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Relazioni Internazionali

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La disciplina autonoma e scientifica delle relazioni internazionali nasce nel 1919, con l’istituzione
della prima cattedra universitaria in Galles di Alfred Zimmer. Si sente quest’esigenza in seguito alla
prima guerra mondiale, sia a causa dell’aumento degli stati sovrani indipendenti, ma anche perché
il conflitto ha coinvolto tutta la popolazione, non solo alcuni soggetti di nicchia come accadeva
prima.
Nasce successivamente la società delle nazioni, voluta dal presidente Wilson e dagli idealisti onde
evitare il ripetersi di un evento così catastrofico. In quegli anni la pace viene vista come qualcosa di
possibili e realizzabile, infatti la disciplina delle R.I. studia le condizioni della pace e la guerra non
viene vista come strumento di risoluzione dei conflitti.
Viene quindi fuori la necessità di marcare le differenze con le discipline affini alle relazioni
internazionali, come ad esempio quelle con la filosofia politica. L’ambizione è quella di fare
scienza, non filosofia. Per fare ciò, Norberto Bobbio, sostiene che qualunque disciplina che
ambisca a essere scientifica, deve soddisfare 3 criteri:

 Principio di verificazione: La tesi che si intende sviluppare deve essere verificabile


empiricamente.
 Principio di spiegazione come scopo: La spiegazione deve essere propedeutica alla
previsione. ES: In presenza di determinate condizioni scoppia la guerra, le individuo e cerco
di limitare i danni.
 Avalutatività: Quando si ricerca o teorizza bisogna essere neutrali, non farsi influenzare dal
proprio credo o pensiero.
Lo strumento di studio e di verifica delle R.I. è la storia. Dei fenomeni storici, però, possiamo dare
più interpretazioni e spiegazioni, che sono spesso concorrenziali tra di esse. Delle tante teorie che
possiamo elaborare dobbiamo quindi capire quale sia quella che dia la migliore spiegazione. Per
fare ciò abbiamo bisogno di verificare la realtà di quello che stiamo dicendo e non possiamo farlo
conducendo esperimenti, allora sarà necessario ricercare dei casi che falsifichino la nostra teoria.
Nel caso in cui non dovessimo trovarne, quindi non riuscissimo a falsificare la nostra teoria, allora
potremmo considerarla come vera, ma, solo temporaneamente, perché con il tempo potrebbe poi
essere contraddetta. Tutto ciò è definito:

Pluralismo scientifico  Presenza di più teoria, nessuna spiega per intero il fenomeno a cui viene
applicata.
Vi sono 4 approcci di visione delle R.I.:

 Realista: Hobbes, la guerra fa parte della natura umana è intrinseca nell’uomo.


 Idealista: Kant, la guerra può essere estirpata, diventare tutti cittadini del mondo.
 Marxista
 Costruttivista
Gli approcci realisti e idealisti stanno alla base della disciplina, essendo le prime correnti di
pensiero. Va ricordato che ciò che distingue queste due correnti è un giudizio di valore sulla natura
dell’uomo, le loro teoria, quindi, non sono empiricamente dimostrabili (principio di verificazione).

Il politologo Kenneth Waltz, padre del neorealismo, scrive un libro nel 1959: “Man, The state and
War”. Waltz scrive che è importante conoscere le cause della guerra, così facendo è più facile
realizzare la pace. Per esaminare queste cause e rispondere alla domanda: “Perché scoppiano le
guerre?” Waltz usa tre diverse immagini (livelli di analisi):

 L’uomo: L’egoismo innato dell’uomo e la sua aggressività.


 Lo stato: Gli stati indipendenti hanno interessi confliggenti tra di loro causando così le
guerre.
 Sistema internazionale: Anarchia internazionale, mancanza di un’autorità superiore a
quella degli stati, che sia legittimata a usare la forza.
Per Waltz l’immagine giusta a cui fare riferimento è quella del sistema internazionale, ritiene che
vada scelto il migliore, trascurando gli altri.
Nel 1990 Robert North introduce un quarto livello:

 Analitico del sistema globale: È un sistema che racchiude al suo interno gli altri sistemi.
Risponde all’importanza dei processi di globalizzazione, cioè il vivere associato degli stati,
sia a livello
politico – economico, ma anche sociale ecc.
A ad oggi gli studiosi di R.I. credono che una gerarchia d’importanza di queste immagini non possa
essere creata. I livelli di analisi mettono capo alla variabile della scelta dipendente, cioè, in base a
ciò che intendiamo studiare, scegliamo il livello più adatto, riducendo la complessità ad un oggetto
di studio determinato. Ciò è definito logica cumulativa. Da tutti i livelli possiamo ricavare contributi
utili a quello che stiamo studiando, successivamente scegliamo quale livello ci aiuta ad
interpretare meglio il fenomeno.
Esempio: L’Italia entra nella Nato. Perché?

 Stato – Uomo  Livelli analitici con referente empirico. Studio gli individui che hanno
deciso, in quanto tali, ma anche in quanto rappresentati dello stato, quindi il governo come
elemento costitutivo dello stato.
 Sistema Internazionale  Analizzo la struttura de sistema in quel momento, configurazione
internazionale bipolare. L’Italia prende aiuti dagli USA grazie al piano Marshall, entra nella
NATO per questi motivi, se il governo centrale fosse stato diverso, le cose non sarebbero
cambiate.
Il sistema è un concetto, nella realtà troviamo le singole unità che raggruppate andranno poi a
comporlo. Si presuppone, quindi, che tra le unità vi sia un’interazione, tale per cui il
comportamento di ogni singolo influenzi il sistema nel suo complesso. Per capire le ripercussioni
sulla singola unità, dobbiamo studiare il sistema nella sua totalità.
I quattro livelli analitici sono delle variabili indipendenti (ad esempio per gli idealisti, la guerra è
intrinseca nell’uomo, non ci si può fare niente). Per permetterci di capire come studiare abbiamo
quindi i livelli concettuali, che sono variabili dipendenti.
Raymond Aron nel 1962 in “Pace e guerra tra le nazioni” descrive quattro diversi livelli di
concettualizzazioni, che però per noi sono sei:

 Teorico: Sta alla base, cerca di dare una definizione generale ai fatti, indirizzi gli altri alla
strategia di ricerca e tenta di trovare i motivi del perché qualcosa accade.
 Storico/Storiografico: Concerne le manifestazioni concrete della realtà della politica
internazionale (come le guerre). Con questo livello, scegliamo le variabili dipendenti
storiche come le migliori per spiegare le dinamiche delle R.I.
 Sociologico: Spazio (Geografia), numeri (demografia), risorse (economia), regimi (forma di
governo) spiegano le dinamiche delle R.I.
 Politologico: Le variabili politologiche vengono scelte per spiegare le R.I.
 Economico: Le variabili economiche ci fanno comprendere le R.I.
 Prasseologico/Valutativo: È quello al quale compete la scelta della migliore combinazione
possibile dei livelli di analisi e concettualizzazione. L’anarchia internazionale ad esempio è
l’incrocio tra il livello analitico del sistema internazionale e il livello concettuale teorico. A
questo livello delineiamo la strategia di ricerca.
In base alle nostre scelte costruiamo una piramide interpretativa. In cima collochiamo i concetti
più vicini alla nostra prospettiva, alla base, quelli più lontani.
I dibattiti teorici e metodologici che hanno segnato delle tappe evolutive nello studio delle R.I
hanno scansione ventennale:

 1930 – 1950  Idealismo VS Realismo, dibattito ontologico. Riguarda la natura del potere,
dell’uomo, della politica internazionale. Vincitori: realisti.
 1950 – 1970  Tradizionalismo VS Scientismo. Riguarda il metodo della ricerca, quale sia
quello più appropriato. Dibattito Metodologico. Vincitori: scientismo.
 1970 – 1990  Neorealismo VS Neoliberalismo, ha per oggetto il ruolo delle istituzioni
internazionali, che per i neoliberalisti esiste ed è importante, dipende anche dal ruolo
giocato da queste stesse istituzioni. Dibattito Interparadigmatico. Vincitori:
COMPROMESSO tra le due.
 1990 – 2010  Razionalismo VS Costruttivismo Il genere di conoscenza che si può
conseguire nel campo delle R.I. Dibattito Epistemologico. Vincitori: Costruttivismo.
Il primo dibattito, quello tra idealisti e realisti ha come differenze principali il giudizio
antropologico, giudizio sulla natura delle politiche internazionali e il ruolo del diritto e delle
istituzioni internazionali:

 Idealisti: Visione ottimistica dell’uomo che è pacifista e cooperativo, la guerra non dipende
dagli uomini. La natura delle politiche internazionali è vista come cooperativa. Il ruolo del
diritto e delle istituzioni internazionali è quasi del tutto decisivo. La guerra dipende dalle
istituzioni imperfette che gli uomini si sono dati per governare, non dipende dalla natura
umana, la guerra può essere eliminata con una società cosmopolita.
 Realisti: Visione negativa dell’uomo, egoista e aggressivo. La natura delle politiche è vista
come conflittuale e il ruolo del diritto e delle istituzioni internazionali è visto come
irrilevante. Vedono un piano interno, promozione della democrazia e un piano esterno,
creazione di istituzioni internazionali non intergovernative ma sovranazionali.
Nel 1954 si avvia il secondo dibattito sul metodo di studio delle R.I. Il 7/8 Magio si tiene una
conferenza a Washington, dove viene discussa la possibilità di rendere le R.I. una disciplina
autonoma dalle scienze politiche. Il convegno è finanziato da Rockfeller, visto il periodo di
conflitto della “Guerra fredda”, epoca quindi bipolare dominata dai due blocchi, sovietico e
USA.
I realisti cercano quindi di distanziarsi dallo scientismo, che pensava di poter utilizzare tecniche
di ricerca tendenzialmente matematizzanti e quantitative, atte a misurare i fenomeni. Per
marcare questa differenza i realisti recuperano la loro parte più filosofica, che si erano trovati
costretti a tralasciare per vincere il dibattito con gli idealisti. Abbiamo anche un terzo
schieramento, quello dei realisti inglese, che credono che non vi sia la necessità di individuare
una teoria delle R.I, la storia ci dà già tutte le informazioni necessarie per comprendere le
relazioni tra gli stati.
La divergenza principale comunque tra i due gruppi è il metodo da impiegare per studiare le
R.I. Hedley Bull muove sette critiche agli scientisti:

 Eccessivo purismo metodologico: Si concentrano su ciò che può essere concretamente


ricondotto a grandezze quantitative. Si allontanano dalla vera natura della politica
internazionale.
 Utilizzo di metodo classico per sviluppare teorie fondamentali: Abbandonano il
metodo scientifico, che li porta solo alla comprensione di fatti poco rilevanti delle R.I.,
utilizzano quello classico, per sviluppare teorie su temi rilevanti.
 Impossibilità del processo di accumulazione del sapere: Studiano i comportamenti
degli attori, accumulano dati osservativi per comprendere i fenomeni. Per Bull questo
però non funziona, perché vi sono in gioco troppe variabili, nei fattori che studiamo ci
sono troppi aspetti mutevoli.
 Eccesivo formalismo: Si concentrano sulla costruzione di moduli sempre più complicati,
producono conclusioni inutili. I fenomeni importanti sfuggono agli schemi precisi.
 Quantofrenia: Mania della quantificazione, riducono tutto a interessi misurabili,
perdendosi così la possibilità di capire qualcosa.
 Rigore scientifico: Concezione diversa della scienza. Anche i classicisti la fanno, anche il
loro approccio è scientifico, vi è solo una concezione diversa.
 Il nome classicisti: È una conseguenza della sesta critica, nome tradizionalisti
affibbiatogli ingiustamente. Non li vedono come un’alternativa scientifica, ma una fase
pre-scientifica.
Da queste sette critiche possiamo giungere quindi a due aspetti limite del comportamentismo.
L’idolatria per i metodi quantitativi, cioè studio solo ciò che può essere misurato e l’incapacità di
analizzare gli aspetti più rilevanti della politica internazionale. Tra tutti i fenomeni quelli studiati
con i metodi statistici, matematici, sono pochi e meno significativi.
Kaplan risponderà più avanti ai realisti che essi non si occupano di verificare empiricamente le loro
informazioni, usano concetti vaghi e generalizzati. Nella sua visione i fenomeni sono più
comprensibili se categorizzati con la logica sistemica.
Al termine del dibattito viene però stabilita una sorta di convivenza tra le due parti, nonostante la
vittoria dei comportamentisti. I classicisti faranno più attenzione alla verificabilità delle loro
interpretazioni, mentre i comportamentisti si renderanno conto che è importante guardare anche
alla storia e al diritto. È importante adottare sia metodi qualitativi che quantitativi.
Il terzo dibattito è inter-paradigmatico e ha per oggetto il ruolo delle istituzioni, tratta l’ipotesi,
sostenuta dai liberali e negata dei neorealisti, della possibilità dell’esistenza delle relazioni
internazionali in un mondo anarchico. Il punto di partenza è libro scritto da Waltz, dove si pone
l’obbiettivo di costruire una teoria della politica internazionale che sia scientifica, ma che rielabori
gli errori degli studiosi di relazioni internazionali che lo hanno preceduto. Il neorealismo Waltziano
rinnova, quindi, la tradizione realista. Questo tentativo era stato fatto anche da Morgenthau, ma
con scarsi risultati per via dell’utilizzo del metodo induttivo, mentre quello impiegato da Waltz è
deduttivo.

 Induzione: dal particolare al generale


 Deduzione: dal generale al particolare
Morgenthau osservava la realtà e cercava di trarre delle conclusioni di ordine generale, delle leggi,
perché riteneva che lo scopo di ogni scienza fosse quello di spiegare i fenomeni ai quali si
applicava. Parte dallo studio della storia e da essa giunge a delle leggi. Ma questa metodologia non
fornisce una spiegazione vera e propria, si ferma a una mera verificazione empirica. Spiegare un
fenomeno significa regolarne le leggi, in questo cosa parliamo di leggi che regolano la politica
internazionale.
Col metodo induttivo si osserva un fenomeno e si formulano possibili teorie esplicative,
successivamente si verificano empiricamente mettendole davanti al tribunale della storia. Da una
parte si vuole costruire una teoria con le nozioni, i dati, che provengono dall’osservazione della
realtà, dall’altro usare la realtà per verificare una teoria elaborata prima di questa osservazione.
Altro obbiettivo di Waltz è rimediare a uno dei difetti limite dell’approccio dei Realisti Classici:

 Il riduzionismo: Si intende la pretesa di spiegare le dinamiche della politica internazionale a


partire dalle caratteristiche degli attori delle unità che lo compongono. Avere l’ambizione di
spiegare la politica internazionale in base alle varie politiche degli stati attori è impossibile,
perché la politica internazionale non è la sommatoria degli stati che lo compongono, ma
l’insieme delle relazioni tra i vari stati. Per cogliere davvero il senso della politica
internazionale, Waltz spiega che è necessario introdursi sul livello analitico del sistema
internazionale.
Waltz va oltre le teorie di Kaplan arrivando a dire che il livello politico sistemico è il più utile per
studiare le relazioni internazionali.
Ci poniamo quindi due domande fondamentali:

 Perché da cause uguali originano effetti diversi?


 Perché da cause diverse originano effetti uguali?
Waltz sostiene che sia necessario collocarsi a livello sistemico o strutturale per rispondere a queste
questioni.
Il neoliberalismo istituzionale (o Istituzionalismo Neoliberale) è l’evoluzione del vecchio idealismo.
Sostanzialmente il terzo dibattito non è che un proseguimento del primo. Il Neoliberalismo
condivide con il realismo la concezione stato centrica e il concetto di anarchia internazionale,
quindi la partita si gioca su un terreno vicino a quello realista. Stabilito e accettato da entrambi che
il sistema internazionale è anarchico, in un sistema del genere la cooperazione è possibile oppure
no? Cosa bisogna fare per far orientare le relazioni internazionali in una direzione cooperativa?

 Neorealista: Per loro la cooperazione tra stati è molto difficile perché, vivendo un ambito
anarchico, gli stati non si fidano gli uni tra gli altri. Dilemma del prigioniero (guardare su
internet). Che cosa occorrerebbe cambiare perché il comportamento attuato dai prigionieri
sia diverso? Servirebbe comunicare, in questo modo entrambi i prigionieri potrebbero fare
solo un anno di galera a testa. Una volta rientrati nella cella entrambi, però, avrebbero
paura di essere traditi perché non hanno fiducia l’uno nell’altro. La comunicazione non è
abbastanza, emerge quindi la concezione pessimistica della natura umana e dei moventi da
cui la natura umana è mossa, che è tipica del realismo. Quindi ne conclude il neorealista,
questa è proprio la motivazione per cui la cooperazione non è facile, perché gli stati non
hanno fiducia reciproca tra loro.
 Neoliberali: Credono che, per accrescere la fiducia reciproca tra gli stati, la soluzione sia
creare istituzioni internazionali. Quindi, estendere al massimo la rete delle istituzioni
internazionali, il problema della mancanza di fiducia può essere superato. La cooperazione
è quindi possibile pur mantenendo l’anarchia internazionale.

I Neorealisti, in risposta alle affermazioni neoliberali, credono che ci sia un problema più grosso
della mancanza di fiducia reciproca tra le parti: se i contraenti ottengono guadagni differenziati, lo
stato che ottiene il guadagno minore non accetterà quell’accordo. Gli stati puntano a mantenere
inalterati i rapporti di forza tra sé e gli altri, o a migliorarli, ma mai a diminuirli. In un accordo
cooperativo, però, è davvero difficile che tutte le parti ci guadagnino allo stesso modo.
La domanda che ci spone è se sia possibile immaginare un qualcos’altro che potrebbe modificare
questo gioco e una risposta potrebbe essere la possibilità di ripeterlo più volte nel tempo. Se il
gioco si svolge una volta sola le cose non possono che andare nel modo che abbiamo descritto,
provando però a ripeterlo prima o poi si arriverà alla cooperazione con il conseguente abbandono
del tradimento.

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