“Solo è il presente, solo. E’ la memoria che erige il tempo. Successione e inganno. Il viaggio dell’orologio. Né l’anno è meno
vano della vana storia”. Jorge Luis Borges
L’ALTRO, LO STESSO
dietro il nome che non si nomina; / Oggi ho sentito gravitarne l’ombra / Nell’ego
azzurro, lucido e leggero / che teso sempre a un mare rassomiglia / insieme a un
orologio visto in sogno”, Sono presenti ne “L’altro, lo stesso” anche brani e versi
dedicati a poeti minori, a Matteo e Giovanni gli apostoli di Gesù, allo scrittore e
filosofo Gesuita seicentesco Baltasar Gracian, al corsaro inglese settecentesco
Alexander Selkirk, all’ex presidente argentino ottocentesco Sarmiento, ad un poeta
Sassone, ad un poeta minore nato nello stesso anno di Borges ossia nel 1899, ai più
famosi Edgar Allan Poe ed al filosofo Spinoza, fino allo scrittore spagnolo Rafael
Cansinos Assens contemporaneo dello stesso Borges. “Limiti” è una poesia sullo
spazio, sul tempo e sul dimenticare in cui Borges ad un certo punto si chiede: “se per
tutto c’è termine e c’è regola / E l’ultima volta e per sempre ed oblio. / Chi potrà
dirci a chi, in questa casa, / senza saperlo abbiamo detto addio?” e più avanti:
“credo udire nell’alba un frettoloso / Rumore, come gente che va via: / e’ quello che
m’ha amato ed obliato; / Già spazio, tempo, Borges mi abbandonano”. E i riferimenti
alla cultura ebraica di cui Borges era un profondo conoscitore non mancano, come ad
esempio in: “Golem” in cui per l’appunto l’attenzione è posta su questa figura
mitologica e cabalistica appunto il Golem, la materia informe, il primo Adamo. Ne:
“Il Tango” ritornano temi più terreni come ad esempio il ricordo delle zuffe e degli
omicidi dei “gauchos” che continuano a rivivere nei testi e nelle musiche di alcuni
tanghi. Infatti usando le parole dello stesso Borges: “C’è solo il tempo. Il tango crea
un confuso / Irreale passato, forse vero, / Un assurdo ricordo d’esser morto,
Battendomi, a un cantone del sobborgo”. Le riflessioni su Milton, su Cervantes e sul
ricordo che è l’unica cosa che rimane nel tempo ne: “L’Altro”. Ricordo o riflessione
che continua anche nella successiva meravigliosa: “Una rosa e Milton”. La poesia di
Borges si rivolge a se stesso ed indirettamente anche a noi suoi piccoli lettori ne:
“Lettori” in cui partendo da un vecchio titolo nobiliare l’hidalgo e da Cervantes
definisce la poesia così: “Ed è solo una cronaca di sogni” e più avanti: “Ho
seppellito, / Lo so, qualcosa d’immortale nell’ / Antica biblioteca del passato / in cui
lessi la storia dell’hidalgo. / I lenti fogli voglia un bimbo, grave / E sogna di cose
vaghe che ignora”. Ne “Il risveglio” invece racconta della luce che entra nel mattino
dalle finestre aperte e “le cose riprendono il posto” e più avanti: “E ritorna la
quotidiana storia: / La voce e il volto miei, timore e sorte” fino a sperare che “Se mi
portasse l’oblio quel mattino!”. In: “A chi non è più giovane” in cui come davanti ad
uno specchio, lo stesso poeta afferma: “La fine ormai t’è attorno. E questa casa / Ove
la sera lenta e breve, / E’ la strada che vedi tutti i giorni” . “Egli” in cui il poeta,
Borges stesso, si guarda allo specchio dell’anima e fraternizzando con Caino dice: “A
me l’eterno deve il gusto del fuoco dell’Inferno”. “Composizione scritta su un
esemplare delle gesta di Beowulf” in cui le gesta dell’eroe della mitologia
LucaniArt Magazine, settembre 2018
dinanzi ad uno specchio a noi suoi lettori, “a un tratto può sentire, mentre va per la
via / una misteriosa felicità / che non proviene dalla speranza / ma da un’antica
innocenza, / dall’intima radice o da un dio sperso”.
Borges era un appassionato di tanghi e di milonghe, infatti diceva: “Io direi che il
tango e la milonga esprimono in maniera diretta qualcosa che i poeti, molte volte,
hanno voluto fare con le parole: la convinzione che combattere può essere una
festa”. E questa raccolta di undici poesie intitolata “Per le sei corde” del 1965 è piena
di riferimenti al tango e soprattutto alla milonga, cioè alle sale in cui si balla il tango.
I protagonisti delle milonghe di Borges sono tutti “gauchos” o “compadritos” cioè
delinquenti e capo quartieri, gente incline alla rissa, attacca brighe dal coltello facile.
Gente povera che vive ai margini delle città argentine e che non ha saputo o non ha
voluto modernizzarsi nell’Argentina ottocentesca ed inizio novecentesca. Con il loro
linguaggio, il loro vestiario, le loro regole. Da un certo punto di vista somigliano ai
personaggi descritti da Pasolini nei suoi primi romanzi e nei suoi primi film, i
cosiddetti “sotto proletari” delle borgate romane de “Ragazzi di vita” o di “Una vita
violenta”. Le milonghe scritte da Borges e pubblicate nella raccolta “Per le sei
corde”sono come documenti di fatti di cronaca, delitti ed assassinii. Sei corde perché
sono immaginate come canzoni vere e proprie, infatti come dice lo stesso Borges nel
prologo: “Nel modesto caso delle mie milonghe, il lettore deve supplire la musica
assente con l’immagine di un uomo che canticchia, sulla soglia del suo androne o in
un emporio, accompagnandosi con la chitarra. La mano indugia sulle corde e le
parole contano meno degli accordi”. Nella “Milonga dei due fratelli” si narrano le
vicende dei due fratelli Iberra di cui uno ammazza l’altro ed è paragonato a Caino
che ammazzò Abele. Per Borges è bene ricordarlo che la storia si ripete sempre e con
piccole variazioni. . O nella “Milonga di Jacintho Chiclana” in cu Borges narra le
vicende di questo “gauchos” valoroso e valente. Nella “Milonga di don Nicanor
Paredes” il cui incipit è: “Ecco per un arpeggio e ora, / Se voi me lo permettete, /
Voglio cantare, signori, / Per Don Nicanor Paredes” che è un elogio alla valenza ed
allo sprezzante coraggio di questo “compadritos”, che camminava fiero nel quartiere
Palermo a Buenos Aires e che alla fine: “Ora egli è morto e mi dico: / Don Nicanor,
lei che farà / In un cielo senza cavalli / Né invito, rilancio e assi?”. La stessa fine di
Saverio Suarez detto il “Cileno” in: “Un coltello nel nord” che in vita ha commesso
innumerevoli omicidi. O il bullo de: “Il fantoccio” che muore con un proiettile nella
LucaniArt Magazine, settembre 2018
Mariano Lizzadro