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PATOLOGIE INTERNISTICHE E RIABILITAZIONE

MEDICINA FISICA
E
RIABILITATIVA
Prof. Matteo Cioni

CdL Fisioterapia - II ANNO


2015/16

Enzo Sapienza
Cioni - Lezione 1

INTERVENTO RIABILITATIVO NEL PAZIENTE USTIONATO


Perché noi che abbiamo fatto fisiologia siamo molto interessati agli ustionati? Perché ci
ricordiamo che ci sono degli studi che dimostrano che quando c’è movimento, a causa dello
stiramento della cute, vi è un potenziamento dell’attività dei motoneuroni spinali. Quindi lo
stretching cutaneo fa da stimolo ai motoneuroni.

Questo ci fa pensare ad alcune patologie come la sclerodermia in cui tutto il tessuto cutaneo
e sottocutaneo è chiuso in una specie di sostanza anelastica che è assolutamente non
allungabile, allora in questo contesto sicuramente un danno della cute ci fa pensare ad un
danno dei recettori che regolano la sensibilità somatosensitiva, quindi tutti i recettori per la
pressione, del tatto, ma anche recettori che sono interessati alla trasmissione degli impulsi
collegati alla temperatura.

Allora a questo punto nel momento in cui un pz viene ad avere una vasta ustione tutta quella
zona riceve un danno irreversibile a carico di tutti i recettori. Quindi tutte quelle informazioni
trasmesse che provengono da questi recettori vengono a cessare. Immaginate di manipolare
un oggetto di cui non percepite al tatto le caratteristiche fisiche poiché la mano non più i
recettori per percepirlo; poi se il danno interessa pure il tessuto sottocutaneo e i muscoli
sarà una situazione peggiore perché ci sono i recettori propriocettori che vengono coinvolti.

ALTERAZIONI:
- Anelasticità dei tessuti e retrazioni
- Deficit sistema recettoriale  prima cosa da pensare in un pz ustionato

Le lesioni inoltre dipendono da:


- Età: in un bambino il danno sarà sicuramente peggiore di un adulto nella stessa zona
- Profondità: in funzione dei recettori, degli effettori, del tipo di muscolo che vengono
danneggiati, perché ci sono muscoli più importanti dal punto di vista della attività
quotidiane, ad esempio i flessori per la prensione e nutrizione.

Quindi anche la topografia dell’ustione deve essere considerata in relazione agli aspetti
anatomici e funzionali in virtù del loro ruolo fisiologico.

FUNZIONI DELLA CUTE:


1) Difesa da traumi ed infezioni
2) Ritenzione dei fluidi corporei
3) Regolazione della temperatura corporea
4) Produzione di vitamina D
5) Sensibilità (tatto)
6) Secrezione (ghiandole sebacee)
7) Rigenerazione del tessuto cutaneo

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EZIOLOGIA DELLE USTIONI:

- Termico (calore o freddo)


- Elettrico: esempio le placchette per la ionoforesi
- Chimico
- Radiante

TIPI DI LESIONE:

- 1° GRADO  epidermide arrossato, non ci sono flittene (bolle sierose);


- 2° GRADO  interessa epidermide e derma, vi sono flittene, è presente una grossa
iperemia (aumentato flusso di sangue) e bisogna sicuramente mettere una pomata.
Può essere superficiale o profonda;
- 3° GRADO  danno a tutta la cute fino al tessuto sottocutaneo, la pelle è perlacea e
carbonizzata

Vi sono varie classificazioni, ma la sostanza è distinguere una lesione superficiale da una


profonda in cui vi è distruzione totale dei recettori cutanei.

Quando vi è la carbonizzazione della cute, a questo strato cosa si fa? Sì effettua l’intervento
chirurgico di escarectomia: da un lato viene raschiata tutta questa cute malata e da un altro
viene incisa.

Gli americani hanno creato l’ABA CLASSIFICATION (American Burn Association Classification)
in cui viene considerata la percentuale di superfice cutanea che viene interessata, se sono
interessati gli occhi, faccia, orecchi, piedi, perineo, e se l’ustione interessa un bambino o un
adulto. In base a queste caratteristiche sarà divisa in ustione minore, moderata o maggiore.
In pratica è molto più qualitativa rispetto alla classificazione per gradi.

INTERVENTO CLINICO

- Per prima cosa si cerca di salvare il pz


- Poi si tratta la cute lesionata con antibatterici per evitare gravi infezioni
- Sì procede con l’escarectomia, togliendo le componenti carbonizzate con una sorta
di spatola. In questo modo la cute sottostante torna nuovamente a respirare.
- Sì utilizzano sostituti dermici, colture cellulari di cheratinociti o cellule staminali dalla
banca della pelle che vengono innestati, fatti proliferare e vascolarizzare.

Questi pazienti per farsi la doccia ovviamente devono avere un getto d’acqua molto delicato,
filiforme, con microgocce.

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LA POSTURA TERAPEUTICA

Uomo vitruviano con le braccia allargate a 90°, anche


allargate a 20°, palmo rivolto verso l’alto. Deve essere
tenuta per tutto il tempo necessario perché se le parti
ustionate dovessero rimanere in contatto potrebbero
fondersi e il pz potrebbe essere poi impossibilitato a
camminare e muoversi. Inoltre in questo modo si
evitano le retrazioni muscolari.

In questi reparti utilizzano delle ortesi statiche molto modellabili con il calore che
permettono di adattarli ai vari progressi che il pz fa.

Inoltre si possono utilizzare ortesi dinamiche con degli elastici per la flessione delle dita o
per l’estensione a seconda delle necessità e il tavolo da statica poiché questi pazienti hanno
subito lesioni gravissime e stanno per tanto tempo allettati, quindi di conseguenza non
hanno più il controllo della stazione eretta e devono riprendere tutto il controllo della
postura. Poi in generale possono presentarsi alterazioni della pressione ortostatica per
quanto riguarda la VIS A LATERE, a causa dei recettori pressori dell’arco dell’aorta e della
biforcazione della carotide oppure a causa dell’allettamento.

Come tutte le persone allettare le risposte pressorie al variare della posizione non sono più
efficienti, quindi nel tavolo da statica verrà riabituato a poco a poco alla stazione eretta.

Questo vale per tutte le persone che sono state allettate per tanto tempo.

Cicatrici ipertrofiche  Cheloide  si può procedere con l’innesto, ma comunque si ricopre


ma non si risolve, poiché la cute per funzionare ha bisogno dei recettori.

E’ importante dove si sono formate aderenze eseguire dei massaggi di scollamento, poiché
dove vi sono aderenze vi possono essere limitazioni del movimento.

Quindi ricapitolando:

- Riparare la cute e di questo se ne occupano i chirurghi plastici


- Evitare le retrazioni e queste si evitano, non tanto con la mobilizzazione perché non
si possono fare molti movimenti, ma con le posture e gli splint (ortesi statiche).
- Curare le problematiche legate all’immobilizzazione.
- Rieducarli al cammino nel momento in cui possono tornare a camminare
- Rieducarli ad utilizzare maggiormente il canale visivo, poiché venendo a mancare le
informazioni esterocettive, cerchiamo di stimolare canali alternativi per compensare
il più possibile il deficit recettoriale.
- Se vi è stato un danno del muscolo andare a rievocare nuovamente la sua funzione,
dipende dall’estensione della lesione.

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INTERVENTO RIABILITATIVO NEL PAZIENTE CON PIAGHE DA DECUBITO
Le piaghe da decubito si formano in maniera estremamente rapida e
l’intervento deve essere altrettanto rapido. Se uno non contempla
questa possibilità può rimanere fregato perché la persona stessa non sa
che gli sta venendo la piaga da decubito poiché la cute viene distrutta
con tutti i recettori cutanei quindi il pz non se ne accorge proprio.

Queste lesioni se non si vanno a cercare, piano piano andranno a


formarsi e poi diventa un problema perché dovranno ripararsi per
seconda intenzione.

A livello delle protuberanze ossee è più facile che si vengano a formare


delle piaghe perché la pressione va a chiudere tutta quella
vascolarizzazione a ponte che si trova fra cute e sottocute e la zona va
in necrosi.

E’ da specificare che le piaghe da decubito non sono solo da compressione!

CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DELLE LESIONI CUTANEE:

I) Eritema fisso della cute che permane per almeno 30’. L’epidermide è intatto;
II) Ferita a spessore parziale che coinvolge l’epidermide e il derma. Qui c’è danno,
già si nota la lesione o una piccola ulcera;
III) Ferita a tutto spessore che implica quindi danno al tessuto sottocutaneo e che si
può estendere fino alla fascia muscolare senza attraversarla;
IV) Ferita a tutto spessore con estesa distruzione dei tessuti, necrosi e danno a
strutture muscolari e osteoarticolari. Potrà guarire soltanto con tessuto di
granulazione, quindi per seconda intenzione (cioè per guarigione spontanea).

Se noi interveniamo sul 1° e nella peggiore delle ipotesi sul 2° grado noi riusciamo a
riprendere la situazione. Se aspettiamo il 3° e 4° grado queste si svilupperanno rapidamente
anche perché queste lesioni sono delle vie di ingresso per i batteri che poi sono difficili da
eliminare con gli antibiotici in un pz che è già debilitato.

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In un pz sano che non ha particolari problemi se sta tutti i giorni tutto il giorno a letto non
gli viene la piaga da decubito, perché queste vengono se vi sono devi fattori favorenti che
ora vedremo.

C’è anche il problema dell’alimentazione, perché se il pz è ben nutrito le piaghe si


chiuderanno velocemente.

Inoltre se il paziente indossa un pigiama il rischio di sviluppare piaghe e infezioni è


notevolmente maggiore, oppure se ha troppe coperte, la temperatura della stanza se è
troppo alta. È poi importante mantenere una buona igiene del paziente, questa è fa parte
già della prima prevenzione.

FATTORI FAVORENTI

FATTORI INTRINSECI:

o Immobilità: ad es. un pz con Parkinson o un’emiplegia hanno difficoltà a girarsi;


o Deficit sensitivo:
o Età
o Malattia: ad esempio una neuropatia diabetica in cui non si percepisce dolore
o Conformazione del corpo: le persone magre sono molto più predisposte
o Ridotto apporto nutrizionale: influenza anche il sistema immunitario
o Infezione e incontinenza

FATTORI ESTRINSECI:

o Lesione dall’impatto
o Calore e umidità: più caldo c’è e più si suda, più si suda e più batteri ci sono;
o Postura
o Eccessiva pressione uni-assiale
o Frizione e forze di taglio (o slittamento): le eccessive forze di taglio, date ad
esempio da un lenzuolo ruvido e pesante a contatto con la cute, fanno
chiudere le metarteriole (quelle a 90°) come una cannuccia piegata. Quindi
meglio usare lenzuola di seta che sono più scivolose.

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INTERVENTI:

- PREVENZIONE (no pigiama, lenzuola di seta, temperatura stanza, etc.)


- NUTRIZIONE
- CURA DELLA CUTE (idratazione, igiene e pulizia cutanea)
- POSIZIONI A LETTO (attenzione alla pressione)
- SUPERFICI DI SUPPORTO STATICHE o DINAMICHE:
o Statiche: materassi in schiuma di poliuretano o ad acqua
o Dinamiche: materassi a microperdite di aria o a fluido d’aria (bolle d’aria
rivestite da silicone sensibili al calore pompato nel materasso)
- CAMBI DI POSTURA: ci deve essere un verso, un protocollo su come movimentare il
pz, in modo che chi viene a girarlo ogni volta non lo metta sempre nella stessa
posizione. Questo serve in modo tale che il pz non stia più tempo in una posizione
rispetto ad un’altra.
Quindi se si trova il pz in decubito laterale sx va passato supino, poi in decubito
laterale dx e poi nuovamente in decubito laterale sx.

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Cioni - Lezione 2

LIPODERMATOSCLEROSI
L'edema e l'infiammazione, provocata dai depositi di emosiderina, causano la
lipodermatosclerosi, una infiammazione cronica indurativa del tessuto adiposo
sottocutaneo.

La lipodermatosclerosi è una cosa che sicuramente vedrete nei vostri pazienti, ci sono
pazienti che hanno problemi vascolari, neuropatie diabetiche con interessamento anche
vascolare piano piano si ritrovano questi arti sempre più scuri a causa della natura dei globuli
rossi:

Cosa c’è nei globuli rossi? Ferro quindi assumono quel colorito scuro.

La pelle ad un certo punto, come un palloncino che all’improvviso scoppia perché aumenta
la tensione all’interno del palloncino, allo stesso modo la cute viene sempre più distesa dal
rigonfiamento tissutale e dall’edema che si viene a formare fino a quando comincia a
diventare sempre più tesa che si vede che si strappa e si verificano delle lesioni cutanee
importanti spesso precedute da delle bolle dette anche flitteni tipo quelle che si hanno nelle
lesioni da ustioni, bruciature; quindi si formano queste flitteni che poi si rompono si
infettano e là comincia il coinvolgimento dell’arto fino a comportare anche situazioni molto
gravi.

- A questo punto vi troverete l’arto molto scuro iperpigmentato con al centro una
lesione. Allora si può fare qualcosa, ma si può fare di più, valutando la cute, la quale
si distende, diventa traslucida e la gamba si ingrossa.
- Anche riconoscendo i flitteni, si può intervenire subito con i bendaggi, coprendo la
flittene, mettendo una medicazione e soprattutto con un bendaggio compressivo che
esercita una pressione opposta a quella che il tessuto sta esercitando.
Quindi noi applichiamo una pressione dall’esterno verso l’interno, controbilanciamo
la pressione tissutale ed evitiamo che la cute venga ad essere lesa.

Quindi se si interviene, se uno ha occhio e se ne accorge, si impediscono queste lesioni, che


sono devastanti sia da un punto di vista fisico sia soprattutto psicologico (immaginate
vedersi le gambe in questo stato):

Questo accade in persone che hanno insufficienza cardiaca soprattutto della regione destra,
con disturbo del ritorno venoso e di conseguenza il sangue tende a gravitare verso il basso.
Quindi se uno interviene fa un’opera fantastica; quando vedete che una persona ha già dei
problemi es. neuropatie diabetiche, cute iperpigmentata, traslucida, arto gonfio, che non si
lascia sollevare, quello che volete voi, si deve fare un bendaggio compressivo, poi si possono
mettere delle calze elastiche che esercitano diverse pressioni sull’arto stesso.

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Sono pochissimo accettate dalle persone più anziane, ma già con un bendaggio compressivo
si tiene sotto controllo; poi naturalmente si cerca di lavorare sulla causa scatenante alla base
di tutto ciò.

Le ulcere come al solito procedono rapide, non sono cose che si sono formate nei mesi, ma
vanno piuttosto rapidamente quindi la cosa migliore è quella di intervenire, bisogna anche
farlo notare al medico. Ad esempio sono frequenti le ulcere perimalleolari mediali, tipiche
nelle trombosi venose periferiche associate a neuropatia diabetica la quale non ti fa sentire
dolore e quindi nel tempo il danno si estende.

LINFEDEMA MONOLATERALE
Nasconde una grave situazione, un’ostruzione delle stazioni linfonodali per esempio da
tumore, è preoccupante soprattutto perché è asimmetrica, come se da un lato le stazioni
attraverso cui la linfa passa per tornare dalla periferia al centro fossero ostruite e dobbiamo
preoccuparci di un’occlusione da parte di un tumore;

Mentre quando è sistemico, sia a destra che a sinistra, per esempio l’elefantiasi è bilaterale
perché è un problema sistemico, quindi occhio perché potreste avere dei problemi con
questo tipo di pazienti. Quale tipo di pazienti potrebbe avere questo problema?

Persone che hanno un tumore alla prostata, hanno mal di schiena però hanno
pure il linfedema monolaterale perché ci sono metastasi a livello delle stazioni
linfonodali che ostruiscono il ritorno linfatico.

INSUFFICIENZA LINFATICA CRONICA


Incapacità del sistema linfatico di rimuovere e di portare fuori dalla circolazione
generale la linfa e quindi di svolgere la rimozione del liquido interstiziale.

Il linfedema monolaterale è collegato a un blocco del flusso della linfa


attraverso la stazione linfonodale; Soffrono di questo problema anche le donne
che sono state operate di mastectomia, un intervento molto migliorato
rispetto ad una volta in cui si faceva uno svuotamento dei linfonodi ascellari e
si ritrovavano delle braccia enormi (dal lato operato) dovute appunto ad un
problema riguardo il ritorno linfatico.

Questa è una stazione linfatica con dotti collettori della linfa, e


questi sono i linfonodi che si gonfiano, per tanti motivi.

8 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Anche per un mal di denti, per un foruncolo, un
morso di una zanzara si possono gonfiare i
linfonodi, ma talvolta per motivi più gravi.

- Un capillare linfatico da cosa è formato?

Hanno la forma come un dito di guanto, ma la loro parete è formata da un endotelio che poi
è l’endotelio dei capillari che sono loro vicini e sono sovrapposti ai margini. La linfa è
costituita da sostanze che attraversano il capillare e vanno nel tessuto interstiziale, sostanze
di natura proteica ad esempio, e alcune altre sostanze che vengono trattenute dalle cellule
e le utilizzano, altre sostanze non utilizzate dalle cellule periferiche devono essere riciclate
e rimesse in circolo, per poi tornare utili successivamente, quindi vengono catturate dai vasi
linfatici.

- Vi hanno raccontato cosa è il LINFANGIONE in anatomia? No!

Il linfangione è un qualcosa che si contrae con una sua frequenza come se fosse un piccolo
cuore e spinge la linfa verso le stazioni linfonodali, troviamo sempre delle valvole a nido di
rondine per trovare rimedio alla gravità che se no spingerebbe nuovamente la linfa verso il
basso. Rappresenta la porzione di vaso compresa tra due valvole contigue, dotato quindi di
capacità linfopropulsiva intrinseca; si contrae circa 10 volte al minuto con una pausa di 5
secondi per riempirsi, è fondamentale per il funzionamento del sistema linfatico.

Mentre le vene possono avere anche la vis a latere che le massaggia e fa sì che il sangue
scorra. Lui sfrutterà una distensione e un ritorno elastico, se le pareti si sfiancano, perdono
elasticità e non ci sarà più il ritorno elastico e quindi entriamo nella finestra patologica.

La linfa si raccoglie nella CISTERNA DEL CHILO (o cisterna di Pecquet); da qui


origina il dotto toracico che porta la linfa alla vena succlavia di sinistra;

Il dotto toracico raccoglie tutta la linfa del corpo, ad esclusione di quella


proveniente dal braccio destro, dalla parte destra del torace, dal collo e dalla
testa, che invece viene raccolta dal dotto linfatico destro (che poi si riversa
nella succlavia di Dx).

Questo ci serve perché quando farete manovre di linfodrenaggio, portare la


linfa dalla periferia verso la cisterna chili e il dotto toracico dovete
considerare questi aspetti anatomici, non potete andarci così a caso, dovete
rispettare questi distretti anatomici, sostituendovi così al linfangione.

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MECCANISMI DI PROGRESSIONE DELLA LINFA

1) PRESSIONI DELLE PARETI MUSCOLARI ADIACENTI: anche per quanto riguarda la linfa
c’è la vis a latere;
2) MOBILIZZAZIONE DEI DIVERSI PIANI TISSUTALI: cute, sottocute, etc., scivolano
durante la contrazione,
3) PRESSIONI DELLE ARTERIE ADIACENTI: le arterie pulsano (onda sfigmica) esercitando
una pressione anche sui vasi linfatici.
4) PRESENZA DI VALVOLE ANTIREFLUSSO
5) ATTIVITA’ CONTRATTILE DEL VASO LINFATICO (vis a tergo)
6) RESPIRAZIONE: che non è altro che la vis a fronte, una depressione intratoracica che
si manifesta durante l’atto inspiratorio; la depressione intratoracica fa sì che il sangue
ritorni più facilmente alla sezione destra del cuore, e quindi oltre al sangue venoso ci
sarà la linfa favorita dalla depressione intratoracica.

INSUFFICIENZA LINFATICA PURA


Il quadro clinico può essere caratterizzato da linfedema causato da infezioni, traumi,
radioterapia, tumori.

Poi ci sono delle situazioni in cui non c’è un danno centrale vero e proprio ma c’è
un’insufficienza linfatica pura ad esempio quando saltano le stazioni linfonodali in seguito a
mastectomia, qui la linfa che è formata da proteine si accumula e il braccio si gonfia e rimane
in quella maniera, e qui noi interveniamo.

La riabilitazione non è la scienza del post, ma anche quella del pre, dobbiamo intervenire
subito perché se interveniamo tempestivamente possiamo prevenire determinate
conseguenze.

A quelli del terzo quando facciamo i bambini dico sempre che la riabilitazione è tempo-
dipendente, quindi chi rinvia sempre le cose non sarà mai un buon riabilitatore quindi
dobbiamo cercare subito di intervenire appena possibile.

- Le proteine fuoriuscenti fanno aumentare la pressione oncotica e di conseguenza


l’arto diventa sempre più voluminoso.
- Poi si va verso la sclerosi che è dovuta alla formazione di cicatrici interne di
fibrinogeno che si organizza a formare delle strutture molto rigide. Si possono
presentare elefantiasi e disabilità funzionali.

Conseguenze dell’edema:

- Interessamento di cute, sottocute, fasce e muscoli;


- Dermatite, eczema, iperpigmentazione cutanea, ulcera cronica, lipodermatosclerosi.

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INSUFFICIENZA VENOSA CRONICA
Invece adesso consideriamo l’insufficienza venosa cronica, sappiamo come avviene il ritorno
venoso, che nelle vene ci sono le valvole a nido di rondine quindi il ritorno indietro viene
impedito per la presenza di questi nidi di rondine;

Il sistema venoso ha la funzione di portare il sangue dalla periferia al cuore.

Noi sappiamo anche piuttosto bene che uno dei problemi delle persone che hanno avuto
una lesione al midollo spinale è il danno al controllo, da parte delle strutture
soprasegmentarie, dei motoneuroni viscerali che si trovano nelle colonne intermedie del
midollo spinale.

Quando vi è una lesione a livello soprasegmentario viene a saltare il controllo del tono
venoso e arterioso da parte del sistema vegetativo.

A questo punto che succede? Queste persone quando si provano a mettere in piedi hanno
delle crisi ipotensive, perché viene a mancare il ritorno venoso, dato che i muscoli non si
contraggono perché c’è stato un danno al midollo spinale e quindi i motoneuroni non
funzionano; c’è un difetto nel controllo del sistema di ritorno, il sistema venoso e di
conseguenza hanno bisogno di bendaggi contentivi che esercitano una pressione a latere in
modo da favorire il ritorno venoso; Questa ipotensione è una delle problematiche principali
quando dalla posizione supina cercano di mettersi all’in piedi.

A parte il fatto che quando una persona sta per molto tempo distesa gli stessi recettori
dell’arco aortico (barocettori e chemiocettori) perdono l’allenamento ai cambi di postura e
di conseguenza devono essere nuovamente riallenati.

Quindi il paziente con lesione al midollo spinale è un paziente che ha sicuramente problemi
di ritorno venoso.

Andate a toccare una gamba di una persona emiplegica: vedrete che l’arto plegico è più
freddo rispetto all’arto sano. Allora si vede che pur non essendo il classico paziente
cardiopatico c’è un difetto del ritorno venoso perché la paralisi impedisce che ci sia
movimento dei muscoli che massaggiano le vene. Ma comunque tutte le condizioni in cui c’è
un danno a carico dei motoneuroni spinali e di conseguenza del controllo della muscolatura,
portano problemi al ritorno venoso, che è essenziale perché in fase di diastole avviene il
riempimento del cuore, del ventricolo, e poi avviene la liberazione; se non arriva la giusta
quantità di sangue naturalmente, verrà espulso meno sangue e non sarà in grado di
distribuire in maniere adeguata il sangue e i suoi contenuti, come l’ossigeno ai tessuti.

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Qua vedete tutte le cause di insufficienza venosa cronica, che vanno dalle semplici
teleangectasie che sono quelle cose anestetiche, quelle piccole venuzze che si vedono nelle
gambe degli uomini e soprattutto delle donne, fino alle vene varicose conclamate, e poi ci
sono altre forme di ulcere. L’insufficienza può essere di diversi tipi che vanno da 1 a 6.

Già vi ho detto quali sono le funzioni che permettono il ritorno venoso (pompa muscolare e
valvole venose) inoltre troviamo il cammino, tutte le varie fasi sono collegate al ritorno
venoso, qua c’è una bella illustrazione in cui durante la fase di spinta c’è la contrazione del
gastrocnemio e questo è un grosso momento di ritorno venoso, che è minore quando
poggiamo il piede, massimo in questa fase di contrazione del gastrocnemio (seconda parte
della fase del passo).

E vedremo che poi uno dei problemi nelle arteriopatie è quello in cui si può avere la
claudicatio intermittens, condizione frequente soprattutto in coloro i quali fumano.

Ma tutto ciò a cosa ci può servire? Cioè noi combattiamo dalla mattina alla sera per cercare
di mantenere il muscolo sufficientemente elastico (esercizi ecc.).
Tuttavia dobbiamo anche pensare all’aspetto dell’insufficienza venosa, perché un bel
muscolo per essere bello roseo (se c’è scarso circolo lo vediamo biancastro), dobbiamo far
sì che gli arrivi la giusta quantità di sangue, perché se togliamo ossigeno, da tessuto elastico
il muscolo sarà sostituito da tessuto fibroso.

Quindi se noi lavoriamo bene sul versante cardiocircolatorio, tenendo sempre a mente di
controllare questo parametro e di lavorarci, dando una buona funzione cardiorespiratoria,
faremo un buon lavoro.
Quando vedo una persona sul tapis roulant oltre a farla camminare meglio penso al suo
cuore e all’apparato respiratorio, e sono tutto contento perché in quel momento il sangue
sta girando; invece nel bambino con paralisi cerebrale infantile, che è in parte condannato
ad una ipoattività motoria, mentre i suoi coetanei fanno come tanti pazzi nei campetti di
calcio, questo mi importa, cioè fornire una certa ossigenazione al tessuto muscolare su cui
già sto lavorando facendo gli esercizi: quindi teniamo bene a mente questi aspetti.

Se vi capita di andare in sala operatoria che fanno intervento di chirurgia funzionale, poi
vedrete che quando il chirurgo opera il muscolo spastico e va a sfilacciare l’aponeurosi, il
muscolo è biancastro, appena si apre questa camicia stretta, diventa rosso perché gli
affluisce il sangue:

Quindi spesso lavoriamo su muscoli asfittici, pensando di fare chissà che cosa; ma se non si
risolve il problema circolatorio i risultati saranno sempre parziali.

Uno pensa di sviluppare schemi motori ma se non teniamo a mente questi problemi
mancherà sempre la benzina.

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Allora vediamo la pressione venosa durante il cammino normale, oscilla da 80 a 30 mmHg,
quindi se uno sta fermo la pressione aumenta, perché non contrae i muscoli a meno che non
lo faccia volontariamente per cercare di mettere in circolo il sangue.
In un paziente con deficit di controllo della pressione, questa sarà molto alta e tenderà a
sfiancare le vene, e per giusta regola bisognerebbe cercare di aumentare questa forza di
contrazione per favorire il ritorno venoso, usando una serie di stratagemma; questi sono
campi che meritano di essere esplorati, generalmente nelle mani di cardiologi e chirurghi
vascolari.
Quello che si deve fare è l’elastocompressione:
- Elastocompressione con BENDE
- Elastocompressione con CALZE

Prima con bende e poi con calze. Per mettere queste calze elastiche c’è una tecnica perché
sono talmente strette che hanno bisogno di un’ottima compliance innanzitutto, e si usa una
guida in plastica per tirarle su progressivamente. Si dovrebbero educare i pazienti
all’elastocompressione, spesso incontrerete pazienti arrabbiati perché stanno male,
sovrappeso e avrete problemi ad istruirli.

DRENAGGIO LINFATICO MANUALE

- PRESSOTERAPIA PNEUMATICA: ci sono dei manicotti che si possono gonfiare, si


mettono attorno all’arto e progressivamente si gonfiano aumentando la pressione
esterna che si oppone a quella interna;
- ELASTOCOMPRESSIONE: bende e calze
- FARMACOTERAPIA: es. con la cumarina
- FISIOTERAPIA ANTISTASI: per evitare che l’aumento della pressione sfianchi le arterie.
- METODICA DI VODDER:
o Pressione 30-40 mmHg, spingendo e portando in avanti;
o Evitare sfregamenti che causano lesioni e siccome stiamo trattando un arto a
rischio per lesioni da distensione, chiaramente non possiamo danneggiarlo;
o Non usare oli, creme o pomate se no la mano scivola e la metodica è inefficace;
o Ritmi lenti e frequenza costante durante il giorno;
o Non provocare mai dolore;
o Progressione verso il centro (direzione centripeta);
o Pressione della mano perpendicolare (dall’alto verso il basso);
o Solo spinta centripeta senza ritorno, esercitando una pressione non eccessiva.

Il medico danese Vodder cominciò a sviluppare questa metodica, lo scopo quale può essere?
Quello di fare afferire la linfa verso le strutture adeguate (cisterna chili e dotto toracico), con
dei movimenti in questo caso concentrici.
PLAYLIST  https://www.youtube.com/playlist?list=PLrYk-NaukFWXQgtuV35rS1IdFyYimkVUq

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Poi ci sono diverse prese a seconda delle tecniche per favorire il ritorno venoso, uno che
deve fare? Prendete un bel metro, prendete un riferimento, una protuberanza ossea,
prendete le misure, e dopo 2 settimane di trattamento la misura della circonferenza dell’arto
è diminuita oppure non è successo niente; è bello anche sapere dei propri risultati e
verificarli.

RIABILITAZIONE DELL’ARTERIOPATIA OBLITERANTE


Se voi state un attimo attenti quando camminate e guardate il cammino degli altri, potete
notare che ci sono delle persone durante il cammino si fermano come se avessero un
crampo al polpaccio, queste persone hanno una claudicatio intermittens, ovvero nel senso
che si fermano, poi gli passa il dolore e riprendono a camminare, dopo altri 10-20 passi si
bloccano perché gli fa male il polpaccio.

Questa claudicatio intermittens, chi ne “beneficia”?

I fumatori, perché si viene a creare un danno delle arterie e di conseguenza si ha una


riduzione del calibro delle arteriole, del sistema soprattutto periferico;

A questo punto che succede? Se tu cerchi di camminare dopo un poco che cammini, il letto
capillare del muscolo si apre tutto, voi sapete che a riposo solo una parte del letto capillare
è aperto, quanto serve per stare seduti, mentre quando uno corre poiché c’è maggiore
necessità di ossigeno, si apre tutto il letto capillare e affluisce più sangue, allora fin quando
quella persona sta seduta non succede niente perché quel po’ di sangue che riesce a passare
attraverso l’ostruzione basta per quello che deve fare, ma appena inizia a camminare,
soprattutto in salita quando fatica e la richiesta di ossigeno
è superiore, poiché ci sarà un’ostruzione, ci sarà a sua volta
una riduzione del flusso, quindi il flusso rimane quello che
è perché l’ostruzione è fissa, solo che la richiesta di
ossigeno è maggiore da parte del muscolo perché sta
facendo uno sforzo in più, quindi rimanendo fermi, la
quantità di sangue che viene fornita attraverso quel vaso
fornito è sufficiente, ma se cammini prolungatamente, o in
salita, o corri, non basta, si verifica il crampo doloroso.

A questo punto possiamo fare qualche cosa, perché c’è una plasticità che non è solo
qualcosa dipendente dal SNC, c’è anche una plasticità dei vasi, nel senso che i capillari
possono aumentare sulla base dell’esercizio (che fa sviluppare quindi l’albero capillare) e
allora non bisogna immobilizzare l’arto, bensì bisogna fargli fare degli esercizi, che non
saranno sufficienti per aumentare il calibro del vaso ostruito (quello è ostruito e basta), ma
per fare aumentare il letto capillare e soprattutto il circolo collaterale, perché questo vaso
ostruito avrà sicuramente delle sue collaterali (soprattutto a monte).

14 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


A questo punto se facciamo l’esercizio sviluppiamo le collaterali di questo vaso;

Sviluppando i vasi collaterali è come se bypassassimo l’ostruzione, rifornendo di sangue,


attraverso altri vasi sempre importanti, il muscolo che aveva un ridotto afflusso di sangue.

Cosa possiamo fare? Ci sono tante maniere.

Bisogna vedere se una persona è disponibile, molto precisa, oppure è uno che non ha tempo,
si distrae e non fa gli esercizi. Quest’ultima persona la facciamo venire in palestra 3 volte a
settimana e si fa il suo esercizio al tapis roulant; se è disponibile lo può fare anche a casa.
Allora bisogna conoscere qual è la soglia a cui si manifestano questi problemi. Anche per il
mal di schiena ci sono movimenti che se superati fanno scatenare il dolore come dei
movimenti di torsione.
Quindi vedere quanti passi fa quella persona prima che si manifesti il dolore, il crampo.
Allora in questo caso, sapendo che dopo 100 passi a quello viene il crampo, lo fai fermare a
98, dopo di che ti regoli; mano a mano cerchi di aumentare l’esercizio, cercando di fare finire
la persona un po’ prima che si manifesti il dolore, se no la persona perde in compliance,
quindi lo facciamo fermare un poco prima, ma sempre aumentando progressivamente
l’esercizio, in modo che si sviluppi il circolo collaterale senza che la persona presenti dolore.

Come si può fare? Per esempio si possono usare diverse velocità o inclinazioni sul tapis
roulant; ad esempio se vai in salita hai un diverso lavoro da parte dei muscoli; anche in salita
devi vedere quale è la soglia del dolore e lo si fa fermare un poco prima.

Voi sapete che il flusso dipende dalla sezione, dalle resistenze. Quando ci sono queste
problematiche il chirurgo vascolare fa quello che deve fare, ma il nostro obiettivo è lo
sviluppo del circolo collaterale attraverso esercizio aerobico che tenga conto della soglia del
dolore (claudicatio) e che permetta alla persona di esercitarsi, fermandosi un po’ prima.

Al fumatore incallito che poi gli viene questo tipo di problema, è una persona che fa poca
attività, voi vedete la soglia e lo fate lavorare regolarmente, quel lavoro regolare gli
permetterà di aumentare le collaterali e gli permetterà di andare ancora più avanti, il dolore
non gli arriverà a 100 passi, ma gli verrà a 120, 150. Non sono cose teoriche, succedono
veramente.
È un tipo di attività aerobica che si deve fare tenendo conto del problema della compliance,
della disponibilità mentale della persona, evitando di fargli sentire dolore, se no si bloccano
e non vogliono più fare questo tipo di esercizi;
Ad esempio, un’altra cosa, si può mettere l’orologio col cardiofrequenzimetro: facendo la
valutazione si vede dopo quanto tempo gli viene dolore, a che frequenza cardiaca, si cerca
di allenare il pz aerobicamente, tenendo presenti i parametri cardiocircolatori che si possono
registrare facilmente con un orologino che costa circa 40 euro.

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 15


Se abbiamo un po’ di fantasia lo possiamo applicare a tante situazioni, anche quelli che sono
sedentari ma che comunque non hanno dolore da arteriopatia, questo metodo volendo lo
possiamo utilizzare con persone con emiplegia, perché abbiamo detto che c’è un difetto di
vascolarizzazione dell’arto; lo possiamo utilizzare in tutte le altre patologie in cui c’è disturbo
della circolazione per favorire il ritorno venoso e l’ossigenazione dei tessuti.
Quindi anche se un paziente ha un problema ortopedico quando fa attività sono problemi
che potrebbe avere.

Ci siamo dimenticati di parlare dell’esatto opposto, cioè quando vengono a saltare tutti e 2
gli arti inferiori (vedi lezioni primo semestre) e manca proprio l’albero arterioso e venoso,
non c’è ritorno:
In questo caso saltano le resistenze periferiche, nel senso che il sangue non deve fare tutto
il giro, ma arriva alla pelvi e ritorna, quindi un giro dura molto meno rispetto al normale
grande giro, ci vuole una grande sincronizzazione a livello della sezione destra del cuore.

ARTERIOPATIE OBLITERANTI
Per chi fuma sono una cosa scontata. Infatti uno dei problemi principali è che se sei fumatore
a 50 ti viene una cardiopatia, ti dovranno mettere uno stunt, oppure potrai avrai problemi
dell’attività sessuale, perché poi ci saranno problemi a carico delle biforcazioni dell’aorta
con conseguente deficit di irrorazione soprattutto per gli uomini.

Quindi sono problematiche cardiocircolatorie che vengono sicuramente, non c’è dubbio, sia
nell’uomo che nella donna.

CLAUDICATIO INTERMITTENS:

Aumenta con l’età e a 65-69 anni sarà già abbastanza diffusa, circa il 6% della popolazione.
Vedrete che ci sono diverse forme di obliterazione, a me interessa soprattutto quello che vi
ho detto, il concetto, di come poi eventualmente intervenire e come metodologicamente
operare; perché se mi dite che l’avete messo sul tapis roulant e non andate a prendere la
frequenza è uno sbaglio.
Ma in ogni caso anche se sapete la
classificazione è una cosa buona.
Chiaramente il dolore ischemico
quando l’ostruzione peggiora ci sono
le ulcere, la gangrena e poi
l’amputazione; il sangue si riduce e
quindi l’insufficienza arteriosa è una
problematica seria.

16 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Allora il dolore bruciante bisogna fare una diagnosi differenziale se il problema arterioso o
venoso, comunque state tranquilli a me non interessa chiedere a voi che sappiate fare una
diagnosi differenziale di questo tipo. Mi interessa invece che voi sappiate che il vostro
paziente può morire, perché oltre ad avere il problema nell’arteria può averlo a livello
cardiaco e vascolare; quindi a livello periferico vedi che ha occlusione e dolore, a livello
cardiaco diventa un’angina e poi un infarto, mentre nell’encefalo diventa un infarto
cerebrale.

Comorbilità cardiovascolare:
- Il pz. con claudicatio presenta un rischio di morire per una complicanza
aterosclerotica da 2 a 4 volte superiore rispetto una persona senza claudicatio.
- Il 5% dei pz. con claudicatio presentano ogni anno un evento avverso (fatale o non)
di tipo cardiovascolare.
- Il 5% dei pazienti va incontro ad amputazione nei successivi 5 anni.

Fattori di rischio che possono essere controllati sono il diabete, il fumo di sigaretta, l’obesità,
dislipidemie, ipertensione e iperomocisteinemia che è un altro parametro importante anche
per l’ictus quindi è bene controllarla, però non è sicuro che possa essere molto modificata.

Importante capire quando viene questo dolore, perché se gli


viene salendo le scale ed abita in un edificio al quarto piano
senza ascensore, allora comincia ad essere un poco più
complicato; quindi può essere utile un calendario per annotare
i percorsi che fa il paziente.

Importanti anche gli intervalli di tempo di marcia relativo al


dolore: distanze che il soggetto riesce a percorrere fino alla
comparsa del dolore.

Quindi ricapitolando dobbiamo:


- Incrementare la capacità del muscolo a resistere alla fatica (metabolismo ossidativo)
- Incrementare i vasi collaterali e migliorare la ridistribuzione del flusso sanguigno;
- Facilitare la vasodilatazione;
- Migliorare la biomeccanica: questo miglioramento della biomeccanica è interessante
anche perché ci sono delle fasi del cammino che consumano più ossigeno perché c’è
più contrazione muscolare e dispendio di energia e possiamo controllarlo, dando
anche dei plantari che permettano un migliore appoggio del piede del paziente.

Il punto è che la maggior parte delle persone sono sedentarie, quindi si può fare o esercizio
fisico spontaneo o controllato, noi preferiamo quello controllato perché dobbiamo assistere
il paziente dal punto di vista delle loro capacità affinché l’attività fisica sia assolutamente
benigna e ben orientata.

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 17


A queste persone dovete fare (a detta di uno studio) almeno dai 30 ai 60 minuti, 3 volte alla
settimana per 3 mesi di attività fisica, lavorando alla “massima velocità asintomatica”, quindi
uno deve vedere a quale velocità inizia a venire il dolore e poi cerca di mantenere la velocità
massima senza causare dolore.
LINK.1  https://www.youtube.com/watch?v=I4jxjWIbWyg
LINK.2  https://www.youtube.com/watch?v=nCJEuoSbW-A

SINDROME DEL BURNOUT


Un danno in cui tutti noi possiamo incorrere di natura psicofisica, soprattutto psichica, è il
burnout. È il risultato patologico di un processo che colpisce persone che esercitano
professioni in cui si aiutano altre persone, e in cui si coinvolgono molto. Prende soprattutto
chi lavora coi pazienti oncologici, come nei reparti di oncologia pediatrica.

Riguarda particolarmente chi si coinvolge molto nel proprio lavoro, quando il carico di stress
prodotto dal loro impegno diventa eccessivo, al punto tale che si è costretti a coinvolgersi
man mano sempre di più. A un certo punto cosa succede? Vedete gente che vi muore
attorno, e a poco a poco ci si abitua, talvolta sviluppando un distacco eccessivo.

Sicuramente il punto di partenza è quello: professione di aiuto, voi ci siete in pieno, io pure
ci sono in pieno, anche se io dico alle persone di bruciarsi nel buono, non puoi trattare
persone e bambini ed essere distratto, o pensare a loro come “clienti”.
Alla fine è come se si andasse contro i loro stessi principi che li hanno spinti verso queste
professioni con amore. Secondo me ci sono due tipi di persone:
- Da un lato chi si coinvolge troppo e si deprime pensando sempre a queste persone
che poi lascia e smettere di vivere la vita al di fuori;
- Dall’altro chi se la prende con la stessa causa della propria sofferenza.

Le fasi del Burnout:


1) ENTUSIASMO: assunzione delle responsabilità, idealizzazione del ruolo,
accantonamento dei bisogni personali
2) STAGNAZIONE: sottoposti a carichi di lavoro e di stress eccessivi, iniziamo a renderci
conto di come le nostre aspettative non coincidano con la realtà del nostro impegno.
L'entusiasmo, l'interesse ed il senso di gratificazione iniziano a diminuire.
3) FRUSTRAZIONE: avvertiamo sentimenti di inutilità, inadeguatezza, insoddisfazione,
uniti alla percezione di essere sfruttati, troppo pieni di impegni e poco apprezzati.
4) APATIA: l’interesse e la passione per il proprio lavoro si spengono completamente e
all’empatia subentra l’indifferenza, fino ad una vera e propria “morte del ruolo”.
5) RIFIUTO: subentra nella fase finale il rifiuto del proprio ruolo e il desiderio di fuga
dall’ambiente che produce stress, avvertiamo pensieri e talvolta agiamo
atteggiamenti aggressivi verso gli altri o verso se stessi.

18 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Cioni - Lezione 3

LA RIABILITAZIONE DELL’ANZIANO

Nelle patologie internistiche bisogna considerare la persona nel suo complesso:


1) Bisogna tenere in considerazione soprattutto in pazienti anziani di tutti i fattori,
patologie concomitanti che potrebbero intralciare il processo riabilitativo,
2) Come intervenire per prevenire le disabilità indotte dalla riduzione dell'attività fisica?
(I quali possono portare ad altri disturbi come quelli cardio circolatori).

Negli ultimi anni è aumentato l'interesse per la persona anziana, soprattutto nel prevenire
l'insorgenza di alcune patologie e migliorando la qualità della vita.
L'anziano in salute ha un equilibrio fragile e bisogna stare attenti all'uso di farmaci che
potrebbero intaccare questo equilibrio.
La sedentarietà genera disabilità, è importante che la persona anziana sia in grado di eseguire
da sola azioni quotidiane essenziali come il salire le scale, preparare il caffè, etc, sia per una
propria indipendenza motoria quanto anche per un benessere psicologico.

Obiettivi del fisioterapista:


1) Ridurre il rischio di disabilità, istituzionalizzazione e morte;
2) Recuperare autosufficienza;
3) Migliorare o eventualmente mantenere la funzionalità residua;

VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE DELL’ ANZIANO:

Si inizia con una valutazione fatta dal team:


- Medico, infermiere professionale, assistente sociale;
- Fisiatra, fisioterapista, medico specialista, psicologo.

Componenti della valutazione multidimensionale nell’anziano:


• Salute Fisica
- Elenco dei problemi medici tradizionali
- Indicatori di severità di malattia
• Capacità funzionale generale
- Attività della vita quotidiana
- Valutazione del cammino e dell’equilibrio
- Capacità di performance fisica
• Salute psico-cognitiva
- Test psicometrici di capacità cognitiva
- Test psicometrici di stato affettivo
• Indicatori sociali e ambientali
- Risorse e necessità sociali
- Situazione ambientale

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 19


1) VALUTAZIONE CLINICA

- NUTRIZIONE: importante è la nutrizione che deve essere controllata,

- ANAMNESI FARMACOLOGICA: più farmaci usano peggio stanno, bisogna chiedere ai


pazienti anziani quali farmaci prendono e non che patologia hanno, perché saranno
molto più disponibili a dire che terapia ha piuttosto che la patologia;

- FUMO, ALCOOL o TOSSICODIPENDENZA: vedere se fumano bevono alcolici, il fumo è


sicuramente dannoso per l'apparato cardio circolatorio, l'alcol è sicuramente dannoso
per il cervello fegato e anche il cardiocircolatorio, e tutti e due sono pericolosi per
l'apparato riproduttore;

- ESERCIZIO ed ADL: conoscere l'attività fisica che fanno e la qualità con cui la fanno e
la frequenza per prevenire l’atrofia muscolare;

- PREVENZIONE INCIDENTI: si effettua una valutazione sensoriale, cognitiva e


dell’equilibrio, deambulazione, vedere anche se hanno problemi a vista e udito,
misurare la pressione, peso e altri valori vitali, inoltre valutare le capacità mentali
(memoria, concentrazione etc.) per prevenire incidenti.

2) VALUTAZIONE DELLA CAPACITA’ DI PERFORMANCE FISICA

L'attività fisica strenua, cioè quando la frequenza si trova nella soglia aerobica (100-130),
stimola anche l'attività cerebrale dando sia benessere fisico che mentale, perché a livello
cerebrale si attivano tutta una serie di fattori trofici.

C’è quindi un’estrema correlazione tra attività fisica e attività psichica con miglioramenti
strettamente proporzionali.

Questo è supportato da alcuni dati riportati nella letteratura scientifica riguardo al fatto che
subito prima che si sviluppi una demenza di Alzheimer, frontoparietale o vascolare, si
comincia a sviluppare un disturbo dell'attività locomotoria.
Quindi quando si presenta un disturbo dell’attività locomotoria, in età senile, bisogna subito
impostare un intervento riabilitativo per migliorare le capacità cognitive e mnesiche per
cercare di prevenire o comunque ritardare il manifestarsi della demenza.

Se il paziente ha un passato da fumatore o abuso di alcolici ovviamente questa attività


strenua non è assolutamente consigliabile.

Vi sono delle scale di valutazione della disabilità che vanno a valutare le attività quotidiane
semplici e più specifiche: le ADL (activities of day living) e IADL (Instrumental activities of day
living)

20 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


La scala di Barthel o Indice di Barthel ADL è una scala ordinale utilizzata per misurare le
prestazioni di un soggetto nelle attività della vita quotidiana (ADL, activities of daily living
La qualità della vita dipende dal grado di dipendenza dagli altri, più sei dipendente meno
felice sei e viceversa.

TIME UP AND GO TEST: si effettua cronometrando il tempo che il soggetto impiega ad alzarsi
da una sedia senza appoggiarsi e percorrere 3-4 metri, girare, tornare indietro e risedersi (si
possono usare gli ausili). Il tempo medio di una persona sana è di 8 secondi circa. Non è un
test per il cammino, serve per vedere la mobilità dei pazienti, il test è valido a livello
internazionale (anche per i casi di Parkinson e di ictus).

- Tempi tra 11 e 20 secondi sono nei normali limiti per anziani con fragilità e pazienti
disabili;
- Tempi superiori ai 20 secondi indicano che la persona necessita di assistenza esterna
e la necessità di ulteriori esami e interventi.
- Un punteggio superiore ai 30 secondi suggerisce che la persona potrebbe essere
soggetta a cadute

3) VALUTAZIONE DELLE FUNZIONI COGNITIVE E DELLO STATO AFFETTIVO

MINI MENTAL TEST: è un test per la valutazione dei disturbi dell'efficienza intellettiva e della
presenza di deterioramento cognitivo. Il punteggio totale è compreso tra un minimo di 0 ed
un massimo di 30 punti (Orientamento nel tempo, nello spazio, memoria, calcolo, etc.):
- Un punteggio uguale o inferiore a 18 è indice di una grave compromissione delle
abilità cognitive;
- Un punteggio compreso tra 18 e 24 è indice di una compromissione da moderata a
lieve;
- Un punteggio pari a 24 è considerato borderline;
- Da 24 a 30 è indice di normalità cognitiva.

Le indicazioni sono comunque orientative, essendo presenti dei fattori di variabilità legati
all'età ed alla scolarità del soggetto. Inoltre è stato costruito essenzialmente sulla base dei
sintomi di patologie a esordio funzionale (come la malattia di Alzheimer), in un soggetto
affetto ad esempio da una patologia ad esordio disesecutivo (come la malattia di Parkinson)
può non evidenziare alcun deterioramento, se non a stadi molto avanzati della malattia.

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 21


GERIATRIC DEPRESSION SCALE (GDS): è composto da 30 items
- Cut-off normale = 0-9
- Depressione lieve = 10 - 19
- Depressione Grave = 20 - 30

La depressione: vi sono due tipi una maggiore e una minore.

- Quella minore scaturisce in genere da un evento scatenante di una certa portata come
un lutto in famiglia, divorzio etc. che provoca un abbassamento dell'umore (si tende
a vedere il mondo grigio) e ha una durata di circa 6 mesi e poi si ritorna più o meno
alla normalità, quindi il minore si riconosce in una temporalità e con una causa.

- Il maggiore non ha una causa particolarmente evidente e non ha una temporalità


definita, si riconoscono delle basi biologiche nella diminuzione delle monoammine
cerebrali che causano dei sintomi ben precisi:
o NORADRENALINA  stato frequente di agitazione, morte imminente, ansia;
o DOPAMINA  diminuzione del piacere;
o SEROTONINA  disturbi nel sonno.

Questi disturbi possono ritrovarsi nell'anziano dovuti anche alla diminuzione dei neuroni che
se non stimolati iniziano a diminuire la loro efficienza e ovviamente anche a condizioni
ambientali, inoltre questi disturbi sono aggravati dalla solitudine che diminuisce gli stimoli e
le interazioni sociali.
Gli anziani sono un valore importante della società, in Canada svolgono lavori socialmente
utili come volontari.

4) VALUTAZIONE SOCIO-AMBIENTALE

Da effettuare soprattutto in soggetti che presentano limitazioni dello stato funzionale al fine
di ridurre il rischio di incidenti domestici e cadute.

Valutare inoltre lo stato socio-economico, la capacità sociale (fisica, psichica e ambientale) e


la rete sociale, capire inoltre di che tipo di supporto sociale beneficia l’anziano.

FATTORI DI FRAGILITA’ NEGLI ANZIANI


- Chi sono gli anziani fragili?

Quei soggetti di età avanzata o molto avanzata, cronicamente affetti da patologie multiple,
con stato di salute instabile, frequentemente disabili, in cui gli effetti dell’invecchiamento e
delle malattie sono spesso complicati da problematiche di tipo socio-economico. Sulla base
di questa definizione, la fragilità comporta un rischio elevato di rapido deterioramento della
salute e dello stato funzionale e un elevato consumo di risorse.

22 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


La sindrome della fragilità comprende problematiche come:
- Perdita di peso, debolezza muscolare, astenia, malnutrizione e anoressia portano alla
morte di alcune fibre muscolari,
- Disturbi dell'equilibrio, rallentamento della marcia
- Debolezza delle ossa che al minimo urto si fratturano,

Tutto questo porta un alta probabilità di disabilità, cadute, interventi ospedalieri, mortalità
e problemi cognitivi.

La forza delle nostre ossa risiede nella muscolatura, le ossa non sono particolarmente
resistenti sono per lo più elastiche, i calciatori non si fratturano ogni 5 min perché hanno
grosse masse muscolari che rinforzano la struttura.

Prevenzione della fragilità:


- Cessazione dal fumo
- Mantenimento di BMI nella norma
- Esercizio fisico
- Alimentazione corretta

È consigliabile lasciare gli anziani a casa loro e non portarli nelle case di riposo.

[Fa vedere il video di una signora di 95 anni che sembra una contorsionista e dice che la
chiave di volta della vita è l'attività fisica]

RIABILITAZIONE DEL PAZIENTE CON CANCRO DELLA MAMMELLA

È tra le principali cause di morte nelle donne di età compresa tra i 20 e i 59 anni.
Fortunatamente se rilevato e curato si riesce a sopravvivere, prima si asportava tutto il seno
ora invece anche solo una parte favorendo così il fattore psicologico (la completa
asportazione del seno è fattore di depressione particolare per la donna perchè viene a
mancare uno dei suoi elementi caratteristici). Uno dei punti particolari è il cavo ascellare,
prima si procedeva all'asportazione di tutti i linfonodi ascellari creando problemi nel ritorno
della linfa che causavano il rigonfiamento del braccio.

La sua incidenza è in continuo aumento e rappresenta più del 30% dei nuovi casi di tumore
nelle donne. Oggi, grazie alla diagnosi precoce e ai vari trattamenti per la cura di questo
tumore la sopravvivenza media a 5 anni dalla diagnosi è dell’85%.

Il cancro della mammella è una patologia che necessita di un trattamento riabilitativo perché,
nonostante il notevole progresso raggiunto nella terapia chirurgica e ricostruttiva della
mammella, alcune procedure chirurgiche e terapeutiche comportano deficit funzionali e una
certa quota di invalidità:

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 23


Vi sono una serie di problematiche riferite alla chirurgia, scapola alata quando si ha una
lesione al nervo toracico lungo, sindrome della mammella fantasma (simile all'arto
fantasma), capsulite adesiva, tendinite della cuffia dei rotatori, linfedema e neuropatie,
sindrome della corda ascellare (in cui si vede proprio una corda tendinea che passa nel cavo
ascellare).

Le donne che hanno subito la mastectomia devo fare esercizi per mobilizzare la spalla,
scollare i tessuti e le aderenze. Si fa un esame funzionale sui movimenti della spalla per
verificare la presenza di dolore o di problemi a specifici gruppi muscolari come la cuffia dei
rotatori (vi è anche una valutazione psicologica). Il problema comunque fondamentalmente
è quello della spalla quindi bisogna ottenere una buona mobilizzazione della spalla (sui tre
piani) e fare quindi tutto ciò che può impedirlo.

La stabilità articolare della spalla dipende principalmente dall’attività muscolare della cuffia
dei rotatori. Vi sono alcuni test specifici per la cuffia:
 Test dell’apprensione
 Fulcrum test
 Test del cassetto

Poi Test muscolari manuali (MMT): sono dei test che servono per la valutazione della forza
muscolare e comprendono:
 MMT per la flessione, estensione, abduzione, adduzione, rotazione interna e
rotazione esterna della spalla

LINFEDEMA DELL’ ARTO SUPERIORE:


Bisogna vedere lo stato della cute se è molto tesa, se c'è dolore, calore, se quando si prova
a spingere rimane il segno sulla cute (segno della fovea), se vi è sclerosi tissutale, poi inoltre
si può misurare la circonferenza dell'arto partendo da un riferimento osseo, calcolo della
massa magra per quantificare l'edema e la sede ostruita che in questo caso è nel cavo
ascellare. Quindi in sintesi bisogna trattare:
- Il dolore, il linfedema e la mobilità della spalla, correzione delle posture scorrette,
riabilitazione psicologica, acquisizione di nuove abilità e recupero delle potenzialità
residue.

1) Nella prima fase curare la pelle ed evitare lo scoppio del linfedema trattandolo col
drenaggio manuale, autodrenaggio o anche con sistemi automatici o bendaggi.
2) Completata la prima fase si adoperano dei bendaggi, recupero funzionale dell'arto
superiore tramite ginnastica e linfodrenaggio manuale, esercizi respiratori e metodiche
di rilassamento.

https://www.youtube.com/watch?v=Up_sIKnZ-_g&list=PLrYk-NaukFWXQgtuV35rS1IdFyYimkVUq&index=9

24 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Cioni - Lezione 4

Prima di iniziare la lezione sul linfodrenaggio, viene proiettato un lungo video sul bendaggio
e su come deve posto intorno al distretto corporeo interessato. (Vedi stesso link alla fine
della lezione precedente).

Il bendaggio funzionale è un presidio di contenzione dinamica che, utilizza bende adesive


estensibili ed inestensibili come garza opportunamente combinate e disposte intorno ad un
distretto corporeo, al fine di ottenere la protezione ed il sostegno di strutture muscolo -
tendinee e/o capsulo-legamentose. E' molto importante che l'estremità sia lasciata libera
per evitare che si crei una eccessiva compressione, che potrebbe compromettere la normale
circolazione.

Adesso viene proiettato un altro video nel quale vengono mostrati esempi di esercizi per la
riabilitazione di retrazione della sede ascellare (corda ascellare). Tali esercizi si basano
sull'allungamento dell'arto superiore, agendo in particolare sull'estensione ed abduzione
della spalla. Viene utilizzato come ausilio di supporto per l'esecuzione di questa manovre di
allungamento l'angolo di un muro.

Il linfodrenaggio, o "drenaggio linfatico manuale" (DLM). Si tratta di un particolare tipo di


massaggio praticato nelle zone del corpo con un'eccessiva riduzione della circolazione
linfatica e una stagnazione di liquido.

La causa è data principalmente dalla disfunzione parziale o totale di componenti linfatici


quali linfonodi delle sedi più importanti come le ascelle e l'inguine. Chi pratica canoa ad
esempio si favorisce grazie alla continua sollecitazioni degli arti superiori soprattutto della
palla, favorisce un buono linfodrenaggio dei liquidi.

 Iniziare il massaggio partendo dalla zona prossimale, ossia le varie stazioni linfonodali
del tronco, per poi concentrare il resto della seduta sulle zone distali, ossia gli arti;
 La pressione deve essere regolata in modo da non provocare arrossamenti né dolori.

Il metodo Vodder si basa su quattro movimenti (vedi lezione 2):


 Cerchi fermi, ottenuti da un movimento di spinta circolare delle dita appiattite sulla
pelle. Utilizzato principalmente per viso, collo e linfonodi.
 Tocco a pompa, che utilizza solo il palmo della mano. Preferito per le parti curve di
gambe braccie e fianchi.
 Movimenti erogatori e
 Tocchi rotatori, usati per petto, ventre e schiena. Si effettuano con la mano intera, il
polso ruota dall'esterno verso l'interno mentre il pollice segue il flusso linfatico.

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 25


LA SINDROME FIBROMIALGICA

La fibromialgia o sindrome di Atlante, è una sindrome autoimmune, che


colpisce prevalentemente il sesso femminile, caratterizzata da intenso
dolore diffuso muscolare cronico, associato a rigidità, astenia, insonnia e
calo dei livelli di serotonina, inoltre si ha una ridotta soglia alla palpazione
(quindi se tocco il paziente salta in aria). Gli indici di infiammazione corporea risultano nella
norma, ma la percezione del dolore, da parte dell'ammalato è moltiplicata. Prevalentemente
interessati dal dolore sono: la colonna, le spalle, il cingolo pelvico, braccia, polsi, cosce. Al
dolore cronico, che si presenta spesso a intervalli, si associano diversi sintomi. Soprattutto
disturbi dell’umore e del sonno. Inoltre la non-risposta ai comuni antidolorifici, sono
peculiari della fibromialgia. La patofisiologia dei sintomi rimane tuttora sconosciuta, tuttavia
si è scoperto che si ha una progressiva sensibilizzazione periferica e centrale che porta una
amplificazione degli impulsi sensoriale che possono alterare la percezione del dolore.

Il trattamento riabilitativo deve avere un approccio multidimensionale mira a ridurre i


processi di iper-sensibilizzazione contemporaneamente sia a livello periferico che centrale:
1) FARMACOLOGICO  Antidepressivi
2) FISIOTERAPICO  Attività aerobica ed Esercizi di stretching

Evidence from randomized trials and meta-analyses shows that partial and short-term
improvements in fibromyalgia symptoms can be achieved with low doses of antidepressants
and with physical activity such as aerobic and strengthening exercises.

Un approccio multidimensionale che enfatizza l’educazione e l’integrazione dell’esercizio e


del comportamento cognitivo migliora la qualità della vita e riduce il dolore, la fatica e i
sintomi depressivi quando vengono misurati a breve termine.

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO

Dei trials recenti hanno mostrato che dei neuromodulatori, come gabapentina e
pregabalina, sembrano essere efficaci nel ridurre il dolore e migliorare la qualità del sonno
nella fibromialgia. Inoltre, altri piccoli trials di stimolazione non invasiva hanno mostrato
benefici nel ridurre il dolore.

Una delle difficoltà di questa patologia risiede nella sfera diagnostica in quanto i suoi sintomi
si sovrappongono ad altre patologie. Ciò comporta una maggiore difficoltà specialistica-
sanitaria dell'effettivo riconoscimento della fibromialgia. Ad esempio può essere confusa
con patologie a carico del tessuto connettivo quali:

 Spondilite anchilosante, ipotirodismo, Tendinite, Lupus, polimiosite, artrite


rematoide, Osteoartrite

26 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Ci sono anche vari studi che dimostrano un ruolo del sistema nervoso centrale nella
fisiopatologia della fibromialgia.

Stimoli persistenti e intensi di natura nocicettiva generata dai tessuti periferici, possono
portare modificazioni neuroplastiche nel sistema nervoso centrale portando così ad una
ipereccitabilità dei neuroni della corna dorsali del midollo spinale. Ciò determina una:

 Ipersensibilità al dolore
 Una sommazione temporale del dolore maggiore
 Una sensazione chiamata ''wind-up sensation'' che si realizza a livello dei terminali
delle fibre nervose periferiche che porta una amplificazione della sensibilità
dolorifica.

Tutte queste cose messe insieme, fanno sì che tutte queste modificazioni neurofisiologiche
indicano che il dolore induce uno stato di sensibilizzazione centrale per il quale l’aumentata
trasmissione dell’informazione nocicettiva porta a far diventare uno stimolo non-nocivo
come stimolo nocicettivo ed amplificarlo.

In this context, the diagnosis of central and peripheral sensitization is very important because
spinal cord neurons that normally would only be activated by noxious stimuli are now
activated by normally non noxious stimuli, a phenomenon widely known as allodynia
(Hoheisel et al., 1993).

I farmaci antidepressivi somministrati per questa patologia agiscono aumentando a livello


del vallo sinaptico l'azione delle monoammine cerebrali come la serotonina, dopamina e
noradrenalina. Questi farmaci nei disturbi depressivi si riducono, quindi chi ha una
depressione ha una ridotta trasmissione noradrenergica e serotoninergica.

In particolare la serotonina e la noradrenalina sono molto importanti perché mediano la


sensibilità dolorifica dalla periferia al centrale. In questa maniera si ha un duplice beneficio
perché si migliora sia l'umore sia la trasmissione degli stimoli dolorifici.

In particolare come antidressivi vengono somministrati sia quelli triciclici sia gli inibitori
selettivi reuptake della serotonina.
Il meccanismo reuptake consiste nel recupero nel vallo sinaptico dei neurotrasmettitori in
più che non hanno reagito con i recettori post sinaptici. Inibendo questo meccanismo si ha
più tempo a disposizione per legarsi ai recettori se si ha una disfunzione di queste sia a livello
qualitativo che quantitativo.

Esempi altri farmaci meno pesanti sono per esempio il Contramal (tramadolo, simile alla
morfina, efficace), il Prozac (neuromodulatore, antidepressivo, efficace), i FANS (non
efficace) e i corticosteroidi (non efficace).

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 27


TRATTAMENTO FISIOTERAPICO

Ci sono evidenza scientifiche che suggeriscono che l’esercizio aerobico, come camminare o
correre, controllato e supervisionato, effettuato su un tapis roulant, in un range di
allenamento tra il 60 e il 75% calibrato secondo l’età (210 - età), per almeno 20 minuti e
almeno 3 giorni a settimana per 6 settimane consecutive, riduce i sintomi della fibromialgia
ed risulta essere efficace per il trattamento della fibromialgia (Sim and Adams, 2002;
Mannerkorpi et al., 2007; Busch et al., 2008; Carville et al., 2008).
Questa è la cosa che sembra meglio funzionare, ovvero l’attività aerobica, per di più l’attività
aerobica, ancora meglio se di gruppo in cui c’è l’elemento socializzante.

Individualized aerobic fitness programs can improve cardiovascular fitness and


deconditioning. Post exertional pain may be avoided by starting the exercise training just
below the full aerobic capacity while increasing frequency, duration and intensity as soon as
tolerated (Buckhardt et al., 2005).

La progressione deve essere lenta e graduale. L’attività fisica a basso impatto aerobico come
camminare, nuotare e andare in piscine termali sono le migliori opzioni (Carville et al., 2008).
Questi esercizi devono essere effettuati su una base regolare. La sfida principale è che
queste persone abbiano una buona motivazione mentale a proseguire questo tipo di attività.

Il potenziamento muscolare sembra avere pure un minimo di efficacia. Gli esercizi di


potenziamento dovrebbero essere fatti dalle 2 alle 3 volte per settimana, con un minimo di
un set di allenamento da 8 a 12 ripetizioni per ogni esercizio, iniziando ad una intensità tra
il 40 e il 60% di una resistenza massimale, definita come il massimo carico che può essere
sollevato con una sola ripetizione. La progressione deve essere eseguita con costanza.
Qualsiasi tipo di rinforzo muscolare può essere effettuato.
Comunque esercizi graduali potenziando gli estensori dell’anca, adduttori e abduttori, e in
particolar modo i flessori e gli estensori del ginocchio, il tronco e i flessori ed gli estensori
dell’arto superiore che sono frequentemente riportati in letteratura (Busch et al., 2008).

I meccanismi che mediante questi esercizi esercitano effetti terapeutici non sono ancora
chiari. Vi sono differenti meccanismi che sono potenzialmente responsabili del
miglioramento dei sintomi nella fibromialgia:
Sembra che l'attività fisica migliori la plasticità efficientemente, dimostrato dall’aumento del
fattore di crescita cerebrale (BDNF - Brain Derived Nerve Factor). E’ possibile inoltre che
questo incremento possa promuovere l’attività di ripristino in altre aree associate con bassi
livelli di attività come le aree coinvolte nei processi esecutivi. In aggiunta, è stato mostrato
che l’esercizio possa diminuire e regolare i processi di elaborazione somatosensoriali
attraverso l’aumento delle afferenze sensoriali e quindi il coinvolgimento di varie famiglie
recettoriali.

28 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


ELECTRICAL STIMULATION

In the context of brain dysfunction, techniques of neuromodulation are proving beneficial as


an approach for the treatment of both chronic pain and fibromyalgia. In fact, several studies
have shown that motor cortex stimulation with epidural electrodes or with repetitive
transcranial magnetic stimulation (rTMS) is effective in reducing pain in patients with
refractory central pain (Tsubokawa et al., 1991; Brown and Barbaro, 2003; Lefaucheur et al.,
2004; Pleger et al., 2004; Khedr et al., 2005; Nuti et al., 2005). Response rates are in the
range of 40–80%. Indeed, a recent meta-analysis showed that invasive and noninvasive
techniques of motor cortex stimulation are associated with significant improvements in pain
(Lima and Fregni, 2008).

Among the techniques of noninvasive brain stimulation, transcranial direct current


stimulation (tDCS) is a viable option.
Interestingly, tDCS has shown to be a powerful technique for pain treatment. Preliminary
studies have assessed its effects in patients with spinal cord injury (Fregni et al., 2006a) and
in patients with fibromyalgia (Fregni et al., 2006b). In the first study, patients with chronic
pain due to spinal cord injury (n=17) were randomized to receive sham or active tDCS of the
primary motor cortex (2mA, 20min for 5 consecutive days). There was significant
improvement in pain after active anodal stimulation of the motor cortex, but not after sham
stimulation (Fregni et al., 2006a). Two weeks after the termination of stimulation, patients
in the active tDCS group still showed a trend to have less pain compared to baseline (Fregni
et al., 2006a).

AGOPUNTURA

Benefits from acupuncture are less well-documented for fibromyalgia patients, and results
are still controversial (Deluze et al., 1992; Assefi et al., 2005; Martin et al., 2006; Mathew
and Ernst, 2007; Targino et al., 2008). Despite emerging neuroimaging evidence
demonstrating that acupuncture can modulate and decrease neuronal activity at several CNS
structures (Hui et al., 2005; Dhond et al., 2007; Napadow et al., 2007), clinical benefits seem
to be of small magnitude and of short duration (Mathew and Ernst, 2007).

PSICOTERAPIA

Le problematiche psicologiche e psichiatriche sono comuni dal 25 al 70% dei pazienti.


E’ utile associale una psicoterapia: l’obiettivo principale è di modificare i comportamenti
negativi e far assumere invece atteggiamenti positivi. Mentre l’obiettivo del programma
educativo è quello di fornire ai pazienti le informazioni riguardo l’autocontrollo del dolore,
sull’importanza dell’attività fisica e sulle tecniche di rilassamento.

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 29


30 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16
Cioni - Lezione 5

LA PREVENZIONE DELLE CADUTE

Quello che noi facciamo, contrariamente all’ortopedico, è che non aspettiamo che gli episodi
accadano (che avvenga la frattura), ma cerchiamo anche all’interno del percorso riabilitativo
di prevenire le cadute, e abbiamo i mezzi culturali e tecnici, più che fisici, per prevenire le
cadute. Quindi una persona anziana non è che è una verità che debba cadere, è qualcosa
che si può prevenire. Quali sono le conseguenze del caso?

Possono essere le fratture, traumi cranici, la paura psicologica di cadere e la perdita di


indipendenza mentale. Quindi sono cose assolutamente dannose e in alcuni casi si può
arrivare alla morte.

Una vecchietta la conoscevo pure io, che stava campando 100 anni, poi è caduta, entrata nel
circuito perverso della sanità locale, che prima non l’hanno operata, poi hanno fatto passare
15 giorni, e poi quando si doveva operare l’anestesista dice “ma come cavolo la posso
anestetizzare?” perché dopo 15 giorni in ospedale aveva avuto un deperimento delle sue
capacità fisiche (ripeto era completamente autonoma prima), che non era più operabile, ed
è morta in un mare di piaghe da decubito. Subito dopo hanno innescato le procedure per
operare entro le 24 ore (come si fa in ortopedia dal prof. Sessa) i pazienti con frattura d’anca,
ma comunque questo episodio non è accaduto al Vittorio Emanuele, ci tengo a precisarlo.

E allora a questo punto noi abbiamo


rappresentato i tipi di frattura più
frequenti nel corso dell’età.

Tra i 70 e i 75 anni cominciano a


manifestarsi sempre di più le fratture
d’anca, più in basso le fratture di Colles
(polso), e al centro le fratture, i crolli,
vertebrali. Tutte e 3 ci interessano in maniera particolare:

FRATTURA D’ANCA:
- Potrebbe insorgere nella persona anziana e negli osteoporotici
- Ma anche possiamo trovarla negli emiplegici, quando i parenti gli rompono le scatole
cercando di farli camminare, esagerano e si fratturano l’anca. Quindi incitare al
cammino una persona instabile è assolutamente da attenzionare, spiegatelo alle
sorelle, alle mogli, a non stimolare eccessivamente i parenti a non camminare, se no
possono cadere e fratturarsi.
- Dai 60 anni in poi vi è un aumento esponenziale del rischio di frattura.

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 31


FRATTURE VERTEBRALI:
- Crolli vertebrali legati all’osteoporosi, quando c’è un dolore improvviso al rachide,
potrebbe non essere semplicemente un dolore, ma potrebbe essersi sgretolata una
vertebra che causa un danno molto serio che richiede un’immobilizzazione
tempestiva.
- Dai 60 anni vi è un aumento progressivo del rischio di frattura.

FRATTURA DI COLLES:
- Può essere dovuta ad alterazioni neuromotorie
- Alterazione delle reazioni a feedback e feedforward: permettono di mantenere
l’equilibrio e sono quelle sulle quali voi lavorerete soprattutto. Ma tutti dobbiamo
lavorarci anche quando non abbiamo bisogno del fisioterapista.
- Alterazione dei riflessi protettivi para-cadute: se hai già perso l’equilibrio ci sono le
cosiddette reazioni paracadute, che si sviluppano quando il bambino a circa 5-6 mesi:
i bambini che più precocemente sviluppano le reazioni protettive paracadute, sono
quelli che cammineranno prima rispetto agli altri; se vedete che il vostro nipotino a 5
mesi comincia a tirare fuori le braccia quando gli ruotate la pelvi in avanti, vuol dire
che è un buon segno che il bambino camminerà presto. Quindi reazioni protettive
quando uno ha perso l’equilibrio; Se il pz. ha avuto una frattura di Colles siamo sicuri
che questi meccanismi funzionano però potrebbe sviluppare un’alterazione e avere
problemi in una seconda caduta.
- Deterioramento mentale da danni fisici
- Dai 50 ai 60 anni vi è un aumento progressivo del rischio di frattura, dopo di che
rimane più o meno costante negli anni a venire (più frequente nel sesso F).

Tornando a noi, le fratture di Colles, quindi la frattura del terzo distale di ulna e/o radio; che
cosa sta ad indicare la frattura di Colles in una persona di 65-70 anni, anche se nelle donne
possono essere anticipate a causa dei fenomeni osteoporotici.

Di che cosa può essere espressione da un punto di vista neurofisiologico se uno ha una
frattura di Colles? Vi do un indizio: che differenza c’è fra due persone entrambe cadute, una
che ha una frattura di Colles, l’altra un ematoma nella faccia? Chi ha la frattura al polso vuol
dire che il loro meccanismo di difesa funziona, non cadono come dei sacchi di patate; quindi
meglio chi esce le braccia e si frattura il polso, riuscendo a fare funzionare il loro meccanismo
di protezione. L’altra persona evidentemente ha disfunzioni del SNC, voi vi accorgete che c’è
qualcosa che non funziona e che potrebbe anche precedere lo sviluppo di una demenza,
perché noi stiamo vedendo che una serie di segni fisici a carico della locomozione,
precedono il deterioramento mentale, mentre prima si pensava il contrario, invece se uno
osserva con attenzione, vede che ci sono segni di deterioramento mentale preceduti da
segni di deterioramento fisico.

32 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Io ogni tanto vi parlo di questo professore universitario bravissimo che ogni tanto incontro
per strada, che praticamente quando se n’è andato in pensione per la strada ho sentito il
“flap” della caduta del piede, lui era con sua moglie, il cane…. Oh nel giro di un anno e mezzo,
due anni l’ho visto l’altra volta fermo per strada e si guardava smarrito poverino, sempre
con la moglie a destra e il cane, mentre lui era perso.

Quindi se noi le identifichiamo subito possiamo intervenire tempestivamente per lavorare


sull’aspetto cognitivo; quindi ricordatevelo, il segno fisico quale marker del deterioramento
psichico in progress (non sono cose di 200 anni fa, sono recenti).

A questo punto abbiamo 2 situazioni: una la classica frattura dell’anca, ora vedremo quali
situazioni la favoriscono (chi ha visto la partita di Marchisio la c’era una bella diagnosi
evidente, lui ha messo l’anca intraruotata, ginocchio in valgo e già si poteva diagnosticare la
lesione LCA). Quindi se voi guardate una persona cadere, dal modo in cui cade potete avere
idea o come vi racconta della sua caduta, potete avere idea di che tipo di lesione abbia
causato.

Le persone anziane possono non avere, sempre per quel discorso legato al deterioramento
cerebrale, dolore legato alla frattura; non vi fate ingannare, nonostante sia un compito del
medico la diagnosi, ma voi dovete conoscere la situazione dei pazienti, il dolore infatti può
essere percepito molto relativamente.

A questo punto c’è la frattura vertebrale, ci sono 2 tipi di interventi, ma l’immobilizzazione


è sicuramente la prima cosa da fare per almeno una trentina di giorni. Nella frattura di Colles
ci sarà l’immobilizzazione, ma tranquillizzate il paziente perché i suoi meccanismi di difesa
sono intatti.

ECONOMIA ARTICOLARE NELL’ANZIANO

1. Fare delle pause, può sembrare inutile ma effettivamente non bisogna esagerare,
ovviamente certo bisogna evitare la sedentarietà ma non raggiungere l’affaticamento
2. Portare i pesi il più possibile vicino al corpo e con tutte e due le mani o le braccia,
l’autonomia nell’anziano è legata al sapersi gestire, naturalmente non può andare al
supermercato e tornare con tutti i sacchi della spesa.
3. Non stare in piedi quando si può stare seduti e muoversi di tanto in tanto
4. Evitare sforzi inutili
5. Usare le leve con bracci lunghi, vantaggiose;
6. Non fare scale, ancora le scale possono essere un problema per l’anziano, soprattutto
quelli sedentari;
7. Evitare il sovrappeso
8.

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 33


A questo punto che succede?
- Una delle cose che noi nello specifico dovremmo insegnare è come sollevarsi dal
terreno quando uno cade, insegnare le giuste strategie, così come le insegniamo agli
amputati, ai protesizzati, possiamo insegnare la corretta maniera di eseguire certi
movimenti.
- Dobbiamo evitare di avere poltrone troppo basse, perché fanno flettere
eccessivamente le anche e richiedono un impegno eccessivo dei muscoli estensori;
quindi sia le poltrone come anche il water devono essere più alti, potremmo usare
degli ausili.
- Poi c’è la famosa caduta in avanti, sono tutte cose che prendo su internet. Questa è
la famosa reazione paracadute, in cui prendono il bambino dalla pelvi, la ruotano in
avanti, lui tira fuori le braccia e si ripara. Se uno ha paura di cadere cercherà di evitare
tutte le cose che possono mettere a rischio l’equilibrio e la stabilità, si attaccano a
quello che trovano, si instaura così la sindrome detta fear of fall, si può manifestare
anche in persone che non sono mai cadute ma che hanno sentito racconti di altre
persone che sono cadute e hanno riportato fratture, e si ha soprattutto nelle donne
e in chi ha disturbi depressivi dell’umore.

PREVENZIONE DELLE CADUTE

Illuminazione:
 Illuminazione adeguata
 Interruttori all’entrata delle stanze
Pavimenti:
 No tappeti o moquette danneggiata, con bordi sollevati
 No fili “volanti”
 No cera
Bagno:
 Pavimenti asciutti e Tappetini anti-sdrucciolo
 Sostegni nella vasca e nella doccia
 No tazza troppo bassa
Scale:
 Corrimano
 Gradini con strisce anti-sdrucciolo
Camera da letto:
 Luce di sicurezza
 No pigiami troppo lunghi
 No mobili troppo alti e non avventurarsi su sedie o scale non sicure
Non fare mai nulla “di fretta”

34 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Vi ricordate quanto abbiamo stressato il concetto di uno dei requisiti del cammino, cioè di
potere sollevare il piede bene dal terreno, perché se non sollevi bene il piede inciampi sul
tappeto, o ancor di più sulle scale e cadi; di conseguenza uno dei problemi principali sono i
tappeti e anche particolarmente spessi all’interno della casa.
Le luci nella stanza da letto di notte a meno che lasci degli spiragli da altre stanze, in questo
caso c’è un riferimento, se no è come se uno fosse bendato, ci sarebbe una riduzione della
sfera sensoriale visiva; di conseguenza uno dei controlli che esercitiamo per non cadere è
quello visivo; dato che è al buio la persona anziana può cadere; quindi la luce, la presenza di
giocattoli o qualsiasi tipo di ostacolo, i pavimenti NON devono essere lucidati con la cera
perché sono scivolosi e non utilizzare pantofole troppo scivolose; evitare i pigiami troppo
lunghi e quant’altro.
I gradini con le strisce antisdrucciolo, i corrimano sia nelle scale che nei bagni, nel bagno i
tappetini antiscivolo ben asciutti. Al policlinico per almeno un anno davanti al corridoio dove
ci sono le persone che aspettano nell’ambulatorio di epilessia, Parkinson ecc., c’era un pezzo
di pavimento sollevato che è stato li almeno un anno... pericolosissimo, soprattutto dove
c’era questo tipo di persone con queste malattie;
Ancora: la tazza troppo bassa, la persona si deve abbassare di più e soprattutto avrà difficoltà
ad alzarsi; le tazze per le persone disabili sono molto alte proprio per questo motivo.
Interruttori all’entrata di tutte le stanze. Bisogna evitare la vasca da bagno e preferire la
doccia perché è molto scivolosa, magari delle sbarre che fanno fare la doccia seduti. Meglio
una situazione con i maniglioni rossi che permettono l’appoggio.
Quindi quella pubblicità che stanno facendo negli ultimi mesi non è sbagliata, cioè sostituire
la vasca da bagno con le docce ed eventualmente fare la doccia da seduti, in questo modo
si mantiene l’igiene e la sicurezza.
Poi cosa possiamo fare? Nel momento in cui abbiamo fatto una prevenzione delle cadute
lavorando sull’ambiente cosa possiamo fare per prevenirle ulteriormente?

Abbiamo parlato di reazioni posturali e poi abbiamo parlato di forze, equilibrio: quindi voi
dovrete lavorare sull’equilibrio e la forza muscolare di queste persone, specialmente sugli
estensori dell’anca, sui glutei, erettori spinali (spesso nelle persone non va bene) e su tutti i
muscoli che intervengono nelle reazioni posturali.
Allora se mi spingono in avanti quali muscoli attivo per controbilanciare? Quelli della catena
posteriore: gluteo massimo, ischio-crurali, gastrocnemio, erector spinae, cerco di andare
verso dietro.
Se invece mi spingono indietro io attiverò quelli della catena anteriore: iniziando dal tibiale
anteriore, quadricipite, flessori dell’anca, addominali; quindi questi muscoli devono essere
mantenuti efficienti.
Quindi non è solo una cosa generica per la forza, ma devono essere efficienti per quando
arriveranno le chiamate dal SNC che, tramite la percezione della caduta, quindi dalle

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 35


afferenze vestibolari, percepisce la caduta ed elabora una risposta, ma se trova un muscolo
debole non riuscirà a rispondere nei tempi giusti e con la forza sufficiente, soprattutto se
uno si fa trovare pesante, perché quel muscolo durante un periodo della vita era stato
allenato, era diventato pesante, poi con la sedentarietà si trova con dei muscoli flaccidi,
incapaci di rispondere, e per giunta con un peso troppo grande. Quindi a questo punto
bisogna lavorare sui muscoli per potenziare gli effettori della risposta neurale, in questo
senso, non come semplice forza; e poi lavorare per stimolare le reazioni posturali.

Un lavoro di questo può essere la stessa Wii, nell’era tecnologica. Tempo fa c’era la balance
board dei piani oscillanti in cui si dava un colpo e la persona cercava di stare in equilibrio.
Ma anche con la Wii si può cercare di sviluppare il controllo posturale richiesto da quel gioco.
Quindi o esercizi di induzione di instabilità per evocare delle risposte previste o
imprevedibili, oppure un altro tipo di gioco come questi che si possono fare, anche in
palestra riabilitativa, con la Wii, al policlinico lo facevano fare, spesso i pazienti venivano
soprattutto per fare questo.

Poi chiaramente nel momento in cui uno ha queste due cose può anche passare al momento
in cui uno cade realmente: allora stimolare le reazioni paracadute e insegnare alle persone
come alzarsi in caso di caduta e minimizzare la caduta stessa. L’unico fatto è che mentre noi
quando giochiamo a pallone o a tennis comunque impariamo come cadere, insegnare a
cadere ad una persona che ha l’osteoporosi, non vorrei che mentre glielo insegnassimo si
dovesse fratturare; però come alzarsi glielo possiamo insegnare: lo facciamo sdraiare e gli
diciamo “provi ad alzarsi” e si vede quale strategia la persona adopera e si insegna quella
più efficace per alzarsi o chiamare aiuto. Poi ancora dicevamo insegnare a cadere nei limiti
di quello che si può fare perché ovviamente non bisogna evocare delle cadute che possono
dare danni, ma sicuramente come alzarsi questo sì.

Ancora nelle persone a rischio si può usare un hip protector, un qualcosa che aiuta a
proteggere l’anca. Avete mai visto un hip protector? Lo usano anche i portieri, sono dei
cuscini che proteggono l’anca, solitamente per proteggere l’anca dalle fratture. Ma nei
portieri vengono usati non tanto per proteggerli dalle fratture ovviamente, ma soprattutto
vengono usati per proteggerli dalle borsiti, che si possono provocare nell’anca, che possono
infiammare le borse, dei cuscinetti, cadendo centinaia di volte sulle anche quando si
lanciano. Queste protezioni possono essere utili che noi seguiamo.

Poi sono utili le calze elastiche abbiamo detto che quando c’è il linfedema bisogna applicare
prima il bendaggio e poi le calze, sono delle calze talmente strette che è difficile tirarle su, o
arrotolarle come le altre calze, quindi bisogna inserire una specie di guida, dopodiché il piede
scivola dentro la guida, poi si leva la guida e rimane la calza già indossata che poi si può
sistemare, ma non è una cosa facile quindi ci vuole qualcuno che insegni anche questo tipo
di mezzi che servono per favorire l’indossamento di queste calze.

36 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Poi ci sono dei carrellini e deambulatori che da noi si stanno cominciando a vedere, mentre
in altri posti nel mondo sono di uso frequentissimo, da noi addirittura gli anziani ancora si
vergognano ad usarli; mentre col carrellino si è più stabili e riduci la probabilità di una
caduta. Vengono prescritte dal medico e hanno un loro costo; bisogna stare attenti che non
rendano troppo mobili le persone, perché se rendi troppo mobile una persona con una
demenza, te la ritrovi in piazza Europa.

Poi vi è la mano prensile, è qualcosa che serve per prendere oggetti più a distanza. Utili pure
le spugne per la schiena; un noto attrezzo l’ha sperimentato un ragazzo con una grave
disabilità che però aveva compensato. Comunque non riusciva a pulirsi dopo essere andato
in bagno e questo è un movimento complesso; in questo caso bisogna vedere che gesti
quotidiani possono essere molto difficili in realtà e potrebbero essere movimenti cruciali per
una persona, poterli sviluppare o avere un ausilio potrebbe essere di fondamentale
importanza.

LA RIABILITAZIONE DELLA PERSONA CON CARDIOPATIA

“La riabilitazione cardiologica è un processo multifattoriale e dinamico, che ha come fine


quello di favorire la stabilità clinica, di ridurre le disabilità conseguenti alla malattia e di
supportare il mantenimento e la ripresa di un ruolo attivo nella società, con l’obiettivo di
ridurre il rischio di successivi eventi cardiovascolari, di migliorare la qualità della vita e di
incidere complessivamente in modo positivo sulla sopravvivenza” (OMS, 1993)

Questo articolo ha cambiato la storia della riabilitazione delle cardiopatie in genere; che vuol
dire questo? Che mentre prima i pazienti con una cardiopatia venivano tenuti a letto e non
si potevano muovere al fine di impedire loro sforzi fisici che potessero provocare la morte
secondo le vedute del tempo.

Dopo questo articolo che mise in evidenza che le persone che avevano un danno miocardico,
se venivano sottoposte ad esercizio moderato, avevano delle modificazioni dei parametri
vitali, cardiaci, assolutamente simili a quelli che invece facevano un’attività normale;
variazioni della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, che erano assolutamente
compatibili con i valori associati ad un’attività fisiologica; quindi si cominciò a pensare che
forse tenere ferme queste persone era peggio.

E da qui cominciò la storia della riabilitazione cardiologica, cercare di fornire supporto a


queste persone, metterle in grado di potere svolgere un’attività fisica che gli permettesse di
tenere in buona funzione il sistema cardiocircolatorio, quindi questo cambiò realmente la
situazione. È un articolo che dovreste leggere e lo trovate online.

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 37


A noi perché interessa questa parte? Perché anche se voi non andrete a fare i fisioterapisti
in ambito di un reparto cardiologico, la maggior parte dei pazienti che voi tratterete, avranno
dei problemi cardiaci, a meno che non sono dei giovani atleti; ma in genere chi ha avuto un
ictus, è una persona solitamente con problemi cardiocircolatorio; una persona diabetica è
una persona che ha o avrà problemi circolatori; in genere le persone anziane hanno tutti in
generale qualche problemino cardiologico; quindi sapere qualcosa vi potrebbe essere utile.

I vostri pazienti per alcuni tipi di attività se gli fate mettere un cardiofrequenzimetro con una
fascia attorno al polso è una cosa utile, in modo da capire le sue reazioni. Per esempio
abbiamo parlato della fibromialgia e abbiamo detto che bisogna stare entro certi range della
frequenza; abbiamo detto come fare i test sotto sforzo.

La prima cosa che dobbiamo fare è la prevenzione, si ottiene mediante l’applicazione di stili
di vita attivi, attività fisica regolare secondo le capacità che ognuno di noi ha o ha mantenuto
nel corso degli anni, cioè se c’è uno di una certa età che non ha mai fatto nulla nella vita non
possiamo esagerare, potrebbe essere utile anche una camminata, mentre una persona che
ha fatto sport può continuare a fare attività fisica; l’attività fisica mantiene efficiente il
sistema cardiorespiratorio, mantiene l’elasticità e flessibilità dei muscoli, legamenti ed
articolazioni; quindi voi dovete assolutamente incentivare le persone vicino a voi a
mantenere uno stile di vita attivo, oltre a questo non si fuma, fumare fa malissimo, non male.
Chi fuma sicuramente avrà una patologia cardiaca, non ci sono dubbi.

Poi naturalmente l’alimentazione ha un suo ruolo, se mangiamo una serie di cose possiamo
danneggiare l’apparato cardiorespiratorio. Se noi introduciamo cibo che non è adeguato,
danneggiamo il sistema che conduce il sangue.

Allora abbiamo diversi tipi di prevenzione, primaria, secondaria e terziaria:

• Prevenzione Primaria: è la forma classica e principale di prevenzione, focalizzata


sull'adozione di interventi e comportamenti in grado di evitare o ridurre l'insorgenza e lo
sviluppo di una malattia o di un evento sfavorevole (campagne antifumo o sedentarietà).

• Prevenzione Secondaria: si tratta di una definizione tecnica che si riferisce alla diagnosi
precoce di una patologia, permettendo così di intervenire precocemente sulla stessa, ma
non evitando o riducendone la comparsa (PAP TEST), nel senso che uno la malattia ormai
l’ha beccata, ma l’ha individuata subito e possiamo trattarla.

• Prevenzione Terziaria: è un termine tecnico relativo non tanto alla prevenzione della
malattia in sé, quanto dei suoi esiti più complessi (complicanze), per esempio le complicanze
del diabete, o delle cardiomiopatie, tenere sotto controllo il diabete permette di evitare le
complicanze.

38 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Quindi la primaria è cercare di evitare che si instauri il complesso patogeno; la seconda è per
una diagnosi precoce per evitare che la malattia si evolva; la terza è per evitare le
complicanze della malattia stessa.

Quindi l’attività fisica interviene nella prevenzione primaria delle cardiopatie, la


riabilitazione cardiologica interviene nella prevenzione terziaria (secondo me) delle
patologie cardiache: nel senso che tu hai avuto un infarto, se ti tieni in allenamento cerchi
di prevenire che il danno al miocardio si manifesti nella sua interezza, non si arrivi allo
scompenso cardiaco, evitare una flaccidità del muscolo cardiaco e di conseguenza evitare il
trapianto del cuore, tanto per dirne una. Quindi in questa maniera cerchiamo di evitare che
si realizzi un ulteriore danno a carico del muscolo cardiaco.
- Che cosa dobbiamo fare quando c’è una cardiopatia?

TIPOLOGIA DELL’INTERVENTO:
 Programma individuale
 Partecipazione attiva del paziente
 Valutazioni mediche
 Controllo dei fattori di rischio cardiovascolari
 Cambiamento dello stile di vita
 Corrette abitudini nutrizionali
 Adeguata attività fisica

Se avete in questo momento un paziente con patologia cardiaca cominciate a chiedergli cosa
mangia, quando ha fatto l’ultima visita medica, misurategli la frequenza cardiaca, la
pressione arteriosa, vedete se segue il regime farmacologico che gli è stato prescritto; quindi
questo potrebbe essere una buona maniera per conoscere il vostro paziente, e non ridurlo
ad un’articolazione da mobilizzare; questo vi darà molte informazioni, anche su quello che
fa il paziente quando torna a casa: nel senso che se è un paziente molto scrupoloso fa quello
che voi gli dite a casa, se è uno che se ne frega, fa quelle 4 cose e poi ciao.

Ci sono persone che si sente proprio che fanno puzza di sigaretta, questo è un paziente che
deve essere allertato. Non è una colpa da dargli, anzi è una cosa che ci dispiace, ma bisogna
fargli capire che è una cosa che gli fa male; lui lo sa che fanno male ma, secondo me, non
hanno la coscienza del rischio, oppure non riescono a togliersi questo vizio.

CONDIZIONI CLINICHE DI INTERVENTO CON RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA

 INTERVENTI DI RIVASCOLARIZZAZIONE CORONARICA


 CORREZIONE DI VALVULOPATIE
 SCOMPENSO CARDIACO
 TRAPIANTO CARDIACO

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 39


EFFICACIA DELLA RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA

 MIGLIORAMENTO DELLA CAPACITÀ CARDIO-RESPIRATORIA: un grande strumento è il


tapis roulant. Noi ci affanniamo tanto a fare mantenere buoni i movimenti, ma se
l’apparato cardiorespiratorio funziona male, quindi poco ossigeno arriverà ai nostri
muscoli, che cosa abbiamo concluso? Niente. Se poco ossigeno arriva ai nostri
muscoli, i nostri muscoli andranno in fibrosi prima, perché un tessuto in cui scarseggia
l’ossigeno, più facilmente passa dall’elastico al fibroso; Quindi è prioritario, non è una
cosa che si fa in più; quindi nei vostri pazienti dovete capire quali sono le loro
condizioni cardiorespiratorie, e dovete tenere d’occhio gli esercizi che possono
permettere di migliorare questa capacità;
 CAPACITÀ DI ESERCIZIO FISICO: dovete vedere questa persona cosa riesce a fare
prima e cosa riesce a fare dopo. Ci sono dei test, per esempio il test del cammino in
6 minuti, andate a vedere quanti metri fanno mantenendo monitorati i parametri; ci
sono tanti tipi di valutazione che possono essere adoperati. Quindi la capacità
cardiorespiratoria assolutamente da attenzionare. Il paziente avrà una serie di
parametri che certe volte sono perfetti, certe volte anche prima di morire possono
essere perfetti;
 MIGLIORAMENTO DELL’ASSETTO LIPIDICO E GLICIDICO;
 CALO PONDERALE: controllo dei cali ponderali, se una persona inizia a perdere peso
all’improvviso c’è qualcosa che non va e bisogna controllare perché; voi dovete essere
molto umili, se vi rendete conto di qualcosa del genere dovete contattare il medico.
Per esempio un paziente solo con ictus e un problema cardiocircolatorio,
contemporaneamente potrebbe avere una poliposi degenerata a livello del colon e
perdere sangue dalle feci e dire “sono le emorroidi” invece non lo sono e bisogna
intervenire subito e salvargli la vita, magari dicendolo al medico. Conoscere il discorso
del calo ponderale è sicuramente importante perché potrebbe essere la spia di una
patologia tumorale;
 CONTROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA: è uno dei parametri vitali dei vostri
pazienti, per cui se vi trovate in una situazione dove non c’è un infermiere o un
medico dovete farlo voi;
 DIMINUZIONE DELLA DEPRESSIONE: un’altra cosa importante è il miglioramento della
socializzazione in attività di gruppo e la qualità della vita va migliorando;
 MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELLA VITA;
 MIGLIORAMENTO DELLA FUNZIONE ENDOTELIALE E FIBRINOLITICA
 DIMINUZIONE DELL’INCIDENZA DI MORTE IMPROVVISA E RECIDIVA DI INFARTO
ACUTO DEL MIOCARDIO
 INDUZIONE DI REGRESSIONE DI PROCESSI ARTERIOSCLEROTICI: migliore controllo dei
processi aterosclerotici che vanno ad occludere le arterie;

40 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Cioni - Lezione 6

CENNI DI BIOCHIMICA e FISIOLOGIA DELL’ESERCIZIO FISICO

Nel muscolo la quantità di ATP è di 2,5g/kg (per ogni kg di muscolo ne sono presenti 2,5 g);
conoscendo la massa muscolare possiamo sapere quanta ATP è presente. L ATP viene scisso
in ADP+P, ma si riforma subito dopo in presenza di creatinchinasi.

Nel cuore sono presenti piccole


quantità di ATP (infatti pesa circa
400g), e nel momento in cui si fa uno
sforzo importante si va ad accedere
alle riserve energetiche. I mitocondri,
cioè la sede di resintesi dell’ATP,
rappresentano un terzo del peso del
cuore. Abbiamo due meccanismi: aerobico e anaerobico.
 MECCANISMO AEROBICO: basato sulla demolizione di carboidrati e lipidi con
l’impiego di O2. Quando ad esempio attuiamo una corsa leggera respirando
regolarmente, si attiva il meccanismo aerobico, l ossigeno viene usato per i
meccanismi metabolici di base e vengono demoliti i carboidrati e i lipidi.
 MECCANISMO ANAEROBICO: basato sulla parziale demolizione di carboidrati senza
l’impiego di O2.

Quando viene superata la cosiddetta soglia anaerobica, dobbiamo attingere alle riserve di
ATP; in questo modo andiamo a interferire col meccanismo del cuore (infatti quando vanno
a finire le riserve il cuore non ha più forza per contrarsi e si ferma). La soglia anaerobica si
può modificare mediante l allenamento.

Nella resintesi dell’ATP, oltre all’ossigeno, possono essere impiegati altri substrati energetici:
1) GLICOGENO: presente nei muscoli e nel fegato
2) ACIDI GRASSI: presenti come trigliceridi nel grasso e nel muscolo
3) PROTEINE: nel digiuno prolungato vengono utilizzate le proteine (che sono le prime
ad essere attaccate quando si fa la dieta. Ad esempio nei pazienti emiparetici, che
spesso sono sovrappeso, bisogna far seguire una dieta corretta per evitare che
vengano attaccate le proteine e perdano la poca forza che hanno).

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 41


PRINCIPALI PARAMETRI DELLA FISIOLOGIA CARDIACA

1) FLUSSO SANGUIGNO: che dipende dalle resistenze periferiche e dalla pressione che
viene impressa al sangue dal cuore; chiaramente se i vasi periferici sono chiusi e
costretti, il cuore dovrà pompare con maggior forza (questo succede nelle persone
anziane, in cui le arteriole sono poco elastiche e deve aumentare la pressione). Inoltre
il flusso dipende da altri parametri come:
o VISCOSITA’: un sangue viscoso ha minor velocità, mentre nel caso delle
anemie, in cui si ha carenza di globuli rossi, la velocità del sangue aumenta. Es:
 Eritropoietina  sangue + vischioso
 Anemia  sangue - vischioso
o LUNGHEZZA DEL CIRCOLO (nelle persone amputate questa diminuisce, e di
conseguenza aumenta la velocità). L’aumento del flusso va ad modificare la
respirazione, il funzionamento delle strutture emopoietiche (responsabili della
produzione di eritrociti), e la portata cardiaca.
2) PORTATA CARDIACA (Q= L/min): Indica la capacità del cuore di sostenere la domanda
metabolica di organi e apparati provvedendo al continuo rifornimento di 02.
La portata cardiaca è molto elastica, può andare da 5
litri/min a riposo a 30 litri/min durante uno sforzo
massimale. Questo serve a mantenere il metabolismo
aerobico.
Nel grafico si vede come l’allenamento abbia effetti
positivi sulla portata cardiaca (si arriva gradualmente ai
30 litri e senza bruschi aumenti) sulla gittata sistolica (è
maggiore nei soggetti allenati) e sulla frequenza cardiaca
(aumenta più lentamente nel soggetto allenato e di
conseguenza va ad abbassare la soglia anaerobica).
Si può calcolare come Q = FREQUENZA CARDIACA x GITTATA SISTOLICA

3) GITTATA SISTOLICA: quantità di sangue espulsa dai ventricoli ad ogni contrazione, si


misura in millilitri/minuto.
4) FREQUENZA CARDIACA: numero di contrazioni
ventricolari nell’unità di tempo (battiti/minuto).
Calcolo della frequenza cardiaca massima:
o 220 - Età del soggetto da allenare (Karvonen)
o 208 - (0,7 x età) (H. Tanaka)
Il secondo è più preciso: possono riscontrarsi
notevoli le differenze individuali in base al metodo
utilizzato.

42 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


5) DIFFERENZA ARTERO-VENOSA (DAV): esprime la differenza in contenuto di ossigeno
tra il sangue arterioso e quello venoso (quindi quanto ossigeno viene estratto dal
sangue per andare ai tessuti) e si esprime in ml di
ossigeno/decilitro di sangue.
In pratica la DAV indica la quantità di ossigeno che viene
estratta dal sangue a livello delle rete capillare che si trova
tra arterie e vene.
In condizioni basali abbiamo 20 ml/dl (sangue arterioso) e
15 ml/dl (sangue venoso) con DAV di 5 ml/dl. In condizioni
di sforzo massimale abbiamo fino a 15 ml/dl di DAV.
Anche questo parametro varia con l’allenamento.

6) VO2 MAX: La determinazione del VO2 max corrisponde alla valutazione della funzione
cardiocircolatoria perché esprime la massima capacità di trasportare e utilizzare l
ossigeno. Il consumo massimale di ossigeno (VO2 max) si misura con
l’ergospirometria, cioè la rilevazione delle concentrazioni di O2 e CO2 nell’aria
espirata durante una prova massimale. Si può effettuare su cicloergometro, nastro
trasportatore o su un ergometro che simuli il gesto tecnico specifico.

Per consumo di ossigeno (VO2) si intende la quantità


di ossigeno che può essere utilizzata dai tessuti in un
determinato tempo (litri/minuto) e che verrà utilizzata
per attaccare i substrati quali glicogeno e acidi grassi.
Si calcola come: VO2 = Q x DAV x O2  Si esprime come
L/min oppure mL/kg/min.

Il valutare la capacità massima di consumo di ossigeno


(VO2 max) corrisponde a valutare la massima capacità
di ri-sintetizzare aerobicamente l’ATP.
Decade anche con l’età del 10% ogni decade a partire
dai 30 anni (dipende anche dal grado di attività).

Il vo2 max si esprime anche come unità metaboliche (MET)


Per cui 1 MET corrisponde a 3,5 ml/kg/min che corrisponde al valore di VO2 a riposo.
Il MET (Metabolic EquivalenT) è un unità metabolica ed è un multiplo del consumo
energetico in condizioni basali, cioè il valore di un MET corrisponde al metabolismo
energetico in condizioni di riposo. Si assume che un MET equivalga ad un consumo di
ossigeno di 3,5 ml per kg di peso corporeo per minuto.

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 43


7) SOGLIA ANAEROBICA: Indica il punto in cui, durante uno sforzo incrementale,
l’intensità di esercizio sopra la quale la resintesi aerobica di ATP è supplementata
dalla glicolisi anaerobica con produzione di acido lattico prima dai muscoli e poi
dall’intero organismo.
La soglia anaerobica può essere semplicemente definita come: “massimo carico di
lavoro che può essere sostenuto da un atleta per tempi prolungati senza che ciò
comporti l’accumulo di acido lattico”.

RUOLO DELLA SOGLIA ANAEROBICA:


o La soglia anaerobica è ben correlata con il livello di fitness.
o L’allenamento aerobico induce:
1) aumento della capacità di trasporto di O2
2) aumento della capillarizzazione periferica
3) trasformazione delle fibre muscolari intermedie in fibre rosse
4) aumento del numero e dimensioni dei mitocondri
5) aumento della concentrazione intracellulare degli enzimi del ciclo di Krebs.

8) VO2 MIOCARDIO: è la quantità di ossigeno consumata dal ventricolo sinistro nell’unità


di tempo (mL/100 gr/min).
L’allenamento determina causa una vantaggiosa diminuzione di mvo2 sia a riposo che
sotto sforzo a parità di carico erogato, rispetto ai soggetti non allenati. Ciò dipende
da fattori di origine metabolica, endoteliale, miocardica e neuroumorale, per
diminuzione della FC basale e da sforzo e dall’ aumento del flusso coronarico
9) PRESSIONE ARTERIOSA:
o La PA sistolica dipende dalla forza di contrazione ventricolare e dall’elasticità
della parete delle arterie.
o La PA diastolica dipende dalle resistenze periferiche.

OBIETTIVI DELLA RIABILITAZIONE NEL PAZIENTE EMIPLEGICO

- Riduzione del dolore


- Ossigenazione
- Forza muscolare
- Autonomia

Inoltre è importantissimo a livello fisioterapeutico lavorare sulla gabbia toracica, per


garantirne la normale elasticità; infatti il muscolo sottoposto ad un trattamento di
allungamento, mantiene l’elasticità guadagnata solo se vive in un ambiente ricco di
ossigeno, altrimenti può andare in fibrosi.

44 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


VALUTAZIONE CON TEST DA SFORZO

- Per fini DIAGNOSTICI: ricerca di controindicazioni assolute o relative


- Per fini PROGNOSTICI: identificazione del rischio cardiovascolare
- Per fini FUNZIONALI: identificare la capacità di esercizio e programmi cardiovascolari

La valutazione con test da sforzo può essere effettuata con un


cicloergometro o un tapis roulant, e per quanto riguarda le
modalità possiamo avere uno sforzo incrementale graduale
(maggiore adattamento e affaticamento graduale), a gradini,
oppure senza raggiungere lo sforzo massimale (submassimale).

Una volta superata la soglia anaerobica si effettua un piccolo


prelievo di sangue (una goccia) dal lobo dell’orecchio o dal
polpastrello del dito, (sangue capillare), e lo si analizza.

A questo punto la prova da sforzo è massimale quando:

- Lattacidemia ≥ 8.0 mMol/L (in condizioni basali è


intorno ad 1 mMol/L)
- Frequenza cardiaca che non sale all’aumentare del
carico lavorativo.
- Quoziente respiratorio (VCO2/VO2) ≥ 1.10
- Intensità dello sforzo percepito ≥ 18 [6-20] (Borg)

FASI DELLA RIABILITAZIONE DEL PAZIENTE CON INFARTO ACUTO DEL MIOCARDIO

Nella prima settimana il pz deve stare tranquillo in camera, alzarsi e muoversi lungo la
stanza, accompagnato ed educato a camminare in sicurezza.

Nella seconda fase, che dura da 4 a 6 settimane, bisogna cominciare a far lavorare questo
muscolo cardiaco, curare il fitness muscolo-scheletrico, mobilizzazione attiva e passiva con
stretching, esercizi contro-resistenza a basso carico con pesi liberi o macchine.

Nella terza fase si consigliano programmi di mantenimento di gruppo (AFA).

VIDEO VARI:
- https://www.youtube.com/watch?v=bcdkm5WTAuI
- https://www.youtube.com/watch?v=-TMMZsBVX4Q

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 45


46 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16
Cioni - Lezione 7

VALUTAZIONE DELLA POSTURA DEL PAZIENTE IN CARROZZINA

Parlando di carrozzine, bastoni, ambulatori anteriori e posteriori, entriamo nel campo degli
ausili. La presenza dell’ausilio serve a rendere indipendente una persona per potersi
muovere. E’ un mezzo per prevenire le cadute.

Per capire meglio le problematiche dei vostri pazienti dovete osservare come vengono
posizionati nella carrozzine quando vengono nelle strutture dove lavorate; se le spalle, i
piedi, la schiena vengono sistemati male non si sta facendo attenzione su qualcosa di
veramente importante perché il momento riabilitativo non è solo quello in cui intervenite,
ma riguarda tutta la giornata perché non ha senso che dopo 30 o 45 minuti di terapia il
paziente esce e se ne sta un’ora posizionato male e tutto il lavoro fatto non è servito a
niente; per questo motivo i pazienti devono essere seguiti bene tutto il giorno.

Osservando la figura (presumo ci sia nelle slide) si vede che


questa giovane ragazza è posizionata senza i più minimi principi
di posturazione; questi pazienti anche se non hanno un buon
controllo della muscolatura facciale riescono lo stesso ad
esprimere il loro disagio. Questa fascia al livello addominale, il
tronco ha una deviazione da destra verso sinistra, i piedi
penzolanti fuori dalla carrozzina e tra l’altro questa carrozzina
si può usare solo per gli spostamenti.

La fascia nella ragazza deve essere posizionata sotto le ascelle,


si usa un divaricatore per sistemare le ginocchia e i piedi
devono essere posizionati nei poggiapiedi. Non possiamo avere
un’idea precisa del divaricatore perché deve essere scelto con
molta attenzione visto che questa ragazza probabilmente ha un
ipertono degli adduttori. Se non si sta attenti alla seduta, si
potrebbe avere dolore perché se il bambino maschio scivola in
avanti schiaccia i testicoli contro il divaricatore cosi anche le
femminucce possono schiacciare i genitali. I genitori devono
saper posizionare il bambino.
Un cattivo posizionamento può causare delle gravi deformità
della colonna vertebrale che portano a disturbi respiratori e
cardiaci, cifosi e scoliosi. L’allineamento ideale dovrebbe essere
questo (vedi foto). Cosa notiamo? Ginocchia a 90°, piedi ben
posizionati al terreno; la cosa sicuramente importante è la

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 47


posizione dei braccioli: devono essere ben posizionati perché la muscolatura del cingolo
scapolare si possa rilassare così da evitare le contratture muscolari.

In questa figura dobbiamo evidenziare alcune cose: la posizione delle ginocchia, dei piedi e
delle anche, viene pure presa in considerazione la lordosi lombare nella persona
normodotata, del torace, della testa e delle braccia. Questo sotto è l’allineamento ideale:

VALUTAZIONE GLOBALE DEL PAZIENTE IN CARROZZINA

 Anamnesi
 Tono
 Riflessi che influenzano la postura
 Sensibilità’ esterocettiva integrità della cute
 Controllo motorio e forza
 Rom
 Abilità funzionali e obiettivi
 Stato cognitivo
 Abilità percettive e visive
 Accessibilità ambientale
 Trasporti

La prima cosa che faccio quando viene un bambino in carrozzina sono le misure di
quest’ultima. Il motivo è perché in molti casi si prendono delle carrozzine di misura precisa
a bambini che poi cresceranno oppure ci sono carrozzine che d’estate vanno bene e poi in
inverno vengono cambiate perché non si erano considerati i vestiti più pesanti. La
prescrizione delle sedie dura sei anni quindi è un problema se la sedia non va bene già dopo
sei mesi. Il medico prescrittore ha questi compiti e voi dovete vigilare. Durante la
prescrizione bisogna verificare se c’è ipotono o ipertono, sensibilità esterocettiva, integrità
della cute (mi riferisco alle piaghe da decubito o alle zone che potrebbero esserne esposte),
una buona forza muscolare, l’escursione articolare (le ginocchia, le caviglie, ecc.).

Alla base delle carrozzine c’è un progetto tecnico che viene effettuato dalla ditta su richiesta
del medico e poi viene valutato sia dal medico prescrittore che dal fisioterapista che segue
il paziente i quali stilano un progetto riabilitativo. In questo progetto inseriamoci pure i
genitori perché se noi non conosciamo l’ambiente in cui vive e la presenza di possibili
barriere architettoniche (scale, casa piccola, porte strette) non abbiamo concluso niente.

Poi bisogna considerare anche lo stato cognitivo del paziente (sulla possibilità di affidare o
meno carrozzine elettroniche).

48 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Uno dei modi per poter valutare il nostro paziente in funzione della carrozzina è di metterlo
seduto e valutiamo se riesce a stare seduto senza mani. Certe volte ci sono dei bambini
piegati in avanti che non guardano nemmno davanti a se oppure quando ci sono delle
miopatie si va incontro a lordosi, posture asimmetriche a corpo di legno, cioè il bacino è
ruotato da un lato e la persona cerca di compensare con una contro rotazione del tronco
(noi dobbiamo impedire queste situazioni), anca addotta e intraruotata, oppure
extraruotata che può portare a lussazioni (muscoli abduttori in ipertono), scoliosi.

QUADRI DI DEFORMITA’:

 Soggetto piegato in avanti simmetricamente


 Postura lordotica
 Postura asimemtrica o a colpo di vento
 Anca addotta ed intraruotata, anca opposta abdotta ed extra-ruotata (in
combinazione con rotazione pelvica, lussazione anca, obliquita’ pelvica e scoliosi)

Inoltre bisogna capire quando si prescrive una carrozzina se la deformità del bambino è fissa
o mobilizzabile: se la deformità è fissa è la carrozzina che si deve adattare al bambino, se la
deformità è mobilizzabile sarà il paziente ad adattarsi alla carrozzina oppure se è prevista
una chirurgia e la deformità è fissa dobbiamo aspettare.

Noi dobbiamo distinguere le carrozzine: in quelle da uso domestico, cittadino; poi vi sono le
carrozzine pieghevoli che sono momentanee, non vi è il supporto lombare (in queste
carrozzine non vi può stare tutta la giornata perché poi il paziente comincia a soffrire).

Vi sono degli ausili da usare insieme alla carrozzina, uno di questi è il cuneo divaricatore, che
si usa quando vi è uno scivolamento anteriore (molto comune ma che è una delle prime cose
da evitare perché visto che poi quella posizione non si può cambiare, i muscoli si accorciano
e la posizione in futuro è più difficile da modificare).

In questa immagine vi è una sorta di rialzo costituito da un cuscino


che impedisce lo scivolamento, ma deve essere una cosa temporanea
perché se noi chiudiamo per molto tempo l’angolo avverrà un
accorciamento dei flessori dell’anca; altre cose importanti sono
queste “palette” che stanno sotto le ascelle e che mantengo il tronco
dritto, devono essere posizionate sotto le ascelle ma non troppo
perché potrebbero creare una compressione sui vasi e sui nervi che
passano a livello ascellare (queste cose bisogna spiegarle alle persone
vicine ai nostri pazienti). Il poggiatesta a seconda del tipo di patologia
può essere più o meno utile, nel senso che in alcuni casi serve ad
evitare gli sbandamenti laterali e a dare un sostegno propriocettivo.

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 49


Vi sono delle carrozzine che permettono una certa autonomia al paziente che hanno dei
sistemi per far muovere le ruote. Bisogna guardare poi chi spingerà questi pazienti perché
se la persona deputata potrebbe avere delle difficoltà possiamo optare per una carrozzina
con le ruote motorizzate. La carrozzina deve essere adattabile allo sviluppo corporeo quando
il paziente è un bambino. Per prescrivere una carrozzina bisogna prendere le misure del
paziente (testa- pelvi, pelvi-ginocchio, lunghezza delle spalle.

Un punto cruciale è il controllo della pelvi: controllare il corretto posizionamento posturale,


evitare piaghe da decubito, verificare poi:

 Blocco delle tuberosità ischiatiche per impedire la inclinazione posteriore della pelvi
 Sostegno lombare
 Cintura anteriore a livello dell’anca

Una delle prime cose che faccio quando viene un bambino in carrozzina è
controllare il posizionamento del tratto lombare della colonna vertebrale.
Per evitare di fare scivolare le persone si può usare quindi una cintura a
livello dell’anca o anche due che sono più utili rispetto al cuneo divaricatore.

In questa diapositiva possiamo vedere il blocco delle tuberosità ischiatiche


facendole entrare dentro quest’incavo così rimangono bloccate e per evitare
le piaghe da decubito; vi possono essere dei problemi di lussazione dell’anca
con un’asimmetria; la seduta si può regolare in base alla lunghezza degli arti
in particolare del femore.

Per evitare le piaghe bisogna disperdere la pressione e non farla esercitare in un piccolo
punto. Per evitare le piaghe si usano materiali molto comodi. La seduta è costituita da
materiale anti decubito, molto mobile.

In queste immagini vi è un sistema di postura modellabile.

Un’altra cosa che dovrete guardare è la pulizia delle carrozzine voi vi rendete conto se le
persone seguono i loro bambini, ma non bisogna essere dei cattivi giudici, semplicemente
per rendervi conto delle difficoltà che può avere una mamma: Per esempio prendere una
sedia che costa di più, ma che è più facile da lavare e da gestire.

50 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


In quest’immagine vi è una carrozzina rigida; vi sono vari tipi: pieghevole o da transito (è
utile per brevi spostamenti). Vi sono le crociere singole o doppie che danno stabilità.

Tutte queste carrozzine sono con


l’autospinta e sono differentemente
pesanti a seconda del prezzo. Se i
parenti hanno delle difficoltà nel
trasporto prescrivo una carrozzina
più leggera. Le carrozzine con i raggi
piccoli sono più leggere. Poi vi sono
delle rotelle più piccole e più grandi, con la camera d’aria (più leggere ma si sgonfiano),
quelle piene internamente, poi vi sono quelle piroettanti che servono a far girare su se stesso
e danno maggiore autonomia.

Perché le carrozzine delle persone che hanno una lesione


al midollo spinale sono più basse dietro? Perché la scapola
in questo modo può lavorare (carrozzina utilizzata
soprattutto nei giovani).

In quest’immagine vi è un’asticella che sta dietro con una


rotellina che è antiribaltamento.

Un’altra cosa da valutare è la profondità per evitare la


compressione dei fasci neuro vascolari e uno di questi si
trova a livello del ginocchio: lo valutiamo mettendo due
dita tra il cavo popliteo e il bordo della carrozzina.

Nella fase flaccida dopo un ictus dove c’è un arto che


pende noi dobbiamo evitare i reggi braccio perché in
futuro combatteremo con l’adduzione quindi bisogna
lavorare con la muscolatura prossimale bisogna utilizzare
questa struttura per appoggiare il braccio in maniera
corretta (vedi immagine).

E’ importane inoltre valutare il comntrollo del capo.

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 51


AUSILI

Come si utilizza il bastone: è un problema psicologico che bisogna superare.

Il bastone può essere in legno o in alluminio. La cosa importante è l’altezza del bastone: il
braccio non deve essere né troppo piegato né troppo allungato (circa 18° al gomito) ed in
particolare l’appoggio del bastone deve essere piatto.

Bisogna insegnare la strategia per camminare con le stampelle:

- Cammino alternato a due punti: si muovono contemporaneamente in avanti la


stampella destra e la gamba sinistra per dare appoggio e stabilità, poi stampella
sinistra e gamba destra.
- Cammino alternato a quattro punti: stampella destra in avanti, piede sinistro in
avanti, stampella sinistra in avanti piede destro in avanti.

Ora parliamo dei deambulatori: quelli anteriori servono a prevenire le cadute. Il


deambulatore con l’appoggio serve alla persona con problemi più gravi.

ORTESI

L’ortesi è un presidio ortopedico che viene applicato direttamente al corpo del paziente in
presenza dell’organo al contrario della protesi che va a sostituire l’organo; le dentiere per
esempio sono delle protesi, gli apparecchi acustici sono delle ortesi, come i plantari.

Differenza tra una protesi nel paziente neurologico e una protesi nel paziente ortopedico:
- Nel paziente neurologico andiamo a modificare uno schema motorio: al cervello
arriveranno una serie di impulsi diversi;
- Nel paziente ortopedico ha un ruolo di immobilizzamento dell’arto e recupero
dell’osso e dell’articolazione.

FUNZIONI DELLE ORTESI PER IL CAMMINO:

1. Favorire l’allineamento articolare e meccanico


2. Contenere un deficit muscolare
3. Controllare uno squilibrio muscolare dinamico e/o statico
4. Favorire la stabilità dell’arto durante la fase di appoggio
5. Migliorare postura e pattern dinamico di cammino
6. Offrire una facilitazione percettiva: tattile, propriocettiva, cinestesica
7. Offrire un aiuto al terapista che può orientarsi al controllo delle stazioni articolari
libere dal vincolo ortesico

52 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16


Nell’ortesi di questa immagine abbiamo i fondi, la pontina
e i bordi; il fondo può essere a tutto fondo che arriva fino
alla punta dei piedi oppure a fondo che cade nelle teste
metatarsali, cioè che lascia libere le dita che sono molto
importanti soprattutto nel bambino così da permettergli
di acquisire informazione esterocettive dalla periferia e di
trasformarle in atti motori più corretti.

Lo strappo nelle ortesi può essere duplice o unico.

Una cosa importante è che le scarpe devono essere


leggere e se è possibile devono essere piacevoli. Queste
tipo di ortesi sono fatte in polipropilene quindi sono molto sottili e molto leggere. Vi sono
anche protesi con materiale antisudore con buchi che fanno traspirare l’aria.

Il tutore deve essere:

- RIGIDO  per ridurre le torsioni indotte dalla spasticità.


Il tutore che passa sopra ai malleoli da più stabilità alle
caviglie ed è in polipropilene

- ELASTICO  nel caso in cui il tutore deve passare nella


zona retro-malleolare, in questo modo avrà una
conformazione più elastica che ritornerà elasticità al
piede durante la fase di oscillazione. Questo è ottimo
quando vi è un problema di piede cadente (quindi
lesione dello SPE) poiché il ritorno elastico sosterrà il piede.

Certe volte nei tutori fanno anche questa finestrella per evitare la stimolazione
esterocettiva della pelle al di sopra del tricipite della sura che dà origine alla
spasticità dei piedi (ma non ha molta validità scientifica)

Le cerniere servono a regolare la posizione della tibiotarsica per


dare stabilità, bloccare l’equinismo ma nel contempo favorire la
rotazione in avanti della tibia e impedire la torsione plantare.

Poi vi sono le ortesi a spirale: se il piede va verso dentro lo


spingono verso fuori (anti-valgismo).

Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16 53


INDICAZIONI ALL’USO DELLE ORTESI:

 Nella fase di apprendimento della stazione eretta e del cammino


 Nella fase post-operatoria
 Dopo l’inoculo di tossina botulinica
 Quando il cammino è già acquisito per contenere deformità evolutive o pattern
funzionali poco favorevoli
 Sovraccarichi statici e/o dinamici del piede
 Deficit della reazione di sostegno
 Pattern in intrarotazione-adduzione

 EQUINISMO (di sospensione, di contatto, di pieno


appoggio, presente in tutto il ciclo del passo): Nel caso di
equinismo di pieno appoggio la linea di Forza di gravità
passa davanti alle metatarsofalangee e davanti all’asse del
ginocchio, creando un momento estensorio abnorme al
ginocchio, passa davanti all’anca creando un momento
flessorio all’anca. L’ortesi sposta posteriormente la GRF al
piede, le permette di passare al centro dell’articolazione
del ginocchio, riducendo il momento estensorio e
permettendo un pattern di movimento più adeguato

 GINOCCHIO RECURVATO: l’ortesi riduce l’ampiezza


del momento estensorio al ginocchio e crea un
momento flessorio in mid-stance favorisce così
l’appoggio di tallone, controlla la posizione del
piede in relazione all’arto in fase di swing.

 CROUCH GAIT: contrattura dinamica/statica dei muscoli


ischiocrurali (il piede può essere a piatto o in equinismo,
a seconda dell’attività del Tricipite della Sura),
ipoattività dei muscoli flessori plantari del piede; il
vettore principale delle forze di reazione al suolo passa
dietro al ginocchio con un lungo braccio di leva che
causa a sua volta un importante momento interno
estensorio. Si utilizzano ortesi gamba-piede fisse (SAFO)

54 Enzo Sapienza - Fisioterapia 2015/16

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