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I. - Critica al Chalk
(7) Cfr. E. Rohde, op. cit. p. 505. Giardini simili erano oggetto anche della pit
tura paesaggistica ed esistevano nella realtà (cfr. i giardini platonici, epicurei e peripa
tetici). La loro disposizione, a cui si aggiungevano ornamenti architettonici, rivela la
concezione che i Greci hanno della natura dominata dall'uomo con intenti artistici
(cfr. ancora il Rohde, op. cit. p. 513).
(8) Bisogna riconoscere che A. Tazio incidentalmente attribuisce un significato al
legorico al melograno (III 6,r), ma, come in questo romanzo questa affermazione è del
tutto occasionale, cosi in Longo la presenza della pianta non deve necessariamente cor
rispondere ad una interpretazione mistica dell'intera vicenda.
(9) G. Dalmeyda, Pastorales (Daphnis et Chloé), Paris i960, pp. XXVI-VII, ha
notato una somiglianza tra la descrizione dei due giardini.
(10) Il mirto (II 3,4 - II 4,1 - III 5,1 - IV 2,2) richiama, per Cholk, i misteri or
fico-dionisiaci, poiché i boschetti sono i ritrovi degli iniziati (cfr. Aristofane, Rane
w. 156-8). Significato allegorico egli attribuisce anche all'edera, connessa col culto di
Dioniso, ed al pino, legato al nome di Pan ed ai miti dionisiaci (cfr. la leggenda di
Pan e Pitys in I 27,2 ss.).
(n) G. Dalmeyda, op. cit. p. XXIV, pur differendo profondamente dall'interpre
tazione allegorica del Chalk, vede anch'egli uno schema prestabilito tra le stagioni, i
protagonisti e gli eventi. Ad esempio, egli ritiene che Longo dia una rappresentazione
troppo cruda dell'inverno allo scopo di accentuare il dolore dei due giovani per la se
parazione.
(12) Cfr. i romanzi di Ach. Tazio e di Cantone, dove abbondano le citazioni tratte
soprattutto da Omero.
(») È piuttosto comune che i protagonisti dei romanzi siano descritti come straor
dinariamente belli: cfr. Charit., I 1,2 - I 1,5; Xen. Eph. I 1,3 - I 2,9 - II 2,4; Ach.
Tat. II 37,1.
Ma in questi romanzieri la bellezza è semplicemente uno dei tanti elementi che
provocano avventure. In Senofonte Efesio ripetutamente Anzia dice che la sua bel
lezza e quella di Abrocome sono state per loro causa di sventura e quindi origine di
peripezie (II 1,3 - II 11,4 - V 5,5).
(14) Roman und Mysterium in der Antike, Berlin und Miinchen, 1962. Un estrat
to del capitolo del Merkelbach riguardante Longo era già apparso in « Antaios » I
(I959)> PP- 47-60, ed a questo certamente si è ispirato il Chalk nel suo articolo apparso
nell'intervallo di tempo tra le due pubblicazioni.
(15) Dubbi sulla fondatezza della teoria del Merkelbach, che si estende anche ad
altri romanzi, sono già stati avanzati da S. Lancel in « Revue des Études Latines »
VL (1962), pp. 271-5, e da P. Grimal in « Revue des Études Anciennes » LXIV (1962),
pp. 483-8. Quest'ultimo ritiene che l'ironia avvertibile in tutto il romanzo di Longo
sia sufficiente a confutare l'interpretazione mistica dell'opera.
il mulo, l'alloro, il campanello (18). Tra questi non troviamo però gli uni
ci, che Longo ha in comune con l'Inno Omerico. Infatti i delfini, che com
paiono in entrambi e che il Merkelbach, basandosi su elementi archeo
logici, ha definito simboli di Dioniso, non hanno alcun rapporto con Pan.
La somiglianza rimane quindi superficiale e non coinvolge il pen
siero di Longo. Egli ha dato al racconto un tono di favola e, soprattutto
nella conclusione, l'episodio è animato da un'atmosfera gioiosa. La sce
na non rappresenta un momento del rituale e tantomeno del rituale dio
nisiaco: è il fantastico espediente a cui Longo è ricorso per ricondurre
Cloe nel proprio ambiente ed interrompere il corso dell'episodio avven
turoso.
(22) Ach. Tazio spiega che ciò avviene a causa di due sogni in cui appaiono Arte
mide ed Afrodite (IV 1,4 ss.), ma si tratta evidentemente di un espediente narrativo·
per spiegare la situazione.
manzieri. Strano autore egli sarebbe stato nella cerchia dei romanzieri
greci se si fosse proposto di divulgare attraverso la sua opera un miste
ro religioso.
Longo dà al suo romanzo un'impronta di schietto realismo. Egli co
nosce molto bene le abitudini della campagna. La scena della vendem
mia è da lui descritta con tanta vivacità da farci pensare che doveva
avervi assistito. Conosce l'arte della caccia ed il modo in cui viene pra
ticata (III (5,3 - III 6,1 per gli uccelli; II 12,3 per la lepre). Sa come si
conducono gli animali al pascolo e che il suono della zampogna varia per
i diversi tipi di animali (23) e costituisce il mezzo con cui il pastore tra
smette i propri ordini al gregge. In II 12,3 descrive una curiosa canna da
pesca primitiva, costituita da un sottile filo di lino legato ad una canna
e fornito di άγκιστρα.
Tutto ciò non può essere descritto da Longo solo affidandosi alla fan
tasia; indubbiamente la cultura contemporanea, in cui il gusto della cam
pagna è un motivo ricorrente (24), può aver influito su Longo, ma nel suo
romanzo c'è molto di personale, frutto di una attenta osservazione della
realtà e della capacità di cogliere gli aspetti più familiari ed intimi delle
cose (25).
Vorrei infine aggiungere che il tono di sorridente partecipazione al
la vita dei suoi personaggi e la lieve ironia con cui Longo osserva l'umile
ambiente che descrive sono una ulteriore obiezione ad ogni interpreta
zione mistica del romanzo, poiché contrasterebbero con qualunque pro
posito di divulgazione religiosa.
(31) La stessa etimologia (γνάθος = mascella) rende il nome coniato su misura per
questo personaggio.
(36) Anche G. Dalmeyda, op. cit. p. XXIII, vede una possibilità di confronto tra il
romanzo greco e la Commedia basandosi sulla presenza in entrambi i generi del sen
timento della natura.
(37) È evidente il parallelo tra αστικός, che si legge nel testo di Menandro, ed il
nome Άστύλος.
(38) Indirettamente i versi di Menandro richiamano anche L. II 12,1, in cui si
parla dei Metimnesi, i quali, πλούσιοι διαθέσθαι τον τρυγητόν έν ξενική τέρψει θελήσαν
τες, si imbarcano verso la campagna in cui vivono Dafni e Cloe per dedicarsi alla
caccia ed alla pesca: τέρψει δέ ποικίλος έτέρποντο (II 12,3)·
(39) Il Rohde, op. cit. p. 513, dice che i pastori di Longo, pur non essendo figure
da soletto, non hanno nulla di rozzo.
(40) Cfr. A. Mauersberger, Daphnis und Chloe, ein antike r Liebesroman von Lon
gus, Leipzig 1964, p. 151, il quale ha visto in Longo una voluta idealizzazione della
realtà e della natura.
(41) Questa commedia potrebbe essere esaminata per un più proficuo confronto con
gli altri romanzi, soprattutto quello di Cantone : alla base dell'azione scenica in essa
sta infatti l'episodio del rapimento della protagonista Φιλσυμένη, la quale viene tra
sportata dai pirati da Milasa nella Caria. Le sue vicende quindi sono simili a quelle
delle eroine dei romanzi.
(42) Cfr. L. Ili 6,3, in cui Dafni interroga se stesso alla ricerca del mezzo più ef
ficace per vedere Cloe e si prospetta tutte le difficoltà dell'impresa; L. Ili io, dove è
riportato un colloquio tra Dafni e Cloe.
(43) Cfr., ad es., Xen. Eph., il cui romanzo si conclude con scene di riconoscimento
(V io e 12).
In Ach Tat. Vili 9,1 il sacerdote che riassume la storia è cosi presentato: ην δέ
είπεϊν ούκ αδύνατος, μάλιστα δε τήν Άριστοψάνους έζηλωκώς κωμφδίαν. In questo ca
so è la Commedia Antica che viene riconosciuta come elemento essenziale per la for
mazione di un abile oratore.
Ancora in Ach. Tat. compare un personaggio, Gorgia, che reca lo stesso nome di
uno dei personaggi del Δύσκολος; nel romanzo di Caritone il protagonista Cherea ha
un nome che compare ancora nel Δύσκολος. Il nome Plangone, la nutrice che incon
triamo in Caritone, è lo stesso che troviamo nella Samia di Menandro.