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Cessata l’attività a seguito dell’apertura di una procedura concorsuale, la direzione verso la quale si dirige
l’impresa era obbligata: la liquidazione del patrimonio e la scomparsa dell’impresa dal mercato.
La figura del debitore è stata caratterizzata da sfumature negative fin dalla notte dei tempi e l’associazione
tra i concetti di debito e di colpa affonda le sue radici sia nel terreno del diritto sia nel tessuto socio-
culturale delle diverse civiltà.
Per quanto profondo sia il loro radicamento, analizzando in una prospettiva storica l’evoluzione delle
norme che regolano l’insolvenza degli imprenditori e dei debitori comuni, si può notare come l’accezione
negativa da sempre associata al debito si è gradualmente affievolita per lasciare il posto a una visione dello
stesso per così dire “fisiologica”, quale elemento naturale sia della fattispecie “attività di impresa” sia, più
in generale, della vita umana.
Prima nei paesi anglosassoni e poi anche in quelli dell’Europa continentale, la disciplina del fallimento ha
gradualmente abbandonato la logica sanzionatoria, in base alla quale il fallito doveva essere punito in
quanto ontologicamente fraudator, per fare proprio un approccio diverso, basato sul presupposto che
l’impresa è un valore che va preservato per il bene dell’economia.
1
In questa logica emergono oggi, più che le afflizioni, tecniche volte a consentire al debitore insolvente
(imprenditore e non) di abbattere la propria esposizione debitoria, possibilmente attraverso un accordo
con i creditori, al fine di consentirgli di “ripartire da zero” (ciò che nella cultura giuridica anglosassone viene
definito “fresh start”) anche attraverso l’azzeramento dei debiti rimasti insoddisfatti.
L’intervento precoce consente di «poter intervenire prima che le società non siano più in grado di
rimborsare i prestiti, contribuendo in tal modo a ridurre il rischio di un deterioramento di questi ultimi nei
periodi di congiuntura sfavorevole nonché ad attenuare l'impatto negativo sul settore finanziario»
[Direttiva (UE) n. 2019/1023 del 20 giugno 2019, 3° considerando]
Il CCI prevede l’introduzione di specifiche procedure di allerta, in presenza di indicatori di crisi, definiti
come (art. 13):
«squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario (...) rilevabili attraverso appositi indici che
diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità
aziendale», nonché l’esistenza di «significativi e reiterati ritardi nei pagamenti».
In questi casi, l’organo di controllo societario deve avvisare l’organo amministrativo ed in caso di necessità
informare l’organismo di composizione della crisi (OCRI).
2
LE CINQUE FASI DELLA CRISI
- Amministratori
Incubazione Allerta interna - Organi di controllo (collegio
1 ----------------------------------
della crisi informale sindacale, sindaco unico, società
di revisione)
- Amministratori - Istituti di credito;
- Organi di controllo (collegio - Attestatore;
Maturazione Allerta interna sindacale, sindaco unico, società - Eventualmente:
2
della crisi formale di revisione) o Tribunale;
- Advisor legale, advisor o Commissario
finanziario Giudiziale
- Creditori pubblici
Allerta interna
qualificati;
verso l’esterno
- OCRI;
(organi di - Amministratori
- Professionisti
controllo - Organi di controllo (collegio
Crisi indipendenti
societario) sindacale, sindaco unico, società
3 conclamata nominati dall’OCRI;
di revisione)
reversibile - Attestatore;
Allerta esterna - Advisor legale, advisor
- Eventualmente:
verso l’esterno finanziario
o Tribunale;
(creditori pubblici
o Commissario
qualificati)
Giudiziale
- OCRI;
- Amministratori - Professionisti
Procedure di - Organi di controllo (collegio indipendenti
Insolvenza regolazione della sindacale, sindaco unico, società nominati dall’OCRI;
4
reversibile crisi e di revisione) - Attestatore;
dell’insolvenza - Advisor legale, advisor - Tribunale;
finanziario - Commissario
Giudiziale
- Amministratori
- Organi di controllo (collegio - Creditori
sindacale, sindaco unico, società - Pubblico
Insolvenza Liquidazione
5 di revisione) Ministero
conclamata giudiziale
- Autorità amministrativa che - Tribunale
esercitano la vigilanza e il - Curatore
controllo sull’impresa
3
Verifica che l’Organo amministrativo valuti costantemente assumendo le conseguenti idonee iniziative, se
l’assetto organizzativo dell’impresa sia adeguato, se sussista l’equilibrio economico finanziario e quale sia il
prevedibile andamento della gestione.
Quando la dialettica tra gli organi non è sufficiente ovvero dalla fase di incubazione la crisi passa alla fase di
maturazione.
4
Dal momento della segnalazione ci sono 3 giorni di tempo in cui la camera di commercio che riceve la
segnalazione individua i componenti di quell’OCRI (non c’è un OCRI per tutte le procedure di composizione
della crisi, per ogni istanza vengono individuati tre professionisti che compongono l’organismo con
riferimento all’istanza. Costituito il collegio entro 15 giorni si ha l’ammissione del debitore (viene sentito dai
componenti dell’OCRI) e si attiva il procedimento che si svolge attraverso l’individuazione da parte
dell’OCRI sentito il debitore, di possibili solzuioni. Cioè l’OCRI interviene suggerendo all’imprenditore quali
potrebbero essere gli strumenti per affrontare il problema. C’è una fase di trattativa con i creditori che può
durare fino a 3 mesi in cui il debitore relaziona l’OCRI. Scaduti i tre mesi se l’OCRI si rende conto che ancora
la soluzione non è arrivata ma le trattative sono andate avanti e ci sono stati dei riscontri positivi può
prorogare di altri 3 mesi questa fase.
Alla fine se dopo i primi 3 mesi (eventualmente prorogati) non si riesce ad arrivare ad una soluzione, l’OCRI
invita a presentare un ricorso alle procedure di regolazione della crisi di impresa (concordato preventivo,
accordo di ristutturazione).
Il debitore ora ha 30 gg per presentare la domanda, presenta la domanda di concordato o omologazione di
accordo di ristrutturazione. Lo può presentare in bianco ovvero con riserva di presentare un piano di
regolazione della crisi (da depositare in 30-60 gg prorogabili di altri 60-120 gg) se la procedura della crisi
non va a buon fine si apre la liquidazione giudiziale.
In tutto questa fase preventiva di allerta preventiva può durare 17 mesi.
MATURAZIONE DELLA CRISI CRISI CONCLAMATA REVERSIBILE
Organo S
CdA
controllo
adotta misure
M O Audizione
segnala a CdA A L
N U Composizio Relazione
CdA C Z ne assistita aggiornata
individua crisi: avvio
soluzioni
A I Costituzione trattative
T O OCRI
A N
E
30gg 60gg 3gg lav. 15gg lav. n.n. 3 mesi PROROGA 3 mesi
segnalazione
OCRI OCRI proroga se
riscontri positivi
Individuazione
trattative
misure OCRI,
fissazione
termine
ALLERTA ESTERNA
CREDITORI
PUBBLICI
QUALIFICATI
10 mesi
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Allerta interna – la struttura organizzativa
La fase di allerta interna, che si fonda sulla dialettica societaria, trova il suo fulcro in una modifica legislativa
che è già entrata in vigore ed è stata introdotta con CCI ma riguarda le norme del codice civile in tema di
impresa. In particolare l’intervento riguarda art. 2086
art. 3 CCI:
«L’imprenditore collettivo deve adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del
codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative»;
Questa norma di carattere generale trova declinazione nelle norme che riguarda l’organo amministrativo
societario:
«Il debitore, all’esito dell’allerta o anche prima della sua attivazione, può accedere al procedimento di
composizione assistita della crisi, che si svolge in modo riservato e confidenziale dinanzi all’OCRI».
Nel momento in cui la crisi non è conclamata prevale l’interesse alla riservatezza.
6
Allerta interna formale – obblighi di segnalazione
Art. 14 CCI:
l’obbligo di segnalazione è si dell’organo amministrativo ma anche organi di controllo, revisore contabile
etc…
«Gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell’ambito delle
proprie funzioni, hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente,
assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste
l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare
immediatamente allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi».
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La disciplina delle s.r.l., invece, perlomeno in astratto, si basa su un modello personalistico, per certi versi
opposto a quello delle s.p.a., che si contraddistingue per la «generale competenza dei soci su tutti gli
aspetti della vita sociale», compresa l'“eterogestione” (Trib. Milano, sez. VIII, 1 settembre 2010; M.
Rescigno, Eterogestione e responsabilità nella riforma societaria fra aperture e incertezze: una prima
riflessione, in Società, 2003, 331 ss.), intesa quale egemonia sul governo dell'impresa. Nell'ambito di tale
tipo societario, quindi, la “sovranità” spetta ai soci e, in rapporto a questi, può ritenersi che l'organo
amministrativo versi in posizione sotto ordinata (Luciano, La gestione della s.r.l. nella crisi pre-concorsuale,
in Riv. soc., 2017, 405 ss.)
Nelle s.r.l., la possibilità per i soci di esercitare prerogative (in senso lato) gestorie accresce il rischio che, in
presenza di una crisi pre-concorsuale vengano perseguiti i loro interessi, che sono potenzialmente
contrastanti con quelli dei creditori.
In tali società, quindi, si pone con particolare criticità la questione di disincentivare, nella fase di allerta, il
perseguimento di obiettivi e interessi tipicamente riconducibili ai soci.
L’incentivo accordato a sindaci e revisori, volto a incoraggiare l’emersione precoce della crisi, appare essere
preordinato a preservare i creditori dall'opportunismo dei soci, che potrebbero essere naturalmente inclini
a evitare che la situazione di crisi emerga all’esterno dell’organizzazione societaria.
Per questo motivo il 2477 sono stati modificati i limiti. Perché nelle srl non c’è organo di controllo e non è
interesse dei soci far sapere della crisi.
I limiti di obbligatorietà dell’organo di controllo nelle s.r.l.
(prima del CCI)
Art. 2477
«[3] La nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società:
a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal rimo comma dell'articolo 2435-
bis*»
*1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro;
2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro;
3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 50 unità.
Nel quadro previgente, circa 14.300 s.r.l. (pari a poco meno del 3% del totale delle imprese analizzate)
erano obbligate alla costituzione dell’organo di controllo in base ai criteri quantitativi di cui alla lett. c).
Poco più della metà di queste (circa 7.300, pari all’1,5% del totale delle imprese analizzate) era incluso in
tale insieme in virtù dei soli criteri relativi all’attivo e ai ricavi, non eccedendo la soglia prevista per i
dipendenti.
In base ai parametri del CCI, sarebbero state circa 140.000 le s.r.l. del campione soggette all’obbligo (pari
al 28,5% del totale di quelle considerate).
9
secondo i vecchi e i nuovi criteri quanti- costituzio
tativi (percentuali e numeri assoluti)
Poco meno della metà, vi rientra in virtù
del superamento di una sola delle tre
soglie previste, mentre nei restanti casi
sono contestualmente verificate due o
più condizioni.
Circa 32.000 imprese (pari al 23% di
quelle soggette all’obbligo e al 6,5% del
totale delle imprese analizzate) risultano
tenute alla costituzione dell’organo in
ragione del solo requisito dei
dipendenti, il cui superamento
rappresenta l’occorrenza più comune nei
casi di s.r.l. soggette all’obbligo in virtù di
un unico criterio
Fonte: elaborazioni
Per molte su dati
imprese di piccole Cervedsostenere
dimensioni e INPS.
i costi dell’organo di controllo diventata
complicato in quanto spesso era solo uno il
Il criterio dei dipendenti contribuisce, ino
criterio superato.
all’aumento del numero totale di operatori toc
Quindi si è guardato cosa accadeva variando solo
illustratoil parametro
dal seguentedipendentiGedankenexperiment.
(grafico sotto: portando Ig
la soglia di dipendenti 20 il livello delle imprese si
criterio sia nel vecchio sia nel nuovo sistema, s
riduce oltre il quale la curva rimane neutra quindi
mativa avrebbe
la soglia neutraindotto un18 unità.
è quella delle incremento della q
nomina Ilsostanziale
criterio dei dipendenti contribuisce in maniera
dell’organo pari a 20,5 punti percentua
all’aumento del numero totale di
Dato il parametro di 50
operatori toccati dalla norma.dipendenti vigente ne
Ignorando ipoteticamente tale criterio mento della stessa intensità (dal 3 al 23,5 per ce
sia nel vecchio sia nel nuovo sistema, si
stima che la modifica normativa per cento stimato nel nuovo scenario) si sare
avrebbe indotto un incremento della nuova soglia a 18 unità (Fig. 2), numero che ra
quota di imprese tenute alla nomina
dell’organo pari al 20,5 % (dall’1,5 al
22%).
Dato il parametro di 50 dipendenti
vigente nel sistema precedente, un
aumento della stessa intensità (dal 3 al
14
Sul punto, cfr. BANCA D’ITALIA, Schema di decret
23,5%, dunque, anziché al 28,5% crisi di impresa e dell’ insolvenza in attuazione della le
stimato nel nuovo scenario) si sarebbe moria depositata presso il Senato della Repubblica, Com
osservato stabilendo la nuova soglia a
2018, ove si fornisce una stima, in chiave aggregata, di t
18 unità.
alla costituzione dell’organo di controllo alla luce dei nu
Imprese soggette all’obbligo di costituzione dell’organo di controllo al variare della soglia prevista per il
numero di dipendenti
Riproduzione
Quella delle 18 unità sarebbe, pertanto, una sorta riservata
di «soglia neutra»: qualunque valore al di sotto di esso si
associa a un contributo positivo del criterio sugli occupati alla variazione nel numero delle imprese soggette
all’obbligo.
Guardando alle società che soddisfano il solo requisito dei di- pendenti – ora pari o superiore a 10 unità –
emerge che esse sono caratterizzate da valori medi dell’attivo (circa 950.000 euro) e dei ricavi (circa
1.180.000 euro) sensibilmente inferiori alle nuove soglie previste per queste due dimensioni*.
10
*L’incentivo a non aumentare i dipendenti oltre le 10 unità potrebbe avere effetti depressivi sulla crescita
dimensionale delle imprese di tale categoria, con un conseguente impatto negativo sull’occupazione.
un periodo di tirocinio, di durata non inferiore a mesi sei che abbia consentito l'acquisizione di
competenze mediante la partecipazione alle fasi di elaborazione ed attestazione di accordi e piani
omologati di composizione della crisi da sovraindebitamento, di accordi omologati di ristrutturazione dei
debiti, di piani di concordato preventivo e di proposte di concordato fallimentare omologati, di verifica dei
crediti e di accertamento del passivo, di amministrazione e di liquidazione dei beni.
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Condizione per il mantenimento dell’iscrizione è l’acquisizione di uno specifico aggiornamento biennale,
ai sensi del predetto decreto.
Occorre possedere i requisiti di onorabilità di cui all’art. 356, 3° co., CCI
OCRI – Procedimento
Entro quindici giorni lavorativi dalla ricezione della segnalazione o dell’istanza del debitore, l’OCRI convoca
dinanzi al collegio nominato ai sensi dell’articolo 17 il debitore medesimo nonché, quando si tratta di
società dotata di organi di controllo, i componenti di questi ultimi, per l’audizione in via riservata e
confidenziale;
Il collegio sceglie tra i propri componenti il presidente, che nomina relatore se stesso o altro componente
del collegio. Il relatore ha il compito di acquisire e riferire i dati e le informazioni rilevanti.
Se il debitore non assume alcuna iniziativa allo scadere del termine fissato, il collegio informa con breve
relazione scritta il referente, che ne dà immediata comunicazione agli autori delle segnalazioni.
Il referente dà notizia ai soggetti qualificati di cui agli articoli 14 e 15 che non abbiano effettuato la
segnalazione dell’eventuale presentazione dell’istanza di composizione assistita della crisi da parte del
debitore, avvertendoli che essi sono esonerati dall’obbligo di segnalazione per tutta la durata del
procedimento.
OCRI – Misure protettive
Dopo l’audizione, il debitore può chiedere alla sezione specializzata in materia di imprese del luogo in cui si
trova la sede dell’impresa, le misure protettive (artt. 54 e 55 CCI) necessarie per condurre a termine le
trattative in corso.
La durata iniziale delle misure protettive non può essere superiore a tre mesi e può essere prorogata anche
più volte, su istanza del debitore, fino al termine massimo per il raggiungimento dell’accordo, a condizione
che siano stati compiuti progressi significativi nelle trattative tali da rendere probabile il raggiungimento
dell’accordo, su conforme attestazione resa dal collegio.
Durante il procedimento di composizione assistita della crisi e fino alla sua conclusione, il debitore può
chiedere al giudice competente che sia disposto il differimento degli obblighi di riduzione del capitale
sociale per perdite e la non operatività della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del
capitale sociale. Su istanza del debitore, il provvedimento può essere pubblicato nel registro delle imprese.
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Le misure concesse possono essere revocate in ogni momento, anche d’ufficio, se risultano commessi atti
di frode nei confronti dei creditori o se il collegio segnala al giudice competente che non è possibile
addivenire a una soluzione della crisi o che non vi sono significativi progressi nell’attuazione delle misure
adottate per superare la crisi.
OCRI – L’accordo
Su istanza del debitore, formulata anche all’esito dell’audizione di cui all’articolo 18, il collegio fissa un
termine non superiore a tre mesi, prorogabile fino ad un massimo di ulteriori tre mesi solo in caso di
positivi riscontri delle trattative, per la ricerca di una soluzione concordata della crisi dell’impresa,
incaricando il relatore di seguire le trattative.
L’accordo con i creditori deve avere forma scritta, è depositato presso l’organismo e non è ostensibile a
soggetti diversi da coloro che lo hanno sottoscritto. L’accordo produce gli stessi effetti degli accordi che
danno esecuzione al piano attestato di risanamento e, su richiesta del debitore e con il consenso dei
creditori interessati, è iscritto nel registro delle imprese.
OCRI – L’accordo. Effetti. (Art. 166, 3° comma, lett. d)
Non sono soggetti all’azione revocatoria:
d) gli atti, i pagamenti effettuati e le garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione del
piano attestato di cui all’articolo 56 o di cui all’articolo 284 e in esso indicati. L’esclusione non opera in caso
di dolo o colpa grave dell’attestatore o di dolo o colpa grave del debitore, quando il creditore ne era a
conoscenza al momento del compimento dell’atto, del pagamento o del- la costituzione della garanzia.
L’esclusione opera anche con riguardo all’azione revocatoria ordinaria.
OCRI – Conclusione (negativa) del procedimento
Allo scadere del termine non è stato concluso un accordo con i creditori coinvolti e permane una situazione
di crisi
Il Collegio invita il debitore a presentare domanda di accesso ad una delle procedure procedura regolatrice
della crisi o dell’insolvenza o alla liquidazione giudiziale nel termine di trenta giorni.
OCRI – Documentazione acquisita agli atti
Il debitore può utilizzare la relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria
dell’impresa, nonché l’elenco dei creditori e dei titolari di diritti reali o personali, con indicazione dei
rispettivi crediti e delle eventuali cause di prelazione, eventualmente predisposta dal Collegio.
3. Della conclusione negativa del procedimento di composizione assistita della crisi l’OCRI dà
comunicazione ai soggetti di cui agli articoli 14 e 15 che non vi hanno partecipato.
Gli atti relativi al procedimento e i documenti prodotti o acquisiti nel corso dello stesso possono essere
utilizzati unicamente nell’ambito della procedura di liquidazione giudiziale o di un procedimento penale (da
soggetti diversi dal debitore?).
OCRI – Segnalazione al P.M.
Se il debitore non compare per l’audizione, o dopo l’audizione non deposita l’istanza per la concessione
del termine per le trattative, senza che sia stata disposta dal collegio l’archiviazione, o all’esito delle
trattative non deposita domanda di accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza
nel termine assegnato, il collegio, se ritiene che gli elementi acquisti rendano evidente la sussistenza di
uno stato di insolvenza del debitore, lo segnala con relazione motivata al referente che ne dà notizia al
pubblico ministero presso il tribunale competente.
Il pubblico ministero, quando ritiene fondata la notizia di insolvenza, presenta tempestivamente, e
comunque entro sessanta giorni dalla sua ricezione, il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale
OCRI – Compensi
Il compenso dell’OCRI, se non concordato con l’imprenditore, è liquidato ai sensi dell’articolo 351, tenuto
conto, separatamente, dell’attività svolta per l’audizione del debitore e per l’eventuale procedura di
composizione assistita della crisi, nonché dell’impegno in concreto richiesto e degli esiti del procedimento.
Gli importi spettanti all’OCRI per i costi amministrativi e i compensi dei componenti del collegio sono
concordati con il debitore o, in difetto, liquidati dal presidente della sezione specializzata in materia di
impresa, tenuto conto dell’impegno in concreto richiesto e degli esiti del procedimento (art. 351)
E l’indipendenza?
L’ultimo fa venire meno il criterio di indipendenza che è richiesto ai componenti dell’OCRI
13
LEZIONE 2
SISTMA DELL’ALLERTA PREVENTIVA: Meccanismi che il legislatore nella riforma della normativa
concorsuale attraverso il CCI ha apprestato per consentire una più efficace e precoce emersione di
situazioni di crisi fornendo alle imprese uno strumento con cui è possibile nella prima fase della crisi trovare
una soluzione. Questa procedura si svolge davanti all’OCRI che agevola il raggiungimento dell’accordo tra
debitori e creditori per superare la crisi temporanea.
Qualora l’imprenditore non assuma iniziative per superare la crisi necessariamente si passa alla fase del
ricorso alle procedure di regolazione della crisi ed in ultima istanza la liquidazione giudiziale.
Il CCI non è ancora in vigore ed è stata posticipata. Tuttavia sebbene il meccanismo dell’allerta non sia
ancora attiva, le procedure di regolazione della crisi sono procedure che già sono presenti con una
regolamentazione simile anche nella legge fallimentare. La liquidazione giudiziale è il corrispondente del
fallimento.
Queste procedure di regolazione della crisi sono 3:
- piani attestati
- accordo di ristrutturazione
- concordato preventivo
E se i creditori si comportassero senza regole l’esito sarebbe che uno prende tutto e gli altri restano
insoddisfatti. Esiste una norma sul c.c. sui diritti che il creditore ha sul patrimonio del debitore: PAR
CONDICIO CREDITORUM (Diritto di creditori di esser trattati in modo paritario).
Chi sono i creditori che avranno un vantaggio nella distribuzione? Lo dice il comma 2 del 2741 ovvero salvo
le cause di prelazione, ovvero le ipotesi in cui la legge sceglie di attribuire ad alcuni una preferenza nella
distribuzione del ricavato del patrimonio del debitore. I privilegi sono stabiliti dalla legge in ragione di
valutazioni socio-economica del legislatore.
14
Es i lavoratori hanno un privilegio generale immobiliare sul patrimonio perché i lavoratori sono deboli. E poi
anche i titolari di diritti di ipoteca e pegno.
Questa attuazione del rispetto dell’ordine di cause di prelazione si ha solo nel procedimento esecutivo, cioè
solo quando i beni del debitore vengono liquidati e il ricavato è distribuito tra i creditori. Questa modalità di
attuazione della garanzia patrimoniale si può avere:
- Attraverso una procedura esecutiva individuale → un creditore agisce contro il debitore per
ottenere soddisfazione del suo credito e possono intervenire altri creditori e la distribuzione del
ricavato avviene sulla base del rispetto delle cause legittime di prelazione
- Attraverso una procedura esecutiva non individuale ma collettiva (cioè fallimento ovvero il
procedimento attraverso il quale un pubblico ufficiale (il curatore) provvede alla liquidazione del
patrimonio del debitore e alla distribuzione del ricavato a tutti i creditori nel rispetto del
principio di parità di trattamento fatte salve le cause legittime di prelazione.
QUAL è LO SVANTAGGIO DI INDIVIDUARE COME UNICA CONSEGUENZA COME PRESA D’ATTO CHE IL
PATRIMONIO è INSUFFICIENTE A FAR FRONTE ALLE OBBLIGAZIONI, QUELLA DI DARE AVVIO AD UNA
PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE COLLETTIVA?
È la strada più economicamente vantaggiosa per i creditori? No, perché a livello di creditori intesi come
gruppo se l’imprenditore potesse andare avanti potrebbe riuscire a soddisfare tutti nel lungo periodo.
In alcuni casi l’apertura del fallimento è totalmente inefficiente e ha conseguenze personali non
indifferenti, allora il fallimento ha pensato che prima di arrivare al fallimento si potesse mettere
qualcos’altro che contemperi le esigenze dei creditori e di ostacolo ad iniziative individuale dei creditori
forti che possono compromettere una più equa distribuzione delle risorse da un lato, e dall’altro
contemperando l’esigenza di evitare di tirarla troppo avanti e arrivare al fallimento quando le risorse sono
sparite.
Per trovare possibili soluzioni, partendo da una considerazione cioè che quando si verifica uno squilibrio
patrimonio/sovraindebitamento chi rischia sono i creditori, sono state valorizzate l’utilizzo di procedure
cosiddette di composizione negoziata della crisi di impresa. Cioè ha posto l’imprenditore sotto un
ombrello protettivo dalle iniziative individuale dei creditori, impedendo temporaneamente l’adozione dei
singoli creditori le strategie individuali che potessero compromettere l’equa distribuzione del patrimonio,
consentendo di concordare tra imprenditore e creditori un modo alternativo di superamento della crisi che
potesse auspicabilmente consentire una ripresa dell’attività di impresa e la continuazione dei rapporti tra
imprenditore e mercato → non si ha una dispersione immediata della ricchezza, ma si sarebbe conservata
l’iniziativa economica in futuro sia a vantaggio dello stato che dei creditori. Salvare l’impresa significa
mettere l’economia in salvo, ovvero consentire ad alcune imprese in crisi di superare la crisi e ricominciare
l’attività (producendo PIL e pagando tasse).
15
Quando vi è un sovraindebitamento chi rischia sono i creditori
PERCHE’?
In un’attività di impresa societaria al primo giorno di esercizio dell’attività sono i soci a mettere il capitale di
rischio, quindi al passivo avrò il capitale e all’attivo il valore dei conferimenti. Se al giorno 2 le cose vanno
male perdono solo i soci. I soci però acquisiscono anche dei diritti:
- Partecipazione agli utili
- Diritto di voto → possono condizionare gli andamenti aziendali attraverso la nomina degli
amministratori che gestiscono la società e se l’amministratore non è efficiente viene sostituito.
Questo diritto è una possibilità connessa al fatto che i soci hanno messo del capitale e lo stanno rischiando.
E se si verifica una perdita che riduce il capitale sociale? I soci già hanno rischiato e hanno perso, se la
società continua ad operare dopo che i soci hanno perso il capitale sociale chi rischia sono i creditori. La
società sta operando con la leva finanziaria, ovvero i soldi che sono dei terzi. Se i soldi li stanno mettendo i
creditori allora la parola su come va svolta l’attività dovrebbe spettare ai creditori.
Nel fallimento non sono i creditori a definire le modalità di liquidazione al massimo possono vigilare con il
comitato creditori.
Se i creditori vogliono decidere una modalità di superamento della crisi senza esser assoggetto alla
liquidazione concorsuale lo dovrebbero decidere i creditori. Allora le procedure sono procedure che
comportano un coinvolgimento attivo dei creditori, la struttura delle procedure è sempre fondata su un
accordo:
➢ O un accordo raggiunto da imprenditore e creditore one to one → ovvero ci sono singole
negoziazioni con ogni creditore che diventano parte di un accordo singolo con un numero
qualificato di creditori → ACCORDO DI RISTRUTTURAZIONE. Struttura che è così perché la crisi non
è tale da rendere difficile la negoziazione uno a uno con i creditori
➢ Oppure quando la situazione peggiora e mettere d’accordo tutti uno a uno diventa difficile perché
tutti stanno rischiando molto il meccanismo non è più quello di negoziazione uno a uno ma
diventa un meccanismo di negoziazione collettiva attraverso un procedimento che si basa su una
votazione dei creditori e sull’approvazione di una proposta di soluzione della crisi che viene
deliberata a maggioranza → CONCORDATO PREVENTIVO
Il principio maggioritario, collegiale, è un metodo per raggiungere in modo più efficiente le decisioni
quando le decisioni toccano gli interessi dei singoli soggetti che fanno parte di un gruppo.
Il piano attestato non coinvolge i creditori, è un piano che definisce l’imprenditore e per raggiungere certi
effetti questo piano deve esser accompagnato da una attestazione da parte di un esperto che attesta la sua
idoneità a portare in equilibrio i conti della società.
16
Terzo comma lettera d:
“Non sono soggetti a revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché
posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione
debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria.
La veridicità dei fatti aziendali e la fattibilità del piano devono esser attestati da un professionista
indipendente, scelto dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali e che sia in possesso dei requisiti
previsti da art. 28 per la nomina a curatore fallimentare.
L’indipendenza del professionista è garantita quando questo professionista non è legato all’impresa o a
coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale
tali da compromettere l’indipendenza di giudizio e deve esser in possesso dei requisiti di indipendenza
previsti da art. 2399 c.c. per i componenti del collegio sindacale”
Quando i creditori forti sanno che il debitore è in crisi contrattano con l’imprenditore più difficilmente
meccanismi di risoluzione perché hanno paura che se lo fanno, potrebbero in futuro esser soggetti all’azione
revocatoria fallimentare. Se il riequilibrio non va a buon fine tutti i pagamenti ai creditori potrebbero esser
oggetto di revocatoria. Quindi l’effetto che il piano ha è quello di esentare gli atti e pagamenti effettuati in
attuazione del piano dalla revocatoria.
Il piano non necessariamente deve esser divulgato, può restare nel cassetto dell’imprenditore. Sarà tirato
fuori dal cassetto quando il curatore fallimentare vuole esercitare l’azione revocatoria e il creditore dirà che
non può farlo perché in esecuzione di piano attestato.
La corrispondente disciplina nel CCI è contenuta nell’art. 56 ancora non trova applicazione perché la
norma non è in vigore ma trova applicazione l’art. 67 c.3 lett. d (istituto che esiste dal 2005)
L’art. 56 inoltre definisce il contenuto che deve avere il piano attestato e dispone che venga iscritto al
registro delle imprese. Il problema che risolve l’art. 56 è quello di attribuire al piano attestato DATA
CERTA. Altrimenti è facile fare il piano dopo il pagamento, ma per beneficiare della revocatoria è
indispensabile che il piano venga fatto prima dei pagamenti. Grazie al meccanismo della pubblicazione
che però è facoltativo, ma il realtà il problema è risolto davvero dal comma 2 dell’art. 56 che dice che il
piano deve avere data certa quindi devo farlo autenticare dal notaio, mandarlo per PEC o altri modo che
garantiscano la data certa.
Questo è il primo strumento di regolazione della crisi a disposizione del debitore alla cui adozione
corrispondono effetti limitati che consistono essenzialmente solo nell’esenzione dalla revocatoria.
Secondo strumento:
ACCORDO DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO (ART. 182-BIS L.F / ART. 57 e seguenti CCI)
Art. 182-bis consente all’imprenditore in stato di crisi di domandare, depositando la documentazione
prevista da art. 161 [concordato preventivo→ quindi hanno stessa documentazione ovvero:
➢ Relazione sulla situazione patrimoniale, economica, finanziaria dell’impresa
➢ Stato analitico ed estimativo delle attività ed elenco creditori con indicazione dei rispettivi crediti e
cause di prelazione
➢ Elenco di titolari di diritti reali o personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore
➢ Valore dei beni e dei creditori particolari ed eventuali soci illimitatamente responsabili]
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Unitamente a questa documentazione posso domandare che venga omologato dal tribunale quindi c’è un
intervento dell’autorità giudiziaria ex ante. Quindi chiedo al tribunale di omologare ex ante un accordo
stipulato con i creditori, tutti?, no. Creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti dell’impresa.
Quindi se raggiungo un accordo con i creditori che in relazione all’ammontare dei loro crediti
rappresentano il 60% dei crediti dell’impresa. Insieme alla documentazione del 161 devo depositare anche
una relazione redatta da un professionista che attesta la veridicità dei dati aziendali e la possibilità che
l’accordo venga attuato. Ma poiché l’accordo coinvolge non necessariamente tutti i creditori ma solo quelli
che rappresentano almeno il 60%, la relazione del professionista (a differenza del piano attestato dove si
attesta solo la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità dell’accordo) qui il professionista deve attestare
anche che il piano sia elaborato in modo da garantire la possibilità che i creditori estranei all’accordo di
ristrutturazione del pagamento integrale che deve avvenire:
L’iscrizione al RI non è facoltativa ma una volta omologato l’accordo viene registrato al RI e l’efficacia
dell’accordo scatta con la pubblicazione dell’accordo.
La norma al terzo comma dice che dalla data di pubblicazione dell’accordo e per i 60 gg successivi, i
creditori che hanno titolo o causa anteriore all’accordo medesimo non possono iniziare o proseguire azioni
cautelari (sequestri) o esecutive (pignoramenti) sul patrimonio del debitore. Né acquisire titoli di
prelazioni se non facenti parte dell’accordo medesimo.
Poi la norma richiama l’applicazione del 168 c.2 che aggiunge all’effetto protettivo di impedire di iniziare o
proseguire azioni esecutive da anche la sospensione dei termini di prescrizione e la non verificazione dei
termini di decadenza.
Questo divieto di iniziare o proseguire azioni individuali o esecutive si applica dopo l’omologazione
dell’accordo quindi
- mette a riparo il debitore dalle iniziative dei creditori estranei all’accordo per evitare che possa
esser compromessa l’attuazione dell’accordo con chi ha partecipato,
- ma assume un certo valore anche una protezione dalle azioni dei creditori anche in fase di
negoziazione. Infatti alla fine se io contatto i creditori per fare un accordo di ristrutturazione i
creditori hanno il coltello dalla parte del manico.
Allora per raggiungere un accordo che sia nell’interesse di tutti e che appiattisca il vantaggio dei creditori
forti e deboli, l’imprenditore ha bisogno di una protezione da questi ricatti anche prima dell’omologazione,
cioè nella fase di negoziazione con i creditori. Per questa ragione il sesto comma stabilisce il divieto di
iniziare o proseguire azioni individuali o esecutive può esser richiesto dall’imprenditore anche nel corso
delle trattative e prima della formalizzazione dell’accordo depositando presso il tribunale la
documentazione di cui art. 161 c.1 e 2 (a-b-c-d) e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione
dell’imprenditore che attesta che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che
rappresentano almeno il 60% dei crediti. Nonché ancora la dichiarazione del professionista circa
l’idoneità della proposta ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori con cui sono in corso le
trattative, ovvero assicurare il pagamento di coloro che non hanno dato la propria disponibilità a
trattare. Questa istanza di sospensione delle azioni esecutive e cautelari anteriore al raggiungimento
dell’omologazione dell’accordo si pubblica nel RI e produce l’effetto dal momento della pubblicazione nel
RI.
Quindi il debitore può anticipare gli effetti protettivi ad una fase anteriore (prima della stipula dell’accordo)
ma sono in corso le trattative con almeno il 60% del credito rappresentato e attraverso la pubblicazione nel
RI del provvedimento del tribunale che concede l’estensione a ritroso del momento dell’effetto protettivo,
il debitore nella fase delle trattative si pone a riparo di comportamenti opportunistici dei creditori che
minerebbero alla realizzazione dell’accordo.
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Anche nel cosiddetto CONCORDATO IN BIANCO
La palla passa nelle mani dei creditori perché sono loro che rischiano, se noi abbiamo una società e gli
amministratori propongono un piano in cui ci chiedono di metter dei soldi e quel progetto porterà a degli
utili, noi non ci fidiamo degli amministratori ma in questo caso c’è un’attestazione del professionista che
dice che è realizzabile, nessuno sa se si realizzerà davvero. Magari il piano salta perché diventa non fattibile
per via di cause esterne non imputabili né al professionista né all’imprenditore.
All’esito di questi 120 giorni e quindi una volta che il debitore ha iniziato le trattative con i creditori
potrebbe decidere, piuttosto che sottoporsi alla procedura di concordato che è più lenta e complessa,
potrebbe decidere di presentare un accordo di ristrutturazione. Questa possibilità la troviamo nell’art. 161
comma 6 l.f. la norma dispone che l’imprendiore può depositare il ricorso contenente la domanda di
concordato con i 3 bilanci dei 3 esercizi, l’elenco nominativo dei creditori, riservandosi di presentare la
proposta, il piano e la documentazione. Entro un termine fissato dal giudice in 60-120 giorni e
prorogabile in presenza di giustificati motivi di non oltre 60 giorni.
Minimo 60 max 180. Nello stesso termine in alternativa e con conservazione fino all’omologazione degli
effetti proposti dal ricorso, cioè l’impossibilità di proporre azioni esecutive, il debitore può depositare,
anziché la domanda di concordato, la domanda di cui art. 182-bis (omologazione di accordo di
ristrutturazione). Se alla scadenza del termine l’imprenditore non presenta né la domanda di concordato né
l’omologazione accordo di ristrutturazione vi sarà un provvedimento del tribunale di revoca
dell’ammissione alla procedura ed eventualmente si apre la procedura fallimentare, se ricorrono i
presupposti.
Art. 182-ter
Reca la disciplina della transazione fiscale cioè l’accordo che il creditore può raggiungere con i creditori
tributari e contributivi. La transazione fiscale è una parentesi all’interno del concordato preventivo e
riguarda una trattativa tra creditori fiscali e previdenziali ed il debitore. Infatti l’art. 182-ter stabilisce che
“insieme all’accordo di concordato il debitore può presentare una proposta che preveda il pagamento
parziale o dilazionato dei tributi o relativi accessori nonché dai contributi obbligatori e relativi accessori.
Questo piano deve prevedere che il pagamento sia almeno pari alla soddisfazione ce l’ente realizzerebbe
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in ragione della sua collocazione preferenziale (titolarità di cause di prelazione) sul ricavato in caso di
liquidazione sui beni su cui insiste la causa di prelazione.”
Cioè se l’agenzia fiscale ha il privilegio generale sui beni immobili del debitore, la proposta di pagamento
parziale o dilazionato dell’agenzia delle entrate deve prevedere un ammontare che sia almeno pari a ciò
che si presume che dalla liquidazione del patrimonio immobiliare del debitore l’agenzia conseguirebbe in
rapporto alla sua collocazione dei privilegi. La corrispondenza della cifra offerta dall’agenzia fiscale rispetto
al ricavato che in caso di liquidazione si otterrebbe dalla vendita dei beni deve esser attestata sempre dal
professionista indipendente di cui art. 67 c.3 lett. d
Se il credito tributario è assistito da privilegio la % offerta e i tempi di pagamento devono esser uguali a
quelli offerti a creditori collocati nel medesimo grado. Mentre se il credito è di natura chirografario il
trattamento non può esser differente rispetto a quello degli altri chirografari.
Qui si distingue il trattamento di creditori omogenei perché nell’accordo preventivo è possibile non
prevedere un trattamento uguale per tutti i creditori, fermo restando che i privilegiati devono prendere
l’intero o l’intero del valore che ricaverebbero dal bene su cui insiste il privilegio, ma si può effettuare una
graduazione dei creditori attraverso una classificazione dei creditori aventi medesima posizione giuridica ed
interessi economici omogeni, per parcellizzare il voto maggioritario non utilizzando come denominatore
l’intero gruppo dei creditori, ma avendo un denominatore per ogni classe di creditori diverso.
Nei chirografari ci sono lavoratori, banche, fornitori strategici, fornitori non strategici… per ciascuna di
queste categorie di creditori io offro una % diversa, ad alcuni do 70, 30, 10… ogni gruppo di creditori
omogenei vota con una maggioranza calcolata avendo come denominatore l’ammontare dei crediti che
fanno parte di quel gruppo. Il concordato viene approvato se la maggioranza dei gruppi al suo interno
consegue la maggioranza dei crediti.
Così non faccio una votazione in cui devo avere il 50% +1 di tutti ma faccio tante votazioni per ciascuno dei
gruppi omogenei e calcolo all’interno di ciascun gruppo omogeneo la maggioranza dei crediti e poi faccio
una maggioranza per classi e non per creditori.
Quindi
Ma l’accordo di ristrutturazione non è vincolante per i creditori estranei (che non hanno partecipato
all’accordo) perché questi il professionista attestatore deve attestare che l’accordo sia idoneo a garantire
l’integrale pagamento entro 120 gg per debiti scaduti dall’omologazione e 120 gg dalla scadenza se non
scaduti
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