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Alessandro Ghirardi
Matricola 790388
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Indice
INDICE
3. Strumenti e Metodi
Conclusioni
2
Abstract
ABSTRACT
3
Abstract
post-processato con annealing a 500°C per 150 minuti allo scopo di migliorare le proprietà
meccaniche del deposito. Le nanoparticelle sono state poi caratterizzate morfologicamente con
microscopia elettronica (SEM per l'analisi complessiva del deposito e utilizzando l’accessorio
STEM per misurare le dimensioni delle nanoparticelle). Misure XRD hanno poi permesso di
analizzare la fase delle nanoparticelle prodotte. In particolare nel caso di misure XRD utilizzando
un opportuno software è stato possibile misurare l’area dei picchi di Anatasio e Rutilo e ricavare le
relative percentuali.
Questo studio è stato realizzato per valutare la componente di Anatasio nelle nanopolveri in
funzione della temperatura del gas post sintesi e del rapporto di equivalenza, vale a dire il rapporto
di combustibile e ossidante rispetto alle condizioni stechiometriche. La temperatura del gas di
sintesi è stata variata agendo opportunamente sulla portata di aspirazione della pompa: ciò ha
consentito di regolare la diluizione e quindi la temperatura in analisi. Il rapporto di equivalenza è
stato variato cambiando la portata della soluzione di precursore, a parità di portata di O2
Si è osservata una significativa dipendenza della concentrazione di Anatasio dalla temperatura dei
gas post fiamma: per temperature superiori a 300°C si comincia ad osservare una diminuzione di
questa percentuale. Poco significativa invece risulta la dipendenza dal rapporto di equivalenza.
Riguardo al deposito di TiO2, l’analisi al SEM ha mostrato la presenza di particelle nanometriche
(dell’ordine di 16-19nm) nella forma di rete con una area superficiale molto significativa e quindi di
grande interesse per le applicazioni foto catalitiche, oggetto di lavoro futuro. Inoltre si è osservato
che sul deposito raffreddato si riscontrano rapporti Anatasio/Rutilo più alti rispetto ai rapporti
ottenuti nelle le polveri raccolte su filtro nelle stesse condizioni sperimentali. Ciò è probabilmente
dovuto al raffreddamento del supporto stesso.
Il lavoro è stato realizzato presso il laboratorio di Sintesi di Nanoparticelle del CNR-ICMATE
(Istituto per la Chimica della Materia e dei Processi per l’Energia) di Milano.
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
A seconda della dimensionalità si possono definire varie tipologie di nanomateriali, i quali possono
essere classificate come:
- Zero-dimensionali (0D) → tre le dimensioni in scala nanometrica
- Mono-dimensionali (1D) → due le dimensioni in scala nanometrica
- Bi-dimensionali (2D) → una dimensione in scala nanometrica
- Tri-dimensionali (3D) → nessuna dimensione in scala nanometrica
Il termine nanoparticella[1] non indica un sistema o una sostanza particolare, ma al contrario indica
sistemi molto diversi tra loro, sia come dimensioni sia come composizione.
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
Per avere un'idea delle sue dimensioni, le celle elementari dei cristalli hanno lunghezze dell'ordine
di un nanometro; la doppia elica del DNA ha un diametro di circa 2 nm .
Figura1.2 Variazione della durezza dei materiali in funzione della loro grandezza
Si possono avere differenti tipi di nanoparticelle, come ad esempio quelle metalliche (Au, Ag, ecc.)
o quelle di materiali semiconduttori (Si, ecc.) oppure nano-particelle composte da due o più parti di
materiali diversi.
Le nanoparticelle hanno due caratteristiche che le rendono particolarmente importanti,infatti le
proprietà dipendono dalla:
1. Composizione
2. Dimensione e forma.
Questi due parametri sono fondamentali per poter essere in grado di controllare le proprietà, oltre
che le dimensioni, del prodotto finale. Per comprendere al meglio le caratteristiche principali delle
nanoparticelle facciamo un esempio pratico: le proprietà ottico/visive di quest’ultime, dipendono
dalla forma e dalla dimensione del prodotto finale, infatti in base a quello la nanoparticella è in
grado di assorbire luce la cui lunghezza d’onda, e conseguentemente la sua intensità, sono
differenti.
La reattività chimica è un’altra proprietà fondamentale nella loro descrizione, infatti quest’ultima
viene notevolmente amplificata con il decrescere delle dimensioni delle nano particelle.
Nelle particelle gli atomi prossimi alla superficie sono solo parzialmente saturi e si trovano in uno
stato energetico diverso da quelle all’interno del solido,proprio per questo le maggiori interazioni
avvengono sulle superfici e sulle interfacce.
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
Poiché le forze di interazione reciproche non risultano del tutto bilanciate, le superfici svolgono un
ruolo determinante in qualsiasi classe di materiale nanometrico, condizionandone ogni proprietà:
dalle trasformazioni strutturali, all’interazione con la luce, alla solubilità.
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
Dalle analisi in spettroscopia elettronica a raggi X, per molti metalli, diminuendo il raggio delle
particelle si apprezza verifica un aumento dell’energia di legame, però tale fenomeno è evidente
solo per piccoli diametri.
L’aumento dell’energia di legame, per piccoli diametri, è dovuto alla diminuzione dell’effetto
schermante del nucleo da parte degli elettroni ed è indice della trasformazione indotta dal size effect
tra i comportamenti metallico e non metallico.
La scienza delle nanoparticelle ha le sue origini dagli studi sui colloidi ed aerosol. I colloidi[3] sono
un’importante classe di materiali, intermedi fra la fase massiva (bulk) e i sistemi dispersi su scala
molecolare, che consistono in una fase dispersa, finemente suddivisa, distribuita uniformemente in
un mezzo di dispersione, che si assume continuo.
I fattori che influenzano la stabilità delle dispersioni colloidali, per esempio sotto particolari
condizioni le particelle colloidali si uniscono per formare una fase condensata. Si distinguono due
processi di aggregazione[4] :
coagulazione: l’aggregato è densamente impacchettato e il processo è irreversibile;
flocculazione: l’aggregato è molto meno denso e il processo è reversibile.
I materiali nano strutturati si possono considerare come un sottoinsieme del più ampio gruppo
formato dai nanomateriali, in generale vengono denominati “materiali nano strutturati”, quei
materiali composti da costituenti elementari, detti building blocks [5], aventi dimensioni
caratteristiche di alcuni nanometri (da 1 a 100 nm e non superiori a 500 nm), in almeno una
direzione dello spazio.
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
Tali costituenti sono in genere dei cristalliti, ma possono essere anche amorfi (polimeri) che
differiscono tra loro per la struttura atomica, per l’orientazione cristallografica e la composizione
chimica ( parametri fondamentali per classificare i materiali nano strutturati).
Tra di essi si formano interfacce coerenti o incoerenti, a seconda delle caratteristiche dei cristalliti
adiacenti.
Poiché quindi forma e dimensione possono essere controllate, entro certi limiti, è possibile
sintetizzare nanoparticelle con proprietà predefinite. Il controllo sulle dimensioni avviene tramite
l’utilizzo di diverse tecniche di sintesi di cui parleremo nel paragrafo successivo.
In questo capitolo ci occuperemo di analizzare le tecniche di produzione dei nano materiali, le quali
hanno la particolarità di essere svariate e in continua evoluzione.
Successivamente ci soffermeremo sui metodi di sintesi in fase gas, in particolare sulla sintesi su
fiamma, una tecnica di sintesi che permette di ottenere prodotti con dimensioni e caratteristiche
controllate.
1 I metodi fisici: utilizzati per ottenere materiali allo stato solido di metalli, ossidi, ceramici
con determinate microstrutture, comprendono le diverse varianti della PVD (physical vapour
deposition) e la condensazione atomica o molecolare. Il metodo della deposizione [6] di
vapore è basato sul passaggio di stato vapore/solido: per riscaldamento si ottiene un vapore
saturo di un metallo, che raffreddato in atmosfera controllata si deposita su un substrato.
Importante è la capacità di modulare le proprietà del materiale finale variando le condizioni
dell’ambiente di reazione, la fonte di calore, il substrato, ecc.
-La condensazione atomica o molecolare è utilizzata per ottenere metalli nano particellari.
Nel processo si parte da un materiale solido che viene riscaldato sottovuoto, così da produrre
un flusso di materia vaporizzata e atomizzata, diretto ad una camera contenente gas, inerte o
reattivo. Si ha poi il rapido raffreddamento degli atomi del metallo, provocato dalla loro
collisione con le molecole di gas, che porta alla formazione di nanoparticelle metalliche (se
il gas è ossigeno si ottiene un ossido).
Questi metodi permettono di ottenere elevata purezza, ma sono molto costosi e laboriosi.
2 Tra i metodi chimici utilizzati per ottenere solidi nanostrutturati, è diffusa la deposizione
chimica da vapore (chemical vapour deposition, CVD), in tutte le sue varianti, il cui
principio di funzionamento è lo stesso del metodo PVD, ma il materiale finale è il risultato
di una reazione chimica, avvenuta in fase vapore o sul substrato su cui il materiale si
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
Mentre con le procedure fisiche le strutture ottenute preservano le qualità chimico-fisiche dei solidi
di partenza, con le procedure chimiche è possibile realizzare una gamma pressoché infinita di
materiali nanostrutturati, gran parte dei quali inesistenti in natura, con proprietà inusuali e
comunque diverse da quelle dei materiali cristallini ordinari di uguale composizione chimica.
Entrando più nel merito delle tecniche differenti di sintesi possiamo trovare :
Figura 2.1 Schema sintesi di nano particelle a partire dalla fase liquida. A seconda del diverso tipo di
accrescimento che seguono le particelle si possono ottenere prodotti differenti
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
Un particolare tipo di sintesi in fase gassosa è il processo di sintesi in fiamma per il quale esistono
fondamentalmente due metodi per iniettare il precursore: in fase omogenea attraverso un sistema di
evaporazione a temperatura controllata oppure, in forma liquida, tramite uno spray.
Quest’ultimo metodo offre una maggior flessibilità per quanto riguarda i tipi di precursore che
possono essere utilizzati e il controllo delle portate, e quindi della quantità di nanopolveri prodotte.
Il punto fondamentale su cui si sofferma la sintesi su fiamma,è il bruciatore (fig. 1), che consiste in
un setto poroso ed una camera di premiscelazione per alimentare una fiamma di metano-aria.
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
Importante è anche il controllo della temperatura raggiunta dalla fiamma in queste situazioni dalla
quale appunto dipende il prodotto finale, la fiamma si aggira su una temperatura di circa 2200 K.
Oltre che dalla temperatura come già detto il prodotto finale dipende anche dal precursore, dalle sue
proprietà, dalla temperatura ma soprattutto dal tempo di residenza delle particelle.
La fiamma[8] inoltre può essere premiscelata o diffusiva: la principale differenza sta nel fatto che per
la prima combustibile e ossidante sono miscelati prima dell’uscita dal bruciatore(sono quindi
fiamme molto pericolose con le quali lavorare), quella diffusiva invece è l’opposto, infatti i reagenti
si miscelano una volta lasciato il bruciatore.
I vantaggi della sintesi su fiamma sono i seguenti:
Possibilità di utilizzare precursori volatili e non
Produzione di ossidi semplici(SiO2,TiO2..) e ossidi non semplici
Sistema veloce ed economico
Purezza delle particelle
Controllo dimensionale
Tuttavia come tecnica presenta anche degli svantaggi:
Formazione di aggregati
Generazione di particelle polidisperse
Temperature e velocità non uniformi
Proprietà dipendenti dal tipo di miscelazione del precursore
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
Abbiamo visto che le tecniche comunemente utilizzate per la produzione di nanoparticelle sono
molteplici: tra queste, i metodi di sintesi in fase vapore ricoprono un ruolo importante a livello
industriale poiché, grazie all’ampia gamma di materiali processabili, al buon controllo sul processo,
ai costi sostenibili e alla facilità di scale-up sono ad oggi ampiamente utilizzati per la produzione su
larga scala di nanopolveri.
La Flame Spray Pyrolysis (FSP) è un processo in fase gassosa ad alta temperatura per la sintesi di
nanopolveri.
Rispetto ad altri processi in fase vapore, per la conversione dei precursori non richiede sorgenti di
energia esterne quali plasma, laser o camere termo riscaldate, e questo la rende particolarmente
economica e scalabile su produzioni industriali.
I materiali di partenza che si utilizzano nel processo di sintesi sono precursori liquidi contenenti le
specie metalliche appropriate per la formazione delle particelle, tipicamente composti
metallorganici, combinati in soluzione con opportuni solventi organici alla concentrazione e
stechiometria desiderate prima di essere vaporizzati in fiamma.
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
Seguendo lo schema di figura 2.4, per mezzo di un bruciatore dotato di un opportuno ugello spray
(atomizzatore), la miscela di precursore metallorganico e solvente è dispersa mediante un flusso di
gas (gas di dispersione) all’interno di una fiamma.
Il processo di crescita può essere controllato tramite la concentrazione del precursore e i parametri
di processo che determinano le condizioni termodinamiche all’interno della fiamma.
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
2. BIOSSIDO DI TITANIO
Il biossido di titanio[11] è un materiale molto utilizzato e studiato grazie al suo basso costo, alla
facilità di sintesi, alla sua non tossicità e alle sue proprietà fotoelettriche. Nella maggior parte delle
applicazioni, il biossido di titanio è utilizzato sotto forma di nanoparticelle.
Per comprendere maggiormente i risultati ottenuti nelle successive caratterizzazioni, viene quı
presentata una rapida descrizione delle sue principali proprietà tra cui quelle strutturali, cristalline (e
in particolare delle sue fasi più importanti, anatasio, rutilo e brookite che come vedremo giocano un
ruolo molto importante nella fotocatalisi), termodinamiche ed elettroniche.
Nella seconda parte entreremo invece nel merito delle nanoparticelle di TiO2 utilizzate in attività
fotocatalitiche , e favorite dalla presenza di difetti strutturali sulla loro superficie
Il biossido di titanio in condizioni ambientali esiste in diverse forme polimorfiche tra le quali le più
diffuse sono rutilo, anatasio e brookite. [12]
Nell’ambito di questa tesi ci concentreremo principalmente sulle prime due in quanto non solo sono
le forme più diffuse e facili da ottenere ma anche perché sono quelle che hanno mostrato migliori
proprietà fotocatalitiche.
Il rutilo in condizioni di temperatura ambiente è la forma termodinamicamente più stabile.
Ha una struttura tetragonale in cui ogni atomo di Ti è coordinato da sei atomi di O a formare un
ottaedro leggermente distorto , ogni ottaedro condivide otto angoli e due lati con altri ottaedri con
cui forma una catena lineare, che contiene due unità di TiO2 (fig 3.1).
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
La brookite ha una struttura ortorombica formata da ottaedri che condividono tre latri con i vicini.
La cella unitaria contiene otto unità di TiO2.
La brookite pura è molto difficile da sintentizzare e quindi lo è anche studiarne le proprietà. Per
questo non ci spingeremo oltre a questa semplice descrizione.
Nonostante il rutilo sia, come già detto, l’unica fase termodinamicamente stabile a quasi tutte le
temperature e pressioni, con alcune tecniche di sintesi che prevedono alte temperature, si ottengono
spesso nanoparticelle di anatasio . Ciò può essere spiegato sia dal punto di vista strutturale che da
quello termodinamico e dal fatto che, come anticipato, sotto un certo valore le dimensioni diventano
un parametro critico per certe proprietà. È stato osservato che al di sotto di una certa dimensione
critica delle particelle (10-14 nm) può avvenire un’inversione di stabilità delle fasi. Diventa quindi
fondamentale studiare le meccaniche che stanno alla base delle trasformazioni tra le varie forme
cristalline della Titania per comprenderne meglio la natura e sfruttarne al massimo le proprietà nelle
varie applicazioni.
Durante i processi di sintesi il controllo delle fasi A/R risulta anche estremamente importante
perché,da quest’ultimo, dipende un’attività che affronteremo più avanti in questa tesi : l’attività
fotocatalitica
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
Le fasi cristalline del titanio vengono ottenute da quella amorfa tramite trattamento termico.
Generalmente bastano cicli termici a temperature non troppo elevate per ottenere una prima
cristallizzazione in anatasio, mentre la fase rutilo comincia ad essere osservata a temperature
maggiori, generalmente attorno ai 600 ◦C.
La generazione delle fasi della TiO2 dipende anche,in maniera significativa, dai parametri con i
quali vengono condotti i processi di sintesi.
Le cinetiche di questi processi tipicamente sono considerati in termini di temperatura e tempo. In
termini della prima, si considera che l’Anatase cominci a trasformarsi in modo irreversibile in rutilo
a circa 600 ◦C.
Tuttavia le temperature di transizioni riportate nei vari studi nel corso degli anni sono eterogenee e
variano nel range 400 − 1200 ◦C a causa principalmente delle differenze tra le tecniche utilizzate
per determinarle.
Essendo la trasformazione anche dipendente dal tempo, perché di tipo ricostruttivo, bisogna
considerare anche tutti i fattori che influenzano le cinetiche della trasformazione. Questi parametri
sono ad esempio la dimensione delle particelle (come abbiamo in parte visto), la loro forma, l’area
della superficie, il volume dei campioni, l’atmosfera, le impurità .
La trasformazione anatasio-rutilo (A → R) segue un meccanismo di nucleazione e crescita.
I cristalliti di anatasio crescono di dimensione e, una volta raggiunta una dimensione critica,
cominciano a trasformarsi in rutilo.
La nucleazione avviene all’interfaccia e poi continua nel resto dell’anatasio attraverso la rottura
parziale dei legami Ti-O presenti in ogni cella unitaria e lo spostamento cooperativo di cationi di Ti
e anioni di O, coinvolgendo molto rapidamente tutto il cristallo di anatasio .
È interessante notare come il rate di nucleazione sia abbastanza lento al contrario di quello di
crescita di rutilo che è invece molto rapido.
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
energia necessiti oltre che del fotone di energia giusta, anche del contributo di un fonone che
compensi la variazione di momento cristallino
I difetti in un materiale possono essere di diversi tipi, elenchiamo quı di seguito i principali difetti
puntuali:
• Sostituzionale: sostituzione di un atomo con uno di un altro tipo. Ciò può essere non voluto, visto
che nessun cristallo è perfetto al 100% o un effetto desiderato tramite drogaggio.
Nella TiO2 la maggior parte dei difetti intrinseci, cioè presenti naturalmente, sono le vacanze di
ossigeno, VO, che alterano la struttura cristallina (fortemente dipendente dalle repulsioni O-O) e
che quindi influenzano molto le meccaniche di trasformazione di fase nei vari polimorfi.
Il drogaggio è un altro degli approcci più utilizzati nella modifica dell’energy gap per cercare di
modificare la risposta ottica di un fotocatalizzatore semiconduttore.
Lo scopo principale del drogaggio è quello di diminuire il band gap o introdurre stati intra-gap che
possono portare all’assorbimento di una porzione maggiore dello spetto solare e quindi ad un
aumento dell’efficienza fotocatalitica. Il drogaggio della titania può avvenire tramite l’uso di cationi
che possono essere altri metalli di transizione (V, Cr, Mn, Fe) metalli nobili (Pt, Ag, Au) o di anioni
(C, N, F).
Varie analisi hanno dimostrato che come fotocatalizzatore la TiO2 è molto più efficiente in forma di
nanoparticelle rispetto alla polvere bulk.
Infatti, se normalmente molte proprietà sono indipendenti dalla dimensione, quando si scende sotto
un determinato valore critico, le proprietà delle nanoparticelle possono cambiare man mano che la
loro dimensione diminuisce.
Al diminuire della dimensione, sulla superficie appare una percentuale sempre più significativa di
atomi che portano vantaggi nelle reazioni fotocatalitiche, in quanto i reagenti interagiscono
principalmente con la superficie.
In aggiunta, un maggior rapporto superficie/volume aumenta la densità di difetti a causa del
troncamento alla superficie. [14]
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
La fotocatalisi è definita come l’accelerazione della velocità di una fotoreazione per la presenza di
un catalizzatore. Tale processo è un acceleratore delle reazioni di ossidazione già attive in
natura,infatti, l’ossidazione della maggior parte degli idrocarburi procederebbe piuttosto lentamente
in assenza di sostanze attive catalitiche [15]. Un fotocatalizzatore diminuisce l’energia di attivazione
di una data reazione.
Un sistema fotocatalitico eterogeneo consiste di particelle di semiconduttore (fotocatalizzatore), che
è in stretto contatto con un mezzo della reazione liquida o gassosa. Dall’esposizione del
catalizzatore alla luce, vengono generati degli stati eccitati capaci di iniziare processi a catena come
le reazioni redox e le trasformazioni molecolari.
A causa della loro struttura elettronica [16] , che è caratterizzata da una banda di valenza completa
(VB) e una banda di conduzione vuota (CB), i semiconduttori (come TiO2) possono comportarsi
come sensibilizzatori per processi redox foto-indotti. La differenza tra il livello di energia più basso
della CB e il livello di energia più alto della VB è il cosiddetto “energy gap” Eg. Esso corrisponde
alla minima energia di luce richiesta per rendere il materiale conduttore.
I portatori di carica mobili possono essere generati da tre meccanismi diversi: eccitazione termica,
fotoeccitazione e drogaggio. Questo trasferimento di carica presenta condizioni di non equilibrio,
che conducono alla riduzione o all’ossidazione della specie assorbita sulla superficie del
semiconduttore.
Il TiO2 è un semiconduttore con un’ energy gap pari a Eg = 3.2 eV, se viene irradiato con fotoni di
energia maggiore di Eg (λ < 388 nm), un elettrone è in grado di superare il gap energetico e viene
promosso dalla banda di valenza a quella di conduzione. Di conseguenza, il processo primario è la
generazione di un portatore di carica.
TiO2 + hν → h+ + e-
Nel TiO2 gli elettroni e le vacanze non si ricombinano immediatamente ma originano reazioni di
fotocatalisi portandosi sulla superficie delle particelle e reagendo come mostrato nella Fig.3.4
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Capitolo 1: Introduzione alle nanoparticelle: definizioni e applicazioni
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Capitolo 3: Strumenti e Metodi
3 Strumenti e Metodi
Nel presente capitolo si riporta in dettaglio il set-up sperimentale per la sintesi di nanoparticelle con
una descrizione dettagliata delle diverse parti che lo compongono. In seguito ci si soffermerà sulla
descrizione delle condizioni sperimentali in studio nel presente lavoro. Nella seconda parte del
capitolo, invece, verranno presentate le tecniche di analisi utilizzate per la caratterizzazione delle
polveri e dei depositi con particolare attenzione ai principi alla base del loro funzionamento.
Il bruciatore per la fiamma pilota è essenzialmente un bruciatore ad anelli, costituito cioè da una
serie di lamelle concentriche nelle quali passa la miscela metano/aria. In Figura 3.2 sono riportati
l’immagine (a sinistra) e dettagli della struttura (a destra) del bruciatore. La fiamma che si genera è
quindi premiscelata. Il suo ruolo è quello di evitare il fenomeno del flashback, e di innescare (come
fiamma di sostegno) la combustione dello spray di ossidante e comburente. L’impianto di
alimentazione del bruciatore premiscelato è costituito da una serie di tubi collegati ad un’unita di
controllo di portata. La portata dei gas viene misurata e regolata utilizzando dei flussimetri massici
(Bronkhorst High-Tech ) e il suo valore è espresso in Nl/min. In particolare, le portate sono
regolate in modo da avere una fiamma povera in combustibile (come specificato dettagliatamente di
seguito nelle condizioni sperimentali).
Figura3.2 Immagine (a sinistra) e descrizione della struttura (a destra) del bruciatore lamellare.
L’atomizzatore per la generazione dello spray è il punto forte del sistema di FSP. In Figura 3.3 si
riportano i dettagli con le varie dimensioni e un disegno nel suo complesso. E’ realizzato in acciaio
inox ed è costituito da un ugello convergente al cui interno, in posizione coassiale, vi è un ago di
iniezione a foro capillare. L’atomizzatore usato è a doppio flusso coassiale in cui un getto
principale,costituito da una corrente di gas che passa attraverso l’ugello, ha il compito di rompere il
getto coassiale di combustibile liquido al fine di formare uno Spray. Il fluido infatti passa attraverso
un foro andando a formare un sottile film di liquido che nella sua interazione con un altro
flusso(ossigeno nel nostro caso) si rompe generando goccioline micrometriche. L’iniettore è poi
raffreddato con acqua che scorre in una camicia esterna.
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Capitolo 3: Strumenti e Metodi
Riguardo invece alla misura della portata della soluzione di precursore, si utilizza una siringa
dosatrice motorizzata. In figura 3.4 si riportano il flussimetro per la misura del comburente (a) e la
siringa (b)
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Capitolo 3: Strumenti e Metodi
(a) (b)
Figura 3.5
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Capitolo 3: Strumenti e Metodi
dalla bocca del bruciatore) e l’altra a 15 cm. Riguardo al suo funzionamento nel seguito si riportano
le parti principali (Figura 3.5). Due conduttori elettrici aventi differente composizione sono uniti ad
una estremità, “giunzione calda”. L'altra estremità è invece la ”giunzione fredda”. Quando tra le due
estremità dei conduttori esiste una differenza di potenziale, il sistema è in grado di rilevare una
differenza di temperatura ΔT.
ϕ=
( )
O2 sperimentale
(1)
( Fuel
O )
2 stechiometrico
Riguardo invece alla fiamma spray, è stato utilizzato come precursore l’isopropossido di Titanio
diluito in etanolo. L’isopropossido[18] di titanio (C12H28OTi, la cui struttura è qui sotto riportata) è
una molecola diamagnetica con struttura tetraedrica.
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Capitolo 3: Strumenti e Metodi
Nel presente lavoro sono state utilizzate le seguenti condizioni operative (tabella 1)
• XRD (diffrazione a raggi X): che consente di avere informazioni sulla struttura cristallografica e
composizione chimica del campione.
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Capitolo 3: Strumenti e Metodi
• EPR (Electron Paramagnetic Resonance): detta anche ESR (spettroscopia di risonanza di spin
[20]
elettronico ) consente di individuare radicali liberi stabili o persistenti. Essa permette inoltre lo
studio di specie radicaliche transienti che si formano nel corso di una reazione dopo illuminazione
Uno spettrometro EPR consiste di: un elettromagnete, il quale permette di variare con continuità il
campo magnetico applicato; un generatore di radiazioni elettromagnetiche che emette microonde in
un campo molto ristretto di frequenze ; una cella porta campioni; un rilevatore che permette di
misurare l’entità dell’assorbimento subito dalla radiazione elettromagnetica.
La spettroscopia XRD verrà affrontati in maggiore dettaglio nella parte sperimentale di questa tesi.
Combinando i risultati di queste analisi si possono andare a determinare alcune caratteristiche delle
nanoparticelle, come le dimensioni, la morfologia, il grado di cristallinità, la solubilità,
l'aggregazione, la porosità.
3.3.1. SEM
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Capitolo 3: Strumenti e Metodi
Il SEM è costituito da una camera sottovuoto che comprende un cannone elettronico, delle lenti
collimatrici, due rilevatori e il porta campione. Un filamento di tungsteno si trova nel cannone
elettronico e se riscaldato opportunamente, emette elettroni per effetto termoelettrico mentre le lenti
collimano il fascio elettronico e gli permettono di effettuare una scansione della superficie del
campione; due detector poi sono adibiti alla rilevazione degli elettroni secondari e retrodiffusi
(backscattered).
Quando la superficie di un campione viene colpita da un fascio elettronico si possono osservare
diversi effetti tra i quali l’emissione di elettroni secondari, retrodiffusi e raggi X. Gli elettroni
retrodiffusi sono gli elettroni ad elevata energia che vengono emessi dal campione a seguito di un
urto elastico di un elettrone incidente con il nucleo di un atomo. La rilevazione degli elettroni
secondari permette invece di creare un’immagine legata alla morfologia del campione, conseguenza
dei diversi angoli di incidenza del fascio elettronico in presenza di zone concave e convesse.
Quando il fascio incidente colpisce il campione può strappare degli elettroni dai livelli energetici
più interni degli atomi; gli elettroni più esterni fanno un salto energetico andando ad occupare la
vacanza formatasi ed avviene l’emissione di un fotone X per bilanciare la differenza di energia tra
gli stati dei due elettroni.
Siccome ogni elemento emette radiazioni con un’energia caratteristica è possibile associare ad ogni
valore di energia dello spettro un particolare elemento e verificarne così la presenza nel campione.
Confrontando poi l’intensità dei picchi con quelle di uno standard può essere effettuata anche
un’analisi semi-quantitativa ricavando le concentrazioni dei vari elementi presenti.
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Capitolo 3: Strumenti e Metodi
atomi interferiscono in modo costruttivo. La descrizione più semplice di questo fenomeno è data
dalla legge di Bragg[21]. Tale legge afferma che si ha interferenza costruttiva solo se la differenza di
cammino tra due raggi X, riflessi da due piani successivi, è pari ad un numero intero n di lunghezze
d’onda λ ed `e descritta dall’equazione:
nλ = 2dhkl sin θ
dove dhkl è la distanza interplanare tra due piani reticolari con indici di Miller (hkl) e θ `e l’angolo
tra fascio incidente e fascio riflesso.
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Capitolo 3: Strumenti e Metodi
1. Caratteristiche dell'unità ripetitiva del reticolo cristallino di una sostanza con le sue costanti
reticolari.
2. Gruppo spaziale della sostanza (simmetria puntuali e traslazionali del cristallo)
3. Connettività chimica dell'unità asimmetrica
4. Moto termico degli atomi o ioni
2
2
2
2
Figura 3.8: Schema dei componenti essenziali di un diffrattometro. Il porta campione ruota di un
angolo mentre il braccio che porta il contatore ruota di 2.
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Capitolo 3: Strumenti e Metodi
interferogramma, grafico dell’assorbanza in funzione del tempo; per ricostruire uno spettro
dell’assorbanza in funzione del numero d’onda è necessario eseguire una trasformata di Fourier del
segnale. A questo punto è quindi possibile verificare la presenza di certi gruppi funzionali in base
alla posizione dei picchi nel diagramma, ad ogni lunghezza d’onda corrisponde infatti la vibrazione
di uno specifico legame chimico. Lo strumento utilizzato è Thermo Scientific Nicolet 6700 con
accessorio ATR per misura di polveri (Figura 3.9).
Figura 3.9: FT-IR Thermo Scientific Nicolet 6700 con accessorio ATR
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Capitolo 4: Risultati e Discussione
4 Risultati e Discussione
In questo capitolo saranno esposti i risultati sperimentali. Prima sarà riportato un esempio di misura
di temperatura per il controllo del processo di sintesi. Quindi saranno mostrate le diverse
caratterizzazioni eseguite sui campioni ottenuti.
4.2 SEM
Il SEM è costituito da una camera sottovuoto che comprende un cannone elettronico, delle lenti
collimatrici, due rilevatori e il porta campione. Un filamento di tungsteno si trova nel cannone
elettronico e se riscaldato opportunamente, emette elettroni per effetto termoelettrico mentre le lenti
collimano il fascio elettronico e gli permettono di effettuare una scansione della superficie del
campione; due detector poi sono adibiti alla rilevazione degli elettroni secondari e retrodiffusi
(backscattered).
Quando la superficie di un campione viene colpita da un fascio elettronico si possono osservare
diversi effetti tra i quali l’emissione di elettroni secondari, retrodiffusi e raggi X. Gli elettroni
retrodiffusi sono gli elettroni ad elevata energia che vengono emessi dal campione a seguito di un
urto elastico di un elettrone incidente con il nucleo di un atomo.
La rilevazione degli elettroni secondari permette invece di creare un’immagine legata alla
morfologia del campione, conseguenza dei diversi angoli di incidenza del fascio elettronico in
presenza di zone concave e convesse.
Quando il fascio incidente colpisce il campione può strappare degli elettroni dai livelli energetici
più interni degli atomi; gli elettroni più esterni fanno un salto energetico andando ad occupare la
vacanza formatasi ed avviene l’emissione di un fotone X per bilanciare la differenza di energia tra
gli stati dei due elettroni.
Siccome ogni elemento emette radiazioni con un’energia caratteristica è possibile associare ad ogni
valore di energia dello spettro un particolare elemento e verificarne così la presenza nel campione.
Confrontando poi l’intensità dei picchi con quelle di uno standard può essere effettuata anche
un’analisi semi-quantitativa ricavando le concentrazioni dei vari elementi presenti.
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Questo strumento è essenzialmente costituito da una sorgente di raggi IR (di lunghezza d’onda
compresa tra 2,5 e 25µm) di materiale ceramico e da una serie di specchi. La radiazione colpisce lo
specchio semitrasparente e si divide in due parti: una parte viene riflessa verso lo specchio fisso e
una verso lo specchio mobile. Quest’ultimo si muove a velocità costante perciò, quando le
radiazioni riflesse dallo specchio fisso e da quello mobile si incontrano in corrispondenza dello
specchio semitrasparente, avvengono dei fenomeni di interferenza costruttiva o distruttiva a seconda
della posizione dello specchio mobile. La radiazione[22] risultante colpisce quindi il campione dove
l’assorbimento di caratteristiche lunghezze d’onda provoca delle vibrazioni dei legami molecolari
che possono essere di due tipi: stiramento del legame chimico (stretching) o deformazione
dell’angolo di legame (bending). Un detector rileva le radiazioni trasmesse creando un
interferogramma, grafico dell’assorbanza in funzione del tempo; per ricostruire uno spettro
dell’assorbanza in funzione del numero d’onda è necessario eseguire una trasformata di Fourier del
segnale. A questo punto è quindi possibile verificare la presenza di certi gruppi funzionali in base
alla posizione dei picchi nel diagramma, ad ogni lunghezza d’onda corrisponde infatti la vibrazione
di uno specifico legame chimico. Lo strumento utilizzato è uno Jasco FT/IR-620.
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Conclusioni
Alla luce delle tecniche viste fino ad ora è possibile fare delle constatazioni sui risultati ottenuti.
Per le polveri, e soprattutto per il rapporto tra le fasi di Anatase e Rutilo, è possibile notare che
aumentando la temperatura in un range che va tra i 250-600 °C in fase gas, la fase cristallina mostra
una prevalenza di Anatase. Superando tale range di frequenza inevitabilmente tutte le fasi cristalline
tendono a riconvertirsi nella forma stabile,ossia il Rutilo.
La temperatura però non è l’unica grandezza dalla quale dipendono le fasi delle nano particelle di
TiO2, infatti un altro parametro che permette il controllo delle fasi è la portata,direttamente legata
alla cappa di aspirazione. Più la portata è alta,più la temperatura del sistema si abbasserà, essendo le
due grandezze inversamente proporzionali tra di loro
Altri parametri che determinano la variazione del rapporto A/R sono la diluizione con la quale viene
preparato il precursore e il tempo di permanenza ( tempi più lunghi, la quantità di nano particelle
prodotte sarà anch’essa maggiore)
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Inoltre l’analisi tramite Sem ha permesso di calcolare nel caso delle nano particelle sul deposito la
loro forma e dimensione. Le nano particelle hanno una grandezza dell’ordine di 16-19nm ,
presentano una forma di rete con una area superficiale molto significativa e quindi di grande
interesse per le applicazioni foto catalitiche, che saranno oggetto di lavoro futuro.
Per alcuni campioni è stata anche condotta un analisi ESR (Electron Spin Resonance).
Si tratta di una tecnica spettroscopica per individuare e analizzare specie chimiche contenenti uno o
più elettroni spaiati (chiamate specie paramagnetiche), come a) i radicali liberi, b)gli ioni di metalli
di transizione c) i difetti in cristalli d) le molecole in stato elettronico di tripletto fondamentale.
I concetti basilari della tecnica EPR sono analoghi a quelli della risonanza magnetica nucleare, ma
in questo caso sono gli spin elettronici ad essere eccitati al posto degli spin dei nuclei atomici.
Lo strumento impiegato per quest’analisi è uno spettrometro Bruker EMX che lavora nella banda
di frequenza dei raggi X , con un criostato Oxford il quale ,a sua volta, ha un range di temperatura
da 4 a 298 K. The nanocrystals were charged in quartz glass tubes connected both to a high-vacuum
pumping system. Gli spettri sono stati registrati in condizioni di vuoto (10-5 mbar) a 130 K, prima e
dopo aver condotto un irraggiamento dei campioni per 30 min con raggi UV, mantenendo la T
costante
Sample 37 Sample 38
Intensity (a.u.)
UV irr. UV irr.
at p < 10-5 at p < 10-5
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Figure 2. Caratteristiche spettrali della TiO2 37 ottenute sottraendo allo spettro di irradiazione con gli UV,
lo spettro acquisito prima dell’irradiazione. Inset: details of the most relevant paramagnetic species.
Principali osservazioni:
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Bibliografia
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