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LA CULTURA DI MANZONI

Formata da diversi filoni:


● l’eredità civile dell'illuminismo lombardo di Parini, Beccaria e Verri che
avevano già rappresentato un intellettuale capace di agire in società;
● l’influenza del romanticismo con la sua attenzione alla storia nazionale, il
sentimento popolare e gli ideali religiosi;
● Il contatto con la cultura francese, molto legata alla società civile e al
dibattito di idee.
Manzoni pensa che la dimensione europea della cultura agisca attraverso due punti
di vista:
● gli “ideologi” francesi, eredi dell’illuminismo ed esponenti del pensiero
liberale
● Lo spirito religioso, promosso da giansenisti e dai pascaliani, che esaltava
il contrasto tra bene e male e quindi il contrario delle semplificazioni
propriamente dai cattolici italiani

LA NOVITÀ DEL ROMANZO


A Manzoni si deve la vera nascita del romanzo italiano.
Partendo da una formazione illuminata, Manzoni aderisce al romanticismo per
proporre un rinnovamento nella cultura letteraria del nostro paese.
Il romanzo intimoriva i classici italiani per la sua tendenza al realismo: era una
rappresentazione concreta e più cruda della realtà che non lasciava spazio alle
immagini idealizzate.
Manzoni creó da zero una traduzione letteraria e una lingua.
La letteratura italiana prima dei Promessi sposi, escludendo le ultima lettere di
Jacopo Ortis di Foscolo, non ha romanzi a cui Manzoni potesse ispirarsi.
In Manzoni si ha la convergenza tra lingua letteraria e lingua parlata, così da
ridurre il carattere esclusivo della letteratura.

LA RELIGIONE E LA STORIA
Il periodo di maggiore produzione di Manzoni (1815-1825) coincide con una
riflessione costante su problemi morali, storico e letterari.
L’attività critica di Manzoni riprende forme e caratteri dell’illuminismo:
- esposizione razionale e ironica, volta a persuadere
- Temi morali, teologici e storeografici
- Aspetti di poetica riguardanti il romanzo, le tragedie e le odi
- Riflessioni sul problema della lingua del Regno d’Italia

IL PROBLEMA RELIGIOSO
Manzoni attraverso “le osservazioni sulla morale cattolica” rispose alle tesi di
Jean-Charles de Sismondi, che individuavano nell’opera della chiesa cattolica,
dalla controriforma in poi, la causa della decadenza politica e morale degli
italiani.
Manzoni infatti nella sua opera afferma che la chiesa non ha origini umane ma
divine, quindi, la morale cattolica non può risentire del mutamento storico o
della varietà dei costumi.

UNA NUOVA VISIONE DELLA POETICA


Nel “discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia” Manzoni
polemizza la vecchia storiografia che ha ignorato le masse popolari.
Manzoni contrappone un’arte fondata sul misto di storia e d’invenzione alla
verità semplice della storia.

UNA POETICA ANTICLASSICISTA


Il primo importante scritto di poetica è la prefazione di Conte di Carmagnola.
Nella prima parte critica l’idea dell’arte come valore assoluto, altre attività
possono dare maggiore felicità nell’uomo.
Nella seconda egli riflette sulla tragedia, arrivando a tre conclusioni:
- la critica dell’applicazione dell’unità di tempo e di luogo, la vicenda non
dovrebbe durare più di 24 ore e dovrebbe svolgersi sempre nello stesso
posto;
- La critica alle tesi sostenute da alcuni filosofi religiosi e intellettuali
illuministi, secondo cui un dramma poteva essere ben riuscito ma
moralmente dannoso o mal riuscito ma moralmente utile. Manzoni pensa sia
possibile mettere in scena un dramma ben fatto e utile a scopi morali;
- L’importanza del coro come “cantuccio” riservato all’esposizione delle idee
dell’autore.

La LETTRE A MONSIEUR CHAUVET


Nel 1820 Victor Chauvet recensisce il conte di Carmagnola criticando il
mancato rispetto dell’unità di tempo e luogo.
Manzoni scrive una lettera di risposta in francese che pubblicó soltanto nel 1823,
nella quale egli scrive che se l’azione richiede tempi e ambientazioni diversi da
quelli prescritti, il poeta dovrà adeguarsi.
Manzoni replica anche che il compito dello scrittore non consiste nell’inventare
fatti, ma nel rispettare gli avvenimenti storici.
In più Manzoni scrive che la storia ci dice ciò che gli uomini hanno compiuto
mente la poesia ciò che hanno pensato, i sentimenti che li hanno
accompagnati, i loro successi e i loro infortuni.
Il poeta quindi integra il lavoro dello storico, nel rispetto dei fatti realmente
accaduti, ma alla scoperta del mondo interiore che hanno causato le vicende
storiche.

LA LETTERA A D’AZEGLIO SUL ROMANTICISMO


Nel settembre 1823 Manzoni scrive una lettera al marchese Cesare D’Azeglio Sul
Romanticismo.
Nello scritto egli prende le distanze sia dalle forme irrazionali di Romanticismo
diffuse in Germania e in Inghilterra, sia dal Neoclassicismo, di cui Manzoni rifiuta
l'uso della mitologia, falsa e contraria alla fede religiosa, il principio di imitazione e di
rispetto delle regole classiche, l'ideale di bellezza assoluta che esisterebbe al di là
della storia.
Nella lettera si afferma che l'arte deve essere utile agli uomini moralmente e
praticamente, deve fondarsi sul vero storico e sulla realtà, deve servirsi di una
materia e di argomenti che interessino il maggior numero possibile di persone.
In una formula: «Ľ’utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per
mezzo».

GLI SCRITTI LINGUISTICI


Le opere più importanti di Manzoni che contengono riflessioni linguistiche sono il
piccolo trattato Sentir messa (1835-1836), in cui il titolo prende spunto dalla
differenza tra «udir messa», espressione preferita dai classicisti, contro il più
comune «sentir messa»; la lettera Sulla lingua italiana (1847); il Saggio sul
vocabolario italiano secondo l'uso di Firenze (1856); la relazione Dell'unità
della lingua e dei mezzi per diffonderla, presentata al ministro dell'istruzione
nel 1868.

IL FIORENTINO
Manzoni sostiene il primato della lingua parlata su quella scritta: in particolare il
toscano parlato dalle persone colte, sul quale fonderà anche l'edizione definitiva
dei Promessi sposi.
Diventato senatore con la carica di presidente della Commissione parlamentare per
l'unificazione linguistica, le sue idee divennero la base dell'insegnamento scolastico
dellľitaliano. All'imposizione di una lingua dall'alto si oppose invece il linguista
Graziadio Isaia Ascoli (1829-1907), che riteneva necessario alimentare una seria
vita culturale in tutti i grandi centri della Penisola così da far nascere una lingua che
sarebbe stata all'altezza del bisogno, non unicamente fiorentina ma italiana.

LO STILE E LE FORME
In Manzoni il problema dello stile è centrale: egli è consapevole che per
comunicare a un pubblico sempre più ampio occorrono scelte linguistiche e
formali coraggiose.
Manzoni inventa lo stile del romanzo italiano moderno adottando la sintesi e le
parole della lingua quotidiana, viva e parlata.
Essendo però l’Italia della prima metà dell’Ottocento frammentata e divisa nella
quale non c’era una lingua comune, Manzoni fu costretto a fare una scelta e per la
prima pubblicazione(1827) del suo romanzo Promessi sposi e scelse il toscano.
Quando rivide il romanzo per l’edizione del 1840 fu ancora più attento a scegliere
parole e espressioni usate dalla borghesia volta Fiorentina.
Il suo progetto era quello di un romanzo nazionale destinato a un vasto pubblico
borghese.
Manzoni tende alla razionalità e alla scelta di un contesto concreto e quotidiano.
La rivoluzione linguistica di Manzoni interviene in due campi:
- nel lessico vengono accolti i vocaboli di uso comune, estranei alla tradizione
letteraria;
- Nella sintassi la costruzione di una frase imita la spontaneità e
l’immediatezza della lingua popolare, ma che all’occorrenza può essere
innalzata in periodo elaborati.
L’italiano moderno nasce con i Promessi sposi.

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