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La musica greca

La musica nel mondo greco e nella cultura greca ha avuto un'importanza fondamentale,
dimostrata dal fatto che era legata ad ogni momento della vita quotidiana, dai matrimoni,
ai riti di iniziazione, ai riti religiosi in onore di Apollo e di Dioniso (che erano le due divinità
fondamentali del mondo greco), ai riti comuni, alle intese politiche e ognuna di queste
circostanze era collegata ad un canto specifico. Innanzitutto nel mondo greco il termine
"musica" non aveva lo stesso significato odierno (l'arte del suono) ma "arte delle Muse" in
modo particolare Euterpe, la musa della musica, che lavorava in stretta sintonia anche con
il testo e la coreografia che poteva essere o una coreografia danzata o anche
drammatizzata. Ogni rappresentazione e ogni momento musicale era legato al "ic et
munche" cioè al momento e al luogo esatto in cui avveniva, la circostanza precisa in cui
essa aveva luogo.

Sappiamo ce la musica era ritenuta tra gli insegnamenti principali, a partire soprattutto dal
"giovane guerriero". Nel mondo greco i giovani venivano istruiti soprattutto alla guerra e
quindi le materie fondamentali per la formazione del giovane erano la ginnastica, la musica
e l'astronomia. Quindi la musica aveva un valore educativo non indifferente: serviva a
formare l'individuo. Alla musica veniva attribuito anche un valore giuridico: basta pensare
che Platone, nelle sue Leggi, asserisce in un certo momento che il rispetto dei nomoi (delle
melodie regionali che rispondevano a delle regole precise), dunque il rispetto delle regole
musicali, significava il rispetto delle leggi dello stato. Lo studente, il giovane, l'uomo che sa
cantare bene, riesce a vivere bene in società.

Ciò nonostante, noi possediamo pochissimi reperti musicali. Mentre abbiamo


testimonianze della cultura greca, che arrivano al 2000 a.C. (abbiamo per esempio una
fonte iconografica che è un vasetto nel quale è rappresentato un autore di aulos che
accompagna un ballerino, che risale al 2000 a.C.) ma non abbiamo reperti musicali. Gli
unici frammenti di musica che noi possediamo, appartengono ad un periodo molto tardo
della cultura greca, dal terzo, secondo e primo secolo a.C. ovvero che risalgono al periodo
della decadenza (periodo ellenistico caratterizzato dall'invasione romana) nel quale il
mondo greco perde la sua centralità.

Allora ci si domanda: come mai, a fronte di testimonianze letterarie anche antichissime


(es. i poemi omerici), a fronte di fonti filosofiche anch'esse molto antiche che ci parlano
della musica, a fronte di reperti archeologici che ci parlano della presenza della musica
nella vita quotidiana in Grecia già nel 2000 a.C.; come mai noi possediamo cosi pochi
reperti di musica, cosi pochi spartiti? PERCHE' ERANO DI TRADIZIONE ORALE.
Essendo di tradizione orale, rispondeva a tutti quei requisiti dell'oralità (il canto doveva
essere legato ad una funzione specifica: i funerali, i riti d'iniziazione, le contese politiche...)
e l'idea della musica come divertimento non era affatto pensabile e concepibile.

Periodi dell'età classica:

1. età arcaica (fino al VII secolo a.C.)


2. periodo classico fino al IV secolo a.C. e parallelo ad un evento politico importante, la
nascita della CITTA'-STATO, la Polis. Cosa cambia la polis? C'è una sorta di
accentramento nelle città principali delle forme di governo, della lingue, della
religione e anche delle espressioni artistiche perché precedentemente la Grecia era
divisa in colonie molto distanti fra loro, e in ognuna di queste colonie, che
arrivavano fino ai confini con la Georgia, c'era una cultura diversa. Con la nascita
della polis c'è un accentramento: aumentano innanzitutto le occasioni di incontro, e
soprattutto viene unificata la lingua, la lingua greca diffusa in tutte le colonie, dove
prima dominavano i Barbari, ovvero coloro che balbettavano.
Nietzsche, un filoso tedesco, ci dice che la grandezza del popolo greco è stata quella
che lui definisce "metafisica", ovvero quella di coniugare due realtà tra loro molto
distanti: il dio Apollo (dio della guerra, dio del sole..) e Dioniso (che veniva dall'Asia
minore, dio barbaro e espressione dell'ebbrezza).
3. periodo ellenistico che andava dal III secolo a.C.

Fino a tutto il IV secolo a.C. la musica si tramandava in modo orale. Infatti i primi reperti
musicali, i più antichi frammenti musicali di cultura greca, li abbiamo dal III secolo a.C.

Come nasce la scrittura? Perché nasce la scrittura? Perché nasce proprio in un periodo in
cui la musica stava perdendo la sua funzione principale? Nasce, per opera di alcuni teorici e
della tragedia di Euripide, e si applica la cosiddetta forma di Timoteo. Lui stabilisce che dal
momento che la musica ha il potere di suscitare stati d'animo, se io utilizzo diverse
melodie, posso realizzare, in un teatro, diversi stati d'animo. Per cui si cominciano a
scrivere tragedie che non rispettano più la tradizione ma che sono create
sull'accostamento di diverse culture e tradizioni diverse e quindi non si può più ricorrere
alla memoria bensì all'utilizzo della scrittura ( la stessa cosa succederà con il canto gallicano
e il canto romano).

Tanto era importante la musica che nella cultura Grecia si stabilisce la cosiddetta Teoria
dell'Ethos (teoria degli stati d'animo e dell'etica) in base alla quale ogni musica aveva il
potere di suscitare diversi stati d'animo. Per cui quando si doveva educare il giovane
guerriero, era necessario adottare solo un certo tipo di musica, non altra che era
assolutamente vietata nell'educazione in quanto suscitava stati d'animo negativi. Questa
teoria dell'ethos trova le sue prime basi nella filosofia di Pitagora che basa tutte le sue
teorie sul numero. Lui studia la musica da un punto di vista acustico: il primo che si pone il
problema di indagare i rapporti intervallari e si mette a studiare il monocordo cioè una
semplice corda distesa su un cavalletto che funge da cassa di risonanza e scopre che
utilizzando alcuni rapporti numerici, si hanno dei suoni diversi (ad esempio se divide la
corda a metà, ottiene l'ottava, divide la corda a 2/3 ottiene la quinta e se la divide a 4/3 la
quarta) e scopre i principi iniziali dei suoni armonici. Il suono non è mai puro e contiene
all'interno una gamma di 17 suoni armonici (DO-DO8-SOL-DO-MI-SOL...). Pitagora riesce a
scoprire i primi tre suoni studiando sul monocordo e quindi stabilisce una sua filosofia del
NUMERO e stabilisce che se ad ogni suono corrisponde un numero, ad ogni numero
corrisponde un movimento dei pianeti corrisponde un numero e uno stato d'animo, anche
ai numeri corrisponde uno stato d'animo. Per cui crea queste teoria dell'Ethos che ha
governato tutto il mondo greco ed è stata poi ripresa.

Nel periodo arcaico le melodie non avevano ancora una classificazione e si chiamavano
nomoi (nomos in greco significa legge), e si differenziavano da paese a paese. Soltanto nel
VII secolo (passaggio di età) un musicista della scuola di Sparta (dove c'era un'importante
scuola di formazione musicale che aveva dato alla musica un valore paideutico, imitativo)
Terpandro, si dice che NORMALIZZA I NOMOI ovvero da una norma e attribuisce loro un
nome (dunque il Nomos che si fa nella Grecia centrale si chiamerà Dorico, quello in Asia
minore Frigio...). Inoltre Terpando è colui che ha aumentato il numero delle corde della
cetra, strumento per eccellenza del mondo greco e strumento di Apollo. Inizialmente era
formata da 4 corde, con Terpandro arrivano a 7 e infine 11. L'altro strumento
fondamentale era l'aulos, strumento ad ancia semplice, legato al dio Dioniso.

Questi nomoi, una volta normalizzati, vanno a costruire una sorta di teoria musicale cosi
l'unione di più nomoi formavano le armonie.

Quando si parla di ARMONIA nel mondo greco, non si fa riferimento alla sovrapposizione
dei suoni, bensì alla loro altezza. Il ritmo, la dinamica, i caratteri esecutivi e le circostanze
dove venivano eseguiti erano gli elementi che caratterizzavano l'armonia.

Nel periodo classico c'è la fioritura della maggior parte della produzione legata alla musica
sia solistica e corale che era di vario tipo. I più diffusi erano gli Inni che erano gli Inni minori
di Apollo, poi c'erano i Trenoi (threnos - canto funebre), gli Epitalami, i Partelemi...
In questo periodo si diffonde anche un canto legato alla divinità di Dioniso, il Ditirambo che
assume un'importanza rilevante perché da questo ne deriva la nostra Opera, l'opera lirica.

Il Ditirambo era un rito in onore di Dioniso al quale si dedicavano dei riti di fertilità che
avvenivano attraverso una ritualità molto accesa, molto demoniaca perché un sacerdote
disponeva su un'ARA, un altare, un capro (capretto) che serviva per espiare i peccati
dell'uomo. I partecipanti al rito, in maniera frenetica, operavano un giro strofico e
antistrofico intorno a quest'ara in maniera sfrenata e forte, con uso di alcol e oppiacei, con
l'accompagnamento di strumenti dal suono stridulo, ed entravano in trans, perdevano la
propria personalità ed acquisivano quella del dio.

Intorno al V secolo, sotto il tiranno Pisistrato ci sono le "Dionisie urbane", ovvero delle
feste, delle gare pubbliche di tiranni. Questo rito che aveva una valenza sacra, viene
laicizzato e le figure che prendono parte a questo rito, vengono in qualche modo
teatralizzate. Per cui il sacerdote diventa un attore e l'assemblea diventa il coro.

Dalle Dionise Urbane nasce la prima tragedia: tragedia TERRASTRADOS o CANTO DEL
CAPRO (che fa riferimento al capro espiatorio donato in onore di Dioniso) e diventa una
vera e proprio rappresentazione teatrale, realizzato all'interno dei teatri che vengono
costruiti proprio nel periodo classico.

Le tragedie venivano rappresentate una dopo l'altra (tre in un giorno) e queste "gare
tragediografe" (Dionise Urbane) duravano due o tre giorni: il primo giorno venivano
rappresentate 3 tragedie dalla mattina al tramonto, il secondo giorno c'era una commedia
e un dramma satiresco. Per cui questo rito, originariamente sacro, diventa uno spettacolo,
viene laicizzato dove il sacerdote viene sostituito dall'attore, il quale, per poter amplificare
la propria voce, e per dar modo a chi è lontano di vedere l'espressione del volto, indossa
delle maschere e vestivano i famosi "coturni" (dei grandissimi calzari per rialzare le figure =
tipo trampoli)

I tre grandi tragediografi dei periodo classico sono:


- Eschilo, colui che rimane più legato alla tradizione. Rispetta innanzitutto le melodie che
devono essere utilizzate, la presenza di un attore (anche se poi ne aggiungerà un altro) che
dialoga con il coro al quale dà molta importanza. Ma soprattutto, Eschilo è colui che da al
dramma la sua origine sacra perché, utilizzando degli argomenti, che erano molto vicini alla
vita pubblica, permetteva l'immedesimazione e lo spettatore si identifica con il coro.
I momenti della tragedia sono dati dal movimento del coro: 1) Parodo: il coro entra
cantando nella scena; 2) Stasili: il coro è fermo nella scena e dialoga con gli attori;
3) Esodo: il coro canta uscendo dalla scena.
- Sofocle da sempre più importanza alla drammatizzazione dei personaggi e il coro, che
prima era personaggio, funge un po' da commento. Gli attori diventano due o tre e dunque
il dramma non è più formato dal dialogo sacerdote-assemblea (attore-coro) bensì tra gli
attori e dunque il coro comincia a perdere la sua funzione e a fungere da commento.
- Euripide introduce tre importanti novità: 1) Introduce un prologo dove una figura
allegorica (anche solo un personaggio del dramma) presenta al pubblico gli antefatti e
quello che sta per accadere quindi lo prepara psicologicamente ed essendo ormai
preparato non riesce più ad immedesimarsi perfettamente perché già sa quello che sta per
accadere e lavora di raziocinio. 2) Introduce il Deus ex magna, una divinità superiore che
interviene a risolvere i casi umani, la tragedia umana. 3) Adotta la riforma di Timoteo:
distingue i metri dai ritmi (il metro è la ritmica del testo mentre il ritmo è quello della
musica) dunque la musica segue un percorso diverso dalla poesia. Seconda cosa egli
introduce la cosiddetta musica mimetica mimesi (imitazione), la musica imita la realtà
attraverso musiche diverse e a questo punto si rende necessaria una scrittura musicale
(perché tutto questo non era previsto nella tradizione).

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