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La composizione della famiglia romana era molto diversa da quella attuale. La famiglia era un
gruppo che comprendeva più persone sottoposte al potere del capofamiglia (pater familias) “in
base alla natura o al diritto”. Queste persone erano la moglie del pater familias e le mogli dei
discendenti maschi, i figli e i discendenti in linea maschile e, in qualche misura, gli schiavi.
Ciò che accomunava i membri di una famiglia era la comune sottoposizione al capofamiglia,
l'unico soggetto “indipendente”: tutti gli altri membri erano sottoposti al suo potere personale:
sulla moglie e sulle mogli dei figli era la “mano” (manus); sugli schiavi era il “potere di padrone”
(dominica potestas: si trattava di un potere di carattere patrimoniale, più che personale); sui figli
e sui discendenti in linea maschile era la patria potestas.
Alla patria potestas erano sottoposti anche coloro che erano entrati nella famiglia a seguito di
adozione, che aveva la funzione di ammettere artificialmente un estraneo nel gruppo, in posizione
di discendente. Gli atti utilizzati erano due.
1. Il primo, chiamato “arrogazione” (adrogatio), consisteva nella sottoposizione di un pater
familias a un altro pater familias, e in origine serviva a chi volesse
procurarsi un erede, non avendo figli naturali.
2. La forma più recente, detta “adozione” (adoptio) aveva invece la funzione di trasferire
una persona “dipendente” da un gruppo familiare all’altro. La procedura dell'adozione
era nella prima parte identica a quella dell'emancipatio, e consisteva in 3 vendite
successive a un fiduciario del padre. La seconda parte, invece di consistere nella
manomissione, consisteva in una in iure cessio (finta rivendicazione della patria potestà da parte
dell'adottante davanti al magistrato, di fronte al silenzio del padre).
ADOPTIO riguardava invece i soggetti alieni iuris, ossia filii familias che passavanocosì
dalla potestà di un pater a quella di un altro pater restando alienae potestati subiecti. La
procedura dell’adoptio si svolgeva innanzi al pretore.