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Con lo stesso titolo 16 marzo del singolo uscito ad aprile 2020, questo straordinario
libro non è un semplice compendio alla canzone ma un viaggio inedito alle radici
della creatività e dell’ispirazione di un grande artista. E insieme è un vibrante,
irresistibile poema d’amore.
L’autore
ACHILLE LAURO , nato a Roma nel 1990, è oggi l’artista più eclettico e dirompente
della scena musicale italiana. Cresciuto nella periferia romana, ha cominciato a
comporre poesie e testi fin da adolescente. Ha pubblicato nel 2014 il suo primo
album Achille Idol Immortale, a cui sono seguiti Dio C’è, Ragazzi Madre, Pour
l’Amour e 1969. Ha partecipato al festival di Sanremo nelle edizioni 2019 e 2020
portando sul palco dell’Ariston le canzoni Rolls Royce e Me Ne Frego e mostrando a
milioni di telespettatori la sua arte musicale e performativa. Per Rizzoli ha pubblicato
il best seller Sono io Amleto (2019).
Achille Lauro
16 MARZO
L’ultima notte
Prefazione
di GINO CASTALDO
QUEL MESE IN CUI OGNI DONNA TORNA DA CHI NON LA STARÀ CERCANDO PIÙ.
COME ME.”
L’APOCALISSE.”
OSCAR WILDE
Prologo
“IL SIGNORE DIO PLASMÒ L’UOMO CON POLVERE DEL SUOLO E SOFFIÒ NELLE SUE
NARICI UN ALITO DI VITA E L’UOMO DIVENNE UN ESSERE VIVENTE POI IL SIGNORE DIO
PLASMATO […]
PERCHÉ LO COLTIVASSE
E LO CUSTODISSE.”
GENESI 2, 7-8 15
Nella Divina Commedia Dante colloca il giardino di Eden sulla vetta del
monte del purgatorio, e lo descrive come il luogo dove le anime si
preparano a salire a le stelle.
02:20 AM
Odiami.
È passato talmente tanto tempo
che non ricordo più nulla.
Non so perché sto venendo da te.
Non so più chi sei.
Non ti conosco.
Non posso capirti.
Non amo te,
sono follemente innamorato
di un ricordo.
Innamorato di qualcosa
che probabilmente
non esiste più.
Un ricordo,
e Tu odi quel ricordo.
È vero,
siamo lontani universi.
Questo amore
è stato come una droga,
il nostro amore violento
come un veleno
che agisce piano.
Gli amori tornano
ma il nostro no.
Ho detto: «Ritornerò a prenderti»
ma so che è sbagliato.
Lo dissi solo
quando ti persi.
E so cosa stai pensando…
Tu vivi per migliorarti e basta,
e io provavo ad amarti
ma amando un’altra persona.
L’amore è una splendida illusione.
Una poesia
scritta male
su un foglio stropicciato.
Una vecchia canzone malinconica,
una fiaba che non si conclude,
una cassetta di noi da piccoli.
Una domanda inopportuna
a cui si dà una stupida risposta.
L’amore è il miglior modo
per darsi la colpa a vicenda.
L’amore è un despota
e noi siamo i colpevoli.
Sto scendendo da una macchina nera,
vestito bene,
l’autista mi apre la porta;
dice: «È un piacere, signor De Marinis».
Non sai più niente di me.
Nulla.
Vivere è un casinò di lusso,
odio e amore
sono il rosso e il nero
e io e te
siamo sullo stesso tavolo da gioco.
So che l’inferno a volte è un angelo che Dio ci ha tolto.
Tu sei inesistente,
sei un ricordo,
sei l’idealizzazione del paradiso
fatta da un pazzo.
So che l’inferno
è amare una persona
ma solo quando non c’è più.
So che il purgatorio
è amare e non accorgersene,
l’essere vuoti,
il non provare più nulla:
il “non essere”.
L’amore uccide, non è vero,
l’amore cambia.
L’amore è un po’ come fermare il tempo,
come se su una lunga strada
ci fosse un parco giochi
dove ci si ferma
per qualche ora, giorno o anno;
non si può sapere quando
e come si scenderà da quella giostra.
Ma io credo nella passione.
È un sentimento così vero.
È l’unica cosa reale, forse.
Prima che tutto finisca
voglio provarla ancora.
Amarti.
Vuoi che mi tolga la vita per te?
Chiedimelo.
L’amore è amarsi per una vita
e poi sparire un giorno.
Il mio mondo è crollato più volte.
L’amore è stato carnefice,
olocausto d’amore.
Prendimi per mano,
buttiamoci.
Questo è amarsi.
Sto scrivendo il mio nome all’inferno.
Non sarò ipocrita,
gli angeli del paradiso non mi faranno entrare.
Alzerò la moto questa notte,
muori con questo figlio di troia,
quel bravo ragazzo non fa per te.
Perché tu, sotto quel vestito bianco,
sei come me.
Perché anche tu
vuoi solo quello che non hai.
E lo so,
alla fine cederò,
e tu anche,
perché siamo stupidi.
2
ARISTOTELE
03:05 AM
I miei amici.
Quando vuoi smettere non puoi più
e la nave bianca sparisce
dentro un mare di cristallo.
Attraversando deserti giocattolo
e i tuoi occhi chiusi da segrete catene.
Ero stordito
come dopo aver visto un film di 4 ore
senza capirci nulla.
Pensavo solo a che imbroglio è tutto,
perché quella vita è come un sogno,
e non puoi fermare i sogni.
Si frantumano
e improvvisamente sei capace di tutto.
Trovare soldi per me è come trovare da scopare,
un gioco da ragazzi.
Ma i miei amici morivano
eravamo diventati violenti
e da un giorno all’altro dissi: «Basta».
Quel giorno di punto in bianco smisi tutto.
Vivere per strada mi aveva insegnato
come non sarei voluto diventare.
Decisi di investire tutti i soldi che avevo fatto.
Li investii tutti nella musica.
I miei vaneggi e le mie poesie
avevano attirato l’attenzione
di grandi nomi del panorama musicale;
mi trasferii in questa nuova città,
un monolocale con fornelli arrugginiti
in un fatiscente condominio di ringhiera:
il DM27.
Per quanto mi riguardava non era neanche tanto male,
se penso a dove avevo vissuto.
Se penso a casa di Spud che puzzava di piscio di gatto
mentre lui trafficava giorno e notte
con strane sostanze.
Clientela di ogni tipo,
h 24,
7 su 7,
365 giorni l’anno.
Supermarket.
Ricordo noi allenarci tutta la notte
ci tiravamo su ad una sbarra attaccata a una porta.
Facevamo i pesi
mentre contavamo i soldi.
Per non parlare di casa di Sick…
Una bacinella sporca al posto del lavello,
tutti fatti, mezzi morti.
In fondo il DM27 era un castello.
Pensavo che quel monolocale
sarebbe potuto essere il mio primo ufficio,
la mia rampa di lancio,
la mia Piazza Affari,
la mia Wall Street.
La verità è che non ero mai stato contento
di quello che facevo.
Avevo sempre solo desiderato di diventare ricco…
Non tanto per i soldi in sé,
ma per non preoccuparmene mai più.
L’unica cosa che amavo fare era scrivere poesie.
Presi gli ultimi blocchi di banconote,
legati con degli elastici molto stretti.
Pensai che erano abbastanza per aprire un ristorante,
ma avevo una sola chance
mentre giuravo a me stesso
che non sarei finito in quel modo.
Decisi allora di
incidere le mie poesie.
Decisi di autoprodurre un album.
Presi tutto quello che avevo,
investii la mia valigia di soldi,
gli ultimi rimasti,
sulle mie poesie.
Stupide parole su fogli di carta.
La nuova città era diversa da quella da cui provenivo,
era la terra delle opportunità,
e per me che venivo dalla città di dio,
era come l’America.
Iniziai ad applicare
quello che avevo imparato fino a quel giorno
in mezzo alla strada.
Pensavo in maniera imprenditoriale:
fogli di carta con piani scritti al dettaglio,
tutto studiato nei minimi particolari.
Uno squilibrato
che pianificava in maniera ingegneristico-ossessiva.
Dalle nove di mattina,
tutti i giorni in giro per appuntamenti,
a presentare progetti,
idee nuove.
Mi confrontavo con i professionisti,
mi rendevo simpatico, scintillante,
imparavo.
Ascoltavo e valutavo possibilità.
Pianificavo e mi imponevo
di gestire sei/sette appuntamenti al giorno.
Stringevo mani
e sedevo a tavoli con vertici aziendali,
manager di aziende, imprenditori.
Ricordo mille e forse più donne di carta
che hanno popolato l’arte e la mia vita,
lievi e ammiccanti
come il sogno di un’intramontabile Belle Époque,
in un girotondo di immagini
da far girare la testa.
Ma, mescolati a questa grande bellezza,
quanti illusionisti ho avuto vicino.
Figure mascherate da quello che non erano
cercavano di trascinarmi nella pancia della balena.
Ma intanto apprendevo
e giocando sulla quantità
sapevo che l’occasione sarebbe arrivata.
Ironizzavo su un immaginario futuro:
«Prima o poi diranno quel ragazzo è stato qui».
Sono fatalmente convinto
che la folle dedizione alla fine venga premiata.
Sono anni che immagino dove vorrei essere.
Allenamento mentale, come nello sport.
Ogni giorno mi dicevo:
«Questo sarà il giorno».
Rincorrevo e rubavo occasioni.
Affamato, assetato.
Mutando,
adattandomi.
Il mondo si offre
a chi dimostra di avere idee
che si trasformano in fatti.
Ma per proporsi ci vogliono buoni modi ed educazione.
Uscivo alle 9 e rientravo alle 22.
Alle 22 mi toglievo la camicia
e fino alle 7 di mattina scrivevo poesie.
La mattina vestivo i panni di Di Caprio
in Prova a prendermi.
Di notte ero uno sbandato,
un pazzo che vaneggiava,
uno scrittore bohémien.
Le persone che vivevano con me la quotidianità
si chiedevano come potessi,
come riuscissi a reggere quei ritmi.
Non dormivo se non tre ore a notte,
non mangiavo se non una volta al giorno,
non pensavo ad altro se non a diventare ricco.
Volevo fare arrivare la montagna da Maometto.
Ero pieno di foglietti di conti e appunti di idee.
Avevo iniziato a frequentare ambienti borghesi.
Capii subito che per colpire avevo bisogno di tre cose:
cambiare modo di fare,
cambiare modo di parlare,
e di un nuovo e scintillante paio di scarpe.
Sì, esatto,
scarpe di pelle.
Nuove, lucide e luccicanti.
Uno stivaletto nero,
classico, elegante.
Chi non si è mai chiesto
perché i venditori vanno in giro tutti agghindati?
Benvenuti dove l’abito fa il monaco.
Il venditore deve saper convincere
il venditore per convincere deve trasmettere fiducia.
Per tramettere fiducia a uno sconosciuto,
apparire ottime persone
è determinante.
È una recita,
è un’arringa.
«Signore e Signori!»
Puntai sulle scarpe e sulla cintura:
accessori eleganti che valorizzassero l’abito semplice.
Camicia nera e pantalone nero classico
erano la mia divisa;
impreziosita da stivaletti costosi e cintura in pelle vera
avrei ingannato chiunque.
Cambiai modo di parlare,
provavo a limare la cadenza.
Cambiai modi di fare,
le discussioni diventavano conversazioni.
Capii che negli affari
non esistono litigi
ma sorrisi e compromessi.
La calma è virtù
di punto in bianco,
da un giorno all’altro.
Ero un avvocato.
3
03:20 AM
Vorrei uscire a comprare delle sigarette ma l’umanità a quest’ora mi sta sul
cazzo.
Sono solo con gli dèi.
Non ci sono altre sensazioni come questa.
In principio
a trasferirci nella nuova città
eravamo solo io e Mark.
Avevamo pensato tanto a quell’impresa.
L’avevamo pianificata,
convinti che avremmo cambiato
la nostra vita.
La musica stava iniziando ad andare bene
ma io volevo diventare un colosso,
volevo costruire palazzi.
Pochi mesi prima di cambiare città
Mark aveva lasciato
la sua vecchia abitazione
per trasferirsi nella mia.
Con sé però aveva portato tutto…
vivevamo in mezzo ai mobili,
sepolti in casa
come quei programmi…
Ci ridevamo
ma era davvero così.
Finché un giorno
andò “in missione” nella nuova città.
Andata e ritorno in giornata,
il tempo di affittare un appartamento.
Una settimana dopo partimmo.
Ci trasferimmo in un monolocale
e iniziammo a fare qualche soldino qua e là.
Convincemmo presto i ragazzi nella vecchia città
che lavoravano con me allo sviluppo della musica
a trasferirsi con noi
in questo fatiscente condominio
per fare squadra.
Prima 2, poi 3, poi 4…
Cercavo l’occasione,
la cercavo
tutte le mattine,
tre ore di sonno,
mi svegliavo,
e partivo con gli appuntamenti.
Piano piano
capivo con chi fare affari,
chi avrebbe potuto
inserirmi nel business,
riuscivo a distinguere
gli uomini d’affari
dai venditori di fumo.
È il paese dei balocchi,
il gatto e la volpe
sono sempre pronti a darti una mano.
Quando capivo di essere caduto
in qualche trappola
cambiavo strada.
Quando mi legavo
con le persone sbagliate,
tornavo alle 9 del mattino con carta e penna,
una cartellina in mano,
e sorridendo
gli evidenziavo tutte le cose
che non andavano bene,
riga per riga.
Cercavo di ottenere accordi più convenienti,
o inventare vie di fuga.
Scrivevo i discorsi da fare all’interlocutore di turno
la notte prima su dei fogli.
Sapevo come avrei iniziato il discorso,
per quali punti sarei passato,
e il finale della recita.
Sapevo esattamente
dove li avrei portati,
non potevano vincere.
Tenevo tutti buoni
perché sapevo che un domani
la ruota poteva girare
e farsi parlare dietro è deleterio
per il proprio percorso,
soprattutto quando hai ragione
ma non puoi dimostrarlo.
Quando iniziavo un progetto
insieme a qualcuno
che capivo essere inaffidabile
inventavo modi per uscirne.
Facevo finta di dar loro qualcosa
mentre gli toglievo gli incarichi più importanti.
Sorridevo
mentre sapevo che stavo fuggendo.
Pagavo anche fino all’ultimo euro,
arrivavo fino alla fine del progetto,
facevo il calcolo
di quanto avrei perso
e lo mettevo in conto.
Lo calcolavo sia nel budget
sia come esperienza,
senza abbattermi,
fino al giorno in cui dicevo semplicemente:
«Grazie, ci sentiamo al più presto per proseguire».
E poi sparivo.
Vestito bene,
mattiniero,
propositivo.
Mi muovevo solo in taxi,
spendevo tutti e dico tutti i soldi che avevo
per appuntamenti
che avrebbero potuto fruttare altri soldi.
E anche il taxi era un vero e proprio investimento
messo a budget come cene e pranzi.
4
03:32 AM
Mi accendo un’altra sigaretta, iniziano a essere poche…
La testa piena di pensieri. Ho dei flash della mia vita precedente.
Aspiro profondamente e mi sciacquo la faccia.
Mi chiedo perché cazzo fumo ancora.
QUESTO.”
04:27 AM
05:10 AM
Inizio ad avere colpi di sonno, gli occhi si chiudono ma sto continuando a
fumare, il posacenere ormai sembra una piscina affollata dove l’acqua
comincia a traboccare.
Nella stanza iniziano a entrare piccoli fasci di luce dalle serrande.
Odio quella sensazione, mi fa sentire strano… I primi rumori dell’alba, mi
ricordano quando da ragazzo facevo cazzate con gli amici.
Ma oggi non riesco, oggi che so che domani ti rivedrò, dopo così tanto
tempo che parlo di te.
Oggi voglio essere l’ultimo ad andare a dormire…
05:45 AM
Domani verrò da te. Anche se ormai è già domani…
Odio rendermi conto che tutto il mondo ha già dormito, che il mondo
interno è già passato al giorno successivo. Tutto il mondo a parte me…
Ma domani verrò lì, verrò da te.
Forse perché la vita è ciclica o perché si torna sempre da un vecchio
ricordo.
06:25 AM
Non ci basterà una vita per conoscerci davvero, ma non basterà questa vita
per scordarmi di te.
Ti prego, non diventarmi come le altre, perché non c’è nessuno che ti voglia
così tanto come me.
Avevo 14 anni,
con lei fingevo,
mi imbarazzava dirle che stavo scrivendo poesie,
che stavo mettendo su carta la nostra vita,
qualcosa su di noi,
sulla nostra intimità,
sulla nostra situazione.
Tutto quello che tenevamo nascosto al mondo.
Avevo paura di tradirla,
non volevo svelare il nostro segreto.
Sono quindici anni che non dormo,
quattro anni che non vado in vacanza.
Mai un giorno di stop,
in coda per la gloria.
E mentre le lunghe lingue parlavano,
mentre cercavano di confondermi,
di farmi credere di essere solo un pazzo,
un povero perdente,
io andavo avanti,
sapendo che per arrivare all’alba
non c’era altra via
che la notte.
9
07:01 AM
Non ho dormito.
Chiamo il mio autista. Esco di casa, mi sento incorporeo.
Mi sento svanire come uno spirito, come un sogno alla prima luce
dell’alba.
Ma l’aria fresca in faccia, il ticchettio dei miei passi sul vialetto mi danno
un vago senso d’Essere…
O invece sono il silenzio fuori e il rumore dentro la mia testa?
Non so.
È tutto reale.
Oggi posso avere tutto quello che voglio.
Tutto a parte lei,
lei ormai è solo una parte del mio carattere.
Anche se la ignoro,
la tengo a distanza,
il pensiero di lei mi suggerisce poesie.
Lei che ha visto quello che ho visto io,
ma un giorno ha deciso di mettere ordine.
Penso che nel suo mondo
abbia assegnato a ciascuno un posto
e un significato.
Io non ho posto nell’ordine.
Non mi chiedere di avere un posto definito,
è la negazione stessa del principio di vita.
Chiedimi tutto ma non la normalità.
Comprerei anche il tuo amore se solo si potesse,
ma sono migliorato
non sono più quel cazzo di essere bipolare,
sono la mia parte buona ora.
Rispetto a ciò che avevo nel cuore
il polo nord era bollente.
Ho avuto crisi di nervi,
crisi di affetto.
Mia “mamma” era
un pericoloso ciccione di cinquant’anni,
“papà” un sistema corrotto
che ci dava da mangiare le briciole
in cambio della nostra immaginaria libertà.
Come se comprare vestiti da migliaia di euro
fosse vivere.
Ho mantenuto il controllo
mentre gli altri lo perdevano.
Ho smesso di odiare
quelli che mi odiavano.
Ho imparato a essere giusto.
Sono riuscito a sognare,
a non fare del sogno il mio padrone,
non mi sono stancato mai di aspettare.
Sono riuscito
a non rovinarmi con le mie mani,
ad avere fiducia almeno in me stesso,
persino ad ascoltare gli altri.
Non ci credi vero bellezza?
Ho affrontato il trionfo
senza guardare le vittorie.
Ho affrontato la rovina
ricostruendo tutto da capo, di nuovo, piano piano.
Ho resistito senza più volontà,
da solo.
In fondo tutti hanno bisogno di abbracci
e di lunghe telefonate.
Se riesci a camminare con i re
senza scordarti della gente,
se riesci a dare valore a ogni minuto che passa,
tua sarà la terra.
Sono le 08.00 in punto sul quadrante del telefono.
Non me ne è mai fregato niente del tempo,
possiedo begli orologi ora.
Sono una farfalla con le ali nere.
La osserverò nel suo volo fino a che si fermerà
per immedesimarsi nel fiore più effimero.
«Io sono Cathy e tu Heathcliff».
«Chi sono?»
«Un incendio e una bufera
che si scatenano insieme
lontano dagli sguardi degli umani,
due fiere del deserto
che si amano perdutamente,
roba che i tuoi simili non sospettano nemmeno.
Lui è uno zingarello
venuto da non si sa dove,
lei una fantasiosa fanciulla selvaggia della brughiera,
un ciuffo di erica.
Non hai letto Cime Tempestose?»
«È questo il tuo sogno?»
«Dico solo che l’arte se non scaturisce dall’amore
non è arte,
è artificio.»
«Okay, c’è della marijuana qui?
Dai, leggi!»
Ti sdrai sul pavimento con un cuscino sotto la testa,
accendi la canna.
Io comincio a leggere,
tu chiudi gli occhi.
Trascorrono diverse ere e noi siamo ancora lì,
tu nella stessa posizione.
«Dormi?»
«No, sto ascoltando, vai avanti!»
Passa ancora un pezzo di notte.
«Fine!»
«L’amore tra un demonio e un fantasma…
Figo…»
«Spogliati, voglio vedere come sei fatta all’alba.»
Ti sbottoni la camicia e sfili i calzoni
senza staccarti dal pavimento.
«Spogliati anche tu.
Facciamoci una foto.»
Uno due tre autoscatti di profilo
seduti uno di fronte all’altra,
intenti a farci i ritratti.
Scoppiamo a ridere.
«Sto per partire.»
Ti sollevi da terra
come se fosse finito l’effetto di un elisir d’amore.
«Per dove?»
«Vado via, in un’altra città.»
«Non sai fare altro vero?»
«Ho un po’ di soldi.
Sento che è il momento giusto.»
«No. Non puoi farlo.»
«Devo andare.»
La porta si spalanca,
io, la faccia china sul telefono.
Torni indietro come una folata di vento,
me lo sfili dalle mani
lo tieni in alto pinzato tra due dita
come fosse un ragnetto.
«Quanto può durare questo, eh?
Cento, trecento, mille anni, per sempre?»
Poi lo scaraventi sul pavimento…
«Io non voglio essere me stesso,
io voglio creare me stesso.»
Ringhi con la fronte contro la mia,
i nasi spostati e vicinissimi,
ci scambiamo l’anima.
Gli occhi storti che sfuggono
alla pressione delle tue palpebre
per continuare a vedere.
Siamo completamente scomposti,
i connotati e le emozioni
tutti disposti sullo stesso piano,
come un Picasso.
Entrambi mortalmente pallidi e sconvolti,
eppure guardami oggi,
pensavi fosse un vaneggio, vero?
Guardami oggi.
Tornato da gironi danteschi.
Le donne mi cadono ai piedi,
posso prendere la Fontana di Trevi
e mettertela al collo
solo per dimostrarti che nessuno
sarebbe in grado di fare quello che farei per te.
Solo per dimostrarti chi cazzo hai davanti.
Piazza dei Miracoli?
Prendila, è tua.
Farò incastonare il Duomo su un anello,
poi te lo regalerò.
Vivremo in un castello,
la cucina sarà a Capri,
il salone a Courmayeur,
i corridoi saranno aeroporti
e avremo una vasca che somiglierà ai tropici.
Imparerò ad amare per te,
prendi il mio cuore e cucinalo.
Non importa.
Perché quando sono con te
il diavolo si placa.
Sei un tuono che scuote da lontano,
così dolorosamente sfuggente.
Quanto odio tutto questo…
io che ho preso tutto quello che volevo.
Tu che azzeri i miei desideri,
tu che mi anestetizzi.
Sento come una vaga idea di felicità
che si affaccia alla mente.
È la mera idea della libertà, forse.
Sono con te in questa bolla onnisciente
completamente fuori,
appagato.
Tu esisti come nessun altro sa esistere.
Il silenzio dopo la distruzione,
l’assenza di suoni dell’estremo dolore
ma siamo solo un’idea.
Hai ragione tu,
diresti che io ti ho idealizzata,
che ora è tardi.
Io direi che è la mia vita,
che non sei tu,
che non parlo di te,
racconterei del come le persone
sono perennemente innamorate
di un ricordo,
solo di ciò che non hanno.
Tutto qui.
Ma la verità è che questo è Shakespeare.
È la tragedia che diventa
una folle opera di successo.
Tu sei la protagonista di questo amore
che si scrive da solo,
qualcosa di ormai talmente inesistente
da diventare affascinante,
talmente affascinante
che ci avvelenerà.
E non è teatro,
non c’è uno stupido copione,
non ci sono attori a interpretare personaggi,
non esiste il “come se”.
Questo è reale.
Siamo io e te.
«E così con un bacio io muoio.»
Ed è cosi che tu tornerai.
È La dodicesima notte.
È Amleto.
È Sogno di una notte di mezza estate.
È la fiaba che conoscono tutti,
ma che nessuno ha mai vissuto.
L’atto di distruzione che cambia la storia,
dopo tutto sarà diverso.
È quando la mente si estremizza
nel corpo del mondo,
voglio che questa scena sia in movimento,
che si muova così velocemente da non poterla fermare,
da non riuscire ad afferrare le parole del dialogo.
Forse non ho bisogno di vederti,
mi basta sapere che esisti da qualche parte.
L’idea dell’amore che finisce.
E alla fine lo hai fatto.
Sei sparita davvero…
Libro Terzo
APOCALISSE 20, 11
10
08:24 AM
Ora che
la tua voce è passato,
e Tu sparita, nel nulla.
Nulla più.
È così facile dimenticarsi,
ho fatto sempre finta di accettarlo.
Voglio un paradiso con Elvis e Marilyn,
voglio essere una popstar come Jackson,
glam come Bowie,
punk come i NOFX,
rockstar come il 1970.
La distanza mi ha reso pazzo,
desiderare solo di nutrirsi
di questa assenza.
Un’estasi della mancanza.
Non è un amore erotico
che aspira al possesso dell’altro,
il nostro.
Anche.
Ma è l’amore di due
che vivono in paradiso tra anime e ricordi,
forse è solo la mia ossessione del restare per sempre.
L’eterna giovinezza,
Dorian Gray.
Tu invece sei pura,
a te non interessa il tempo,
il tempo che passa.
Nel tuo mondo il tempo non esiste,
nel tuo mondo le banalità sono ricchezza,
e le piccole cose valgono.
Un mondo anticonformista,
una rivoluzione per l’immaginario della donna di oggi.
Imponi un modo di essere femmina
che non accetta compromessi,
che detta le regole della seduzione,
che decide cos’è la bellezza
e determina il principio di attrazione.
La tua personale visione dell’amore
estetizzante,
artistica,
non poteva convivere con il mio lato materialista.
La parte di me che genera abbandono,
e l’abbandono fa andare fuori di testa.
Ma io so fottermene di tutto e di tutti benissimo,
so passare anni di prigionia
dentro un sogno che si realizza,
mantenendo le caratteristiche del sogno…
Perdendo il controllo ma mantenendo la testa.
Io che non mi mescolo con la realtà
perché di lì non voglio uscire mai.
Come se mi fossi chiuso in una stanza
con le due-tre persone che stanno sognando con me.
Io che ho paura di uscire fuori,
di sentire gli effetti dell’astinenza.
Io che perdo le persone
per rincorrere un’illusione.
Io che spendo tutto quello che ho
per ricomprare la casa in cui sono cresciuto.
Io che riproduco la realtà
per cercare stati d’animo tra i miei ricordi.
Il mio mix di allucinazioni e arte
nato dalla deriva,
dallo sbando,
dalla violenza e dall’avidità.
Per me questa è la realtà,
il fuori è un mondo falso e confezionato
in cui al massimo vado a fare la spesa.
Io che vivo lontano,
che vivo ogni giorno in un posto diverso,
che vivo in hotel.
Io che non so dove sia casa mia,
che vivo per me,
che non vivo per nessuno.
Che ho lasciato la città che mi ha cresciuto,
che ho abbandonato i miei amici all’inferno,
la mia famiglia di amici.
Io che cerco di salvarli
ma senza successo.
L’utopia di libertà che ho creato
nella mia infanzia senza briglie,
l’idea di crescersi da soli l’un altro.
Sono cresciuto in una comune di artisti,
figli di disperati, scappati di casa.
Eravamo piccoli,
siamo cresciuti nella foresta.
Soli.
Sono io, Amleto.
Lucifero il ribelle.
Sto dando fuoco alla mia anima
perché il mondo fuori è vuoto,
l’amore non c’è più,
l’amore è un deserto,
il clima è apocalittico,
intriso di una visione pornografica,
perbenista e razionale.
Odio la Ragione.
La morte del principio vitale,
i sentimenti escono a sprazzi
morenti, estranei.
Il “ritratto che invecchia”
è il mondo che mi circonda.
Non noi.
Noi resteremo per sempre.
LADY GAGA
09:18 AM
L’avvocato è arrivato a destinazione.
Vorrei esprimergli riconoscenza ma il mio saluto è monotono. Sto
imparando a esternare quello che provo.
Mi sento stranamente indifeso ora che sono solo in questa macchina così
familiare. Sfioro la pelle dei sedili, la sento vibrare. L’abitacolo che
diventa stretto, intimo come un abbraccio amniotico.
Un ventre pronto a partorire qualcosa di grande.
Le buone maniere dell’autista mi fanno sentire ancora più solo, perché
quelle invece non sono familiari, fanno parte del mondo finto che sto
comprando.
ACHILLE LAURO
10:00 AM
Non mi sento bene. Sono confuso, disorientato.
Ho bisogno di dormire.
Ma ho ancora tre appuntamenti oggi.
L’auto procede lentamente nel traffico. “Dormire è sbagliato” dice una
voce arrogante dalla caserma della mia testa.
La paura di sbagliare.
Poi i nervi si consumano e diventi cattivo
e ti devi fare di sogni sintetici
ma è la dimensione ascetica della disciplina
ad affascinarmi
più dell’aspetto etico.
Sentire il punto in cui l’anima
è incollata al corpo.
Sentire che cede,
un leggero strappo,
stare lì con la mente in estasi
in quella zona di lacerazione.
Provo spesso questa sensazione:
febbrile ma profondamente lucido,
fertile,
motivato.
Stai morendo ma sai che la tua anima è salva
e ti ripeti: “Oggi sarà la mia giornata”.
Come quando hai talmente fame che la fame sparisce.
Era da un po’ che non mi sentivo così,
da quando posso avere tutto,
da quando posso comprarmi le persone
ma oggi la vecchia fame è tornata,
perché è vero,
posso comprare tutto,
ma non te.
Verrai per spezzare l’anello
che tiene il passato agganciato
al futuro.
Né io né te sappiamo da che parte cadrò,
sono solo un limite da varcare.
La striscia sbiadita che divide in due parti l’intero,
la resa dei conti.
Sono un’intelligenza artificiale,
se mi dirai «ti odio»
ti risponderò: «Mi dispiace averti deluso,
cercherò di essere una persona migliore».
Ma non sono una persona
e non provo più niente,
se dirai: «Voglio sapere cosa vuol dire essere te».
Senza intenzione mi sorprenderò:
«Ma come, non ho mai conosciuto
una donna come te».
Questo un’intelligenza artificiale lo può fare,
può simulare un sentimento,
la mia testa è troppo veloce
e non riesco a parlare.
I sentimenti cercano di metterci a disagio,
di confonderci
e tu ottieni l’imperturbabilità,
lo scudo per questo imprevisto
che nasce dalla vibrazione
di una voce, di una vicinanza.
E mentre io assumo il corpo più lieve di un’aquila,
in cima alle vette, osservo gli insiemi,
aspetto che qualcosa si distingua.
Di notte vago per i corridoi di un hotel,
campiono i vuoti di gente che dorme,
note di vita atterrite, musica prepotente.
«Mi sento così fottutamente libero.»
Camicia aperta, gli stivaletti stretti
«Non mi va di dormire,
sogno a occhi aperti.»
Ringrazio Dio di non essere da nessuna parte,
un concetto transitante,
un aggettivo per il tutto,
un pulviscolo in un fascio di luce.
Di giorno mi addormento stanco,
su un marciapiede,
come un migrante.
Sono come il mondo
ai piedi dell’osceno grattacielo
dei social,
sede di questi inutili cervelli artificiali,
ci sono anche io;
dopo averlo scalato tutto per riempirlo
di dinamite.
Vado alla deriva insieme all’umanità,
vado a fondo,
annego quando sto per raggiungere
la terra promessa,
con la gente a riva che mi filma,
mentre cambio colore,
da viola a una sfumatura acuta di vergogna,
mentre solco il palcoscenico di fulmini e lampi
con un vascello fantasma,
invisibile.
Avvolto nella nebbia di corpi che mi acclamano,
che giurano di aver discosto la figura nera,
di avermi amato nel backstage.
Recito ancora,
amore,
ma ho smesso di truccarmi,
ho una moltitudine dentro
che non ammette artifici,
e un’espressione per ciascuno.
Quella che ricorderai…
Il guizzo,
l’essenza che coglierebbe Michelangelo,
è quando scrivo dell’amore
tra l’artista e la sua musa.
Quando ho un’idea
e mi chiedo che cosa o chi
avrà ispirato a Dio la sua opera.
La prova della sua inesistenza
o dell’esistenza di un’entità
che addirittura lo sovrasta:
il pensiero forse.
Oltre che l’ego io ho ideali
che valgono più di me,
le passioni come gli dèi dell’Olimpo.
Dèi che si trasformano in cigni
neri morenti.
Perché invece di avvolgermi
nelle tue gigantesche ali
mi tiranneggi e cerchi di uccidermi?
Ho una visione dell’amore senza casa,
prendersi tutto ma non possedere niente,
l’uomo che ha paura del cielo
e della terra e del mare,
che ha paura della natura,
della natura di se stesso.
Che gli basterebbe obbedire
a quel solo imperativo
vecchio di migliaia d’anni
«Conosci chi sei»,
per salvarsi e salvare il mondo
dalla peste dell’ignoranza.
La giovinezza è uno stato d’animo,
quando passerà non capiremo più niente.
Ma qui nessuno più sogna?
L’azione fa arrugginire le parole sulla carta,
l’energia vanifica la gioia
che ha bisogno del riposo,
non mi hai mai visto ridere,
non rido mai,
non so essere felice.
Ho fatto sempre tutto da solo e lo sapevi.
Le mie estasi sono state solo mie,
come le astrali metamorfosi,
mentre cambiavo e le stesse cose
vedevo diverse.
Come il mio amore per te,
come non ti ho mai detto: «Ti amo».
Cambiavo perché tutto intorno a me cambiasse,
sono un neon, una luce senza calore,
mi aspetto da te qualunque cosa.
Ho amato me stesso
come Narciso
ma desiderando di essere
la voce che ti chiamava,
la voce del silenzio.
Noi che vogliamo solo esprimere noi stessi,
avere più spazio.
Mai sarò schiavo della vita,
e dopo aver sfidato tutti
e vinto,
non saremo ancora soddisfatti,
perché ciò che soddisfa gli altri non soddisfa noi.
No, non sono cambiato, lo so,
dall’alto piscerò
su tutto ciò che ho creato.
Trascendo la materia per essere infinito
ricerco la perfetta fragranza in una donna
per inebriarmi di oscura compagnia.
Mi fisso su qualcosa di finissimo
che sfugge alle maglie strette del mio setaccio.
So che pensi.
Non ti stupirebbe se un giorno decidessi
di levarmi l’abito di scena sul palco
per fare il numero della sparizione,
o se mi suicidassi in diretta in un talent show
per dimostrare la farsa del successo
anche ai più tardi.
Fino a questo punto so essere generoso!
Ma no, non sarebbe più da me,
oggi preferisco di gran lunga morire
come un Eroe,
dando prova di coraggio più che di gloria.
Sono sempre uno zingaro, un circense,
ricordi ancora la nostra famiglia di acrobati?
Ogni tanto quel bambino diverso
che viveva in una roulotte
e mi somigliava, viene ancora a trovarmi.
Lo spiavo al di là della recinzione
uscire dal suo castello di gomma a strisce
come un principe, con i colori di un’altra epoca
e uno slang che solo io capivo.
Io andavo a scuola, lui imparava a volare.
Tornavo a casa a studiare
ma in nessun libro ho mai trovato i misteri
che lui apprendeva dagli elefanti, dalle altezze,
dallo squilibrato Arlecchino
e dalla sua marginale esistenza
di analfabeta.
Fingevo di dormire al suono della pioggia
sotto un tetto di lamiera,
la casa mobile,
il risveglio in una nuova città,
in una zona lasciata senza progetto e destinazione.
A dodici anni bere vino,
stare a testa in giù sul trapezio
nel punto più alto,
e laggiù lontanissima
sotto di me,
invece della rete,
te in ginocchio
a braccia aperte
con l’abito da sposa
di una Maddalena.
E io che prima di lasciarmi cadere
prima di lanciarmi nel vuoto,
con le mani piene d’oro e di fiori,
ti urlo che andrà tutto bene.
Mi ricordo quando camminavo
sul bordo della banchina
della Metro rossa,
come una persona normale.
Oggi sono diventato un manifesto,
il titolo su una rivista,
una congettura,
un’icona stuprata come Marylin,
il figlio del Re Lucertola,
un fenomeno da studiare.
Anche l’autocontrollo è una citazione
per dire che c’è stato qualcuno prima
e ci sarà qualcuno dopo.
Il fiume rosso in cui ho già perso qualche amico.
Ma oggi sono diverso.
È bene sapere di non essere soli
ora che convoco tutta la serietà dei dogmatici
per difendermi da te
che immagini la mia vita.
Libro Quarto
13
12:05 PM
01:10 PM
Sono seduto a mangiare una stupida insalata vegana, i semi di sesamo nero
mi sembrano formiche nel piatto.
I camerieri si muovono rapidi come topi. Appaiono, scompaiono. La luce
entra spaccandosi contro la vetrata e riflette un colore che mi dà
fastidio. Sembra di essere nella casa degli specchi di un luna park
dismesso. Devo smetterla con questa ossessione di non dormire per
paura di perdermi qualcosa. Sono esausto. Ho allucinazioni. Vado
sempre di fretta, sono anni che non pranzo.
La ragazza che serve al tavolo mi fa l’occhiolino. Cazzo, sembra Uma
Thurman. Resto a fissarla mezzo inebetito, mi sembra quasi di vederla in
slow motion… Mi alzo per pagare, il pavimento si muove. Do al cassiere
la carta. La prende con la lingua e la inghiotte come un camaleonte con
una mosca.
Esco e risalgo in macchina.
Cercarti è egoismo.
È soddisfare il desiderio di assoluto che custodisco,
l’unico ancora inesaudito.
È quell’idea di compiutezza
lontana da un altro estremo
insufficiente a trattenerti.
Vuoi sapere come mi sento?
La mia parte che soffre,
le mie note infelici,
il mio capolavoro sconosciuto.
L’opera invisibile
quella che tengo nascosta
nel fondo segreto di un cassetto,
al posto della pistola.
Sotto un tessuto di velluto blu notte,
il tuo colore preferito,
l’ineffabile parola,
la perfetta coincidenza di suono e segno.
Il primo verso inarticolato emesso da Dio.
Per me sarai sempre una poesia occasionale,
la storia cominciata dalla fine.
Ora ti troverei un po’ cambiata,
ma gli occhi sempre come due laghetti acquamarina.
Dipingo con gli acquarelli,
acqua colorata,
acqua inquinata,
nel mio mito di roccia.
Pesciolini che galleggiano morti
sulla retina dei miei occhi.
Riuscirei ancora a toccarti
per perderti forse.
Solo la vuota libertà,
una sensazione effervescente sulla pelle,
come quando la sera ti sdrai sulla sabbia
al posto del sole.
Il cielo insensibile su di me,
un margarita ghiacciato contro il petto.
Sei un giorno infinito,
eri la vittima sacrificale con la catena al collo.
Io, il tuo luogo di perdizione.
Una vecchia teoria sull’amore,
un altro mondo possibile
che non si è realizzato.
Il Messia ubriaco che ispira l’arte tremante
e il letto disfatto della mia ambizione.
Non sarai mai mia,
forse non sei di nessuno,
e io non so possedere
né essere posseduto.
Mi espando come un vortice,
come una crepa nella terra.
Tu il giorno e io la notte,
tu sei il cielo o l’acqua
dove tutti sono passati
senza lasciare traccia.
Baciami prima di uscire
per sentire qualcosa di nuovo.
Quest’uomo ama in modo egoistico
come tutti gli altri
ma la sua ambizione sei tu.
Voglio essere un collezionista,
che ti ha appesa alla parete,
non ti tocco con le mani,
ti cerco nel vuoto
o aspetto di vederti comparire.
E poi lei:
la totale incomprensione tra noi.
Il diavolo e un angelo che prova a salvarlo.
Nulla ha senso.
L’Amore è un assoluto,
ha la testa di uccello e ti spinge con il becco
giù dal ramo più alto.
Tu per un poco precipiti
poi o voli o ti schianti.
O sei libero per sempre o inchiodato alla fine.
Posso far girare un mappamondo
e con una lente di ingrandimento
cercare un puntino in mezzo all’oceano solo per noi.
Ora che sono ricco saremo poeti,
il tuo sorriso sarà più dolce nei miei versi,
più irresistibile di quello del denaro.
Non ti sembra strano che la gente si sia spartita la terra?
Con che diritto?
Secondo quale senso di giustizia
o ragione?
Posso capire solo il senso di avere qualcosa.
Ti basta come ragione?
Anche io desidero possedere.
Che c’è di male?
L’idea di autoconservazione
balenata nella mente degli umani,
durare innanzi tutto,
come le zuppe Campbell’s.
E avere uno scopo.
Tendo ogni particella di me
nel raggiungere la posa perfetta,
l’aderenza esatta tra il corpo e l’idea.
Tu sei un un giorno infinito,
sei lo spazio,
io sono la personificazione del caos,
dove tutto accade contemporaneamente.
Non esistono le ere,
successioni, il principio e la fine.
Posso ammutolire
pensando a molte cose simultaneamente.
Posso stare in silenzio per giorni.
Lo senti come il linguaggio è condizionato dal tempo?
E noi ne seguiamo le fasi
mentre la natura s’infuria.
Lei distrugge,
si trasforma
disattendendo alle aspettative
di permanenza dell’uomo,
disobbedendo alla sovranità della ragione.
L’ambiente si rigenera,
noi no.
Ma io racconterò sempre la stessa cosa:
nascita ascesa e morte.
Ho intuito il paradiso,
noi possiamo attingere e vivere
in una dimensione atemporale e immateriale.
Nel più sfrenato animismo.
Sto delirando,
sono nervoso,
forse ho una vaga depressione,
ma non sono io.
Sono il perno di una giostra
che ruota a tutta velocità.
Sono il termine della scelta non fatta,
la possibilità che non si è realizzata,
un altro degli infiniti soli possibili.
Siamo l’irrimediabile,
siamo il cinema.
Unire i nostri film di Leone,
è folle,
è sbagliato,
è impossibile.
Io con i camperos e tu sulle punte di gesso,
Buoni brutti e cattivi.
Esaltati, strafatti e furiosi.
Piegati,
sradicati come alberi dalle passioni più sfrenate.
Siamo tempeste che infuriano insieme,
esaltate e bellicose.
È questa la rivoluzione della nostra generazione:
i giovani si ribellano contro la povertà,
o forse contro la noia.
Il lavoro inteso come sacrificio e rinuncia.
La Poesia non deve essere sprecata:
è il cibo e la moneta di scambio della giovinezza,
ci puoi comprare praticamente
tutto quello che ti pare se sei bravo.
Bravo a essere ricco?
Cosa sono questi soldi alla fine?
Amore, tu sei il progresso,
una traiettoria che parte da un punto a caso del tutto
e spara verso l’alto
spaccando il cielo come un mega fuoco d’artificio.
Raccontami di nuovo quel sogno di povertà,
di persone che vivono una vita normale.
Quando smettiamo di usare certe parole,
non solo le perdiamo ma anche la cosa,
la situazione,
il sentimento
smarriscono i loro nomi
e noi smettiamo di provarli.
Oggi che servirebbero gesti estremi,
forti,
siamo deboli.
La paura ha prevalso,
la paura di ritrovarsi con la faccia per terra.
Sono intossicato.
La città è una selva iconografica,
i sentimenti apaticamente ridotti
a un campione di faccine gialle;
questo è il punto di arrivo della cultura giovanile.
Vengo da un altro pianeta,
ora che per suscitare passioni negli altri
non provo più niente,
ACHILLE LAURO
06:00 PM
Ho finito gli appuntamenti della giornata, tra un’ora sarò da te, come mi
hai chiesto.
Pioviggina.
La giornata peggiore per farlo.
Ci siamo promessi che sarà solo per il tempo di un caffè. Poi ognuno
tornerà a quello che ha “fuori”. A quello che io non voglio sapere di te,
e tu forse di me.
Quindici minuti di vita parallela e poi basta, come promesso.
Niente malizia, niente di niente, solo una innocente bugia a me stesso.
06:40 PM
Sono in anticipo.
Tra 10 minuti sarò lì, tra 20 ti rivedrò.
Sto già pensando di dire al mio autista che lo richiamerò più tardi perché
voglio stare solo con te.
Inizio a chiedermi che senso avrebbe non averti nuda… sto ricominciando
a non mantenere le promesse.
Tu che conosci la mia storia, quella vera.
Sono al momento giusto, nel posto giusto?
Ieri sì.
Oggi non lo so.
Tu sei Lucifero.
Vestita di orli e di perle.
Tu ti incateni in mezzo al fuoco e dici:
«Vienimi a prendere».
Il nostro amore delicato è come fosse zucchero amaro,
alla fine ci vogliamo solo quando non si può più.
Sto cadendo nel burrone di proposito, consapevole.
Mi sto gettando nel burrone,
dentro a un fuoco alto come un palazzo,
voglio che tu mi dica: «Amore non farlo».
Ho bisogno di sentirlo.
Queste fiamme finiranno ma quello che è stato resterà.
Non puoi uccidere l’amore ma l’amore, lui può.
Capisci,
so che puoi farlo,
finiscimi.
Aspetto la nostra fine,
tradiscimi.
Poi dimmi è finita
e zittiscimi.
Sono pronto.
17
06:52 PM
Sono qui.
Nel mio umile inizio.
Sono indeciso tra la storia si ripete o la storia non si ripete mai.
È proprio vero: «L’uomo sa parlare per nascondere i pensieri».
Forse non sono niente. Io che vivo per il lavoro ma che non lavoro per
vivere.
Io che non amo.
Io che non vivo.
06:55 PM
Mancano cinque minuti e non ci sei ancora. Ragionevole.
Sono sempre arrivato in ritardo. Dal primo giorno abbiamo sognato di
rincontrarci in un’altra vita, nessuno oltre a noi credeva che quella
storia sarebbe diventata davvero questo.
Io invece sapevo che saremmo arrivati dove siamo.
La logica ti porterà da A a B, ma l’immaginazione ti porterà dappertutto,
diceva Albert Einstein. La nostra relazione è scritta nelle poesie, è sui
libri, è un film, è sulle copertine, nelle vetrine dei negozi.
È la nostra visione gloriosa di eccesso e libertà, dove facciamo l’esatto
contrario di ciò che fanno tutti.
Dove sei.
Vuoi lasciarmi in attesa come uno qualunque?
Sospeso tra i profondi vuoti e la follia,
tra poesia e dissacrazione,
tra passato e presente?
La visione cinica dell’amore
non è forse dare a qualcuno la possibilità di ucciderti
e sperare che non lo faccia?
Abbandonare o abbandonarsi,
è questo il dilemma,
ma perché dovrei scegliere poi tra due luoghi desolati
se nel posto in cui vivo
non esiste neppure la verità?
Quanto di più conta tra noi
quello che non ci diciamo…
Lo sapevi che esiste una surrealtà
che ammette solo l’impossibile?
Io sogno l’eterna bellezza
e l’infinito potere dell’intelletto
riuniti in una sola donna.
È questa immagine ideale
di te fuori dal comune
a portarmi qui.
Mi sento al limite tra ego e rivoluzione,
una poesia senza musica.
Chi vuol vivere per sempre?
Cosa vuol dire per sempre?
Non lo so.
È solo un momento dolce,
stringimi ancora.
Io mi terrò questa vita
dove il tempo non ha fine,
dove il destino lo scelgo da me.
In cui c’è solo un momento per noi.
Questo mondo ha un solo momento
messo da parte per noi.
Oggi.
Ora.
Adesso.
19
06:58 PM
«Dominique, per favore andiamo via. Riportami a casa. Grazie.»
A volte mi chiedo:
se Lucifero era così vicino a Dio,
perché si è ribellato?
“TUTTI QUANTI SONO A 10 SECONDI DALLA RICCHEZZA.”
Grazie.
Gino castaldo per la prefazione;
Rocco Papaleo per il monologo sul talento;
Luca D’Amelio per le fotografie;
Ginevra Vacalebre per il disegno dell’uomo uccello.
Un ringraziamento speciale al mio avvocato e mentore
Angelo Calculli e ad Alessandro Michele grande fonte
di ispirazione e motivazione.
INTERMEZZO
«MORIRANNO I POETI
MA NON LE MIE POESIE PER TE.»
1.
L’attività del pensiero impegnata nell’interpretazione e nella
valutazione del fatto o del documento storico o estetico (c. storica, c.
letteraria), o delle stesse funzioni e contenuti dello spirito umano, dal
punto di vista gnoseologico e morale (c. filosofica; la c. della ragion
pura, della ragion pratica).
Il risultato di tale attività, in quanto concretato in forma letteraria in
relazione con l’argomento preso in esame o col criterio adottato: c.
letteraria, musicale, d’arte; la c. manzoniana degli ultimi decenni; la
c. stilistica.
La critica, per antonomasia, coloro che, a un livello professionale,
cercano di pervenire a un giudizio in materia culturale (e spec.
artistica), considerati in generale o ricondotti nell’ambito di particolari
correnti o alla relazione con determinate forme: la c. romantica,
positivista, strutturalista; la c. ha stroncato il suo ultimo romanzo; il
film ha riscosso un grande successo di pubblico e di c.
2.
Scritto, saggio nel quale si esamini e si giudichi un’opera letteraria,
artistica o scientifica, con particolare riguardo al giudizio o alla
valutazione.
“c. cinematografica”
3.
Nel linguaggio corrente, censura, biasimo.
“esporsi alle c. dei colleghi”
Giudizio
/GIU·DÌ·ZIO/SOSTANTIVO MASCHILE
1.
L’attribuzione di un oggetto a una categoria (oggettiva o soggettiva),
espressa mediante il rapporto di due concetti.
COM.
Parere motivato, opinione.
“pronunciare”
A mio, a tuo (ecc.) giudizio, secondo me, te, ecc.
2.
La capacità individuale di valutare o definire.
In filosofia, la facoltà di valutazione e di scelta che ci permette di
pensare il particolare come contenuto nell’universale.
Nella filosofia kantiana: giudizio determinante, quello che riconduce,
secondo i principi a priori della conoscenza, il particolare sotto
l’universale.
Giudizio riflettente, quello che si limita a riflettere su una natura già
costituita, riconducendola alle nostre esigenze di ordine e di
armonia.
Giudizio analitico, quello in cui il predicato esprime ciò che è
logicamente implicito nel soggetto (per es. tutti i corpi sono estesi,
perché l’estensione è implicita nel concetto di corpo).
Giudizio sintetico, quello in cui il concetto del predicato è collegato a
quello del soggetto dalla stessa funzione giudicatrice, per cui si
determina un accrescimento del sapere.
Talento
/TA·LÈN·TO/SOSTANTIVO MASCHILE
1.
Capacità intellettuale non comune associata a genialità o estro
vivace: è un giovane di t.; avere del t.; estens., a proposito di
persona.
“è un vero t.”
La vita di ogni persona di successo passa inesorabilmente più e più
volte attraverso questi tre sostantivi, uno femminile e due maschili: il
successo, tanto ambito, si ottiene quando il talento viene
riconosciuto attraverso critica e giudizio.
Non è detto, però, che il talento venga riconosciuto immediatamente.
C’è un tale, lavora come disegnatore di fumetti, viene licenziato dal
direttore a causa di una presunta “mancanza di idee e di
immaginazione“ il suo nome?
Walt Disney.
«Non sfonderai mai. Dovresti tornare a fare l’autista di camion.»
Chi si è sentito dire queste parole?
Elvis Presley.
Michael Jordan, quello che poi diventerà il giocatore più forte di tutti i
tempi, non viene accettato nella squadra di pallacanestro al liceo, in
quanto ritenuto non adatto.
E a scuola?
Tutti abbiamo avuto compagni di classe bravissimi e veri e propri
disastri.
Non è certo quello che ha determinato il futuro di ciascuno: «Sei
buono solo a sparare su cani e gatti e non sarai altro che una
disgrazia per te e la tua famiglia».
Questo se lo sente dire Charles Darwin…
«Bacato» e «troppo stupido per imparare alcunché» è stato detto a
Thomas Edison…
E poi ci sono quelli che proprio fanno sorridere.
Giuseppe Verdi non è stato ammesso al Conservatorio di Parma che
oggi porta il suo nome.
Alessandro Manzoni per via del suo rendimento scolastico viene
definito il peggior alunno dell’istituto in cui studia.
Al Liceo Manzoni di Milano Alda Merini viene bocciata in Italiano alla
prova d’ammissione.
Ma parliamo di musicisti!
Mahler: ha un grande successo in vita come direttore d’orchestra,
ma non come compositore, tanto che ancora in vita dichiara: «Il mio
tempo verrà!».
Schubert: passa la vita in ristrettezze economiche perché non riesce
mai a sfondare, colpa anche di un suo contemporaneo Ludwig Van
Beethoven.
Bach: nel 1723, viene nominato direttore musicale della chiesa di
San Tommaso a Lipsia, ma il consiglio cittadino si lamenta di averlo
dovuto assumere solo perché i candidati migliori non sono
disponibili.
1.
L’insieme imponderabile delle cause che si pensa abbiano
determinato (o siano per determinare) gli eventi della vita:
l’ineluttabilità del d.; rassegnarsi al proprio d.; è d., è fatale; spesso
inteso come personificazione di un essere o di una potenza
superiore che regola la vita secondo leggi imperscrutabili e
immutabili.
“non serve ribellarsi al d.”
GENERIC.
Sorte.
“il suo d. era nelle mani dei giudici”
Abbandonare qualcuno al proprio destino, disinteressarsi della sua
sorte.
Essere arbitro del proprio destino, non ammettere interferenze nelle
decisioni che riguardano la propria vita.
Rimettersi al destino, rimettersi alla sorte.
Arte
/ÀR·TE/SOSTANTIVO FEMMINILE
1.
Qualsiasi forma di attività dell’uomo come riprova o esaltazione del
suo talento inventivo e della sua capacità espressiva.
www.rizzoli.eu
16 Marzo
di Achille Lauro
Proprietà letteraria riservata
© 2020 Mondadori Libri S.p.A.
Progetto grafico: Davide Vincenti
Impaginazione: Corpo4 Team
Foto dell’inserto © Luca D’Amelio
Disegno copertina inserto: Ginevra Vacalebre
L’Editore ringrazia Marta Boggione per la collaborazione
Questo libro è frutto della fantasia dell’autore. Ogni riferimento a fatti o persone reali è
puramente casuale.
Pubblicato per Rizzoli da Mondadori Libri S.p.A.
Ebook ISBN 9788831800785
COPERTINA || FOTO: © LUCA D’AMELIO | ART DIRECTOR: FRANCESCA LEONESCHI | GRAPHIC DESIGNER: EMILIO
IGNOZZA / THEWORLDOFDOT
Sommario
Copertina
L’immagine
Il libro
L’autore
Frontespizio
Prefazione. di Gino Castaldo
Prefazione. di Alessandro Michele Direttore Creativo di Gucci
16 marzo
Prologo
Libro Primo. “DOPO IL SABATO, SARÀ L’ALBA DELLA NUOVA EPOCA.”
1
2
3
4
Libro Secondo
5
6
7
8
9
Libro Terzo
10
11
12
Libro Quarto
13
14
15
16
17
18
19
Epilogo
Ringraziamenti
INTERMEZZO
Critica. /CRÌ·TI·CA/SOSTANTIVO FEMMINILE
Giudizio. /GIU·DÌ·ZIO/SOSTANTIVO MASCHILE
Talento. /TA·LÈN·TO/SOSTANTIVO MASCHILE
Destino. /DE·STÌ·NO/SOSTANTIVO MASCHILE
Arte. /ÀR·TE/SOSTANTIVO FEMMINILE
Inserto fotografico
Copyright