Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
ici
em
c ad
i ac
op
r sc
pe
i-
rin
Ma
do
lan
Ro
Pag. Iniz. Altri flussi-Marini/1_Pag. Iniziali Belotti/4 03/11/11 15:24 Pagina 2
ici
em
c ad
i ac
op
r sc
pe
i-
rin
Ma
do
lan
Ro
Pag. Iniz. Altri flussi-Marini/1_Pag. Iniziali Belotti/4 03/11/11 15:24 Pagina 3
ALTRI FLUSSI
a cura di
ici
Rolando Marini
em
c ad
i ac
op
r sc
pe
i-
rin
Ma
do
lan
Ro
Pag. Iniz. Altri flussi-Marini/1_Pag. Iniziali Belotti/4 03/11/11 15:24 Pagina 4
ici
em
c ad
i ac
op
r sc
pe
e-mail: info@guerini.it
rin
Printed in Italy
lan
ISBN 978-88-8107-319-1
Ro
Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limi-
ti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla
SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile
1941 n. 633.
Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico
o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono
essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO,
Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail segreteria@aidro.org
e sito web www.aidro.org.
Ro
lan
do
Ma
rini
-p
er
sc
op
ia
cc
ad
em
ici
Ro
lan
do
Ma
rini
-p
er
sc
op
ia
cc
ad
em
ici
Ro
lan
do
Ma
rini
-p
er
sc
op
ia
cc
ad
em
ici
Ro
lan
do
Ma
rini
-p
er
sc
op
ia
cc
ad
em
ici
INDICE
ici
em
ad
cc
Introduzione ia 9
di Rolando Marini
op
Capitolo 1 17
Attori plurali nello spazio pubblico
er
di Rolando Marini
-p
Capitolo 2 49
do
Capitolo 3 85
I movimenti collettivi tra arene sociali e arena dei mass media
di Lorenzo Mosca
ici
interazione fra media e movimenti sociali, p. 93 3.4 Movimenti
em
sociali e nuove tecnologie della comunicazione, p. 98 3.5 Movi-
menti sociali e comunicazione: osservazioni conclusive, p. 103
ad
Capitolo 4 113
cc
Le relazioni pubbliche e il sistema dell’informazione: un accesso alla
sfera pubblica
ia
di Marco Mazzoni
op
Capitolo 5 143
Quando il brand diventa attivista. Tra legittimazione culturale e di-
do
scorso pubblico
di Michele Fioroni
lan
Capitolo 6 163
La Chiesa nel dibattito pubblico
di Rita Marchetti
6.1 Dal partito all’arena pubblica dei media, p. 163 6.2 La co-
pertura giornalistica degli interventi della CEI, p. 168 6.3 Quan-
do la Chiesa scende in campo, p. 171 6.4 La Chiesa fa notizia, p.
ici
174 6.5 Una strategia comunicativa di interazione reciproca, p.
em
179
Capitolo 7 187
ad
Il consumerismo e le associazioni dei consumatori
cc
di Giuseppe Maimone
ia
7.1 Dalla società dei consumi al consumerismo, p. 187 7.2 Na-
op
scita, sviluppo e regolamentazione delle associazioni dei consuma-
tori, p. 194 7.3 Le associazioni dei consumatori come grass-
sc
Capitolo 8 215
Amnesty International: la comunicazione per i diritti umani
di Antonio Ciaglia e Francesca Miele
r ini
Capitolo 9 235
Is it only rock’n’roll? Il Live 8 come caso di rock umanitario
di Sara Minucci
Capitolo 10 261
ici
Il Web 2.0 come arena per il media criticism
em
di Sergio Splendore
ad
trasparenza e il media criticism in Italia, p. 262 10.3 La blogo-
cc
sfera e il potere del link, p. 266 10.4 I social media, p. 270
10.5 I giornalisti e le pratiche bottum-up: altri flussi in redazione?,
ia
p. 274 10.6 Conclusioni, p. 276
op
Capitolo 11 281
sc
ici
em
ad
cc
L’idea iniziale di realizzare questo volume nasce dalla mia sempre più
ia
ferma convinzione che per comprendere ciò che accade oggi nel cam-
po dell’opinione pubblica occorre rivolgere l’attenzione verso oggetti
op
stema politico.
Tante energie sono state spese finora, in Italia e negli altri Paesi
er
cie di vortice provocato dai partiti, dai leader insieme con i loro con-
sulenti, e dai mezzi d’informazione fatto di ansie e ossessioni per gli
r
Ma
empirica profusi nel corso degli anni, vale a dire la difficoltà di portare
a sintesi i programmi di ricerca svolti in archi temporali lunghi. Cosa
che, nel campo della comunicazione politica e dell’opinione pubblica,
rimane ancora un compito largamente inevaso. In parte però, come di-
cevo, dipende dal fatto che il discorso pubblico sulle tematiche politi-
che spinge le domande di fondo degli studiosi a sovrapporsi pericolo-
10
ici
strada, che con questo volume si vuole cominciare a percorrere, è
quella che porta a rivolgere l’attenzione verso l’influenza che può de-
em
rivare dalla comunicazione (non sempre politica in senso canonico)
dei gruppi d’interesse, dei movimenti e delle imprese; ossia la comu-
ad
nicazione politica della società civile.
Se veramente pensiamo che quella delle nostre società sia una sfe-
cc
ra pubblica mediatizzata, non possiamo non vedere come proprio la
ia
centralità dei mezzi d’informazione, nel fornire visibilità e interme-
diazione, abbia spinto una pluralità di attori ad accedere alle arene
op
strutturazione delle stesse semantiche della politica fatta dai leader, dai
partiti e dalle istituzioni. I nuovi concetti (prima ancora dei nuovi te-
r
Ma
ici
di tali mezzi, e attraverso di essi hanno l’opportunità di accedere a
frame diversi e spesso alternativi rispetto a quelli fruibili tramite i me-
em
dia tradizionali. Siamo quindi in una situazione di arene mediali plu-
rime e di universi simbolici plurimi, in cui certamente è difficile se
ad
non impossibile individuare posizioni di predominanza.
Entro tale quadro può essere meglio compresa una visione della
cc
sfera pubblica come uno spazio o un ambiente nel quale le relazioni si
ia
instaurano e si dispiegano tra quattro aggregati di attori: quello della
politica, quello dei media, quello dei pubblici e quello della società ci-
op
flussi rivolge l’analisi. Tutti gli attori della società civile vengono ana-
lizzati come produttori di discorso pubblico (e quindi di comunicazio-
ini
ici
teoriche. Due excursus di tipo sociologico e filosofico, uno sull’agen-
da building e l’altro sulla deliberazione, si propongono come orizzonte
em
generale della riflessione sulla comunicazione politica della società
civile. Segue un saggio sul collegamento tra i movimenti sociali e le
ad
arene mediali da essi privilegiate, con l’apertura alle nuove problema-
tiche concettuali e teoriche che questo scenario comporta. Successi-
cc
vamente, il fuoco dell’analisi viene spostato verso un argomento di
ia
confine tra vari approcci e discipline, quello delle relazioni pubbliche;
in questo caso le attività di comunicazione del mondo delle imprese
op
Nella seconda parte del volume viene proposta una serie di studi di
area o di caso, e quindi si cerca di fornire esempi emblematici e spac-
er
ici
di un campo in cui, come spesso accade nelle scienze sociali, il cam-
biamento è non solo veloce ma anche multidimensionale.
em
Rolando Marini
ad
(settembre 2011)
cc
ia
op
sc
er
-p
r ini
Ma
do
lan
Ro
CAPITOLO 7
ici
em
ad
cc
ia
7.1 Dalla società dei consumi al consumerismo
op
rante tutto l’arco della giornata. A volte gli atti di consumo sono così
routinari che si può dire vengano svolti senza nemmeno una lucida
er
ta allo status: «[…] persino nelle società preistoriche ciò che conta
non è la pura sopravvivenza ma come ci si ripara, cosa si mangia e
lan
con chi si beve» (Sassatelli, 2004, p. 104). Si pensi poi alle forme di
comunicazione destinate a favorire il consumo. Basti ricordare che an-
Ro
che negli scavi della Pompei imperiale sono state ritrovate forme sep-
pur arcaiche di pubblicità.
Il passaggio verso una nuova fase storica e sociale però si ha con
l’avvento della modernità, nel momento in cui si è avviato un processo
di nuova assegnazione di significato al consumo, ispirato alla cosid-
detta filosofia del ‘consumismo’, mettendo così in moto quella che
viene chiamata la «rivoluzione consumista»: «[…] il passaggio dal
188
ici
fattori (Sassatelli, 2004): sia fenomeni sociali e culturali (come l’in-
cremento delle possibilità di mobilità o l’evoluzione dei rapporti tra
em
sessi); sia fenomeni economici (si pensi al rafforzamento del sistema
commerciale e al successivo sviluppo dei consumi del Sei-Settecento,
ad
accompagnatosi al consistente sviluppo delle classi medie).
La società che gradualmente si è sviluppata sotto la spinta che ha
cc
fatto del consumo un suo tratto caratterizzante è connotata da determi-
ia
nate peculiarità e può essere definita ‘società consumista’. In questo
tipo di società tutti gli individui possono essere riconosciuti come con-
op
vece, il ruolo di ordinatore sociale può essere attribuito alla moda del
periodo. Come ha sottolineato Appadurai: «[…] i consumatori moder-
r
Ma
(ivi, p. 32). Il termine moda deriva dal latino modus, e tra i suoi signi-
lan
ici
em
Quello che Bauman ha spiegato con tanta chiarezza rappresenta allo
stesso tempo l’elemento caratterizzante e la principale fonte di ripro-
ad
duzione del consumismo.
Dunque, nella ‘società consumista’ non ha senso parlare di con-
cc
sumo se non lo si colloca in un’ottica legata a fenomeni non solo eco-
nomici ma più ampiamente socio-culturali. Basti pensare al fatto che
ia
nel momento dell’acquisto, oltre al calcolo del rapporto tra costi e be-
op
significati (spesso incoerenti con la natura delle merci) con cui inten-
Ma
dono impregnare i beni materiali che di volta in volta offrono sul mer-
cato. Le attività legate alla comunicazione sono diventate man mano
do
to, come abbiamo finora visto, la capacità della moda – quel comples-
so sistema di riferimenti sociali e culturali predominanti nella società
– di influenzare i consumatori nei loro atteggiamenti e nelle loro scelte
non è meno efficace di quella messa in campo dalle antiche leggi sun-
tuarie, nonostante la prima non abbia (sempre) a che fare con imposi-
zioni normative.
Dal punto di vista del consumatore le teorie economiche e sociali
ici
che si sono succedute nel corso degli anni hanno visto cambiare quello
che si poteva considerare il cardine del sistema produttivo. I primi
em
studi legati ai consumi, riconducibili in particolare alla prima metà del
Novecento, partivano dagli assunti liberisti e consideravano il consu-
ad
matore come una sorta di sovrano. La teoria in questione, denominata
del «consumatore sovrano», trae spunto dalla cosiddetta analisi margi-
nalista messa a punto da autori come Jevons, Menger e Walras1, e si
cc
ia
basa sulla concezione secondo la quale «da ogni consumatore parti-
rebbero delle scelte che, sommandosi a quelle di altri consumatori,
op
creano una domanda alla quale la produzione non potrà fare a meno di
rispondere» (Sassatelli, 2004, p. 77). Secondo la teoria economica del
sc
stiche, insomma dagli acquisti che vengono effettuati da parte dei con-
sumatori stessi, che quindi possono, con le loro scelte, determinare le
ini
1
Gli autori in questione concentrandosi sul lato della domanda, criticano la posizione
classica (di autori come Smith e Mill) per cui il prezzo di un bene è determinato dal
suo costo di produzione, ossia dal prezzo dei fattori della produzione, e arrivano a so-
stenere che quando un bene finale arriva sul mercato, questo avrà un prezzo che di-
pende dall’utilità che i compratori si aspettano di trarne.
191
ici
na» (Sassatelli, 2004, p. 99). In questo contesto, dunque, viene total-
mente capovolta la gerarchia sviluppata in precedenza, che considera-
em
va il consumatore come il vero sovrano del sistema produttivo e come
gestore dei possibili cambiamenti dei significati predominanti all’in-
ad
terno della società: smascherando il carattere manipolatorio della di-
mensione simbolica dei beni, qui il titolare del potere sovrano viene
cc
individuato in quella che in precedenza è stata definita la moda del
ia
momento. Il consumatore altro non è che un soggetto non razionale,
che non riesce nemmeno più a distinguere le sue reali esigenze e nelle
op
sistema sociale.
In posizione intermedia tra questi due modi polarmente opposti di
er
colloca una terza strada, che parte dal riconoscimento di una potenzia-
le sovranità del consumatore, o quantomeno di una sua libertà di arbi-
ini
trio: quelli che vengono definiti fenomeni del consumismo altro non
sono che espressioni di libere scelte dei consumatori stessi, e quindi
r
Ma
propri della loro sovranità. In questa terza via si afferma che in realtà,
2
L’espressione «industria culturale» viene utilizzata per la prima volta da Max Hor-
do
della cultura a merce. Con questa nozione i due filosofi volevano evidenziare come
l’industria culturale sia man mano arrivata a designare una fabbrica del consenso che
Ro
ha liquidato la funzione critica della cultura. Essa fonda la sua funzione sociale
sull’obbedienza, lasciando che le catene del consenso si intreccino con i desideri e le
aspettative dei consumatori.
3
Con il concetto di «uomo ad una dimensione» Marcuse (1964, tr. it. 1999) voleva
sottolineare come «le tendenze prevalenti nella società stavano conducendo alla costi-
tuzione di enormi organizzazioni pubbliche e private che minacciavano di sommerge-
re la vita sociale» (Held, 2006, p. 324). Questo stato di cose, secondo Marcuse, viene
rafforzato dal fatto che quelle che si possono definire sub-culture sono travolte dalla
pervasività dei mass media che producono una cultura sostanzialmente confezionata e
omogenea.
192
ici
queste alterazioni si traducono nella scarsa trasparenza che spesso si
mette in campo da parte dei produttori, con una conseguente mancan-
em
za di corretta informazione per il consumatore; oppure nella possibili-
tà di una vera e propria frode perpetuata ai danni di singoli consuma-
ad
tori; o ancora in un aumento dei prezzi non giustificato.
Insomma, la questione sembra essere giocata tra pochi e ben orga-
cc
nizzati produttori contro tanti e individualizzati consumatori (ivi) ed è
ia
proprio per sopperire a questa sorta di disparità che a partire dalla
prima metà del Novecento nascono dei movimenti che hanno l’obietti-
op
cali per i diritti dei lavoratori, le quali portarono alle prime forme di
sciopero generale e alla nascita e al successivo sviluppo delle prime
r
Ma
4
Il primo Paese in Europa a concedere il diritto di voto alle donne fu nel 1918 la Rus-
sia, seguita nel 1928 dalla Gran Bretagna; la Spagna e il Portogallo lo concessero nel
1931, la Francia nel 1944, l’Italia nel 1946. Negli Stati Uniti il diritto di voto per le
donne fu concesso a partire dal 1919.
5
Il primo sciopero generale in Italia risale al 1904 e fu organizzato per dimostrare
solidarietà verso 4 minatori sardi uccisi dalle truppe inviate da Giolitti a sedare una
rivolta proletaria scoppiata per reclamare migliori condizioni lavorative e salari più
alti. Nel 1906, invece, nasce la CGL (Confederazione generale del lavoro), che si tra-
sformerà, nel 1944, nella Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL).
193
ici
menti che si proponevano la presa di coscienza dell’opinione pubblica
verso i temi legati alla società consumista, al consumo e al consumato-
em
re. Questi movimenti poco a poco si trasformarono in vere e proprie
associazioni organizzate con lo scopo di difendere i consumatori: co-
ad
minciarono così a partire campagne di stampa finalizzate alla sensibi-
lizzazione verso un consumo critico e con l’obiettivo di smascherare i
cc
fenomeni più gravi e più dannosi nei quali si manifesta la strategia di
ia
profitto dell’impresa, «promuovendo la formazione di un soggetto col-
lettivo in grado di influenzare i processi produttivi attraverso giudizi
op
come parte attiva della produzione e come soggetto collettivo che pos-
sa con le sue scelte influenzare le caratteristiche del mercato di riferi-
mento, proponendo modi diversi di interazione tra consumatori e pro-
do
ca che vede il consumatore come una sorta di sovrano dei rapporti so-
ciali all’interno del mercato: solo rafforzando questi movimenti e que-
ste pratiche di consumo si possono abbattere le differenze e il forte
Ro
ici
tà di comunicazione (mediate o dirette) rivolte ai consumatori, le quali
hanno lo scopo di migliorare l’informazione su alcuni aspetti critici, e
em
di promuovere la sensibilizzazione verso un consumo più responsabi-
le. A supporto dell’analisi che qui verrà effettuata, sono state realizzate
ad
alcune interviste per mezzo telefonico o telematico a esponenti delle
associazioni italiane.
cc
ia
7.2 Nascita, sviluppo e regolamentazione
op
ici
ha portato alla formazione delle prime associazioni negli USA parte già
nel 1890 quando viene promulgato lo Sherman Act, che aveva lo sco-
em
po di dichiarare reato tutte le azioni tendenti a creare un profitto da
una situazione di monopolio, in modo da aumentare le opportunità di
ad
concorrenza. Col passare degli anni la motivazione di questa legge di-
venne la tutela dei cittadini dalle pratiche commerciali: furono quindi
cc
la lotta al capitalismo aggressivo e alle frodi a provocare questa prima
ia
ondata di consumerism.
Dopo questa prima fase caratterizzata dal riconoscimento a livello
op
ste della società civile, la nascita dei fenomeni organizzativi che die-
dero vita alle prime riviste nate con l’obiettivo di vigilare sulla qualità
ini
ancora disunite del nascente consumerismo. Uno dei passaggi più im-
lan
ici
tà scadente dei prodotti e i loro prezzi elevati: in altri termini, furono i
soggetti che prima di altri cominciarono a sviluppare una certa sensi-
em
bilità verso i temi del consumerismo.
Nel vecchio continente invece ci si mosse con un po’ di ritardo ri-
ad
spetto agli Stati Uniti. Le prime organizzazioni di consumatori si pos-
sono rintracciare a partire dal 1947 in Danimarca, ed è del 1955 l’isti-
cc
tuzione in Gran Bretagna del Consumer Council, con il quale il Go-
ia
verno assicurava ai consumatori la possibilità di esprimersi su materie
riservate fino a quel momento esclusivamente a commercianti e pro-
op
dici anni dopo la firma dei Trattati di Roma) per prendere una posizio-
ne specifica riguardo alla tutela dei consumatori. In quegli anni, infat-
er
ti, in seno alla comunità europea ebbe luogo un intenso dibattito sulla
-p
(Alpa, 1995). Questa prima fase si concluse nel 1973 con l’approva-
zione da parte del Consiglio d’Europa del testo definitivo della Carta
europea di protezione dei consumatori, che precisa per la prima volta
do
ici
sistenza e tutela dei consumatori» dell’Abruzzo, della Lombardia, del
Veneto, del Piemonte, della Toscana, delle Marche e dell’Umbria, e
em
nei primi anni Novanta queste esperienze vengono adottate anche dal-
le altre Regioni italiane. Un aspetto importante di queste leggi è rap-
ad
presentato dal fatto che ogni Regione cominciò a dotarsi di un «elen-
co/registro delle Associazioni consumatori-utenti» ritenute idonee,
cc
sulla base di specifici requisiti, per accedere ai contributi regionali e
ia
per essere rappresentate nella Consulta e nelle commissioni, comitati,
gruppi di lavoro regionali dove è prevista la rappresentanza di tali ca-
op
1998, n. 281), considerata a tutti gli effetti l’atteso bill of rights dei
consumatori nell’ordinamento italiano (ivi). Bisogna però aspettare il
2005 per l’entrata in vigore di un vero e proprio Codice del consumo
do
L’approvazione del Codice segna una pietra miliare nella tutela dei
consumatori italiani soprattutto per la rilevanza che il nuovo ordina-
mento assume in politica del diritto: l’opera di riassetto attivata dal
Codice assume come filo conduttore tutte le fasi del rapporto di con-
7
Le deleghe vennero attribuite alle Regioni attraverso il DPR 24 luglio 1977 n. 616
(Alpa, 2001).
198
ici
degli utenti a livello nazionale, del quale fanno parte i rappresentanti
delle associazioni dei consumatori riconosciute8 e un rappresentante
em
delle Regioni e delle Province autonome. Il CNCU ha sede presso il
Ministero dello Sviluppo Economico e si propone come obiettivo il
ad
miglioramento e il rafforzamento della posizione del consumatore-
utente all’interno del mercato. I compiti del Consiglio sono quelli di
cc
esprimere pareri, formulare proposte, promuovere studi e ricerche e
ia
favorire l’accesso dei consumatori alla giustizia. Nonostante il CNCU
sia oggetto di alcune critiche dovute principalmente alla sua colloca-
op
ici
Difesa Consumatori (successivamente diventato Altroconsumo); nel
1976 partono una serie di campagne a difesa dei consumatori denomi-
em
nate ‘guerra alla Sip’, che portarono alla formazione, nel 1986, del CO-
DACONS (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’am-
ad
biente e dei diritti degli utenti e dei consumatori); nel 1977 nasce la
Lega Consumatori ACLI, con l’obiettivo principale di educare i cittadi-
cc
ni alla gestione del bilancio familiare, all’autotutela della salute e alle
ia
scelte di alimentazione. Dopo queste esperienze il consumerismo co-
minciò a diventare così importante che negli anni Ottanta anche le
op
tati rispetto alle truffe e a quelle che nel paragrafo precedente sono
state definite le distonie del mercato. L’importanza di questi obiettivi
così definiti sta nella ricerca che questi si propongono di creare una
do
italiano, e che pensa i cittadini come fautori del proprio destino: molto
spesso, infatti, c’è la convinzione da parte dei cittadini che la colpa di
una qualsiasi frode sia dovuta alla poca accortezza di chi vi è incappa-
Ro
di proporsi agli occhi del cittadino come istituzione verso la quale po-
ter fare riferimento nelle controversie con gli attori scorretti presenti
nel mercato.
Nonostante il ritardo con cui sono nate le prime esperienze di as-
sociazionismo, con la successiva espansione della regolamentazione
del sistema consumerista in Italia, e nonostante i limiti di sensibilità e
consapevolezza dell’opinione pubblica italiana, non si deve commette-
ici
re l’errore di considerare il movimento italiano inferiore a livello di
‘potenza di fuoco’ rispetto agli altri Paesi europei. Anzi, grazie soprat-
em
tutto all’approvazione del Codice del consumo nel 2005, l’Italia è riu-
scita a dotarsi di una legislazione più raffinata e impegnata in difesa
ad
del consumatore. Se a questo aggiungiamo il continuo lavoro sul cam-
po effettuato grazie ai numerosi sportelli informativi presenti nel terri-
cc
torio, presso i quali lavorano operatori del settore e volontari, si capi-
ia
sce come il sistema consumerista italiano stia lavorando in maniera
efficiente per recuperare la strada persa negli anni rispetto agli altri
op
Paesi.
sc
diretta poi. La già citata Legge 281/1998, infatti, rappresenta non solo
il distillato delle azioni di tutela che le associazioni mettevano in cam-
po già dalle prime esperienze, ma fu anche preceduta da tutta una serie
di audizioni in cui le associazioni portavano al legislatore le loro ri-
chieste e le loro esigenze. Negli anni seguenti alla stesura della Legge
281, la partecipazione delle associazioni dei consumatori nei processi
decisionali si evolve sensibilmente, grazie anche al già citato CNCU, il
ici
quale può essere considerato a tutti gli effetti il ‘parlamentino’ del
consumerismo italiano: grazie alla creazione di questo organo, infatti,
em
le associazioni dei consumatori sono riuscite a inserirsi nel dibattito
normativo come veri e propri stakeholders con i quali le istituzioni
ad
hanno dovuto instaurare un confronto diretto, per conoscerne i pareri e
le esigenze, e per tenerne conto nel momento in cui sono state prese
cc
decisioni. In questo modo le associazioni, singolarmente o collettiva-
ia
mente con il CNCU, hanno seguito passo dopo passo la genesi del Co-
dice del consumo del 2005, fornendo molto materiale di lavoro alla
op
Certo esiste ancora una lacuna nel rapporto istituzionale tra il Go-
verno e le associazioni dei consumatori, poiché queste ultime non
er
mente cresciuto.
In tal senso, le associazioni dei consumatori possono essere consi-
r
Ma
derate delle lobby ‘generaliste’, non tanto per la loro scarsa specializ-
zazione, quanto piuttosto perché gli interessi a cui queste fanno rife-
rimento sono interessi pubblici e generali, che riguardano sostanzial-
do
ici
usate «sia per difendere interessi privati o di corporazione, che per
campagne di azione civica a cura dell’associazionismo libero su obiet-
em
tivi e temi di pubblica utilità» (Trupia, 1989, p. 157). Il grass-roots
lobbying si occupa esattamente di questi ultimi, facendo della natura
ad
sociale della propria agenda un tratto caratterizzante. Ma qual è il con-
fine entro il quale stabilire quelli che sono i temi di pubblica utilità, e
cc
che fanno diventare le lobby in questione lobby di pubblico interesse?
ia
Ci sembra di dover assumere come valida la risposta per cui la natura
di associazioni dedite al pubblico interesse viene stabilita attraverso
op
ici
economica, sui provvedimenti di tutela ecc. Ciò non può avvenire se
le associazioni non acquisiscono visibilità e credibilità nel dibattito
em
pubblico, attraverso e nei media. Ed è di questo che ci si occuperà più
approfonditamente nel prossimo paragrafo. Comunque, va sottolineato
ad
che tra la natura di attori della concertazione delle politiche economi-
che e quella di attori del dibattito pubblico vi è un legame molto stret-
cc
to, anche se la visibilità sui media comporta problemi specifici, che
ia
non la rendono un fatto ‘automatico’.
Federconsumatori e ADUSBEF, qualche anno fa, ottennero una si-
op
10
In un comunicato stampa congiunto, Federconsumatori e ADUSBEF individuarono
queste spese nei costi dell’abitazione e nei servizi finanziari e assicurativi, come ad
esempio i costi sulla RCA.
204
ici
dentale e anche fonte di notevole fama) consiste nel produrre test
comparativi sui prodotti in commercio in un determinato settore mer-
em
ceologico, valutandone le proprietà di maggiore rilevanza rispetto ai
diritti dei consumatori. Sulla pubblicazione di tali test, ad esempio, si
ad
è largamente basata la linea editoriale della rivista Altroconsumo. Le
attività di ricerca si estendono poi ad altri oggetti d’indagine, sia sotto
cc
forma di monitoraggio sistematico che sotto forma di ‘inchieste spot’.
ia
Appare chiaro come la produzione di dati e informazioni di questo ti-
po abbia finalità di lungo periodo concernenti l’accreditamento delle
op
quelle che erogano servizi piuttosto che beni: un altro filone ‘lobbista’
-p
11
Un esempio alquanto recente di questa operazione si è mostrato in occasione della
lan
manovra economica proposta dal Governo Berlusconi nel maggio 2010. La manovra
prevedeva un introito di 24 miliardi che sarebbero entrati nelle casse dello Stato spal-
Ro
mati in due anni. La legge in questione venne subito criticata da Rosario Trefiletti,
presidente Federconsumatori, e Elio Lannutti, presidente di ADUSBEF – Associazione
Difesa Utenti Servizi Bancari e Finanziari, nata nel 1987 e specializzata nel settore
bancario, finanziario e assicurativo – in quanto si ravvisava una scarsa equità e una
forte incidenza economica per i soli cittadini, e più in generale per il ceto medio. I
rappresentanti delle associazioni, però, non si fermarono qui: misero subito a punto
una contro-manovra da 52 miliardi, che non toccava pensionati e lavoratori, ma si
concentrava principalmente su «evasori, banchieri, assicuratori e riciclatori», e, più in
generale, sui soggetti che negli ultimi anni, secondo le associazioni, avevano incre-
mentato il loro profitto attraverso azioni al limite della legalità.
205
ici
i quali, dopo un’inchiesta portata avanti da Altroconsumo, vennero ac-
cusati di scarsa trasparenza nell’aumento delle tariffe. I risultati
em
dell’inchiesta vennero denunciati all’Antitrust (Autorità garante della
concorrenza e del mercato), che decise di sanzionare le due compagnie
ad
telefoniche con 500 mila euro ciascuna per «modifica unilaterale e si-
stemica dei piani tariffari senza fornire adeguate informative al con-
sumatore»12.
cc
ia
Oltre a quelle che si possono definire azioni di ‘contrasto’, come
quella di cui abbiamo appena parlato, però, ci sono anche azioni di
op
debiti truffaldini sulle bollette telefoniche dei servizi 899. È anche ve-
ro, però, che anche altri interventi hanno segnato una significativa vit-
r
Ma
che gli accordi che le associazioni dei consumatori fanno con determi-
nate aziende, sedendo a molti tavoli di confronto per informare i Con-
sigli di amministrazione delle imprese sulle esigenze dei consumatori.
12
Fonte: comunicato stampa Altroconsumo del 16 febbraio 2009.
13
Le esperienze in questione ci sono state segnalate dall’ufficio stampa dello stesso
CNCU.
206
ici
delle stesse aziende e, grazie anche agli accordi di conciliazione con le
imprese, riescono attivamente a risolvere molti contenziosi in modo
em
rapido ed economico per il consumatore. Uno dei principali accordi di
conciliazione degli ultimi anni riguarda quello tra le associazioni fa-
ad
centi parte del CNCU e Trenitalia: il Protocollo d’intesa, che in fase
sperimentale si riferiva al periodo dal 1 gennaio 2009 al 1 gennaio
cc
2010, prevedeva un accordo col quale le parti si impegnavano a com-
ia
porre in maniera amichevole le eventuali controversie insorte tra la
stessa Trenitalia e gli utenti dei servizi da essa offerti. Il meccanismo
op
Fin qui abbiamo prevalentemente parlato delle azioni rivolte alle isti-
lan
ici
lecitato a volte dall’una, a volte dall’altra parte. Non sono i soli gior-
nalisti a contattare i rappresentanti delle associazioni, ma sono anche
em
quest’ultimi che, grazie alla diffusione di comunicati stampa che ven-
gono successivamente ripresi dai mezzi d’informazione, riescono a
ad
richiamare l’attenzione dei media sui temi consumeristi e a ottenere
quella visibilità di cui necessitano. Da questo punto di vista risulta
molto importante l’esperienza di Help Consumatori. Help Consumato-
cc
ia
ri è un’agenzia online di informazione nata nel 2004 da un progetto
del Ministero dello Sviluppo Economico – grazie anche alle pressioni
op
14
Ne fanno parte: Pietro Giordano (Adiconsum), Flavio Mollicone (Adoc), Liliana
Cantone (Altroconsumo), Mario Finzi (Assoutenti), Giovanni Ferrari (La casa del
consumatore), Liliana Ciccarelli (Cittadinanzattiva), Mara Colla (Confconsumatori),
Rita Battaglia (Federconsumatori), Lorenzo Miozzi (Movimento Consumatori), Anto-
nio Longo (Movimento Difesa del Cittadino), Pietro Praderi (Lega Consumatori),
Massimiliano Dona (Unione Nazionale Consumatori). Fonte: sito ufficiale Help Con-
sumatori.
208
ici
tando le esperienze maturate nel campo dell’attivismo e presentandosi
come veri e propri esperti a cui fare riferimento sulle materie econo-
em
miche e del consumo. A volte è proprio questa loro specializzazione a
rappresentare per il giornalista una fonte di stimolo a contattare le as-
ad
sociazioni dei consumatori: è questo il caso della già citata ADUSBEF,
che, specializzata nei servizi bancari e finanziari, spesso viene chiama-
cc
ta in causa quando c’è da discutere su questi temi, i quali sono di diffi-
ia
cile comprensione non solo per il cittadino ma spesso anche per lo
stesso giornalista.
op
ciamo Bene, Occhio alla spesa (tutti nel palinsesto della Rai) cercano
lan
ici
sorgere per i consumatori nelle varie città (orari dei negozi non rispet-
tati, l’aumento dei prezzi nei supermercati, la spazzatura che non vie-
em
ne raccolta) influiscono direttamente nella vita quotidiana delle perso-
ne e spesso «diventano occasioni di battaglie che sono molto più effi-
ad
caci e molto più visibili di quelle nazionali»15.
Come si può notare anche nel caso dell’agenzia online, le associa-
cc
zioni dei consumatori sono anche molto attente a mantenere una solida
ia
comunicazione con il cittadino attraverso l’utilizzo di Internet. Tutte le
associazioni hanno un proprio sito all’interno del quale il consumatore
op
mettere in atto una partecipazione alla cosa pubblica che parta dal bas-
so garantendo un elevato grado di coinvolgimento del consumatore e
r
Ma
del cittadino.
Un altro strumento di comunicazione molto importante risulta es-
sere quello delle pubblicazioni, siano esse redatte sotto forma di fogli
do
ici
dal pane alla pasta, dalle uova ai formaggi – partendo appunto dalla
lettura delle informazioni contenute nelle etichette.
em
ad
7.5 Conclusioni
venuti all’interno della società italiana; così come è avvenuto e sta av-
venendo nelle altre società industriali avanzate. Come abbiamo visto
r
Ma
ici
to questo si può più semplicemente racchiudere in una più ampia at-
tenzione e vicinanza nei confronti del consumatore. Di certo andrebbe
em
valutata caso per caso l’effettiva onestà delle imprese che dimostrano
una sorta di sensibilizzazione verso determinati temi, ma il fatto che le
ad
issue storicamente portate avanti dalla comunicazione sociale dell’as-
sociazionismo civico vengano veicolate anche da entità produttive che
si basano sulle leggi del profitto, rappresenta comunque un notevole
cc
ia
traguardo raggiunto, insieme ad altri fattori, dalle attività del movi-
mento consumerista.
op
della società nei confronti della materia consumerista, una materia che
si fonda sull’associazionismo; su un mondo che avrebbe ancora molte
battaglie da sostenere.
Proprio considerando le lotte che l’associazionismo consumerista
deve ancora combattere, c’è un altro aspetto che merita un approfon-
dimento critico: si tratta dell’efficacia della comunicazione messa in
campo dalle associazioni.
ici
Se da una parte è vero che nel corso degli anni le associazioni
hanno migliorato le loro azioni di comunicazione, riuscendo a creare
em
campagne di informazione abbastanza efficaci o implementando in
maniera sensibile la qualità dei propri siti Internet, è anche vero che ci
ad
sono molte fasce della popolazione che ancora oggi non posseggono le
cognizioni di base per tutelarsi preventivamente, e che forse non sono
cc
nemmeno a conoscenza del lavoro che viene svolto dalle associazioni.
ia
Inoltre, ancora più importante, l’obiettivo che queste perseguono è
rappresentato non solo dal miglioramento dell’informazione consume-
op
ici
em
ad
cc
ia
op
sc
er
-p
r ini
Ma
do
lan
Ro
214
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
ici
Appadurai A. (1986), «Introduction: Commodities and Politics of Value», in
em
Id. (a cura di), The Social Life of Things. Commodities in Cultural Pers-
pectives, Cambridge University Press, Cambridge.
Bauman Z. (2007), Consumerism Life, Politi Press, Cambridge, tr. it. Consu-
ad
mo, dunque sono, Laterza, Roma-Bari 2008.
Carson R. (1962), Silent Spring, Houghton Mifflin, Boston, tr. it. Primavera
cc
silenziosa, Feltrinelli, Milano 1963. ia
Codeluppi V. (1992), I consumatori. Storia, tendenze, modelli, Franco Angeli,
Milano.
op
logna 2006.
Leonini L., Sassatelli R. (a cura di) (2008), Il consumo critico, Laterza, Ro-
er
ma-Bari.
Marcuse H. (1964), One Dimensional Man, Routledge & Kegan Paul, Lon-
-p