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La disciplina autonoma e scientifica delle relazioni internazionali nasce nel 1919, con l’istituzione
della prima cattedra universitaria in Galles di Alfred Zimmer. Si sente quest’esigenza in seguito alla
prima guerra mondiale, sia a causa dell’aumento degli stati sovrani indipendenti, ma anche perché
il conflitto ha coinvolto tutta la popolazione, non solo alcuni soggetti di nicchia come accadeva
prima.
Nasce successivamente la società delle nazioni, voluta dal presidente Wilson e dagli idealisti onde
evitare il ripetersi di un evento così catastrofico. In quegli anni la pace viene vista come qualcosa di
possibili e realizzabile, infatti la disciplina delle R.I. studia le condizioni della pace e la guerra non
viene vista come strumento di risoluzione dei conflitti.
Viene quindi fuori la necessità di marcare le differenze con le discipline affini alle relazioni
internazionali, come ad esempio quelle con la filosofia politica. L’ambizione è quella di fare
scienza, non filosofia. Per fare ciò, Norberto Bobbio, sostiene che qualunque disciplina che
ambisca a essere scientifica, deve soddisfare 3 criteri:
Pluralismo scientifico Presenza di più teoria, nessuna spiega per intero il fenomeno a cui viene
applicata.
Vi sono 4 approcci di visione delle R.I.:
Il politologo Kenneth Waltz, padre del neorealismo, scrive un libro nel 1959: “Man, The state and
War”. Waltz scrive che è importante conoscere le cause della guerra, così facendo è più facile
realizzare la pace. Per esaminare queste cause e rispondere alla domanda: “Perché scoppiano le
guerre?” Waltz usa tre diverse immagini (livelli di analisi):
Analitico del sistema globale: È un sistema che racchiude al suo interno gli altri sistemi.
Risponde all’importanza dei processi di globalizzazione, cioè il vivere associato degli stati,
sia a livello
politico – economico, ma anche sociale ecc.
A ad oggi gli studiosi di R.I. credono che una gerarchia d’importanza di queste immagini non possa
essere creata. I livelli di analisi mettono capo alla variabile della scelta dipendente, cioè, in base a
ciò che intendiamo studiare, scegliamo il livello più adatto, riducendo la complessità ad un oggetto
di studio determinato. Ciò è definito logica cumulativa. Da tutti i livelli possiamo ricavare contributi
utili a quello che stiamo studiando, successivamente scegliamo quale livello ci aiuta ad
interpretare meglio il fenomeno.
Esempio: L’Italia entra nella Nato. Perché?
Stato – Uomo Livelli analitici con referente empirico. Studio gli individui che hanno
deciso, in quanto tali, ma anche in quanto rappresentati dello stato, quindi il governo come
elemento costitutivo dello stato.
Sistema Internazionale Analizzo la struttura de sistema in quel momento, configurazione
internazionale bipolare. L’Italia prende aiuti dagli USA grazie al piano Marshall, entra nella
NATO per questi motivi, se il governo centrale fosse stato diverso, le cose non sarebbero
cambiate.
Il sistema è un concetto, nella realtà troviamo le singole unità che raggruppate andranno poi a
comporlo. Si presuppone, quindi, che tra le unità vi sia un’interazione, tale per cui il
comportamento di ogni singolo influenzi il sistema nel suo complesso. Per capire le ripercussioni
sulla singola unità, dobbiamo studiare il sistema nella sua totalità.
I quattro livelli analitici sono delle variabili indipendenti (ad esempio per gli idealisti, la guerra è
intrinseca nell’uomo, non ci si può fare niente). Per permetterci di capire come studiare abbiamo
quindi i livelli concettuali, che sono variabili dipendenti.
Raymond Aron nel 1962 in “Pace e guerra tra le nazioni” descrive quattro diversi livelli di
concettualizzazioni, che però per noi sono sei:
Teorico: Sta alla base, cerca di dare una definizione generale ai fatti, indirizzi gli altri alla
strategia di ricerca e tenta di trovare i motivi del perché qualcosa accade.
Storico/Storiografico: Concerne le manifestazioni concrete della realtà della politica
internazionale (come le guerre). Con questo livello, scegliamo le variabili dipendenti
storiche come le migliori per spiegare le dinamiche delle R.I.
Sociologico: Spazio (Geografia), numeri (demografia), risorse (economia), regimi (forma di
governo) spiegano le dinamiche delle R.I.
Politologico: Le variabili politologiche vengono scelte per spiegare le R.I.
Economico: Le variabili economiche ci fanno comprendere le R.I.
Prasseologico/Valutativo: È quello al quale compete la scelta della migliore combinazione
possibile dei livelli di analisi e concettualizzazione. L’anarchia internazionale ad esempio è
l’incrocio tra il livello analitico del sistema internazionale e il livello concettuale teorico. A
questo livello delineiamo la strategia di ricerca.
In base alle nostre scelte costruiamo una piramide interpretativa. In cima collochiamo i concetti
più vicini alla nostra prospettiva, alla base, quelli più lontani.
I dibattiti teorici e metodologici che hanno segnato delle tappe evolutive nello studio delle R.I
hanno scansione ventennale:
1930 – 1950 Idealismo VS Realismo, dibattito ontologico. Riguarda la natura del potere,
dell’uomo, della politica internazionale. Vincitori: realisti.
1950 – 1970 Tradizionalismo VS Scientismo. Riguarda il metodo della ricerca, quale sia
quello più appropriato. Dibattito Metodologico. Vincitori: scientismo.
1970 – 1990 Neorealismo VS Neoliberalismo, ha per oggetto il ruolo delle istituzioni
internazionali, che per i neoliberalisti esiste ed è importante, dipende anche dal ruolo
giocato da queste stesse istituzioni. Dibattito Interparadigmatico. Vincitori:
COMPROMESSO tra le due.
1990 – 2010 Razionalismo VS Costruttivismo Il genere di conoscenza che si può
conseguire nel campo delle R.I. Dibattito Epistemologico. Vincitori: Costruttivismo.
Il primo dibattito, quello tra idealisti e realisti ha come differenze principali il giudizio
antropologico, giudizio sulla natura delle politiche internazionali e il ruolo del diritto e delle
istituzioni internazionali:
Idealisti: Visione ottimistica dell’uomo che è pacifista e cooperativo, la guerra non dipende
dagli uomini. La natura delle politiche internazionali è vista come cooperativa. Il ruolo del
diritto e delle istituzioni internazionali è quasi del tutto decisivo. La guerra dipende dalle
istituzioni imperfette che gli uomini si sono dati per governare, non dipende dalla natura
umana, la guerra può essere eliminata con una società cosmopolita.
Realisti: Visione negativa dell’uomo, egoista e aggressivo. La natura delle politiche è vista
come conflittuale e il ruolo del diritto e delle istituzioni internazionali è visto come
irrilevante. Vedono un piano interno, promozione della democrazia e un piano esterno,
creazione di istituzioni internazionali non intergovernative ma sovranazionali.
Nel 1954 si avvia il secondo dibattito sul metodo di studio delle R.I. Il 7/8 Magio si tiene una
conferenza a Washington, dove viene discussa la possibilità di rendere le R.I. una disciplina
autonoma dalle scienze politiche. Il convegno è finanziato da Rockfeller, visto il periodo di
conflitto della “Guerra fredda”, epoca quindi bipolare dominata dai due blocchi, sovietico e
USA.
I realisti cercano quindi di distanziarsi dallo scientismo, che pensava di poter utilizzare tecniche
di ricerca tendenzialmente matematizzanti e quantitative, atte a misurare i fenomeni. Per
marcare questa differenza i realisti recuperano la loro parte più filosofica, che si erano trovati
costretti a tralasciare per vincere il dibattito con gli idealisti. Abbiamo anche un terzo
schieramento, quello dei realisti inglese, che credono che non vi sia la necessità di individuare
una teoria delle R.I, la storia ci dà già tutte le informazioni necessarie per comprendere le
relazioni tra gli stati.
La divergenza principale comunque tra i due gruppi è il metodo da impiegare per studiare le
R.I. Hedley Bull muove sette critiche agli scientisti:
Neorealista: Per loro la cooperazione tra stati è molto difficile perché, vivendo un ambito
anarchico, gli stati non si fidano gli uni tra gli altri. Dilemma del prigioniero (guardare su
internet). Che cosa occorrerebbe cambiare perché il comportamento attuato dai prigionieri
sia diverso? Servirebbe comunicare, in questo modo entrambi i prigionieri potrebbero fare
solo un anno di galera a testa. Una volta rientrati nella cella entrambi, però, avrebbero
paura di essere traditi perché non hanno fiducia l’uno nell’altro. La comunicazione non è
abbastanza, emerge quindi la concezione pessimistica della natura umana e dei moventi da
cui la natura umana è mossa, che è tipica del realismo. Quindi ne conclude il neorealista,
questa è proprio la motivazione per cui la cooperazione non è facile, perché gli stati non
hanno fiducia reciproca tra loro.
Neoliberali: Credono che, per accrescere la fiducia reciproca tra gli stati, la soluzione sia
creare istituzioni internazionali. Quindi, estendere al massimo la rete delle istituzioni
internazionali, il problema della mancanza di fiducia può essere superato. La cooperazione
è quindi possibile pur mantenendo l’anarchia internazionale.
I Neorealisti, in risposta alle affermazioni neoliberali, credono che ci sia un problema più grosso
della mancanza di fiducia reciproca tra le parti: se i contraenti ottengono guadagni differenziati, lo
stato che ottiene il guadagno minore non accetterà quell’accordo. Gli stati puntano a mantenere
inalterati i rapporti di forza tra sé e gli altri, o a migliorarli, ma mai a diminuirli. In un accordo
cooperativo, però, è davvero difficile che tutte le parti ci guadagnino allo stesso modo.
La domanda che ci spone è se sia possibile immaginare un qualcos’altro che potrebbe modificare
questo gioco e una risposta potrebbe essere la possibilità di ripeterlo più volte nel tempo. Se il
gioco si svolge una volta sola le cose non possono che andare nel modo che abbiamo descritto,
provando però a ripeterlo prima o poi si arriverà alla cooperazione con il conseguente abbandono
del tradimento.