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Maddalena Murari Matricola 1000938

Un folletto dei boschi veneti


El Mazaròl

Ass. al Mazarol & La Via dei Mulini - Cison di Valmarino(TV) Tel.Fax.Segr. 0438.58999
http://www.mazarol.it | e-mail mazarol@libero.it

Indice
Introduzione e parte etnografica p. 2
Parte fotografica p. 3
Elenco delle immagini correlate da didascalie (nome dei luoghi analizzati)
Toponimi
Opere artistiche legate alla leggenda del Mazarol

Parte culturale p. 9
Opere letterarie legate alla leggenda del Mazarol
Piccoli racconti
Poesie
Appendice: Trascrizione delle interviste effettuate p.

Introduzione

Breve introduzione: caratteri generali dell’oggetto analizzato, punti principali del lavoro, fasi e
tempi della ricerca
Parte etnografica: descrizione del lavoro sul campo (dati sugli informatori, chi erano, quanti erano,
età media, come hanno reagito alle interviste ecc..), problemi incontrati sul campo
Parte fotografica:
Elenco delle immagini correlate da didascalie (nome dei luoghi analizzati)
Opere artistiche legate alla leggenda del Mazarol
Opere Letterarie legate alla leggenda del Mazarol
Piccoli racconti
Poesie
Appendice: trascrizione dell’intervista effettuata

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INTRODUZIONE

Ho scelto di dedicare la mia ricerca ad un folletto dei boschi veneti, el Mazarol. Il Mazarol è un
folletto presente in molte leggende dolomitiche e si racconta che sia un grande esperto di natura e di
montagna, e che proprio lui abbia insegnato ai montanari come trasformare il latte in formaggio,
ricotta e burro. Ma il Mazarol, volubile e burlone come tutti i folletti, spesso si diverte a fare scherzi
a chi va in montagna, il più famoso è quello che fa con le sue “péche”, le impronte invisibili che
fanno perdere nei boschi chi ci mette inavvertitamente sopra un piede.
Le tradizioni e le credenze connesse a questo particolare folletto mischiano caratteristiche
universali, il Mazarol può essere confrontato al folletto Puck del Sogno di una notte di mezza estate
ed una leggenda Amazzonica parla del folletto Duende che come il mazarol è vestito di rosso, con
caratteristiche particolari legate all’ambiente rurale e montanaro veneto. Nella versione rurale, il
Mazarol è un folletto che si nasconde nelle stalle ed il malcapitato che vi entra quando lui è presente
rischia di rimanere pietrificato. In altri racconti il Mazarol è simile all’orco, il babau, è uno
stratagemma dei genitori per impedire ai ragazzi e alle ragazze di uscire la sera.

Relativamente alla parte etnografica, ho scelto di intervistare due persone:


una signora anziana, residente nel paesino di Vignui, di anni 82, la quale mi ha raccontato
interessanti particolari della sua vita di quando era bambina e di come la vita di tutti i giorni fosse
legata a queste credenze dell’immaginario: il Mazarol, l’uomo fantasma, la suora di pietra
La seconda intervista ho deciso di farla ad una guida alpina, la signora Flora, della Cooperativa El
Mazarol. Gli ho chiesto perché avessero deciso di intitolare la loro associazione al folletto e di
raccontarmi qualche particolare da una punto di vista più staccato e magari più scientifico di queste
tradizioni.

Relativamente alla parte fotografica, si è incentrata su alcune valli che recano testimonianza del
passaggio di questo folletto ed in particolare:
La Val Canzoi
La Val di San Martino

A completamento della parte fotografica naturalistica, ho voluto aggiungere alcune opere artistiche
e letterarie legate alla leggenda del Mazarol, nonché due piccoli racconti, due poesie e le immagini
tratte da due feste popolari che si sono svolte nel 2011 in cui il Mazarol figurava tra i protagonisti.

In appendice, la trascrizione delle interviste effettuate.

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Vignui di Feltre
Vignui, in comune di Feltre, si raggiunge facilmente da Feltre per la provinciale pedemontana di
Cesiomaggiore. Poco dopo Foèn, attenzione cartello poco visibile verso sinistra, si stacca una strada
che sale rapidamente a Vignui (m.550). Circa 6 km. da Feltre.
Qui si può giungere anche da Pedavena per la provinciale di Pren. Dalla piana verso Pren a poche
centinaia di metri dal paese, sulla destra (nord) si stacca una stradina asfaltata. Dopo poche decine
di metri si dirama un'altra stradina (destra)(piccolo cartello indicante Chiesetta di San Martino - Val
S.Martin). La stradina è strettissima e a malapena ci passa un'automobile, si prosegue ancora
entrando nel bosco dove la stradina diviene sterrata e a tratti col fondo malmesso.
Si giunge alla chiesetta di San Martino e proseguendo ancora per qualche chilometro al
piccolissimo parcheggio nei pressi di un ponticello dove la stradina è vietata al traffico (m.600).
Naturalmente, e la cosa è consigliabile, si può parcheggiare in paese e percorrere i 5 km. di stradina
a piedi.

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VAL CANZOI

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La conca del Forame e Cima Inferno - Fate e Mazzariol

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Toponimi legati alla leggenda del Mazarol

Cison di Valmarino La corte del Mazarol

Gosaldo – Frazione El Mazarol

Co te é pers dal Mazzarol, voltete 'na manega

Quando il Mazzarol ti fa perdere l'orientamento, voltati una manica

In prossimità della piccola frazione di Bareda troviamo il troi dei Mazarol, un ripido sentiero,
dove gli avvistamenti di questo folletto che faceva perdere nel bosco, erano particolarmente
frequenti. Una peculiarità del Mazarol di Revine era quella di essere sposato con Bio, donna
alquanto esigente e scarsamente propensa a perdonare al marito scherzi e malefatte.

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OPERE ARTISTICHE LEGATE ALLA LEGGENDA DEL MAZAROL

Leggende nel Comune di Siror (Fiera di Primiero) El Mazarol – Roberto Merotto 2010
La Festa de la Dorc (14 Luglio 2010) coincide con la realizzazione e presentazione di un'opera
lignea nell'ambito dell'iniziativa “La leggenda racconta che...”. tradizioni legate alla fienagione 14
Luglio Il "rito" del taglio del fieno

EL MAZAROL
Ubicazione: Fratta di Tarzo
in “basso aea caetta” – Casa Baldassar Alex
Autore: Walter Bernardi - Anno di realizzazione 2008
Tecnica pittorica: Dipinto realizzato con tempera acrilica

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OPERE LETTERARIE LEGATE ALLA LEGGENDA DEL MAZAROL

Piccoli racconti

IL MAZARIOL, FOLLETTO PROTETTORE DELLA SINISTRA PIAVE

A bordo di una zattera lungo il fiume

Secondo antiche leggende il Mazzariol era un folletto molto piccolo che viveva nei boschi dentro le
grave del Piave. Egli era molto legato alla sua terra e la difendeva da coloro che la mettevano in
pericolo.
Nell’anno 452 i contadini delle campagne scorsero all’orizzonte delle sagome nere: erano gli Unni
guidati da Attila che venivano a conquistare Opitergium. Il Mazzariol, venutolo a sapere, pensò di
fermare i barbari usando tutti i suoi poteri. Mentre gli Unni dormivano nei loro accampamenti,
senza farsi vedere, mise in atto molti dei suoi leggendari scherzi: rovesciò i pentoloni della
minestra, soffiò sul fuoco par incendiare le pelli con cui i soldati si coprivano, tirò loro i capelli e
impiastricciò le barbe con il vischio. Per finire, legò le code e i crini dei cavalli ed aspettò,
sogghignando, il mattino seguente.
Gli Unni, dopo la notte tormentata, si prepararono per attaccare Oderzo, ma, montando in sella ai
cavalli, si accorsero del sinistro scherzo. Tagliarono le code agli animali per partire all’attacco, ma
non sapevano che mai si deve tagliare ciò che il Mazzariol unisce, così i cavalli cominciarono a
sbandare qua e là, storditi e senza forza. Non riuscendo a spiegarsi l’accaduto, gli Unni scapparono,
lasciando Attila solo e umiliato. Opitergium, secondo questa leggenda, fu salvata dal Mazzariol. Da
allora il Mazzariol è amato e rispettato in tutti i paesi della Sinistra Piave. Si dice che nelle notti di
luna piena lo si possa ancora vedere a bordo di una zattera lungo il fiume. Egli passa dicendo a chi
incontra: ”Salve, io sono il Mazzariol che sconfisse Attila, il flagello di Dio”.

Leggenda della Val Canzoi

Nei tempi antichi viveva, nei boschi più fitti e inaccessibili e nelle vallate più impervie come quella
della Val Canzoi, un omino piccolo come un folletto, chiamato al Mazarol.
Era vestito tutto di rosso, compreso il cappuccio e le scarpe a punta, aveva barba e capelli lunghi e
aggrovigliati ed un viso grinzoso e dispettoso. Abitava in ampi covoli ed era così schivo che si
teneva lontano da ogni contatto con l'uomo. Una brutta avventura correva colui che
inavvertitamente posava il piede dove al Mazarol aveva lasciato le sue pèche (orme); il malcapitato
era costretto per magia a seguirle e a perdersi per qualche giorno nei luoghi più remoti.
Al Mazarol possedeva straordinarie conoscenze come pastore e come malgaro, egli curava le sue
bestie, capre, pecore e bovini, in modo esemplare; le nutriva e le portava al pascolo, facendole
crescere a vista d'occhio. Si racconta che, incuriositi da tanta riservatezza e da tutte quelle
prerogative, alcuni giovani di paese si appostarono lungo i sentieri dove al Mazarol era solito
passare e, avvistatolo, lo seguirono di soppiatto. Sulle sue tracce arrivarono al gran covolo dove
abitava e rimasero nascosti in silenzio. Videro allora che al Mazarol mungeva il latte delle sue
bestie e lo versava in larghe scodelle di legno a fondo piatto, dopo un periodo di riposo, scremava il
latte e con la panna versata nella pigna o nel burcio, faceva il burro.
Successivamente egli scaldava il latte scremato in una cagliera di rame e poi, toltolo dal fuoco, vi
aggiungeva il caglio per far coagulare il latte; lo lasciava raffreddare, rompeva la cagliata e,
riscaldatolo nuovamente ad una temperatura più alta, otteneva una massa immersa nel latticello. Al
Mazarol la raccoglieva con una tela di canapa e la riponeva in uno stampo di legno entro cui la
comprimeva... aveva fatto il formaggio! L'ingegnoso folletto prendeva poi il latticello e lo bolliva
facendolo nuovamente cagliare per mezzo di un miscuglio di siero e di latte lasciato acidificare...

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aveva ottenuto la puina (ricotta, cioè cotta due volte). A questo punto gli abitanti del villaggio che
non conoscevano ancora le tecniche per produrre il burro, il formaggio e la ricotta, non seppero
trattenersi dal manifestare il loro stupore ed uscirono vocianti dal loro nascondiglio. Al Mazarol,
indispettito per esser stato spiato li riprese dicendo: " Sciocchi! ...troppo presto vi siete rivelati, se
aveste avuto un po' di pazienza, avreste potuto vedere che, dopo la ricotta, con i residui del latte, si
possono ottenere ancora prodotti utili, come la cera!".Con queste nuove importanti conoscenze, ma
con il rimpianto di aver in parte perduto un'occasione irripetibile, i giovani tornarono al villaggio.

Le burle del Massariol


Tratto da “Leggende popolari e racconti popolari del Veneto” di Dino Coltro

Una volta c’era una donna sposata con tre figli. L’ultimo aveva pochi mesi e succhiava ancora il
latte.
Il marito lavorava di notte e doveva fare molta strada. Una notte d’inverno, con un freddo che
tagliava la faccia, camminava con il tabarro sugli occhi quando sente un pianto di bambino:
“Oah, oah, oah…”.
Si guarda intorno, cerca di scrutare dentro quel buio e riesce a vedere una sporta appoggiata a una
pianta. Si avvicina, l’apre scopre un bel bambino.
Torna a casa e dice alla moglie:
“Guarda cosa ho trovato per strada!”.
La donna vedendo il bambino si spaventa:
“ne abbiamo già tre… Come faremo… Con il salario che prendi!”.
“non preoccuparti”, rispose il marito. “Vedrai che il cielo ci aiuterà. Quando allati il nostro piccolo,
ne darai anche a questo poverino”.
La moglie prende la creatura, la lava, la fascia, le dà il latte, poi la mette in culla accanto al suo
bambino.
La mattina dopo, quando il marito torna dal lavoro le chiede:
“hai dato da mangiare al trovatello?”.
“Sì, vieni a vederlo”
Accompagna il marito alla culla, la scopre….
C’è un bambino soltanto! Dell’altro ci sono le fasce sparse per terra…
Si guardano in faccia, non sanno cosa pensare, stupiti e con un po’ di paura dentro.
Improvvisamente sentono una risata.
“Aah, aah, ve l’ho fatta! Ve l’ho fatta!”
Guardano da dove provengono quelle parole e vedono che il vento si porta via la creatura che pare
un uomo e un uomo non è; pare un bambino e ambino non è.
“Aah, aah, ve l’ho fatta”, e lo strano personaggio di mette a cantare allegramente.
Allora capirono che quello era il Massariol, il folletto matto sempre in giro a combinare scherzi.

Poesie

EL MASSARIOL di Ary Vidal


Racontava me pora nona
De un ometo, vestio de rosso,
Arquanti se ga spaventà,
A sti ani fazea tanto ciasso.
Se intanava in montagna
Dedrio dei boce, coreva,
Massa tosati i ga perso la tramontana
Par via dela bruta ghigna che el gaveva.

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La so moratura gera ntela cavernaI tusi del massariol i gaveva tanta paura,
El pareva un sercantin meso strassolà,
Un confusioner, piaseva de far barufa.
Piaseva anca de ndar in stala,
El ghe ingropava le grene dei cavai,
Anca le coe dele bèstie el ghe ligava,
Le bèstie le restava in tananai.
Da quel tempo sol resta ricordassion, On mùcio de robe i ga scambià,
Poco se parla de quel intrigon,
Che tanta gente el ga tormentà.

Al Mazariol – poesia di Davide Camerin


Torna prima de sera se bén te ne vól
torna prima de nòt, fòra l’é ‘l Mazariól
Torna prima de sera se bén te me vól
torna casa bonóra che fòra l’é ‘l diól
Rénto in te ‘e ziése lu ‘l sta bén scondést
‘l ciapa tosàt e tóse e li méte in te un zést
rénto in te ‘e ziése lu ‘l sta bén scondést
rénto in te tute ‘e ziése lu ‘l sta bén scondést
‘tenta ‘l Mazariól
Fòra co’ ‘l to morós sta pur via tut al dì
fòra l’é fòra ‘l sól e contenta son mi
fòra l’é fòra ‘l sol e anca ‘l diàvol al dorme
co’ ’l scuro ‘l te vànta che no te te incòrde
‘tenta ‘l Mazariól
À ‘a sagra to pare no ‘l voéa farte ‘ndar
che i dóveni ‘l dì de inquó no i à altro da far
che i dóveni ‘l dì de inquó no i sta fermi co ‘e man
A Vódega to pare no ‘l voéa farte ‘ndar
‘tenta ‘l Mazariól

Feste popolari in cui viene riproposta la figura del Mazarol


Sagra a Digoman di Voltago Agordino (BL)
Festa della Madonna del Carmine
(15 Luglio): "el Mazarol".

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PALIO DI FELTRE (BL) - 6 AGOSTO 2011

Il MAZAROL, folletto multiforme, grande, piccolo, sotto forma di volpe o di faggio, di rosso fuoco
vestito, pronto allo scherzo irriverente, capace di far perdere nei boschi con le sue magiche
impronte invisibili.

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Appendice: trascrizione dell’intervista effettuata
Com’era la vita di quando era bambina?
Si mangiava come si poteva, tutti si facevano grande economia. Si mangiava la polenta, la sera un
po’ di formaggio, minestra di latte. Si faceva il burro con la pigna. Quando il nonno non ci vedeva
si faceva così sull’asse e si mangiava la panna, ma quando il nonno non vedeva. A ora dei campi si
doveva esser qua aiutare mio papà, lavorare i campi e lavorare il prato si andava su che c’era le
malghe per pascolare le bestie l’estate per tre mesi noi. Quelli meno fortunati dovevano star su fin
che veniva la neve, perché avevano meno prati giù
Se c’era la neve, eravamo tutti contenti perché prima di tutto non si andava a scuola perché le strade
erano chiuse, una,
Come trascorrevate il tempo?
Non so, far una partita a carte, però mia mamma era terribile anche quando era brutto d’inverno ci
faceva alzare: “Fatevi un orlo a giorno, fatevi una lenzuola perché vi sarà utile”.

Quando mi era tosetta me nonno me facea i zoccoli andare a scola non era ragazzi con le scarpe
all’epoca.
L’inverno il nonno e il papa mio me facea i zoccoli de legn.
Noi a casa nostra eravamo in 16 componenti della famiglia e il nonno ci prendeva tutti e ci portava
nella stalla tutti con il nostro sgabello di legno e ci sedeva tutti attorno, lui in mezzo e noi tutti
intorno e là quando arrivavano quelli più grandi, il papà, la mamma gli zii più vecchi, allora lui ci
faceva recitare il rosario.

Ha mai sentito parlare del Mazarol?


Sì, bisognava andare a dormire verso le 11, le 9 le 10 le 11, non a mezzanotte perché passava il
mazzarol a mezzanotte da drio inca la stala el passava e magari se portava via le giovani, le donne
portava via le donne se le portava nella valle di Vignui le pigliava piccole poi le portava via su in
montagna. Non erano più donne non potevano più ritornare indietro quando che se le portava lui
sulla valle. E non si poteva star su dopo mezzanotte star fuori con i ragazzi che ti baciavano così sul
cortivo non si poteva, perché lui passava ogni tanto al suo orario e se le portava sulla valle e non
ritornavano più indietro
Dar su sulla pecca del mazarol – si tu montea su dove che lu gaveva messo la scarpa ti non te tornea
più indrio Anche se non ti vedea el te tochea proseguire sulla valle e seguire dove ti portea.

Conosce qualche altra storia che le raccontavano quando era bambina?


Mi ricordo che quando che si avvicinavano sulla strada del cimitero sentivano sempre alle 11,
mezzanotte, una voce che diceva: Dove el pole?, Dove el pole? Dove el pole? (Dove lo metto Dove
lo metto?)
Allora loro cominciavano a camminare di corsa venivano a casa perché avevano paura.
Una volta tra i quali è passato uno sposo che si chiamava Piero Esca, che abitava dietro di noi.
E ritornava a casa e quando che è passato vicino al cimitero sentiva ancora questa voce che diceva
“Dove el pole? Dove el pole?” e lu sa girà “Ma mettele dove che te la tolt! finiscila de osar (gridare)
così forte di notte!” e questo ga risposto: “Grazie tanto perché sono cento anni che chiedo a
qualcheduno dove metterlo questo affar che ho sulle mani”.
E quello era il termine, un pezzo di sasso, che l’aveva rubato questo morto 100 anni prima, l’aveva
rubato da una parte e l’aveva messo dall’altra per avere più terreno.
E questo el ga dit mettelo dove che te l’ha tolt
E questo lo ha ringraziato “Grazie perché da 100 anni facevo questa domanda”.

Ah, poi mio nonno mi raccontava che quando arrivarono i barbari arrivarono nella vecchia Feltre su
un convento dove c’erano delle suore. Lì le hanno fatto di tutti i colori, una suora é riuscita a

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scappare e andata su a piedi per Croce Daunee per le vette. E’ venuta fino alla Val di Lamen ha
guardato giù Feltre, ha visto tutto che bruciava e dalla commozione si è pietrificata.

la caggera col lat e dopo se parea via e si faceva scaldare


la sora c’era la seccarola non so come se dise in italiano. Se metteva la ricotta e affumicarla.
cosse ache la se comprea noi la pasta el riso el succaro

non c’era elettricità non si poteva far fuoco nella stufa perché quella poca che c’era non si poteva
permetterci di farsi le stelle, solo una scaldata così ti scaldavi davanti però di dietro ti gelavi

Come mai questo luogo è legato ad un essere fantastico

Collocare l’oggetto nella contemporaneità


Come queste figure dell’immaginario sono percepite? qual’ è il loro impatto sul territorio?

Intervista alla Signora Flora della Cooperativa El Mazarol di Cesiomaggiore


Perché avete deciso di chiamare vostra Cooperativa di guide alpine in questo modo?
Non è stato un caso, ma una scleta deliberata. Ci siamo ispirati alla leggenda che fa perdere in
montagna. In maniera ironica vogliamo riproporre l’idea di far perdere la gente con le nostre
escursioni, perdersi nei boschi.
La leggenda del Mazarol appartiene principalmente alla Val Canzoi o si può dare una più
ampia collocazione?
Il Mazarol è tipico in tutte le Dolomiti, appare in tantissime culture, cambia nome, Comparettul,
Salvaneo, ho trovato una leggenda in Amazzonia del folletto Duende che è tutto vestito di rosso.

Quale può essere una spiegazione logica dei vari fatti legati a queste leggende?
E’ una spiegazione del fatto che la gente si perde nei boschi. Nel feltrino il mazarol ha la stessa
funzione dell’uomo selvatico, insegna a produrre la ricotta, i formaggi. In altre tradizioni il folletto
diventa cattivo, è un vero orco che rapisce i bambini.
Perché secondo lei è importante mantenere queste tradizioni? Non si rischia di alimentare la
superstizione?
Noo! Si tratta di elementi culturali fondamentali. Ci sono veri e propri toponimi, a Gosaldo c’è una
frazione che si chiama El Mazarol.
Cosa rappresenta per la gente di oggi il mazarol?
La maggior parte della gente non lo conosce ed è quindi curiosa di conoscere queste leggenda. Ci è
capitato che qualche anziano che partecipava alla nostre escursioni abbia detto di ricordarsi dei
racconti del mazarol.

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