La Prima Guerra Mondiale Cause La prima guerra mondiale (1914-18) ebbe diverse cause, alcune delle quali presenti da molto tempo in Europa, di natura politica, economica, militare e socioculturale. Cause politiche Le cause politiche riguardano tanto la politica esterna, in particolare la rete di alleanza, quanto quella interna. Si possono annoverare in esse: • rivalità Francia-Germania e desiderio di rivincita francese sulla grave perdita subita durante la guerra del 1870-71 per mano dei Tedeschi, da cui rivendicavano l’Alsazia e la Lorena; • secolare rivalità tra Austria e Russia per il predominio nei Balcani; • malcontento di diverse nazionalità presenti nell’Impero Austro-Ungarico, in particolare Slavi e Italiani; • crisi dell’Impero Ottomano dopo le guerre balcaniche e dopo il Trattato di Bucarest (1913); • presenza di due schieramenti di Stati contrapposti: Triplice Alleanza (Germania, Austria e Italia) e Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia, Russia). Cause economiche Le principali cause economiche furono: • rivalità economica, con riferimento anche alle colonie, tra Gran Bretagna e Germania, a causa della forte crescita industriale di quest’ultima nell’epoca di Bismarck. Il governo tedesco voleva infatti controllare l’Europa centrale e perseguivano una politica economica espansionista. L’espansione tedesca nei Balcani e nel Medio Oriente preoccupava, oltre che gli Inglesi, anche i Russi per i loro interessi economici nella zona; • la necessità per tutte le potenze industriali di espandere il proprio mercato e di garantirsi le materie prime: era necessario dunque difendere il vasto impero coloniale che ognuno aveva creato e le rispettive aree di influenza. Cause militari e culturali Le cause militari sono da ricercarsi nella corsa agli armamenti favorita dai gruppi industriali che producevano materiale bellico. Mentre nei primi anni del Novecento andavano diffondendosi tra la popolazione atteggiamenti favorevoli alla guerra, ciò fu facilitato: • dal nazionalismo, alimentato anche da stampa e dagli intellettuali, affermava la necessità di affermare la potenza della propria nazione sulle altre; • dalle tesi razziste che sostenevano la necessità di preservarsi da razze e culture ritenute inferiori; • dal darwinismo applicato in campo sociale ed internazionale che voleva prevalere il più forte; • dalla considerazione della guerra da parte dei più giovani come motivo di cambiamento sociale; • dall’esaltazione della guerra che si ha con il futurismo, che la considera “sola igiene del mondo”.
La causa ufficiale, la “scintilla” che ruppe i precari equilibri internazionali, fu l’omicidio
dell’erede al trono d’Austria, l’arciduca Francesco Ferdinando, e di sua moglie, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo per mano del nazionalista serbo Gavrilo Princip. Il 23 luglio L’Austria propose un inaccettabile ultimatum alla Serbia. A seguito del rifiuto il 28 luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. L’inizio della Guerra Prima fase 1914 Subito dopo la dichiarazione di guerra scattarono le alleanze: il 29 luglio la Russia, alleata della Serbia, entrò in guerra, seguita dalla Germania che dichiarò guerra all’Impero Russo (1 agosto) e alla Francia (3 agosto). Contro quest’ultima la Germania contava su una risoluzione rapida del conflitto: l’avrebbe attaccata aggirandone le difese militari, passando per il Belgio e Lussemburgo. L’occupazione di questi territori neutrali determinò l’immediato intervento della Gran Bretagna che al fianco della Francia e della Russia dichiarò guerra ad Austria e Germania, il 4 agosto. Tra gli aderenti ai due schieramenti (Intesa e Alleanza), solo l’Italia dichiarò la propria neutralità. Sul fronte occidentale l’attacco tedesco alla Francia non andò secondo quanto previsto: dopo una rapida avanzata l’esercito tedesco fu fermato a 35 km da Parigi nei pressi del fiume Marna. Qui si svolse l’omonima battaglia dal 6 al 12 settembre che vide scontrarsi circa due milioni di uomini e causò 500 000 vittime senza che nessuno dei contendenti avesse la meglio. Guerra di posizione Dall’autunno 1914 i due eserciti si fronteggiarono su una linea lunga circa 800 km che andava dal Mare del Nord alla Svizzera. I tradizionali attacchi di fanteria, resi inutili e cruenti dall’utilizzo dell’artiglieria e delle mitragliatrici, furono limitati in favore del rafforzamento di una strategia difensiva. Con questo obbiettivo vennero utilizzate le trincee, fossati scavati nel terreno, con il passare del tempo dotate di ripari e reticoli di filo spinato. Non era dunque più possibile sconfiggere gli avversari con una guerra di movimento e si era ormai passati ad una guerra di posizione. Sul fronte orientale tra la fine di agosto e gli inizi di settembre i Tedeschi sconfissero i Russi a Tannenberg (25-30 agosto) e presso i Laghi Masuri (4-10 settembre). L’equilibrio delle forze in campo condusse ben presto ad una situazione di stallo. In appoggio agli Imperi centrali il 31 ottobre anche la Turchia entrò in guerra. Nel Novembre 1914 anche l’impero ottomano entrò in guerra a fianco dell’Austria-Ungheria. Russi e Turchi si affrontarono nel Caucaso: i primi ottennero una brillante vittoria a Sarikamish (1915) , una località dell’impero ottomano abitata da popolazioni armene. Il governo turco accusò gli armeni di aver aiutato i russi e ordinò di deturpare e uccidere sistematicamente gli armeni che abitavano in Turchia. Iniziava così il primo genocidio del XX secolo. L’Italia Neutralisti e interventisti Dopo la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia l’opinione pubblica e le forze politiche italiane si divisero sull’atteggiamento da intraprendere nei confronti del conflitto. Nell’agosto 1914 il governo guidato da Antonio Salandra dichiarò ufficialmente la propria neutralità appellandosi ad una clausola della Triplice Alleanza che prevedeva l’intervento al fianco degli alleati solo nel caso in cui questi venissero attaccati. Nonostante questa dichiarazione e accantonata l’ipotesi di scendere in campo al fianco dell’Austria si prospettò l’ipotesi di schierarsi contro di essa nel tentativo di conquistare Trento e Trieste. Si formarono due schieramenti contrapposti: i neutralisti e gli interventisti. La maggioranza della popolazione e dei parlamentari erano contrari alla partecipazione italiana nel conflitto. Tra queste posizioni neutraliste spiccavano quella di Giovanni Giolitti, che voleva ottenere dall’Austria le terre irredente offrendo in cambio, per via diplomatica, proprio la neutralità nel conflitto. Oltre ai liberali anche la maggioranza dei socialisti era contraria alla guerra. Anche la maggior parte dei cattolici rifiutava la prospettiva della guerra e Papa Benedetto XV aveva condannato a più riprese ogni tipo di conflitto ed invitato i governi a collaborare per cercare un accordo di pace. Le posizioni favorevoli alla guerra erano soprattutto quelle dei nazionalisti e dagli irredentisti, anche chiamati interventisti di Destra, convinti che la violenza bellica fosse un segno di vitalità della nazione. Fra gli intellettuali interventisti si distinsero Gabriele D’Annunzio e Giovani Papini. Il loro scopo era la liberazione di Trento e Trieste dal dominio austriaco, convinti che ciò avrebbe portato nuovo prestigio internazionale all’Italia dopo il Risorgimento. Della stessa opinione erano gli alti ufficiali dell’esercito e la corte di Vittorio Emanuele II. A queste posizioni si affiancavano quelle della piccola borghesia e dei grandi industriali, che vedevano entrambi nella guerra occasione di profitto. L’interventismo di Sinistra era rappresentato da alcuni esponenti democratici, repubblicani e socialisti che sostenevano il dovere dell’Italia di schierarsi con i paesi democratici dell’Intesa contro i regimi autoritari dell’Austria e della Germania. Organo principale dell’interventismo di Sinistra divenne ben presto il quotidiano «Il Popolo d’Italia» diretto da Benito Mussolini, che ne fu il fondatore nel novembre 1914 dopo essere stato allontanato dal Partito Socialista e dalla direzione del quotidiano «Avanti!» per le posizioni anti-neutraliste. Il Patto di Londra Mentre l’opinione pubblica era divisa tra interventisti e neutralisti, il governo agiva per vie diplomatiche. Il tentato accordo con l’Austria – proposto da Giolitti – non ebbe seguito in quanto l’Impero Asburgico si rifiutò di portare avanti qualsiasi trattativa sino al termine del conflitto. Al contrario fu stipulato un accordo con le potenze dell’Intesa. Il 26 aprile 1915 il ministro degli esteri Sidney Sonnino sottoscrisse, a nome del governo, il Patto di Londra, un trattato segreto che impegnava l’Italia ad entrare in guerra entro un mese, garantendole, in caso di vittoria dell’Intesa: • Trento e Trieste; • il Sud Tirolo; • l’Istria (esclusa la città di Fiume); • la Dalmazia (Croazia); L’Italia in guerra Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria- Ungheria. Il fronte italiano Al momento della dichiarazione della guerra, nel maggio 1915, l’esercito italiano non era pronto a sostenere un conflitto impegnativo, e durante le prime fasi l’inefficienza organizzativa fu evidente, tanto per l’impreparazione tecnica quanto per la carenza dell’armamento. Inoltre la linea del fronte italo-austriaco, che andava dal passo dello Stelvio alle foci del fiume Isonzo era difficile da mantenere a causa della particolare forma: lo schieramento presentava così un punto debole in direzione dell’altopiano di Asiago, al confine tra Trentino e Veneto, che i nemici avrebbero potuto facilmente sfruttare. Comandante supremo dell’esercito italiano fu nominato il generale Luigi Cadorna, che si distinse per la severità verso i suoi uomini e per l’applicazione di una tattica di guerra ottocentesca: alla guerra delle trincee preferì tentare un attacco frontale contro gli Austriaci stanziati lungo l’Isonzo e il Carso. Fra giugno e dicembre 1915 si svolsero le prime quattro battaglie dell’Isonzo che non portarono a nessun successo, provocando invece migliaia di vittime. Nel giugno del 1916 gli Austriaci scatenarono la Strafexpedition (spedizione punitiva) contro l’ex alleato ritenuto colpevole di tradimento. Attaccarono proprio nel punto debole del fronte italiano e riuscirono ad occupare Asiago. La battaglia degli Altipiani fu combattuta tra il 15 maggio e il 27 giugno 1916, sugli altipiani vicentini, tra l'esercito italiano e quello austro-ungarico. Complice l’attacco dei Russi sull’altro fronte e la tenacia della resistenza italiana l’esercito austriaco si fermò. Cadorna ne approfittò per sferrare una controffensiva sull’Isonzo (fiume che scorre in Friuli Venezia Giulia) che portò alla liberazione di Gorizia (9 agosto). Le battaglie del Carso (altopiano tra Venezia Giulia, Slovenia e Croazia) tra settembre-novembre 1916 segnarono il ritorno alla guerra di logoramento, nelle trincee. Altri fronti Nonostante la mancata rapidità nella risoluzione della guerra, le vicende belliche del 1915 furono complessivamente favorevoli agli Imperi centrali: i tedeschi riuscirono ad occupare importanti zone industriali francesi e a controllare le attività produttive ed estrattive del Belgio; in oriente la Russia fu sconfitta nella seconda battaglia dei Laghi Masuri (febbraio 1915). All’inizio del 1916 i Tedeschi prepararono un’offensiva contro l’esercito francese che sfociò nella battaglia di Verdun (21 febbraio-21 luglio 1916) e provocò più di 500 000 vittime. Gli alleati anglo-francesi risposero con la battaglia della Somme (giugno-settembre 1916) che causò circa un milione di caduti. Il 4 giugno era anche entrato in azione l’esercito dello zar sul fronte austro-russo, e aveva riportato un importante successo, facendo arretrare gli avversari e prendendo prigionieri ben 400 000 soldati. Sin dall’inizio del conflitto la Gran Bretagna aveva attuato un blocco navale per impedire che giungessero ai porti tedeschi materie prime e derrate alimentari. Dopo quasi due anni il blocco iniziò a pesare sull’economia degli Imperi centrali e la Germania decise di affrontare la marina inglese nel Mare del Nord nella battaglia navale dello Jutland (31 maggio 1916). I Tedeschi inflissero all’avversario notevoli perdite ma non riuscirono a sottrarre il dominio dei mari agli Inglesi. Alla fine dell’agosto 1916 gli Imperi centrali riuscirono ad impadronirsi della Romania, appena entrata in guerra, ottenendo così una buona fonte di approvvigionamento alimentare e petrolifero. La svolta del 1917 Dal febbraio 1917 la Germania intensificò la guerra sottomarina contro i nemici e per isolare la Gran Bretagna. Proprio questa guerra sottomarina indiscriminata, che danneggiava i loro intensi scambi commerciali con Francia, Italia e Inghilterra, spinse gli Stati Uniti ad entrare nel conflitto al fianco dell’Intesa (6 aprile 1917). L’intervento fu preceduto da un acceso dibattito tra i neutralisti, tra cui lo stesso presidente Wilson, che volevano mantenere la politica di isolamento, e gli interventisti che volevano tutelare gli interessi economici derivanti dalle esportazioni europee: infatti, gli Stati Uniti avevano sostenuto al guerra europea rifornendo l’Intesa di armi e aiuti economici. Il Presidente, più volte, non si era mostrato disposto a rinunciare al suo isolazionismo per entrare in una guerra che riteneva di dover condividere. Oltre che per l’ingresso in guerra degli USA il 1917 fu un anno decisivo anche a causa della situazione in Russia: nel marzo 1917 il regime zarista fu rovesciato da una rivolta popolare; nell’ottobre 1917 l’ascesa al potere di Lenin, leader del comunismo rivoluzionario, segnò l’uscita dal conflitto della Russia, che concluse le trattative di pace con l’accordo di Brest- Litovsk, il 3 marzo 1918. Il trattato obbligava la Russia a cedere alla Germania la Polonia e i Paesi Baltici, inoltre l’Ucraina divenne indipendente. Caporetto Il 24 ottobre 1917 con una grande offensiva gli Austriaci, appoggiati dai Tedeschi, riuscirono a sfondare le linee italiane a Caporetto (Slovenia). La ritirata delle truppe italiane divenne in breve tempo una vera e propria disfatta: l’esercito penetrò nella penisola per 150 km causando la perdita di circa 400 000 uomini (tra morti, feriti e prigionieri) ed il relativo equipaggiamento. Questa sconfitta ebbe pesanti ripercussioni politiche: Cadorna fu sostituito al comando supremo dal generale Armando Diaz, che sistemò una nuova linea di difesa lungo il Piave riuscendo così, il 12 novembre, a fermare l’avanzata austriaca. Il nuovo generale impose ai soldati, ormai demoralizzati, una disciplina meno rigida ed evitò azioni e offensive che avrebbero messo inutilmente a rischio le sue truppe. 1918: la fine della guerra Nonostante il trattato di Brest-Litovsk la Germania e l’Austria si resero conto che il blocco economico attuato dall’Intesa gli avrebbe impedito di prolungare ulteriormente lo sforzo bellico. Per questo motivo si rese necessario passare all’offensiva: nella primavera del 1918 l’attacco tedesco fu fermato dalla reazione delle truppe anglo-francesi nella battaglia della Marna e in quella di Amiens (luglio-agosto 1918). Successivamente crollarono anche tutti gli altri fronti degli Imperi centrali. In settembre la Bulgaria si arrese, l’Ungheria, la Cecoslovacchia e la Iugoslavia dichiararono la propria indipendenza dall’Austria che dovette contrastare l’offensiva italiana. Infatti il 29 ottobre 1918 l’esercito austriaco fu sconfitto nella battaglia di Vittorio Veneto e costretto alla ritirata. Il 3 novembre l’Austria sigla a Villa Giusti l’armistizio con l’Italia. L’11 novembre l’imperatore Carlo I abdicò ed abbandonò l’Austria, dove fu proclamata la repubblica. Il 30 ottobre si arrese la Turchia, mentre in Germania il 9 novembre l’imperatore Guglielmo II lasciò il trono e anche a Berlino fu proclamata la repubblica. Terminava così la prima guerra mondiale. Trattati di Pace I ministri dei paesi vincitori si riunirono a Parigi il 18 gennaio 1919 in una Conferenza per la pace, mentre i delegati degli stati vinti furono convocati solamente per la firma. Il presidente americano Woodrow Wilson aveva presentato Quattordici punti che secondo lui avrebbero dovuto ispirare gli accordi di pace, richiamandosi al rispetto dell’autodeterminazione dei popoli (ogni nazione deve avere il suo territorio e scegliere quale governo darsi) della libertà dei mari ed in sintesi di tutti quei principi democratici nel nome dei quali avevano condotto la guerra le potenze dell’Intesa. In realtà questa linea “democratica” fu disattesa: la Francia aveva interesse ad indebolire la Germania per assumere una posizione dominante nel continente europeo e proponeva una linea “punitiva” verso di essa; la Gran Bretagna non voleva mandare in rovina i Tedeschi per non trovarsi una Francia troppo potente, ma comunque aveva tra i suoi obbiettivi l’indebolimento della flotta tedesca e la spartizione delle colonie del Reich. L’Italia dal canto suo voleva acquisire i territori che gli erano stati promessi dall’Intesa con la sua entrata in Guerra. Anche gli Stati Uniti, seppur indirettamente, esprimevano con la linea democratica di Wilson i loro interessi: l’introduzione del libero commercio e la risoluzione dei conflitti, avrebbe permesso di affermare la superiorità economica e politica degli USA. La Germania fu costretta a pagare i danni di guerra, pari a 132 miliardi di marchi in oro, e a mantenere una flotta e un esercito molto ridotti. Fu inoltre privata di tutte le colonie, dell’Alsazia e della Lorena, che tornarono alla Francia. Altri territori tedeschi passarono alla Danimarca e alla Polonia, a quest’ultima venne inoltre garantito uno sbocco sul mare tramite un “corridoio polacco” che separava dal resto della Germania la Prussia orientale, e la città di Danzica venne dichiarata libera e sotto il controllo internazionale. Gli accordi di Brest-Litovsk con la Russia furono annullati e la Germania perse i territori baltici e quelli che controllava in Romania. All’Italia furono annesse le terre irredente (non riscattate, ancora sotto il dominio straniero) il Trentino, l’Alto Adige, la Venezia Giulia e Trieste. Le armi Durante la guerra furono impiegati i cannoni che sparavano enormi proiettili. Inoltre, le mitragliatrici permettevano di rompere i ripari delle trincee nemiche. Verso la fine della guerra per sostenere la fanteria furono introdotti i carri armati, costruiti in Gran Bretagna e utilizzati per la prima volta contro i tedeschi. Furono utilizzati anche i gas tossici: si utilizzavano proiettili riempiti di coloro o Yprite, un gas urticante che provocava terribili piaghe. La vita in trincea Le trincee erano lunghissime linee di scavo che la fanteria, formata prevalentemente da contadini, praticava nel terreno per proteggersi dagli incessanti bombardamenti dell'artiglieria nemica. Esse erano difese in modo piuttosto rozzo da parapetti costruiti con la terra scavata e rinforzati da sacchi di sabbia. Le condizioni di vita erano disumane: spesso malnutriti, in pessime condizioni igieniche, i fanti dovevano affrontare oltre al fuoco malattie di ogni tipo.