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I POSTULATI

Il sommo bene e l’antinomia etica


Nella dialettica della ragion pura pratica Kant prende in considerazione l’assoluto morale, o sommo bene.
Come sappiamo, la felicità non può essere movente del dovere e, con il concetto di sommo bene, Kant
introduce quindi il concetto di unione di virtù e felicità. In questo mondo questi due elementi non sono
mai congiunti, di conseguenza, virtù e felicità costituiscono l’antinomia etica per eccellenza. L’unico
modo per uscire dalla antinomia etica consiste nel postulare un mondo dell’aldilà in cui possa realizzarsi ciò
che nell’aldiquà risulta impossibile, ovvero l’equazione virtù=felicità.

I postulati etici
I postulati sono principi, che pur essendo indimostrabili, vengono accolti per rendere possibili
determinate verità geometriche. Analogamente i postulati della ragion pura sono proposizioni non
dimostrabili ma che vengono ammesse per rendere possibile la realtà della morale stessa:

 Postulati religiosi: l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio.


 Postulato della libertà.

Per quanto concerne il postulato dell’immortalità dell’anima, Kant afferma:

 poiché solo la santità rende degni del sommo bene,


 e poiché la santità non è mai realizzabile nel nostro mondo,
 si deve per forza mettere che l’uomo oltre al tempo finito dell’esistenza, possa disporre in un’altra
zona di un tempo infinito grazie a cui progredire verso la santità.

La realizzazione della prima condizione del sommo bene comporta il postulato dell’esistenza di Dio, ossia la
credenza in una volontà santa e ogni potente che faccia corrispondere la felicità al merito.
Accanto ai due postulati religiosi Kant pone il postulato della libertà, se la legge morale prescrive un
dovere, infatti, allora è necessario che l’uomo sia libero di seguirla o meno.
I “postulati” in senso forte e caratteristicamente kantiano sono da considerarsi soprattutto quelli
religiosi.

PRIMATO DELLA RAGION PRATICA


La teoria dei postulati conduce a ciò che Kant definisce “primato della ragion pratica” consistente nella
prevalenza dell’interesse pratico (scientifico) su quello teoretico. Tuttavia, i postulati non possono affatto
valere come conoscenze certe. La critica della ragion pratica finisce per delineare una sorta di dualismo
che spezza la realtà e l’uomo in due: da un lato l’uomo fenomenico delle inclinazioni naturali e dall’altro
l’uomo nome Nico della libertà e del dovere. Ed è proprio della consapevolezza di questo dualismo che si
parlerà nella critica del giudizio. (CONTRAPPOSIZIONE TRA SCIENZA E NOUMENO)

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