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Per addentrarsi nello studio della didattica bisogna conoscere alcuni concetti base:
-apprendimento
-educazione
-istruzione
-formazione
La didattica quindi può essere definita come il navigatore di rotta di questi processi.
È la scienza della comunicazione formativa che ha lo scopo di guidare l’ apprendimento,
educazione e l’ istruzione e rende possibile il percorso di formazione nel suo complesso.
Didattica infatti significa tutto ciò che può essere insegnato.
Il suo compito è quello di traslocare da un emittente (enti delle educazione: famiglia , scuola e
l’ ambiente) ad un ricevente (i soggetti dell’ educazione: l’ infanzia , la giovinezza , terza età),
le complesse variabili della formazione. Ha una dimensione empirica (attraverso l’ esperienza) ,
fattuale (attraverso i fatti) , pragmatica (reale e concreta).
Uno dei problemi della didattica è quello di trovare una propria scientificità essa infatti ha
come
oggetto: la formazione dell’ individuo
metodo: la ricerca, l’ azione
linguaggio: programmazione educativa
logica empirica: la sperimentazione didattica.
la didattica quindi non può essere considerato come una scienza esatta , in quanto è una
scienza umana e quindi non fondata su modelli certi, ma predittivi.
Mettere però in campo un azione didattica può avere però una ragionevole esattezza (che si
verifiche l’ effetto desiderato) ma non la certezza.
1° CAPITOLO
La didattica è una disciplina dalle origini antiche , già nella maieutica di Socrate sono presenti
indicazioni relative al come i maestri debbano regolare le proprie azioni rispetto agli allievi.
Tuttavia una vera e propria riflessione sull’ insegnare intesa come arte necessaria alla
trasmissione del sapere si afferma solo a partire dal 600. Da allora la questione educativa è
andata definitivamente consolidandosi.
Per questi motivi la didattica come può essere considerata un scienza, come può quindi essere
considerata valida una qualunque pratica se non esiste un contesto didattico controllabile in cui
questa posso essere verificata?
La questione è di natura epistemologica , cioè legata alla riflessione sulla scienza stessa , sulle
proprie teorie e sui propri metodi. A partire infatti dalla seconda metà del 900 la riflessione
sui caratteri della scientificità cambia per cui è definibile come scienza tutto ciò che può
essere osservato e dimostrato empiricamente. Per questo muta completamente l’ idea stessa di
scienza si passa infatti da scienza della certezza a scienza del dubbio.
Questo approccio indica quindi che nulla può essere conosciuto con certezza.
“Il dubbio sul dubbio da al dubbio stesso una nuova dimensione quella della riflessività”
La conoscenza per questo risulta essere sempre :
-situata: cioè legata ai luoghi in accade
-l’ attività cognitiva è carica di teoria: (teoria dell’ esperienza) facendo riferimento alle
esperienze già vissute.
- l’ uomo pensante è sempre responsabile del suo pensiero: responsabile della sua conoscenza e
quindi delle sue azioni future.
Possiamo dire quindi che è scienza non tutto ciò che può essere dimostrato ma tutto ciò che
attraversa processi critico riflessivi rigorosi che portano al dubbio e fungono da verifica di
qualità del sapere prodotto. Il sapere didattico si muove allora tra la consapevolezza della
complessità e la necessità di trovare criteri che aiutino a scegliere in rapporto ai contesti
socioculturali le soluzioni più efficaci.
Questa complessità sfocia in un problematicismo critico in cui so con certezza di non sapere
,ma la didattica accoglie la sfida del problematicismo e il suo scopo non è quello di trovare
metodi
generalmente validi , ma quello di esercitare una riflessione costante intorno alle azioni che
caratterizzano l’ insegnare tenendo conto di volta in volta della specificità dei contesti e della
pluralità dei soggetti (tenendo conto della situazione emozionale , psicologica ecc..). La
didattica quindi non ha a che fare con la regolarità , ma deve comunque svolgere un ruolo di
guida per l’ azione e strategie di intervento come qualsiasi altra scienza e per questo motivo ha
un valore:
prescrittivo: capace di suggerire pratiche e strategie
predittivo: capacità di ipotizzare previsioni circa i processi in oggetto.
La didattica quindi è scienza nel momento in cui assume un ruolo problematico e critico e lo fa
attraverso queste acquisizioni:
- non esistono leggi sempre valide
- non è possibile ridurre i fatti educativi formalizzandoli
- qualunque concezione didattica ha alla sua base una visione soggettiva e culturale del mondo,
dell’ uomo e della conoscenza.
- la didattica deve offrire concreti orientamenti all’ azione
-la didattica si guadagna la sua credibilità sul campo.
Per questo una pratica didattica è valida scientificamente quando il produce degli esiti
teoricamente e praticamente rilevanti in rapporto al contesto.
Per questo l’ unica strada percorribile , per avere un rapporto efficace con la moltitudine dei
contesti è quella di orientarsi secondo gradi ragionevoli di rassomiglianza, in rapporto quindi a
situazioni di riferimento. Quindi una pratica didattica scientificamente valida e per tanto
trasferibile produce una good practice.
2° CAPITOLO
Esistono 3 teorie dell’ apprendimento :
TEORIA COMPORTAMENTISTA:
la teoria comportamentista si afferma nella cultura giudaico-cristiana , ma trova un riscontro
scientifico a partire da studi psicologici di fine 800 che sostenevano che l’ apprendimento si
verifica esclusivamente attraverso l’ insegnamento.
E tale teoria viene sostenuta in quegli anni da due psicologi pavlov e watson considerato il padre
del comportamentismo che considerava la mente come una black box che soggetta a determinati
stimoli produceva determinate risposte. Quindi basata sulla teoria stimolo-risposta senza fare
riferimento a ciò che accadeva all’ interno della black box. Questa teoria ha generato un tipo
di didattica che considera quindi l allievo solo come il luogo di reazione ad un stimolo. Per
questo ci troviamo di fronte ad una pedagogia del docente fondata sulla figura del maestro.
il maestro è considerato come il possessore di un sapere profetico inconfutabile. E il suo sapere
gli reca un indiscussa autorità e autorevolezza. Tale modello didattico è quindi di tipo
adultistico e ha un carattere gerarchico.Ancora adesso in alcune scuole i docenti tenevano le
proprie lezioni ex-catedra vale a dire posta su una pedana simbolo di distanza e di superiorità
rispetto agli alunni.Tale teoria ricalca un tipo di didattica trasmissiva dove la mente degli alunni
era concepita come tabula rasa ed era proprio il maestro con il suo sapere che doveva incidere
la mente dell’ allievo.
GLI STRUMENTI : utilizzati erano l’ interrogazione faccia a faccia , lezioni frontali e
questionari scritti che riguardavano solo il voto e non la formazione.
Il DOCENTE: ha un ruolo attivo ,seleziona infatti i contenuti dell’ insegnamento (uguali per
tutti) e si limita a valutare gli alunni quindi in maniera sommativa.
GLI ALUNNI: vivono invece un ruolo passivo limitandosi ad ascoltare, ripetere e descrivere
quello che l’ insegnante ha spiegato.
IL CONTESTO: in questo tipo di didattica risulta quindi ininfluente.
I VANTAGGI: è molto economica , a basso costo poiché il rapporto numero docente-alunni può
essere anche molto alto.
SVANTAGGI: l’azione formativo può risultare inefficace in quanto i contenuti trasmessi
risultano nozionistici e frammentari e può portare al conformismo culturale.
TEORIA COGNITIVISTA
Essa è centrata sulla formazione del soggetto.
La teoria cognitivista crede che tra lo stimolo e la risposta accada qualcosa all’ interno della
mente del soggetto, in grado di modificare la risposta apprenditiva.
Lo schema della teoria cognitivista è stimolo-organismo-risposta, è una didattica per questo
attiva in cui il soggetto è capace di produrre risposte autonome in base alla sua esperienza.
E questo tipo di teoria è in relazione con gli studi cognitivisti di piaget , secondo il quale il
soggetto costruisce la conoscenza propria a partire dall’ esperienza.
In didattica questa teoria si traduce in un modello di didattica del discente.
E i punti cardini di questo modello didattico attivista sono:
-puerocentrismo: che non è centrato sul rende il prima possibile il bambino adulto , ma
concentrarsi sull’ importanza dell’ infanzia.
-l’ insegnante come guida: l’ insegnante non è colui che trasmette, ma la guida del processo di
formazione.
-l’ apprendimento ruota intorno ai bisogni e agli interessi del soggetto
-la scuola e quindi l’ insegnamento non sono separati dalla vita , ma devono servire per la vita
stessa.
-l’ apprendimento passa attraverso l’ esperienza pratica , la concezione dei concetti avviene
attraverso esperienze concrete.
Nel 900 l’attivismo pedagogico nasce con il filosofo dewey mentre in Italia con Maria
Montessori. Il metodo montessoriano è incentrato sulla libertà dell’ allievo, poiché solo la
libertà favorisce la creatività del bambino già presente nella sua naturale in questo modo
assorbe le caratteristiche dell’ ambiente circostante facendole proprie e crescendo per mezzo
di esse.
Per questo nel metodo montessoriano tutto l’ ambiente didattico deve essere pensato su misura
di bambino.
IL CONTESTO : ha un ruolo molto importante poiché la predisposizione dell’ ambiente è
fondamentale ai fine dell’ apprendimento.
IL DOCENTE : si limita ad assistere al naturale processo di sviluppo e di formazione degli
alunni, senza porre loro limiti sostanziali anzi se necessario li incoraggia e li indirizza.
GLI STRUMENTI: utilizzati sono attività per lo più libere e attività laboratoriali.
SVANTAGGI: un rapporto così centrato sull’ autonomia rischia di produrre solitudine e scarsi
livelli di interazione sociale e quindi dispersività dell’ azione educativa e inoltre la mancanza di
controllo e monitoraggio favorisce l’ acquisizione di saperi non significativi quindi di senso
comune
(relativi solo all’ esperienza)
VANTAGGI: clima scolastico generalmente piacevole e gli alunni vivono l’ esperienza formativa
con partecipazione e gratificazione.
TEORIA COSTRUTTIVISTA
Tale modello è l evoluzione delle teorie precedenti e considera la didattica come un
interscambio che avviene tra l’ ambiente e la relazione tra docente e allievo.
Quindi il rapporto tra insegnamento e apprendimento si delinea sempre come una relazione
democratica e partecipativa tra chi insegna e chi apprende.
Si parla per questo di pedagogia della relazione.
Lo scambio tra docente e allievo è un processo relazionale , nel quale ciascun partner riceve
dall’ altro un contributo per il proprio lavoro: l’ insegnante apprende dall’ alunno situazioni
relative ai suoi bisogni e alle sue esperienze , mentre l’ alunno apprende dall’ insegnante i
contenuti e i modi per costruire conoscenze e competenze. È un tipo di formazione
IL CONTESTO: Il processo apprenditivo si qualifica proprio perché viene contestualizzato, vale
a dire legato al contesto e ai vissuti socio-culturali ,ma anche all’ ambiente stesso in cui si
verifica l’azione formativa.
GLI ALUNNI: condividono con il docente finalità e obiettivi e interagiscono, suggeriscono
azioni, argomentano, risolvono problemi e creano prodotti.
IL DOCENTE: assume un ruolo collaborativo con gli alunni e gestisce una leadership democratica
e quindi antiautoritaria , cura la comunicazione facendo attenzioni sia degli aspetti soggettivi
che cognitivi., stimola e motiva gli alunni , progetta e pianifica l’ azione formativa in relazione
ai bisogni e alle modalità di apprendimento dei singoli alunni.
GLI STRUMENTI: utilizzati sono osservazioni , questionari e interviste.
GLI SVANTAGGI: è un sistema ad alto costo in quanto il rapporto numerico docente-alunni
deve essere molto basso per consentire la relazione formativa e inoltre un modello cosi
complesso richiede da parte dell’ insegnante un ampia esperienza e consapevolezza professionale
I VANTAGGI: gli apprendimenti acquisiti dagli alunni risultano creativi, critici e flessibili in
quanto assumono consapevolezza dei loro processi apprenditivi acquistano autonomia e metodo di
studio.
3° CAPITOLO
In didattica sono fondamentali concetti base come la progettazione , la programmazione e la
valutazione.
Progettare è un concetto più ampio e generale e corrisponde all’ organizzazione sistemica di un
ipotesi di lavoro e della relativa gestione e verifica nel corso dell’ intervento didattico.
Corrisponde quindi alla teorizzazione , criteri di massima su come procedere.
Programmare invece è un sottoinsieme della progettazione , considera tutte le variabili possibili
a livello locale e persegue obiettivi di carattere apprenditivo e strumentale sempre nell’ ottica
della progettazione educativa.(es.leggere e scrivere hanno come obiettivo la formazione del
cittadine come sancito dalla costituzione). Un’ ulteriore sottoinsieme della programmazione è
quello della programmazione individualizzata ovvero un percorso differenziato normalmente
destinato ad alunni disabili o con particolari necessità.
Il CURRICOLO
A partire dagli anni 50/60 si sviluppa soprattutto nei paesi anglosassoni un importante dibattito
sul tema del curricolo. Lavorare ad un curricolo generalmente significa delineare percorsi
formativi –educativi scientifici e pianificati.
In Italia il termine curricolo trova quindi riscontro nel concetto di programmazione didattica o
appunto curricolare.
il termine curricolo può rispondere ad un ampia gamma di significati e per curricolo si intende
generalmente:
- un percorso formativo: quando si valuta la qualità di determinato percorso di studi (regolare o
discontinuo)
- un progetto educativo nazionale a livello formale : si riferisce a quei contenuti che devono
essere insegnati in rapporto ai processi di apprendimento (programmi ministeriali)
- l’ attività di programmazione: tutto il lavoro svolto dal docente o dal colleggio o dal team nel
definire gli obiettivi del processo formativo.
- la gestione dell’ attività di programmazione: cioè il lavoro di controllo valutazione e correzione
degli obiettivi.
Al temine del curricolo viene attribuito un significato a cavallo tra la terza e la quarta
prospettiva va inteso come una sorta di schema concettuale capace di organizzare il discorso
sulle finalità ,sui contenuti e sui metodi della scuola. Uno schema che in sostanza offre agli
insegnanti una guida per il lavoro di programmazione.
LA PROGRAMAMZIONE PER OBIETTIVI
Definire gli obiettivi in una fase iniziale significa programmare cosa si vuole raggiungere al
termine dell’ intervento didattico e valutare invece vuol dire accertare lo scarto tra obiettivo e
risultato al fine di prevenire una ridefinizione degli obiettivi.
Le fase dello sviluppo delle programmazione per obiettivi o curricolare ricalcano il modello
circolare di Nicholls e Nicholls.
1- Analisi della situazione
2- Selezione degli obiettivi
3- Selezione ed organizzazione dei contenuti
4- Selezione ed organizzazione dei metodi
5- Verifica o valutazione
Per quanto riguarda la formulazione degli obiettivi esistono diversi per classificarli , in base a:
-criteri di tempo avendo cosi obiettivi a breve , medio e a lungo termine.
-criteri di astrattezza/concretezza avendo cosi obiettivi generali, intermedi specifici o
comportamentali
-criteri in base alle aree di apprendimento /sviluppo avendo cosi obiettivi riguardanti l’ area
cognitiva, l’ area affettiva, l’ area psicomotoria.
La definizione degli obiettivi qualunque sia il criterio adottato costituisce un compito molto
impegnativo per i docenti. Un utile supporto a questo lavoro è rappresentato dalle tassonomie
Ossia delle classificazioni che secondo un livello di complessità crescente fissano i livelli di
capacità da acquisire in relazione alle grandi aree di apprendimento e sviluppo.
Tre grandi studiosi di questo settore hanno proposto rispettivamente 3 diversi modelli
tassonomici.
Bloom : individua 6 grandi articolazione di obiettivi finalizzati alla :conoscenza ,comprensione,
applicazione ,analisi, sintesi e valutazione.
Guillforf : elabora un modello tridimensionale sui contenuti, operazioni e prodotti
Gagnè : elabora un modello che classifica gli apprendimenti partendo da l’ apprendimento dei
segnali, connessioni stimolo-risposta, associazioni verbali, discriminazioni multiple,
apprendimento dei concetti, apprendimento di principi e regole e attività di problem solving.
Anche in italia esiste un modello tassonomico chiamato tavola tassonomica madre che prevede :
gli apprendimenti elementari: sono quelli che riguardano la prima competenza cognitiva acquisite
soprattutto mediante meccanismo stimolo-risposta.
gli apprendimenti intermedi: attengono prevalentemente al sapere implicano la capacità di
capire ed eseguire ed applicare le conoscenze raccolte
gli apprendimenti superiori: riguardano la padronanza cognitiva e prevedono prestazioni
intellettuali convergenti e divergenti (processo di scomposizione-processo di scoperta).
Le fasi
Per la realizzazione di una didattica costituita da una programmazione per mappe concettuali è
necessario fare riferimento ad alcune fasi:
1-l’elaborazione della mappa concettuale di base: questa operazione consiste nella stesura da
parte dell’ insegnante di una mappa contenente i concetti principali dell’ argomento da
trattare.
Essa indica già i possibili percorsi didattici da realizzare , ma soprattutto fornisce gli elementi
necessari per avviare una conversazione clinica.
2-conversazione clinica: lo scopo di questa attività è sollecitare attraverso una serie di
domande stimolo i soggetti facendo emergere la loro matrice cognitiva rispetto a quel
determinato argomento. Quindi una sorta di conversazione dove gli stessi alunni forniscono
elementi su cui prendere spunto. E in questa fase è molto importante l’ interazione verbale del
docente.
3-ricostruzione della matrice cognitiva: sui concetti emersi dall’ conversazione clinica si
ricostruisce la matrice cognitiva degli alunni ossia dei concetti spontanei o pre appresi circa un
determinato argomento.
4-elaborazione della rete concettuale dell’ unità didattica: questa fase consiste nella
costruzione di una rete concettuale che prefigura un coordinamento significativo tra i concetti
spontanei e quelle dei disciplina. In questa fase possono essere definiti gli obiettivi veri e
propri che scaturiscono tra la mappa concettuale del docente e la matrice cognitiva degli alunni.
5-esecuzione:è il momento in cui si programma l’ attività didattica. Può essere definita un una
serie di operazioni intenzionali e mirate al fine di raggiungere obiettivi significativi e mirati
organizzati in base alla matrice cognitiva. In questa fase quindi vengono rinforzati i concetti
base e smantellati quelli poco rilevanti. Di grande importanza in questa fase sono i mediatori
didattici: giochi, disegni, oggetti ecc..
6-valutazione: nella didattica per concetti so svolge in diversi momenti uno intermedio e uno
finale. La prima valutazione avviene al termine della comunicazione clinica. Nella valutazione
finale le prestazioni vanno controllate in relazione ad alcune abilità dello studente e sono:
generalizzazione, definizione, discriminazione, applicazione, transfer scolastico ed
extrascolastico.
DIDATTICA ROVESCIATA
Attualmente insegnare significa sviluppare un ampia gamma di sensibilità, prerogative, e modelli
operativi che vanno ben oltre l’ aspetto trasmissivo della conoscenza. Un insegnante infatti per
essere efficace deve superare l’ obiettivo della semplice trasmissione di conoscenze e
considerare il rapporto con l’ allievo, con il contesto ,con le proprie conoscenze ed emozioni
come un processo dinamico teso alla trasformazione e allo sviluppo.
Un esempio quindi di didattica dinamica che mette in pratica tutte queste acquisizioni è la
flipped classroom o didattica rovesciata.
La didattica rovesciata prevede che il ruolo del docente non sia solo quello di spiegare, cioè di
dare un versione pre-costruita della conoscenza, quanto piuttosto quello di fornire agli
studenti tutti i materiali utili all’ esplorazione dell’ argomento (documenti , foto, siti web).
Il compito a casa dello studente non sarà quindi quello di imparare la lezione , ma di esplorare
tali materiali costruendo autonomamente un loro punto di vista sull’ argomento. E sarà quindi lo
studente in definitiva a spiegare la lezione al docente.
Il docente si trasforma quindi da trasmettitore in moderatore e motivatore della discussione.
in definitiva la didattica rovesciata consente di minimizzare gli scarti nell’ apprendimento
ottimizzando il tempo. A seguito delle prime sperimentazioni si è notato che:
-realizza migliori risultati dell’ apprendimento.
-migliora il comportamento sociale.
-migliora la qualità dell’ attenzione diminuendo disturbi e interruzioni.
4° CAPITOLO
Come abbiamo visto esaminando i principali modelli della didattica bisogna abbandonare una
didattica trasmissiva dove la qualità della relazione è improntata sull’ autoritarismo del docente
e promuovere invece un approccio centrato sul discente e sulla relazione, teso al raggiungimento
di un clima relazionale positivo basato sull’ empatia e sostanzialmente da una comunicazione
efficace
La variabile fondamentale che rende l’ insegnamento efficace è proprio la qualità della
comunicazione educativa. La didattica si definisce infatti come scienza della relazione educativa
poiché ogni atto di insegnamento/apprendimento è un atto di comunicazione, e saper gestire la
relazione costituisce una competenza essenziale dell’ agire didattico.
Questo non è un compito facile del docente proprio perché ci sono tantissime variabili
interpretative, simboliche ecc. che caratterizzano gli atti comunicativi, per questo le interazioni
formative posso prendere pieghe diverse rispetto a ciò che avevamo predisposto.
Gestire l’ imprevisto che scaturisce proprio dall’ essere in relazione però è possibile , anzi è un
aspetto centrale delle competenze dei docenti, adattando e regolando infatti scelte e
comportamenti in base alle situazioni.
Ciò che rende una relazione efficace o meno si riferisce proprio ai modi di interpretare la
comunicazione altrui, proprio perché ognuno di noi usa dei filtri interpretativi durante una
relazione i quali indirizzano i nostri giudizi e le nostre azioni nei confronti degli altri.
Le ragioni, le pulsioni e le spinte che stanno dietro al nostro modo di comunicare sono per lo più
inconsapevoli ed è proprio questa condizione che li rende difficilmente governabili sfuggendo al
nostro controllo. Se ciò accede normalmente nella vita quotidiana in ambito didattico comunicare
in modo inconsapevole è un grave errore professionale che può determinare il fallimento dell’
processo educativo.
Comunicare significa esprimere se stessi , comunicare vuol dire esistere.
La comunicazione è un processo circolare che include 6 elementi o variabili:
-l’emittente: è la fonte di trasmissione , cioè il soggetto da cui la comunicazione viene
generata. l’ emittente è caratterizzato e condizionato dalla propria cultura, i propri interessa i
propri linguaggi e dalla propria esperienza passata.
-il messaggio: è rappresentato dai contenuti che l’ emittente trasmette. Il messaggio è il cosa
viene comunicato.
-il canale: è il mezzo attraverso cui ilo messaggio viene indirizzato.
-il codice: è l’ insieme dei simboli e delle regole attraverso cui un messaggio si esprime.
-il destinatario: è il soggetto a cui viene inviato il messaggio, anch’ esso come l’ emittente è
caratterizzato da un propria cultura, linguaggi ed esperienze.
-il feedback: è il messaggio di risposta che il destinatario rinvia all’ emittente. Consente di
verificare che il messaggio è giunto a destinazione ed è stato compreso correttamente.
Alle 6 variabili descritte ne va aggiunta un ultima: il contesto ,cioè il luogo o l’ ambiente nel
quale avviene la comunicazione il quale svolge un ruolo importante poiché può influenzare tutte le
altre variabili.
Uno degli equivoci del comunicare è la convinzione che basti comunicare per comprendersi .
In realtà la comunicazione in genere e in particolare quella didattica è caratterizzata da
incomprensioni , malintesi e fraintendimenti.
Per questo con basta comunicare per comprendersi ,ma nel comunicare è più facile non capirsi
che capirsi e ciò avviene il più delle volte inconsapevolmente.
Questo avviene perché ognuno di non comunica esclusivamente parlando, ma basta che due
persone siano inserite in uno spazio di prossimità , cioè che siano sensorialmente percepiti l’un
l’altro per comunicare. Uno sguardo , un atteggiamento del corpo o anche un silenzio
rappresentano tutti modi di comunicare i quali raggiungono il nostro interlocutore a prescindere
dalla nostra volontà. La comunicazione interpersonale , secondo paul watzlawick non si intende
solo quella verbale ma anche quella legata ai gesti (e non gesti), al silenzio e alle parole , alle
azione (e alle non azioni), ai sentimenti (espressi e non , agli sguardi e non sguardi , e tutte
quelle variabili che intervengono quando più persone si confrontano. Per cui come sostiene la
teoria pragmatica della comunicazione umana di watslawick : non si può non comunicare, poiché
la comunicazione si esprime attraverso più dimensioni che si possono riassumere in :
verbali: la comunicazione verbale è costituita dal linguaggio, lo strumento fondamentale di cui
gli uomini si servono per tradurre ciò che pensano in concetti e parole.
L’ aspetto fondamentale della comunicazione non verbale è che ha un ruolo determinante nella
costruzione del significato influenzando gli esiti di qualunque relazione, in particolare quella
didattica. Un atto comunicativo soprattutto in sede didattica infatti per essere efficace deve
essere coerente con le dimensioni che lo costituiscono (verbale, non verbale e para verbale).
Un altro aspetto da considerare nel corso di una comunicazione è la soggettività, legata quindi
ai modi attraverso cui ognuno interpreta i messaggi del proprio interlocutore. La ricezione e la
valutazione di un messaggio sono sempre vincolate da aspetti soggettivi che hanno origi
cognitive, sociali, culturali ed emozionali, che possono essere quindi considerati come delle
barriere della comunicazione. Abbiamo infatti i filtri:
-percettivi: sono relativi alla percezione soggettiva e selettiva dell’evento vissuto o ricordato,
alla familiarità o novità degli elementi che lo costituiscono l’ evento vissuto ,alla percezione di
sé all’ interno della situazione. Ogni essere umano per entrare in rapporto con l’ esperienza usa
la propria percezione ,i propri sensi. la percezione attiene soprattutto ad un organizzazione
mentale degli stimoli che il soggetto attribuisce alla realtà.
-cognitivi: sono relativi ai codici linguistici, ai sistemi di rappresentazione della realtà, alle
gerarchie in base alle quali ordinare le conoscenze.
-culturali: relativi a immagini sociali e culturali , relative all’ appartenenza a gruppi (famiglia ,
politica associazioni) che portano a pregiudizi.
-emozionali: derivano da condizioni interiori, da stati d’animo che interferiscono nell’
interpretazione della comunicazione. Come sentimenti di vulnerabilità o autostima o di
svalutazione ecc.. I filtri emozionali entrano in rapporto con gli altri filtri.
In didattica la comprensione e la gestione delle emozioni permette di indirizzarle nel modo
giusto per migliorare i processi cognitivi e di apprendimento.
LA COMUNICAZIONE MULTIMEDIALE
I problemi e le questioni fin ora affrontare riguardano la comunicazione facci a faccia.
Attualmente esistono atri generi di comunicazione in particolar modo quella testuale e
multimediale. Quando la comunicazione didattica si avvale di supporti multimediali si apre un
nuovo fronte nel comunicare fatto di testi e immagini combinando più codici espressivi
diversamente dalla didattica tradizionale fatta di testi e manuali.
-Un primo elemento che caratterizza la didattica on line sono i suoi strumenti , infatti tale
forma di comunicazione avviene sempre tramite computer ,tablet o smartphone e può avvenire
sia in modalità asincrona (web,blog) o in modalità sincrona (chat, videoconferenze)
-il secondo vincolo che riguarda gli strumenti è quello definito come pressione tecnica, ovvero
che tale comunicazione dipende sempre dal supporto tecnologico (in assenza di internet non si
possono utilizzare), esprime quindi una vulnerabilità. E quindi in didattica questo tipo di
comunicazione deve sempre essere accompagnata da supporti tecnici sempre garantiti.
-una terza caratteristica è che l’ uso di queste tecnologie si fonda sulla necessità di saperle
usare , vale a dire che l’ alunno deve essere in grado di interfacciarsi con esso, altrimenti si
corre il rischio di andare incontro ad ansia di prestazione e calo dell’ autostima.
-una quarta caratteristica riguarda l’ assenza della dimensione non verbale. Questa assenza
costringe al fatto che la comunicazione multimediale sia estremamente precisa e chiara.
Inoltre è importante che questa chiarezza e precisione si integri con delle forme simboliche che
facilitino la comprensione come ad esempio le emoticon. Ciò però aumenta il rischio di
fraintendimenti ed equivoci.
-una quinta caratteristica si riferisce al coinvolgimento emozionale del soggetto.
Proprio perché la comunicazione multimediale non consente la restituzione istantanea dei
feedback positivi in termini di approvazione e riconoscimento. Per questo bisogna inserire dei
messaggi di incoraggiamento e di sostegno volti ad evitare lo smarrimento emozionale.
La comunicazione multimediale riguarda quindi un insieme di stimoli e di sollecitazioni capaci di
sviluppare dinamiche significative finalizzate a rendere il soggetto protagonista attivo e
costruttore del progetto didattico stesso.
Il soggetto diventa quindi un coautore.
5° CAPITOLO
Il termine valutazione ha una geografia semantica molto vasta, cioè può avere molteplici
sfumature di significato.
Con il termine valutazione possiamo intendere ad esempio l’ atto di stimare o attribuire un
valore (nel caso di un bene materiale) , apprezzare o considerare (nel caso di doti morali) ,
esaminare o passare al vaglio (nel caso di valutazioni relative ad una circostanza ) e calcolare o
mettere in conto ( nel caso di prevedere le conseguenze di un evento).
Per questo motivo il termine valutare ha sia un carattere qualitativo e quantitativo dalla cui
sintesi scaturisce il giudizio valutativo.
La valutazione in didattica non riguarda solo il lavoro dell’alunno definendo (cosa ha imparato ),
ma anche il lavoro del docente definendo (quindi questi come ha insegnato).
La valutazione per questo non è un processo lineare , non è quindi riducibile ad una misurazione
quantitativa del risultato. Per questo la valutazione didattica è un processo complesso.
Deve elaborare dei giudizi i quali non potranno mai essere pienamente neutrali.
Poiché valutare è un processo altamente influenzato da fattori di natura affettiva.
D’altro canto però, operare valutazioni il più possibile oggettive ed equilibrate è un compito
ineludibile dell’agire didattico.
Tale obiettivo però non è raggiungibile soltanto attraverso la buona volontà poiché la valutazione
è implicata in ogni azione umana per questo è importante in ambito didattico sgombrare il campo
da ogni illusoria ambizione di oggettività che può essere determinata attraverso strumenti di
valutazione quantitativa.
Ciò che rende una valutazione attendibile va ben oltre la misurazione del profitto o del risultato
attraverso misurazioni oggettive , deve infatti coinvolgere tutte le variabili implicite e
soggettive attraverso una metodologia di analisi appunto di tutte le variabili in gioco.
Per ciò nella valutazione didattica è possibile individuare processi diversi:
-verifica: rivolta alla sviluppo di strumenti di misurazione dei prodotti, degli esiti e dei risultati
della didattica.
-valutazione vera e propria: concentrata sulla produzione di analisi critico-interpretative che
consentono di valutare l’ esito di un progetto didattico in relazione alla variabili che lo hanno
definito.
I processi di verifica e di valutazione vere e propria si incrociano allo scopo di costruire il
senso dell’ esperienza formativa nel suo complesso.(es. del voto 6-2-7)
L’ attribuzione di voti e misurazioni costituisce solo un azione preliminare alla valutazione che pu
essendo funzionale, non può sovrapporsi ad essa.
Bisogna per cui costruire un rapporto tra interpretazioni , giudizi e azioni che sia sostenuto non
soltanto da classificazioni comparative ma dal loro intreccio con criteri di riferimento di natura
formativa.
Quindi ogni valutazione ha sempre bisogno di far riferimento ai criteri di giudizio scelti.
Infatti la misurazione (utilizzo di scale e di parametri), la stima (utilizzo di gerarchi e di
ordini) e l’ interpretazione ( nessuno strumento , solo esperienza e sensibilità) costituiscono
azioni centrali della valutazione ma che sono orientate a partire dalla scelta di un criterio.
1:la soggettività è un processo ineludibile del processo valutativo, da essa non si può
prescindere ma bisogna comunque esercitare un controllo critico delle influenze che determina.
La soggettività esprime valutazioni generalmente di natura qualitativa.
2:l’ oggettività si riferisce invece all’ uso di strumenti di misurazione e di verifica di natura
quantitativa. Il fatto quindi di essere più oggettivi possibile fa ricorrere a sistemi di
valutazione che possano corrispondere il più possibile alla realtà di fatto.
3:l’ intersoggettività costituisce quella accentuazione dell’azione valutativa che riguarda lo
spazio della negoziazione vale a dire la costruzione del consenso circa i giudizi le interpretazioni
e le azioni intraprese in un contesto didattico. Un accordo d’ uso che possa essere condiviso in
quanto è su di esso che matura una forma di valutazione.
-valutazione ex ante: riguarda la fase che precede la vera azione didattica, essa svolge una
funzione diagnostica o di ingresso, misurando i prerequisiti dell’ allievo al fine di formulare
ipotesi predittive circa i livelli di apprendimento raggiungibili.
Si avvale di una serie di strumenti come questionari o prove di ingresso.
L’ esito della valutazione di ingresso tende a dare un distribuzione dei risultati di profitto
degli allievi che generalmente segue la curva di gauss, vale a dire con pochi risultati eccellenti,
pochi estremamente negatici, e la maggior parte fornisce risultati nella media.
Tale distribuzione ha dato luogo ad una organizzazione scolastica per gruppi di livello.
-valutazione in itinere: si riferisce alla vera azione didattica viene anche definita valutazione di
durata. Essa svolge una funzione prettamente formativa offrendo un feedback sia agli alunni
che ai docenti. Costituisce la descrizione delle tappe intermedie del processo formativo.
-valutazione ex post: è la forma di valutazione che si riferisce all’ esito del percorso didattico.
Essa svolge una funzione prettamente sommativa ed è lo strumento per misurare le abilità e le
competenze del percorso didattico. Ha una dimensione sia qualitativa che quantitativa.
Oltre a questo tipo di valutazione che è quindi di tipo cronologico esiste anche un criterio di
tipo posizionale :
-valutazione interna: viene anche detta autovalutazione , ovvero un processo grazie al quale gli
insegnanti intendono riflettere sulla propria produttività e sul valore che sono stati in grado
di produrre.
-valutazione esterna :è quella svolta da enti o sistemi di valutazione nazionali che predispongono
programmi per valutare i livelli del progetto didattico (prove invalsi)