaria o fiscale? Innanzitutto vediamo come la Pubblica
Amministrazione si è organizzata nel tempo per assolvere alla funzione di prelievo.
Nel periodo dell’unificazione del nostro paese (1861), l’amministrazione fiscale presentava la stessa struttura
delle altre amministrazioni dello Stato. Il nostro Paese recepì la struttura amministrativa francese (ossia la
struttura tipica della Francia napoleonica). Quindi l’Amministra-zione finanziaria era strutturata secondo una
logica rigidamente piramidale che si basava sul principio di gerarchia burocratica, ed era caratterizzata da
un vertice unico. Il vertice era rappresentato dal Governo (titolare del potere esecutivo). Il ministro competente
era il ministro delle finanze, il quale era dotato:
1. potere di decisione politica;
2. potere di carattere amministrativo, cioè aveva il potere di ogni tipo di decisione di ordine
amministrativo sull’amministrazione di sua competenza.
Quindi la struttura organizzativa poteva essere rappresentata come piramide in cui:
o al vertice c’era il Ministro e poi, a seguire:
o le direzioni generali del Ministero divise per rami di competenza (chi si occupava di imposte dirette, chi
di imposte indirette, chi di monopoli, ecc.).
o Dalle “amministrazioni centrali” o “direzioni generali” dipendevano gli uffici periferici (o uffici
territoriali). Gli uffici erano organizzati “ratione materiae”, cioè ciascun ufficio si occupava di una cosa
ovvero aspetto impositivo o tributo (es. l’ufficio successioni si occupava dell’imposta sulle successioni,
l’ufficio imposte sul reddito si occupava di imposte sul reddito, ecc.).
Questa specializzazione comportava una notevole rigidità e appesantimento dell’organizza-zione.
Nel tempo vengono istituiti degli organi a livello locale, le c.d. Intendenze di Finanza (che ormai non esistono
più). L’Intendenza di Finanza fu istituita in ogni capoluogo di Provincia, con compiti di controllo e di
coordinamento sulle attività degli uffici finanziari e del relativo personale (ed era l’interlocutore diretto del
Ministro delle Finanze in sede locale).
Saltando una serie di passaggi storici, negli anni ’90, nascono le direzioni regionali (quindi si passa a logica di
decentramento territoriale), un livello intermedio (quindi dalla direzione regionale dipendono i vari uffici) tra il
Governo e gli uffici locali, che ha compiti di controllo, di supervisione, e anche compiti di gestione burocratica.
Vengono abolite le intendenze di Finanza. La periferia è ancora organizzata secondo una logica e competenza
funzionale, cioè per tributi.
Nel frattempo matura l’esigenza di istituire degli uffici multifunzionali, anziché mantenere un ufficio per ogni
tributo (quindi NON più un ufficio IVA, un ufficio registro, un ufficio successioni, un ufficio imposte indirette,
ecc.). Vengono così istituite gli uffici unici delle entrate (compattamento dei vecchi uffici), che si occupano di
(quasi) tutti i tributi.
Il passaggio all’agenzia avviene quando matura il principio di necessaria scissione fra la sfera politica e la sfera
dell’amministrazione, la necessità che l’autorità politica non sia altresì soggetto decidente sul piano
amministrativo. Tutto questo genera cambiamenti radical: il Ministro rimane organo avente decisione politica ed
ha compiti di indirizzo, di coordinamento e di verifica della responsabilità. Allora si inserisce (o viene adottato),
in questa evoluzione, il modello delle agenzie (esperienza fatta in altri Paesi, in particolar modo in Spagna). Le
agenzie sono dei soggetti autonomi giuridicamente (rispetto al ministero, anche se di natura pubblica), con una
loro personalità giuridica, un loro patrimonio, un loro bilancio, una loro struttura organizzativa. Sono state
costituite con provvedimento n° 300 del 1999 4 agenzie fiscali, che entrano in attività a partire del 1 gennaio
2001:
• l’agenzia delle entrate: si occupa della maggior parte dei tributi e ha il compito di perseguire il massimo
livello di adempimento degli obblighi fiscali;
• l’agenzia del territorio: si occupava principalmente della gestione dei catasti. In seguito (cioè l’anno
scorso) si è fusa con l’agenzia delle entrate. Vedi approfondimento a fine capitolo;
• l’agenzia delle dogane: che si occupa delle imposte doganali, quindi per quella parte di fiscalità che
attiene al commercio con l’estero;
• l’agenzia del demanio: si occupa dell’amministrazione e della manutenzione dei beni immobiliari dello
Stato.
Queste agenzie devono operare, nell’esercizio delle loro funzioni, secondo principi di legalità, imparzialità e
trasparenza con criteri di efficienza, economicità ed efficacia nel perseguimento degli obbiettivi. Esse sono
sottoposte al controllo della Corte dei Conti.
Quindi l’applicazione della norma tributaria non è più svolta dal Ministro delle Finanze (i pregressi uffici
tributari, con la maggior parte del personale, sono confluite nelle Agenzie), poi divenuto Ministro
dell’Economia e delle Finanze, in quanto questa è affidata all’agenzia competente. L’agenzia competente per la
maggior parte dei tributo è l’agenzia delle entrate (per questo quando parliamo di Amministrazione finanziaria in
termini generici, è a lei che facciamo riferimento). Al ministero rimangono solo funzioni di indirizzo e di
controllo e di impulso legislativo, mentre le funzioni operative sono demandate alle agenzie.
L’agenzia è strutturata nel seguente modo (cioè la sua organizzazione sul territorio è il seguente,
1’Amministrazione finanziaria è un complesso apparto che si articola in una organizzazione centrale e in uffici
periferici):
• §Direzioni centrali: che costituisce il corpo centrale e con sede centrale a Roma (NON vi rientra il
Ministero dell’Economia e delle Finanze!!);
• §Direzioni regionali delle entrate: rete di uffici intermedi e sono uffici dell’Agenzia delle Entrate, ce
n’è presente una per ciascuna Regione italiana.
• §Direzioni provinciali (delle entrate): coordinati (e consultati) dagli uffici regionali; questo è l’ultimo
stadio dell’organizzazione attuale. Sono presenti in ogni capoluogo di provincia. Le direzioni provinciali
hanno un rapporto ancora più stretto con la direzione regionale di quello che quest’ultima ha rispetto alla
direzione centrale. Per cui la direzione regionale presenta una maggiore autonomia rispetto a quella
provinciale, che su questioni importanti sente la direzione regionale (non si espone ad assumere
decisioni autonome).
Vi sono poi singoli uffici territoriali (c.d. “unità operative”), che mantengano una totale dipendenza dalla
Direzione Provinciale (non hanno una loro autonomia/ identità, ma sono solo un’articolazione organizzativa), nel
senso che se la Direzione Provinciale ha un territorio vasto, sarà costretta a mantenere la presenza di uffici
territoriali che non coincidono con la sua sede. Esempio: Termini Imerese è un ufficio territoriale e che è sempre
Direzione Provinciale (di Palermo). Tale ufficio è una sorta di sportello / front office della direzione provinciale
(che assicura una serie di servizi). Per cui sotto un profilo processuale, se il contribuente conviene in giudizio
l’Amministrazione di Termini Imerese, non chiama quella di Termini Imerese, ma chiama in giudizio quella di
Palermo. Quindi ci sono gli uffici territoriali ma l’organizzazione è su base Provinciale.
L’anagrafe tributaria è uno degli strumenti importanti che l’amministrazione fiscale ha per acquisire
informazioni finalizzate poi all’eventuale controllo e dove trovate tutte le cose che ci siamo detti e tante altre.
Questo sistema oggi non è più chiamato “anagrafe tributaria”, bensì sistema informativo della fiscalità, il che sta
significare che:
v non si tratta soltanto di un contenitore di dati da cui l’amministrazione attraverso le tecnologie più
avanzate può attingere;
v ma si tratta anche di un’infrastruttura informatica e telematica che consente il funzionamento
dell’amministrazione. Cioè è cambiata l’operatività degli uffici fiscali: tutti i programmi di accertamento
ecc. vengono gestiti tramite software. Questo aspetto è rilevante nella misura in cui la procedura
informatica vincola la soluzione giuridica delle questioni.
Oggi se il collegamento con l’infrastruttura telematica ha un mal funzionamento, l’ufficio per gran parte della
sua attività, non può produrre alcunché, non può lasciare ricevute, non può elaborare avvisi di accertamento.
A un certo punto si avvertì l’esigenza di raccordare questo strumento con altre reti informatiche. Esempio 1: In
passato da noi esisteva il segreto bancario, che significa che la banca non poteva fornire dati riguardanti i
rapporti intercorrenti tra essa e i suoi clienti senza la loro autorizzazione. Col tempo sono state inserite delle
deroghe sino ad arrivare ad una situazione in cui il segreto bancario non esiste più .
Si sostanzia nelle direttive attraverso le quali gli uffici centrali orientano l’attività degli uffici periferici. Fra tali
atti (à è la forma delle direttive) troviamo:
v le circolari ministeriali: dirette a tutti gli uffici periferici, emanate in concomitanza alla pubblicazione di
nuove leggi tributarie (con hanno natura interpretativa o esprimono le modalità di esercizio dei poteri di
controllo);
v le NOTE e RISOLUZIONE: diretti a singoli uffici per risolvere specifiche questioni (producono effetti
soltanto nei confronti dell’ufficio cui sono indirizzate, ma assumono indiretta rilevanza anche per gli
altri uffici e per i casi analoghi al fine di assicurare la parità di trattamento a situazioni identiche).
Essendo difficile gestire personalmente i numerosi adempimenti in ordine fiscale per IL CONTRIBUENTE è
assai diffuso il ricorso:
v § A professionisti: come i ragionieri e commercialisti che impiantano e aggiornano la contabilità,
predispongono le dichiarazioni, versano i relativi acconti e saldi. Tale attività di supporto e consulenza
può comportare la responsabilità civile (nei confronti del cliente) quando, per effetto di una condotta
colposa o dolosa, l’assistito subisca accertamenti d’imposta e/o irrogazioni di sanzioni amministrative
tributarie à vedi art. 2236 C.C. (à è possibile anche la responsabilità penale);
v § Al CAF o “Centri autorizzati di assistenza fiscale” (l’attività di assistenza e di rappresentanza dei
contribuenti di fronte all’A.F. non è soggetta a particolari restrizioni, né è subordinata all’iscrizione del
rappresentante in appositi albi o elenchi): costituiti nella forma di società di capitali e che svolgono
attività di assistenza fiscale (sottoposti a controlli pubblicistici).
Si distinguono:
o C.A.F – Imprese (costituiti da associazioni sindacali di categoria tra imprenditori): prestano
assistenza fiscale ai lavoratori autonomi e ai titolari di redditi di impresa. L’assistenza si concretizza
nell’elaborare e inviare all’Amministrazione finanziaria la dichiarazione dei redditi, redigere le
scritture contabili e verificare se i dati contenuti nella dichiarazione siano conformi alla relativa
documentazione;
o C.A.F. – dipendenti (costituiti dalle organizzazione sindacali dei lavoratori dipendenti e pensionati
(in relazione all’attività svolta, i C.A.F. – dipendenti e i sostituti d’imposta ricevano un compenso da
parte dello Stato): prestano assistenza fiscale ai lavoratori dipendenti e i pensionati.
Capitolo 15 – L’accertamento
Ora affrontiamo il tema procedimento tributario. Le norme studiato finora sono norme sostanziali (sono norme
sostanziali anche quelle relative alle singole imposte); adesso passiamo ad esaminare le norme c.d.
procedimentali o strumentali, cioè quelle che regolano il procedimento e hanno in sé l’accertamento della
riscossione, delle sanzioni, del rimborso e del processo.
Il procedimento tributario
Il procedimento di attuazione della norma tributaria si articola nelle seguenti fasi:
1. il momento della realizzazione del presupposto dell’imposta da parte del soggetto passivo: al
verificarsi del quale nasce l’obbligazione tributaria (teoria dichiarativista) e, secondo me e il
libro, l’obbligo di presentazione della dichiarazione tributaria à l’abbiamo già vista;
2. la fase dell’accertamento: che consente di determinare sia il debitore, sia il quantum dovuto e
scaturisce dalla presentazione della dichiarazione (secondo la teoria costitutivista l’obbligazione
tributaria nasce dall’attività di accertamento. All’esame bisogna assumere una posizione;
l’importante è argomentare. Comunque sia, questa teoria mi sembra più ragionevole; tuttavia è
in dubbio, in quanto non si saprebbe ove ricondurre la fonte dell’obbligazione tributaria in
mancanza di un’attività di accertamento (che può senz’altro verificarsi).
3. la fase della riscossione dell’imposta con eventuale rimborso, con eventuali sanzioni (che può
seguire ad un accertamento), con eventuale contenzioso o processo;
N.B. La riscossione implica l’adempimento all’obbligazione tributaria e quindi la sua estinzione.
Questo è il procedimento teorico. Nella realtà vi sono molte eccezioni, per cui il procedimento può presentare
una diversa conseguenzialità. Infatti, ci sono numerose ipotesi in cui la fase dell’accertamento o quella della
riscossione si avvia quando ancora la fase di realizzazione del presupposto dell’imposta non si è conclusa. Si
parla in questo caso di effetto di anticipazione. Facciamo 2 esempi:
1. l’ipotesi dell’acconto d’imposta dell’IRPEF, che tutti i soggetti passivi dell’IRPEF sono tenuti a
versare entro determinate scadenze. L’acconto d’imposta dell’IRPEF è un’anticipazione della fase di
riscossione rispetto alla fase di realizzazione del presupposta. Tale acconto si versa nel mese di
giugno o di novembre dell’anno per il quale si versa l’imposta. Esempio: Quindi per l’imposta
dell’IRPEF 2014 si vera una prima rata di acconto a giugno ed una a novembre, raggiungendo la
quasi totalità dell’imposta dovuta e avvolta anche oltre il 100 % del dovuto. Ma in realtà qual è il
suo presupposto? Cioè rispetto a cosa è commisurata l’imposta? Al reddito posseduto nell’anno,
quindi dal primo gennaio al 31 gennaio. Dunque si versa l’imposta prima ancora che il presupposto
si sia realizzato à effetto di anticipazione della riscossione rispetto al realizzarsi del presupposto.
2. L’ipotesi della ritenuta sulla retribuzione, che consente al fisco di percepire il gettito quando il
provento si è appena formato, ma il presupposto di fatto non si è integralmente realizzato. Il
dipendente che si vede trattenere le ritenute sulle retribuzioni per il lavoro prestato nel mese di
gennaio, ritenute che verranno conseguentemente versate dal sostituto d’imposta entro il 16 del mese
di febbraio (Le ritenute si versano entro il 16 del mese successivo).
v Si tratta di semplificazioni dovute ed opportune.
Molto spesso la causa della deroga è la sete insaziabile di gettito da parte dell’Erario che porta ad
un’anticipazione del prelievo rispetto al fenomeno tassato.
INOLTRE: Il procedimento di applicazione del tributo varia da tributo a tributo. Tuttavia si sta assistendo ad un
processo di progressiva omogeneizzazione delle regole tributarie tendente a realizzare un Codice tributario (ossia
una raccolta che ha un suo sistema) pur in presenza di tributi differenti. Ciò si è realizzato in gran parte per le
sanzioni, ma non ancora per il procedimento di accertamento. Il Codice tributario del Prof non è un Codice
nell’accezione giuridica del termine à viene presentato come Codice, ma è la raccolta materiale di gran parte
delle leggi tributarie esistenti. Il fine è quello di introdurre un unico procedimento valido per tutte le imposte, il
che non è facile in quanto ma ciascun tributo ha le sue peculiarità.
La fase di accertamento
La parola accertamento rivela la natura di questa fase: è un insieme di atti e comportamenti volto a realizzare una
migliore conoscenza della fattispecie imponibile, quindi costituisce un’attività CONOSCITIVA.
L’accertamento tende a sostituire ad una situazione di totale o parziale incertezza circa un fatto, una totale o
parziale certezza derivante dalla conoscenza. La situazione di certezza che deriva dall’attività di accertamento
non è sempre la medesima e non è sempre la massima ipotizzabile (che dipende poi dalle caratteristiche
dell’attività di accertamento).
A secondo delle modalità di accertamento, si ottengono diversi gradi di certezza; che vanno astrattamente dalla
effettività dell'oggetto conosciuto a una conoscenza di tipo ipotetico. A questo punto bisogna stabilire se il grado
di certezza raggiunto sia sufficiente.
Gli ATTORI della fase di accertamento. Con riguardo agli attori della fase di accertamento, è importante
evidenziare che non da oggi, ma da tempo, la fase dell’accertamento ha mutato la sua caratteristica di tipica fase
in cui il motore è l’Amministrazione finanziaria. L’accertamento tributario sempre meno vede
l’Amministrazione finanziaria come soggetto protagonista e motore di tale fase. Ciò è dovuto al fenomeno della
c.d. Fiscalità di massa.
La Fiscalità è un fenomeno di massa, cioè un fenomeno che interessa milioni di contribuenti (nonché altri
soggetti coinvolti, di varia natura e astrazione). Ciascun contribuente realizzerà una pluralità di fenomeni, ovvero
manifestazioni di ricchezza, tassabili (es. chi ha un reddito, chi possiede beni, chi ne consuma degli altri), per cui
è impensabile che l’Amministrazione finanziaria possa essere il motore di ciascuno dei procedimenti di
applicazione del tributo. Il Fisco non è in grado di controllare tutte le manifestazioni di ricchezza che deve
tassare. Il Fisco PUO’ SOLTANTO riservarsi la facoltà di intervenire (eventualmente ed in seconda battuta) e di
sanzionare laddove emerga nello svolgimento della sua attività investigativa un elemento contrastante con la
previsione di legge.
La soluzione al problema (della inconoscibilità sostanziale di tutte le fattispecie imponibili da parte del Fisco) è
il rovesciamento della prospettiva, dei ruoli. Il rovesciamento consiste nel fatto che il Fisco controlla (e solo
eventualmente), mentre il contribuente determina la base imponibile e l’imposta dovuta, la versa e fornisce
all’Amministrazione tutti gli elementi necessari. Addirittura in alcuni casi si applica le sanzioni lui stesso.
Il vero perno oggi dell’accertamento è il contribuente e non l’Amministrazione finanziaria. Sono previste pesanti
sanzioni se non si comporta secondo le previsioni normative (“Compliance”). Il contribuente è tenuto ad
applicare correttamente i tributi e di mettere l’Amministrazione finanziaria nelle condizioni di controllare il suo
operato.
La dichiarazione
Nonostante i procedimenti tributari di accertamento variano da tributo a tributo, l’atto più importante, da cui
scaturisce l’attività di accertamento, è la dichiarazione. In grandissima parte dei prelievi tributari è previsto un
adempimento dichiarativo (la dichiarazione è, quindi, uno strumento volto a portare a conoscenza
dell’Amministrazione, elementi relativi a una determinata situazione che riguarda il dichiarante generalmente)
(del contribuente o altro soggetto obbligato) che ha la funzione di portare alla conoscenza della amministrazione
fiscale elementi che riguardano una determinata situazione di interesse per il Fisco (che riguarda il dichiarante
generalmente e che l’Amministrazione non può procurarsi da sé). Questo adempimento prende il nome di
dichiarazione d’imposta o dichiarazione tributaria (à Nozione GENERALE, quindi termine che racchiude la
dichiarazione dei redditi, la dichiarazione IVA ecc.).
La dichiarazione si fa una volta solo, nel momento in cui inizia il possesso del bene da parte di questo soggetto,
quindi il primo anno. Esempio: abbiamo ereditato un appartamento e dobbiamo fare una dichiarazione TARSU,
in cui dichiaro di essere il proprietario, di occupare direttamente l’appartamento, la sua superficie, il nucleo
familiare ecc. La Corte di Cassazione dice che negli anni successivi la sua mancata ripresentazione per es. per
variazioni o altro, implica una sorta di sua reiterazione implicita, cioè significa che non è cambiato nulla rispetto
all’anno precedente, per cui si assume realizzato con il silenzio. Abbiamo visto come in passato tutto era
cartaceo.
Quindi la dichiarazione viene redatta (a pena di nullità) su stampati conformi a modelli approvati (per consentire
di raccogliere e ordinare i dati nel sistema informatico dell’Amministrazione finanziaria e rendere subito
utilizzabili i relativi dati) e TRASMESSA IN VIA TELEMATICA all’Agenzia dell’Entrata.
Oggi con la telematica c’è la possibilità che i 2 adempimenti / fatti rimangano divisi, cioè:
1. la legge prevede che la dichiarazione possa essere inviata telematicamente dallo stesso contribuente
attraverso l’interfaccia (sito web) dell’Amministrazione finanziaria oppure:
2. attraverso un intermediario, ossia un terzo soggetto abilitato (à Si tratta di professionisti), che
trasmetterà all’Amm.ne la dichiarazione, per cui il contribuente non interviene più.
La partecipazione dei privati nella fase di accertamento non si riduce soltanto alla dichiarazione, ma egli
determina la base imponibile, applica la relativa aliquota, determina l’imposta e infine si deve attivare per
versare l’imposta dovuta. Esistono poi, oltre la dichiarazione, altri obblighi strumentali alla conoscenza e dunque
all’accertamento della relativa imposta: l’obbligo della tenuta delle scritture contabili (à Vedi l’obbligo di tenuta
delle scritture contabili).
Nice to know: Va precisato che con l’evoluzione tecnologica l’onero dichiarativo in capo al soggetto privato si
riduce di una serie di elementi che l’Amministrazione è in grado di acquisire da sé attraverso le banche dati ed
altri strumenti. La dichiarazione rimane però la fonte principale di informazione dell’Amministrazione
finanziaria.
La dichiarazione la troviamo nelle imposte patrimoniali, nel tributo successorio (la ben nota dichiarazione di
successione nell’imposta di registro, dove tuttavia si tratta di un tributo in cui ruolo centrale è costituito dall’atto
sottoposto a registrazione). Esempio: la registrazione di atto di compravendita. La dichiarazione è il modulino
che viene compilato e contiene alcuni elementi che si rivelerebbero comunque dall’atto ecc. ciò non di meno,
insieme ad altri elementi, è richiesta un’apposita dichiarazione di registrazione dell’atto.
La Giurisprudenza si è orientata verso la seconda ipotesi, perché la dichiarazione di scienza è un atto neutrale,
mentre la confessione ha natura negoziale. Gli atti negoziali hanno la caratteristica di dipendere molto dai vizi
della volontà (tipico di un negozio giuridico). La confessione peraltro si caratterizza per aver ad oggetto elementi
sfavorevoli per il contribuente, ovvero per colui il quale fa la confessione (confessa un elemento negativo, e non
un elemento positivo favorevole). Invece la dichiarazione costituisce anche uno strumento attraverso cui il
contribuente comunica situazioni favorevoli, oltre che sfavorevoli.
Infatti:
1. Pensiamo alle forme di anticipazione del prelievo: Esempio: il nr. delle dichiarazioni a credito e a rimborso è
cresciuto nel tempo in misura proporzionale al crescere delle anticipazioni di prelievo. Più il prelievo è
anticipato, più elevata è la possibilità che io paghi più del dovuto. Infatti:
• § Se si paga a consuntivo: si paga una somma che è quasi certamente quella dovuta, perché si è a
conoscenza di ciò che è avvenuto;
• §Se si paga a preventivo, con gli acconti: l’acconto per sua caratteristica è un adempimento parziale
soggetto a un conguaglio, a una verifica. Più è elevato il prelievo anticipato (parliamo del 99 %
dell’imposta dovuta nell’anno precedente), e meno reddito si registra nell’anno di competenza, più io
verserò rispetto a quanto effettivamente dovuto.
2. Pensiamo a tutte le altre situazioni che il contribuente comunica con la dichiarazione per ottenere un
beneficio, es. la presenza di figli a carico, le spese deducibili derivanti da ristrutturazioni o cure mediche ecc. Si
tratta di ritenute subite che si riportano in dichiarazione a scomputo dell’imposta complessivamente dovuta.
Tra i fatti che influenzano la dichiarazione (sia quella di scienza che quella confessoria) rientrano:
v §l’errore: In caso di un’erronea dichiarazione possono verificarsi 2 casi:
1. errore a danno del Fisco: il contribuente può rimediare alle violazioni commesse attraverso
la presentazione di una dichiarazione integrativa (entro il termine accordato all’ufficio) che reca
un incremento dell’imponibile o dell’imposta o una riduzione della perdita dichiarata o che sani
le violazioni formali, ma sarà comunque esposto a sanzioni in misura piena, SALVO che non
ricorrano i presupposti/ condizioni per il ravvedimento operoso.
L’istituto del ravvedimento operoso, introdotto alla fine degli anni ’90, consente di ripristinare la
legalità violata con sanzione ridotta. In particolare, quando un soggetto si accorge di aver
commesso una violazione entro determinati limiti stabiliti dalla legge, egli può decidere di
eliminare la violazione realizzata versando una sanzione ridotta rispetta a quella ordinariamente
irrogata (altrimenti non ci sarebbe l’incentivo a farlo).
2. errore a danno del contribuente: Possiamo distingue 2 casi:
a) se la dichiarazione viziata da errore ha comportato un versamento eccessivo, il contribuente in
alternativa può esperire la procedura di rimborso nel termine di 48 mesi dalla data del
versamento;
b) se la dichiarazione espone una perdita inferiore a quella effettiva, il rimedio è dato dalla
dichiarazione integrativa entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata
presentata la dichiarazione originaria.
Il contribuente può far valere gli errori della dichiarazione con il ricorso contro il ruolo (recante l’iscrizione delle
imposte dovute in base alla dichiarazione e non versate) o con il ricorso contro l’avviso di accertamento che
rettifichi la dichiarazione.
§ Poi il tema della tempestività o meno legata anche alle forme della sua trasmissione: Siamo partiti da
moduli compilati a mano che si spedivano ecc. Oggi la trasmissione delle dichiarazioni avviene
attraverso lo strumento telematico. Si ha uno sdoppiamento tra la materiale redazione della dichiarazione
(attraverso lo strumento informatico) e il suo inoltro all’Amministrazione finanziaria. I 2 fatti non
necessariamente coincidono. L’onere dichiarativo è subordinato a dei tempi che stabilisce la legge, il c.d.
termine di decadenza, oltre il quale non è più possibile effettuare l’adempimento o quanto meno non è
possibile effettuare l’adempimento
senza incorrere in una sanzione. In particolare:
1. Si parla di ritardata dichiarazione entro un certo termine;
2. Si parla di omessa dichiarazione se anche il secondo termine è scaduto.
La rettifica della dichiarazione è l’atto attraverso il quale l’ente impositore, qualora la fattispecie reale non
coincida con quella dichiarata, procede a determinare gli elementi della fattispecie reale e a costituire un debito
che corrisponde alla differenza tra l’imposta dovuta in base all’imponibile accertato e l’imposta dovuta in base
all’imponibile dichiarato. L’amministrazione può procedere a determinare una diversa base imponibile solo se
prova l’incompletezza o l’infedeltà o ancora l’inesattezza dei fatti dichiarati (ruolo probatorio della
dichiarazione).
L’avviso di accertamento
DUNQUE, l’avviso di accertamento (esso costituisce l’atto finale dell’accertamento) costituisce un atto
AUTORITATIVO o IMPOSITIVO (che produce i suoi effetti anche se impugnato) volto al contribuente con il
quale si modifica la rappresentazione della fattispecie tributaria da lui fornita o si sopperisce alla sua mancanza,
determinando gli elementi rilevanti per la quantificazione del tributo dovuto. È l’atto mediante il quale l’ufficio
notifica la pretesa tributaria al contribuente a seguito di un’attività di controllo sostanziale.
L’atto impositivo diventa definitivo, nel senso che si consolidano gli effetti come titolo della riscossione o della
ritenzione delle somme riscosse, nei casi in cui:
1. l’accertamento non è stato impugnato nei termini;
2. il ricorso è inammissibile o è stato respinto con decisione passata in giudicato.
Il legislatore ha previsto, laddove la violazione oggetto di contestazione avesse rilevanza penale, il raddoppio dei
termini. Esempio: Quando la violazione fiscale, oggetto di accertamento tributario, è altresì oggetto di una
notizia crimis, il termine è di 8 anni. Abuso di denuncia.
Questa regola incontra delle deroghe, delle eccezioni specificatamente normate. Le deroghe possono essere
ricondotte a 2 casi:
1. L’accertamento parziale (disciplinato dall’articolo 41 bis del DPR 600\73)
2. L’accertamento integrativo (disciplinato dall’articolo 43 del DPR 600\73)
L’accertamento parziale si caratterizza per il fatto di basarsi su segnalazioni che provengono da determinati
soggetti esterni allo stesso ufficio: la Guardia di finanza, l’Anagrafe tributaria, Enti e Amministrazioni. Quindi
l’accertamento parziale viene fatto solo quando si ha questa fonte di innesco. Esempio: Tizio e Caio decidono di
stipulare un contratto di locazione, dove Tizio concede a Caio un bivani, in viale delle scienze, per un canone
mensile di 200€. Questi registrano il contratto. Dalla registrazione viene individuato il canone e il codice fiscale.
Il flusso telematico indica che Tizio è titolare di un reddito di locazione di 2400€ annui concesso da Caio;
quindi la stessa macchina fa un controllo automatico incrociato con i dati della dichiarazione dei redditi di Tizio
ai quali lo stesso dovrà aver indicato i canoni di locazione percepiti da Caio. In quel caso se vi è un’anomalia,
viene scritta in una lista e trasmessa all’ufficio competente. L’ufficio, riceve la lista, dove viene figurato che
Tizio ha omesso la dichiarazione di questo contratto di locazione. Ciò consente all’ufficio di produrre un avviso
di accertamento parziale, perché sta accertando una micro realtà della situazione reddituale di Tizio.
L’accertamento integrativo
Intanto si parla di:
v integrazione: quando l’aumento si collega ad aspetti non considerati nel primo atto;
v modificazione: se incide su elementi del presupposto che siano già stati oggetto di considerazione
nell’atto pregresso.
L’ipotesi è la seguente: L’amministrazione ha compito un accertamento globale. Risulta adesso necessario
intervenire nuovamente sulla posizione del contribuente per modificare l’esito dell’accertamento, integrandolo.
Dopo aver effettuato un accertamento globale, l’Amministrazione può integrare o modificare l’accertamento
soltanto sulla base di elementi che posseggono i requisiti di novità e sopravvenuta conoscenza degli elementi,
cioè che gli elementi siano nuovi e conosciuti SOLO DOPO l’emissione del primo avviso di accertamento.
Inoltre, nell’avviso devono essere specificatamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti
attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte. Esempio: accade frequentemente, nella
pratica, che questa ipotesi, venga invocata, quando l’amministrazione finanziaria, abbia, per esempio, notificato
un avviso di accertamento di un tipo, ad esempio, analitico, nei confronti di un contribuente. Dopodiché riceve
dalla guardia di finanza la copia di un procedimento verbale di constatazione nel quale si dia atto del ricevimento
di particolari documenti che mutino la prospettiva rispetto al primo accertamento.
L’ambito di applicazione del concordato dovrebbe essere quello delle questioni non risolvibili in base ad
elementi certi, ma che comportano certi margini di apprezzamento valutativo, come gli accertamenti presuntivi e
deduttivi.
L’INTERPELLO
Possiamo distinguere:
v Ø l’interpello speciale o antielusivo: dove con un istanza scritta, il contribuente chiede all’Agenzia
delle Entrate se una certa operazione da compiere o già compiuta, che ricade nel catalogo di quelle che
la stessa legge considera come potenzialmente elusive, si debba effettivamente trattare come tale. Il
parare reso dall’Agenzia ha efficacia inter partes.
v Ø l’interpello ordinario (nel diritto anglosassone denominato ruling): previsto dallo Statuto dei diritti
del contribuente. Attraverso tale istituto il contribuente sottopone all’Amministrazione Finanziaria una
fattispecie che lo riguarda, caratterizzata da una incertezza interpretativa, al fine di ottenere, entro dei
termini certi fissati (120 giorni) dallo Statuto, un’interpretazione dall’Amministrazione. Allo stesso
tempo il contribuente propone (lo DEVE fare) la propria interpretazione inerente al caso concreto e
personale. L’interpello dovrà essere ovviamente preventivo all’operazione (economica fiscalmente
rilevante).
In altre parole: L’interpello è un’istanza che il contribuente rivolge all’Amministrazione finanziaria affinché
quest’ultima dia un’interpretazione su una fattispecie tributaria che lo riguarda (caratterizzata da incertezza
interpretativa). Quindi attraverso l’interpello il contribuente può chiedere all’Amministrazione finanziario quale
sia la corretta interpretazione di una norma fiscale in relazione alla sua fattispecie (quindi che si pronunci su una
materia dubbia).
Qualora la stessa questione sia stata sollevata da un numero elevato di contribuenti, l’amministrazione può
procedere a una “risposta collettiva” attraverso la pubblicazione di una risoluzione (provvedimento
interpretativo) affinché tutti i contribuenti la conoscono. I contenuti di una risoluzione ministeriale, emanata in
risposta ad un interpello, assumono validità di carattere generale. Esempio: Un problema è quello “della
detraibilità dell’iva relativi a beni non acquisiti in proprietà” ad esempio utilizzati in locazione, e affronta anche
il problema della “deducibilità delle quote di ammortamento , delle eventuali spese in sede di imposte sul
reddito”. Le direzioni regionali destinatarie degli interpelli, hanno l’abitudine spesso di girare l’interpello alla
direzione centrale al fine dell’unitarietà dell’interpretazione, che questa sia unica.
Le forme di interpello previste dall’ordinamento tributario non si limitano alle 2 fin qui esaminate.
Il controllo
In particolare, tutte le dichiarazioni presentate al fisco saranno soggette a controllo. Vi sono 3 tipi di controllo
(36–bis e 36–ter d.p.r. 600/73):
1. Un controllo automatizzato (36–bis del DPR);
2. Un controllo formale (36-ter del DPR);
3. Un controllo sostanziale (37 del DPR);
Controlli diversi come oggetto, disciplina e come esiti. Possono trovare applicazione tutti e 3 i contro, visto che
coprono ambiti differenti.
L’avviso bonario induce il contribuente a regolarizzare la propria posizione, in quanto gli da la possibilità di
evitare una successiva iscrizione a ruolo (ma non è un avviso di liquidazione, tipico atto impositivo. Esso ha
rilevanza esterna, volto a dare le ragioni e contenuti della pretesa fiscale):
1. o adempiendo, beneficiando della riduzione della sanzione;
2. ovvero dimostrando l’erroneità della pretesa stessa (ci potrebbe anche essere un errore, quindi
impugnando l’avviso bonario!!!). Infatti entro 30 giorni è possibile fare presente all’Amministrazione
finanziaria dati o elementi non considerati o erroneamente valutati in fase di liquidazione, ai fini della
riduzione della pretesa, ovvero pagare quanto dovuto.
Qualora il contribuente non effettua il pagamento o non dimostra l’infondatezza della pretesa, la somma è iscritta
a ruolo (l’iscrizione a ruolo fa parte della fase della riscossione; lo Stato affida la riscossione a un terzo
soggetto, e l’ufficio impositore forma il ruolo (di cui tratteremo più tardi), un elenco di contribuenti in un
determinato territorio, con la somma dovuta. L’agente della riscossione costituisce una cartella di pagamento
singola per ogni contribuente e che viene notificato a questi a casa. L’esito finale quindi è l’iscrizione a ruolo,
notifica cartella di pagamento e il contribuente potrà pagare con una sanzione questa volta piena e se paga
oltre il termine stabilito dalla cartella pagherà l’agio, che è il compenso per l’agente della riscossione. È
possibile fare ricorso anche contro la cartella di pagamento) (o partirà l’iscrizione a ruolo). Verrà notificata la
cartella di pagamento e la sanzione da pagare sarà PIENA.
Con l’avvento dell’informatica e della telematica tale controllo ha un’importanza ridotta, considerando che le
dichiarazioni vengono inviate quasi sempre via telematica e si fossero anomalie macroscopiche, la dichiarazione
verrebbe respinta in automatico dal sistema.
Controllo formale
Il controllo formale invece si basa sulla coerenza tra i dati della dichiarazione e altri elementi/dati in possesso
dell’Amministrazione Finanziaria, quindi dati esterni. Esempio: si confrontano gli acconti dichiarati dal
contribuente con quelli che si sono effettivamente versati, o escludere in tutto o in parte le detrazioni d’imposta o
le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti richiesti al contribuente (dati ESTERNI).
Il controllo formale è anch’esso un controllo di massa, ma è più selettivo del controllo automatizzato (cioè al
controllo formale non sono assoggettate tutte le dichiarazioni).
Al soggetto passivo può essere chiesto di fornire chiarimenti o presentare altri documenti non allegati alla
dichiarazione (à ED E’ QUESTO che lo distingue dal controllo automatizzato, cioè il fatto che possono essere
richiesti dei chiarimento). Anche qui viene inviato l’avviso bonario. Se il contribuente non regolarizza la sua
posizione o non dimostra l’erroneità della pretesa, segue l’iscrizione a ruolo.
Controllo sostanziale (viene compiuto con gli ampi e penetranti poteri investigativi conferiti dalla legge à può
essere esperita soltanto nei confronti di una ridotta % dei contribuenti).
Il controllo sostanziale è volto a verificare la piena rispondenza della dichiarazione, rispetto alla previsione
normativa e alla effettiva situazione di stato del contribuente. Solo una parte modesta dei contribuenti saranno
oggetto di controllo sostanziale (anche perché comporta molti costi). Tale controllo si conclude con l’avviso di
accertamento o provvedimento finale.
È difficile stabilire la veridicità di quanto dichiarato dal contribuente.
Secondo quali criteri si può procedere ai controlli sostanziali (cioè quali ipotesi assoggettare a verifiche)?
E attraverso quali strumenti procedere a tali controlli?
Con riguardo ai criteri, si può ricorrere a parametri di tipo presuntivo (stabiliti dalla legge) che, da un lato
funzionano come strumenti selettivi delle ipotesi da assoggettare al controllo, dall’altro forniscono essi stessi una
prima formulazione di una ipotetica evasione, tra i quali:
1. studi di settore: si inizia (a controllare) da tutti i professionisti che hanno dichiarato meno dello studio di
settore. (un riferimento che secondola Cassazione non basta ma dà un input e un ipotetica somma di evasione) à
è volto all’accertamento nei confronti delle categorie produttive;
2. il redditometro: è volto ad individuare l’evasione in campo a soggetti persone fisiche che non siano titolari di
un reddito di lavoro autonomo o d’impresa e muove da un presupposto che il sostenimento di determinate spese
per il mantenimento di certe tipologie di beni (abitazioni,autoveicoli) presuppone la disponibilità di un reddito
non inferiore a quello che il redditometro stesso è in grado di determinare. In caso contrario scatterà
l’accertamento.
Con riguardo agli strumenti, vi sono diverse modalità di accertamento, tra i quali figura:
1. Richiesta di elementi/ informazione al contribuente (potere di richiesta/informazione), nonché reperire
ulteriori informazioni presso terzi, come ad es. banche, pubbliche amministrazioni, società di assicurazione, terzi
privati;
2. Poi vi sono poteri di richiesta e di informazione che incidono più pesantemente sulla sfera individuale,
attraverso le verifiche dirette sul campo (vedi giù): esercitare il controllo presso il domicilio fiscale del
contribuente, il luogo di esercizio dell’attività commerciale, il luogo di esercizio professionale accedendo presso
quei locali, con una specifica ispezioni per la ricerca di materiale utile alla verifica, un controllo sistematico di
una determinata situazione fiscale.
È importante la collaborazione della Guardia di Finanza, che oltre a un supporto giudiziario ha anche funzione di
polizia tributaria. Infatti il controllo sostanziale è svolto dall’Agenzia delle Entrate (ossia dal funzionario
dell’Amministrazione) e dalla Guardia di Finanza, con potere di:
v § Accesso: ossia il potere di recarsi presso il luogo del contribuente (anche contro il consenso
dell’avente diritto). Per accedere in locali destinati all’esercizio di attività commerciale, agricole ecc. è
necessaria l’autorizzazione del capo d’ufficio (recante il motivo dell’accesso). Se si tratta, invece,
dell’abitazione è richiesto un livello di autorizzazione più elevato: ovvero l’autorizzazione del
procuratore della repubblica (in qnt viene limitata la libertà personale);
v § Ispezione: costituisce un’attività di controllo specifica. S’intende il controllo documentale, cioè
l’esame della documentazione contabile del soggetto che può estendersi a tutti i libri, registri, documenti
e scritture che si trovano nei locali, compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sono obbligatorie;
v § Verifica: attività di controllo generale. Consiste in un controllo attinente al personale, agli impianti, e
alle merci al fine di effettuare un riscontro sulla correttezza della contabilità.
Ø In ordine crescente di invasività.
Ps. Anche il segreto bancario è stato ampiamente compresso a seguito di una legge del 2005 che ha previsto
l’istituzione presso l’Amministrazione finanziaria dell’Anagrafe dei conti, un registro nel quale devono essere
segnate tutte le operazioni bancarie.
Supponendo che il controllo sostanziale abbia dato lungo ad un risultato, ovvero siano state rilevate delle
violazioni, queste vengono descritte in un apposito atto: il c.d. processo verbale in constatazione (PDC), che
deve essere sottoscritto dal contribuente (con diritto ad averne una copia).
Dopo il rilascio della copia, il contribuente può comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste che dovranno
essere valutate dagli uffici impositori e l’avviso di accertamento non può essere emesso prima della scadenza di
tale termine.
Una recente norma consente al contribuente che accetta le contestazioni formulate (cioè accetta i contenuti
dell’atto ed il pagamento delle somme dovute), di conseguire un risparmio notevole poiché le sanzioni vengono
ridotte a 1/6. Se il contribuente NON aderisce al PDC viene emesso l’avviso di accertamento con cui l’ufficio
rende noto al contribuente le conclusioni del controllo, con l’imposta determinata e le sanzioni.
L’avviso di accertamento
Al termine dell’attività istruttoria se l’Amministrazione finanziaria ha riscontrato delle irregolarità emana
l’avviso di accertamento (con l’avviso di accertamento di regola si chiude l’attività di accertamento. Poi con lo
statuto del contribuente esiste un obbligo di allegare all’avviso di accertamento, gli eventuali atti che in esso
siano stati richiamati (esempio: il processo verbale di constatazione). Per molto tempo l’amministrazione
sostenne la teoria che l’avviso di accertamento era la scintilla che fa scattare il contenzioso. Questo
orientamento fu successivamente abbandonato), che ha come target la determinazione della base imponibile e
della relativa imposta.
Dove, ricapitolando, l’accertamento è definibile un insieme di atti e comportamenti volto a realizzare una
migliore conoscenza della fattispecie imponibile, quindi costituisce un’attività CONOSCITIVA.
L’accertamento tende a sostituire ad una situazione di totale o parziale incertezza circa un fatto, una totale o
parziale certezza derivante dalla conoscenza. La situazione di certezza che deriva dall’attività di accertamento
non è sempre la medesima e non è sempre la massima ipotizzabile (che dipende poi dalle caratteristiche
dell’attività di accertamento).
Si ricorre a questo metodo quando l’ufficio, sebbene la dichiarazione sia incompleta o infedele, è in grado di
determinare analiticamente (ossia voce per voce) il maggior reddito conseguito o le indebite detrazioni o
deduzioni effettuate dal contribuente. Tale metodo presuppone la conoscenza, da parte dell’Ufficio impositore,
della fonte del reddito che è stato occultato o erroneamente indicato dal contribuente.
Ø Distinzione riguarda particolarmente le imposte sul reddito e molto di meno le altre imposte. Ciò che
cambia è la NATURA
2. NEI CONFRONTI DEI POSSESSORI DI REDDITI D’IMPRESA E DI LAVORO AUTONOMO,
ovvero l’accertamento nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili:
a. Accertamento analitico–deduttivo
b. Accertamento induttivo
distinzione di carattere generale, solitamente dedicata agli accertamenti di tipo contabile o comunque nei
confronti dei soggetti che svolgono attività economiche o una professione, quindi imprese e professionisti (cioè
sono previste specifiche regole di quantificazione dell’imponibile per quelle categorie di redditi in relazione alle
quali esiste l’obbligo di tenuta delle scritture contabili: i redditi di impresa e redditi di lavoro autonomo. Tali
regole sono il metodo).
Quindi si applica nei confronti dei titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo che presentano un fatturato
non superiore a un determinato tetto massimo.
La piccola impresa presenta più rischi di evasione, visto che non è fortemente burocratizzata e rigida come le
imprese più grandi. Esempio: nella piccola impresa è più importante non fare lo scontrino.
Gli studi di settori vengono elaborati mediante analisi economiche e statistiche e consentono di stimare i ricavi o
compensi che possono essere attribuiti al contribuenti. Tale operazione può essere sintetizzata nel seguente
modo:
1. si suddividono tutte le imprese minori e lavoratori autonomi in diversi settori;
2. si selezionano per ciascun settore campioni significativi di contribuenti;
3. si individuano elementi che caratterizzano i campioni di ciascun settore.
Attraverso gli studi di settori è possibile poi valutare la congruità tra quanto dichiarato con quanto dichiarano le
altre imprese che operano in condizioni analoghe (organizzazione, dipendenti, beni strumentali ecc.); si parla
della c.d. normalità economica. Laddove lo studio dia luogo ad una scostamento tra il dichiarato e ciò che lo
studio di settore indica, il contribuente viene convocato per fornire giustificazioni al riguardo. Per cui è prevista
una fase di contraddittorio.
Siccome il contribuente sa prima il risultato, può decidere di lasciare le cose per come sono, presumibilmente
scatterà nei suoi confronti l'accertamento, e lui dovrà dimostrare la correttezza dei dati dichiarati. Un'altra scelta
del contribuente è quella di adeguarsi; quindi potrebbe dire che in effetti non ha guadagnato di più, però ritiene
per sua tranquillità di pagare l'imposta ugualmente sul ricavo da studio di settore anziché sul ricavo che risulta
dalla contabilità.
Tema: Determinazione della materia imponibile nel caso di attività economiche e soggetti obbligati alla tenuta
delle scritture contabili.
Nella filosofia dell’accertamento tributario, la tenuta di scritture contabili è lo strumento principe per la
determinazione del reddito e dell’imponibile fiscale, anche ai fini dell’IVA. L’obbligo di tenuta delle scritture
contabili garantisce l’interesse dell’Amministrazione a determinare l’imponibile fiscale. Si corre però così il
rischio che tale apparato divenga un nemico dell’Amministrazione; nel senso che tale apparato, soprattutto se
regolarmente tenuto, finisce per diventare un’armatura, difesa per il contribuente. Per cui qualora il contribuente
avesse l’intento di occultare, il sistema contabile può costituire uno strumento efficace per impedire all’AF di
smascherarla. Esempio: pensiamo ad un’impresa che emette fatture false.
La falsità non è desumibile dal sistema contabile, ma è riscontrabile mediante l’analisi di fattori esterni
all’azienda, es. tramite controlli incrociati per verificare il presupposto oggettivo della fattura, le indagini
bancarie; ma anche tramite fattori interni (analisi indici di bilancio, giro merci, redditività ecc).
È ovvio che anche quando le scritture sono regolarmente tenute, esse possono presentare delle anomalie, ad es.
movimentazioni strane con i soci o con il titolare dell’impresa, eccessivo uso del conto cassa (quindi
movimentazioni anomali) ecc.. Le analisi di bilancio consentono di esaminare la veridicità del sistema contabile.
Con lo strumento delle indagini bancarie, l’AF viene in possesso di tutte le movimentazioni del contribuente
annotate secondo un criterio finanziario (non di competenza). L’amministrazione richiede poi l’esibizione delle
scritture contabili in modo da poterle confrontare con le movimentazioni. Di recente il legislatore ha introdotto
una norma secondo cui tutte le movimentazioni che non rispondono alle scritture contabili si presumono in nero.
L’onere di prova viene interamente scaricato sul contribuente. Badate: ciò vale sia per i versamenti, ma vale
anche per i prelevamenti. Il ragionamento è il seguente: Se tu hai prelevato delle somme e non hai una
giustificazione sufficiente vuol dire che le hai utilizzate per pagare il nero, che hanno a loro volta fruttato dei
ricavi in nero con un meccanismo diabolico che nei fatti duplica l’imponibile.
Gli obblighi del singolo contribuente – L’obbligo di tenuta delle scritture contabili
Rientra tra le prestazioni di carattere personale (non pecuniario), funzionali alla realizzazione dell’accertamento,
l’obbligo di tenuta delle scritture contabili, cui sono soggetti.
L’obbligo di tenuta delle scritture contabili (nel sistema del codice civile, tale obbligo attiene all'esigenza di
garantire la corretta gestione d'impresa, e poi in particolar modo è funzionale a un obbligo di informazione a
favore dei terzi) risponde all’esigenza che l’Amministrazione venga in possesso di un’ampia gamma di elementi
informativi riguardanti determinate situazioni, così da stabilire i caratteri dell’obbligazione tributaria, sia dal
punto di vista oggettivo, vedi fattispecie imponibile, sia dal punto di visto soggettivo, ossia soggetti obbligati al
pagamento della relativa imposta. Tale obbligo non esiste soltanto nel diritto tributario, ma esiste anche in forza
di disposizioni di legge, in particolare:
v in forza di disposizioni nel C.C. per ciò che riguarda gli imprenditori;
v in forza della legislazione sul lavoro per ciò che riguarda il rapporto di lavoro dipendente.
Esistono poi degli obblighi generali di tenuta di scritture contabili e di redazione dei documenti finanziari che
non sono contenuti né nel C.C., né nella legislazione del lavoro che hanno però una rilevanza dal punto di vista
fiscale e che sono contenuti generalmente nella legislazione speciale. Esempio: disciplina degli obblighi
contabili per gli enti pubblici che generalmente è normata da apposite leggi, es. di detenere di determinate
scritture.
Come si contemperano norme di obbligo contenute in comparti legislativi normativi differenti? Premesso che
determinate scritture sono già richieste dal C.C., come la mettiamo con il collegamento all’aspetto fiscale?
Vigono intanto regole diverse a secondo che si tratti:
v imprenditore commerciale;
v impresa minore;
v professionisti;
L’imprenditore commerciale
Con riguardo all’imprenditore commerciale, esso è tenuto a tenere regolarmente:
v il libro giornale: è una scrittura di tipo cronologico, rappresenta i fatti amministrativi secondo il
momento della loro verificazione;
v il libro degli inventari: ci fornisce la consistenza del patrimonio dell’impresa e altresì riporta il bilancio,
costituito dallo Stato Patrimoniale, dal Conto Economico e dalla Nota Integrativa.
Ø tali scritture sono essenziali anche per l’applicazione delle imposte, quindi costituiscono il
riferimento essenziale per il Fisco. § le altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle
dimensioni dell’impresa:
v l’apparato contabile ai fini IVA: che si articola in:
o registro delle fatture emesse: nel quale vengono registrate tutte le fatture che il soggetto IVA emette;
o registro delle fatture ricevute: dove il soggetto IVA annota le fatture che riceve dai suoi fornitori
v registro dei cespiti ammortizzati.
APPROFONDIAMO...
Il punto di partenza è l’art. 2214 del C.C. che sancisce (dirlo agli ESAMI!)al I Comma: l’imprenditore che
esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro dell’inventario. Nota: Non ci sono norme
fiscale che impongono la tenuta del libro giornale e degli inventari, perché sarebbe privo di senso di copiare un
obbligo che già c’è, ma esso va solo eventualmente integrato per le parti in cui non si estenda a dei comparti che
invece interessano il Fisco.
Il II Comma dell’art. 2214 C.C.: Deve altresì tenere le altre scritture contabili che siano richieste dalla NATURA
e dalle DIMENSIONI dell’impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei
telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite.
Domanda agli ESAMI: Se voi vi recate presso la sede dell’impresa per svolgere una verifica, come vi orientate?
La risposta deve partire dall’art. 2214 C.C., che costituisce la base di riferimento dell’obbligo di tenuta delle
scritture contabili.
Il C.C. precisa al III Comma che l’art. 2214 C.C. non si applica ai piccoli imprenditori.
L’art. 2214 e ss. C.C. parlano dei contenuti e della forma di tenuta e conservazione delle scritture contabili (da
andare ad approfondire).
L’art. 2217 C.C., che descrive l’obbligo di redazione dell’inventario, precisa: L’inventario deve redigersi
all’inizio dell’impresa e successivamente ogni anno, e deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività
e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee alla
medesima.
Questo I Comma risponde alla necessità dell’impresa individuale di creare un adeguato discrimine tra la gestione
d’impresa e il patrimonio della persona fisica imprenditore. Esempio: questo è un cespite che costituisce un bene
strumentale dell’attività d’impresa e questa è la casa di riabilitazione che non c’entra niente.
Prosegue dicendo: L’inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite, il quale deve
dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite. Nelle valutazioni di bilancio
l’imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle Spa, in quanto applicabili.
Con riguardo alle esigenze del Fisco, vi sono degli ambiti per i quali la norma civilistica è più che sufficiente, e
altri per i quali è necessario l’intervento del legislatore fiscale. Le norme in questione sono quelle contenute nel
famoso DPR nr. 600/’73, che contiene le norme in materia di scritture contabili.
Il DPR nr. 600/73 L’IVA prevede che devono essere tenuti anche i registri prescritti ai fini dell’IVA. L’IVA si
basa sulla rete costituita dagli adempimenti di tipo contabile documentale (o network di tipo documentale).
Questo perché il perno della sua applicazione sono la rivalsa e la detrazione, che richiedono per essere applicati
un documento che si chiama “fattura”, attraverso la quale si enuncia l’IVA detraibile per chi la riceve attraverso
il quale esigo il pagamento per rivalsa dell’IVA dovuta.
Il meccanismo dell’IVA parte dal presupposto che le diverse transazioni realizzano un intreccio senza soluzione
di continuità tra cedente – cessionario, tra prestatore e committente, per cui la fattura emessa e registrata dall’uno
deve essere sempre registrata dall’altro e così via fino al consumatore finale. La consecuzione di questi
adempimenti formali consente al Fisco di controllare che il tributo originariamente applicato alla sua produzione
sia scivolato fino al consumatore finale senza interruzioni.
Oggi l’iva è uno strumento importante nell’ambito della gestione aziendale e ha il suo apparato contabile. Il suo
apparato contabile è costituito da 2 scritture contabili (obbligatorie):
1. il registro delle fatture emesse;
2. il registro delle fatture ricevute.
Queste 2 scritture contabile (non previste dal C.C.) hanno natura fiscale ed extra-fiscale. Esempio: se dobbiamo
fare valere un credito verso un nostro debitore – cliente che non mi ha pagato, il giudice mi chiede l’estratto del
libro IVA da cui risulta annotato la fattura emessa. Ad esse è obbligato sia l’imprenditore commerciale, sia
l’impresa minore.
Un’altra area scoperta dalla norma civilistica attiene agli AMMORTAMENTI (ritenuta importante dal
legislatore fiscale). Al riguardo il legislatore fiscale ha istituito l’obbligo di tenuta del registro dei cespiti
ammortizzati (scrittura contabile di natura esclusivamente fiscale). Tale registro non è previsto dal C.C. (à Le
relative scritture sono quelle del libro giornale, però da tali scritture non si ricavano molti elementi riguardo alla
gestione dei cespiti). In tale registro dove vengono annotati:
1. i cespiti via via acquistati;
2. le quote di ammortamento, nonché le % di ammortamento applicate;
3. fondi di ammortamento con le loro variazioni
Essendo la disciplina degli ammortamenti sì dettata dal C.C., ed essendoci nella normativa fiscale delle norme
che in parte divergono da essa, la rappresentazione dei cespiti ammortizzati potrà avere contenuti divergenti
rispetto alla rappresentazione contemplata nelle scritture civilistiche. Nella prima io avrò gli ammortamenti c.d.
fiscali, mentre nella II avrò gli ammortamenti civilistici. La divergenza può essere legittima, ma va spiegata
(quindi devo creare un raccordo).
I piccoli imprenditori
Per i piccoli imprenditori (come si evince da pocanzi) esiste un regime a sé stante. Nel diritto tributario non
esiste questa distinzione tra piccolo imprenditore e imprenditore commerciale, ma esiste una diversa distinzione
che riguarda le imprese di piccole dimensioni per cui ci sono degli obblighi di tenuta delle scritture contabili
semplificate.
L’impresa minore è obbligata, sebbene non sia obbligata alla tenuta del libro giornale e libro degli inventari,
alla tenuta delle scritture IVA (anche se il Codice Civile non lo dice), integrata (il libro IVA) CON I FATTI
AMMINISTRATIVI RILEVANTI AI FINI DELLE IMPOSTE SUL REDDITO. Ciò è dovuto al fatto che alcuni
fenomeno non sono rappresentati nelle scritture IVA (cioè non sono annotati nel libro IVA), tra cui:
v salari e stipendi (non c’è l’IVA sulla gestione del personale à transitano nel libro giornale);
v le quote di ammortamento.
Imprese agricole
Le imprese agricole, disciplinate separatamente nel C.C., sono soggetti passivi IVA e quindi terranno le scritture
IVA con lo stesso criterio. Quindi non terranno il libro giornale e il libro degli inventari, perché non sono
imprese commerciali. Attenzione non c’è un obbligo, ma nemmeno un divieto, anzi è addirittura consigliata.
I professionisti
I professionisti sono ignorati dal C.C. (altra area non disciplinata), che non detta alcuna disciplina se non quella
del contratto d’opera, contratto che il professionista stipula per disciplinare la sua prestazione (MA non c’è uno
status del professionista nel C.C.). Fiscalmente, invece, la categoria è molto importante. Quindi il legislatore
tributario stabilisce un obbligo di tenuta delle scritture contabili apposite per il professionista costituite da:
v le scritture IVA: che sono al pari degli imprenditori dei soggetti IVA;
v il registro dei cespiti ammortizzati: perché prevedendo la deducibilità delle quote di ammortamento, si
pone lo stesso problema che si pone per le aziende.
Il professionista non tiene né il libro giornale, né il libro degli inventari, e le scritture IVA non consentono la
determinazione piena del reddito in quanto il professionista “va per cassa” nella determinazione del suo reddito.
I professionisti hanno dunque 2 opzioni:
1. la contabilità semplificata, in cui è consentito l’adozione della contabilità IVA integrata con le
operazioni non rilevanti ai fini dell’IVA (come le imprese minori);
2. la contabilità ORDINARIA, la cui scelta è anche legata al volume d’affari, e in cui il professionista è
obbligato alla tenuta del registro delle movimentazione finanziarie, che è una sorta di libro giornale per
il professionista. Tale registro si basa sul principio di cassa, e non su quello della partita doppia ed è
strutturato in modo di rendere manifeste le sue operazioni in ordine cronologico. Tale registro è di 19
colonne, in cui alle 4 colonne dei 2 conti tipicamente finanziarie (Banca e cassa), affianca una serie di
altre colonne che distinguono le movimentazioni per tipologie di conto, quindi ci sono una serie di
colonne legate alla natura rispettivamente della spesa o del compenso.
Imposte dirette. Con riguardo alle IMPOSTE DIRETTE, la riscossione era affidata a soggetti esterni
all’Amministrazione fiscale: i c.d. esattori. Questo modello è durato sino al 1988. Erano delle società private che
“appaltavano” o “prendevano in appalto” la riscossione dei tributi, per cui:
v da un lato percepivano un aggio, ossia un compenso determinato in % rispetto all’ammontare delle
somme da riscuotere;
v dall’altro avevano dei privilegi nell’esecuzione forzata rispetto al creditore ordinario (in quanto dotati di
strumenti particolari). Questi però assumevano nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria
“l’obbligo del non riscosso per riscosso” (che verrà eliminato nel ’99). Tale obbligo consisteva nella
circostanza che nel momento in cui l’Amministrazione consegnava il ruolo, ovvero l’elenco dei tributi
da riscuotere, l’esattore (che prendeva in consegna questo ruolo) era obbligato, a determinate scadenze
pattuite, a versare l’importo relativo, e questo sia se l’avesse riscosso, sia che non lo avesse ancora
riscosso. Ovviamente se dimostrava all’Amministrazione che non fossero riscuotibili, es. perché il
debitore era fallito ecc., aveva il diritto di ottenere il rimborso.
Per cui l’esattore nei fatti finanziava l’amministrazione, cioè svolgeva esattamente la stessa cosa che fanno le
banche con le imprese quando le imprese portano le fatture per avere le anticipazioni, in modo che
l’Amministrazione fosse sicura che alle scadenze pattuite avrebbe ricevuto quelle somme. L’esattore ovviamente
contraeva un’obbligazione di garanzia, doveva presentare delle fideiussioni a supporto di queste somme. Il
sistema dell’esattoria è un sistema delicatissimo e pericolosissimo, perché era particolarmente ambita dalla
criminalità organizzata (fino agli anni 80), che permetteva di esercitare un controllo sul territorio, ma soprattutto
perché consentiva alla criminalità organizzata il riciclaggio di somme, capitali illeciti.
v Negli anni 70, con il Dpr nr. 602 / ‘73, si passa dalla riscossione ad iniziativa delle amministrazioni alla
riscossione ad iniziativa del contribuente (adempimento VOLONTARIO à attraverso il canale bancario e
postale), con ribaltamento dei ruoli tra l’Amministrazione e privato. Permane la figura dell’esattore a cui
era affidata la Riscossione COATTIVA.
v Nel 1988 viene riformato il sistema, vengono abolite le esattorie e vengono sostituite dai “concessionari
della riscossione”. Il concessionario della riscossione è una figura estranea all’Amministrazione
finanziaria e presenta 2 caratteristiche:
1. devono appartenere a determinate categorie che appartengono al sistema bancario (quindi non più
imprenditori generici) à gli agenti della riscossione diventano tutti banche o società del sistema
bancario;
2. Il concessionario NON è pagato in %. Il compenso è determinato con regole ben precise e che tiene
conto degli effettivi costi sostenuti più un certo spread a titolo di utile.
§ Questo sistema si rivelò molto costo e inefficiente, perché vi furono % di recupero bassissime.
v Nel 1996 / 1997, la riforma Visco porta con sé tante novità, tra cui:
o Scomparsa dei SAC (come abbiamo detto pocanzi);
o Viene introdotto il modulo di versamento unificato conosciuto come F24;
o La possibilità di effettuare compensazioni (VEDI PAGINA SUCCESSIVA) tra debiti e crediti dello
stesso contribuente. In particolare la regola è che tutto ciò che si deve pagare mediante F24 può
essere compen-sato con i crediti che spettano al contribuente.
v Nel 1998 viene eliminato l’obbligo del non riscosso per riscosso. Il concessionario deve soltanto versare
le somme effettivamente riscosse e non tutte le somme iscritte a ruolo.
v Nel 2005 cessa anche il sistema della riscossione tramite concessionari e si decise di creare la
“Riscossione S.p.a.” (D.L. nr. 203 / 2005) che successivamente ha assunto il nome di Equitalia. Equitalia
è partecipata sostanzialmente con uguale % da:
1. l’Agenzia delle Entrate (51 %) e
2. dall’Inps (49 %);
Ø perché sono i 2 creditori principali (l’Agenzia delle Entrate per i Tributi e l’Inps per i contributi per i
lavoratori dipendenti à contributi previdenziali).
N.B. Equitalia NON è titolare della funzione di riscossione, perché questa resta in capo all’agenzia delle entrate.
È semplicemente il braccio operativo, una società strumentale che gestisce la riscossione coattiva.
In Equitalia Spa dovevano confluire 34 società facente capo ad una banca. Pian piano le ha incorporate tutte e si
è dato vita a 3 distinte società:
v Equitalia Nord;
v Equitalia Centro;
v Equitalia Sud;
Ø con una capogruppo che si chiama Equitalia S.p.a..
In Sicilia, essendo una regione a statuto speciale, ha una competenza propria in materia di riscossione dei tributi.
In essa opera la Riscossione Sicilia S.p.a., che è interamente partecipata dalla Regione siciliana (visto che
l’Agenzia è statale). Forse l’Agenzia ha una piccola partecipazione ma non significativa. La riscossione Sicilia
ha, per altro, inglobato “Montepaschi serit spa” che era società a cui era affidata prima la riscossione in Sicilia.
IMPORTANTE: Mentre in origine vi erano gli esattori che riscuotevano il tributo (i quali sono stati sostituiti
dai concessionari e questi a loro volta da Equitalia), col tempo la riscossione è divenuta sempre più spontanea,
cioè il contribuente fa il versamento di sua iniziativa e veicolata da banca e posta. Per cui ad Equitalia rimane
SOLTANTO la riscossione COATTIVA, ossia quella parte della Riscossione che non vede l’adempimento
spontaneo del contribuente.
Compensazione
In materia tributaria, la compensazione è ammessa soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge. Possiamo
distinguere:
v compensazione verticale: riguardante crediti e debiti relativi allo stesso tributo;
v compensazione orizzontale: riguardante crediti e debiti relativi a tributi diversi.
N.B. Tutte le imposte che si versano con il modello F24 possono essere compensati con i crediti dei contribuenti.
RISCOSSIONE VOLONTARIA
Nell’ambito della riscossione volontaria possiamo distinguere 2 forme di riscossione volontaria:
1. la ritenuta diretta: ipotesi nella quale la ritenuta è operata non da un sostituto d’imposta ma dalla stessa
amministrazione. Essendo il soggetto obbligato all’effettuazione della ritenuta lo stesso soggetto che è
creditore del tributo, il prelievo si risolve in una mera compensazione contabile. (N.B. diretta perché non
c’è il sostituto). La ritenuta diretta può essere:
a. titolo di acconto: la stessa amministrazione che eroga il compenso, trattiene la somma a titolo
d’imposta. Es. la ritenuta operata ad un dipendente statale;
b. a titolo di imposta: es. ritenuta sui premi e sulle vincite;
Nice to know: In passato ciascun tributato una propria disciplina della riscossione (quindi cambiavano le
modalità di riscossione). Alla fine degli anni 90 si è dettata una disciplina che ha fortemente unificato
procedure, strumenti, forme di riscossione, ed ha anche ridotto le ipotesi.
2. Il versamento diretto: + diffusa è + importante. Il versamento viene effettuato direttamente dal soggetto
obbligato (N.B. attraverso l’autoliquidazione o da un sostituto d’imposta attraverso la ritenuta a titolo di
imposta o di acconto), senza l’intermediazione dell’amministrazione finanziaria, utilizzando i 2 canali
indicati dalla legge: il canale bancario ed il canale postale. Non avviene nel caso di riscossione coattiva!
Il versamento avviene attraverso il modello F24, modello di delega di versamento mediante il quale è
stato consentito di indicare partite a debito e a credito, ai fini della compensazione, non soltanto nei
confronti dello stato ma altresì nei confronti delle regioni, degli enti locali ed altri enti previdenziali.
Mediante tale modello:
a. il contribuente potrà versare una pluralità di tributi ad una pluralità di enti impositori;
b. laddove abbia dei crediti ammissibili a compensazione potrà effettuare la compensazione, anche
se debito e credito non riguardino il medesimo soggetto (Nota: Fare le relative compensazione
finanziarie ricade sull’amministrazione pubblica).
Ø à Il termine per il versamento ha una scadenza unica che è il 16 del mese successivo.
(N.B. C’è anche il modello che si utilizza per le questioni di minima rilevanza che è il modello F23.).
RISCOSSIONE COATTIVA
L’avviso di accertamento segna l’avvio della c.d. riscossione coattiva, ossia l’amministrazione si attiva per
indurre il contribuente ad adempiere. Esso costituisce l’atto finale dell’accertamento avente contenuto
complesso, in quanto oltre a riportare la motivazione, la determinazione dell’imponibile ecc., riporta anche
l’irrogazione della sanzione (viene indicata la violazione, la sanzione applicabile, indicate le eventuali
circostanze che concorrono nella determinazione della sanzione). La sanzione va personalizzata al trasgressore.
L’irrogazione della sanzione avviene quando viene rilevata, in sede di accertamento, un’eventuale violazione
tributaria (es. l’omissione del versamento di alcuni tributi). In presenza di una violazione tributaria, si configura
un illecito tributario che comporta l’applicazione/irrogazione di:
v § una sanzione amministrativa: è di piena competenza dell’agenzia dell’entrate.
v § una sanzione penale: La sanzione di natura penale da luogo all’attivazione dell’azione penale secondo
i criteri stabiliti dal codice penale, in questo caso l’amministrazione si ferma alla denuncia all’autorità
giudiziaria (articolo 331 cpp).
Domanda: è possibile l’irrogazione di una sanzione senza essere dovuta alcuna imposta?
Si, perché può capitare che sia irrogabile una sanzione senza essere dovuta alcuna imposta. Esempio:
Ipotizziamo 2 parti contrattuali, entrambe soggetti iva (definiti anche come operatori economici qualificati). Il
cedente non emette la fattura, quindi vi è una cessione in nero. L’amministrazione li scopre, notifica l’avviso di
accertamento al cedente, con la determinazione della maggiore imposta dovuta x omessa dichiarazione, nonché
irrogazione di sanzione, in quanto avrebbe dovuto emettere la fattura e pagare la relativa imposta (sia l’IVA, che
l’imposta sul reddito che ha evaso non fatturando quel ricavo), quindi per omessa emissione della fattura, omessa
registrazione della fattura, infedele dichiarazione. L’irrogazione della sanzione è UNICA perché si applica il
principio della continuità delle violazioni, secondo cui si sanziona la violazione più grave, che solitamente è
l’infedele dichiarazione, maggiorata di un quid per tenere conto che ci sono altre violazioni. Con riguardo al
cessionario, titolare di partita IVA, è previsto che se egli acquista un bene o riceve la prestazione di un servizio
senza ricevere la relativa fattura dal cedente egli debba attendere 4 mesi; se dopo 4 mesi non riceve la fattura,
deve farne esplicita comunicazione all’agenzia delle entrate, registrando l’importo nella sua contabilità, come se
la fattura l’avesse ricevuta; il che gli consentirà anche di detrarla. Se ciò non accade, la legge prevede che
l’acquirente è suscettibile della irrogazione della sanzione che sarà pari all’imposta dovuta dal cedente. Esiste
quindi la possibilità che venga irrogata una sanzione senza che sia stata richiesta un'imposta.
In questo caso viene notificato al trasgressore un atto di contestazione he ha una valenza plurima perché da esso
possono scaturire diverse conseguenze:
A. Il contribuente paga, definisce la sanzione con un abbattimento forfettario;
B. Il contribuente fa ricorso, ed in questo caso l’atto di contestazione è già considerato atto di irrogazione
delle sanzioni;
C. Il contribuente produce entro 60 giorni, dalla notifica dell’atto di contestazione, delle deduzioni, a
giustificazione del suo comportamento, in questo caso l’amministrazione prevede un anno di tempo per
esaminare queste deduzioni e stabilire:
a. se accoglierle, archiviando il tutto;
b. procedere all’irrogazione della sanzione, ritenendo infondate le giustificazioni ; in questa
ipotesi viene notificato un nuovo atto, entro l’anno, che si chiama avviso di irrogazione delle
sanzioni, che come finalità specifica è, appunto, l’irrogazione della sanzione, a quel punto il
contribuente avrà delle alternative:
i. pagare;
ii. impugnare l’atto;
Presentando istanza di adesione, resta la possibilità di fare ricorso, perché la legge prevede all’atto di
presentazione dell’istanza una sospensione del termine per impugnare, per un periodo di 90 giorni, per
cui nei fatti il termine di impugnazione diventa di 150 giorni (60+90). Alla definizione per adesione
consegue l’abbattimento della sanzione ad 1/3 della sanzione irrogabile.
4. Il contribuente non paga e scadono i 60 giorni: Se l’avviso di accertamento non viene impugnato entro
60 giorni, la pretesa diventa DEFINITIVA integralmente. Si riscuote l’intero importo con tutte le
sanzioni;
5. Il contribuente propone ricorso contro l’avviso di accertamento (fase del contenzioso): Storicamente la
legge collega alla notifica dell’avviso di accertamento il delinearsi di una pretesa tributaria, che pur non
essendo assistita dalla c.d. presunzione di legittimità, la pretesa esiste à riscossione PROVVISORIA. La
legge ritiene che sia ragionevole consentire allo Stato creditore di esigere almeno il pagamento di una
parte di quella somma a garanzia dell’adempimento futuro.
Possiamo distinguere:
a. La riscossione provvisoria: consegue alla notifica dell’avviso di accertamento quando viene impugnato (cioè
si propone ricorso contro lo stesso). È riscuotibile 1/3 della maggiore imposta accertata con i relativi interessi.
Non c’è sanzione, che rimane per ora in stand - by;
b. la riscossione frazionata: ovvero la riscossione graduata in pendenza di giudizio. Quando l’avviso di
accertamento viene impugnato, l’Amministrazione finanziaria ha il potere dovere di riscuotere in via provvisoria
in pendenza di giudizio una quota dell’imposta che viene determinata in base al grado di giudizio in cui pende la
controversia. Quindi la riscossione frazionata riguarda la riscuotibilità delle somme a seguito della sentenza di
primo e di secondo grado, quindi, durante il processo. Quindi la riscossione frazionata riguarda la parte di
imposta che si può riscuotere in base ai diversi gradi del giudizio. Se il contribuente perde in primo grado dovrà
pagare i 2/3 dell’imposta e delle sanzioni, questo significa che dovrà pagare un altro terzo dell’imposta più i 2/3
delle sanzioni.
Infatti oggi, per l’atto impoesattivo la legge prevede una moratoria di 180 giorni, in presenza del ricorso, prima
dell’avvio delle procedure esecutive. Oggi difficilmente si concede la sospensione (atteggiamento di sospetto da
parte della commissione tributaria).
L’esecuzione forzata
Una volta effettuata l’iscrizione a ruolo, l’agente della riscossione provvede a notificargli la cartella di
pagamento che contiene l’intimazione a pagare entro 60 giorni dalla notifica con l’avvertimento che, in
mancanza, si procede all’esecuzione forzata.
L’esecuzione forzata colpisce beni mobili ed immobili e si articola in 3 fasi:
1. pignoramento tramite ingiunzione di astenersi dalla disposizione del bene;
2. vendita del bene all’asta;
3. riscossione del credito
contro la quale il debitore può avviare:
§ l’opposizione all’esecuzione: contestando il diritto all’esecuzione forzata;
§ l’opposizione agli atti esecutivi: con la quale, pur riconoscendo l’esistenza del titolo esecutivo, ne
contesta la regolarità formale.
Tra le misure cautelari, che sono volte a garantire il soddisfacimento dei crediti tributari e sanzionatori,
troviamo:
v il fermo amministrativo: che non permette né la vendita né l’utilizzo dei beni ovvero l’amministrazione
può sospendere il pagamento di un suo debito se è a sua volta creditrice verso il privato;
v ipoteca dei beni: del contribuente e dei soggetti obbligati in solido, senza passare dall’agenzia delle
entrate, ma inforza solo della cartella di pagamento scaduta quando l’amministrazione ha fondato motivo
di temere la perdita del proprio credito (+ l’autorizzazione a procedere al sequestro conservativo dei
beni);
v pignoramento dei crediti vantati dal debitore nei confronti di terzi: la quale prevede l’ordine al terzo
di pagare direttamente all’agente della riscossione fino a concorrenza del credito per cui si procede;
v obbligo di verifica delle cartelle di pagamento non ancora pagate dal beneficiario: per le
amministrazioni pubbliche o società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare il
pagamento di somme superiori a EUR 10'000 = tutela anticipata del pignoramento verso terzi.
Tuttavia, il contribuente può proporre RICORSO CONTRO L’ISCRIZIONE A RUOLO entro 60 giorni dalla
notifica della cartella di pagamento.
L’art. 19 bis del DPR 602 / 73 prevede un’ipotesi di sospensione della riscossione qualora si verifichino eventi
straordinari tali da alterare gravemente lo svolgimento di un corretto rapporto tra debitore ed ente impositore, ma
in ogni caso entro un termine di 1 anno.
Mentre l’art. 19 prevede l’ipotesi di ripartizione del pagamento in 72 rate mensili, prorogabili una sola volta, in
caso di temporanea difficoltà del contribuente.
Capitolo 18 - Il rimborso dell’imposta
Il rimborso dell’imposta è il rapporto giuridico in cui il contribuente assume nei confronti dell’Erario la
posizione di creditore di una determinata somma di denaro in precedenza trasferita a quest’ultimo. Quindi dal
lato attivo si colloca il contribuente.
Esso può derivare:
1. da un pagamento non dovuto a seguito di errori materiali o di calcolo da parte del contribuente. INDEBITO
ORIGINARIO
2. dalla sopravvenienza di circostanze che hanno reso il pagamento non dovuto. INDEBITO SOPRAVVENUTO
3. da una sentenza: es. norma tributaria dichiarata illegittima (come l’ILOR) in cui il soggetto passivo si trova ad
aver versato somme superiori rispetto a quelle dovute e realizza un Credito d’imposta a suo favore, che potrà
essere soddisfatto mediante il rimborso o con la compensazione.
Capitolo 20 – Le Sanzioni
L'avviso di accertamento ha una natura mista:
1. atto di accertamento in senso proprio;
2. dal 2011 di atto esattivo, di riscossione attraverso la diffida ad adempiere;
3. atto di constatazione, contestazione e irrogazione di sanzione.
Le sanzioni discendono sempre da un ILLECITO, e in particolare in campo tributario tale illecito consiste nella
violazione di obblighi tributari. DUNQUE, l’illecito tributario è il presupposto per l’applicazione di una
sanzione.
Quindi si distinguono tradizionalmente, in materia tributaria:
• gli illeciti amministrativi;
• gli illeciti penali.
Non c'è una differenza ontologica che porti a configurare come reato un comportamento e come semplice illecito
tributario un altro. La differenza la fa la legge, nel senso che la differenza tra un illecito penale e amministrativo
nasce dal fatto che la norma al primo riconnette una sanzione penale e all'altro una amministrativa.
Nota: L’illecito penale è un’espressione corretta mentre è un’espressione scorretta il reato penale. Il reato è
sempre penale!!!
Le sanzioni nel diritto tributario (quali reazioni all'illecito tributario) sono di 2 tipi: § amministrative § penali
SANZIONI AMMINISTRATIVE
In origine il tema delle sanzioni, come per l'accertamento e la riscossione, era trattato con riferimento ai singoli
tributi, sicché ogni singolo tributo era un mondo a se stante. Fu realizzata una riforma alla fine degli anni 90 al
fine di unificare la disciplina delle sanzioni, cioè di dettare regole uguali per tutti i tributi. In alcuni casi è stato
possibile procedere all’omogeneizzazione, in altri, le differenze dovevano essere mantenute. Questa grande
riforma (con legge delega del 1996) fu realizzata attraverso tre decreti legislativi 471, 472, 473 del 1997.
v Il 472/97 reca i principi generali in materia di sanzioni (da ricordare)
v Il 471 e 473 recano le specifiche sanzioni relative o all'accertamento e riscossione oppure ai singoli
tributi.
Con riguardo a tale riforma vi erano 2 correnti di pensiero:
1. Quella che considerava la sanzione tributaria come un accessorio dell'imposta, che aveva la funzione di ristoro
economico della situazione violata, cioè è una sorta di risarcimento del danno dovuto dal trasgressore nei
confronti dell'ente impositore.
Nel diritto criminale (come funzione delle violazioni) la sanzione ha una serie di funzioni:
v afflittiva: cioè irrogare la sanzione per punire il comportamento deviato che è stato assunto;
v risarcitoria: la punizione soddisfa la sfera che è stata violata dal comportamento deviato;
v redenzione del colpevole: la sanzione ha funzione dissuasiva, ossia lo scopo di indurre il colpevole a
non ripetere il comportamento e di migliorarlo.
Ø Tra tutte queste funzioni quella prevalente è la funzione risarcitoria. In particolare, prima c’era la
sovrattassa (che aveva funzione risarcitoria) e la pena pecuniaria (sanzioni amministrativi e penali), poi
confluite nella sanzione pecuniaria, nelle quali la funzione afflittiva era quella più evidente. La riforma
(dlgs 472) ha introdotto la sanzione pecuniaria e le sanzioni accessorie (esauriscono la categoria delle
sanzioni amministrative tributarie).
La sanzione doveva essere pecuniaria!
2. L'altra scuola di pensiero assimilava la sanzione amministrativa tributaria a quella penale almeno nella sua
ratio, nei suoi presupposti. Per cui applicava i principi tipici della sanzione penale a quella amministrativa.
I principi tipici del campo penale (poi estesi nel campo tributario) sono:
v Il principio di legalità: nelle sue diverse esplicazioni: nessun reato senza la legge che lo prevede. In
particolare, in base al principio di irretroattività della sanzione nessuno può essere punito per un fatto
che non era stato ancora vietato (ossia considerato illecito), nel momento in cui è stato compiuto. Inoltre,
secondo il principio del favor rei viene applicata la legge più favorevole al contribuente à nessuno può
essere sanzionato per un comportamento che non è più considerato illecito;
v Principio di colpevolezza: per essere sanzionati occorre che ne venga dimostrata la colpevolezza, cioè
l'elemento soggettivo che lega il trasgressore al comportamento;
v Principio di imputabilità: per punire un soggetto è necessario che il comportamento possa essere ad esso
imputato. Esempio: minore. Egli non è imputabile, perché l’ordinamento non gli riconosce la capacità di
distinguere ciò che giusto, da ciò che è sbagliato;
v Principio di intrasmissibilità agli eredi (quindi l’obbligazione di pagamento della sanzione si estingue
con la morte del colpevole (principio di intrasmissibilità agli eredi): La responsabilità penale è
personale, non si può essere responsabili per fatti compiuti di altri. A ciò si collega il problema
dell'autore mediato, di colui che costringa un altro a compiere una violazione inducendo in errore o
forzando.
v Principio proporzionalità della sanzione (adesso anche sancito nella CEDU): la sanzione deve essere
proporzionata in giusta misura al comportamento che colpisce.
Questa seconda corrente di pensiero prevalse nella redazione dei decreti pocanzi citati, con il temperamento di
alcuni aspetti che riguardo la natura patrimoniale della sanzione. Esempio: la responsabilità patrimoniale
dell'ente collettivo per comportamenti compiuti dal loro rappresentante o da chi agisce per loro conto, ma di cui
l'ente collettivo si sia beneficiato, lucrato. L’autore della violazione è colui il quale ha posto in essere il
comportamento; però la sanzione tributaria è dovuta dall'ente collettivo che ne ha beneficiato di questo
comportamento. Questo è un "inquinamento" della logica penalistica dovuta alla natura patrimoniale della
sanzione.
Sono questi i PRINCIPI (appena visti) che caratterizzano l’applicazione delle sanzioni amministrative!!!!
Nice to know: Le sanzioni spesso sono di un ammontare più o meno pari al tributo dovuto.
Con tale riforma (art. 13 dlgs nr. 472/97) viene introdotto l’istituto del ravvedimento operoso, istituto che
consente di ridurre le sanzioni AMMINISTRATIVE! La legge prevede che laddove siano stati omessi uno o più
adempimenti previsti dalla legge, colui il quale li abbia omessi può ovviare a questa sua omissione realizzando
tardivamente l'adempimento stesso, entro un termine, ottenendo in tal modo una riduzione della sanzione
applicabile, ovviamente riduzione che è tanto più alta quanto a breve si realizza l'adempimento, cioè la logica del
ravvedimento operoso è del prima ci pensi meno paghi.
Vi sono 2 presupposti:
v § ossia che non sia iniziata l’accesso, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento da parte
dell'amministrazione, per evitare che il ravvedimento sia penoso cioè indotto che non nasce dalla
spontaneità del contribuente;
v § inoltre, colui il quale si ravvede (o ricorre al ravvedimento) deve realizzare l’adempimento prima
omesso (con interessi) e contestualmente deve versare la sanzione RIDOTTA, altrimenti non ne
consegue un beneficio.
Versamenti che si effettuano attraverso il modello F24.
Oggi il ravvedimento non è più soltanto un rimedio occasionale per chi ha dimenticato un adempimento, bensì è
uno strumento a cui molti contribuenti ricorrono, in quanto avendo difficoltà ad adempiere regolarmente alle
proprie obbligazioni di versamento nei confronti del fisco, rinviano tale adempimento, confidando sulla
possibilità di potere effettuare il versamento nei termini del ravvedimento operoso beneficiando della riduzione
della sanzione (la sanzione ridotta scaturente dal ravvedimento costituisce un costo minore rispetto al costo che
l'impresa o il contribuente dovrebbe sostenere chiedendo i soldi in banca).
SANZIONI PENALI
Il comportamento deviato di un soggetto (sia esso il contribuente o altro soggetto) che viola una norma tributaria
può incorrere o:
v § in una sanzione amministrativa: solitamente pecuniaria, perché realizza un illecito tributario di tipo
amministrativo;
v § in una sanzione penale: se il comportamento posto in essere integra una fattispecie criminosa, cioè
integra una fattispecie di reato.
Il soggetto che rileva la trasgressione, la presunta violazione (à il pubblico ufficiale) può essere: un funzionario
dell’agenzia delle entrate oppure un militare della guardia di finanza o altri soggetti. L’innesco /denuncia può
provenire da altre parti. Questa è la cosiddetta notizia criminis, cioè il pubblico ufficiale che comunica, informa
della rilevazione di una sanzione che a suo avviso presenta i caratteri di una sanzione di natura penale.
ATTENZIONE: ciò non qualifica il comportamento come un reato, perché è il giudice a stabilire se quel
comportamento è reato.
Domanda: Occorre che parta prima il processo tributario, si pervenga al risultato certo della verifica che c'è
evasione, e solo dopo parta il processo penale? Il tema si è sempre posto in diritto tributario, cioè se l'azione
penale dovesse attendere il completarsi dell'accertamento tributario in modo da essere certi che l'evasione ci
fosse e poi avviare il procedimento penale oppure no.
Fino agli anni 80 esisteva il meccanismo della pregiudiziale tributaria (istituto che regolava il raccordo tra il
procedimento tributario e penale) che imponeva per l'avvio o la prosecuzione dell'azione penale (per i reati
previsti in materia di tributi) che fosse terminato il procedimento tributario (che accertasse che la violazione
esistesse!!!). In altre parole: l’azione penale non poteva essere esercitata, fin quando che l’accertamento del
tributo non fosse divenuto DEFINITIVO. Quindi se vi era un ricorso si doveva arrivare alla sentenza passata in
giudicato per poter cominciare il processo penale. E considerando che ai tempi vi erano 4 gradi di giudizio, se il
contribuente la tirava per le lunghe, passavano tanti anni.
La questione fu poi sollevata di fronte la Corte Costituzionale, la quale espresse un giudizio negativo sull’istituto
(non fu un’abrogazione). Allora si dovette creare un’alternativa, creando tale lacuna (infatti i giudici penali erano
ora liberi di iniziare l’azione, però le norme incriminatrici erano le vecchie disegnate secondo la logica della
pregiudiziale tributaria).
Allora intervenne il legislatore nel 1982 con un provvedimento chiamato “manette agli evasori”:
v individuando delle fattispecie semplici (non più sofisticate), le c.d. fattispecie “di pericolo” o fatti
prodromici all’evasione. I reati di pericolo sono caratterizzati da una condotta che è per così dire
propedeutica alla realizzazione di un reato. In particolare si tratta di fatti che segnalano un evento di
evasione. Esempio: Cioè se vi trovano davanti a un negozio con strumenti atto allo scasso, venite
denunciati (al di là delle vostre dichiarazioni) anche se non avete compiuto lo scassoà reato
propedeutico. Oppure se non registra quel ricavo, lo fa perché il suo intendimento è quello di non
dichiarare quell’importo ecc.
v Per l'aspetto procedurale la soluzione fu quella della parallelismo tra processi, cioè che i 2 procedimenti
(tributario e penale) procedessero assolutamente separatamente senza interferenze dell'uno o dell'altro
venendo negata la possibilità che l'uno potesse essere sospeso in attesa dell'altro, con l'accettazione della
possibile disparità o difformità tra i giudicati.
(In verità c'era una norma che prevedeva che l'eventuale sentenza definitiva adottata in sede penale potesse far
ostacoli nel processo tributario per i fatti costituenti reato, quindi se io ottengo per esempio l'assoluzione nel
processo penale a dibattimento e il giudice penale dice che questi fatti non si sono verificati io lo potevo far
valere nel processo tributario. Ma in realtà questa norma non era stata mai applicata perché:
1. presupponeva che si arrivasse ad un dibattimento (escludendo i processi penali che si chiudevano
prima del dibattimento);
2. era incompatibile con i tempi Comunque la giurisprudenza si orientò nel senso che la sentenza
passata in giudicato non potesse essere invocata.)
La soluzione del rapporto tra procedimento penale e tributario ha consentito di sganciare l'azione penale
dall'accertamento tributario e quindi ha conferito efficacia al procedimento penale. La soluzione adottata però
non è esente da difetti, perché il legislatore non si è occupato di disciplinare le relazioni.
Per capire se una dichiarazione infedele abbia RILEVAZANZA PENALE, il legislatore ha previsto le c.d. soglie
di punibilità penale, cioè fissa delle soglie quantitative sotto le quali non scatta la rilevanza penale. Con
riferimento ai delitti in materia di dichiarazione, sono previste per tutte le sottospecie delle soglie di punibilità,
ad eccezione per le operazioni inesistenti, il che significa che si va sotto processo anche per una falsa
dichiarazione di entità minima.
Tale rapporto può trasformarsi in un conflitto, che non sempre può essere risolto attraverso una amichevole
composizione fra le parti (es. accertamento con adesione ecc.).
Nel nostro ordinamento il contenzioso tributario ha una dimensione patologica rispetto ad altri paesi (come es.
Germania, Francia, Spagna ove sono molto meno).
Le cause:
v farraginosità del nostro ordinamento;
v gli effetti della crisi economica perché minore è la disponibilità economica più incentivo c’è per
differire l’esito finale avviandosi su strade contenziose.
Inizialmente gli organi di giustizia tributaria sono organi amministrativi, ovvero costole dell’amministrazione
finanziaria. Quindi il contribuente propone ricorso alla stessa amministrazione finanziaria affinché rivedesse,
riesaminasse il suo operato.
Tuttavia non trattandosi di giudici in senso proprio, ne venivano a mancare le caratteristiche, ossia le peculiarità
della figura del GIUDICE. Infatti la giurisdizione presenta caratteri:
v processuali: che dinanzi ad esso può essere sollevata la questione di legittimità costituzionale;
v sostanziali: sul piano sostanziale la giurisdizione è contraddistinta dai requisiti di:
o Terzietà: il giudice è terzo (soggetto diverso) rispetto alle parti, non coinvolto nel rapporto tra le parti e
perciò garanzia di indipendenza del giudizio che poi porta con sé l’autonomia. I giudici sono “gestiti” da
un organo che non appartiene a nessun altro potere (es. il consiglio
o superiore della magistratura), per cui nessuno li comanda;
o Indipendenza;
o Autonomia.
Ø Tali caratteri sono una garanzia a tutela dei contribuenti.
Con la riforma degli anni ’70 (DPR 636 / 72) si decise di istituire degli organi di giustizia tributaria che avessero
il carattere della GIURISDIZIONALITA’. In particolare vengono istituite Commissioni tributarie o si parlerà
meglio di “Revisione dell’organo amministrativo”. Questo perché, in quel periodo, vi erano delle norme
transitorie nella Costituzione (del periodo fascista) che vietavano l’istituzione di giudici speciali. Quindi vi era
incompatibilità tra l’istituzione dei giudici tributari e il divieto di istituire i giudici speciali. Per cui si decise di
“revisionare” l’organo amministrativo, cioè non costituirli ex novo, bensì di farli transitare nei nuovi organi, per
cui la composizione era rimasta la stessa (organo rappresentativo della società civile, multiforme à professionisti,
impiegati, vecchi funzionari dell’amministrazione, avvocati dello stato, giudici). Nota: Per questo motivo il
provvedimento relativo prese il nome di Revisione degli organi di giustizia tributaria.
Ø Prima i gradi di giudizio erano 3 più la cassazione, ora sono 2 più la cassazione.
La composizione della commissione si è via via modificata (che non è + mista). Sempre più i componenti sono
magistrati che però non sono togati, cioè non sono giudici tributari che hanno questo ruolo come loro
professione, ma sono magistrati di altre giurisdizioni che esercitano questo ruolo in aggiunta alla loro funzione
ordinaria (quindi ci sono magistrati che lavorano nel campo penale, amministrativo, contabile, corte dei conti).
Oggi la presenza all’interno del collegio di un giudice togato irrigidisce l’organo giudicante perché chiaramente
colui il quale in altre condizioni avrebbe deciso con maggiore libertà si sentirà inevitabilmente sotto esame da
parte del giudice togato che gli è seduto accanto e che è abituato ad amministrare la giustizia diversamente.
La differenza tra la mediazione in materia tributaria e quella che si realizza nel processo civile è:
v Processo civile: la mediazione è affidata ad un organo di mediazione (terzo), che è un organo
indipendente, che quindi media tra le 2 parti;
v Processo tributario: la mediazione è affidata all’ufficio dell’agenzia delle entrate (quindi è un 1
tradimento dell’istituto della mediazione). Il ricorso – reclamo viene presentato all’agenzia.
Il RITO – Lo Schema
Sviluppo del procedimento di I GRADO (quindi dinanzi alla commissione tributaria provinciale)
(Metti Schema)
1. ATTO IMPUGNABILE: Il procedimento inizia IN GENERE con l’atto impugnabile che viene
notificato al contribuente. Tale atto è RECETTIZZIO, in quanto i suoi effetti si producono con la
ricezione formale da parte del suo destinatario. ATTENZIONE: C'è un'ipotesi in cui l'atto impugnabile
non c'è, ed è l'ipotesi del rimborso; nel ricorso avverso silenzio rifiuto sull'istanza di rimborso, il
contribuente può proporre ricorso decorsi 90 giorni dalla presentazione dell'istanza di rimborso, non ci
sarà un atto se l'amministrazione non fa un diniego espresso di rimborso, ma ci sarà questo termine di
90gg, oltre il quale si forma il SILENZIO.
La Corte Costituzionale ha affermato che la notificazione è un adempimento composito che può essere
scisso in 2 fasi /momenti:
a. una fase in cui colui il quale notifica / consegna l’atto per la sua trasmissione: ove ai fini
dell'adempimento del notificante (quindi dell’amministrazione finanziaria), il tempo rilevante è
quello della consegna all'agente che si occupa della sua trasmissione (che sarà l'ufficiale
giudiziario, o la posta), quindi ciò che conta è il momento in cui l'atto esce dalla sfera giuridica
del notificante, dell'ufficio nel caso specifico;
b. una fase in cui il destinatario lo riceve: Ai fini del termine per ricorrere ciò che conta per il
destinatario, ricevente è quando lui ha ricevuto l'atto, e non quando è partito dall’ufficio.
tra l’una e l’altra passare molto tempo, es. con raccomandata passano diversi gg).
2. RICORSO: Dalla ricezione dell’atto impugnabile, il contribuente ha 60 giorni di tempo per proporre il
RICORSO alla controparte – che costituisce "l'atto introduttivo del giudizio", cioè l'atto che fa iniziare il
giudizio – notificandolo alla stessa, cioè alla controparte (che è l'ufficio che ha emesso l'atto e può essere
l'agenzia, l'ente locale, l'agente della riscossione). Il ricorso si deve redigere in doppio originale (o in 2
originali). Un’originale è andato all’ufficio. Vi sono diverse modalità di notifica nel processo tributario:
a. notifica mediante ufficiale giudiziale: il termine notifica è ordinariamente riferito a quella a
mezzo di ufficiale giudiziario;
b. notifica attraverso posta raccomandata con avviso di ricevimento dell'atto in plico senza busta
(in plico à significa che viene piegato in 3): senza busta, in modo da garantire l'effettività
dell'invio e della ricezione (infatti, in questo modo il timbro posta viene apposto sull’atto, e non
sulla busta all’interno del quale si può trovare qualsiasi cosa.
c. notifica a mani: cioè mediante deposito diretto al protocollo dell'ufficio.
Il giorno di partenza non si computa (per il termine). Attenzione: tener conto che alcuni mesi sono 30
altri 31! 60 gg non corrispondono sempre e sono 2 mesi (ad es. se ti notificano l'avviso di accertamento
il 3/04, aprile è di 30, ma maggio è di 31, quindi il termine scade il 2 di giugno e non il 3 di giugno).
a. Il ricorso deve contenere i seguenti elementi, a pena di ammissibilità, (art. 18):
b. l’indicazione della commissione tributaria cui è diretto (quella provinciale di Palermo);
c. l'ufficio, l’ente locale o il concessionario nei cui confronti il ricorso è proposto;
d. l’indicazione del ricorrente e del suo legale rappresentante (ovvero il suo difensore), della
relativa residenza o sede legale o del domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato,
nonché del codice fiscale e dell'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del suo difensore,
con l’eventuale elezione di domicilio;
e. l’indicazione dell’atto impugnato (avviso di accertamento, avviso di irrogazione alle sanzioni, o
il ruolo e la cartella, quello che sia con i suoi estremi) e dell’oggetto della domanda, il c.d.
petitum: il petitum è che si domanda con il ricorso (es. l’annullamento dell’avviso di
accertamento, o la condanna alle spese dell’amministrazione);
f. i motivi ovvero la c.d. causa petendi: la causa petendi sono i motivi di impugnazione.
g. Inoltre, il difensore è tenuto ad indicare nell’atto introduttivo il valore della controversia, perché
è base di commisurazione del contributo unificato.
Sia i motivi o causa petendi, sia il petitum, non possono essere modificati in corso di causa. Il ricorso li
cristalizza.
Il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore e:
• deve riportare, a margine del foglio o in calce alla fine dell’atto, la procura speciale;
• a meno che la procura non sia stata conferita mediante atto notarile (quindi con atto pubblico o
con scrittura privata autenticata dal notaio).
Quindi la procura viene spillata al ricorso (in entrambi casi o solo nel primo?)
3. COSTITUZIONE IN GIUDIZIO: Finora il ricorrente ha notificato il ricorso al resistente, MA il
giudice ancora non ne sa niente di tutto ciò. Abbiamo ancora un’originale. Entro 30 giorni dalla notifica
del ricorso, il ricorrente deve costituirsi in giudizio. La COSTITUZIONE IN GIUDIZIO è
l'adempimento mediante il quale si instaura il processo dinnanzi al giudice. La costituzione in giudizio
avviene depositando (di recente si può fare anche mediante spedizione a mezzo di posta) in segreteria
della commissione tributaria l’altro originale del ricorso.
Per l’iscrizione a ruolo della causa (che è il momento in cui inizia il procedimento, cioè quando si va a
depositare il ricorso) si è tenuti a pagare il contributo unificato (ha sostituito l’imposta da bollo). Si tratta
di un tributo correlato al valore della controversia per fasce di valore. Più elevato è il valore della
controversia più alto è il tributo (si arrivo fino a € 1500). Questa marca si compra in tabaccheria e si
appone al modulo di iscrizione al ruolo (è un modulo prestampato che viene compilato e che fornisce
una serie di informazioni, che poi la segreteria trascrive, elabora, e vengono caricate sul database della
comm. Trib.). Insieme a questi viene altresì depositata in commissione tributaria (ma non a pena di
ammissibilità!!!) il fascicolo che contiene:
• una copia dell'atto impugnato;
• la copia della ricevuta rilasciata dall'ufficio che attesta che abbiamo notificato il ricorso all'ufficio
perché sennò il ricorso presentato solo al giudice non vale nulla;
• nonché tutti i documenti a supporto delle motivazioni espresse in ricorso: Il processo si fa sulle
prove. Nel processo tributario è VIETATA la prova testimoniale, e anche il giuramento, che sono 2
strumenti probatori del processo civile. Quindi la prova è essenzialmente di tipo documentale!
Ricorda che nel processo tributario, che abbiamo detto avere natura dispositiva, sono le parti che
devono mostrare al giudice le proprie ragioni, e provarne l'esistenza, l'effettività, il giudice non se le
andrà a cercare le prove.
È anche possibile che il ricorrente convenga in giudizio più parti (ovviamente si moltiplica
l'adempimento appena indicato). Esempio: decido di convenire in giudizio nell'incertezza sia l'agenzia
sia l'agente della riscossione, se impugno l'iscrizione a ruolo e deduco motivi che attengono al ruolo e
motivi che attengono alla cartella di pagamento, li chiamo in giudizio tutti e 2.
Il resistente ha 60 giorni di tempo dalla notifica del ricorso per costituirsi in giudizio (è un termine
ordinatorio, cioè un termine da cui non discende nessuna conseguenza negativa. Per cui l’AF può
costituirsi anche successivamente. Se, invece, il contribuente, non rispetta i termini, il ricorso è
inammissibile), depositando presso la segreteria un fascicolo con le proprie controdeduzioni (a supporto
delle proprie tesi). L'atto con cui si costituisce prende il nome di CONTRODEDUZIONE (si dice che
l'amministrazione produce controdeduzione).
A questo punto tutto passa nelle mani della commissione. Viene attribuito un numero al procedimento
che contraddistinguerà il procedimento, un nr. del registro generale dei ricorsi (RGR).
Ø Il presidente dell'intera commissione ha il compito di assegnare il ricorso ad una sezione, (perché la
commissione è organizzata in più sezioni);
Ø (Scaduti i termini per la costituzione), il presidente della sezione procede ad un esame
PRELIMINARE (in questa sede, il presidente può dichiarare il ricorso inammissibile, o la
sospensione, interruzione od estinzione del processo, con decreto comunicato alle parti) del ricorso.
Dopodiché fissa la data dell’udienza, la quale deve essere comunicata alle parti almeno 30 giorni
prima della sua celebrazione, e nomina il relatore.
Da questa data fissata retroagiscono (o a ritroso di questa data si calcolano:) dei termini che le 2 parti
possono utilizzare:
• un termine di 10 giorni “liberi”: entro i quali è possibile presentare memorie. Le memorie sono
memorie illustrative. In particolare è possibile aggiungere argomentazioni, che di solito hanno la
funzione di contestare quanto detto dall’ufficio nelle controdeduzioni. Con esse non è possibile
inserire nuovi motivi, perché i motivi vanno scritti nel ricorso;
• un termine di 20 giorni "liberi": in questi giorni le parti possono presentare documenti (ovviamente
diversi da quelli allegati al ricorso, ma che possono essere divenuti necessari alla luce delle
controdeduzioni fatte dall’ufficio);
• un ulteriore termine di 10 giorni “liberi”: è possibile chiedere la trattazione in pubblica udienza. Ciò
perché di regola il processo si svolge in camera di consiglio, cioè senza le parti. Per “liberi”
s’intende che non si computa in questo termine ne il giorno di partenza ne il giorno di arrivo.
Esempio: si se la nostra udienza è il 18 di giugno il termine dei 10 gg scade il 7, che sarà l'ultimo
giorno utile. Poi se il 7 è domenica o sabato bisogna andare indietro al 6 o al 5.
4. UDIENZA DI TRATTAZIONE: Si arriva al giorno dell’udienza. La trattazione della controversia è
fatta in camera di consiglio senza le parti, a meno che almeno una di queste ne ha chiesto la discussione
in pubblica udienza. Dopo l’esposizione del relatore (il relatore illustra i caratteri fondamentali della
controversia.) e la discussione delle parti (prima il contribuente e poi l’AF), se presenti, il collegio
(formato da 3 membri, il presidente e 2 membri del collegio) delibererà in camera di consiglio.
5. SENTENZA: La sentenza (la sentenza è il provvedimento giurisdizionale che decide la controversia.)
(firmata dal presidente e dal segretario) deve essere depositata entro 30 gg dal giudice in segreteria (à si
tratta di un termine ordinatorio, il cui mancato rispetto non comporta conseguenze). La sentenza NON
viene notificata dalla commissione. La commissione invia soltanto una comunicazione di avvenuto
deposito (oggi tramite email à entro 10 gg). Possiamo andare a chiedere alla segreteria una copia di
questa, e vedere se abbiamo vinto o perso (che è la parte c.d. soccombente), oppure abbiamo vinto e
perso entrambi à in questo i parla di una soccombenza parziale.
Sospensione cautelare
Il ricorso non sospende l'efficacia dell'atto che si impugna. La riscossione continua a procedere, magari non per
intero, ma comunque continua a procedere. È prevista la c.d. tutela cautelare a favore del contribuente. In
particolare, il giudice ha il potere di sospendere l'atto impugnato per evitare che produca danni in pendenza del
giudizio. Il ricorrente può chiedere al giudice, o nello stesso ricorso oppure con separato atto successivo al
ricorso, la sospensione degli effetti dell’atto impugnato (c.d. istanza di sospensione à con le stesse modalità del
ricorso, cioè va notificata alla controparte e depositata in commissione).
N.B. I presupposti per chiedere la sospensione sono 2:
1. il fumus bori iuris: cioè l'apparente legittimità e fondatezza dei motivi dedotti;
2. il periculum in mora: cioè il rischio di un danno grave e irreparabile.
Il pericolo deve essere ATTUALE.
A fronte della richiesta di sospensione, il presidente di sezione fissa un‘udienza di sospensione e la fissa alla
prima udienza utile, perché c'è un'esigenza di rapidità sulla sospensione. L'udienza di sospensione si realizza in
camera di consiglio (à questa è la peculiarità!) però con le parti presenti, in cui sarà trattato esclusivamente la
sussistenza o meno delle condizioni per concedere la sospensione (fumus boori iurisi e periculum in mora).
Per provare il danno gravo e irreparabile si fa di tutto e di più, es. documenti attestanti l'esistenza di scoperture
gravi in banca che in presenza di un ulteriore pagamento aggraverebbero la situazione, e tutte le possibili prove
alternative di questo danno grave e irreparabile ecc.
Se vi sono ragioni di estrema urgenza, la sospensione può essere concessa dal presidente della commissione (il
prof non sa se è il primo presidente o il presidente della sezione! Ogni commissione si organizza come crede)
con proprio decreto (es. una richiesta di fallimento già fissata. Quindi dobbiamo intervenire in maniera
immediata, altrimenti succede l'irrimediabile)
1. SENTENZA: La sentenza di I grado può essere impugnata con appello alla Commissione tributaria
regionale. A differenza del I grado, in cui il contribuente è sempre il ricorrente e l’ufficio è sempre il
resistente, in II grado ciò non è sempre così. In II grado il resistente è la parte vittoriosa. Avrà l’interesse
ad impugnare, la parte risultata soccombente, in quanto la decisione non ha accolto le sue richieste. In
tale posizione possono anche trovarsi entrambe le parti, in caso di accoglimento parziale à si parla di c.d.
soccombenza parziale (à sentenza parzialmente sfavorevole). Esempio: la commissione ha rigettato il
ricorso quanto all'imposta, e lo abbia accolto quanto alle sanzioni; C'è una parte della sentenza
sfavorevole all'appellato, il quale dovrà riproporre quel tema, altrimenti su quella fetta di giudizio si
forma il giudicato.
2. APPELLO: La sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) può essere appellata alla
Commissione regionale competente. Il termine per impugnare cambia a secondo che la sentenza sia stata
o meno notificata. Tra l’altro la sentenza viene notificata dalla parte che vi abbia interesse (normalmente
chi ha vinto). Quanto ai termini per l’impugnazione:
Ø Ø se la sentenza viene notificata: ove la notifica può avvenire (entro 60 gg dalla sentenza):
• con l’ufficiale giudiziario
• con la posta, inviandola a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento in plico senza busta;
• oppure depositandola direttamente presso la controparte.
In questo caso sono previsti 60 gg per l'appello dalla notifica della sentenza. Chi notifica la sentenza ha
l'onere di depositarne copia dell'avvenuta notifica al giudice di I grado.
Ø Ø la sentenza non viene notificata: il termine per impugnare è di 6 mesi. Decorsi 6 mesi dal deposito
della sentenza (nei quali devono essere conteggiati gli eventuali 45 gg di sospensione feriale à vedi
ora Nota), questa diventa definitiva, ossia la sentenza passa in giudicato.
Nota: I termini processuali si interrompono dal 1/08 al 15/09. Esempio: se la sentenza è depositata il
10 gennaio, i 6 mesi scadono il 10 luglio. Se la sentenza è depositata il 28 marzo, i 6 mesi cadono il
28 settembre, cui dobbiamo aggiungere 46 giorni che sono i 31 gg di agosto più i 15 di settembre,
quindi l’appello scade sentenza scadrà il 13 di novembre. Quindi vanno aggiunti 46 gg se il termine
cade a cavallo della sospensione feriale.
L’atto di appello deve indicare:
a. gli estremi della sentenza impugnata;
b. la commissione regionale cui è diretta, le parti, l’oggetto della domanda;
c. i fatti e i motivi dell’impugnazione;
d. le richieste volte al giudice.
e presenta le stesse modalità del ricorso di I grado.
Ø Secondo il principio devolutivo dell’appello: se noi non abbiamo dedotto nell'atto di appello una
delle questioni decise in I grado, non si possono dopo più recuperare, è perduta (quindi nella
formulazione dell’appello bisogna stare attenti a non tralasciare alcun motivo dedotto in I grado,
xché il suo eventuale abbandono implicherà la perdita definitiva di quel motivo). Si parla di
questioni non riproposte in questo caso.
Sul piano procedimentale le modalità e i termini sono identiche tra ricorso e appello: quindi anche qui
l’impugnazione avviene attraverso la notifica del ricorso in appello a tutte le parti che hanno partecipato.
Dopodiché si passa:
La revocazione
Oltre l'appello ed il ricorso per cassazione, esiste un altro strumento di impugnazione: il c.d. ricorso per
revocazione à previsto in alcune ipotesi tassativamente indicate dalla legge e nel caso in cui la sentenza NON sia
più impugnabile (altrimenti andrà dedotto con gli ordinari strumenti di impugnazione, tipicamente l'appello). La
revocazione può essere esperita contro una decisione il giudizio sul fatto appaia viziato da determinate gravi
anomalie (errore di fatto del giudice à quando viene considerato un fatto sussistente, mentre è escluso dagli atti,
o viceversa, quando un fatto viene considerato come insussistente che invece rileva alla percezione immediata
dagli atti del giudizio à in sostanza è una falsa rappresentazione che il giudice si è fatto della realtà processuale).
Essa si propone dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza. Per cui è uno strumento molto
delicato, che il giudice vede di cattivo genio.
Consideriamo che il ricorso va allo stesso giudice (non significa stessa persona, ma stesso organo) che ha emesso
la sentenza impugnata, per cui se dovesse capitare alla STESSA PERSONA non sarà facile convincerlo a
riconoscere di aver compiuto un grave errore; come può capitare ad un collegio diverso, se uno è fortunato
La conciliazione giudiziale
v Il d.lgs. 546 / 92 disciplina l’istituto della CONCILIAZIONE GIUDIZIALE attraverso il quale è
possibile definire le controversie a seguito di un accordo tra Fisco e Contribuente. Può essere proposta:
§dalle parti stesse;
v § dalla Commissione stessa (quella provinciale à d’ufficio).
È proponibile solo in I grado! Inoltre può essere realizzata sia in udienza che fuori udienza (camera di consiglio).
Se la conciliazione non esaurisce le questioni controverse, il processo continua su queste, altrimenti è dichiarato
estinto con sentenza(àil tentativo di conciliazione non è vincolante; se il contribuente nel tentare l’accordo non lo
raggiunge, può sempre proseguire con processo).
Il PRESUPPOSTO dell’IVA Nella disciplina dell’IVA non si parla di presupposto dell’imposta, bensì di
“operazione imponibile” (dalla disciplina comunitaria).
Quali sono le operazioni imponibili nell’IVA?
L’art. 1 del D.P.R. 633 del ’72 sancisce: l’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le
prestazioni di servizi (quindi sugli scambi! Nota che lo Scambio ≠ Trasferimento. Lo scambio implica l’esercizio
di un’attività economica professionale continuativa. Se il trasferimento della ricchezza avviene tra 2 soggetti
qualsiasi, si ha un trasferimento) effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di
arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate.
Siamo in presenza di 5 categorie di operazioni impositive:
§ le cessioni di beni nell’esercizio di impresa;
§ le cessioni di beni nell’esercizio di arti e professioni;
§ le prestazioni di servizi nell’esercizio di impresa;
§ le prestazioni di servizi nell’esercizio di arti e professioni;
§ le importazioni da chiunque effettuate.
Con riguardo agli elementi costituitivi di ogni operazione rilevante ai fini iva, viene data nell’ordine elencato:
v Ø ipotesi generale: definizione della fattispecie generale.
v Ø ipotesi assimilate: che non rientrano in quella generale, ma che il legislatore vuole ricomprendere;
v Ø ipotesi escluse: quelle che astrattamente rientrerebbero in quella generale, ma che sono escluse.
ELEMENTO OGGETTIVO
Con riguardo alla CESSIONE DI BENI (art. 2):
v Ø Costituiscono cessioni di beni atti a titolo oneroso (il titolo oneroso della cessione va inteso come
esistenza di una controprestazione) che comportano il trasferimento della proprietà ovvero la
costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento sui beni di ogni genere. Per cui vi rientra la
vendita, nonché la costituzione dei titoli di usufrutto, servitù ecc.
v Ø Dopodiché seguono le fattispecie assimilate: quelle che non rientrerebbero nella nozione di cui al I
comma, ma che il legislatore, per esigenze sistematiche, di armonia del sistema o altro, ritiene opportuno
assimilare. Vi rientrano: o la vendita con riserva di proprietà; o In determinati casi le cessioni gratuite di
beni; o le assegnazioni ai soci da parte di società o enti; o il c.d. “autoconsumo” ecc.
v Ø Infine, non sono considerate cessioni di beni (sono le fattispecie escluse): o La cessione aventi per
oggetto denaro o crediti in denaro; o Cessioni e conferimenti in società ecc.
Quanto al concetto di autoconsumo, citato pocanzi, esso viene distinto in 2 tipologie differenti:
§ § il c.d. autoconsumo interno: non è considerato fiscalmente rilevante.
Esempio: impresa edile. L’imprenditore decide di realizzare all’interno del cantiere un piccolo
manufatto per ricovero di utensili e anche delle maestranze, quindi di costruire un capanno all’interno
del cantiere. Egli utilizza materie prime e semilavorati presenti in cantiere, es. il cemento, tubi ecc. I beni
utilizzati erano destinati all’esercizio dell’impresa e alla produzione del bene finito da destinare alla
vendita e si sono trasformati in un bene strumentale. Quindi il bene ha mutato la sua destinazione
originaria, ma non è stato sottratto all’ambito dell’impresa.
§ § il c.d. autoconsumo esterno: L’autoconsumo esterno si ha, invece, nell’ipotesi in cui il bene aziendale
venga destinato a finalità estranea a quella aziendale. Esempio: quando il bene è destinato al consumo
personale, familiare dell’imprenditore: un concessionario auto decide di prendere una delle vetture che si
trova in concessionaria per regalarla a suo figlio. Il bene viene dismesso e non c’è corrispettivo. Il
tributo va pagato anche se il bene viene regalato. Il bene viene sottratto all’ambito dell’impresa e
destinato all’uso personale dell’imprenditore. Quest’ultimo dovrà considerare quella un’operazione
imponibile ai fini dell’IVA.
ELEMENTO SOGGETTIVO
Per essere rilevanti ai fini d’IVA, le operazioni devono essere effettuate nell’esercizio di impresa, ovvero di arti
o professioni.
Con riguardo all’ESERCIZIO DI IMPRESA (art. 4):
§ L’esercizio di impresa è definito dal legislatore fiscale come l’esercizio per professione ABITUALE,
anche se NON ESCLUSIVA, delle attività agricole o commerciali degli artt. 2135 (Art. che è stato
radicalmente modificato nel 2001. Il concetto di imprenditore agricolo si è espanso, perché il legame
col fondo è stato sostituito con il ciclo biologico) e 2195 (Art. che contiene l’elencazione di attività la
cui realizzazione obbliga all’iscrizione nel registro delle imprese) del C.C., anche se non organizzate in
forma d’impresa, nonché l’esercizio di attività volte alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art.
2195 C.C., se organizzate in forma d’impresa à Il concetto di impresa è diverso da quello di
imprenditore dato dall’art. 2082 C.C., proprio perché deriva da quello comunitario à approccio fiscale
differente, che guarda all’attività, all’impresa. Non si parla di imprenditore. Per ABITUALE s’intende
NON occasionale. L’organizzazione non è un requisito necessario perché difficile da dimostrare.
Quindi l’esercizio dell’attività deve essere ABITUALE, l’oggetto deve essere di natura agricola o commerciale e
l’elemento dell’organizzazione non è sempre un requisito necessario.
IMPORTANTE!!!!!!!: In materia fiscale non c’è una distinzione tra piccolo imprenditore e imprenditore medio
– grande, come avviene in sede civilistica. Per cui nell’esercizio di impresa rientrano ANCHE:
ü ü i piccoli imprenditori;
ü ü gli artigiani.
§ § Con riguardo all’ESERCIZIO DI ARTI (“ARTI” sta per artisti e NON per artigiani (quest’ultimi
rientrano nell’esercizio di impresa!!!)) E PROFESSIONI (art. 5): o Per esercizio di arti e professioni si
intende qualsiasi attività abituale di lavoro autonomo, anche se non esclusiva, di PERSONE FISICHE o
di SOCIETA’ SEMPLICI o ASSOCIAZIONI senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche
per l’esercizio in forma associata delle attività stesse à Tale norma riconosce lo studio associato, ovvero
associazioni tra professionisti (Sono + professionisti che si mettono insieme x esercitare la propria atti.
dividendo i costi secondo un patto stabilito.), senza personalità giuridica, costituite tra persone fisiche
per l’esercizio in forma associata delle attività stesse.
In realtà, La definizione MANCA. E’ una figura disegnata per analogia e differenza. Infatti:
§ § L’analogia: rispetto all’impresa consiste nell’attività ABITUALE, anche se non esclusiva;
§ § La differenza: risiede nel contenuto dell’attività, cioè il professionista svolge attività di LAVORO
AUTONOMO. Il lavoro autonomo è un’attività in cui la componente lavoro è esclusiva o prevalente. È
attività di lavoro autonomo:
ü ü NON è lavoro dipendente;
ü ü che NON ha oggetto commerciale o agricolo!!!
Esempio: l’attività di un fotografo. Questo può essere: o un imprenditore, perché è un soggetto che presta dei
servizi, cioè fotografici, a fronte del pagamento di un corrispettivo. Però, laddove dove il contenuto della
prestazione si connoti significativamente di un elemento artistico, sarà configurabile come un artista.
NON è di secondaria importanza, perché essere un imprenditore ed essere un professionista implica una
disciplina fiscale totalmente differente.
N.B. Prezzo ≠ Valore. Il valore è il risultato di un’operazione di stima, è il dato dell’andamento del mercato. Non
è una quantità certa e presenta un margine di oscillazione soggettivo di apprezzamento che può essere anche
elevato. Il prezzo, al contrario, è il corrispettivo pattuito dalle parti! Esso può oscillare in base alla negoziazione
tra le parti, ma c’è un adattamento del prezzo al valore. Tant’è che la Corte di Cassazione ha detto al riguardo
che se il contribuente vende un bene ed il valore di quel bene ai fini delle altre imposte è x, si presume che anche
il prezzo, ai fini delle altre imposte come l’IVA è x, fermo restando la possibilità di dimostrare che il prezzo è
stato differente dal valore.
Per valore normale s’intende il prezzo comunemente praticato. Come riferimento possono essere utilizzati i
listini prezzo ordinariamente applicati, con lo sconto ordinariamente praticato alla clientela. Esempio: Se il
nostro concessionario auto regala l’automobile alla figlia prenderà il listino prezzi che lui pratica, decurterà lo
sconto che normalmente applica alla clientela, e dovrà emettere fattura per quella somma e corrispondere l’iva
relativa.
v Ø Operazioni imponibili:
o o sono assoggettate all’imposta: cioè scontano l’IVA;
o vi è obbligo di fatturazione: la fattura va emessa al momento di effettuazione dell’operazione;
o o il volume d’affari (o cifra d’affari nel linguaggio comunitario): è l’ammontare delle operazioni
realizzate nell’anno solare rilevanti ai fini dell’iva. L’ammontare del volume d’affari serve per
stabilire il regime iva, se è ordinario o semplificato; o consentono la detrazione dell’imposta sugli
acquisti: La detrazione è il diritto di detrarre l’imposta assolta sugli acquisti dall’imposta da rivalsa
sulle operazioni attive entro l’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Questo
diritto ha del limiti: vi deve essere una connessione tra vendita e acquisto. Le operazioni imponibili
attive consentono la detrazione dell’iva sulle operazioni passive (gli acquisti). Non sempre gli
acquisti sono direttamente riferibili ad ogni vendita, perché le vendite costituiscono spesso un
coacervo confuso. Tendenzialmente ciascuna vendita da diritto (ovviamente nel caso che si tratti di
operazione imponibile), alla detrazione della relativa imposta sugli acquisti.
v Ø Operazioni non imponibili:
o NON sono assoggettati all’imposta: sono le operazioni relative agli scambi con l’estero ispirati
al principio di tassazione dei beni e servizi nel paese di destinazione. Le merci destinate a essere
consumate fuori dal territorio nazionale sono detassate (Questa detassazione si chiama NON
IMPONIBILITA’). Non sono dunque imponibili le esportazioni al di fuori dell’UE. Vi sono altre
operazioni che il legislatore ha voluto assimilare all’esportazione: le + rilevanti sono le
operazioni compiute nei porti e negli aeroporti;
o Vi è l’obbligo di fatturazione (solo se sono soggetto IVA, se sono privato no);
o Entrano a far parte del volume d’affari;
o consentono la detrazione dell’imposta sugli acquisti: altrimenti la pagherebbe l’esportatore l’Iva,
e ne avrebbe un danno. N.B. Non avendo Iva a debito sulle operazioni attive, ma soltanto Iva
detraibile (a credito), l’esportatore va a credito. Per evitare di far loro attendere il rimborso
dell’eccedenza il legislatore consente di effettuare acquisti presso i fornitori senza l’applicazione
dell’IVA. A tal fine l’esportatore deve presentare una dichiarazione in cui evidenzia l’intento di
destinare l’acquisto all’esportazione à status di esportatore abituale. In questo modo il fornitore
di tali soggetti IVA è legittimato a fornire il bene o servizio a sua volta senza applicare
l’imposta.
v Ø Operazioni esenti:
o o NON sono assoggettati all’imposta;
o o Sono soggette agli obblighi formali: comportano l’emissione della fattura. La legge consente a
coloro che realizzano prevalentemente operazioni esenti di omettere gli obblighi formali cioè
emissione della fattura e registrazione della stessa (comunque l’operazione in qualche modo va
contabilizzata) dietro opzione del regime di esonero (art 36 bis). Se si chiede l’esonero si perde
il diritto a detrarre l’imposta relativa alle operazione esenti e anche quella relativa a altre
operazioni imponibili; è quello che fanno tipicamente banche e assicurazioni che non rilasciano
fattura;
o rientrano nel volume d’affari; o NON consentono la detrazione dell’iva sugli acquisti.
Vi rientrano le operazioni sanitarie, operazioni di credito o di assicurazioni o bancarie ecc. Sono
prevalentemente prestazioni di servizi. Sono esenti al fine di agevolarne la fruizione (scelte politiche) al
consumatore finale. È, dunque, un’operazione che trasforma il soggetto IVA in un consumatore finale. Esempio:
il medico non può detrarre l’iva sugli acquisti perché realizza operazioni esenti. Al riguardo però c’è una
polemica in corso, perché in questo modo si attiva un meccanismo di trasferimento dell’imposta, nel senso che hi
non può detrarre l’iva sugli acquisti la deve recuperare e la trasla sul prezzo, addebitando al cliente l’onere
sopportato per l’iva sugli acquisti non detraibili.
v Ø Operazioni escluse (art. 15): sono operazioni che astrattamente realizzerebbero i presupposti di
applicazione del tributo.
o NON sono assoggettati all’imposta;
o NON sono soggetti agli obblighi formali;
o NON rientrano nel volume di affari;
o indetraibilità dell’iva sugli acquisti:
Rientrano tra le operazioni escluse (ovvero sono escluse dalla base imponibile) (vi rientra tra le operazioni
escluse la cessione d’azienda):
o gli interessi moratori;
o le penali per ritardi o irregolarità nell’adempimento del cliente;
o somma da risarcimento danni;
o rimborsi di anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte.
IMPORTANTE: La legge impone che quando vi sono elementi / importi non soggetti all’IVA, si deve
specificare il motivo nel documento (es. per esclusione, esenzione, non imponibilità).
Op. imponibili Si Si Si Si
Op. non No Si Si Si
imponibili
Op. esenti No Si Si No
Op. escluse No No No No
DETRAZIONI
Il diritto alla detrazione (cioè di detrarre l’imposta sugli acquisti di beni e servizi e sulle importazioni),
subordinata al possesso di un’adeguata documentazione, nasce nell’istante in cui l’IVA DIVIENE ESIGIBILE e
può essere esercitato fino alla presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in
cui è sorto il diritto.
Vi sono dei limiti alla detrazione:
§ limiti soggettivi;
§ limiti oggettivi: che attengono al bene o al servizio;
§ limiti connessi al tipo di operazioni attive realizzate.
I limiti soggettivi attengono alla natura del soggetto o dell’attività esercitata. Per gli enti non commerciali, ossia
non aventi come oggetto principale un’attività d’impresa, la detraibilità è prevista soltanto per gli acquisti fatti
nell’esercizio di attività di impresa gestite con contabilità separata da quella relativa all’attività principale. In
caso di utilizzo promiscuo di beni e servizi, l’imposta è detraibile soltanto per la parte imputabile all’attività
d’impresa. Esempio: congregazione religiosa che gestisca una scuola privata à si mescolano aspetti istituzionali
della congregazione religiosa con aspetti commerciali. La contabilità separata va fatta!!!
I limiti oggettivi attengono al bene o al servizio. Esistono tipologie di beni o servizi per i quali l’Iva relativa al
loro acquisto è considerata totalmente o parzialmente indetraibile. Esempio: è il caso delle autovetture per cui
l’iva è detraibile secondo determinate %. Lo stesso vale per la telefonia. Il diritto alla detrazione si basa sul
principio di inerenza. Affinché l’IVA sia detraibile, il bene o servizio oggetto dell’operazione deve essere
destinato all’attività d’impresa e non a fini estranei. Esempio: Se acquisto un autoveicolo per il mio uso
personale, la relativa IVA sarà indetraibile.
Con riguardo ai limiti connessi al tipo di operazioni attive realizzate, la detrazione non è consentita per le
operazioni esenti ed escluse.
v Se il soggetto Iva realizza SOLO OPERAZIONI ESENTI, il problema non si pone. Non può affatto
detrarre l’IVA, per cui si parla di indetraibilità totale. Esempio: un medico che svolge solo attività nei
confronti dei pazienti (invece sono imponibili perizie legali e attività certificatorie);
v Il problema si pone quando il volume d’affari è promiscuo, ossia le operazioni realizzate sono sia
imponibili, non imponibili ed esenti, si pone il problema di come stabilire quale sia l’Iva detraibile e
quale no. In questo caso l’IVA è detraibile secondo un criterio forfettario, ossia percentuale. Tale
meccanismo prende il nome di c.d. pro–rata, che ci mette di calcolare la percentuale di detraibilità sugli
acquisti, calcolata in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni detraibili (effettuate nell’anno) e
lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti (effettuate nell’anno medesimo.
Esempio: Ammontare del volume d’affari: EUR 100'000.- (= operazioni imponibili + non imponibili + esenti nel
periodo di imposta). Di cui:
• 80 % di operazioni imponibili;
• 20 % di operazioni esenti.
PRO−RATA=Operazioniimponibili Volume d ' affari
PRO – RATA = EUR 80'000.– / EUR 100'000.– = 80 % --> % di operazioni attive a cui corrisponde un’IVA
detraibile.
Dopodiché applico tale % al TOTALE DELL’IVA SUGLI ACQUISTI. Per cui se il soggetto iva ha acquistato
EUR 200'000.– e l’aliquota è 10 % l’iva relativa totale è EUR 20'000.–. A questi EUR 20.000.– si applica l’80
%, cioè la percentuale di detraibilità à EUR 20’000.– x 80 % = EUR 16'000.– à Quindi si possono detrarre EUR
16'000.– di Iva sugli acquisti. La restante parte, ovvero EUR 4’000.– è l’iva riferita agli acquisti esenti e quindi
indetraibile.
QUINDI, il pro rata lo calcolo sulle vendite e lo applico agli acquisti. Si può calcolare la % di indetraibilità
mettendo al numeratore EUR 20’000.–, sono reciproci.
Le operazioni intracomunitarie
Il principio generale con riferimento alle operazioni costituenti scambi internazionali è la tassazione nel paese di
destinazione. Con l’istituzione del mercato unico, gli scambi (o passaggi) di beni tra paesi dell’Unione Europea
non davano più luogo ad importazioni ed esportazioni, bensì ad acquisti intracomunitari e cessioni
intracomunitarie. Nella terminologia comunitaria e nella terminologia IVA le importazioni e le esportazioni sono
termini che riguardano esclusivamente l’attraversamento dei confini del mercato unico. Si doveva tener conto di
ciò. Nel 1993 viene approvato apposito dlgs. n. 331 che prevede con riferimento alle operazioni intracomunitarie
(cioè operazioni intercorrenti tra soggetti appartenenti a 2 Stati differenti, ma facenti parte dell’UE) che:
v § se l’operazione è BUSINESS TO CONSUMER: cioè tra un operatore qualificato ed un consumatore
finale, non un soggetto iva. In questo caso la normativa prevede che l’imposta venga applicata nel paese
di appartenenza del soggetto cedente IVA e con le regole, compresa l’aliquota, applicabili in quel paese.
Esempio: imprenditore tedesco vende merce ad un privato italiano. L’operazione sarà soggetta alle
regole vigenti in Germania, con l’aliquota tedesca. Il soggetto tedesco dovrà emettere un documento
regolare ai fini fiscali comprensivo della relativa imposta tedesca. Il gettito di quest’imposta in modo
transitorio và all’erario tedesco. Il consumatore finale deve ovviamente corrispondere oltre al prezzo
anche l’IVA.
v § se l’operazione è BUSINESS TO BUSINESS: ovvero tra operatori economici qualificati ovvero tra
soggetti iva, che si riconoscono attraverso la piattaforma telematica vies che serve a verificare
l’identificazione del soggetto comunitario come soggetto iva. Si applica il principio tradizionale del
paese di destinazione, che cioè l’operazione si considera realizzata nel paese di destinazione, quindi nel
paese del soggetto acquirente. Il soggetto cedente debba emettere un documento senza indicazione della
relativa imposta. Esempio: italiano che acquista un orologio tedesco. L’operatore tedesco invia
all’acquirente italiano una fattura che riporta unicamente il prezzo e non l’imposta. L’operatore italiano
dovrà regolarizzare contabilmente questa fattura priva di tributo e registrarla sia nel registro delle fatture
di acquisto, come farebbe se acquistasse all’interno da un operatore italiano, maggiorata dell’iva italiana,
sia nel registro delle fatture attive così sterilizzando la detrazione.
Il reverse charge
Dal punto di vista dell’equilibrio internazionale, nel caso di vendita a consumatore finale (operazione B to C), il
gettito dell’imposta va a favore di un paese diverso da quello che ne avrebbe diritto. Questo inconveniente viene
neutralizzato attraverso i meccanismi di compensazione interna tra gli Stati, senza interessare il contribuente.
Finora abbiamo detto che tutti gli obblighi incombono al cedente o prestatore di servizi. Il reverse charge (il
reverse charge è la risposta normativa al fatto che spesso accadeva che a fronte della detrazione dell’imposta
da parte dell’acquirente, il cedente che era chiamato a versare l’imposta si sottraeva per ragioni dipendenti
dalla sua volontà dal versare l’imposta, quindi comportamenti fraudolenti,) è il meccanismo per cui gli
adempimenti di carattere formale e in alcuni casi anche il versamento della relativa imposta incombono anziché
al cedente / prestatore al cliente previsto per determinati tipi di operazioni tra soggetti passivi IVA. Siamo
nell’ambito delle operazioni business to business. Questo meccanismo è stato esteso anche al regime dei
subappalti, dell’edilizia, della vendita di beni di largo consumo, come prodotti informatici. In tutti questi casi
l’operatore cedente emette un documento senza iva (à vale lo stesso meccanismo delle cessioni intracomunitarie
e delle cessioni interne), e l’acquirente soggetto iva è chiamato a registrare e versare la relativa imposta. La
fattura va annotata sia nel registro delle fatture emesse che in quello delle fatture ricevuto, risultando compensato
il debito dal diritto alla detrazione. (Peraltro, l’acquirente deve indicare nella fattura ricevuta senza IVA:
l’aliquota e relativa imposta).
Il soggetto passivo
Il soggetto passivo è colui il quale effettua le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili. La
caratteristica dell’imposta è la dicotomia tra soggetto passivo e soggetto titolare della capacità contributiva. Il
soggetto passivo dell’IVA è il soggetto che esercita arte o professione, attività d’impresa, che effettui cessioni di
beni o prestazione di servizi. Il soggetto titolare della capacità contributiva passata è chi compie l’atto del
consumo. Non a caso il sistema dell’iva è organizzato in funzione della neutralità dell’imposta per il soggetto
passivo, perché tanto incassa tanto detrae o versa. Tendenzialmente l’iva per l’operatore economico è una partita
di giro, non è un costo, poiché la sua gestione è un gioco a somma zero. Poi ci sono le deroghe come le
operazioni esenti, i limiti alle detrazioni. Il bersaglio finale è il consumatore finale, non l’operatore economico.
L’aliquota d’imposta
L’imposta è proporzionale, ma da beni a beni e da servizi a servizi può mutare in base alle caratteristiche.
L’aliquota ordinaria nel nostro paese è del 22 %, varia da paese a paese, ma la direttiva ha fissato delle forchette
all’interno del quale le aliquote devono essere contenute. Ci sono beni o servizi che sono tassati con aliquota al
10 % (es. settore idrico, bolletta dell’acqua), e c’è un’aliquota minima per i beni di prima necessità che è del 4 %
(es. pasta). Questa differenza di aliquote può portare a delle distorsioni. Ci sono imprese nella produzione
alimentare che acquistano ad un’aliquota e vendono i prodotti ad un’aliquota più bassa. Si forma in questi casi
una posizione di credito strutturato e di rimborso infrannuale che richiede tempi lunghi.
La liquidazione
Il soggetto IVA è tenuto a procedere a liquidazioni provvisorie (mensili) del tributo, calcolando entro il 16 di
ogni messe la DIFERENZA TRA:
• § l’imposta esigibile nel mese precedente: IVA incassata sulle vendite = IVA passiva;
• §e quella per cui si esercita il diritto alla detrazione: IVA versata sugli acquisti = IVA attiva;
Ø Ø Se risulta una differenza a debito à da versare entro il 16 del mese di scadenza (questi versamenti periodici
si pongono come acconti rispetto all’obbligazione tributaria relativa all’anno solare);
Ø Ø Se risulta una differenza a credito à computato in detrazione per il mese successivo; oppure se a fine anno
il soggetto ha ancora IVA A CREDITO egli ha il diritto di computarla in detrazione nell’anno successivo
oppure può chiedere il rimborso (ammesso solo in determinati casi) à (Modello IVA F24).
N.B. Quindi la dichiarazione IVA rappresenta soltanto un riepilogo degli adempimenti già eseguiti e di
liquidazione definitiva!
Regimi speciali (in cui tutto ciò finora detto trova totale o parziale deroga) Esistono regimi, come quelli dei
commercianti al minuto, che comportano una semplificazione degli adempimenti formali.
Esistono poi dei regimi speciali che si applicano:
• all’agricoltura: dove tendenzialmente la disciplina è tale da supporre corrispondenti l’ammontare
dell’iva attiva e dell’iva passiva.
• all’editoria: L’Iva è assolta dall’editore a monte dal momento in cui il libro esce dalla tipografia e va in
distribuzione. Il venditore ovviamente ricarica l’iva sul prezzo di copertina, ma non c’è un meccanismo
di rivalsa dell’iva esplicita da parte del venditore nei confronti dei soggetti a valle, quali l’impresa di
distribuzione, che è l’intermediario, la libreria ed il consumatore finale.
RIEPILOGO: La rivalsa è un diritto – obbligo del soggetto IVA. Il diritto di esigere dalla propria controparte
contrattuale, dal cessionario o dal committente, il pagamento del tributo dovuto sulla singola operazione.
L’esercizio di questo diritto è un obbligo perché è un interesse specifico del legislatore che il tributo ricada sul
consumatore finale. Se non ci fosse la rivalsa il tributo sarebbe oggetto di negoziazioni. Le parti potrebbero
stabilire che rimane in capo al cedente.
Riepilogando: Quindi l’IVA grava sull’ultimo anello della catena, il c.d. consumatore finale, il quale pur non
essendo debitore verso l’Erario, subisce la rivalsa giuridica senza poter detrarre l’imposta.
LA NORMATIVA
La normativa di riferimento è DPR nr. 131/ 1986, testo unico dell’imposta di registro, alla quale è allegata una
tariffa divisa in 2 parti ed una tabella. Nella tariffa sono indicate le tipologie di atti sottoposti a registrazione e le
relative aliquote da applicare.
La tariffa è divisa in 2 parti:
• PRIMA PARTE: sono elencati gli atti soggetti a registrazione in termine fisso.
• SECONDA PARTE: sono elencate gli atti soggetti a registrazione in caso d’uso.
Nella tabella, invece, elenca gli atti per i quali non c’è l’obbligo di registrazione. Esempio: il testamento.
Tuttavia la registrazione può essere richiesta volontariamente.
IL PRESUPPOSTO DELL’IMPOSTA
Il presupposto dell’imposta è la formazione di uno degli atti previsti nella tariffa. In particolare, la sequenza di
applicazione di questa imposta è la seguente:
1. Un primo elemento è la formazione dell’atto (stipula di un contratto di compravendita, costituzione di
una società, deposito di una sentenza in un procedimento giudiziario), dal quale scaturisce:
2. l’obbligo della sua registrazione a determinate condizioni (in capo al soggetto o a terzi, quali i pubblici
ufficiali che concorrono alla redazione dell’atto), dal quale consegue:
3. l’obbligazione tributaria, cioè il debito d’imposta, l’imposta di registro, quindi l’obbligo di corrispondere
l’imposta.
L’inadempimento dell’obbligo di registrazione non implica il venir meno dell’obbligazione tributaria. E’ una
violazione della norma; infatti laddove l’atto, a prescindere dalla presentazione alla registrazione, pervenga nelle
mani dell’amministrazione finanziaria, si riattacca nella sequenza all’obbligo della registrazione, nel senso che
sarà lo stesso ufficio a registrarla e per questo si dice registrazione d’ufficio e a quel punto il tributo sarà dovuto.
TIPOLOGIE DI REGISTRAZIONE
Vi sono 4 tipologie di registrazione:
1. in termine fisso: sono soggetti a tale registrazione gli atti di maggiore rilevanza, che devono essere
registrati entro 20 giorni dalla loro formazione (altrimenti si compie un illecito tributario). Esempio:
stipula di un contratto di locazione di un immobile.
2. in caso d’uso: Tali atti devono essere registrati soltanto in caso d’uso, in particolare
QUALIFICATO, vale a dire quando l’atto viene concretamente utilizzato. Si ha caso d’uso quando
un atto si deposita presso la pubblica amministrazione oppure presso le cancellerie dell’autorità
giudiziaria (per essere acquisito agli atti). Esempio: la scrittura privata non autenticata che riguardi
operazioni soggette ad iva.
3. d’ufficio: avviene quando l’obbligo di registrazione viene violato e l’amministrazione ha notizia
della formazione dell’atto; in questo caso essa procede d’ufficio. Questo succede quando ci sono
controlli e dagli accessi si evince un atto non sottoposto a registrazione.
4. volontaria: per gli atti non soggetti a registrazione, per i quali può essere comunque richiesta da
chiunque vi abbia interesse a fruire del servizio pubblico.
Il principio di alternatività IVA - Imposta di registro, impedisce l’applicazione contemporanea dell’IVA e
dell’imposta di registro proporzionale, disponendo che gli atti soggetti ad IVA scontino l’imposta di registro
fissa. QUINDI, nel caso di atti aventi ad oggetto cessioni di beni e/o prestazioni di servizi soggetti ad IVA,
l’imposta di registro si applica in misura fissa.
L’IMPOSTA DA BOLLO
L’imposta di bollo ha delle caratteristiche analoghe all’imposta di registro per quanto riguarda i tempi di
applicazione. Cambia, invece, il presupposto:
• l’imposta da registro: tassa l’atto come convenzione negoziale, ovvero le pattuizioni in esso contenute;
• l’imposta di bollo: tassa l’atto nella sua forma. Questo avveniva quando essa era commisurata alle
caratteristiche estrinseche dell’atto, come le marche da bollo: una ogni 4 facciate. Oggi le nuove forme
di imposta di bollo tradiscono questa logica. Esempio: imposta di bollo sui depositi bancari. Si chiama
imposta di bollo solo perché un tempo era l’imposta di bollo sull’estratto conto ma in realtà è un’imposta
patrimoniale perché tassa l’ammontare dei depositi bancari ed è addirittura commisurata al due per mille
della giacenza del rapporto, del conto corrente, del deposito bancario. Lo stesso vale per un’altra forma
di imposta di bollo: il contributo unificato. È il tributo che viene applicato a carico dell’attore, ovvero di
chi promuove il procedimento, commisurato al valore della controversia, per fasce anche lì, ed ha
sostituito l’applicazione delle marche da bollo che un tempo aveva luogo nel caso dei procedimenti
giudiziari. Il contributo continua formalmente ad appartenere alle imposte di bollo ma ne tradisce il
significato perché di fatto è un tributo commisurato al valore della controversia.
L’IMPOSTA DI SUCCESSIONE
Con riguardo al presupposto, essa si applica non soltanto nel caso di trasferimento di beni e diritti per cause di
morte, ma anche nei casi di immissione nel possesso temporaneo dei beni dell’assente e di dichiarazione di
morte presunta.
L’imposta è proporzionale (l’imposta si applica a tutti i beni e i diritti che il de cuius aveva al momento
dell’apertura della successione). La base imponibile è costituita dal valore netto degli arricchimenti conseguiti
dai singoli successori, ovvero:
• § dal valore dell’eredità (nel caso di un unico erede) o delle quote ereditarie (in ipotesi di pluralità di
eredi), al netto dei legati ed oneri su essi gravanti ;
• §da quello dei legati al netto degli eventuali oneri imposti ai legatari. à quindi dalle singole quote, cioè a
quello che ciascun beneficiario riceve dal de cuius.
Nice to know: Un tempo quando l’imposta era progressiva questo cosiddetto cumulo aveva una funzione
importante che era quella di assicurare la progressività dell’imposta. Se un soggetto faceva donazioni prima a
quelli che sarebbero stati i suoi eredi, in questo modo frammentava il patrimonio e scompensava una tassazione
più bassa. Oggi l’imposta non è più progressiva e questa finalità è venuta meno.
Parte SPECIALE
Ø à(ossia un ragionamento sulle norme che disciplinano i tributi à norme SOSTANZIALI).
A presupposto = la base imponibile
Distinguiamo:
v §Imposte dirette: o sul patrimonio (es. Irap, IMU) o sui redditi (es. Irpef, Ires)
v §Imposte indirette: IVA, Imposta di registro, Imposta sulle donazioni
Le società di persone, attraverso il principio di trasparenza, sono tassate o dall'IRPEF o dall'IRES a seconda della
natura dei loro soci. Se i soci sono persone fisiche sarà colpita dall'irpef, se il socio è una persona giuridica es.
una società di capitali sarà colpito dall'ires.
Dunque, è un’imposta periodica. Essendo il reddito un flusso continuo di ricchezza occorre frazionarlo entro un
periodo determinato, imputando i singoli fatti a quel determinato periodo. Per:
• i redditi fondiari à periodo di maturazione;
• i redditi di capitale à principio di cassa;
• i redditi di lavoro dipendente à principio di cassa, con l’unica deroga che valgono le retribuzioni non
pagate fino al giorno 12 del mese successivo alla chiusura dell’anno.
Si distingue dall'imposta d'atto, che è indifferente rispetto all'arco temporale perché l'atto viene tassato nella sua
oggettività a prescindere dalla sua dimensione temporale (ad es. l'atto di vendita, manifestazione di carattere
istantanea)
Piccola parentesi: è evidente come la norma (art. 6) sia generale. Non possiamo escludere nulla; nemmeno i
redditi di natura illecita. In passato vigeva il principio dell’intassabilità dei redditi di natura illecite, al fine di
evitare di rendere ammissibile la violazione delle norme mediante tassazione (altrimenti sembrerebbe che le
stessimo legittimando). La Giurisprudenza ha poi cambiato orientamento dicendo che non c’è ragione per cui
proventi che sono tali inequivocabilmente debbano sfuggire alla tassazione. Ad es. se si tratta di redditi derivanti
da prostituzione o dal traffico di sostanze stupefacenti, quindi illecito penale (perché c’è pure l’illecito
amministrativo: es. chi esercita commercio abusivamente), questi vengono, secondo il diritto penale, confiscati.
In tal caso la soluzione normativa è la seguente: Se arriva prima la confisca non ci può essere la tassazione, ma
se la tassazione arriva prima della confisca, questa è perfettamente legittima.
I SOGGETTI PASSIVI
I soggetti passivi dell’imposta le persone fisiche residenti (per tutti i redditi posseduti) e non residenti (per i
redditi prodotti nello Stato) nel territorio dello Stato. Si considerano residenti le persone che per la maggior parte
del periodo d’imposta:
• sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente;
• hanno il domicilio in Italia;
• hanno la residenza in Italia.
Si considerano altresì residenti, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed
emigrati in Stati o territori a regime fiscale privilegiati (i c.d. paradisi fiscali). Esempio: caso Pavarotti; cantante
residente a Montecarlo ma l’amministrazione finanziaria ricostruì che in realtà esistevano una serie di elementi
di prova in forza dei quali i suoi interessi prevalenti sia sul piano personale che economico erano nel territorio
italiano e dunque si contestò la fittizietà della residenza all’estero.
LA BASE IMPONIBILE
L'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato:
v per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10. Sono
esclusi:
o redditi esenti;
o redditi soggetti a tassazione separata (art. 17): il principio di globalità comporta che tutti i redditi
riferibili al soggetto passivo posseduti nel periodo d’imposta siano oggetto di un’unica tassazione. Esiste
però l’esigenza che alcuni redditi conseguiti nel periodo d’imposta non siano cumulati con gli altri
redditi, ma siano oggetto di tassazione separata. Esempio: indennità di fine rapporto percepita dal
dipendente al termine del suo rapporto lavorativo, ma che maturano durante il periodo in cui lui presta
l’attività lavorativa. Si tratta di redditi maturati in archi temporali lunghi (QUINDI a questa disciplina
sono soggetti tutti i redditi che abbiano in comune questa natura: maturazione in una pluralità di anni.
Esempio 2: plusvalenza da cessione di azienda. Il valore dell’azienda si presume essere il frutto
dell’attività svolta dalla stessa nel tempo. La plusvalenza presumibilmente è l'ammontare degli utili
prodotti e non distribuiti. Esempio 3: valore iniziale dell’azienda 100, valore dell’azienda alla fine del
periodo di possesso da parte dell’imprenditore = 130. I 30 (valore della plusvalenza tassabile) sono gli
utili prodotti dall’azienda, ma non distribuiti) ma percepiti in un unico periodo di imposta; sono tassati
separatamente in modo da evitare che essi vengono colpiti da aliquote più elevate di quelle vigenti nei
periodi di formazione dei redditi stessi (considerano che l’IRPEF è progressiva) à nell’esempio
considerato, se il TFR maturato in tanti anni lo tassiamo in un unico anno in cui lo si percepisce, sarebbe
una batosta fiscale à iniquo e non conforme alla capacità contributiva. Viene applicato un’aliquota media
rappresentativa dell’aliquota che ordinariamente quel soggetto sconta nella tassazione à tasso ad hoc.
v per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato, salvo che la convenzione contro la
doppia imposizione (in quanto prevale sulla norma nazionale) con quel paese non prevede che esso sia
esclusivamente tassato nel paese della fonte. Esempio: immobile situato nel territorio italiano. La norma
italiana coincide con quella contenuta nella convenzione perché in questi si prevede la tassazione nel
territorio in cui è situato l'immobile. Se si tratta di reddito da lavoro, presumibilmente sarà tassato nel
paese in cui l'attività lavorativa è svolta.
Quindi abbiamo 6 entità. Le stesse entità possono essere a sua volta frutto di una sommatoria di componenti
positivi e negativi (es. redditi fondiari provenienti da più immobili).
1. Si procede a sommare le varie categorie ottenendo in questo modo: il reddito complessivo lordo
(R.C.L.);
2. Dopodiché tale risultato viene depurato dagli oneri deducibili, cioè gli elementi rappresentativi di spese
sostenute dal contribuente o da soggetti a lui legati (es. i familiari) che la legge consente di sottrarre al
reddito complessivo (spese di produzione del reddito e somme varie – interessi passivi su mutuo passivo
ipotecario, spese universitarie), ottenendo cosi:
3. il reddito complessivo netto (R.C.N.);
4. Il reddito complessivo netto è la vera base imponibile dell’IRPEF, alla quale si applicano le aliquote a
scaglioni aggiuntivi. In particolare: si fraziona la base in tante porzioni a ciascuna delle quali si applica
un’aliquota differente crescente. Le imposte relative si sommano e si giunge: l’imposta complessiva
lorda.
5. Ad essa si sottraggono le detrazioni. Questi hanno un’incidenza più forte degli oneri deducibili.
(Attenzione: incidono sull’imposta e non sull’imponibile). Esempio: detrazioni per familiari a carico.
Otteniamo: l’imposta netta
6. L’imposta netta è quella dovuta, ma non ancora quella da versare, a causa dei prelievi anticipati come
acconti per l’IRPEF, ritenute già subite. Dunque, verranno decurtate le somme già versate dal
contribuente prima della presentazione della dichiarazione. Se tali importi superano l’imposta netta, il
contribuente è in credito e può scegliere il rimborso dell’eccedenza o la compensazione con altri
obblighi di versamento. Giungiamo così a: l’imposta da versare.
REDDITI FONDIARI (à sono l’archetipo dell’oggetto della tassazione! Tutti i sistemi tributari sono nati con la
tassazione cosiddetta fondiaria à L’imposta fondiaria rappresenta la madre di tutte le imposte, poiché la
ricchezza fondiaria è la ricchezza più antica)
I redditi fondiari sono quelli inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono
essere iscritti con attribuzione di rendita nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano (à quindi non vi
rientrano quelli degli immobili non iscrivibili in catasto perché siti all’estero, così come quelli derivanti da usi
differenti da quelli previste dalle rendite).
Elementi distintivi del reddito fondiario:
1. La sua origine: ovvero il cespite che lo produce, che può essere un immobile, un fabbricato o un
terreno. Ciò non è sufficiente a determinare la natura fondiaria del reddito, perché possono esservi
ipotesi in cui il reddito che proviene da un immobile non è un reddito fondiario;
2. L’iscrizione: essa può anche essere in fieri (in divenire, ossia in via attuazione). Esempio: i fabbricati di
nuova costruzione, appena costruiti non possono essere iscritti in catasto ma lo saranno; Vi sono anche
gli immobili fantasma, cioè quei fabbricati che pur essendo esistenti non risultano perché non sono mai
stati iscritti, perché nessuno ne ha chiesto l’iscrizione (fenomeno dell’abusivismo edilizio);
3. L’attribuzione di rendita: perché è anche possibile che il catasto non attribuisca rendita, perché non
ritiene quel bene suscettibile di produrre una rendita (rendita zero). Esempio: i fabbricati rurali che sono
asserviti all’utilizzo del fondo agricolo. Quel fabbricato non è suscettibile di produrre una rendita
autonoma, perché non è suscettibile ad un affitto o ad un godimento diverso da quello per cui è preposto.
La sua utilità si risolve nella rendita del fondo, noi lo chiameremmo un bene strumentale del fondo.
Nice to know: La lentezza con cui lo strumento catastale viene aggiornato finisce per rappresentare un vero e
proprio sistema agevolativo dell’attività agricola. La circostanza che ordinariamente le rendite siano piuttosto
basse e non collimanti con quella che è la produttività reale dell’immobile costituisce un’agevolazione fiscale,
laddove l’immobile si condotto direttamente. Questo vale principalmente per le imprese agricole, le quali
essendo tassate sulla base del reddito agrario vedono il loro livello di tassazione molto più basso di quello che
sarebbe se fossero tassate a conto economico.
Nel 2001 l’art 2135 C.C. ha subito una profonda revisione, in quando il criterio di collegamento con il fondo
viene sostituito con quello del ciclo biologico o ad una sua fase, rientrassero nelle attività agricole anche attività
lontane da quelle fisicamente legate al fondo. Inoltre, nel 2006 è stato introdotto un nuovo soggetto; prima, la
categoria di imprenditore agricolo spettava unicamente all’imprenditore individuale oppure alla società semplice
che non essendo società commerciale poteva svolgere l’attività agricola. È stata istituita la possibilità per le
società cooperative, per le srl di assumere il titolo di “agricola” e come tale di rappresentare un soggetto che
esercita attività agricola e non attività di impresa commerciale.
REDDITI DI CAPITALI (art. 44 e 48) à è quello che nasce da un investimento a fronte di una remunerazione.
Spesso non concorrono alla tassazione del reddito complessivo perché vengono tassati distintamente. Il
legislatore, infatti, non ne ha fornito una definizione netta, ma un ELENCO dettagliato, all’interno del quale
possiamo distinguere 2 categorie fondamentali:
1. reddito di capitale che ha natura di interesse per il capitale dato in prestito, es. mutui o altri rapporti
di finanziamento à investimento che NON comporta il rischio di impresa!;
2. reddito di capitale che ha natura di provento / utile: derivante dalla partecipazione in società à
investimenti caratterizzati dal rischio di impresa (? fiscalmente si chiama reddito da
partecipazione?).
Le caratteristiche che accomuna tali redditi sono:
• §derivano da un investimento a fronte di una remunerazione;
• § NON sono percepiti nell’esercizio di attività d’impresa: se conseguito nell’ambito di un’attività di
impresa non costituiscono redditi da capitale, bensì componenti del reddito di impresa à saranno dunque
tassati per competenza e non per cassa!
• §sono generalmente tassati alla fonte.
I redditi di capitali sono tassati in base al principio di imputazione PER CASSA (come redditi tendenzialmente
netti, ossia non suscettibili di particolari deduzioni o detrazioni perché non presuppongono spese; tuttavia tale
tassazione si distingue in base al tipo di reddito e alla natura del soggetto percettore).
Parentesi storica: In passato veniva tassata la medesima ricchezza una volta in capo alla società (in sede di
tassazione della stessa) ed una seconda volta in capo al socio (quando la ricchezza viene distribuita, in sede di
tassazione delle persone fisiche) che ve ne fa parte. Era previsto il meccanismo del credito di imposta nel quale
l’imposta pagata dalla società diventava anticipo dell’imposta dovuta dal socio, quindi veniva tassata la società
dopo di che il socio portava a credito proprio l’imposta. Il sistema del credito di imposta è stato abolito nel 2004.
Il nuovo sistema prevede la tassazione della società ove il socio non beneficia di alcun credito di imposta per
l’imposta pagata dalla stessa. Egli beneficia però a seconda della sua natura di un abbattimento della base
imponibile dell’utile che gli viene distribuito.
REDDITI DA LAVORO
Con il T.U. si separano le categorie di lavoro rendendole autonome:
A) Redditi da lavoro dipendente
B) Redditi da lavoro autonomo
Vi previsti dei redditi assimilati a questo reddito, ma non derivanti da un vero e proprio rapporto di lavoro:
• quello dei soci delle cooperative:
• quello dei sacerdoti;
• quello di cariche elettive.
Il reddito di lavoro dipendente costituisce una categoria a basso rischio fiscale, dovuto al fatto che nella
maggioranza dei casi al reddito di lavoro dipendente si applica il sistema di prelievo alla fonte, per cui il
percipiente ha scarse possibilità di sottrarsi alla tassazione. Infatti, almeno una parte dell’imposta dovuta gli
viene trattenuta alla fonte. Sono ben noti i fenomeni come il fuori busta, il lavoro nero, tutti fenomeni in cui, pur
in presenza di rapporto di lavoratore dipendente, l’obbligazione tributaria non viene adempiuta.
REDDITI DIVERSI
In questa categoria vi confluiscono tutti quei redditi che non rientrano nelle altre categorie in quanto privi di uno
dei requisiti propri di tali categorie. Esempio: redditi derivanti dall’esercizio non abituale di attività di lavoro
autonomo – c.d. prestazioni occasionali – o d’impresa.
Le forme più significative dei redditi diversi sono:
1. il capital gain: guadagni di capitali collegati anche ai mercati mobiliari, alla cessione di partecipazioni in
società;
2. Plusvalenze da cessioni immobili: es.
Ø È tassabile la plusvalenza realizzata attraverso la vendita di un’area edificabile che risulti tale in base
allo strumento urbanistico, purché avvenga al di fuori dall’esercizio di impresa à è data dalla differenza
tra il prezzo di vendita e prezzo d’acquisto (o nel caso di successione, non essendoci un prezzo, il valore
dichiarato ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni). Altre ipotesi riguardano l’acquisto e la
vendita di un fabbricato o porzione di esso entro 5 anni (infraquinquennale) salvo che il fabbricato sia
stato adibito ad abitazioni principale in questo periodo di tempo. ( se io lo compro lo affitto o lo tengo
genericamente a disposizione la plusvalenza sarà tassabile come reddito diverso) .
Ø È tassabile la plusvalenza conseguita mediante le lottizzazioni di terreni (o l’esecuzione di opere intese a
renderli edificabili e la successiva rivendita dei terreni e di edifici ivi costruiti à l’imponibile è dato dalla
differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta ed il prezzo di acquisto o il costo di
costruzione, aumentato di ogni altro costo inerente).
REDDITI DA LAVORO AUTONOMO (art. 53) à costituisce un’area fortemente a rischio evasione.
È una via di mezzo tra:
v il reddito da lavoro dipendente: il lavoratore si distingue per l’autoorganizzazione (requisito soggettivo);
v il reddito d’impresa: si accomuna per l’autonomia, ma si distingue per il contenuto dell’attività (requisito
oggettivo). Noi = professionale, Impresa = commerciale
È una categoria di reddito definita solo in grandi linee nel TUIR: Sono redditi di lavoro autonomo quelli che
derivano dall’esercizio di arti e professioni (à natura intellettuale dell’attività), intendendo per queste l’esercizio
abituale, anche se non esclusivo (requisito della professionalità), di attività di lavoro autonomo diversa da quella
di impresa (requisito dell’AUTOORGANIZZAZIONE e dunque non c’è subordinazione o eterodirezione),
compreso l’esercizio in forma associata (cioè è pure inclusa).
Con riguardo alla determinazione del reddito, il contribuente è legittimato a dedurre le spese necessarie per
giungere al reddito (in altre categorie non è possibile); si tratta dunque di un RISULTATO DIFFERENZIALE
tra elementi:
v § positivi: compensi PERCEPITI (fa riferimento al principio di cassa à i compensi INCASSATI),
in denaro o in natura, nel periodo d’imposta;
v § negativi: spese sostenute (il termine sostenuto è vago e NON implica che la spesa sia stata pagata à
infatti gli ammortamenti sono una tipologia di spesa deducibile anche se non pagata)
Ø si applica dunque il PRINCIPIO DI CASSA.
In particolare:
§ § I compensi: vengono calcolati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali previsti per legge a
carico del soggetto che li corrisponde;
§ § Le spese: sono deducibili sole se sono INERENTI allo svolgimento dell’attività (quindi se sostenute
nell’esercizio della professione!!!).
Di recente il legislatore ha esteso l’ambito degli elementi positivi e negativi per la determinazione del reddito di
lavoro autonomo. In particolare, ha aggiunto:
v Ø tra le componenti positive:
o Plusvalenze dei beni strumentali (es. cessione a titolo oneroso, autoconsumo esterno, indennizzo
per risarcimento derivante da perdita che prima facevano parte del reddito d’impresa).
o Corrispettivo percepito a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque
riferibili all’attività;
v Ø tra le componenti negative:
o Minusvalenze da beni strumentali;
o Spese promiscue: spesa in parte inerente all’esercizio dell’attività e in parte inerente alla spesa
personale, ad es. professionista che ha lo studio presso l’abitazione à le spese sono deducibili al
50 % secondo un criterio forfettario;
o Spese con criterio diverso di cassa: per i quali è previsto il criterio di maturazione (es. TFR) à il
costo va spalmato negli anni;
o Ammortamenti;
o Spese deducibili soltanto in una misura determinata, in relazione alla loro natura e anche in
relazione ad una soglia massima, ad es. spese per prestazione alberghiera à sono deducibili al 75
% per un ammontare complessivo annuale massimo che non superi il 2% dell’ammontare dei
corrispettivi dichiarati à quindi c’è un doppio tetto: uno è in % della spesa, e l’altro attiene
all’incidenza della spesa sull’ammontare complessivo dei compensi dell’anno. Esempio
numerico: professionista ha compensi per 100.000 euro, e va in albergo pagando 100 euro di
camera potrà dedurre 75 euro e queste spese le potrà dedurre fino ad un massimo di 2.000 euro.
Nota: NON sono DEDUCIBILI i compensi erogati al coniuge (non esercente attività professionale) e ai figli
minori à sarebbe un modo per sottrarsi alla progressività dell’aliquota.
Nice to know: Normativamente la distinzione tra professionista e attività d’impresa viene offerta dagli artt. 2195
e 2135 cc. Se l’attività rientra in una di queste due aree (art.2195 attività commerciale e art. 2135 attività
agricole) non sarà attività di lavoro autonomo. Se è fuori da questi ambiti può essere attività di lavoro autonomo.
La legge ha recentemente introdotto la figura della Società tra Professionisti (STP) à l’orientamento è quello di
tassarlo con norme del reddito professionale. Domanda: il tabaccaio fa reddito da lavoro autonomo? No, fa
reddito d’impresa.
Nice to know: Nelle società di capitali l'utile deve essere distribuito per poter essere tassato in capo al socio, se
la società non distribuisce ma si autofinanzia sarà tassata la società ma il socio no.
L’ICI e l’IRAP sono piccole imposte; hanno un gettito minore rispetto alle altre imposte studiate.
Con riguardo all’IMU NON vengono modificati gli elementi basilari dell’ICI: base imponibile, presupposto e
soggetti passivi sono gli stessi:
v l’IMU grava anche sulla prima casa;
v il gettito derivante da immobile ≠ dalla prima casa spetta per metà allo Stato;
v Metodo di valutazione ≠ da quello catastale: si calcolano i beni al m2.
Se c’è tempo: Non sono assoggettabili gli immobili che vengono posseduti da enti locali o dallo stato o dalle
camere di commercio e destinati esclusivamente alla realizzazione di attività che vengono ricomprese ai fini
istituzionali. Esempio: se un comune utilizza un bene nella propria sede certamente rientra nei fini istituzionali e
quindi non è soggetto ad imposta! L’utilizzo deve essere diretto.
N.B. dunque questa imposta prescinde dalla produzione di un reddito, colpendo pure attività in perdita, purché
producano un valore aggiunto.
v L’aliquota si aggira intorno al 3,9%. Si “aggira” perché la regione ha la possibilità di aumentare o
diminuire di un punto % quell’aliquota;
v Dichiarazione: per ogni periodo, i soggetti IRAP devono presentare apposita dichiarazione; va
presentata in forma autonoma tramite specifico modello (NON in forma unificata!!)
v (Pagamento:avvienemedianteautotassazione,cioèlostessocontribuenteprovvedeneiterministabiliti a
determinare l’imponibile e a versarla in acconto o in saldo. L’acconto è dovuto solo se l’importo
complessivo per il periodo d’imposta precedente è almeno pari a € 20,66 e va versato in 2 rate)
v A quale Regione spetta il gettito?
o Con riferimento all’attività commerciale, non si individua la Regione cui spetta il gettito in base alla
sede dell’attività, bensì in base alla sede di effettivo svolgimento dell’attività che viene individuata
sulla base dell’impiego del personale e in particolare in riferimento al tempo in cui questo personale
impiegato;
o Con riguardo alle banche e assicurazioni: Si individua la Regione cui spetta il gettito in base al luogo
in cui ha avuto luogo la raccolta di capitali.
Novità: Dal 2008 l’IRAP è deducibile dalle imposte sui redditi nella misura forfettaria del 10 %; Altra novità dal
2012 è che l’IRAP pagata sul costo del personale (non sottratto dai ricavi) è deducibile ai fini delle imposte sul
reddito à si può chiedere il rimborso fino a 4 ani prima.
Nice to know: Vi sono taluni che ritengono che si tratti di un’imposta statale, in quanto ritengono che la Regione
ha limitati poteri con riguardo all’applicazione dell’imposta à Infatti la Regione può aumentare o diminuire
l’aliquota di un punto %, cura l’attività di accertamento, MA il resto è dettato dalla disciplina legislativa
La disciplina dei redditi d’impresa era strutturata in modo differente prima della riforma del TUIR (2004)
promossa da Giulio Tremonti. Infatti:
v Ø Prima della riforma: nel vecchio testo unico, il grosso delle norme in materia di reddito d’impresa
erano contenuta nella parte di decreto dedicata all’IRPEF (à tutte le categorie di reddito erano lì
disciplinate e quindi anche quella del reddito d’impresa). Nella parte relativa all'IRPEG (vecchia imposta
sulle società), invece, erano contenute soltanto le disposizioni specifiche che riguardavano i clienti
collettivi.
v Ø Dopo la riforma: con l’introduzione dell’IRES (prima IRPEG) si capovolge la logica: il corpo
principale delle norme delle norme in materia di reddito di impresa è contenuta nella parte di normativa
dedicata all’IRES (dove sono anche contenute quelle specifiche che riguardano le società e gli enti.
Dall’art 72 in poi, con cui esordisce il titolo secondo imposta sul reddito delle società).
Quindi il TUIR comprende la regolamentazione dell’IRPEF e dell’IRES. Il titolo II del TUIR è dedicato alle
imposte sul reddito delle società (IRES)
Quindi secondo il principio di derivazione, il reddito di impresa deve, ai fini fiscali, tendenzialmente coincidere
con il risultato di esercizio
v Art. 83: Quindi il reddito d’impresa (o reddito complessivo secondo il TUIR) è determinato apportando
all’utile o alle perdite risultati dal C.E., relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le
VARIAZIONI IN AUMENTO o IN DIMINUZIONE operate in seguito all’applicazione dei criteri
fiscali à quindi il reddito di impresa è retto dal principio di derivazione!!!!
v Inoltre, è previsto che per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali il
criterio di piena derivazione, dando per buone le rappresentazioni contabili ai fini civilistici (cioè
valgono i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti da essi).
Quindi la tassazione dovrà adeguarsi a quei principi contabili. Per gli IAS è previsto una regola diversa
perché la contabilizzazione secondo principi contabili internazionali non segue le stesse regole dettate
per i principi contabili nazionali.
IRES
L’IRES (prima IRPEG), l’imposta sul reddito delle società, è disciplinata dal TUIR.
v Ø Presupposto (art. 72 Tuir): è identico a quello dell’IRPEF, ovvero: il possesso dei redditi in denaro o
in natura rientranti nelle categorie indicate dall’art. 6 (àsi perviene ad una esatta ed identica
formulazione anche nel caso di IRES).
v Ø Soggetti passivi: Vi sono diverse categorie di soggetti passivi, a ciascuna delle quali corrispondono
diverse regole di determinazione delle basi imponibili:
• § I categoria: le società di capitali (Spa, Srl e SAPA), le società cooperative, nonché mutue
assicuratrici residenti nel territorio dello Stato;
• § II categoria: enti pubblici o privati residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggetto
esclusivo o prevalente l’esercizio dell’attività commerciale, c.d. enti commerciali (con il termine
“ente” il legislatore tributario identifica un soggetto collettivo, ≠ dalla persona fisica e dalla società,
quindi la usa per indicare una categoria residuale);
• § III categoria: enti pubblici o privati residenti nel territorio dello Stato che NON abbiano per
oggetto esclusivo o prevalente l’esercizio di una attività commerciale, c.d. enti non commerciali.
Esempio: associazioni
Ø à si distingue dalla II categoria per l’oggetto à attività commerciale che non è esclusiva o prevalente.
Per stabilire quale sia l’oggetto di un ente ci basiamo sulla nozione statutaria o anche alla legge o al
provvedimento costitutivo dell’ente.
• IV categoria: società ed enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato.
Ø è Vi rientrano sia persone giuridiche che quelli privi di personalità giuridica! NON sono soggetti
passivi le società di persone residenti!!
Domanda: Come si stabilisce se l’oggetto è esclusivo o prevalente di un’attività commerciale oppure no?
L’oggetto (esclusivo o principale) è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto se esistenti in
forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata (questo perché l’atto pubblico e la scrittura
privata autenticata o registrata presentano data CERTA, mentre lo statuto meramente sottoscritto in forma di
scrittura privata non autenticata non è opponibile al fisco in quanto può essere realizzato in qualunque momento,
non ha una data certa à requisito formale).
Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla
legge, dall’atto costitutivo o dallo Statuto. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme
(cioè in mancanza di legge o statuto con data certa) l’oggetto principale dell’Ente residente è determinato in base
all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato (requisito sostanziale). Tale disposizione si applica
in ogni caso agli Enti non residenti.
Domanda: Quando si parla di soggetti / enti pubblici, vi rientrano anche i soggetti pubblici per antonomasia? E
cioè, in primo luogo, lo Stato e gli altri Enti che ne derivano direttamente? Lo Stato paga l’IRES? L’università
paga l’IRES?
v Ø NO. Gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo anche se
dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di
demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni, NON SONO SOGGETTI
ALL’IMPOSTA IRES. Non hanno soggettività passiva IRES.
v Ø Inoltre, NON costituisce esercizio dell’attività commerciale:
o o l’esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici;
o o l’esercizio di attività previdenziali e assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti
esclusivamente a tal fine (comprese le aziende sanitarie locali nonché l’esercizio di attività
previdenziali e assistenziali da parte di enti privati a previdenza obbligatoria).
Caratteristiche dell’IRES:
1. è un’imposta proporzionale (a differenza dell’IRPEF) con aliquota fissata al 27, 5 %;
2. è un’imposta di periodo (come l’IRPEF)
Ø à l’esercizio finanziario, dove a ciascun periodo corrisponde un’obbligazione tributaria
autonoma.
3. Il periodo d’imposta NON coincide necessariamente con l’anno solare (a differenza dell’IRPEF),
cioè è possibile che un anno cominci il 1. Luglio e si concluda il 30 giugno e che quindi l’esercizio
finanziario non coincida con l’anno solare. Al riguardo è previsto:
a. il periodo di imposta è costituito dal periodo di gestione determinato dall’atto costitutivo (à è
nell’atto costitutivo che negli Enti collettivi si stabilisce qual è l’esercizio finanziario);
b. se la durata dell’esercizio NON è determinata dalla legge o dall’atto costitutivo o è determinata
in 2 o + anni, il periodo di imposta è costituito comunque dall’anno solare.
LA PEX
Accenniamo un argomento – sempre nell’ambito della questione dell’esenzione dell’utile distribuito dagli enti
(soggetti ires) ai soci – che tratteremo più approfonditamente più avanti: la c.d. PEX, che sta per participation
exemption ovvero esenzione della partecipazione. In realtà è una sintesi perché dovrebbe essere: Esenzione
Fiscale delle Plusvalenze, Successione della Partecipazione.
La fattispecie è questa: un socio ha detenuto la sua quota di partecipazione per almeno 3 anni e la ha iscritta in
bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie – e non nell’attivo circolante, per cui non l’ha acquistata per trading
ma l’ha acquistata facendone oggetto di un investimento stabile –. Se egli procedesse alla dismissione di quella
partecipazione, realizza rispetto al valore iscritto una plusvalenza (cioè vende la partecipazione a un prezzo
superiore al valore iscritto in bilancio, al netto di eventuali svalutazioni deducibili), per cui dovrebbe un’imposta
sul reddito di impresa se è esercente l’attività di impresa. Stiamo parlando di soci imprenditori.
Poi il legislatore fiscale detta la sua versione di competenza (versione fiscale), che in alcuni casi coincide con i
principi contabili, mentre in altri casi porta a risultati difformi. In base al principio di competenza finanziaria, il
momento di competenza si realizza nel caso di:
v Ø cessioni di beni mobili (cioè sia acquisti che vendita): alla data di consegna o spedizione (cioè il
momento al verificarsi del quale i corrispettivi si considerano conseguiti e le spese sostenute);
v Ø cessione di beni immobili e aziende: alla data della stipula dell’atto ovvero se diversa e successiva,
alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale (cioè
quando gli effetti traslativi di questi momenti siano differiti a un tempo successivo);
v Ø prestazioni di servizi: alla data di ultimazione della prestazione (es. corso di formazione).La regola
trova eccezione nel caso di prestazioni periodiche ovvero mutuo, assicurazione à alla data di
maturazione dei corrispettivi (es. nel caso di locazione). Questo criterio dà luogo alla cosiddetta tecnica
CUT OFF : che è la tecnica in base alla quale negli uffici contabili si verifica la corretta applicazione di
questi principi. Esempio: perché il 31 dicembre diventa un momento decisivo da questo punto di vista,
occorre dunque che la prestazione al 31-12 venga valutato il suo contenuto oggettivo e venga valutato se
essa sia ultimata oppure no.
§ Principio di IMPUTAZIONE AL C.E.: I ricavi, gli altri proventi e le rimanenze concorrono a formare
il reddito d’impresa anche se non risultano imputati al C.E.. Con riguardo invece ai
• componenti negativi: le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e
nella misura in cui non risultano imputati al C.E. relativo all’esercizio di competenza. Sono tuttavia
deducibili:
a. quelli imputati al conto economico di un esercizio precedente, se la deduzione e' stata rinviata in
base a norme fiscali precedenti che dispongono o consentono il rinvio;
b. quelli che pur non essendo imputabili al C.E., sono deducibili per legge;
c. le spese e gli oneri inerenti ai ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al C.E.
concorrono a formare il reddito (i ricavi), se e nella misura in cui risultano da elementi certi e
precisi)
§ Principio di INERENZA: Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne
gli oneri fiscali, contributivi e di utilita' sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad
attivita' o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi
concorrono in quanto esclusi. La Corte di Cassazione ha affermato che l'inerenza è il rapporto con
l'attività, non col singolo provento. (à Ma per poter dedurre le spese generali, è necessario che tutti i
ricavi siano tassabili. La Cassazione tuttavia ha sottolineato la differenza tra inerenza e stretta
correlazione, si deve intendere che i costi devono avere un riferimento all’attività e non a specifici
ricavi).
§ Principio di CORRELAZIONE: se spese ed altri componenti negativi si riferiscono indistintamente ad
attività da cui derivano proventi imponibili e proventi esenti, sono deducibili in proporzione ai proventi
tassati à l’obiettivo è quello di creare un pro-rata se ho ricavi promiscui, cioè ricavi esenti e ricavi
imponibili. Esempio: Se io ho un20% di ricavi esenti, potrò dedurre l'80% dei costi riferibili ai ricavi.
§ Principio di EFFETTIVITA’: Secondo cui i costi e i ricavi devono essere effettivi per concorrere alla
determinazione del reddito di impresa (ovviamente in presenza di tutte le altre condizioni, cioè
competenza, documentazione, inerenza ecc.) Una cosa è effettiva quando la sua esistenza e consistenza
non viene messa in dubbio. Si contrappone al concetto di fittizietà. Il tema è quello delle false
rappresentazioni. Possiamo distinguere 2 forme di operazioni fittizie:
§ Inesistenza oggettiva: comporta che quella prestazione o quella cessione non sia mai avvenuta, di
conseguenza la deducibilità del relativo costo è indifendibile à fatture per operazioni di tipo
oggettivamente inesistente.
§ Inesistenza soggettiva: in questo caso l'operazione si è realizzata, solo che colui il quale risulta essere il
prestatore o il cedente, non è l'effettivo prestatore o cedente che invece è un altro soggetto à sono stati
ammessi dal legislatore (sempre se sussistono gli altri principi! à fatture per operazioni di tipo
soggettivamente inesistente.
§ Principio di DOCUMENTAZIONE: affinché i componenti (in particolar modo quelli negativi)
acquisiscono rilevanza fiscale, devono essere oggetto di adeguata documentazione (à sia per ragione di
tipo probatoria, sia per un’esigenza fiscale). L'adeguatezza della documentazione non è stabilita per
legge, è un giudizio lasciato in prima battuta all'amministrazione e in seconda battuta al giudice che si
esporrà in ordine alla CONGRUITA' o meno della documentazione.
§ Principio di CONGRUITA’: Nel senso che l’Amministrazione entra nel merito delle scelte
imprenditoriali, cioè fa una valutazione di congruità (anche sul comportamento del contribuente).
Esempio: tu mi porti un conto provvigioni di un milione di euro a fronte di 3 milioni di ricavi, non è
congruo! non è possibile che tu sostenga costi per provvigioni per il 33% dei tuoi ricavi complessivi.
Segno dunque che qualcosa non quadra. Allora a quel punto l'amministrazione piuttosto che andare alla
ricerca di ciò che non quadra, si limita a negare la deducibilità in forza di questo giudizio di congruità,
realizzando un ribaltamento dell'onere della prova, cioè deve essere il contribuente a dimostrare che il
costo è congruo. È un problema di congruità dal punto di vista aziendale (non più giuridico!
L’amministrazione non si limita più a verificare soltanto la documentabilità formale della
documentazione e a sindacare l’applicazione delle norme).
CONTABILITA’ SEPARATA
v L’ente non commerciale può continuare a mantenere gli obblighi contabili proprio del suo statuto, ma:
o per l’attività commerciale esercitata (non esclusiva e non prevalente) ha l’obbligo di tenere la contabilità
separata;
o nel caso di spese e altri componenti negativi promiscui (cioè inerenti all’attività commerciale e non), es.
un unico contratto di energia elettrica, con cui si servono sia aule della scuola gestita dai religiosi sia la
cappella, essi sono deducibili secondo un criterio forfettario già visto: sistema del pro-rata, che ci
consente di individuare la quota di costi promiscui deducibili dal rapporto di Ricavi imponibili (cioè
quelli derivanti da attività commerciale) / totale dei ricavi à qui è un criterio non privo di imperfezioni
(Nell’IVA non è consentito un criterio forfettario di questo tipo). Esempio: se l’ente ha prevalentemente
entrate non commerciali, avrà una bassa % di deducibilità del costo promiscuo, ma non è detto che
questa corrisponda al ruolo che effettivamente svolge quell’attività nell’attività complessiva dell’ente, e
quindi ai costi che effettivamente sostiene, poiché parametrato solo ai ricavi.
v Ø Per gli enti pubblici che rientrano nella categoria di enti non commerciali sono esonerati dall’obbligo
di tenere la contabilità separata, qualora vengono osservate le modalità previste per la contabilità
pubblica obbligatoria tenuta in conformità alla legge dagli stessi enti.
(Chiarire: Un ultimo accenno per gli enti non commerciali riguarda il regime forfettario degli enti non
commerciali di minori dimensioni, in cui fino a ricavi per le prestazioni di servizi per 600 milioni di Lire, e per
altre attività fino ad un miliardo di lire, il reddito è determinato in percentuale rispetto ai ricavi.)
Gli enti non commerciali si distinguono in 2 sottocategorie:
v enti non commerciali a forma associata (o enti associativi): tipicamente le associazioni, per i quali il
legislatore detta una disciplina specifica di maggior favore rispetto a quella dettata per gli enti non
commerciali tout court, cioè per l’intera categoria; e lo fa perché:
o la Costituzione proclama/incentiva il diritto di associazione;
o nella categoria delle associazioni non riconosciute rientrano molti corpi intermedi di grande peso
politico e sociale, quali partiti, sindacati, e organizzazioni di categoria, organizzazioni sportive ecc.
v ONLUS (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale): organismo di recente formazione ritenuto di
meritevole per cui il legislatore fiscale prevede una specifica disciplina, che in parte deroga alle regole
generali, tesa ad un trattamento più favorevole. Esempio: fondazioni che non hanno natura associativa.
ENTI ASSOCIATIVI
Hanno un connotato aggiuntivo di agevolazione. L’elemento costitutivo dell’ente associativo è la persona, ossia
l’insieme degli associati, ed è proprio mediante l’apporto dei singoli associati (detto quota associativa o
contributo associativo), che avviene il finanziamento della associazioni. Il legislatore ha stabilito che l’attività
svolta in conformità ai fini istituzionali nei confronti dei soci non sia commerciale e che le quote associative
NON sono tassabili, cioè non concorrono a formare il reddito complessivo (non costituiscono reddito, ma
semplice apporto di somme a finanziamento dell’attività). Esempio: se un’associazione che gestisce i campi da
tennis consente ai soci o associati di utilizzare le sue infrastrutture, quest’attività non è considerata commerciale;
lo sarebbe se fosse un qualunque soggetto diverso a farlo à non è una prestazione di servizi a titolo oneroso, che
configura il carattere di commercialità. Tuttavia: Se i soci versano corrispettivi specifici ovvero contributi o
quote supplementari che danno diritto a prestazioni differenziate (o maggiori. Cioè se l’associato paga un extra
o una maggiore quota associativa xché parametrata all’ammontare dei servizi voluti), queste stesse prestazioni
si considerano fatte nell’esercizio di attività commerciali, che producono:
o Reddito d’impresa: se l’attività è abituale;
o Redditi diversi: se occasionali. Per determinate associazioni (politiche, sindacali, religiosi, culturali ecc.), la
non commercialità si estende anche ad operazioni effettuate, in conformità ai fini ', verso corrispettivi specifici e
nei confronti, oltre che dei propri associati, di certi altri soggetti. Tali agevolazioni richiedono però che l’ente
associativo preveda nello statuto ed in fatto rispetti alcune regole intese ad assicurare:
v da un lato, la sua NON LUCRATIVITA’: es. il divieto di distribuzione di utili, avanzi di gestione ecc.;
v dall’altro, l’effettività e non temporaneità dei rapporti associativi: con riguardo ai diritti di voti, ai
rendiconti, all’elettività degli organi, all’intrasmissibilità della quota ecc.).
Approfondimento: Nel 2010 è stata introdotto un obbligo a carico degli enti associativi, che consisteva nella
presentazione annuale, anche telematicamente, di un modello EAS, in cui l’ente riassume i dati che lo riguardano
ed indica i risultati di gestione dell’anno. Il legislatore nell’introdurre questo obbligo ha disposto che la
presentazione di questo modello fosse condizione necessaria per la fruizione di tutte le agevolazioni in campo di
enti associativi di cui abbiamo parlato.
È possibile perdere lo status ovvero la qualità di ente non commerciale. Ne conseguirebbe la soggezione alla
normativa prevista per gli enti commerciali. In particolare è previsto che indipendentemente da ciò che previsto
dallo statuto, l’ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività
commerciale per un intero periodo d’imposta. Per capire quando è prevalente, sono previsti vari parametri, tra
cui:
§ es. prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali;
§ es. prevalenza delle componenti negative inerenti all'attività' commerciale rispetto alle restanti spese;
§ es. delle immobilizzazioni relative all'attivita' commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle
§ restanti attività ecc.
Sono norme piuttosto vaghe e di rischiosa applicazione.
ONLUS
Con riguardo alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale non si considerano commerciali (salvo che per le
cooperative) le attività istituzionali svolte nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale. Inoltre i
proventi che derivano dall’esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del
reddito imponibile (dunque, anche se commerciali). Esempio: è attività diretta l’attività di fund raising, cioè
quelle attività volte ad acquisire i fondi per finanziare l’attività principiale.
Domanda: Cosa ha quindi di peculiare la Onlus rispetto agli altri enti non commerciali? Che i paletti per il
beneficio dell’agevolazione sono dei paletti molto più ampi perché è sufficiente per la ONLUS svolgere attività
nel perseguimento di esclusiva finalità di solidarietà sociale. L’attività effettiva deve rispondere alla previsione
statutaria ovviamente, per beneficiare della non commercialità.
Ø § Nota importante: i compensi agli amministratori sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti
(deroga al principio di competenza! Quindi concorrono secondo il principio di cassa). Sembra un dato
acquisito che:
1. Il compenso debba essere determinato con delibere;
2. L’entità del compenso non può raggiungere livelli troppo elevati o comunque deve essere
giustificato dalle caratteristiche della società e dell'attività amministrata. Esempio: se devo
gestire una grande multinazionale in cui vi sono sfide sul mercato difficili ecc., è giustificato un
compenso elevato. Se, invece, amministro un’impresa familiare un compenso ad es. di EUR
200'000.- non è giustificato.
Inoltre, se i compensi agli amministratori delle società sono erogati sotto forma di partecipazioni agli utili sono
deducibili anche se non imputati al C.E.
Ø §(Meno importante: Gli imprenditori individuali non possono dedurre i compensi relativi al loro lavoro
prestato o al lavoro prestato dai suoi familiari).
Ritorniamo a quello detto pocanzi: Le perdite di beni citati e le perdite su crediti sono deducibili se
risultano da elementi certi e precisi. Gli elementi certi e precisi sussistono quando:
1. il credito sia di modesta entità' e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del
credito stesso;
2. in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio effettuata in applicazione dei principi contabili.
Locazione finanziaria. L’ammortamento della società di leasing dovrà essere correlato al periodo contrattuale.
Per l’impresa utilizzatrice, invece, che imputa al C.E. i canoni di locazione finanziaria, la deduzione è ammessa
per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento. In caso di affitto o usufrutto di azienda, è
consentito dedurre gli ammortamenti all’affittuario o all’usufruttuario, fino a concorrenza del costo originario
non ancora ammortizzato dal concedente. Aggiungere la parte relativa alle spese di manutenzione, riparazione,
ammodernamento e trasformazione se c’è tempo à libro pag. 527
NUR LESEN
L’irpef è l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Essa può avere al suo interno (non necessariamente)
elementi di reddito d’ impresa che riguarderanno l’ esercizio in forma individuale di un’ attività commerciale o
di un’ attività agricola che ecceda i limiti del reddito agrario. Abbiamo detto che, mentre nel testo unico del 1986
la scelta del legislatore era quella di disciplinare le due imposte all’ interno dell’ irpef (infatti nell’ ires -ai tempi
irpeg- inserì una norma di rinvio verso la disciplina irpef) , Tremonti del 2004 fece la sua mini riforma
nominando l’imposta IRES e modificò anche la numerazione. La situazione si rovesciò e il reddito d’ impresa fu
inserito nel capo dell’ ires ; in materia di irpef furono inserite soltanto le disposizioni specifiche che riguardano l’
impresa individuale (ad esempio la particolare disciplina che regolamenta i beni relativi all’ impresa e distingue i
beni dell’ impresa e personali).
Domanda: L’ ires colpisce anche le società di persone? L’ esercizio di impresa può avvenire:
§ in forma individuale: quando il singolo soggetto/persona fisica esercita l’ attività di impresa;
§ in forma societaria: quando più soggetti (o anche uno) si uniscono per mezzo del contratto di società per
svolgere insieme un’ attività economica di tipo commerciale.
Le società possono essere:
§ società di capitali: sono persone giuridiche cioè hanno autonomia patrimoniale perfetta (separazione tra
il patrimonio personale e quello societario);
§ società di persone si caratterizzano per la responsabilità illimitata dei soci con tutto il loro patrimonio
verso i debiti dell’ impresa.
Le società a responsabilità limitata agricola fanno parte di un nuovo tipo di società commerciale ma che si
occupano esclusivamente di attività agricola appunto. Quindi sotto il profilo tributario le società di capitali
saranno soggetti passivi dell’ ires. Il socio della società di capitali non è imprenditore quindi sarà titolare di
reddito di capitale se la società distribuirà utili.
Le società di persone, se residenti in Italia, saranno soggette al principio di trasparenza cioè non soggette in sé ad
alcun imposta sul reddito, ma sono le destinatarie dell’ accertamento i quali effetti si ripercuoteranno in capo ai
soci. Ricordiamo che il soggetto passivo per l’imposta dovuta sul il reddito prodotto da una società di persone è
il singolo socio. La società è considerata quindi un mero velo trasparente e il socio è il destinatario della
tassazione (il socio sarà soggetto passivo all’irpef se persona fisica, ires se persona giuridica).
Civilisticamente dovrò calarmeli nell anno di contratto , fiscalmente potrò “splittarli” in tre anni.
3. L'ammontare del TFR annualmente destinato a forme pensionistiche complementari e' deducibile nella
misura prevista dall'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252. (Comma così
sostituito dall’art. 21 del DLgs 252 del 2005)
4. Le disposizioni dei commi 1 e 2 valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine
rapporto di cui all'articolo 17, comma 1, lettere c), d) e f). (Articolo così sostituito dall'articolo 1 del
DLgs. 12 dicembre 2003, n. 344).
SPESE RELATIVE A PIU’ ESERCIZI (ART. 108 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)
Come già detto, la disciplina fiscale dice che, se si tratta di un bene immateriale in senso proprio, va considerata
la disciplina dell’articolo 102 (norma ammortamenti). Se invece non è un bene immateriale ma si tratta di una di
quelle tipologie di immobilizzazioni immateriali (per i principi contabili) a cui non corrispondono beni
individuati , va considerato l’ articolo 108 (spese relative a più esercizi). La norma disciplina alcune ipotesi
specificamente e poi prevede una regola generale. Le ipotesi specifiche prese in considerazione sono quelle
relative a studi e ricerche (comma 1), spese di rappresentanza e spese di pubblicità (comma 2).
Le spese di rappresentanza sono diverse da quelle di pubblicità in quanto queste ultime riguardano il prodotto
mentre le prime riguardano l’ azienda.