Sei sulla pagina 1di 23

APPUNTI LEZIONI REGISTRATE

QUESTIONE BASILARE DELL’ANTROPOLOGIA CULTURALE.


Che cos’è, cosa propone e a cosa serve:
ENTRATA IN GIOCO DELLA QUESTIONE DELLA CULTURA.
Questione del termine cultura, (antropos-logos + cultura).

La cultura è un termine che può signi care molte cose. Fino a non molti decenni fa il termine cultura si intendeva per la cultura alt,a dei
colti.

Ma questa de nizione però non è quella dell’antropologia culturale:


Quante sono le de nizioni di cultura nell’antropologia culturale?
-un complesso modo di vivere di un gruppo

-un modo di fare sentire credere

-un modo in cui si comporta un gruppo umano

-un deposito di spere collettivo

-una gamma di orientamenti standardizzati rispetto a problemi di correnti

-dei comportamenti appresi

-un’insieme di tecniche utilizzate per adattarsi all’ambiente sia sico che sociale

-una mappa una matrice un precipitato di una storia

Ci sono quindi varie de nizioni di cultura negli antropologi quindi:

Queste de nizioni mostra che non esiste un gruppo umano che non abbia una sua cultura. Quindi
l’universale presenza di culture in tutti i gruppi umani (universale antropologico).

La cultura è un universale antropologico, così come la capacità di acquisire una lingua madre.

Poi c’è processo di evoluzione culturale, la cultura nel tempo si modi ca (venendo in contatto e
scontrandosi).

Quali sono i meccanismi psicologici minimi per sviluppare una cultura?


Ci sono dei meccanismi psicologici che consentono la creazione e l’evoluzione di una cultura.
Entra in campo la psicologia neuroevoluzionistica.
In questa disciplina non si è raggiunta una piena conoscenza di tutti i meccanismi minimi che
consentono la creazione e l’evoluzione di una cultura,

Tre però sono stati appurati:

-la funzione linguistica, capacità della lingua, di apprendere una lingua madre (universale
antropologico)

-capacità di leggere e comprendere le emozioni e le intenzioni altrui (teoria della mente) presente
soprattutto negli esseri umani

-capacità di reagire ed uniformarci alle pressioni sociali (per il 90% in modo inconscio)(regole e
pressioni fra l’altro per la maggiorate dei casi non esplicite ma inconscio, evidenti senza essere
dette e stabilite), ciò è necessario per generare e trasmettere cultura, oltre che per sopravvivere.

fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
In cosa consiste una cultura X?
-La cultura ha a che fare con tutto ciò che riguarda l’attività simbolica, e come essa può essere
espressa (es mondo preistoria, antenati dell’uomo che possedevano cultura = possediamo
oggetti o testimonianzecne che sono simboliche, esempio la pittura sulle caverne, o delle forme di
sepoltura)

(Non è solo il sapiens a essere stato portatore di cultura, ma anche l’uomo di Neandertal.

Avevano i neandertaliani un linguaggio complesso come il nostro? Controversia vivace, ma aìmaggioraprrw di scienziati ch si occupano di questa cosa ritengono che ci fosse
un’emtotività di trasmissione ma senza un linguaggio articolato come il nostro.

-Nella cultura è fondamentale il linguaggio

Il linguaggio è il complesso che ci serve per la costruzione di culture di tipo umano,


quali sono le sue caratteristiche? Quali sono quindi le funzioni linguistiche?
-Non è legato il linguaggio (presente nella cultura) all’intelligenza. Ovviamente chi è più
“intelligente” ha linguaggio più ricco, ma ciò non corrisponde 1 a 1, anche chi non è intelligente ha
la capacità di apprendere un linguaggio. (attraverso la capacità linguistica l’intelligenza però può
avere una marcia in più).

-È una funzione genetica (per questo non legata all’intelligenza).

-Deve essere legata alla lingua naturale (cioè a qualcosa di esterno, altrimenti non ha luogo-
incontro tra “interno” ed “esterno”).

-Ha molta importanza l’apparato fonatorio che da senso al linguaggio. Sono importanti i suoni e
come viene modulato e recepito il linguaggio.

L’apparato acustico è in funzione e calibra il linguaggio,

Per esempio con la nostracapacità di distinguere anche le di erenze fonetiche da luogo in luogo.

Come usiamo i suoni noi? Per costruire frasi

-Tutte le lingue hanno la capacità di esprimere il luogo (il qui, il là e il là lontanissimo), il tempo
(passato, presente e futuro), gli enti (presenti o immaginari, ma reali), di creare giochi linguistici,
di inventare (parole, concetti, forme, signi cati e nuovi pezzi di cultura, e di modi care cultura).

Il fatto di leggere e decodi care l’intenzione altrui e insieme di reagire e a pressioni sociali ha
creato la premessa di un groppo percorso evoluzionistico.

Un aspetto importantissimo dell’essere umano è l’incontro fra i geni e le culture, la sopravvivenza


della nostra specie è legata visceralmente a questo binomio, alla capacità di creare e trasformare
la cultura che è la sopravvivenza dei gruppi umani.

Nell’essere umano senza la parte culturale non si sopravvive, ciò vuol dire che a struttura genetica
nostra ha optato per dotarci di una serie di strumenti cognitivi le cui caratteristiche sono una
fondamentale essibilità di acquisizione di capacità,

In più noi generiamo culture e il modo in cui esse si trasmettono è in nito.

Come specie siamo capaci di ricavare il meglio dal peggio, e questo perché siamo disposti di
grande essibilità.

Le culture di solito adattano le proprie strutture ad ambiente circostante, l’essere umano invece
da quando ha pcomincisto a generare delle culture di “gruppo" ha generato culture che
trasformano lo stesso habitat, sempre più nel tempo l’habitat è la cultura, il nostro alveare è la
cultura, tutto questo però ha avuto un costo organico.

la nostra specie è una specie altriciale:


Ci evolviamo lentamente, lentamente il cervello si ingrandisce e acquisisce le capacità, ci
evolviamo lentamente culturalmente e a livello sessuale.

Alcune capacità mentali addirittura (la zona della corteccia prefrontale) maturano de nitivamente
intorno ai 20 anni.

La maturazione cognitiva, psicologica e neurone è lentissima (questo signi ca essere una specie
altriciale, cioè che matura tardi) e ciò richiede una cura parentale spaventosa.

fl
fl
fi
fi
ff
fi
fi
fi
fi
LA QUESTIONE DEI MODELLI CULTURALI E DI COME SI APPRENDE UNA CULTURA:
Esiste nel mondo umano una quantità di informazioni che non è nella biologia genetica.

Ogni essere umano possiede tutte le precondizioni in natura per acquisire una cultura, ma le
informazioni salienti della cultura non sono presenti nella natura biologica, bensì si apprendono.

E queste informazioni sono strettamente correlate con l’essere umano e con il suo habitat, ovvero
il mondo circostante.

Le informazioni della cultura sono parzialmente rigide e parzialmente uide, sono in parte rigide,
perché altrimenti una struttura sociale non potrebbe sussistere.

In ogni cultura le forme parentali sono forme di informazione:

Ovvero a quale luogo e contesto sei collegato, qual’è il tuo posto, quali prerogative ha chi è al tuo
posto e quali possibilità hai.

La maggiorparte delle informazioni della cultura non sono scritte come possono essere le leggi
(che comunque sono parte delle informazioni di una cultura x).

Ci sono per esempio le consuetudini,

E le informazioni della cultura non scritte:

-le informazioni tecnico-pratiche (ad esempio come si costruisce un palazzo, l’architettura, cosa è
arte e cosa non lo è

-le tecniche delle varie discipline (la coltivazione, la produzione bevande, gli oggetti, la
conservazione)

-le forme di scambio, scambiare una cosa con un’altra (per noi lo scambio funziona con la
moneta)

-le credenze (per quanto riguarda le credenze Claude levistrauss ha studiato molto le mitologie
dei vari popoli mettendo a confronto le lorostrutture reciproche (ha messo in evidenza quindi
come certe strutture profonde siano costanti).

-leforme di organizzazione della violenza, che diverse da cultura e cultura. Un aspetto poi
importante è infatti questo: noi ci distinguiamo da tutte le altre specie animali per il fatto di
importare all’interno della violenza dei contenuti simbolici:

Ad esempio la questione dell’appartenenza a una cultura (e la conseguente estraneità altrui


rispetto a un’altra cultura: qui si forma il concetto di alterità (sotto l’aspetto dell’alterità c’è una
motivazione di tipo “biologico”, ovvero il nostro sistema nervoso è fatto per percepire il proprio se
come un se allargato e l’altro come un estraneo del se, l’altro e il se non solo come individuo ma
anche inteso come gruppo. Questa percezione è il preludio alla guerra e anche nemmeno le
culture più avanzate ne sono estranee (nello scontro fra due nazioni viene nel con itto da ambe le
parte accentuato il senso simbolico dell’appartenenza, dell’identità descrivendo il nemico come
diverso e meno umano, avviene quindi una vera e propria deumanizzazione, nelle culture il senso
dell’appartenenza è fortissimai)).

Siamo quindi tutti sensibili ai moduli comportamentali, che nella cultura si traducono in
modelli comportamentali e quindi modelli culturali. Cosa sono?
-I moduli comportamentali riguardano i comportamenti del tipo che riguardano a come un
individuo è tenuto a comportarsi a seconda della sua posizione, realtà e contesto.

-Poi ci sono un conto sono i modelli culturali (quindi i modelli comportamentali) presenti in una
società.

I moduli riguardano le pratiche e i modelli invece riguardano a come esse vengono interpretate e
più in generale a come il mondo venga interpretato. I moduli riguardano tutti i vari tipi di usi, cioè
pratiche impresse talmente nel profondo da essere percepite come naturali, quando invece sono
simboliche.

I modelli culturali riguardano consistono in come la realtà è percepita, così come la propria
collocazione nello spazio, il senso individuale e di gruppo = i modelli culturali quindi in uenzano
moltissimo la struttura sociale e il rapporto che le persone di un determinato gruppo hanno con gli
altri.

Una cultura è sempre strati cata, in tutte le culture esistono codici di appartenenza ,diversi ,
ma presenti anche in quelle apparentemente più semplici e rurali. (La ricchezza, lo status, lo
studio( per esempio c’erano culture nelle quali i pochi che avevano l’istruzione erano i chierici,
quindi avveniva una divisione in base allo studio).

fi
fl
fl
fl
Nei codici di appartenenza vi sono anche i relativi codici di esclusione a chi non è parte del
determinato sottogruppo (All’interno di un gruppo c’è il sottogruppo e quindi il codice dei ricchi
per esempio, e il suo relativo codice comportamentale; Come ci si veste, come ci si trucca, come
si parla, i luoghi che si frequentano, le attività che si svolgono.

La cultura è quindi un’insieme olistico e complesso.


A questo punto emerge la questione di cosa sia rilevante, cosa spicchi dall’insieme olistico, cosa
può essere caratterizzante in una cultura:

Qui entra in gioco l’antropologia culturale. L’antropologia in questo ambito svolge ua funzione
complessa di scelta, con una metodologia relegata alla scelta di cosa sia rilevante far emergere
da una o più culture. L’unità d’insieme di una cultura, per l’appunto, di solito viene data nella
storia dell’antropologia, mentre invece nell’immediato si studiano solo alcuni aspetti.

Una disciplina che può entrare a far parte dell’antropologia è l’etnogra a.

Solitamente tutti gli etnogra sono antropologi, e non tutti gli antropologi sono etnogra .

Bronisław Malinowski fu l’antropologo che introdusse per primo lo studio di una cultura
all’interno della comunità studiata. Fu quindi il primo a vivere in stretto contatto con i soggetti
studiati.

Egli coniò il termine osservazione partecipante, cosa signi ca?


Due elementi signi ca:

1) Entrare nella mentalità dell’oggetto-soggetto di studio; Capire i costumi, il concetto


patrimoniale, i rapporti di parentela, i rapporti fra i sessi, quali sono i tabù se ci sono, quali
sono con itti esterni ed interni a società. deve quindi l’antropologo cercare il più possibile di
ragionare come la comunità studiata, di imparare il medesimo modo di sentire il mondo, e di
percepirsi nel mondo.
2) Allo stesso tempo però lo studioso è anche un’intellettuale, formato in un determinato modo,
nella propria e no in fondo non arriva a essere mai esattamente come i soggetti studiati,
quasi ma non del tutto.

Constatato questo, nello studio Quali sono gli approcci che l’antropologo può usare?

Un approccio emico e un approccio etico:


Questi sono due approcci che l’antropologo usa alternativamente e insieme per comprendere un
determinato aspetto del complesso che studia, quindi un aspetto della cultura in esame.

-L’approccio emico (abbreviazione di fonemico) è lo studio dei suoni; La competenza linguistica.


L’approccio fonemico quindi viene utilizzato per entrare dentro il mondo culturale per arrivare
molto vicino alla competenza culturale di chi ci è nato dentro, quindi quasi di sentirla come
propria.

-L’approccio etico (abbreviazione di fonetico) studia la produzione e la percezione dei suoni. È


quindi uno studio scienti co che si avvale di strumenti di misurazione, quindi una
rappresentazione scienti ca e misurabile della cultura in esame, con una distanza.

Questi due approcci riassumono la metodologia introdotta da Malinowski, importantissima, la


base dell’antropologia come la intendiamo oggi.

fl
fi
fi

fi
fi
fi

fi
fi
fi
QUESTIONE DELLE RAZZE, DELLE LINGUE, DEI GENERI E DELLE CULTURE.
Come nasce il concetto di razza.
Con lo sviluppo della scienza moderna.

Linneo, per esempio, è il primo che ha tentato una sistematica classi cazione delle specie
attraverso la di erenziazione del regno vegetale da quello animale. Questa classi cazione però è
di cile, ci sono delle vie di mezzo, e in ogni caso ciò è frutto della mente umana e non del mondo
naturale.

C’è quindi caos fra gli scienziati nella classi cazione, la classi cazione è arbitraria e ognuno
de niva ,durante lo sviluppo della scienza moderna, diversamente il mondo circostante.

Partiamo quindi da due altri tipi di approccio, due approcci più scienti ci:

Uno riguarda un punto di vista culturale, l’altro sico:

-L’ETOLOGIA, ovvero lo studio del comportamento, cerca di studiare i comportamenti tipici, e


cioè quelli che possono essere giudicati degli universali antropologici.

In linea generale tutti gli esseri umani sono portatori di cultura, così come tutti gli esseri
umani posseggono la lingua naturale; Ci sono poi i moduli comportamentali innati, identici
in tutti gli esseri umani; quello che cambia sono le in uenze delle CULTURE di accentuare o
dissimulare alcuni comportamenti piuttosto che altri (ad esempio tutti abbiamo espressività ma
varia da cultura a cultura).

-LA GENETICA, più recente e potente, ha messo un punto fermo:

La classi cazione delle razze è un fatto moderno, prima si vedevano le di erenze fra le persone
senza andare oltre, mentre con l’inizio dell’epoca moderna si inizia a classi care, attraverso la più
errata delle di erenze, cioè quella visibile (il colore pelle, l’altezza, i tratti somatici).

La genetica invece ci dice che esiste una variabilità genetica fra gli uomini (ciò può essere
identi cato dai geni) ma sopratutto nella genetica la maggiorate della variabilità NON è visibile.

La parte poi che riguarda la variabilità è molto piccola, la maggiorparte sono le quattro basi
biochimiche che compongono l’alfabeto della vita, e queste basi possono costruire qualsiasi vita.

Dalle basi poi c’è una piccola frazione che ha un grado di variabilità. Quindi le di erenze
apparenti sono una quantità piccolissima.

Il termine razza è una costruzione culturale, data dal dato apparente (e veicolo di
stereotipi). Abbiamo classi cato attraverso queste categorie per orientarci nello spazio,
utilizzando però il dato apparente, e quindi il più errato. Abbiamo cominciato a classi care quando
ancora non si conosceva la genetica, e ora questo modo di pensare permea ancora.

Genetica importante anche perché grazie a essa abbiamo capito meglio la nostra storia.

La domanda da dove veniamo ha avuto importanti risposte. Infatti la genetica non è uno studio
solo di tipo sincronico (cioè che ci permette di determinare informazioni che ci indicano la
variabilità genetica nell’immediato) ma è anche di tipo diacronico (cioè che è esteso nel tempo
del passato; infatti i geni sono conservativi, anche se ovviamente nel corso del tempo hanno
subito delle mutazioni per evolversi e migliorarsi, però in linea generale il genoma è fatto per
conservare più che per mutare (c’è una parte che conserva e una che muta).

Nella genetica poi c’è un tipo di mutazione importante che si distingue;

È legato al tempo, una mutazione che costituisce un orologio genetico temporale, quindi
studiando un genoma contemporaneo e a uno antico, c’è la possibilità di confrontarli e stabilire
quanto tempo è passato dal genoma antico, che cosa è successo e dove successo: cioè in
quale punto del genoma è successo.

Questo fatto ci permette di vedere la storia delle migrazioni e delle occupazioni territoriali che
l’uomo ha a rontato nel corso della storia.

ffi
fi
fi
fi
ff
ff
ff
fi
fi
fi
fl
fi
fi
ff
fi
fi
fi
ff
fi
Fino a poco tempo fa si prendevano in considerazione DUE modelli della genetica:
-Il modello multiregionale: cioè che le varietà umane del sapiens fossero frutto di un’evoluzione
unica da punto di vista degli e etti ma diversi cata dal punto di vista delle origini (in ogni parte del
mondo c’erano diverse specie di omini che si mescolarono con i sapiens quando si espanse, e
per questo si sono venuti a creare tratti somatici di erenti.

La genetica moderna ha fatto a pezzi quest’idea multiregionalista.

-Le variabili infatti dell’omo sapiens derivano da un unico ceppo genetico, in un arco
temporale vasto. Le variazioni sono avvenute dopo, la specie umana sapiens si è sviluppata dopo
l’espansione;

C’è quindi una storia di evoluzione che PRECEDE L’ESPANSIONE.

Dopo evoluzione, e quindi nell’espansione l’uomo ci mette solo 70 mila anni a conquistare il
mondo. (Senza una meta precisa, ma per RICERCARE cibo, senza conoscere la meta appunto; questa è una mia
sottolineatura per comparare la de nizione di ricerca in arte dà Sergio LOMBARDO. Nell’uomo la ricerca ha portato alla
conquista del mondo.)

Come abbiamo detto prima il modello multiregionale è stato abbandonato, però c’è da dire che la
questione della distanza genetica va chiarita.

È vero che noi discendiamo della stessa specie nata in africa, e di fatto siamo la stessa specie,
ma è anche vero che non siamo in misura variabile del tutto umani, un piccolo pezzo del modello
regionale ha una sua validità,

Nel corso del tempo e nei vari luoghi del mondo si sono sviluppati vari omini, non sapiens, es i
(Neandertal, nell’area dal Portogallo alla spagna, in tutta Europa no ai Balcani, occupando anche
la Turchia, espandendosi anche nell’attuale Iran e afghanistan. L’uomo di Neandertal sorge mezzo
milione di anni fa e si estingue 30 Milla anni fa)(ci sono poi altre specie di omo come l’uomo di
Denisova che occupava l’attuale area della steppa siberiana e l’uomo Floresiensis che occupava
le attuali isole dell’Indonesia).

RITORNANDO AI NEANDERTAL, è avvenuta un’ibridazione DURANTE LA NOSTRA ESPANSIONE.


L’omo sapiens per sue caratteristiche ha un’altissimo grado di ibridazione, ed è per questo l’Europa è fatta di mescolanze.
Un’altra cosa che va detta è che la specie umana come oggi la potremmo intendere esiste da 200 mila anni, ma almeno 100 mila anni di evoluzione sono passati all’interno dell’Africa prima di arrivare
alla cosiddetta espansione, e quindi alla colonizzazione del mondo.
fi
ff
fi
ff
fi
IL RAPPORTO FRA L’UOMO E IL PIANETA;
Le società di cacciatori-raccoglitori e la sedentarizzazione.
Essere umano ancestrale si è abituato alle condizioni che mutavano nello spazio e nel tempo, ed
è grazie a questa capacità di adattamento che ha colonizzato il pianeta.

Dal neolitico avviene il passaggio da una condizione di vita seminomade a una di tipo sedentaria.

La rivoluzione quindi del neolitico e della successiva sedentarizzazione.

Dopo la stanziali e solo dopo del tempo di stabilizzazione è arrivata l’agricoltura e la pastorizia. La
sedntarizzazione non ha però sempre avuto luogo e non per forza ovunque sempre nello stesso
periodo di tempo.

Questi avvenimenti hanno fatto cambiare gli stili di vita e relazioni e le relazioni psicologiche fra gli
esseri umani, ma gli esseri umani di per sé non sono cambiati in maniera rilevante.

Prima della sedentarizzazione invece c’erano le società dei cacciatori-raccoglitori.


Esistono ancora oggi per altro, ma in una misura di massimo 40 mila esseri umani, se non la
metà.

È una realtà in estinzione (c’è la pressione del nostro contesto contemporaneo).

Gli uomini nelle società di cacciatori-raccoglitori si spostavano per necessità di cibo, quando
nivano le risorse di un determinato luogo.

La sedentarizzazione invece è stata resa possibile grazie a:

-una grande abbondanza di beni di consumo

-La pressione demogra ca.

Questi due fattori sono stati i motivi che hanno probabilmente condotto alla sedentarizzazione.
C’è però un terzo aspetto che è la crescita della con ittualità nei e tra i gruppi.

Le società dei cacciatori- raccoglitori attuali sono società di bande.

I CACCIATORI-RACCOGLITRI ATTUALI E DEL SECOLO SCORSO POI RICHIEDONO UN TERRITORIO


VASTO PER FAR SOPRAVVIVERE UNA SOCIETà DEL GENERE, quindi l’incremento demogra co può
diventare un problema.

DIVERSE erano quelle invece del paleolitico (intorno alle società di cacciatori-raccoglitori del
paleolitico c’era il vuoto e non società gìà strutturate ai lati come invece era nel secolo scorso):

Nelle società del paleolitico il numero di persone era più vasto, era diversa anche la struttura
sociale (i gruppi erano di centinaia di persone), e infatti questi gruppi erano seminomadi: un
rapporto con il territorio ce l’avevano (si spostavano all’interno di una determinata area).

Come sopravvivono le società di cacciatori-raccoglitori?

Come dice la de nizione; cacciano e raccolgono, quindi la sussistenza richiede un rapporto


costante con la natura.

L’umano de questa società è un tipo umano empiricamente addestrato, quindi questa è l’antitesi
della specializzazione.

L’uomo sedentario è sempre più specialista, e questa è la di erenza fra l’uomo cacciatore-
raccoglitore e l’uomo sedentario.

Il sistema di vita del cacciatore-raccoglitore è legato alla sussistenza alla giornata.

Ciò può avvenire attraverso una conoscenza empirica (e quindi basata sull’esperienza) ra nata
della natura circostante.

L’uomo cacciatore-raccoglitore conosce tanti tipi piante, tanti tipi di insetti e come si muovono: in
generale conosce come utilizzare le risorse. Ha quindi un rapporto con la natura che risulta
inconcepibile per qualsiasi sedentario;

Allo stesso tempo però erano anche senza specializzazione, perché quando viene aumentata una
capacità l’altra diminuisce.

Noi abbiamo una maggiore conoscenza specialistica, mentre quella empirica l’abbiamo molto
poco sviluppata.

fi
fi
fi
fl
ff
ffi
fi
Invece l’uomo delle società cacciatori-raccoglitori ha un livello tecnologico basso, e le energie
mentali sono concentrate sul momento. In questo senso più o meno tutti sono in grado di
acquisire le tecniche.

Diverso invece in una società stanziale in cui solo alcuni conoscono determinate specializzazioni,
ognuno ha una specializzazione in campi diversi, attraverso studi speci ci.

Nelle società dei cacciatori-raccoglitori il territorio non è percepito come noi lo percepiamo;

Noi infatti lo percepiamo con delle sovrastrutture mentali (i con ni e le proprietà, i con ni esterni e
i con ni interni; tutti questi concetti nelle società di cacciatori-raccoglitori non esistono).

Inoltre in queste società l’uomo si adattava all’ambiente, conviveva nell’ambiente. Con la


sedentarizzazione avviene un fatto inverso; L’uomo modi ca l’ambiente. E per modi care
l’ambiente c’è bisogno di investimento, in cosa? Nel lavoro; nasce quindi con la sedentarizzazione
una nuova categoria che nelle società dei cacciatori-raccoglitori non c’è.

Inoltre nelle società dei cacciatori-raccoglitori la violenza veniva isolata, con la sedentarizzazione
la violenza viene organizzata.

fi
fi
fi
fi
fi
fi
IL RAPPORTO TRA ORALITÀ E SCRITTURA
Quali sono le forme di pensiero e di approccio alla realtà.
Ci sono vari tipi di cultura:
-Cultura a oralità primaria (cultura priva dell’in uenza della scrittura)
-Cultura a oralità secondaria (cultura in uenzata dalla scrittura, l’oralità è controllata dalla
scrittura)
-Cultura a oralità ristretta (cultura in uenzata dalla scrittura, ma la scrittura non è di usa e non
viene utilizzata dalla società in questione)(quindi per esempio l’analfabetismo)

Nella cultura a oralità primaria non vi è la modellizzazione arti ciale del linguaggio, che noi
chiamiamo scrittura. Non c’è quindi la tecnologia nell’oralità, la scrittura infatti è una vera e
propria tecnologia del pensiero.

Gli antropologi quando sono venuti a contatto con le culture a oralità primaria, quindi con universi
mentali di cilmente decodi catili, sono incappati in una serie di problemi di tipo concettuale nel
de nire queste culture.
Hanno però cominciato cominciato a sciogliersi questi problemi quando:

Nella seconda metà del secolo scorso è nato un lone di ricerca e di pensiero che studia gli e etti
psicodinamici della scrittura.

Questo è un fatto centrale:

L’antropologia infatti si basa sulla scrittura;

Ovvero sulla documentazione e sugli appunti scritti, poi successivamente sulla registrazione
fonogra ca e suii lmati. In ogni caso però l’antropologia su basa su teoremi scritti, e quindi
l’antropologo è uno specialista del meccanismo di pensiero dato dalla scrittura.

Per questo motivo l’antropologo, essendo rappresentante di una mentalità data dalla scrittura,
deve comprendere il tipo di rapporto che ha la scrittura con i soggetti delle culture studiati (culture
orali); Culture che viaggiano su un altro tipo di binario;

Deve quindi conoscere quali di erenze ci sono fra l’oralità e la scrittura.

La scrittura è un’invenzione e ci sono svariati tempi e luoghi in cui è stata inventata.

L’introduzione della scrittura poi è un fenomeno relativamente recente (e presenta al suo interno
serie di innovazioni tumultuose e frequenti);

Non siamo nati con il gene della scrittura, quindi l’uomo primitivo aveva più o meno le nostre
stesse capacità di base (capacità comportamentali ed evolutive ad esempio);

quindi la scrittura è un’invenzione culturale, eppure gli e etti di questa invenzione sono stati
molti e profondi.

In ogni caso esistono popoli che sono vissuti no a tempi recentissimi senza la scrittura;

C’è qualcosa in meno rispetto alle popolazioni che vivvono con l’utilizzo e l’esistenza della
scrittura:

Una di queste cose riguarda la memoria.

La memoria ha due aspetti:

Esiste una memoria tecnico pratica (gli usi ,i costumi, le tecniche di un popoloil cui sistema di
trasmissione è sopratutto fatta di esempi, e di imitazioni).

Poi esiste una memoria simbolica:

Ad esempio le strutture di parentela, le quali sono sempre state importanti nelle società arcaiche e
forse anche in misura maggiore nell’epoca preistorica, e ci si a dava alla memoria.Ciò grava di un
grosso carico mentale necessario; serviva una contabilità legata ai rapporti di parentela e agli
scambi.

Poi c’è la questione dei rituali e delle credenze; ognuno di questi contenitori richiede
l’archiviazione di un’ampio numero di informazioni.

Non c’era però un sistema di archiviazione esterno, e tutto veniva a dato ai cervelli, quindi un
enorme carico nei cervelli.

Per questo la memoria delle società a oralità primaria devono adottare un criterio di economia
psichica, imprescindibile per ricordare.

Il carico di memoria che queste società possono reggere è basso, mentre invece il carico della
società nostra del web e più in generale della scrittura è in nito;

fi
fi
ffi
fi
fi
ff
fl
fl
fi
fl
fi
ff
fi
fi
ffi
ffi
ff
ff
noi infatti viviamo in un contesto in cui comunque la parola è il perno principale della
comunicazione, di conseguenza c’è l’oralità. Ma non è più primaria perché viene controllata e
diretta da sistemi di archiviazione esterna. La parola è quindi diretta dalla scrittura.

Cambia l’oralità stessa, e non più primaria; diventa un’oralità secondaria.

Quali sono le caratteristiche dell’oralità primaria:


La parola è un’attività contingente.

La parola in questo tipo di oralità annuncia quello che sta avvenendo nel medesimo momento,
perché si è nel mondo dei suoni.

La natura stessa del suono risedé nel fatto che: esiste nel momento in cui esiste e poi non
c’è più. (Siamo ingannati dalla civiltà che ha instaurato la riproduzione).

Come pensano i soggetti a oralità primaria? Che tipo di memoria hanno?

Il tipo di memoria è omeostatica: cioè prende in carico solo ciò di cui necessità, solo ciò che è
ritenuto utile, oppure ciò che è ritenuto politicamente e socialmente ritenuto corretto in quel
momento.

La memoria omeopatica ha l’impressione di ricordare tutto ma in realtà di adatta alla necessità e


al contesto, è una memoria legata agli eventi, è situazionale.

Poi c’è nella memoria una questione legata alla cultura:


Alla sua autorappresentazione, ai suoi usi e ai suoi costumi. Come viene fatto ciò?
-Attraverso tanti sistemi come l’apparenza (visivo):i l modo di vestirsi, e più in generale di
acconciarsi.

-Ma il sistema più importante è quello della narrazione:

Un esempio è la mitologia,

E come avvengono queste narrazioni?


La memoria orale per de nizione non può creare l’equivalente di un testo (non c’è un cervello che
scrive, ma ci sono tanti cervelli diversi che tramandano).

Ogni narrazione quindi sarà sempre diversa dall’altra, mentre invece nella scrittura c’è la
probabilità che venga trascritta uguale(la parola viene cristallizzata, resa stabile.)

Per far avere luogo le narrazioni nelle culture a oralità primaria bisogna trovare dei moduli
per ricordarle, quali sono?
-Colorare il linguaggio, un ausilio importante è l’espressività,:

ciò che è modulato (colorato) si ricorda meglio).

Il nostro cervello è fatto in modo tale da aumentare capacità mnemonica collegata ai suoni
modulati (infatti molti uomini cantavano quando narravano).

-Gli stereotipi servono per ricordare. Tendono a non essere inventive le culture orali (ad
esempio non vi è lo studio psicologico del soggetto, ma l’eroe (quindi uno stereotipo); Ciò serve
per veicolare dei contenuti che vanno ricordati.

-Viene cristallizzato in formule il portato di un’esperienza, tipico delle culture orali.

-L’oralità è molto uida (nella cristallizzazione della scrittura questa cosa si è persa).

-rapporto diretto fra narratore e pubblico

-Il narratore si adegua al pubblico, ragion per cui gli schemi narrativi sono sempre uidi pur
rimanendo all’interno di un contenitore generale.

-La parte gestuale poi è importantissima , questo tipo di espressività accentua la comprensione
del messaggio;

c’è quindi un vero e proprio linguaggio de gesti, non casuale come facciamo noi ma codi cato.
C’è quindi anche una cultura verbomotoria, ovvero per comunicare viene messo in gioco il corpo.

Come avviene l’amministrazione della giustizia e della ricchezza in una società a oralità
primaria?
La forma mediazione è la parola. Le culture orali dal punto di vista verbale sono agonistiche: La
parola è la strumentazione per la mediazione immediata fra interessi diversi.

Non c’è legge (dalla scrittura) o dialogo (dalla scrittura) ma tutto avviene con sistemi agonistici;
vince chi ha più inventiva nella parola, senza arrivare al sangue.

La parola in questa cultura non è veicolo di informazione ma di potenza (noi ora grazie alla
scrittura pensiamo alla parola come informazione.

fl
fi
fl
fi
IL TEMA DELLA SCRITTURA
La scrittura ci riguarda da vicino perché ci siamo immersi.

Per introdurre il tema della scrittura parliamo di un’esperimento condotto da uno psicologo
e antropologo Abram Luria. Un’esperimento durante lungo l’arco del periodo di Stalin, e
conosciute dall’occidente solo negli anni 70.
È interessante questa sperimentazione perché la politica di quel governo si incentrava su due
elementi fondamentali.

-L’elettri cazione (la costruzione di centrali elettriche, quindi portare energia, e quindi una
maggiore circolazione dei mezzi di trasporto).

-L’alfabetizzazione (la Russia è un enorme territorio poco popolato, e nelle parte centrali era
popolata da poche comunità sparpagliate, spesso vere e proprie tribù, quindi succede che fra i
piani di sviluppo del mondo sovietico c’era l’alfabetizzazione di queste comunità, di interi popoli
che con la scittura avevano avuto poco o nulla a che fare.)

Luria disponeva quindi della possibilità di valutare nel tempo gli e etti che aveva il progetto di
alfabettizazzione.

Ne venne fuori un bel trattato, e Luriasperimentò dal vivo.

Valutò tre situazioni di base:

-La prima; popolazioni di varia età totalmente analfabeti.

-La seconda: lo stesso tipo di campione ma dopo un’esposizione parziale agli e etti della
scrittura e quindi dell’alfabetizzazione.

-La terza: un campione molto ampio di individui che col tempo avevano avuto un’esposizione
su ciente e strutturata alla scrittura.

I risultati di questa sperimentazione furono:

Si rese conto Luria che anche dopo una breve esposizione alla scrittura letteralmente cambiava la
mentalità:

Cioè venivano a costruirsi degli schemi mentali diversi da quelli di prima.

Dopo l’alfabetizzazione, all’interno della comunità, cominciano a venir seguiti degli schemi diversi
(di come ad esempio si interpreta il mondo).

Luria mette insieme degli oggetti disparati, per vedere come reagivano questi individui;

Come quindi andavano a creare un’insieme, cioè costruendo delle categorie, questo tipo di
operazione astratta (schema mentale tipico della scrittura, che tende ad astrarre il concetto) riesce
impossibile alle società prealfabetizzate (perché ragionano in una logica situazionale, con uno
schema di categorizzazione diverso, cioè dato dall’esperienza, infatti questi determinati campioni
rispondono usando le classi, per esempio unendo oggetti operativamente coerenti fra di loro
(asse, martello, e sedia vengono uniti perchè pur essendo oggetti che andrebbero in schemi
di erenti, sono strumenti coerenti con il lavoro, ad esempio del falegname, c’è quindi qui una

situazionale;

C’è sempre una logica ma è situazionale.

Le comunità invece parzialmente alfabetizzate come rispondono? Si collocano in una dimensione


intermedia. Esse colgono subito la modalità di sistematizzazione degli oggetti in una serie di
categorie più astratte ma non abbandonano mai l’uso pratico condiviso dalla comunità,, c’è
quindi ancora una logica situazionale (data dalla situazione).

Chi invece viene esposto in modo massiccio alla psicon namica della scrittura e della stampa
tende a categorizzare in modo astratto. (se viene messa una linea, un triangolo e un cerchio su
carta e viene chiesto di descrivere le forme, chi fa parte della terza categoria risponderà linea,
triangolo, cerchio.).

Sul rapporto fra mente e scrittura si possono dire parecchie cose,


Concetti della scrittura basilari:
-La scrittura tende di per se a costruire una mentalità sequenziale e logica.

-Qualunque forma di scrittura si presenta su un supporto. Cioè è un oggetto. E questa è una


di erenza fondamentale. Ogni sistema di scrittura è una simbolizzazione esterna, esterna al
nostro corpo e al suono. Con la scrittura il mondo dei suoni diventa un mondo fatto di cose, c’è
quindi un passaggio dall’udito alla vista. L’udito è sintetico e situazionale, la vista è analitica. La
scrittura trasforma le parole in cose, la scrittura oggetti ca.

ff
ff
ffi
fi
fi
fi
ff
ff
-Qualunque tipo di scrittura obbliga la mente a una prima operazione: cioè obbliga il cervello a
seguire un usso logico sequenziale e lineare. I pensieri vengono messi su un binario. Ciò è frutto
di evoluzione lunga e articolata.

Fino a non molto tempo fa (60-70 anni fa) l’opinione prevalente fra gli studiosi specializzati era che
la scrittura fosse nata una prima volta nel mondo e poi per di usione si fosse espansa. Si credeva
la scrittura fosse nata nella mezzaluna fertile, cioè nel medioriente e che poi si fosse di usa.

Invece non è vero, la scrittura è nata varie volte in modo autonomo in alcuni punti nevralgici nel
pianeta. È avvenuto il sistema del di usionismo ma all’interno di macroaree.

Che cosa ha generato il progressivo formarsi della scrittura?

Ad esempio l’intensi carsi delle strutture sociali sotto determinate condizioni economiche,
politiche ,religiose e demogra che:

Esistono punti del mondo in cui a cavallo fra la preistoria e la storia si sono lentamente veri cate
le condizioni che poi si sono coagulate in questo tipo di invenzione.

La scrittura è frutto di un processo lento.

Esistono due tipi di scrittura

-Sillabico-semisillabico

-Logogra co

Il sistema logogra co è in uso nel cinese mandarino, noi usiamo invece quello semisillabico.

La relazione fra i simboli nel sistema logogra co cambia completamente il signi cato della
frase, ma la di erenza principale è il sistema sillabico è un sistema è basato sulla trascrizione dei
suoni, quello logogra co invece è scorporato dai suoni ed è basato sui simboli. Questa è la prima
di erenza.

Essi sono due sistemi di modellizzazione esterna diversi, però entrambi sono e caci per trasferire
informazioni dal sonoro al visivo.

La scrittura annulla il tempo e lo spazio.


All’interno della parola era tutto relegato all’attimo e allo spazio in cui veniva pronunciata.

Ciò nella scrittura si annulla. Se io adesso scrivo una lettera essa può essere letta in un diverso
tempo e luogo.

Analizziamo il NOSTRO sistema di scrittura.


Il nostro viene de nito un sistema di scrittura alfabetico, in cosa consiste?
Esso consiste in un insieme di segni in corrispondenza biunivoca con altrettanti suoni, in una
corrispondenza parziale ma su cientemente potente da dare un’appartenenza biunivoca con i
suoni.

In Italia per esempio la corrispondenza fra la parola e il suono è molto forte, infatti è più semplice
di altre lingue in cui la corrispondenza fra suono e segno è minore (la cosiddetta pronuncia). Con
pochi segni questa scrittura consente di produrre un linguaggio intero,

È quindi un sistema semplice, fatto di soli 23 segni. È uno strumento alla portata e versatile, non
tutte le scritture sono state e sono così (le scritture con schemi misti, oppure la scrittura
logogra ca).

All’interno dell’ambito della scrittura c’è una distanza che separa l’economia della
trascrizione a mano da quella della stampa
Con economia intendendo la rappresentazione del mondo e del pensiero.
L’antropologo, come sopra avevamo detto, ha uno schema concettuale legato alla scrittura, opera
quindi con uno strumento condizionante di per se; Questo fattore acquista un’ulteriore rilevanza
quando egli studia mondi distanti dal suo schema di rappresentazione.

La scrittura letteralmente ha cambiato la mentalità degli uomini, lentamente ma


permanentemente.

Sopratutto trasformò le parole in cose e quindi in oggetti, su supporti sici.

Questo è l’inizio di una trasformazione radicale del rapporto dell’uomo con il mondo e con sé
stesso.
ff
fi
fi
fl
ff
fi
fi
fi
fi
fi
ffi
ff
fi
ff
fi
ffi
fi
ff
fi
Un’altro rapporto che viene poi radicalmente cambiato quello con il tempo e con lo spazio.

Ciò che prima era vago e sfocato diventa concreto, per esempio il passato; Si possono
recuperare le informazioni del passato e archiviare quelle del presente.

Assistiamo quindi come abbiamo detto a una vera e propria evoluzione culturale:

La scrittura crea i presupposti della storia, così come dell’amministrazione.

L’amministrazione e la storia esistono grazie a essa.

La scrittura diventa anche necessaria per la costruzione gerarchica della società


(dell’amministrazione dei beni, oppure nella de nizione delle leggi)

Questo era il primo passaggio.

Poi c’è un secondo passaggio:


Dalla scrittura chilogra ca (scritta a mano) si passa alla scrittura stampata (cioè alla stampa).

La scrittura non è un’entità unitaria, ma si di erenzia (è composta da una tumultuosa serie di


evoluzioni interne di tipo etico, di tipo concettuale, rappresentazionale; Ciò è dovuto alle
innovazioni tecniche di cui nel corso del tempo è stata protagonista).

Nella scrittura a mano e nella stampa ci sono di erenze profonde.


Ad esempio il supporto, la rilegatura, oppure l’organizzazione del testo stesso.

La scrittura a mano poi conserva un grande rapporto con l’oralità, molto di più della scrittura a
stampa; Con la stampa INVECE si tende standardizza il testo trascritto. La stampa è fatta di
multipli tutti uguali.

La scrittura a mano non può essere standardizzata (c’è di erenza individuale di chi trascrive).

Nella stampa, cosa che non è presente nella scrittura, c’è l’ordine geometrico, la
geometrizzazione, la quanti cazione precisa dello spazio;

È infatti il primo prodotto industriale in serie.

Il Primo prodotto industriale in serie è il libro, c’è un ordine e una precisione.

Quando avviene questa innovazione, chi ci entra in contatto ne viene in uenzato.

E questa inizia del medioevo;

Avviene un processo di evoluzione della stampa: Quindi aumenta la domanda, e diminuisce il


costo.

Sempre più gente necessità di cultura, e la domanda continua ad aumentare.

Questo è un processo iniziato nel tardo medioevo e che non ha avuto mai ne, le invenzioni
sulla stampa non sono mai smesse; sia quelle di tipo tecnico che di tipo culturale.

Un’altra ad esempio di invenzioni è l’illustrazione (le miniature all’interno dei libri).

La stampa ha anche una grossa in uenza sulla nascita della scienza moderna.

La stampa scopre che a suo interno si può arricchire non solo di immagini ma anche di schemi e
da diagrammi, i quali aumentano la comprensione di un messaggio; Il diagramma è un percorso
mentale che ti porta ad agire o a pensare in un certo modo.

La stampa crea quindi anche l’albero della conoscenza che si rami ca nelle specializzazioni.

Con la stampa avviene il processo di moltiplicazione dei saperi e delle tecniche, dovuto alla
pressione subliminale della stampa, senza che ci fosse una totale consapevolezza e coscienza di
quanto questa invenzione stesse lentamente cambiando i modi di fare, di agire e di pensare.

L’invenzione della stampa viene fatta risalire (o passare) nella metà del 1400:

Johannes Gutenberg negli anni 1453-55 mentre però in Cina esisteva già esisteva dal 1041 circa.

fi
fi
fl
ff
fi
ff
ff
fi
fl
fi
DISCENDENZA E PARENTELA

Una parte strutturalmente molto stabile dell’antropologia è quella della parentela e della
discendenza.
Essa ci porta alla questione della relazione con il nostro passato, di cui noi oggi ne abbiamo una
percezione allentata.

Parlando di questo tema non si può fare a meno di parlare dei vincoli di appartenenza, e
l’antropologia studia sia le società che sono quasi deprivate da questo vincolo (fra le quali la
nostra, questa è una realtà della nostra società) sia le società in cui i vincoli di appartenenza sono
molto presenti.

Come teorizzò Zygmunt Bauman, la nostra è una società liquida, meglio una società gassi cata,
ma comunque anche in questa società la parentela, e i vincoli di parentela esistono.

Quindi anche nel nostro caso c’è una permanenza forte legata ai principi (che sono poi delle
nostre costruzioni arti ciali) di discendenza e di parentela.

Questi principi nelle società arcaiche invece costruiscono un ordine di disparità e di preferenza
(cioè un ordine preferenziale), una linea.

Questi principi cominciano a sorgere con la rivoluzione agricola circa, non si va oltre una soglia di
10-12 mila anni.

Quelli che esploriamo quindi sono mondi recenti.

All’interno della parentela coesistono nei vari tempi e nei vari luoghi tipi di schemi di parentela
diversi, dalla promiscuità alla monogamia (matrilineare che sia, oppure patrilineare, matriarcale o
patriarcale).

Non c’è un processo evoluzionistico riguardo agli schemi delle discendenze della parentela,
l’uomo ha avuto una serie di commistioni molto vasta, aggiungendo che la specie umana è fatta
di moltissime comunità diverse che seguono strade di erenti, quindi non può esserci stato un
unico processo evoluzionistico.

Ci sono state varie interpretazioni riguardanti gli schemi di discendenza e di parentela (così anche
quindi del matrimonio e dell’incesto);

Fra cui le teorie dello psicanalista Sigmund Freud (considerava il complesso di Edipo un
universale antropologico). Le sue teorie furono smentite poi dall’antropologo Bronisław
Malinowski, il primo antropologo ad attuare la ricerca sul campo.

Malinowski si recò sulle isole di Tobriand a studiare la comunità di quel luogo sul campo, di
persone.

Lì il complesso di Edipo non esiste perché cambiano gli schemi, le relazioni parentali, che da
patriarcali (in cui si veri ca e ettivamente il complesso di Edipo da Freud teorizzato) passa a
essere matrilineare, e non c’è di conseguenza il complesso di Edipo; Non è esso un universale
antropologico.

Ciò dimostra come non ci siano schemi unici, vie univoche che seguano una stessa linea
evoluzionistica nel corso del tempo e nei più svariati luoghi.

Malinowski poi analizzò proprio i sentimenti, le emozioni delle persone di quell’isola e potè
veri care che non aveva luogo il complesso di Edipo.

Poi ci fu l’antropologo Brown, un altro gigante dell’antropologia;

Egli fù il primo che cercò di connettere gli schemi di parentela con i diritti e i doveri (e gli obblighi e
le sanzioni) all’interno dei gruppi parentali.

Qui ci spostiamo nel tempo, il periodo di tempo in cui operano Brown e Malinowski, rispetto a
Freud, parte dagli inizi del 900 no ala sua seconda metà. Siamo all’interno della scuola
strutturalista con Brown.

Brown fotografa una serie di situazioni diverse fra di loro, a volte incompatibili. C’è uno studio
quindi culturologico dei rapporti e degli schemi di discendenza e parentela.

Un altro stuidioso importante si chiama Evans pritchard;

Egli fù molto famoso, in particolare per il suo libro "Sul mondo dei Numer” (1940): ovvero un
popolo di pastori che abita più o meno nell’area del Sudan meridionale. Lui de niva questa
popolazione un’ordata anarchia. La memoria collettiva di questa popolazione si fermava a un
fi
fi
fi
ff
fi
ff
fi
fi
certo punto; Non per mancanza di memoria collettiva, ma per l’assenza di necessità che avevano
di essa oltre l’ottava generazione all’indietro.

Dopo l’ottava generazione cominciava a veri carsi un vuoto sempre maggiore e si ricorreva alla
ricordanza di antenati mitici. Pritchard individuò i motivi economico-politici che stavano alla base
di questo tipo di parentela.

Parliamo anche dell’antropologo Claude Lévi-Strauss, citiamo le sue ricerche “le strutture
elementari della parentela” , che poi è il nome della sua opera.

Egli de nisce i sistemi di parentela come metodi per organizzare le relazioni matrimoniali fra
gruppi, esse costruiscono sistemi di alleanze mediante la circuitazione delle mogli, un sistema di
circuitazione di erenziato, termine antropologico nei nostri giorni poco usato.

Attraverso questo sistema si vengono a creare alleanze e l’accaparramento di risorse (un esempio
europeo del passato in cui ciò avveniva sono le dinastie reali, il matrimonio era un modo per far
girare e mantenere un determinato potere o patrimonio).

I sistemi erano complessi e variegati fra le dinastie, mediante il matrimonio combinato;

Andava esso incontro a delle esigenze dinastico-politiche.

La questione della parentela e del matrimonio riguardano questioni basilari della vita;

-La nascita e la morte ne sono un esempio.

La morte di un individuo in un gruppo crea un vuoto e di conseguenza la necessità della


sostituzione.

-Poi c’è il rapporto madre- glio che è basilare ed è il vero e principale vincolo sociale dal punto di
vista etologico, siamo mammiferi e condividiamo con le altre specie di mammiferi (e in parte con
gli uccelli) il concetto di nascita e accudimento (nella nostra specie poi è particolarmente lungo).
Dal punto di vista etologico il nucleo fondamentale è quello madre- glio.

Ma nella nostra specie ci sono delle caratteristiche in più:

Prima di tutto la nostra capacità cerebrale, e le nostre facoltà di base mentali;

Siamo infatti l’unica specie che è in grado di mettere in successione qualcosa che non sia dell’evidenza
del rapporto biologico di discendenza (quindi rapporto madre- glio).

Infatti in tutti i gruppi (all’interno dei mammiferi) le relazioni sono basate sulla conoscenza intuitiva
del fatto biologico concreto, ma in altre specie si dimentica la discendenza , la consanguineità
molto più facilmente rispetto alla nostra di specie: Già alla seconda discendenza ad esempio
nessuna scimmia antropomorfa è in grado ricordare o relazionarsi con i gruppi collaterali di
consanguineità (ad esempio evitando le relazioni sessuali che noi de niamo incestuose);

Noi siamo in grado di concettualizzare i legami. Da qui nascono le questioni relative ai legami di
parentela.

(attenzione al termine consanguineità, emergerà più avanti).

Questa nostra capacità di ricordare le linee di discendenza in maniera così più ampia rispetto alle
altre specie riguarda delle questioni basilari:

Partiamo dal primo presupposto; La nascita; Chi partorisce? La donna.

Questo fatto nella specie umana crea delle complicazioni.

Quindi sappiamo che la donna partorisce e l’uomo feconda. (Al di fuori di questo ragionamento bisogna tener
conto che nella nostra società contemporanea la tecnologia sta cambiando tutto, anche le questioni di discendenza, di parentela, e di
fecondazione), e il controllo della fecondazione è sempre stata più o meno nelle mani dei maschi.

(parlando ovviamente della sedentarizzazione; Nelle società precedenti la sedentarizzazione infatti


c’è sempre questa base ma con uno scambio molto più uido).

Non c’è poi alcun dubbia riguardo al fatto che quando vengono stabiliti dei principi di rapporti fra
le discendenze di parentela normalmente non ci si accoppia fra parenti stretti (il tabù dell’incesto).
Fino a che punto vale il concetto di parente stretto però? Fino al punto in cui vale il concetto di
parentela legato alla consanguineità.

Cosa intendiamo quindi con il concetto di consanguineità? È un termine più sfumato


di quanto sembri.
È di cile riuscire a de nire la consanguineità. È facile se tracciamo una linea corta. Ma come si
faceva a de nire la consanguineità nelle famiglie dove ogni coppia, ogni matrimonio produceva
10-15 gli (tenendo conto che ogni glio poi produceva altrettanti gli e così avanti)?
L’individuazione già alla terza generazione si annacqua molto.
ffi
fi
fi
fi
ff
fi
fi
fi
fi
fl
fi
fi
fi
fi
Cosa intendiamo poi con consanguineità? Dipende dal modo in cui si ritiene che la coppia
contribuisca al concetto di patrimonio genetico, e qui arriviamo a un punto importante; la
consanguineità si traccia con la genetica: il concetto di genetica è legato alla scienza moderna, e
anche solo 100 anni fa non c’era.

Quindi la nostra concezione di consanguineità, conoscendo la genetica, riguarda il rapporto


fecondo fra una madre e un padre, che generano due gli, essi legati geneticamente da un
rapporto quindi consanguineità.
Ma come veniva de nito il rapporto di consanguineità quando la genetica non si conosceva?
Nei vari mondi umani si sfuma in un pulviscolo di idee, veniva essa de nita in svariati modi; Ad
esempio attraverso i vari tipi di accoppiamento della donna; in alcune società esso è multiplo,
perché ogni uomo aggiunge qualcosa al glio da generare.

Oppure ci sono alcune società in cui la donna è solo un “contenitore”;

Il concetto di parentela di sangue (consanguineità) è quindi sfumato perché riguarda l’universo


simbolico umano. Oggi e nella nostra società lo releghiamo alla genetica, ma in tempi diversi e
tutt’ora in luoghi diversi cati questo concetto era ed è relegato alle credenze, ai tipi di
accoppiamento e alle simbologie che occupano una determinata società.

Ogni società diversa che si studia infatti ha un proprio sistema di parentela, di erente da
comunità in comunità e che per ogni contesto è esso un prodotto storico:

Quali sono i sistemi però di parentela fondamentali?


-I diagrammi di parentela; l’albero della discendenza

(Innanzitutto l’albero inizia con un centro, de nito ego, da cui parte la struttura parentale e dal
quale si diramano tutti gli altri rapporti;

Rapporti ascendenti(asticella in alto, indica gli antenati) ad esempio o discendenti (asticella in


basso e indica i gli)

Rapporto fra la discendenza e la parentela, e i suoi diagrammi


Diagrammi di discendenza e di parentela sono degli schemi e delle forme stabiliti per essere
essere utilizzati nella comprensione della discendenza stessa:

-Triangolo= maschio

-Cerchio femmina

-Quadrato per la soggetto con genere non identi cato

——

-Segni obliqui per persone morte

-Segno collegamento (due trattini paralleli) che sta per matrimonio

-Segno collegamento (due trattini paralleli) con sopra diagonale sta per divorzio (disuguaglianza)
-Trattino semplice per rapporto sessuale senza matrimonio, cioè relazioni improprie e non u ciali.

-Linee verticali, strutture di discendenza e di parentela

-L’uso colorazione nero e bianco serve ad attribuire linea discendenza ascendenza riconosciuta
in varie società, con quella patrilinerare e quella matrilineare (discenda per linea maschile o
femminile, che non ha a che fare con il tipo di potere esercitato)

Rappresentazione di parentela può cambiare terminologia a seconda della cultura e della lingua
utilizzata per descriverla.

Se nell’etnogra a si studia ciò che viene de nita famiglia si possono allora cogliere le di erenze
della cultura, dalla famiglia monogra ca nostra alle altre varianti.

Ma bisogna guardare al fatto che sia nelle società destrutturuate (cacciatori-raccoglitori, la cui
complessità culturale e tecnologica pari a zero) sia nelle nostre esiste sempre l’istituto del
matrimonio e della famiglia monogramica (o monogra ca), si può quindi appurare che la
concezione di famiglia è comunque vastamente e abbastanza consolidata.

Siamo una specie che nell’unione e nella discendenza è tendenzialmente a metà fra la fedeltà e la
promiscuità. Ciò è dimostrato dalla genetica lo dimostra:

casi in cui il glio non ha il genoma del “padre” u ciale ma di un altro, e questa percentuale di
promiscuità va dal 15 al 30 per cento normalmente, abbassandosi e in alcuni casi azzerandosi nei
luoghi in cui c’è la segregazione femminile.

(la segregazione femminile non è un aspetto della natura umana, ma una deriva culturale).

fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ffi
fi
fi
fi
ff
ff
ffi
(ci cono casi in cui il padre biologico non corrisponde a quello legale per il fatto che quello biologico ha delle condizioni genetiche di
trasmissioni ottimali da dare il glio mentre per esempio quello legale ha le caratteristiche sociali, economiche e caratteriali ideali alla
sua crescita (del glio).

Non esistono in ogni caso forme di promiscuità assolute, tutte le società tendono a regolamentare
il rapporto fra i sessi.

Il motivo di questa necessità di regolamentazione sta nel fatto che l’unità di base della struttura
della società è quella familiare, e perché?

Sulla struttura familiare esogamica, che genera al di fuori del gruppo parentale, si costruisce la
società stessa, per questo è così importante , ed è per questo che la consanguineità non si
sovrappone mai alla parentela, si intreccia senza sovrapposizioni.

Il matrimonio monogra co quindi è nella maggioranza dei casi nelle culture, a parte alcune varianti
come la poligamia (pologinia o poliandria) (più frequente la poliginia).

Perché

Qui può entrare in gioco la forza sica dell’uomo che può generare una disparità, in ogni società
anche più avanzata c’è questa disparità ( no ad adesso, dobbiamo escludere la nostra realtà
contemporanea, la tecnologia così avanzata ha modi cato questa disparità, cambiando
radicalmente ciò che no ad ora è sempre rimasto costante, non solo nell’ambito della disparità,
ma in molte altre cose, stiamo assistendo a un cambiamento mai visto prima).

Si possono avere vari tipi di poliginia alcuni riconosciuti in ambito sociale, altri invece senza
l’stituzione del matrimonio come il concubinato.

Oppure matrimoni poligamici e monogra ci (tante mogli ma senza la residenza condivisa) oppure
come in America tanti matrimoni nell’arco temporale, ciò che anche in Europa accade.

Poi ci sono casi estremi (donna alleva bambino e poi lo sposa e viceversa, per questioni sociali o
di patrimonio)

Il matrimonio è sempre un rapporto fra caste, clan, tribù, classi economici, fra gruppi sociali
stabiliti (e c’è sempre con l’approvazione del gruppo, che stabilisce regole che corrispondano al
loro giusto e al loro sbagliato)

Poi c’è ciò che accade fuori dalle regole, che accade ma è “vietato”, e li c’è la questione della
legittimità, legata al concetto di matrimonio:

Tutto questo corrisponde allo stabilire dei con ni, sempre fatto per garantire coesione fra gruppi
parentali consanguinei e gruppi parentali non consanguinei cioè esterni, ciò rende possibile lo
scambio sociale che è importantissimo per il genere umano.

La regolamentazione avviene quindi (questo comportamento orientato verso socialità, fonte della
nostra sopravvivenza) per favorire lo scambio sociale, che è fonte della nostra sopravvivenza.

Si possono avere due tipi di discendenze:

-Uniineare: Patrilineare o matrilineare

-bilaterale o bilineare: società cognatiche, OPPURE si riconosce la discendenza per ambe le parti
(a tutti gli e etti bilaterale)

La nostra è una discendenza ti tipo bilaterale, però è particolare, nuova nella storia (che non è
cognatica, nella discendenza cognatica infatti viene riconosciuta nella linea materna una
prerogativa (linea materna riconosciuto un tipo di culto religioso per esempio, e in linea paterna un
passato di caccia e della sua strumentazione per esempio), viene riconosciuta quindi una
discendenza di tipo non genetico MA DI TIPO AMMINISTRATIVO, POLITICO O SOCIALE).

La nostra civiltà che è tecnologica, burocratizzata, riconosce la discendenza di tipo genetico ma


non di tipo amministrativo, politico, sociale.

La nostra società è semplicemente bilaterale quindi e non di tipo cognatico.

Le discendenze nella nostra società si perdono dopo la terza generazione.

La nostra è una generazione giovane, appena nata che ancora si sta formando, gli esiti di questa
società ancora non li sappiamo ma di sicuro saranno diversi dalla storia che no a qui ci ha
insegnato.

I vincoli sociali costruiscono qualsiasi tipo di società, legati al limite della consanguineità, dal
rischio quindi del con itto con gli altri, questi limiti consentono le relazioni di scambio,
fondamentali per la nostra sopravvivenza.

La nostra realtà è una realtà di stati nazione, quindi meganumeri di persone. (Stati Uniti
d’America) e questa condizione di meganumeri è una condizione recentissima, in cento anni ci
siamo quadruplicati.

ff
fi
fl
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
Viviamo in un contesto ipercocentrato, cosa vuol dire dal punto di vista dei matrimoni?
Le potenzialità di legami con estranei dal proprio gruppo sono aumentate nel corso dei secoli in
una misura esponenziale. Intensissimo è poi lo scambio fra gruppi sociali.

Vi è quindi una maggiore circolazione di materiale genetico e di relazioni, connessioni fra gruppi
sociali, motivo per cui il matrimonio per amore nel corso di questi due secoli è sempre stato più
accettato.

500 anni fa non esisteva il matrimonio per amore, perché?

Più i gruppi sociali sono pochi, più vanno stabilite regole, rischio di rottura del patto sociale che
consente circolazione individui fra i gruppi (alleanza conseguente, scambio economico e con itto
che anche quello è scambio economico).

Normalmente i sistemi di contenimento e di consenso le regole stabilite che in un gruppo ristretto


diventano esplicite. (e si palesano sotto forma religiosa, etnico e sotto forma di preconcetti o regole esplicite)

Poi c’è rapporto tra matrimonio e residenza (quali sono i problemi riguardanti alla
residenza?)
Relazione fra matrimonio e residenza è meno importante per noi (la nostra è una discendenza
bilaterale e non cognatica, quindi dove conta più la genetica che il culto, il retaggio, il patrimonio).

In più nel nostro tipo di società i gli che si sposano escono quasi sempre e vanno a vivere per
conto loro, e questo è un risultante della modernità, non è mai stato così, prima non si era mai
veri cato. (si va anche in nazioni e continenti diversi a vivere)(nel nostro mondo è stato destrutturato il
matrimonio stesso)

PRIMA di questa novità c’erano quattro strutture di residenza:


-patrilocalità

-matrilocalità

-ambilocslità

-natolocalità

(Con varie di erenze di discendenza e di residenza (es. discendenza patrilocale e residenza


ambilocale e così via a mescolarsi, ce ne sono state e ce ne sono molte).

LA QUESTIONE DELLA RELIGIONE (IN PARTICOLARE DEL RITO)


Il rito è una questione a cavallo fra l’antropologia e l’etologia, tocca entrambi gli aspetti.

Sull’etologia si può dire molto.

Il rito da un punto di vista di base riguarda le forme di ritualizzazione, e non riguarda solo gli esseri
umani. Negli esseri umani semplicemente queste forme sono esasperate.

Nei mammiferi e negli uccelli spesso si riscontrano le più svariate forme di riutilizzazione (ad
esempio il corteggiamento), questi riti quindi sono impressi a livello genetico; Sono istinti, una
serie di comportamenti stereotipati che non è possibile evitare, e questi comportamenti vengono
prima della genetica;

Si sono essi selezionati (ad esempio perché servono alla sopravvivenza) e dopo essere stati
selezionati sono diventati istinto, quindi si sono impressi nel genoma. Questi in esame sono i riti in
a livello scienti co presenti negli uccelli e nei mammiferi.

Lo scopo della riutilizzazione è quello di testare, di assaggiare, sulla base di uno scambio
comportamentale la realtà del fatto (la disponibilità sessuale o il grado di aggressività).

Infatti la riutilizzazione riguarda l’accoppiamento e l’aggressività. Si instaura fra gli animali un


dialogo. La necessità biologica quindi porta alla riutilizzazione.

Nella specie umana esistono varie forme di riutilizzazione, diventando però anche altro:

Esistono i rituali negli uomini e POI i riti (sono esse due entità separate).

In cosa consistono i rituali;

Essi sono frequenze sse di comportamenti, comportamenti stereotipati e standardizzati e


possono essere di varia natura: Ciò è individuale, ogni individuo ha il proprio rituale.

La nostra quotidianità è tale anche per una serie di rituali che ripetiamo.

La ritualità ci viene naturale e spontanea, creare e produrre rituali è un fatto spontaneo.

In cosa consiste invece il rito;


Esso si distingue per una componente in più.

fi
ff
fi
fi
fi
fl
È un’insieme azioni complesse che impegnano tutti i sensi, e spingono gli individui e la collettività
a impegnarsi in attività complesse de nibili performative, cioè che occupano tutto il ventaglio
delle possibilità espressive dell’uomo.

Sono essi una serie di comportamenti stereotipati, complessi dal punto di vista sensoriale, e sono
ripetuti in sequenze che riguardano precisi spazi e tempi.

I riti veri e propri poi non sono individuali, quindi speci ci dell’individuo, ma sono essi collettivi,
riguardano la collettività ed è una collettività non familiare ma che riguarda estranei, quindi
l’appartenenza culturale: C’è la presenza di una struttura sociale precisa (un rito non può essere
creato dal nulla).

Il rito poi è autoritario per de nizione;

Il rito ogni volta che vene ricreato ribadisce un sistema di idee e di comportamenti;

Idee che riguardano ciò che è bene e ciò che non va fatto, il tabù, ciò che è sanzionatile.

Ha quindi anche una parte normativa. Ci sono dei patti sociali non scritti nel rito, riguardanti la
comunità in questione e non l’intera società.

Esistono sono due tipi di riti;


I riti profani e i riti sacri (anche se poi quelli profani hanno sempre il seme del sacro).

Nei riti profani (quando c’è ad esempio una guerra) ci basa su valori di appartenenza che hanno a
che fare con una determinata comunità, e seguono comunque una sacralità anche se non de niti
sacri.

Nei riti sacri c’è qualcosa in più. I riti sacri ovviamente sono legati al concetto di sacro, a quindi
ciò che è considerata verità, orienta di conseguenza molto più potentemente i comportamenti
delle persone.

I riti religiosi si basano su sistemi di credenze e precise modalità, riguardano l’identi cazione di
un gruppo umano. Un altro fattore è la mitizzazione.

I riti sacri abbracciano l’intera gamma delle emozioni umane.

I riti di passaggio
È alla scuola strutturalista (una scuola francese) che si deve la teorizzazione dei riti di passaggio
(Robert Hertz e Durkheim ad esempio. Hertz è un allievo di Durkheim).

Robert Hertz scrive due saggi: “contributo alla rappresentazione collettiva della morte” e “la morte
e la mano destra” ; L’area di interesse in questione qui è quella oceanica;

Nell’area oceanica vi sono tantissime coesistenze di popolazioni di erenti e si rivela una miniera
per gli studi degli antropologi;

Coesistono nell’area oceanica popoli diversissimi fra di loro.

Hertz si interessò ai riti di inumazione, quindi dei riti legati dal passaggio dalla vita alla morte (non
a caso il titolo dei due saggi).

Il suo studio si focalizzò quindi sui riti di passaggio da una condizione di vita a una di morte (dal
punto di vista dei vivi).

I riti che egli analizza riguarda la comunità dei Balinesi, egli collegava questi riti a come una
società di autode nisce.

Qualunque intervento che intervenga nella vita e può comportare una rottura di equilibri ed è di
conseguenza considerata come rischiosa, può essa mettere in bilico l’equilibrio: quindi va gestita
in una maniera ordinata, attraverso un rito di passaggio.

In Hertz nel saggio è esclusivo al rito di passaggio dalla vita alla morte. (Viene nel suo saggio
analizzato il trattamento del cadavere, oppure come viene visto il morto rispetto alla struttura
sociale; viene studiata la loro inumazione a stali per tempi diversi, con delle risposte emotive che
accompagnano la persona in questione nel mondo dei morti.

Ne viene dedotto come queste forme di rappresentazioni di passaggio seguano delle regole e
come esse siano poi il ri esso di azioni psicologiche collettive.
Queste regole vengono meglio chiari da Van Gennep (egli scrive illuso saggio due anni dopo Hertz,
appartiene infatti alla stessa scuola francese strutturalista e sviluppa le idee di Hertz in una
maniera più articolata, anche dal punto di vista terminologico).

Van Gennep individua tre passaggi, tre stadi fondamentali nei riti (estendendo fra l’altro queste
regole a tutti i riti di passaggio, non solo quelli riguardanti la morte): individua quindi tre stadi:

-separazione.
-margine.
-aggregazione o composizione.
fi
fl
fi
fi
fi
ff
fi
fi
Questi tre stadi perché? Qui torniamo nell’ambito delle relazioni sociali.

Vengono create delle regole all’interno di una società per evitare l’indeterminazione;

Essa crea rischio per la società, la comunità, un gruppo deve essere controllato.

Noi esseri umani infatti ancestralmente non sopportiamo l’indeterminatezza, l’indeterminatezza ci


mette in allarme.

Una questione interessante è come noi nel nostro mondo contemporaneo quasi non ce ne
accorgiamo più dei riti: Siamo infatti una società tendenzialmente deretualizzata, (e lo sarà sempre
di più, è questoun processo senza ritorno). Nelle società più tradizionali però invece vigono
queste forti regole legate alla ritualizzazione, ai riti.

Non è che nella nostra società non ci siano i riti, ne siamo meno coscienti. Solo il fatto di
scambiarsi un saluto, di darsi la mano per presentarsi è esso un rito: Quindi essi esistono nella
nostra società, ma non più nella stessa misura in cui esistevano nelle società più tradizionali.

Il tema della parentela e della consanguineità, di cui abbiamo parlato nelle lezioni precedenti, porta
al tema delle CATEGORIE

LE CATEGORIE
Le categorie della percezione e del pensiero, il rapporto quindi fra le diverse culture e la loro
percezione e pensiero:

Come il mondo nelle diverse culture viene categorizzato, emergono evidenti di erenze di
categorizzazione delle diverse culture.

La nostra ad esempio ha una forma di categorizzazione (signi cazione del mondo e di noi stessi)
che in altre parti del mondo non ci sono, sono diverse.

La nostra civiltà tende alla categorizzazione, all’astrazione e alla deduzione, quindi alla deduzione
basata su prove. È basata inoltre sull'induzione (da una visione del particolare si arriva a una
visione del generale).

Sicuramente la caratteristica di ogni essere umano è di non poter fare a meno della categorizzazione.
Un’autrice importante in questi termini è  Mary Douglas. Douglas è autrice di svariati libri
importanti, fra cui: “Come pensano le istitutzioni”:

Lei basa il suo lavoro nel comprendere come le istituzioni orientino i nostri pensieri, da come esse
siano fatte (le reti di organizzazione, ovvero il risultato di un lavorio attuato da reti di individui nel
corso del tempo).

Douglas è una scienziata sociale, e parla di come le società abbiano bisogno di categorizzare il
mondo, in termini anche di relazioni di stati del mondo e in termini oppositori.

In un altro suo libro, “Purezza e pericolo” analizza le forme di categorizzazione sociale relative al
concetto di sporco, di sporcizia, di impurità e quindi correlato alla pulizia; Collegandoli
all’organizzazione sociale a come le società si pensano, si strutturano e si specchiano, cioè alla
forma che si danno, che è poi sempre relazionale (ad esempio la relazione di potere, quella
economica, oppure della sessualità e della generazione).

Sotto le azioni che noi compiamo, anche le più banali, e che giusti chiamo con un ne, se
grattiamo la super cie emergono i rituali, anch’essi una “rappresentazione” di come intendiamo le
cose e il mondo sotto l’in uenza della società, quindi sotto l’in uenza della nostra organizzazione
sociale.

(Un esempio sono le pulizie di primavera e la moda che a parte i ni esplicitati da noi, non sono
nient’altro che miti di rigenerazione da ciò che è passato a ciò che è futuro: Nelle pulizie di
primavera, pulendo eliminiamo i residui del passato per svoltare verso al futuro, al nuovo anno,
nella moda invece le nuove tendenze abbandonano il vecchio per aprirsi al nuovo).

Questo rapporto tra il vecchio e il nuovo (e il conseguente concetto di rigenerazione) è una forma
di categorizzazione che possediamo in quanto esseri umani.

Così come sono categorizzazioni il concetto di vita e di morte.

Dalle categorie noi siamo inconsapevolmente in uenzati, nemmeno ce ne rendiamo conto, e le


istituzioni agiscono secondo questi schemi, con lo scopo di dare ordine all’universo.

L’uomo ,in qualunque cultura esso sia, non teme nulla più del caos;
Il caos è qualcosa che deve essere tenuto ai margini, ai con ni; è implementato nella nostra più
profonda natura umana: è esso il prodotto di migliaia di generazioni esseri umani che hanno
dovuto approcciarsi ad habitat molto di cili, e l’organizzazione, categorizzazione, la messa in
ordine del caos è servita per adattarsi.

L’uomo quindi teme il caos, l’incontaminato, il non identi cabile, l’indi erenziato, il non
collocabile in una dimensione ,quale che sia, ben de nita.

L’ambiguità è sempre simbolicamente collegata all’impurità e alla contaminazione, cioè che può
rompere un’ordine ben de nito di qualunque società. L’ordine di qualunque società è fatta di
compartimenti con elementi di unità e di separazioni.

Le forme di categorizzazione più frequenti sono legate al cibo e alla sessualità;


Esse sono le funzioni primarie, senza cibo moriamo e grazie alla riproduzione esistiamo.

Queste forme di categorizzazione de niscono ciò che è consentito e cosa non lo è in un società,
cioè a ciò che è considerato puro e ciò che è considerato sporco, impuro.

Il cibo e la sessualità ovviamente seguono forme diverse e sistemi diversi di de nizione e


categorizzazione. E variano da cultura a cultura. Ciò che va bene in una cultura può non andare
bene per un’altra, e viceversa.

Ciò ci fotografa come individui appartenenti a una determinata cultura; È un principio di ordine e
di appartenenza.

fi
fl
fi
fi
ffi
fl
fi
fi
fi
fi
fl
fi
fi
ff
ff
fi
fi
Ci sono forme di categorizzazione che ci hanno sempre contraddistinto nella nostra cultura, che
(oggi stanno scomparendo ma esistono ancora).

Quali sono? Come de nirle, in che modo ci hanno determinato, cosa hanno determinato?

-Le categorie spazio-tempo: Cambiano a seconda delle culture, non completamente ma


comunque in uenzate in maniera diversa; questa categorizzazione nasce con la stanzialità;

La stabilità e l’organizzazione degli spazi (organizzati e dedicati) non avveniva nelle società dei
cacciatori-raccoglitori, quindi nel nomadismo.

Prima della stanzialità il concetto di spazio era egocentrico, ed era stabilito secondo dei criteri
simbolici e di importanza simbolica (lo spazio dei morti non era la nostra categoria dei cimiteri, ma
uno spazio in cui c’erano le anime degli antenati). Anche oggi ci sono dei luoghi con dei caratteri
simbolici, come i musei, ma in misura minore e comunque organizzata, questo tipo di
organizzazione invece non si veri cava nei cacciatori-raccoglitori.

Quindi nascono con la stanzialità concetti che non esistevano prima:

Ad esempio i con ni, oltre allo spazio-tempo.

-I con ni: Prima il concetto di con ne non c’era (il concetto di con ne poi si porta anche dietro il
concetto di guerra: esisteva nei cacciatori-raccoglitori un diverso tipo di violenza, una violenza
uida).

La stanzialità è una rivoluzione mentale.


-si de nisce con la stanzialità la categoria dei ruoli, questa categoria arriva a essere ben
de nita mentre nei cacciatori-raccoglitori era una categoria incerta, anch’essa uida.

Con la stanzialità vengono a delinearsi i luoghi (relativi ai ruoli) degli uomini, delle donne, dei
bambini, dei capi, degli schiavi.

Quindi vi è una rivoluzione concettuale fra i rapporti tra gli esseri umani.
-la categorizzazione, l’organizzazione del tempo, sempre ciò dovuto alla stanzialità:

Una presa di possesso sul tempo:

Un’ulteriore rivoluzione mentale si ha con il passaggio dal tempo analogico a quello digitale: Con
ciò avviene una vera e propria presa di possesso e di controllo sul tempo, trasformandolo in
spazio, quindi un’unità separabile, visibile: Ed è così che avviene la standardizzazione del tempo,
e il tempo visto in maniera astratta e indipendente dai fenomeni atmosferici.
Il passaggio dl tempo analogico a quello digitale avviene tra il VIII e il IV secolo.
fl
fi
fi
fi
fl
fi
fi
fi
fi
fi
fl

Potrebbero piacerti anche