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DIDATTICA

Per addentrarsi nello studio della didattica bisogna conoscere alcuni concetti base:
-apprendimento
-educazione
-istruzione
-formazione

APPRENDIMENTO: appoggiarsi a qualcosa


Si può definire come un processo istintuale che consente al soggetto l’ adattamento costante
alle situazioni che mutano e sulle quali l’ apprendimento stesso si modifica. È un processo
biologico che riguarda tutti gli esseri viventi. Si apprende per vivere e si vive per apprendere.
L’ apprendimento si modifica costantemente per questo ha una dimensione naturale e spontanea
e lo veicola l’ ambiente in quanto operiamo scelte anche in base al contesto.

EDUCAZIONE: condurre, coltivare


È un processo intenzionale e mirato finalizzato a modificare comportamenti i quali sono
collegati alla situazione spazio-tempo. L’ educazione è un processo culturale fortemente
soggetto al tempo e al luogo in cui si realizza. L’ educazione non è assoluta quindi ma relativa.
Ha quindi una dimensione finalistica, valoriale, etica e morale e lo veicola quindi la famiglia.

ISTRUZIONE: mettere dentro , ammaestrare


È un processo formale e graduale che mira alla costruzione del sapere e alla crescita personale
attraverso la trasmissione di contenuti disciplinari e non. Ha una dimensione formale ,
intenzionale ed etero-guidata (guidata dall’ esterno). Il luogo dell’ istruzione è la scuola.

FORMAZIONE: dare forma , prender forma


È un processo complesso in quanto riassume tutti i processi precedenti e studia quindi il
soggetto durante il suo prender forma durante la vita (dall’ infanzia alla vecchiaia) e nei diversi
contesti (quello privato professionale e scolastico). Per questo è un processo sia intersoggettivo
che intra-soggettivo.
Ha una dimensione sia cognitiva (del pensiero) che non cognitiva (affettiva, emotiva)
Ha una dimensione sia orizzontale che verticale (attraverso i vari luoghi della vita)
Ha una dimensione sia sincronica che diacronica (attraverso eventi che accadono nel tempo).
Lo veicola quindi l’ ambiente , la famiglia e la scuola.

La didattica quindi può essere definita come il navigatore di rotta di questi processi.
È la scienza della comunicazione formativa che ha lo scopo di guidare l’ apprendimento,
educazione e l’ istruzione e rende possibile il percorso di formazione nel suo complesso.
Didattica infatti significa tutto ciò che può essere insegnato.
Il suo compito è quello di traslocare da un emittente (enti delle educazione: famiglia , scuola e
l’ ambiente) ad un ricevente (i soggetti dell’ educazione: l’ infanzia , la giovinezza , terza età),
le complesse variabili della formazione. Ha una dimensione empirica (attraverso l’ esperienza) ,
fattuale (attraverso i fatti) , pragmatica (reale e concreta).

Uno dei problemi della didattica è quello di trovare una propria scientificità essa infatti ha
come
oggetto: la formazione dell’ individuo
metodo: la ricerca, l’ azione
linguaggio: programmazione educativa
logica empirica: la sperimentazione didattica.
la didattica quindi non può essere considerato come una scienza esatta , in quanto è una
scienza umana e quindi non fondata su modelli certi, ma predittivi.
Mettere però in campo un azione didattica può avere però una ragionevole esattezza (che si
verifiche l’ effetto desiderato) ma non la certezza.

1° CAPITOLO
La didattica è una disciplina dalle origini antiche , già nella maieutica di Socrate sono presenti
indicazioni relative al come i maestri debbano regolare le proprie azioni rispetto agli allievi.
Tuttavia una vera e propria riflessione sull’ insegnare intesa come arte necessaria alla
trasmissione del sapere si afferma solo a partire dal 600. Da allora la questione educativa è
andata definitivamente consolidandosi.

Infatti la didattica attualmente è legata all’ insegnare , è un insieme di conoscenze e metodi


sui processi di insegnamento e di apprendimento che si sviluppano a partire dal confronto tra
pratica e teoria. Un processo quindi non inteso semplicemente sul fare , ma come riflessione sul
fare , come ricerca quindi dei metodi e dei mezzi più adeguati all’ insegnamento.
Nello specifico la didattica si interessa dei processi di progettazione, attuazione , gestione e
valutazione dei percorsi educativi , nei diversi contesti di apprendimento.
Quindi la didattica include sia un versante teorico –interpretativo , sia un versante pratico.
Oltre a questi due versanti però quello che caratterizza la didattica è la variabilità degli
ambienti e dei contesti in cui il processo di insegnamento si realizza e a questo si aggiunge
anche che ogni esperienza educativa coinvolge individui e per questo coinvolge variabili come la
soggettività di tipo psicologico e emozionale.
Per questi motivi la didattica risulta essere molto complessa. Tale complessità non permette di
avere modelli di insegnamento universalmente validi, diversamente dalla concezione del sapere
scientifico che fornisce risposte sempre valide.
Lo scopo del sapere didattico infatti non è quello di fornire risposte sempre valide , piuttosto
quello di cercare e porre domande giuste.

Per questi motivi la didattica come può essere considerata un scienza, come può quindi essere
considerata valida una qualunque pratica se non esiste un contesto didattico controllabile in cui
questa posso essere verificata?
La questione è di natura epistemologica , cioè legata alla riflessione sulla scienza stessa , sulle
proprie teorie e sui propri metodi. A partire infatti dalla seconda metà del 900 la riflessione
sui caratteri della scientificità cambia per cui è definibile come scienza tutto ciò che può
essere osservato e dimostrato empiricamente. Per questo muta completamente l’ idea stessa di
scienza si passa infatti da scienza della certezza a scienza del dubbio.
Questo approccio indica quindi che nulla può essere conosciuto con certezza.
“Il dubbio sul dubbio da al dubbio stesso una nuova dimensione quella della riflessività”
La conoscenza per questo risulta essere sempre :
-situata: cioè legata ai luoghi in accade
-l’ attività cognitiva è carica di teoria: (teoria dell’ esperienza) facendo riferimento alle
esperienze già vissute.
- l’ uomo pensante è sempre responsabile del suo pensiero: responsabile della sua conoscenza e
quindi delle sue azioni future.

Possiamo dire quindi che è scienza non tutto ciò che può essere dimostrato ma tutto ciò che
attraversa processi critico riflessivi rigorosi che portano al dubbio e fungono da verifica di
qualità del sapere prodotto. Il sapere didattico si muove allora tra la consapevolezza della
complessità e la necessità di trovare criteri che aiutino a scegliere in rapporto ai contesti
socioculturali le soluzioni più efficaci.
Questa complessità sfocia in un problematicismo critico in cui so con certezza di non sapere
,ma la didattica accoglie la sfida del problematicismo e il suo scopo non è quello di trovare
metodi
generalmente validi , ma quello di esercitare una riflessione costante intorno alle azioni che
caratterizzano l’ insegnare tenendo conto di volta in volta della specificità dei contesti e della
pluralità dei soggetti (tenendo conto della situazione emozionale , psicologica ecc..). La
didattica quindi non ha a che fare con la regolarità , ma deve comunque svolgere un ruolo di
guida per l’ azione e strategie di intervento come qualsiasi altra scienza e per questo motivo ha
un valore:
prescrittivo: capace di suggerire pratiche e strategie
predittivo: capacità di ipotizzare previsioni circa i processi in oggetto.

La didattica quindi è scienza nel momento in cui assume un ruolo problematico e critico e lo fa
attraverso queste acquisizioni:
- non esistono leggi sempre valide
- non è possibile ridurre i fatti educativi formalizzandoli
- qualunque concezione didattica ha alla sua base una visione soggettiva e culturale del mondo,
dell’ uomo e della conoscenza.
- la didattica deve offrire concreti orientamenti all’ azione
-la didattica si guadagna la sua credibilità sul campo.

Per questo una pratica didattica è valida scientificamente quando il produce degli esiti
teoricamente e praticamente rilevanti in rapporto al contesto.
Per questo l’ unica strada percorribile , per avere un rapporto efficace con la moltitudine dei
contesti è quella di orientarsi secondo gradi ragionevoli di rassomiglianza, in rapporto quindi a
situazioni di riferimento. Quindi una pratica didattica scientificamente valida e per tanto
trasferibile produce una good practice.

LE VARIABILI DELLA DIDATTICA


La problematicità della didattica sta appunto nell’ interazione di 6 variabili principali che sono:
CHI?: per quanto riguarda la prima variabile essa è costituita da chi insegna ovvero il
docente , l’ educatore che ha il compito di indirizzare orientare e facilitare l’ apprendimento
del soggetto e il processo formativo. È un trasmettitore di conoscenze, una guida e deve quindi
essere in grado di accrescere nei soggetti il piacere della conoscenza attraverso percorsi
didattici.
A CHI?: riguarda a chi si insegna ovvero il soggetto acquisitore di conoscenze come lo
studente.
è fondamentale la conoscenza del singolo alunno, in tutte le variabili della soggettività
(psicologiche , familiari), per la buona riuscita del processo formativo. Quindi la conoscenza del
soggetto e l’ analisi della sua domanda di apprendimento diventano requisiti essenziali per la
costruzione dell’ offerta formativa. Solo conoscendo il soggetto infatti si può essere certi che i
contenuti aderiscano ai suoi bisogni.
COSA E PERCHE’?:si riferisce al cosa si insegna (i contenuti, le conoscenze) e al perché ( le
finalità, gli scopi). In particolare le scuole di oggi deve non solo trasmettere contenuti attinenti
ai programmi nazionali , ma deve anche proporre didattiche adeguate ad agganciare questi
contenuti al territorio, alla cultura dei diversi contesti, generati dall’ epoca storica, per
raggiungere specifici obiettivi.
COME?: si riferisce al come si insegna e mette in rapporto il chi , al chi e il come e il perché,
si riferisce a tutte quelle procedure ,metodologie e tecniche di insegnamento. Questa variabile
costituisce il cuore della didattica, proprio perché essa è teoria e pratica del come insegnare.
Per questo un metodo di insegnamento per essere efficace non deve solo concentrarsi sulle
variabili cognitive , ma anche su quelle affettive , psicologiche ,emozionali e culturali del
soggetto. Per questo pone attenzione alla dimensione negoziale-simbolica dello scambio
educativo.
DOVE?: riguarda il dove si insegna inteso sia come spazio fisico sia come conteso socio-
culturale. In didattica riveste un ruolo molto importante anche il modo in cui sono allestiti gli
ambienti (la disposizione dei banchi, la cattedra), quanto la struttura dei rapporti sociali ,dei
ruoli e dei requisiti sociali che animano tali spazi. Il dove è fondamentale poiché l’ inclusione di
elementi che caratterizzano il luogo dell’ apprendimento in quel contesto rende più efficace l’
insegnamento.
QUANDO?: si riferisce al tempo dell’ insegnamento , in didattica saper individuare il tempo
giusto costituisce una condizione essenziale per il successo didattico. Saper quindi aspettare i
tempi di ciascun allievo è una dote essenziale del docente. Proprio perché l’ apprendimento è un
processo naturale e spontaneo profondamente influenzato dalle variabili di natura soggettiva del
soggetto. Per questo il tempo di apprendimento non può essere determinato a priori.

Queste 6 variabili agiscono sistemicamente in 3 distinte fasi:


LA PROGETTAZIONE: corrisponde al lavoro di ideazione e pianificazione dell’ intervento
formativo e didattico. Generalmente gli insegnanti si aiutano avvalendosi della programmazione
(per obbiettivi o per mappe concettuali).
LA GESTIONE: corrisponde al lavoro che si svolge in aula teso ad assicurare l’ opportuno
svolgimento della lezione, un interazione comunicativa adeguata tra allievo e insegnante e un
clima positivo di apprendimento volto a stimolare gli alunni.
LA VALUTAZIONE: è l’ aspetto più complesso e consiste quindi nel comprendere se le variabili
hanno funzionato bene tra di loro al fine di avere un risultato di apprendimento significativo. E
la complessità di tale processo consiste proprio nell’ essere più oggettivi possibili.

2° CAPITOLO
Esistono 3 teorie dell’ apprendimento :
TEORIA COMPORTAMENTISTA:
la teoria comportamentista si afferma nella cultura giudaico-cristiana , ma trova un riscontro
scientifico a partire da studi psicologici di fine 800 che sostenevano che l’ apprendimento si
verifica esclusivamente attraverso l’ insegnamento.
E tale teoria viene sostenuta in quegli anni da due psicologi pavlov e watson considerato il padre
del comportamentismo che considerava la mente come una black box che soggetta a determinati
stimoli produceva determinate risposte. Quindi basata sulla teoria stimolo-risposta senza fare
riferimento a ciò che accadeva all’ interno della black box. Questa teoria ha generato un tipo
di didattica che considera quindi l allievo solo come il luogo di reazione ad un stimolo. Per
questo ci troviamo di fronte ad una pedagogia del docente fondata sulla figura del maestro.
il maestro è considerato come il possessore di un sapere profetico inconfutabile. E il suo sapere
gli reca un indiscussa autorità e autorevolezza. Tale modello didattico è quindi di tipo
adultistico e ha un carattere gerarchico.Ancora adesso in alcune scuole i docenti tenevano le
proprie lezioni ex-catedra vale a dire posta su una pedana simbolo di distanza e di superiorità
rispetto agli alunni.Tale teoria ricalca un tipo di didattica trasmissiva dove la mente degli alunni
era concepita come tabula rasa ed era proprio il maestro con il suo sapere che doveva incidere
la mente dell’ allievo.
GLI STRUMENTI : utilizzati erano l’ interrogazione faccia a faccia , lezioni frontali e
questionari scritti che riguardavano solo il voto e non la formazione.
Il DOCENTE: ha un ruolo attivo ,seleziona infatti i contenuti dell’ insegnamento (uguali per
tutti) e si limita a valutare gli alunni quindi in maniera sommativa.
GLI ALUNNI: vivono invece un ruolo passivo limitandosi ad ascoltare, ripetere e descrivere
quello che l’ insegnante ha spiegato.
IL CONTESTO: in questo tipo di didattica risulta quindi ininfluente.
I VANTAGGI: è molto economica , a basso costo poiché il rapporto numero docente-alunni può
essere anche molto alto.
SVANTAGGI: l’azione formativo può risultare inefficace in quanto i contenuti trasmessi
risultano nozionistici e frammentari e può portare al conformismo culturale.

TEORIA COGNITIVISTA
Essa è centrata sulla formazione del soggetto.
La teoria cognitivista crede che tra lo stimolo e la risposta accada qualcosa all’ interno della
mente del soggetto, in grado di modificare la risposta apprenditiva.
Lo schema della teoria cognitivista è stimolo-organismo-risposta, è una didattica per questo
attiva in cui il soggetto è capace di produrre risposte autonome in base alla sua esperienza.
E questo tipo di teoria è in relazione con gli studi cognitivisti di piaget , secondo il quale il
soggetto costruisce la conoscenza propria a partire dall’ esperienza.
In didattica questa teoria si traduce in un modello di didattica del discente.
E i punti cardini di questo modello didattico attivista sono:
-puerocentrismo: che non è centrato sul rende il prima possibile il bambino adulto , ma
concentrarsi sull’ importanza dell’ infanzia.
-l’ insegnante come guida: l’ insegnante non è colui che trasmette, ma la guida del processo di
formazione.
-l’ apprendimento ruota intorno ai bisogni e agli interessi del soggetto
-la scuola e quindi l’ insegnamento non sono separati dalla vita , ma devono servire per la vita
stessa.
-l’ apprendimento passa attraverso l’ esperienza pratica , la concezione dei concetti avviene
attraverso esperienze concrete.
Nel 900 l’attivismo pedagogico nasce con il filosofo dewey mentre in Italia con Maria
Montessori. Il metodo montessoriano è incentrato sulla libertà dell’ allievo, poiché solo la
libertà favorisce la creatività del bambino già presente nella sua naturale in questo modo
assorbe le caratteristiche dell’ ambiente circostante facendole proprie e crescendo per mezzo
di esse.
Per questo nel metodo montessoriano tutto l’ ambiente didattico deve essere pensato su misura
di bambino.
IL CONTESTO : ha un ruolo molto importante poiché la predisposizione dell’ ambiente è
fondamentale ai fine dell’ apprendimento.
IL DOCENTE : si limita ad assistere al naturale processo di sviluppo e di formazione degli
alunni, senza porre loro limiti sostanziali anzi se necessario li incoraggia e li indirizza.
GLI STRUMENTI: utilizzati sono attività per lo più libere e attività laboratoriali.
SVANTAGGI: un rapporto così centrato sull’ autonomia rischia di produrre solitudine e scarsi
livelli di interazione sociale e quindi dispersività dell’ azione educativa e inoltre la mancanza di
controllo e monitoraggio favorisce l’ acquisizione di saperi non significativi quindi di senso
comune
(relativi solo all’ esperienza)
VANTAGGI: clima scolastico generalmente piacevole e gli alunni vivono l’ esperienza formativa
con partecipazione e gratificazione.

TEORIA COSTRUTTIVISTA
Tale modello è l evoluzione delle teorie precedenti e considera la didattica come un
interscambio che avviene tra l’ ambiente e la relazione tra docente e allievo.
Quindi il rapporto tra insegnamento e apprendimento si delinea sempre come una relazione
democratica e partecipativa tra chi insegna e chi apprende.
Si parla per questo di pedagogia della relazione.
Lo scambio tra docente e allievo è un processo relazionale , nel quale ciascun partner riceve
dall’ altro un contributo per il proprio lavoro: l’ insegnante apprende dall’ alunno situazioni
relative ai suoi bisogni e alle sue esperienze , mentre l’ alunno apprende dall’ insegnante i
contenuti e i modi per costruire conoscenze e competenze. È un tipo di formazione
IL CONTESTO: Il processo apprenditivo si qualifica proprio perché viene contestualizzato, vale
a dire legato al contesto e ai vissuti socio-culturali ,ma anche all’ ambiente stesso in cui si
verifica l’azione formativa.
GLI ALUNNI: condividono con il docente finalità e obiettivi e interagiscono, suggeriscono
azioni, argomentano, risolvono problemi e creano prodotti.
IL DOCENTE: assume un ruolo collaborativo con gli alunni e gestisce una leadership democratica
e quindi antiautoritaria , cura la comunicazione facendo attenzioni sia degli aspetti soggettivi
che cognitivi., stimola e motiva gli alunni , progetta e pianifica l’ azione formativa in relazione
ai bisogni e alle modalità di apprendimento dei singoli alunni.
GLI STRUMENTI: utilizzati sono osservazioni , questionari e interviste.
GLI SVANTAGGI: è un sistema ad alto costo in quanto il rapporto numerico docente-alunni
deve essere molto basso per consentire la relazione formativa e inoltre un modello cosi
complesso richiede da parte dell’ insegnante un ampia esperienza e consapevolezza professionale
I VANTAGGI: gli apprendimenti acquisiti dagli alunni risultano creativi, critici e flessibili in
quanto assumono consapevolezza dei loro processi apprenditivi acquistano autonomia e metodo di
studio.

RAPPORTA TRA ASPETTATIVA E RENDIMENTO: EFFETTO PIGMALIONE


Un‘ altra questione è quella del rapporto tra aspettativa e risultato, infatti già a partire dagli
anni 60 si sviluppa questo tema relativo soprattutto al rendimento degli allievi in relazione all’
atteggiamento degli insegnanti. Lo studio inizia attraverso due ricercatori rosenthal e jacobson
noti per le loro ricerche sull’ effetto pigmalione.
I loro studi possono essere sinterizzati nel principio che se gli insegnanti credono che un
soggetto sia meno dotato o l’ opposto molto dotato sul piano intellettivo , tendono a trattarlo
anche inconsciamente , in modo diverso. A seguito di questa rappresentazione mentale dell’
insegnante anche il soggetto tenderà ad interiorizzare questo giudizio e si comporterà di
conseguenza come un circolo vizioso.
L’ esperimento classico e quella della scuola oak school della California.
Quindi ciò dimostra come l’ aspettativa di un comportamento può rivelarsi predittiva. Questo
perché il modo di guardare un alunno da parte dell’ insegnate , può influenzare
significativamente la prestazione dell’ alunno. Per questo in didattica la qualità dell’ interazione
tra alunno e insegnante è importantissima. Ad Esempio il tono di voce dell’ insegnante , il modo
di fare o l’ espressione del suo viso sono strumenti attraverso i quali anche inconsapevolmente
comunica agli allievi le sue aspettative.
Quindi il rapporto tra aspettativa e rendimento risulta evidente non solo in ambito scolastico
,ma anche in altri contesti ad esempio il peso di un etichetta scomoda può rappresentare un
doloroso ostacolo dell’ espressione libera di se stessi.

3° CAPITOLO
In didattica sono fondamentali concetti base come la progettazione , la programmazione e la
valutazione.
Progettare è un concetto più ampio e generale e corrisponde all’ organizzazione sistemica di un
ipotesi di lavoro e della relativa gestione e verifica nel corso dell’ intervento didattico.
Corrisponde quindi alla teorizzazione , criteri di massima su come procedere.
Programmare invece è un sottoinsieme della progettazione , considera tutte le variabili possibili
a livello locale e persegue obiettivi di carattere apprenditivo e strumentale sempre nell’ ottica
della progettazione educativa.(es.leggere e scrivere hanno come obiettivo la formazione del
cittadine come sancito dalla costituzione). Un’ ulteriore sottoinsieme della programmazione è
quello della programmazione individualizzata ovvero un percorso differenziato normalmente
destinato ad alunni disabili o con particolari necessità.

In un secondo momento la programmazione acquista un connotato più innovativo passando dalla


cultura del programma a quella del curricolo , inteso proprio come l’ itinerario che considera
tutte le variabili del processo educativo. Per questo la programmazione si trasforma in attività
sperimentale attraverso la ricerca di strategie e itinerari apprenditivi al fine di avere esiti
migliori del processo.
La programmazione rispetto al programma significa quindi:
-coordinare a fini unitari il complesso dei fattori educativi e formativi in sede locale.
-tenere presente le materie e le discipline di studio e utilizzarle all’ interno del contesto di vita
sociale e culturale.
- esaminare le risorse territoriali e le istanze sociali che direttamente o indirettamente
incidono sui processi apprenditivi e formativi in modo da formare un curricolo estremamente
vagliato.
Esistono diverse strade per pianificare un percorso didattico come : programmazione per
obiettivi o per mappe concettuali sui cui noi ci focalizzeremo, ma sempre più spesso si parla di
programmazione a sfondo integratore (usato nei nidi o nelle scuole materne) , programmazione
per problem solving (apprendere risolvendo problemi), la programmazione per dinamiche cliniche
(rapporto empatico tra docente-alunno).
In ogni caso non si può costruire una corretta didattica senza considerare almeno tre aspetti
che sono: territorio, la scuola e gli alunni.

Il CURRICOLO
A partire dagli anni 50/60 si sviluppa soprattutto nei paesi anglosassoni un importante dibattito
sul tema del curricolo. Lavorare ad un curricolo generalmente significa delineare percorsi
formativi –educativi scientifici e pianificati.
In Italia il termine curricolo trova quindi riscontro nel concetto di programmazione didattica o
appunto curricolare.
il termine curricolo può rispondere ad un ampia gamma di significati e per curricolo si intende
generalmente:
- un percorso formativo: quando si valuta la qualità di determinato percorso di studi (regolare o
discontinuo)
- un progetto educativo nazionale a livello formale : si riferisce a quei contenuti che devono
essere insegnati in rapporto ai processi di apprendimento (programmi ministeriali)
- l’ attività di programmazione: tutto il lavoro svolto dal docente o dal colleggio o dal team nel
definire gli obiettivi del processo formativo.
- la gestione dell’ attività di programmazione: cioè il lavoro di controllo valutazione e correzione
degli obiettivi.
Al temine del curricolo viene attribuito un significato a cavallo tra la terza e la quarta
prospettiva va inteso come una sorta di schema concettuale capace di organizzare il discorso
sulle finalità ,sui contenuti e sui metodi della scuola. Uno schema che in sostanza offre agli
insegnanti una guida per il lavoro di programmazione.
LA PROGRAMAMZIONE PER OBIETTIVI
Definire gli obiettivi in una fase iniziale significa programmare cosa si vuole raggiungere al
termine dell’ intervento didattico e valutare invece vuol dire accertare lo scarto tra obiettivo e
risultato al fine di prevenire una ridefinizione degli obiettivi.
Le fase dello sviluppo delle programmazione per obiettivi o curricolare ricalcano il modello
circolare di Nicholls e Nicholls.
1- Analisi della situazione
2- Selezione degli obiettivi
3- Selezione ed organizzazione dei contenuti
4- Selezione ed organizzazione dei metodi
5- Verifica o valutazione
Per quanto riguarda la formulazione degli obiettivi esistono diversi per classificarli , in base a:
-criteri di tempo avendo cosi obiettivi a breve , medio e a lungo termine.
-criteri di astrattezza/concretezza avendo cosi obiettivi generali, intermedi specifici o
comportamentali
-criteri in base alle aree di apprendimento /sviluppo avendo cosi obiettivi riguardanti l’ area
cognitiva, l’ area affettiva, l’ area psicomotoria.
La definizione degli obiettivi qualunque sia il criterio adottato costituisce un compito molto
impegnativo per i docenti. Un utile supporto a questo lavoro è rappresentato dalle tassonomie
Ossia delle classificazioni che secondo un livello di complessità crescente fissano i livelli di
capacità da acquisire in relazione alle grandi aree di apprendimento e sviluppo.
Tre grandi studiosi di questo settore hanno proposto rispettivamente 3 diversi modelli
tassonomici.
Bloom : individua 6 grandi articolazione di obiettivi finalizzati alla :conoscenza ,comprensione,
applicazione ,analisi, sintesi e valutazione.
Guillforf : elabora un modello tridimensionale sui contenuti, operazioni e prodotti
Gagnè : elabora un modello che classifica gli apprendimenti partendo da l’ apprendimento dei
segnali, connessioni stimolo-risposta, associazioni verbali, discriminazioni multiple,
apprendimento dei concetti, apprendimento di principi e regole e attività di problem solving.
Anche in italia esiste un modello tassonomico chiamato tavola tassonomica madre che prevede :
gli apprendimenti elementari: sono quelli che riguardano la prima competenza cognitiva acquisite
soprattutto mediante meccanismo stimolo-risposta.
gli apprendimenti intermedi: attengono prevalentemente al sapere implicano la capacità di
capire ed eseguire ed applicare le conoscenze raccolte
gli apprendimenti superiori: riguardano la padronanza cognitiva e prevedono prestazioni
intellettuali convergenti e divergenti (processo di scomposizione-processo di scoperta).

PROGRAMMAZIONE PER MAPPE CONCETTUALI


Il modello di programmazione per mappe concettuali secondo alcuni sarebbe preferibile rispetto
alla programmazione per obiettivi, proprio perché quest’ ultima genera apprendimenti di tipo
lineare e sequenziale , mentre quella per mappe concettuali realizza percorsi formativi non
sequenziali e flessibili.
La programmazione per mappe concettuali o reticolare ritiene che sia necessario centrare i
curricoli non sugli obiettivi ma sui contenuti, ossia sui concetti portanti delle discipline.
Questa procedura nasce in coerenza con teoria cognitiva –costruttivista che consente di
recuperare quindi la matrice cognitivista del soggetto, ossia il quadro delle conoscenze
spontanee già possedute dal soggetto.
Una mappa concettuale è quindi una rappresentazione grafica di un percorso concettuale del
pensiero. È quindi una relazione tra informazione, concetti e significati collegati tra loro.
l'utilizzo delle Mappe concettuali ci consente di Ricostruire Una Nostra Personale versione della
Conoscenza potendo, al contempo, Riflettere Sulle modalità Attraverso cui ciò è avvenuto
Imparare a Conoscere cosi :
-il proprio stile cognitivo gestire
-il proprio percorso di Conoscenza
-favorire le proprie facoltà di apprendimento

Le fasi
Per la realizzazione di una didattica costituita da una programmazione per mappe concettuali è
necessario fare riferimento ad alcune fasi:
1-l’elaborazione della mappa concettuale di base: questa operazione consiste nella stesura da
parte dell’ insegnante di una mappa contenente i concetti principali dell’ argomento da
trattare.
Essa indica già i possibili percorsi didattici da realizzare , ma soprattutto fornisce gli elementi
necessari per avviare una conversazione clinica.
2-conversazione clinica: lo scopo di questa attività è sollecitare attraverso una serie di
domande stimolo i soggetti facendo emergere la loro matrice cognitiva rispetto a quel
determinato argomento. Quindi una sorta di conversazione dove gli stessi alunni forniscono
elementi su cui prendere spunto. E in questa fase è molto importante l’ interazione verbale del
docente.
3-ricostruzione della matrice cognitiva: sui concetti emersi dall’ conversazione clinica si
ricostruisce la matrice cognitiva degli alunni ossia dei concetti spontanei o pre appresi circa un
determinato argomento.
4-elaborazione della rete concettuale dell’ unità didattica: questa fase consiste nella
costruzione di una rete concettuale che prefigura un coordinamento significativo tra i concetti
spontanei e quelle dei disciplina. In questa fase possono essere definiti gli obiettivi veri e
propri che scaturiscono tra la mappa concettuale del docente e la matrice cognitiva degli alunni.
5-esecuzione:è il momento in cui si programma l’ attività didattica. Può essere definita un una
serie di operazioni intenzionali e mirate al fine di raggiungere obiettivi significativi e mirati
organizzati in base alla matrice cognitiva. In questa fase quindi vengono rinforzati i concetti
base e smantellati quelli poco rilevanti. Di grande importanza in questa fase sono i mediatori
didattici: giochi, disegni, oggetti ecc..
6-valutazione: nella didattica per concetti so svolge in diversi momenti uno intermedio e uno
finale. La prima valutazione avviene al termine della comunicazione clinica. Nella valutazione
finale le prestazioni vanno controllate in relazione ad alcune abilità dello studente e sono:
generalizzazione, definizione, discriminazione, applicazione, transfer scolastico ed
extrascolastico.

In sintesi quindi la didattica per mappe concettuali persegue l’ idea di insegnare ad


apprendere , nella convinzione che non è tanto necessario offrire i contenuti di apprendimento
quanto piuttosto fornire gli strumenti per continuare ad imparare autonomamente.
Le mappe concettuali divengono per questo lo specchio in cui la mente di riflette e dunque uno
strumento per riflettere sulla mente.

DIDATTICA ROVESCIATA
Attualmente insegnare significa sviluppare un ampia gamma di sensibilità, prerogative, e modelli
operativi che vanno ben oltre l’ aspetto trasmissivo della conoscenza. Un insegnante infatti per
essere efficace deve superare l’ obiettivo della semplice trasmissione di conoscenze e
considerare il rapporto con l’ allievo, con il contesto ,con le proprie conoscenze ed emozioni
come un processo dinamico teso alla trasformazione e allo sviluppo.
Un esempio quindi di didattica dinamica che mette in pratica tutte queste acquisizioni è la
flipped classroom o didattica rovesciata.
La didattica rovesciata prevede che il ruolo del docente non sia solo quello di spiegare, cioè di
dare un versione pre-costruita della conoscenza, quanto piuttosto quello di fornire agli
studenti tutti i materiali utili all’ esplorazione dell’ argomento (documenti , foto, siti web).
Il compito a casa dello studente non sarà quindi quello di imparare la lezione , ma di esplorare
tali materiali costruendo autonomamente un loro punto di vista sull’ argomento. E sarà quindi lo
studente in definitiva a spiegare la lezione al docente.
Il docente si trasforma quindi da trasmettitore in moderatore e motivatore della discussione.
in definitiva la didattica rovesciata consente di minimizzare gli scarti nell’ apprendimento
ottimizzando il tempo. A seguito delle prime sperimentazioni si è notato che:
-realizza migliori risultati dell’ apprendimento.
-migliora il comportamento sociale.
-migliora la qualità dell’ attenzione diminuendo disturbi e interruzioni.

4° CAPITOLO
Come abbiamo visto esaminando i principali modelli della didattica bisogna abbandonare una
didattica trasmissiva dove la qualità della relazione è improntata sull’ autoritarismo del docente
e promuovere invece un approccio centrato sul discente e sulla relazione, teso al raggiungimento
di un clima relazionale positivo basato sull’ empatia e sostanzialmente da una comunicazione
efficace
La variabile fondamentale che rende l’ insegnamento efficace è proprio la qualità della
comunicazione educativa. La didattica si definisce infatti come scienza della relazione educativa
poiché ogni atto di insegnamento/apprendimento è un atto di comunicazione, e saper gestire la
relazione costituisce una competenza essenziale dell’ agire didattico.
Questo non è un compito facile del docente proprio perché ci sono tantissime variabili
interpretative, simboliche ecc. che caratterizzano gli atti comunicativi, per questo le interazioni
formative posso prendere pieghe diverse rispetto a ciò che avevamo predisposto.
Gestire l’ imprevisto che scaturisce proprio dall’ essere in relazione però è possibile , anzi è un
aspetto centrale delle competenze dei docenti, adattando e regolando infatti scelte e
comportamenti in base alle situazioni.
Ciò che rende una relazione efficace o meno si riferisce proprio ai modi di interpretare la
comunicazione altrui, proprio perché ognuno di noi usa dei filtri interpretativi durante una
relazione i quali indirizzano i nostri giudizi e le nostre azioni nei confronti degli altri.
Le ragioni, le pulsioni e le spinte che stanno dietro al nostro modo di comunicare sono per lo più
inconsapevoli ed è proprio questa condizione che li rende difficilmente governabili sfuggendo al
nostro controllo. Se ciò accede normalmente nella vita quotidiana in ambito didattico comunicare
in modo inconsapevole è un grave errore professionale che può determinare il fallimento dell’
processo educativo.
Comunicare significa esprimere se stessi , comunicare vuol dire esistere.
La comunicazione è un processo circolare che include 6 elementi o variabili:
-l’emittente: è la fonte di trasmissione , cioè il soggetto da cui la comunicazione viene
generata. l’ emittente è caratterizzato e condizionato dalla propria cultura, i propri interessa i
propri linguaggi e dalla propria esperienza passata.
-il messaggio: è rappresentato dai contenuti che l’ emittente trasmette. Il messaggio è il cosa
viene comunicato.
-il canale: è il mezzo attraverso cui ilo messaggio viene indirizzato.
-il codice: è l’ insieme dei simboli e delle regole attraverso cui un messaggio si esprime.
-il destinatario: è il soggetto a cui viene inviato il messaggio, anch’ esso come l’ emittente è
caratterizzato da un propria cultura, linguaggi ed esperienze.
-il feedback: è il messaggio di risposta che il destinatario rinvia all’ emittente. Consente di
verificare che il messaggio è giunto a destinazione ed è stato compreso correttamente.
Alle 6 variabili descritte ne va aggiunta un ultima: il contesto ,cioè il luogo o l’ ambiente nel
quale avviene la comunicazione il quale svolge un ruolo importante poiché può influenzare tutte le
altre variabili.
Uno degli equivoci del comunicare è la convinzione che basti comunicare per comprendersi .
In realtà la comunicazione in genere e in particolare quella didattica è caratterizzata da
incomprensioni , malintesi e fraintendimenti.
Per questo con basta comunicare per comprendersi ,ma nel comunicare è più facile non capirsi
che capirsi e ciò avviene il più delle volte inconsapevolmente.
Questo avviene perché ognuno di non comunica esclusivamente parlando, ma basta che due
persone siano inserite in uno spazio di prossimità , cioè che siano sensorialmente percepiti l’un
l’altro per comunicare. Uno sguardo , un atteggiamento del corpo o anche un silenzio
rappresentano tutti modi di comunicare i quali raggiungono il nostro interlocutore a prescindere
dalla nostra volontà. La comunicazione interpersonale , secondo paul watzlawick non si intende
solo quella verbale ma anche quella legata ai gesti (e non gesti), al silenzio e alle parole , alle
azione (e alle non azioni), ai sentimenti (espressi e non , agli sguardi e non sguardi , e tutte
quelle variabili che intervengono quando più persone si confrontano. Per cui come sostiene la
teoria pragmatica della comunicazione umana di watslawick : non si può non comunicare, poiché
la comunicazione si esprime attraverso più dimensioni che si possono riassumere in :
verbali: la comunicazione verbale è costituita dal linguaggio, lo strumento fondamentale di cui
gli uomini si servono per tradurre ciò che pensano in concetti e parole.

para-verbale : è costituita da tutti gli elementi che accompagnano la comunicazione verbale


sul piano dell’ emissione del messaggio. E questi elementi sono:
-il tono: corrisponde all’ intenzione in cui una cosa si dice. Ad esempio con tono entusiasta,
stanco ecc.. e le diverse inflessioni del tono contribuiscono alla percezione del messaggio.
-il volume: corrisponde all’ intensità sonora della voce fondamentale per la comprensione del
messaggio. Infatti sussurrare o urlare possa orientare il significato in direzioni molto diverse.
-il tempo: è costituito dalle pause, la lentezza, la velocità o il ritmo con cui si comunica.
Il tempo è un fattore molto importante poiché condiziona la possibilità di comprendere da
parte di chi ascolta.
-il timbro: è l’ insieme delle caratteristiche individuali della voce le quali non sono modificabili.
Una voce può essere ad esempio acuta o profonda. Il timbro è il colore della voce.

non-verbali: la comunicazione non verbale è costituita invece da tutti quei fenomeni di


comunicazione generalmente involontari che emergono nell’ interazione con gli altri, ad esempio il
modo di gesticolare , uno sguardo , un espressione ecc..
ognuno di noi infatti dà senso ai messaggi che provengono da un interlocutore più in riferimento
ai modi attraverso i quali vengono espressi che rispetto al contenuto. Dunque non è ciò che
diciamo a costituire un significato ma il modo in cui lo diciamo.
Gli elementi che costituiscono la comunicazione non verbale sono:
-la postura: rappresenta il modo di disporre nello spazio l nostro corpo e consente di
distinguere la parte comunicativa da quella espressiva. Corrisponde al cosiddetto atteggiamento.
-la prossemica: indica due aspetti del modo di presentarsi socialmente e di relazionarsi
fisicamente con le altre persone: il primo riguarda l’ uso degli spazi in termini di prossimità
rispetto ad un'altra persona(vicinanza o lontananza) e l’ altro riguarda la posizione del corpo
che assumiamo rispetto ad un'altra persona (di fianco ,di fronte).
-le espressioni del viso: costituiscono un insieme di segnali generalmente involontari ma
estremamente potenti. Le espressioni indicano le principali reazioni emotive e possono essere
considerate il principale elemento sul piano non verbale. Come si suol dire infatti gli occhi non
mentono.
-i movimenti e i gesti del corpo: fungono da accompagnamento rispetto agli altri livelli del
comunicare essi enfatizzano i messaggi. Evidenziano e chiariscono ciò che diciamo.
-la mimica: determinano atti linguistici poiché sono gesti emblematici (alzare la mano per
chiedere parola) , descrittivi (gesti che scandiscono le parti salienti del discorso illustrando in
modo più forte concetti espressi verbalmente), di regolazione (ondeggiare la mano per
attenuare la forza di un concetto) ,di adattamento (posizionamento del Corpo per dominare
stati d’animo adeguare propria espressione al contesto), di manifestazione affettiva (la
carezza).

L’ aspetto fondamentale della comunicazione non verbale è che ha un ruolo determinante nella
costruzione del significato influenzando gli esiti di qualunque relazione, in particolare quella
didattica. Un atto comunicativo soprattutto in sede didattica infatti per essere efficace deve
essere coerente con le dimensioni che lo costituiscono (verbale, non verbale e para verbale).
Un altro aspetto da considerare nel corso di una comunicazione è la soggettività, legata quindi
ai modi attraverso cui ognuno interpreta i messaggi del proprio interlocutore. La ricezione e la
valutazione di un messaggio sono sempre vincolate da aspetti soggettivi che hanno origi
cognitive, sociali, culturali ed emozionali, che possono essere quindi considerati come delle
barriere della comunicazione. Abbiamo infatti i filtri:
-percettivi: sono relativi alla percezione soggettiva e selettiva dell’evento vissuto o ricordato,
alla familiarità o novità degli elementi che lo costituiscono l’ evento vissuto ,alla percezione di
sé all’ interno della situazione. Ogni essere umano per entrare in rapporto con l’ esperienza usa
la propria percezione ,i propri sensi. la percezione attiene soprattutto ad un organizzazione
mentale degli stimoli che il soggetto attribuisce alla realtà.
-cognitivi: sono relativi ai codici linguistici, ai sistemi di rappresentazione della realtà, alle
gerarchie in base alle quali ordinare le conoscenze.
-culturali: relativi a immagini sociali e culturali , relative all’ appartenenza a gruppi (famiglia ,
politica associazioni) che portano a pregiudizi.
-emozionali: derivano da condizioni interiori, da stati d’animo che interferiscono nell’
interpretazione della comunicazione. Come sentimenti di vulnerabilità o autostima o di
svalutazione ecc.. I filtri emozionali entrano in rapporto con gli altri filtri.
In didattica la comprensione e la gestione delle emozioni permette di indirizzarle nel modo
giusto per migliorare i processi cognitivi e di apprendimento.

Quindi l’ aspetto problematico della comunicazione didattica è il rischio di non comprendersi ,


ma la necessità di doverci riuscire.
Il miglioramento della qualità della comunicazione scaturisce sostanzialmente dalla capacità di
pensarsi nella comunicazione, esercitando un controllo del proprio modo di comunicare rispetto
agli obiettivi didattici.
Un primo stile comunicativo efficace può essere quello empatico in cui il docente deve costruire
uno stile comunicativo basato sulla autenticità (mostrarsi umano e imperfetto), sulla rinuncia
della supremazia del proprio ruolo ( mettersi in discussione) , sul riconoscimento della propria
verità insufficiente ( accogliere i diversi punti di vista). Quindi deve:
-avere un atteggiamento formativo ,privo di qualsiasi pregiudizio
-usare un linguaggio chiaro e diretto
-mettersi in gioco attraverso il confronto
-esprimere messaggi verbali, non verbali e para-verbali congruenti
-modificare ed adeguare i propri messaggi in base alle caratteristiche dei destinatari.

LA COMUNICAZIONE MULTIMEDIALE
I problemi e le questioni fin ora affrontare riguardano la comunicazione facci a faccia.
Attualmente esistono atri generi di comunicazione in particolar modo quella testuale e
multimediale. Quando la comunicazione didattica si avvale di supporti multimediali si apre un
nuovo fronte nel comunicare fatto di testi e immagini combinando più codici espressivi
diversamente dalla didattica tradizionale fatta di testi e manuali.

-Un primo elemento che caratterizza la didattica on line sono i suoi strumenti , infatti tale
forma di comunicazione avviene sempre tramite computer ,tablet o smartphone e può avvenire
sia in modalità asincrona (web,blog) o in modalità sincrona (chat, videoconferenze)
-il secondo vincolo che riguarda gli strumenti è quello definito come pressione tecnica, ovvero
che tale comunicazione dipende sempre dal supporto tecnologico (in assenza di internet non si
possono utilizzare), esprime quindi una vulnerabilità. E quindi in didattica questo tipo di
comunicazione deve sempre essere accompagnata da supporti tecnici sempre garantiti.
-una terza caratteristica è che l’ uso di queste tecnologie si fonda sulla necessità di saperle
usare , vale a dire che l’ alunno deve essere in grado di interfacciarsi con esso, altrimenti si
corre il rischio di andare incontro ad ansia di prestazione e calo dell’ autostima.
-una quarta caratteristica riguarda l’ assenza della dimensione non verbale. Questa assenza
costringe al fatto che la comunicazione multimediale sia estremamente precisa e chiara.
Inoltre è importante che questa chiarezza e precisione si integri con delle forme simboliche che
facilitino la comprensione come ad esempio le emoticon. Ciò però aumenta il rischio di
fraintendimenti ed equivoci.
-una quinta caratteristica si riferisce al coinvolgimento emozionale del soggetto.
Proprio perché la comunicazione multimediale non consente la restituzione istantanea dei
feedback positivi in termini di approvazione e riconoscimento. Per questo bisogna inserire dei
messaggi di incoraggiamento e di sostegno volti ad evitare lo smarrimento emozionale.
La comunicazione multimediale riguarda quindi un insieme di stimoli e di sollecitazioni capaci di
sviluppare dinamiche significative finalizzate a rendere il soggetto protagonista attivo e
costruttore del progetto didattico stesso.
Il soggetto diventa quindi un coautore.

5° CAPITOLO
Il termine valutazione ha una geografia semantica molto vasta, cioè può avere molteplici
sfumature di significato.
Con il termine valutazione possiamo intendere ad esempio l’ atto di stimare o attribuire un
valore (nel caso di un bene materiale) , apprezzare o considerare (nel caso di doti morali) ,
esaminare o passare al vaglio (nel caso di valutazioni relative ad una circostanza ) e calcolare o
mettere in conto ( nel caso di prevedere le conseguenze di un evento).
Per questo motivo il termine valutare ha sia un carattere qualitativo e quantitativo dalla cui
sintesi scaturisce il giudizio valutativo.
La valutazione in didattica non riguarda solo il lavoro dell’alunno definendo (cosa ha imparato ),
ma anche il lavoro del docente definendo (quindi questi come ha insegnato).
La valutazione per questo non è un processo lineare , non è quindi riducibile ad una misurazione
quantitativa del risultato. Per questo la valutazione didattica è un processo complesso.
Deve elaborare dei giudizi i quali non potranno mai essere pienamente neutrali.
Poiché valutare è un processo altamente influenzato da fattori di natura affettiva.
D’altro canto però, operare valutazioni il più possibile oggettive ed equilibrate è un compito
ineludibile dell’agire didattico.
Tale obiettivo però non è raggiungibile soltanto attraverso la buona volontà poiché la valutazione
è implicata in ogni azione umana per questo è importante in ambito didattico sgombrare il campo
da ogni illusoria ambizione di oggettività che può essere determinata attraverso strumenti di
valutazione quantitativa.
Ciò che rende una valutazione attendibile va ben oltre la misurazione del profitto o del risultato
attraverso misurazioni oggettive , deve infatti coinvolgere tutte le variabili implicite e
soggettive attraverso una metodologia di analisi appunto di tutte le variabili in gioco.
Per ciò nella valutazione didattica è possibile individuare processi diversi:
-verifica: rivolta alla sviluppo di strumenti di misurazione dei prodotti, degli esiti e dei risultati
della didattica.
-valutazione vera e propria: concentrata sulla produzione di analisi critico-interpretative che
consentono di valutare l’ esito di un progetto didattico in relazione alla variabili che lo hanno
definito.
I processi di verifica e di valutazione vere e propria si incrociano allo scopo di costruire il
senso dell’ esperienza formativa nel suo complesso.(es. del voto 6-2-7)
L’ attribuzione di voti e misurazioni costituisce solo un azione preliminare alla valutazione che pu
essendo funzionale, non può sovrapporsi ad essa.
Bisogna per cui costruire un rapporto tra interpretazioni , giudizi e azioni che sia sostenuto non
soltanto da classificazioni comparative ma dal loro intreccio con criteri di riferimento di natura
formativa.
Quindi ogni valutazione ha sempre bisogno di far riferimento ai criteri di giudizio scelti.
Infatti la misurazione (utilizzo di scale e di parametri), la stima (utilizzo di gerarchi e di
ordini) e l’ interpretazione ( nessuno strumento , solo esperienza e sensibilità) costituiscono
azioni centrali della valutazione ma che sono orientate a partire dalla scelta di un criterio.

IL CRITERIO DELLA RIFLESSIVITA’


Un criterio fondamentale che funge da elemento guida è costituito dalla riflessività.
Per riflessività si intende la capacità di orientare i propri giudizi e le proprie valutazioni a
partire da un costante esame critico della realtà, finalizzato a mettere in discussione tutti
quegli elementi di conoscenza che vengono normalmente percepiti e vissuti come scontati,
indiscutibili o acquisiti; si tratta quindi di dubitare tutto quello che normalmente diamo per
buono. Il ricorso ad un criterio che ponga in discussione le procedure e i fondamenti del proprio
sapere, si traduce nella maturazione di un attitudine riflessiva che consente di esercitare
forme di giudizio indipendente e critico rispetto alle variabili del processo educativo.
Ciò favorisce la capacità di produrre un pensiero in grado di pensare se stesso, tramite l’analisi
delle variabili più nascoste dell’interazione didattica. La riflessività quindi conduce all’ analisi
dei nostri punti di visti, tramite un riesame di ciò che abbiamo imparato, come lo abbiamo
imparato e la validità delle nostre pre-supposizioni.
La capacita riflettere autonomamente e criticamente circa sistemi e le prospettive di
significato che governano le interpretazioni, le azioni e le scelte personali all'interno dello
scambio educativo rappresenta anche il principale strumento per l'auto-valutazione.
Coloro che sono in grado di attivare processi critici tesi all’ auto-valutazione, possiedono una
strumentazione adeguata nell’ articolare giudizi più complessi, poiché tengono conto della più
fondamentale tra le variabili che la compongono : la propria soggettività.
La soggettività è implicata dunque, non solo nella progettazione delle azioni formative ma
soprattutto nel processo di valutazione ed autovalutazione, essa costituisce, dunque, un
criterio-guida essenziale alla valutazione.

LA STRUTTURA DELLA VALUTAZIONE


L’azione valutativa è quindi formata da 3 componenti:
-la soggettività (componente interpretativa, critico-riflessiva)
-l’oggettività (componente della misurazione)
-l’intersoggettività (componente della relazione e della negoziazione)
Questa relazione tripolare evidenzia 3 possibili livelli di espressione della valutazione i quali
sono interconnessi in base al criterio valutativo utilizzato e al contesto, portando alla
prevalenza dell’ una o dell’ altra.

1:la soggettività è un processo ineludibile del processo valutativo, da essa non si può
prescindere ma bisogna comunque esercitare un controllo critico delle influenze che determina.
La soggettività esprime valutazioni generalmente di natura qualitativa.
2:l’ oggettività si riferisce invece all’ uso di strumenti di misurazione e di verifica di natura
quantitativa. Il fatto quindi di essere più oggettivi possibile fa ricorrere a sistemi di
valutazione che possano corrispondere il più possibile alla realtà di fatto.
3:l’ intersoggettività costituisce quella accentuazione dell’azione valutativa che riguarda lo
spazio della negoziazione vale a dire la costruzione del consenso circa i giudizi le interpretazioni
e le azioni intraprese in un contesto didattico. Un accordo d’ uso che possa essere condiviso in
quanto è su di esso che matura una forma di valutazione.

Per garantire la qualità della didattica bisogna considerare 4 tipi di valutazione:


VALUTAZIONE DEL PROFITTO: la valutazione del profitto può essere diviso in:
-diagnostico: si occupa di verificare sostanzialmente lo stato delle conoscenze e pre-conoscenze
degli alunni. Lo scopo di questo tipo di valutazione è quindi quello di individuare e misurare
(diagnosi) delle condizioni di partenza del discente, in modo da poter prefigurare il processo
didattico più adeguato.
-sommativo: anch’ essa è concentrata sul discente ed è finalizzata a valutare il profitto del
discente a partire da una verifica del grado di competenze acquisite durante il percorso
didattico. Questo tipo di valutazione è chiaramente quantitativa.
-formativa: è concentra sia su chi apprende ma anche su chi insegna ma soprattutto sulle
modalità. Il profitto valutato secondo questo criterio viene ricondotto alla responsabilità del
docente e alla qualità della relazione educativa che egli ha operato.
Si tratta quindi di valutare il risultato in relazione alla valutazione del grado di efficacia della
relazione e della comunicazione.
-riflessivo: si rivolge al soggetto stesso quindi su chi apprende e su come apprende. Il soggetto
diventa protagonista attivo e chiama in causa i processi di autovalutazione. Questo criterio di
valutazione del profitto richiede quindi che i soggetti si interroghino sulle proprie conoscenze e
siano in grado di elaborare giudizi su se stessi e sulle conoscenze maturate.
VALUTAZIONE DI PROCESSO: si riferisce al monitoraggio itinere del percorso didattico
intrapreso. Tale monitoraggio può essere realizzato sia tramite strumenti statistici ovvero
attraverso la comparazione delle diverse prove , sia tramite strumenti qualitativi (storie di
formazione o percezione di un cambiamento del soggetto), sia tramite forme di controllo
esterno (confronti con soggetti coinvolti o con esperti).
VALUTAZIONE DI PROGETTO: riguarda una serie di operazioni di verifica che si realizzano
nei confronti di un progetto didattico nella sua complessità. E in tal senso un progetto
educativo per considerarsi valido deve essere giustificabile (aderente a più contesti),
strutturato (chiaro nella descrizione di tempi e fasi) , chiaro ( nella definizione di metodi e
obbiettivi, fattibile , rigoroso.
VALUTAZIONE DI SISTEMA: mira ad operare una valutazione complessiva e di sintesi alla
fine del processo didattico. Una valutazione che si interessa del risultato conseguito
analizzando le esperienze didattiche nel suo complesso.
Quindi non è soltanto una valutazione conclusiva , ma anche un attività di analisi e di
monitoraggio continuo del processo didattico.

È possibile schematizzare la valutazione di sistema rifacendoci alle variabili della didattica


(docente, studente ,contenuti, metodo, luogo e tempo) ponendole in rapporto con le diverse
fasi: progettazione gestione e valutazione.
La valutazione infatti durante il proprio lavoro di monitoraggio coinvolge tutte le variabili della
didattica. Per questo dietro al risultato di un allievo si cela la qualità dell’ insegnamento , delle
conoscenze trasmesse, dei metodi adottati, dell’ organizzazione dell’ ambiente didattico e di
molte altre variabili.
Inoltre il lavoro di valutazione come abbiamo detto all’ interno delle 3 fasi della didattica
(progettazione gestione e valutazione) finisce per delineare 3 ulteriori forme di valutazione:

-valutazione ex ante: riguarda la fase che precede la vera azione didattica, essa svolge una
funzione diagnostica o di ingresso, misurando i prerequisiti dell’ allievo al fine di formulare
ipotesi predittive circa i livelli di apprendimento raggiungibili.
Si avvale di una serie di strumenti come questionari o prove di ingresso.
L’ esito della valutazione di ingresso tende a dare un distribuzione dei risultati di profitto
degli allievi che generalmente segue la curva di gauss, vale a dire con pochi risultati eccellenti,
pochi estremamente negatici, e la maggior parte fornisce risultati nella media.
Tale distribuzione ha dato luogo ad una organizzazione scolastica per gruppi di livello.
-valutazione in itinere: si riferisce alla vera azione didattica viene anche definita valutazione di
durata. Essa svolge una funzione prettamente formativa offrendo un feedback sia agli alunni
che ai docenti. Costituisce la descrizione delle tappe intermedie del processo formativo.
-valutazione ex post: è la forma di valutazione che si riferisce all’ esito del percorso didattico.
Essa svolge una funzione prettamente sommativa ed è lo strumento per misurare le abilità e le
competenze del percorso didattico. Ha una dimensione sia qualitativa che quantitativa.
Oltre a questo tipo di valutazione che è quindi di tipo cronologico esiste anche un criterio di
tipo posizionale :
-valutazione interna: viene anche detta autovalutazione , ovvero un processo grazie al quale gli
insegnanti intendono riflettere sulla propria produttività e sul valore che sono stati in grado
di produrre.
-valutazione esterna :è quella svolta da enti o sistemi di valutazione nazionali che predispongono
programmi per valutare i livelli del progetto didattico (prove invalsi)

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