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2020
Presentazione di Atwood con qualche accenno alle tematiche più ricorrenti delle sue
opere, chi di noi conosce questa autrice o ha avuto modo di leggere qualcosa, un
aggettivo che ricorre in relazione a lei è femenist, un po’ come è stato per la Woolf, il
rapporto fra atwood e il femminismo è un rapporto problematico, la Woolf è considerata
una teoriche del femminismo moderno disse io non lo chiamerei femminismo ma lotta
contro la tirannia, nel caso di Atwood, soprattutto nelle prie opere in cui la problematica
della donna legata alla tematica della società, legata alla mercificazione, all’idea della
donna oggetto tipica della donna oggetto, tipica degli anni 70, c’è questa sensibilità in
Atwood, che tende a rivendicare l’identità umana della donna stessa, anche a denunciare
violenze e soprusi del sesso femminile, ma atwood in relazioni a queste sue opere in
particolare nel suo primo romanzo: the edible woman, la donna da mangiare, pubblicato
nel 1960. Disse: Possiamo anche chiamarla un’opera femminista, io la chiamerei un’opera
improntata al realismo sociale; è questa etichetta che la atwood tende a non accettare per
le diverse accezioni che ci sono del femminismo, ci sono più ondate del femminismo, e lei
non si riconosce in nessuna di queste ondate, nel senso che vede i limiti di una posizione
eccessivamente militante e aggressiva, ritiene che certe rivendicazioni e aspetti del
femminismo siano sacrosanti, altri aspetti no; è recente la polemica che ha coinvolto
atwood nel movimento “Me too” movimento legato al femminicidio, in cui atwood ha
espresso le sue perplessità, per questo è stata attaccata perché riteneva che questo tipo
di movimento fosse indirettamente una testimonianza delle carenze di legalità, cioè il
sistema legale ha delle falle, non riesce a sostenere e a dare una risposta anche
abbastanza pronta nei confronti dei soprusi, questa sua posizione è stata vista un
prendere le distanze dal movimento “me too” come un fenomeno collaterale, come un
fenomeno legato a una spettacolarizzazione del se che non invece a un discorso più serio
che riguardasse una riforma di tipo legale e giuridico. Sicuramente da parte di atwood c’è
un’attenzione a questioni di gender, alle questioni del rapporto tra i sessi e che spesso c’è
un’attenzione a situazioni di difficoltà che la donna nella società moderna- contemporanea
vive, non c’è un’adesione completa a forme di propaganda che si attribuiscono questa
denominazione di femminismo, in Atwood come nella Gordimer c’è lo sforzo di creare una
specie di cuscinetto che separi il discorso letterario dal discorso della militanza più diretta
e del discorso politico. Questo non toglie che le questions of gender non siano al centro
delle tematiche di Atwood, in the Handmaid’s tale si parla di una società distopica in cui
un’oligarchia patriarcale e fondamentalista elegge la Bibbia non solo a sacra scrittura ma
diventa un manuale giuridico per cui le leggi bibliche sono le norme della quotidianità e la
donna non ha nessun diritto (né di leggere o di scrivere). Anche in the handmaid’s tale C’è
una sensibilità di atwood nei confronti di questo, ma non c’è solo questo Nel senso che
questo discorso legato al gender si lega a un interesse profondo per tutti i discorsi di
potere, i discorsi che riguardano la politica culturale, chi gestisce il potere, quali sono le
conseguenze della gestione del potere, quali sono i gruppi che subiscono a causa di
questo discorso di potere delle forme di esclusione e emarginazione. Chi sono gli esuli?
Chi sono i dimenticati? L’idea di dar voce a queste voci dimenticate dalla storia. Quindi
uno scetticismo nei confronti delle macronarrative, qualcosa di tipico della postmodernità,
le grande storiografie ufficiali e dare voce alle microstorie, alle storie dimenticate, senza
rendere i protagonisti o le protagoniste di queste microstorie degli eroi o eroine senza
macchia o senza paura, per chi conosce “l’altra Grace” si parla in effetti di un’assassina,
ma l’interesse per storie che la storiografia o la Storia ha messo da parte, ha assimilato e
neutralizzato. Questioni dunque legate all’identità, questioni legate alla comunicazione
interpersonale e il problema che deriva quando questa comunicazione non c’è. Lo Spirito
di Atwood è uno spirito critico che si unisce a forme corrosive di ironia e che difficilmente si
trasforma in una satira, in genere è un’ironia che ci fa sorridere e riflettere al tempo stesso.
Ironia tagliente che ben si combina al suo stile, uno stile paratattico, lei si esprime con frasi
brevi, che sono come se ci volesse dare degli input e delle piccole provocazioni costanti.
E’ Diverso dallo stile gordimeriano, abbiamo visto che lei adotta uno stile che prevede
invece più proposizioni subordinate, più ipotattico, diverse parentetiche, nel caso di
atwood spesso abbiamo queste frasi brevi che sono molto incisive e che in qualche modo
ci provocano e ci incuriosiscono. Altro aspetto che è legato al discorso critico nei confronti
della storiografia ufficiale: riguarda un tentativo di decostruire i ragionamenti basati su
binomi apparentemente indiscutibili che tendono a dominare la mente occidentale, cioè le
classiche distinzioni fra cultura-natura, l’uomo uomo contrapposto a donna, il corpo
contrapposto a mente, la ragione contrapposta a istinto, il vincitore contrapposto a vittima;
c’è il tentativo di provare a disgregare queste categorizzazioni che possono diventare
pericolose e impedire forme di conoscenza e comunicazione. Pensiamo a quanto il
binomio corpo/mente, cultura/natura, nella tradizione occidentale cartesiana, le
conseguenze che hanno portato a questo, le differenze tra uomo, animale; tra mente-
istinto, hanno portato al soggiogamento cieco della natura vista come una sorta di res
extenta che possiamo plasmare a nostro piacimento, e lo stesso nei confronti degli
animali. In atwood c’è il tentativo di recuperare gli aspetti istintuali, aspetti legati al corpo e
alla natura che fanno parte della nostra esperienza e con cui occorre dialogare, e che
occorre rispettare, e la sua formazione universitaria l’ha vista seguire corsi in cui
l’approccio alla letteratura in quel periodo era influenzato dal modello di critica mitica, quel
tipo di critica che leggeva nella letteratura, nei testi letterari e nel nostro rapporto con il
mondo naturale, individuava una matrice che rimandava ai miti antichi, si tendeva a non
scindere completamente la modernità rispetto all’antichità, ma a vedere nell’esperienza
moderna e nella letteratura moderna la presenza di alcuni miti come la fertilità, per
esempio, come lo troviamo in The Waste Land di T. S. Elliot, il mito del giardino legato
all’eden, il mito della caduta, gli antichi miti che rimandando all’antichità Greca, ma anche
a epoche anteriori, miti che rimandano alla fertilità e alla rinascita, la critica mitica che nel
contesto canadese ha avuto come esponente Northrop Frye, critico molto importante a
livello internazionale, e la sua opera “The anatomy of criticism” (l’anatomia della critica) ha
avuto un largo seguito. Questi erano gli aspetti principali, e da qui deriva un guardare alla
wildeness e al mondo animale con un occhio differente, prima ancora dell’adesione
all’ambientalismo della contemporaneità, prima ancora di questo una visione che guarda
alle tradizioni mitiche, che guarda alle tradizioni etnologiche. Naturalmente nelle poesie
troviamo la storia coloniale.
Testo che riferisce a un volume saggistico che la Atwood ha scritto che si intitola:
Negotiating with the dead: a writer among writing, opera del 2002, quindi, negoziare con I
morti, una scrittrice che parla di scrittura il titolo tocca un aspetto fondamentale per il
corso quindi l’idea della negoziazione con la tradizione e gli scrittori del passato e legato al
concetto di verità ma soprattutto c’è alla base un concetto che riguarda il motivo
dell’esistenza dello scrittore, perché lo scrittore esiste? Che motivo ha di esistere? E
Perché è impossibile immaginare uno scrittore che agisca in totale solitudine.
Lei ha inserito il Capitolo 6: discesa. Negoziare con i morti ( pag.137-161).
Discesa si intende discesa agli inferi. Un tema fondamentale è uno dei tanti paradigmi
mitici, il mito della discesa all’oltretomba, che è una discesa compiuta non da un morto ma
da un vivo allo scopo di sfidare il mondo infero per poter spesso cogliere una verità che si
ha bisogno di conoscere e ritornare poi illesi nel mondo dei vivi. E’ un mito antico con cui
atwood si confronta con leggerezza e con una forma di dialogo con il lettore che però non
è superficiale Lei rivisita vari momenti e miti che riguardano questo elemento della
discesa dell’underworld cercando di arrivare al punto fondamentale che a lei interessa,
cioè alla visione dello scrittore letterario, del poeta o del romanziere, come colui che
necessariamente deve compiere in senso metaforico questa discesa, non c’è scrittore
degno di questo nome che non abbia compiuto questa sorta di percorso conoscitivo. In
Gordimer, era più forte l’enfasi sul concetto dello scrittore che dialoga con molti altri ma
che compie questo percorso che più che sotterraneo è un percorso che ricorda quello di
un funambolo, di uno scrittore che cammina su una corda tesa e che va alla ricerca della
verità, dialogando con le vicende a lui-lei contemporanee. In questo saggio Atwood mette
in rilievo un altro aspetto, quello di un percorso interiorizzato, ma un percorso anche
sotterraneo che riguarda un dialogo più che con il presente, con l’esperienza vissuta, con i
valori della tradizione. L’accento è posto maggiormente su questo aspetto. Quando si
parla di discesa agli inferi, e con i richiami mitici, quelli fondamentali e che lei ricorda nel
saggio, sono il topos dantesco, l’idea legata all’opera dantesca e al suo viaggio in inferno,
purgatorio e paradiso, i grandi topoi (paradigmi della classicità) quindi l’odissea, il libro 11
dell’Odissea con Ulisse e il viaggio nell’ade, il libro 6 dell’Eneide. Un eroe della cultura
mesopotamica antica, Gilgamesh, che Atwood ricorda questa epopea è stata riscoperta
solo nel 19secolo, per cui Gilgamesh è meno noto ma le sue origini sono più antiche
rispetto agli altri miti, e poi Orfeo e Euridice, il mito del poeta che con le sue melodie
meravigliose con la lira incantatrice riesce a suscitare empatia anche nelle divinità e a
riportare in vita l’amata moglie (Euridice) o meglio Non ci riesce per la curiosità umana, e
non perché fallisce come poeta, ma non rispetta il patto Euridice sarebbe potuta
riemergere dagli inferi e compiere con lui il viaggio per ritornare fra i vivi solo se lui si fosse
fidato e non avesse rivolto lo sguardo indietro, cosa che lui fa per debolezza umana e
perde per sempre Euridice, ma le qualità artistiche di Orfeo sono di fatto qualità
straordinarie e incantatrice. Orfeo è l’ipostasi dell’artista che vince la morte.
Aspetti toccati all’interno di tutto il saggio: andiamo ricostruendo il ragionamento
dell’autrice Vediamo che la provocazione bonaria e non satirica si nota già anche nel
sottotitolo, oltre che a descent, negotiating with the deaath, c’è un sottotitolo chi è che
fa questo viaggio? Trip: espressione colloquiale. Chi fa il viaggio agli inferi e perché? Usa
questo tono provocatorio che ci incuriosisce. L’idea della coralità, l’idea del dialogo con la
tradizione è suggerito poi dalla prima pagina, ci sono molte citazioni e ci son estratti e
miscellanee che fungono da epigrafi. Prima di parlare in prima persona e prima di iniziare
il suo saggio La atwood sceglie di inserire una sezione che si chiama para testuale. Il titolo
fa parte del paratesto, e anche la dedica e le epigrafi; di epigrafi ce ne sono5, sono di vario
tipo, legate a varie epoche storiche, ma hanno a che fare con il dialogo con l’aldilà,
l’invocazione di forze spirituali, l momento della morte, il viaggio dell’anima e del corpo
dalla vita alla morte. Il primo è un’invocazione dell’antica Mesopotamia:
frase ritualistica che lei riprende dalle tradizioni mesopotamiche antiche, si sottolinea il
concetto del sacrificio e della divinazione, è un’invocazione ai principi della notte, principi
della notte rimanete al mio fianco in questo momento di divinazione; By this land that i’m
offering; c’è il momento dell’offerta dell’agnello; questo sforzo di dialogare con un mondo
altro attraverso un sacrificio e in cambio ricevere la conoscenza.
Da un’epoca così antica si passa a Lawrence
non è solo un romanziere, ha scritto anche poesie e atwood segnala una poesia del 1933,
the ship of death, la barca della morte, il titolo si riferisce a uno dei tanti riti delle
popolazioni antiche e non solo, quindi la pratica di seppellire insieme al corpo di una
persona deceduta un modellino di un’imbarcazione, modellino simbolico era come un
auspicio per far si che l’anima del defunto potesse raggiungere la sfera celeste e quindi la
pace, e Lawrence nella poesia usa delle metafore naturalistiche, che piacciono alla
atwood, la morte o la preparazione alla morte è associata alla fase autunnale e al
momento in cui delle mele mature, questi frutti rossi e rotondi cadono dai rami dell’albero.
Questo è il momento in cui l’uomo deve appunto prepararsi per il lungo viaggio e
affrontare il viaggio di attraversamento dell’oceano della morte, questo viaggio dell’anima
e del corpo è immaginato come un viaggio nelle acque, e nella poesia si immagina che a
un certo punto, che al momento della morte c’è questo distacco dell’anima dal corpo, e
quindi il viaggio nell’imbarcazione viene compiuto in primis dall’anima che raggiunge i lidi
della quiete e in futuro ci sarà, in attesa del ricongiungimento dell’anima con il corpo
stesso. Il viaggio verso la morte, il viaggio compiuto dall’anima è un viaggio verso l’oblio, Il
mondo fatto di quiete e di pace. E’ una poesia che vede nella morte Un evento del tutto
naturale, la fine di un percorso esistenziale sulla terra e l’approdo a un'altra dimensione.
Se la prima citazione lascia trapelare un senso di paura e terrore nel momento in cui si
invocano le forze spirituali e bisogna sacrificare loro una creatura e versare del sangue,
nella poesia di Lawrence si introduce l’elemento della morte come percorso naturale,
come viaggio che tutti dobbiamo affrontare. Un viaggio che corona il nostro percorso, Non
è visto come la fine ma come un coronamento in vista di una riunificazione tra Spirito-
corpo, tra corpo e anima
La riconciliazione anima-corpo fa riferimento alla resurrezione cristiana? In Lawrence
questo aspetto è lasciato abbastanza sospeso, noi possiamo anche leggerlo in chiave di
una resurrezione cristiana ma non è così esplicito, non si parla di bibbia, non si parla del
giorno del giudizio, non si parla dell’Apocalisse, È probabile che la tradizione sia
sostanzialmente quella cristiana.
Terza epigrafe: citazione di un testo poetico di un’autrice, Jay Macpherson, era stata
un’insegnate all’università. Era un’accademica che fu appunto un’insegnante a cui atwood
si sarebbe ispirata molto, lei era un’esponente della critica mitica (come Fry) era stata
un’importante poetessa, scomparsa nel 2012. Atwood cita 3 strofe da una poesia intitolata:
The well, il pozzo, poesia che è criptica, il testo di Lawrence era più esplicativo, al di là che
si parlasse di tradizione cristiana o meno, era la descrizione di un viaggio con i particolari,
invece questo estratto da The Well è caratterizzato maggiormente da uno stile visionario e
più criptico nell’interpretazione, ma si può interpretare nel senso positivo di una
congiunzione fra il terreno e l’ambito del trascendente e del metafisico, una congiunzione
tra il basso e l’alto, perché lo sguardo dell’io poetante è rivolto nelle profondità di un pozzo
dove però si riflettono in questo pozzo oscuro, sembra riflettersi il creato stesso e il mistero
celeste. Il pozzo diventa a Well of truth, of images of words, è Come se il cielo e i suoi
misteri, comprese le stelle, si riflettessero nella superficie dell’acqua raccolta nel pozzo,
resta un messaggio positivo di dialogo fra la sfera terrena e il mondo sublunare che fa
pensare alla dimensione metafisica.
4 epigrafe. Al Purdy è stato un poeta canadese ed è una poesia “remains of an Indian
village”, i resti di un villaggio indiano, ci sono 3 brani che vengono citati, sembra una
trasposizione in ottica amerindia della Elgegy written in a country churchyard di Thomas
Gray, che era una poesia di epoca preromantica, in cui il poeta guardava agli emarginati
della storia, in questo caso ai contadini sepolti in un cimitero di campagna di Inghilterra,
che se avessero avuto i mezzi sarebbero potuti diventare grandi personaggi ma la sorte
per loro è stata diversa e tuttavia loro anime riposano pacifiche nel cimitero e raccontano
la loro storia. Anche in questo caso nella sua poesia (di Purdy) ci sono delle meditazioni
sulla vita di chi un tempo meditava in questo villaggio, gli indiani (anche quelli di America)
fanno parte di quei gruppi di popoli nei confronti dei quali la storia, soprattutto attraverso la
colonizzazione, europea è stata inclemente ( discorso etico importante) Popoli decimati
e sottoposti a forme vicine al genocidio. Popoli ai quali sono stati negati per molto tempo i
diritti, in questo caso nella poesia di Purdy c’è una valenza politica più forte rispetto a
Gray, meditazione sulla vita di cui un tempo abitava il villaggio, descritto come un luogo
sacro e spettrale, il riferimento è ai rivers of shadow (….) Il poeta è quasi sciamano,
riesce a collegarsi quasi telepaticamente o a ricostruire con il suo immaginario questo
contatto con un popolo che non c’è più ma riesce a sentire “their broken consonant”, in
qualche modo le consonanti sono rotte e non riesce a sentirle in maniera completa, ma
riesce ad avere il sentore di queste presenze. Sono fiumi di ombre nel villaggio di notte,
cacciatori silenziosi e donne che si chinano sopra fuochi oscuri si ha l’ossimoro, il
paradosso, l’ossimoro delle forme, sono delle figure logiche che fanno camminare il
linguaggio su una corda tesa, nel senso che il linguaggio è sottoposto alla necessità di
veicolare un messaggio che è un messaggio che si collega a questa sospensione tra vita
e morte, a questa immagine di morte che sembra non ritornare in vita, quindi c’è l’uso di
ossimori, un fuoco che invece di essere rosso diventa oscuro, oppure l’immagine dei fiumi
di ombre, un giocare un po’ anche sulla sinestesia. Questa è una poesia dai toni visionari
che pone l’attenzione sui soggetti dimenticati dalla storia, di nuovo sul dialogo fra vivi e
morti con attenzione di carattere sociologico in qualche modo.
Non è che everyman sta facendo una passeggiata in campagna ma il suo viaggio è verso
la vita e si sta dirigendo verso la morte e nelle vicende del morality play, everyman non ha
vita facile nel suo percorso, un po’ come nel pilgrim’s progress di Bunyan, dove Chiristian
è abbandonato da tutti nel suo percorso e tutte le figure sono allegorizzate, e atwood ci
ricorda tutti gli amici di everyman alla fine lo abbandonano, tranne “buone azioni” che vi
rimane al fianco, ma non ha forze sufficienti e a un certo punto
Buone azioni ha una sorella che si chiama conoscenza, ed è la conoscenza che si offre
come guida nel suo viaggio spericolato verso la morte, e dunque questo fa riflettere
atwood; allora lei dice; la relazione fra me e i libri che avevo letto, e che facevano parte di
quella collana diventò una relazione non così “cozy”, confortevole come la avevo pensata,
magari leggendo anche questi libri per intrattenimento quando era adolescente, a questo
punto lei ha rivisitato questa collana ed è andata a leggere la citazione e la descrizione e
anche l’immagine, dove compare una figura femminile con in mano una pergamena,
quindi una scrittura sacra, legata all’esistenza, al significato dell’esistenza e del nostro
destino, che aveva in mano un ramo con tre frutti rotondi, da associare alla mela e al
melograno, è un elemento iconografico chiaramente simbolico. A questo punto sono
andata a rivedermi l’immagine di questa dama preraffaellita, c’è un dipinto di Dante
Gabriel Rossetti, intitolato Prosperpina del 1874, per questo si ha un riferimento ai
preraffaelliti, questa dama dipinta con stile preraffaellita, a questo punto io ho cominciato a
guardarla con una percezione di qualcosa di sinistro, lady vestita in un abito medievale
che portava questa pergamena e questo ramo che tre mele, con frutti rotondi.
E ci sono riflessioni a pg.140, in cui lei dice: mi stupii di come i curatori di quella collana, lei
si chiede come mai i curatori avessero scelto questa immagine, che è un memento mori,
un chiaro collegamento all’idea del viaggio infero, del viaggio verso la morte. Lei si chiede:
che tipo di correlazione ci poteva essere fra il logo di questa collana e il fatto che in questa
collana per esempio erano usciti libri come Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen, o libri di
fiabe, che tipo di collegamento ci poteva essere fra questi libri e lo hike to the
crematorium, l’escursione verso il crematorio, verso la morte.
Lei ci dice:
Ma se ci pensiamo meglio mi rendo conto che tutti viaggiamo sullo stesso treno, abbiamo
un biglietto di sola andata. Non è che atwood non si renda conto che l’immagine non sia
iconografia. Ma è una provocazione bonaria nei confronti dei lettori Lei dice:
effettivamente anche se all’interno della collana erano stati inseriti libri che non avevano a
che fare con il tema della morte e del suo mistero, forse l’idea era che tutti noi viaggiamo
sullo stesso treno e che questo treno ha un biglietto di sola andata, e che in questo lungo
viaggio è bene avere un libro da leggere, e magari del cibo, quindi il riferimento alle mele.
Dopo questo inizio giocoso Atwood delinea l’ipotesi argomentativa del saggio. Lei dice che
il titolo del capitolo del volume è negoziare con i morti e l’ipotesi che lei vuole proporre è
che non semplicemente una parte ma tutta la scrittura è motivata nel profondo da una
paura e da una fascinazione nei confronti della mortalità. Questa è la sua ipotesi che
diventa una tesi.
Il fatto che tutta la scrittura, anche quella alta, nasca dal dialogo con il nostro senso della
mortalità, può essere una sfida alla morte, un tentativo di tracciare un ponte con i morti,
con chi ci ha preceduto. Un desiderio di compiere questo risky trip, un viaggio rischioso
nel mondo sotterraneo e uscire vincitori dal viaggio e portare con sé, dopo aver compiuto il
viaggio tra i morti, un elemento simbolico che rappresenta un arricchimento, non tanto di
tipo materiale, ma legato alla conoscenza, al sapere, un’illuminazione, questo è il punto
cruciale dell’argomentazione, vediamo che l’ottica è mitopoietica, archetipica, sul viaggio
agli inferi Fry ha scritto pagine e pagine, anche Yung è un referente importante,
l’archetipo del viaggio ultraterreno, e quindi questa è l’ipotesi che lei delinea, e a questo
punto inizia un percorso cognitivo in cui Atwood comincia a fornire una serie di esempi, di
modelli di varie epoche storiche di carattere teorico e legato alla letteratura che toccano
questo aspetto del confronto con la morte e con i morti.