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Incontri

con
Gurdjieff
Trascrizione integrale degli insegnamenti
trasmessi a Parigi in Rue des Colonels-Renard

1941-1943
Stai per entrare all'interno di un gruppo di studio degli
insegnamenti di Gurdj ieff, e all'inizio potresti trovarti
disorientato. Non avrai indicazioni sull'aspetto fisico,
sulla professione o sulla formazione degli studenti, né
sulle idee a cui si allude. Al contrario, tutto potrebbe
sembrarti astruso e incomprensibile.

dalla Guida alla lettura di Maura Gancitano

GEORGES l. GURDJIEFF è stato un filosofo, scrittore, mistico e "maestro di


danze" armeno. Il suo insegnamento combina sufìsmo, scuola mistica dell'Is­
lam e altre tradizioni religiose ed esoteriche, in un sistema sincretico di
tecniche psicofìsiche e meditative che cerca di favorire il superamento degli
automatismi psicologici ed esistenziali.

Traduzione di Arianna Formentin, Matteo Trevisani


e Maura Gancitano

12,90€ www.tlon.it

ISBN: 978-88-99684-15-0

9 788899 684150
Georges I. Gurdjieff

INCONTRI CON
GURDJIEFF
Trascrizione integrale degli insegnamenti trasmessi a
Parigi in Rue cles Colonels-Renard
1 94 1 - 1 943

Traduzione di Arianna Formentin, Matteo Trevisani


e Maura Gancitano
Georges l. Gurdjieff

Incontri con Gurrijù1f1941-1943

T itolo originale inglese:


Transcripts qf Gurrijiçjj's Meetings 1941-1943
Book Studio, 2009

© 2009 Book Studio


© 2016 Edizioni Tlon
Tutti i diritti riservati

Progetto grafico
Andrea Colamedici, Andrea Pizzari

Traduzione
Arianna Formentin, Matteo Trevisani, Maura Gancitano

I edizione: ottobre 2016


ISBN 9788899684150
INDICE

GUIDA ALLA LETTUR A 7

PRIMO INCONTRO 15
Domenica 7 dicembre 1941

SECONDO INCONTRO 25
Giovedì 11 marzo 1943

TERZO INCONTRO 29
Giovedì 18 marzo 1943

QUARTO INCONTRO 33
Giovedì 8 aprile 1943

QUINTO INCONTRO 37
Giovedì 29 aprile 1943

SESTO INCONTRO 41
Giovedì l luglio 1943

SETTIMO INCONTRO 49
Giovedì 22 luglio 1943
OTTAVO INCONTRO 59
Giovedì 29 luglio 1943

NONO INCONTRO 69
Giovedì 16 settembre 1943

DECIMO INCONTRO 75
Giovedì 16 settembre 1943

UNDICESIMO INCONTRO 87
Giovedì 18 settembre 1943

DODICESIMO INCONTRO 97
Giovedì 25 settembre 1943

TREDICESIMO INCONTRO 1 03
Giovedì 30 settembre 1943

QUATTORDICESIMO INCONTRO 1 09
Venerdì 8 ottobre 1943

QUINDICESIMO INCONTRO 1 25
Sabato 16 ottobre 1943

SEDICESIMO INCONTRO 1 37
Giovedì 12 ottobre 1943

DICIASSETTESIMO INCONTRO 1 53
Giovedì 28 ottobre 1943
DICIOTTESIMO INCONTRO 171
Giovedì 9 dicembre 1943

DICIANNOVESIMO INCONTRO 187

VENTESIMO INCONTRO 201


GUIDA ALLA LETTURA

Beato chi ha un'anima. Beato chi non ce l'ha affatto.


Ma sciagura e desolazione a chi ne ha soltanto il germe.
G.I. Gurdjieff, I Racconti di Belzebù a suo nipote

Stai per entrare all'interno di un gruppo di studio degli


insegnamenti di Gurdjieff, e all'inizio potresti trovarti
disorientato. Non avrai indicazioni sull'aspetto fisico,
sulla professione o sulla formazione degli studenti, né
sulle idee a cui si allude. Al contrario, tutto potrebbe
sembrarti astruso e incomprensibile.
Gli incontri a cui prenderai parte si sono tenuti tra
il 1 94 1 e il 1 943 a Parigi, nella residenza di Gurdjieff,
con gli allievi dijeanne De Salzmann, una delle princi­
pali prosecutrici del lavoro del filosofo armeno. Si sono
svolti principalmente di giovedì, e in quelle occasioni gli
studenti potevano rivolgere delle domande sulle idee del
sistema o chiedere indicazioni sul proprio lavoro indi­
viduale. Questa modalità di insegnamento è stata suc­
cessivamente riproposta in tutti i gruppi di ispirazione
gurdjieffiana. Gli incontri del giovedì si distinguevano
· da quelli della domenica, aperti a un gruppo più ristret­
to, durante i quali gli insegnamenti venivano trattati in
modo più complesso e approfondito.

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Per evitare che il disorientamento ti impedisca di
godere della lettura, proverò a darti qualche indicazio­
ne sulle idee gurdjieffiane trattate in quest'opera. T ieni
conto, però, che una spiegazione intellettuale di queste
idee è sempre fallimentare. Non si può comprendere
questo insegnamento se non percependolo contempo­
raneamente con tutti i tre centri da cui, per Gurdjieff,
è composto l'essere umano: centro istintivo-motorio,
centro emozionale e centro intellettuale. Non è dunque
possibile dare una definizione davvero esaustiva delle
sue idee, ma solo un'allusione, una guida minima. Ogni
tentativo di sistematizzazione è una pia illusione.
Ecco perché la prima opera di Gurdjieff, I Racconti di
Belzebù a suo nipote, più volte citata in questo libro, non
è un manuale, ma un testo di fantascienza costruito per
veicolare delle idee esoteriche presentate con dei nomi
altisonanti e palesemente inventati, con il solo scopo di
rompere il centroformatorio del lettore, cioè quell'appara­
to - che nel libro viene chiamato kundabziffer, cioè "me­
ga-respingente" - che seleziona e cataloga tutti gli sti­
moli e gli accadimenti, rendendoli innocui e riducendoli
a eventi ordinari. Il centro formatorio permette che a
ogni azione segua una reazione meccanica pre-determi­
nata, che si oppone all'ingresso dell'ignoto e del miraco­
loso nella vita dell'uomo. Il centro formatorio impedisce
di comprendere davvero ciò che accade nella vita e ciò
che si è, e appiattisce ogni cosa a un livello ordinario di
coscienza, rappresentando quindi il principale nemico
di ogni essere umano che desideri evolvere.
Se nelle macchine o nei vagoni ferroviari ammortiz­
zano gli urti, nell'essere umano i respingenti attutiscono

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l'urto della realtà, cioè gli impediscono di vedere le cose
per come sono, di percepire le proprie contraddizioni, la
frammentarietà di sé, e lo salvano dalla pazzia. Gli am­
mortizzatori si formano e si cristallizzano nel corso degli
anni a causa dell'educazione, della morale, delle con­
venzioni, del sapere ufficiale, e appiattiscono pensieri e
sentimenti a un livello grossolano, impedendo all'uomo
di sperimentare veri pensieri e vere emozioni. Non può
esserci un lavoro su di sé che non abbia come scopo pri­
mario quello di distruggere il centro formatorio. Ecco
perché il compito che Gurdjieff si propone prima di scri­
vere I Racconti di Belzebù è questo: «Estirpare dal pensiero
e dal sentimento del lettore, spietatamente e senza il mi­
nimo compromesso, le credenze e le opinioni, radicate
da secoli nello psichismo degli uomini, riguardanti tutto
ciò che esiste al mondo».
La ragione, dunque, per cui Gurdjieff viene spesso
considerato un esponente della pedagogia nera e di un
esoterismo pessimista e negativo è proprio questa: ritie­
ne che l'essere umano non possa fare alcunché, né ama­
re, prima di aver distrutto il proprio centro formatorio.
Il modo in cui cerca di aiutarlo, «spietatamente e senza
il minimo compromesso», non ha niente a che vedere
con ciò che fanno la morale cattolica e la New Age, che
al contrario puntano tutto sulla consolazione e sul pote­
re nascosto nell'essere umano. Sull'abbandonarsi, e non
sullo sviluppo dell'attenzione.
La presenza dei respingenti porta l'essere umano a
identificarsi con ogni cosa della vita ordinaria: con il pro­
prio lavoro, con il proprio partner, con ciò che possiede,
con ciò che non possiede e che vorrebbe possedere. Esse-

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re identificati significa pensare di essere i propri pensieri,
i propri sentimenti e le proprie sensazioni, confondendo
colui che prova con ciò che viene provato, e rendendo in
tal modo impossibile una visione oggettiva di sé stessi.
Nello stato ordinario l'essere umano si trova injàl­
sa personalità, cioè indossa una maschera composta da
quell'insieme di condizionamenti familiari, sociali e cul­
turali che gli impediscono di conoscere ed esprimere la
propria essenza, ovvero ciò che di più genuino c'è in lui,
la sua natura più profonda, quella sostanza grezza che,
educata e lavorata, può permettere all'uomo di costruir­
si un'anima. Essere in falsa personalità significa mentire
costantemente non solo agli altri, ma principalmente a
sé stessi. Significa mancare di sincerità e di considerazio­
ne esterna. Oltre a identificarsi, infatti, l'uomo considera
internamente. Si offende per ogni piccola mancanza
di comprensione, riconoscimento, apprezzamento, si
aspetta di essere sempre al centro dell'attenzione, di es­
sere approvato, e si identifica con ciò che gli altri pen­
sano di lui, con il modo in cui lo trattano, con il loro
atteggiamento nei suoi confronti. E non è mai davvero
soddisfatto: pensa che la gente non lo apprezzi abba­
stanza, che non sia abbastanza gentile con lui, e si sente
sempre in difetto, si vergogna sempre di qualcosa. Tutto
ciò lo tormenta, lo preoccupa, lo offende e lo rende per­
maloso e sospettoso. E in tal modo gli ruba ogni energia,
lo svuota, gli impedisce di agire davvero. Ecco perché per
Gurdjieff l'uomo nonfo: è talmente preso dall'identifi­
cazione e dalla considerazione che nella sua vita non
rimane alcuno spazio per un'azione consapevole. La
considerazione esterna è l'esatto contrario. Per questa

lO
ragione, nel corso degli incontri Gurdjieff prende in giro
gli interlocutori, li sbeffeggia, dà loro dei nomignoli o
dice cose palesemente assurde: vuole colpire la loro con­
siderazione interna.
Del resto la falsa personalità, cioè la maschera che
ciascuno di noi ha sviluppato, è piena di sfaccettature:
possiamo osservare diversi "Io" che prendono spazio du­
rante la nostra giornata, e che spesso si avvicendano con
grande rapidità. Ci sono dentro di noi "Io" totalmente
diversi, che vanno spesso in direzioni opposte. Alcuni
"Io" possono essere interessati al lavoro interiore, men­
tre altri non sanno neppure cosa ciò voglia dire. Iniziare
a osservare l'avvicendamento degli "Io" significa inizia­
re a smettere di essere identificati, separarsi internamente.
La natura di un essere umano non consapevole è
dunque frammentaria, mutevole. Occorre dare spazio
all"'lo di Lavoro", quella parte di noi che intende evol­
vere, accedere alla propria vera natura e giungere alla
costruzione dell'anima. L"'Io di Lavoro" deve imparare
a controllare le funzioni, cioè i centri, per permettere
all'uomo di accedere consapevolmente ai centri supe­
riori (centro emozionale superiore e centro intellettuale
superiore). Non ha dunque senso la ricerca delle cosid­
dette esperienze di picco se le funzioni ordinarie non
lavorano ancora correttamente, se l'essere umano non
è in grado di controllarle. Gurdjieff accenna anche a un
quinto centro, che controlla l'energia più importante
che l'uomo possiede, quella sessuale.
Per Gurdjieff, l'immaginazione non è una facoltà co­
noscitiva, ma viene assimilata alla fantasticheria, alla
menzogna. Essere in immaginazione significa non esse-

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re in grado di vedere le cose come stanno e sé stessi per
come si è davvero. L'immaginazione non è un pensiero
consapevole o intenzionale, non è la visualizzazione di
qualcosa di vero, ma ha a che fare con la mutevolezza,
la frammentarietà degli "lo" del soggetto. Il lettore non
pensi che Gurdjjieff fosse contrario al gioco o alla fan­
tasia, tutt'altro. I Racconti di Belzebù è un chiaro esempio
di opera narrativa in cui l'elemento immaginativo viene
usato per veicolare delle idee esoteriche sull'essere uma­
no e sul pianeta Terra. Quando si parla di immagina­
zione nel sistema gurdjieffiano, però, si fa sempre riferi­
mento alla mutevolezza delle credenze e dei sentimenti
umani. Allo stesso modo, è soggettivo ciò che ha a che fare
con l'immaginazione e la mutevolezza (e dunque non ha
alcun valore), mentre è oggettivo ciò che è consapevole.
Nel gruppo di Rue cles Colonels-Renard ciascuno
era invitato a lavorare su di sé, a svolgere degli esercizi
e a osservare ciò che gli accadeva, ma aveva anche dei
compiti da svolgere insieme ad altri. Se l'essere uma­
no ordinario maschera il proprio egoismo con un falso
altruismo, Gurdjieff invitava a essere consapevolmente
egoisti, a lavorare per sé stessi, a guardare in faccia i
propri impulsi più grossolani; allo stesso tempo, sugge­
riva agli studenti di lavorare in coppia, in modo da svi­
luppare una dinamica di mutuo aiuto. Come due per­
sone con mani e braccia legate, incapaci di alzarsi, che
possono farlo solo se, schiena contro schiena, fanno leva
l'una sull'altra. Questo iforzo comune può avvenire solo
tra esseri umani che fanno lo stesso lavoro di evoluzione
interiore, cioè che hanno un "Io di Lavoro". Non ha
senso, al contrario, aiutare qualcuno che è completa-

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mente identificato con la realtà ordinaria e che non ha
intenzione di evolvere, perché sarebbe del tutto inuti­
le. Questa idea, purtroppo, è stata manipolata da tutti
i gruppi successivi a Gurdjieff, che l'hanno usata per
creare un ambiente settario e un legame con il Maestro
del gruppo, cioè per portare gli studenti a tagliare ogni
legame con il mondo esterno e a chiudersi all'interno
delle mura della scuola.
Nel corso degli incontri riportati in questo libro si fa
inoltre riferimento alla Legge del Sette, probabilmen­
te l'idea più complessa del sistema di Gurdjieff, e per
questo molto difficile da rendere in breve. Si tratta del­
la Legge che dimostra che nessun processo sulla Terra
procede senza interruzioni. Come in una scala musicale
(DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI-DO), ogni cosa conosce due in­
tervalli: il MI-FA, intervallo di prosecuzione, e SI-DO, in­
tervallo di trasformazione. Un uomo cosciente sa come
suonare il DO, cioè sa come dare inizio a un'ottava con­
sapevole, ed è in grado di lasciare spazio agli shock, che
hanno il compito di riempire e superare gli intervalli.
È importante sottolineare che Gurdjieff definisce uomo
solo l'essere umano cosciente, che ha distrutto il centro
formatorio, ha il controllo delle proprie funzioni ed è
in grado di accedere ai centri superiori. Un uomo che
abbia raggiunto questo stadio non è per Gurdjieff un
essere straordinario, ma è un uomo normale, cioè ciò che
l'essere umano dovrebbe essere davvero. Ciò che inve­
ce è di solito è merda, non-entità, nullità. In altre parole, è
come se non esistesse ancora.
Alcuni degli studenti del gruppo di Rue cles Colo­
nels-Renard avevano una buona conoscenza del siste-

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ma, altri erano appena arrivati o, pur frequentando da
tempo, avevano compreso molto poco. Ciò spiega il fat­
to che alcuni partecipassero solo agli incontri del giovedì
e altri anche all'appuntamento della domenica. E ciò
spiega anche le imprecisioni che i traduttori di questo
libro si sono trovati ad affrontare durante il lavoro sul te­
sto: chi ha preso questi appunti - inizialmente trascritti
in francese e poi apparsi in inglese, nell'unica edizione
finora esistente- ha il merito di averci restituito l'atmo­
sfera del gruppo, ma è caduto nelle classiche dijàillance
dei trascrittori. Il lettore troverà quindi incontri che non
hanno una data precisa, date che si ripetono, nomi pre­
senti con molteplici abbreviazioni. I traduttori hanno
cercato di correggere gli errori laddove fossero palesi,
ma hanno scelto di non manipolare eccessivamente il
testo per non guastarne l'autenticità.

Maura Gancitano

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PRIMO INCONTRO
Domenica 7 dicembre 1 94 1

Domanda: Nel 1avoro su me stesso accade qualcosa di


intollerabile. A dispetto di tutti i miei sforzi non riesco
a ricordarmi di me, a raggiungere una qualità superio­
re. È inutile che mi imponga ore di lavoro con l'occhio
all'orologio. Non ottengo alcun risultato. Perché?

Gurdjieff: Dipende dal suo egoismo. Lei ha vissuto fino­


ra in un egoismo particolarmente grande. È rinchiuso lì
dentro e ne deve uscire. Per farlo, deve imparare come si
lavora. Non per sé stesso e basta, ma anche per gli altri.
Ha cominciato a lavorare sui suoi genitori, ma ora deve
cambiare compito. Ne assuma uno nuovo, che riguardi
il suo vicino, non importa chi, un essere qualsiasi, anche
scelto tra le persone di questo gruppo. Deve lavorare
per sé stesso con lo scopo di essere in grado di aiutare gli
altri. Ciò entrerà in conflitto col suo egoismo. Vedo che
entrambi [si rivolge a due persone] avete un passato molto
brutto, un particolare egoismo. Tutte le vecchie questio­
ni personali vengono a galla, ed è questo il motivo per
il quale non riuscite a fare niente, è normale. È in linea
con l'ordine e con le leggi. Sono necessari numerosi alti
e bassi prima di raggiungere l'obiettivo, questo dovreb-

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be rassicurarla. Potrei rassicurarla completamente, ma
occorre che lei lavori per conto suo.

Domanda: Per uscire da questo stato di sofferenza, così


vivido e così negativo, posso fare uso di mezzi esterni.
Assumere oppio, per esempio?

Gurdjieff: No, deve lavorare su sé stesso. Deve distruggere


l'egoismo in cui ha vissuto. Provi a fare quello che le dico:
cambi il suo compito. Deve raggiungere un nuovo stadio. È
come se tutti voi steste andando alla Gare de Lyon, ma cia­
scuno passasse per strade diverse, uno per Rue de Londres
e uno per l'Opéra. Più o meno siete alla stessa distanza.

Domanda: Vedo la mia impotenza e la mia codardia.


Non posso fare nulla o dire nulla per qualcun altro, per­
ché la mia testa non è sgombra. Riesco a sentire se una
cosa è giusta o no, ma non posso spiegare con chiarezza
perché.

Gurdjieff: Non può dire nulla o fare nulla per qualcun


altro. Non sa nemmeno di cosa ha bisogno per sé, figu­
riamoci se può sapere ciò di cui ha bisogno un altro. La­
vori intenzionalmente per qualcun altro. Ma reciti il suo
ruolo, sia separato internamente. Veda. Esteriormente
parli come farebbe lui, ma non allo scopo di ferirlo.
Deve acquisire la forza per farlo, per recitare consape­
volmente una parte. Diventi doppio. Per il momento, la­
vori come un supervisore, faccia ciò che le dico, per ora
non può fare di più. Amore per il prossimo; quella è la
V ia. Doni agli altri ciò che ha provato per i suoi genitori.

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Domanda: È dall'inizio del lavoro che ho questo desi­
derio.

Gurdjieff: Certo, è la stessa cosa, è sempre la stessa cosa


che torna in gradi diversi. Ora sta tornando a un livello
differente. Deve superare questa crisi. Tutto viene dal
falso amore per sé stessi, dall'opinione che si ha di sé
stessi, che è falsa.

Domanda: L'esercizio ha messo tutto a soqquadro den­


tro di me, tutto il mio lavoro. Ha portato via la gioia di
lavorare su me stesso, ha reso tutto doloroso, senza spe­
ranza. Mi sento come un asino che tira un carro estre­
mamente pesante su per una collina.

Gurdjieff: Perché sono state toccate altre parti di lei. Era


come un pittore che mescolava sempre gli stessi colori
senza il rosso. Quando ha aggiunto il rosso, è cambiato
tutto. Ora deve continuare.

Domanda: L'esercizio mi sta facendo sentire qualcosa


che è del tutto nuovo per me. Quando provo a farlo e
pongo la mia attenzione su un piccolo punto immobile,
e vedo che non posso mantenermi di fronte a esso, pro­
vo la sensazione della mia nullità e mi sembra di capire
meglio l'umiltà. Quel piccolo punto è più grande di me.

Gurdjieff: Questo perché dentro di sé ha un cane che la


ostacola in ogni cosa che fa. Si chiama insolenza verso sé
stessi. Lei deve uccidere quel cane. Solo dopo averlo fat­
to si sentirà padrone di quel piccolo punto, sentirà che

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lei è più forte e che lui non è niente. Non ho fiducia nei
tipi artistici che vivono in immaginazione, che hanno
idee dietro la loro testa, non dentro, e pensano di sentire
e di fare esperienza, ma in realtà sono presi soltanto da
cose esterne. Vivono solo in superficie, all'esterno, non
dentro, non in sé stessi. Gli artisti non sanno nulla della
realtà, eppure immaginano di sapere. Non si fidi di sé
stesso. Ci entri, entri in tutte le parti che la compongo­
no. È assolutamente necessario imparare a sentire e a
pensare allo stesso tempo, in tutto ciò che si fa, nella vita
di tutti i giorni. Lei è una persona vuota.

Domanda: In che modo bisognerebbe pregare?

Gurdjieff: Glielo spiegherò, ma più in là. Nel nostro


Sistema Solare ci sono sostanze che vengono emanate
dal Sole e dai pianeti, allo stesso modo di quelle ema­
nate dalla Terra, che entrano in contatto in certi punti
del Sistema Solare. E questi punti possono riflettersi in
immagini materializzate, che sono le immagini invertite
dell'Altissimo -l'Assoluto. Posso dirle che esiste sempre
un'immagine materializzata nella nostra atmosfera. Se
le persone si concentrassero abbastanza per entrare in
contatto con questa immagine, potrebbero riceverne
l'essenza. Potrebbero stabilire una linea telepatica, come
un telefono.

Domanda: Queste immagini si materializzano in forma


umana?

Gurdjieff: Sì.

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Domanda: Se qualcuno si mettesse in contatto con que­
sta immagine, e una seconda persona si mettesse in con­
tatto con la prima, e una terza e una quarta, potrebbero
ricevere tutti questa immagine?

Gurdjieff: Se sette persone riuscissero a concentrarsi


abbastanza da mettersi in contatto con questa imma­
gine, attraverso di essa potrebbero comunicare tra loro
a qualunque distanza, perché sarebbero diventate una
cosa sola. Potrebbero aiutarsi a vicenda. Ad ogni modo,
è solo spiegandola che qualcosa si capisce e si assimila
completamente.

Domanda: Voglio sapere se materializzando l'immagine


di un santo, questo mi farà ottenere ciò che desidero in
particolare.

Gurdjieff: Lei pensa come una persona qualunque. Ades­


so non ha i mezzi per materializzare un bel niente. Per ora
si dia un compito di autosuggestione, affinché una par­
te convinca l'altra e ripeta, ripeta quello che ha deciso di
fare. Esiste una serie di sette esercizi per lo sviluppo suc­
cessivo dei sette centri. n primo, per esempio, è il cervello,
quello che conta nella vita ordinaria Qa testa rappresenta
un lusso). Un altro è il centro emozionale. Ma l'unico che
veramente conta è quello della spina dorsale, il centro che
bisogna sviluppare e rinforzare per primo. Ecco un eser­
cizio che lo rinforzerà. Tenga le braccia in fuori orizzon­
talmente fino a formare due angoli retti. Allo stesso tempo
fissi un punto di fronte a lei. Divida la sua attenzione esat­
tamente tra il punto e le braccia. Vedrà che non ci sarà

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alcuna associazione mentale, non ci sarà spazio per essa,
perché lei sarà occupato a fissare il punto e a mantenere
la posizione delle braccia. Lo faccia da seduto, poi in piedi
e poi in ginocchio. Venticinque minuti in ogni posizione,
molte volte al giorno- o meno. Una volta ho avuto uno
studente che riusciva a stare due ore senza muovere le
braccia di un millimetro. Per altre cose era una nullità.

Domanda: Quando desidero fare tali sforzi per il lavoro,


nel mio petto si forma una barriera dura, impossibile da
superare. Cosa dovrei fare?

Gurdjieff: Non è niente. Semplicemente non è abituato


a usare quel centro. È un muscolo che si contrae, solo un
muscolo. Continui, continui.

Domanda: Ho fatto questo esercizio fino a farmi dolere


le spalle. Facendolo, ho avuto la sensazione di "Io". Mi
sono sentito separato, dawero "Io".

Gurdjieff: Non può avere "Io". "Io" è una cosa molto


costosa, mentre lei non vale niente. Non filosofeggi, non
mi interessa, e non mi parli di "Io". Faccia l'esercizio
come un servizio, come un obbligo, non per qualche ri­
sultato, come "Io". I risultati verranno in seguito. Oggi
è solo un servizio, solo questo è reale.

Domanda: Mi sento più dentro me stesso, ma è come se


fossi davanti a una porta chiusa.

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Gurdjieff: Non si tratta di una porta sola, ma di molte
porte. Deve aprire tutte le porte, impari a farlo.

Domanda: Ho lavorato soprattutto sull'amore per sé


stessi.

Gurdjieff: Senza amore per sé stessi non si può fare nien­


te. Ci sono due diverse qualità di amore per sé stessi. La
prima è qualcosa di sporco, l'altra è un impulso, l'amore
del vero "Io". Senza questo è impossibile muoversi. Un
antico detto hindu dice: "Felice è chi ama sé stesso, per­
ché può amare me". Vedo dal resoconto di Madame De
Salzmann che nessuno di voi mi ha capito. Vedete, c'è
bisogno di fuoco. Senza fuoco non ci sarà mai niente.
Questo fuoco è sofferenza, sofferenza volontaria, senza
la quale non è possibile creare alcunché. Bisogna prepa­
rarsi, bisogna sapere che cosa ci farà soffrire e, quando
questa cosa si presenta, farne uso. Solo lei può prepa­
rarsi, solo lei sa cosa la fa soffrire, cosa crea il fuoco che
cuoce, che cementa, che cristallizza, chejà. Soffra per i
suoi difetti, per il suo orgoglio, per il suo egoismo. Ri­
cordi a sé stesso qual è lo scopo. Senza una sofferenza
volontaria non accade niente, perché più si è coscienti
e meno si soffre. Senza una sofferenza volontaria non
avviene alcun processo ulteriore, niente. È per questo
che la sua coscienza deve preparare ciò che le serve. Lei
è in debito con la natura. Per il cibo che mangia, che
nutre la sua vita. Deve pagare per queste sostanze co­
smiche. Ha un debito, ha un obbligo che deve ripagare
con il lavoro consapevole. Non mangi come un animale,
ripaghi la natura per quello che le ha dato. La natura,

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sua madre. Il lavoro - goccia, dopo goccia, dopo goccia
- accumulato nel corso di giorni, mesi, anni, secoli forse
darà qualche risultato.

Domanda: Sono arrivato al punto in cui sono molto in­


felice, tutto mi appare sgradevole, privo di interesse.

Gurdjieff: E quel fazzoletto ripiegato in quel modo nel


suo taschino? Quello le interessa, vedo. Bene, la natura
le augura il meglio, ne sono felice. La spinge verso il la­
voro, rendendo tutto il resto sgradevole. È un attraversa­
mento che va compiuto: più lavorerà, più verrà fuori da
questo disagio, da questo vuoto, da questa mancanza.

Domanda: Anche il lavoro mi è sgradevole.

Madame de Salzmann: Perché lei in realtà non lavora.


Non fa mai un vero lavoro, non accade niente tra di noi
quando siamo insieme. Lei è vuoto. Una persona non
può sostenere tutto da sola. Lei deve fare uno sforzo per
sé stesso. Stasera è la stessa cosa. Nessuno è dawero qui,
nessuno si sforza.

Gurdjieff: Deve cambiare modo di lavorare. Invece di


concentrare tutto in un'ora soltanto, deve mantenere
costante la sensazione organica del corpo. Sentire il cor­
po in ogni momento, di continuo, senza per questo in­
terrompere le occupazioni quotidiane. Ho pensato che
gli esercizi le avrebbero permesso di conservare un po'
di energia, di mantenerla un po' più a lungo, di pren­
dere l'abitudine, ma vedo che non è così. Bagni un faz-

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zoletto, lo strizzi e se lo metta sulla pelle. Il contatto la
aiuterà a ricordare. Quando diventa asciutto, cominci
da capo. La chiave di tutto è rimanere separato. Il no­
stro scopo è avere una costante sensazione di unità in sé
stessi, dell'individualità di sé, e questa sensazione non
può essere espressa intellettualmente, perché è organi­
ca. È una cosa che ti rende indipendente quando sei tra
altre persone.

23
SECONDO INCONTRO
Giovedì 1 1 marzo 1 943

Lanctin: Non sono in grado di fermare le associazioni


mentre lavoro.

Gurdjieff: È necessario prepararsi prima dell'esercizio


del cercare di vedere con tre parti.

Dr. Aboulker: All'inizio, durante il lavoro, sentivo in me


un certo tipo di emozione. Ora non riesco più a trovarla.
Ho una costante sensazione di aridità. Ieri questa piace­
vole emozione è tornata, ma molto più debole.

Gurdjieff: È il segno di una crisi. È arrivato al MI. Ora


deve superare l'intervallo da solo e trovare in lei la forza
necessaria. La sua testa, che è come se fosse separata da
lei, deve aiutarla.

Lanctin: Come?

Gurdjieff: La sua testa deve far sì che lei si convinca. Le


permetta di vedere il passato e il futuro.

Lanctin: Ma la mia testa è debole.

25
Gurdjieff: Sì, ma lei sarebbe debole anche senza la testa.
'

E in questo modo che deve usarla.

Simone: Un po' di tempo fa ho ricominciato a leggere,


ma trovo in me quel che mi ha sempre impedito di lavo­
rare, una sorta di avidità che mi lascia stanca poco dopo,
senza che mi sia rimasto niente. Così mi accorgo di aver
sprecato del tempo.

Gurdjieff: Questo perché lei legge solo con la testa. Fac­


cia un esercizio: legga poco, una pagina alla volta. All'i­
nizio deve provare a capire con la sua testa, poi sentire e
poi farne esperienza Poi torni indietro, e pensi. Si eser­
citi a leggere con i suoi tre centri. In ogni libro c'è ma­
teriale per arricchire sé stessi. Non importa cosa legge e
quanto legge, ma solo la qualità del modo in cui lo fa.

Pauline: In seguito a uno shock, ho visto davvero cos'è


stata la mia vita: vuota, sterile, inutile. E non voglio per­
dere questa visione, questa sensazione. Altrimenti, sento
che cadrò ancora, e perderò di nuovo la mia vita.

Gurdjieff: I ·fenomeni cosmici, per i quali lei non è re­


sponsabile, vanno contro il suo lavoro. Può solo promet­
tere a sé stessa che quando la sua vita sarà tranquilla
allora comincerà a lavorare.

Mechin: Sento che il mio centro intellettuale è differen­


te, e che non trovo in me nessuna forza assertiva. Cosa
posso fare?

26
Gurdjieff: Qui c'è un piccolo segreto: lei è un grande
egoista. Solo lei conosce sé stesso. Lei non ha alcuna re­
sponsabilità, ed è per questo che le manca la forza di cui
parla. Lei è in debito per tutto ciò che ha, per tutto ciò
che la costituisce, e deve ripagare per tutto, solo in que­
sto modo potrà avere altre cose. Ma invece di compren­
derlo, lei si stupisce di non aver ricevuto ancora di più.

27
TERZO INCONTRO
Giovedì 1 8 marzo 1 943

Solange: Non riesco a sentire me stessa. Cosa posso fare


per avere una sensazione di me?

Gurdjieff: Sola la sua testa desidera ricordare. li suo sfor­


zo è intellettuale. Deve stabilire un contatto tra la testa
e il corpo. Immerga una gamba nell'acqua ghiacciata e
la lasci lì, cercando di stabilire il contatto. Poi faccia lo
stesso con l'altra gamba. Lei è venuta qui troppo presto.

Lebeau: Sin da quella volta in cui mi ha consigliato di


essere egoista l'ho fatto. Ma constato in me stesso un de­
siderio di vivere solo questa parte migliore - vorrei stare
lì sempre e ignorare il resto. Riguardo alla vita esterna
sento che mi invade una grande pigrizia, e le cose più
piccole sono per me un grande sforzo.

Gurdjieff: È una cosa molto buona. Dimostra che più


avanti diventerà davvero responsabile, come un uomo, e
io la amo in anticipo per questo. Ma ora deve combat­
tere senza tregua. Deve mantenere un conflitto costante
tra questo stato di cose e la sua comprensione. Più de­
sidera non fare niente, più invece deve spingersi a fare.

29
Deve lottare senza pietà e questa lotta produrrà in lei
la sostanza che, con il mio aiuto, potrà creare in lei un
vero "lo".

Simone: Mi accorgo di essere sempre sconfitta dalle mie


funzioni. Le mie abitudini formano un automatismo,
come un blocco interno su cui non riesco ad avere alcu­
na presa. Da un lato ho il lavoro su di me, dall'altro la
mia vita, in cui non cambia niente.

Gurdj ieff: Abbiamo detto spesso che se uno sviluppa un


lato, si svilupperà anche l'altro. Bisogna lottare.

Simone: Ma nel modo giusto. Io non sono in grado di


avere un conflitto dentro di me.

Gurdjieff: Perché lei non fa. Per prendere per sé ciò che
si trova su questo tavolo, deve andare sul tavolo. Altri­
menti non sarà mai in grado di andare oltre. Può con­
tinuare a vivere così per altri dieci anni, mille anni, non
cambierà mai. Neppure Dio, anche se lo desiderasse,
potrebbe aiutarla. Non ne avrebbe il diritto. Solo lei può
lottare contro la sua pigrizia. Ci sono due tendenze den­
tro di lei, ma lei dorme. Deve alzarsi e lottare.

Simone: Questa pigrizia che ho è innata o acquisita?

Gurdjieff: Credo che sia una tendenza naturale. Più la sua


psiche desidera una certa cosa, più il suo corpo la rifiuta.
Forse è stata messa lì direttamente dalla natura, per farla
combattere. È una buona cosa. Sono queste le condizioni

30
in cui deve lavorare. Se questa tendenza non esistesse bi­
sognerebbe sostituirla, mettere qualcos'altro dentro di lei.
È anche un modo per ricordare. Ogni volta che la sente
pensi al suo lavoro. È un bene che lei veda la sua pigrizia,
perché molte persone sono pigre, ma non lo vedono.

Simone: Ne sono a conoscenza da quindici anni, ma


non ho fatto alcun progresso.

Gurdj ieff: E allora cosa ha fatto? Se ne è dispiaciuta. Ma


così non cambierà niente, nemmeno in cent'anni. Non
c'è ragione perché cambi, a meno che lei non decida di
lottare consapevolmente.

Gabrielle: Ho bisogno di aiuto, perché sto attraversando


una crisi molto profonda e ho anche perso ogni gusto
per il lavoro. Quando desidero lavorare, cado in un son­
no profondo.

Gurdjieff: C'è qualcosa dentro di lei che si sta preparan­


do, ma lei non riesce a vederlo, e immagino che il lavoro
debba essere ancora e ancora più doloroso per lei, dal
momento che ha sempre meno contatto con sé stessa.
Ma deve continuare a sforzarsi nonostante questo. Deve
fare questo passo da sola. Pensi che non è solo per lei
che sta lavorando e che forse (e questo è assolutamente
vero in una proporzione del dieci per cento) il destino di
qualcun altro è legato al suo.

Louise: Sto chiedendo aiuto perché non sono più in gra­


do di lavorare. Tutte quelle cose interiori negative sono

31
tornate di nuovo. Ho un intenso desiderio di lavorare,
di ricordarmi di me, ma non sono in grado di farlo. Il
mio corpo non mi obbedisce più. È il corpo a essere il
padrone.

Gurdjieff: Sono molto felice per lei, questo suo stato è


oggettivamente buono. Vada avanti. Tra qualche giorno
la aiuterò.

32
QUARTO INCONTRO
Giovedì 8 aprile 1 943

Lebeau: Si può lavorare in un bagno turco, e qual è la


cosa migliore da fare?

Gurdjieff: L'hammam è un ottimo luogo per il lavoro, se


uno ci riesce. In particolare, è utile usare la stanza più
calda o il momento del massaggio. Applichi di continuo
il ricordo di sé, faccia esercizi. Per essere in grado di
farlo, prometta a sé stesso di lavorare prima di entrarci.
Mentre è lì pensi. Si prefigga un compito, perché all'ini-
. zio sarà difficile, ma se ci si impegna si riesce a lavorare
bene. La sensualità espande, ciascuno si immerge com­
pletamente all'interno delle piacevoli sensazioni corpo­
rali, e in più lavorare in un hammam offre delle difficoltà.

Philippe: Come bisogna intendere le parole «sacrifica la


tua sofferenza»?1

Gurdjieff: Sacrifica la tua sofferenza al tuo vicino, la tua


sofferenza volontaria, non per te stesso ma per gli altri.
Questa era una regola che faceva parte del giuramento
che un tempo pronunciavano i medici, quando erano

1 Espressione pronunciata da Gurdjieff durante un incontro precedente.

33
ancora astrologi, molto tempo fa, quando dovevano
promettere di sacrificare il sonno, la fatica e la sofferen­
za per gli altri.

Philippe: Perché la maggior parte della sofferenza uma­


na ruota intorno all'amore e alle cose che riguardano il
sesso?

Gurdjieff: Perché questa domanda? Non la riguarda


personalmente. Provi a formularla in un altro modo.

Philippe: Perché la maggior parte delle associazioni che


interferiscono con il lavoro sono associazioni sessuali?

Gurdjieff: Questa domanda è soggettiva. Non è così per


tutti gli uomini. È un'anormalità, il risultato della ma­
sturbazione infantile. Ma qual è il collegamento con la
sofferenza? Qui non c'è alcuna sofferenza. Ogni uomo
ha in sé tre tipi di escrementi che vengono elaborati e de­
vono essere espulsi. Il primo è il risultato del nutrimento
ordinario e si elimina da sé in modo naturale, e questo
deve succedere ogni giorno; in caso contrario, un medico
lo sa bene, ne consegue tutta una serie di malattie. Per la
stessa ragione deve essere espulso il secondo escremento,
attraverso la funzione sessuale. È necessario per la salute
e l'equilibrio del corpo. Per alcuni è necessario farlo ogni
giorno, per altri una volta alla settimana, per altri una
volta al mese oppure ogni sei mesi. È soggettivo. Deve
scegliere però un bagno adatto, uno che vada bene per
lei. Il terzo escremento si forma nella testa, è la spazza­
tura del terzo tipo di nutrimento, le impressioni, e quelle

34
scorie si accumulano nel cervello (il medico questo non
lo sa, così come non conosce il ruolo dell'appendice nella
digestione e la rifiuta come una scoria).
N on deve mescolare per forza gli atti sessuali con il
sentimento. A volte è normale che coincidano, ma l'atto
sessuale è una funzione. Lo si può considerare esterno a
sé, anche se l'amore è interno. L'amore è amore. Non ha
alcun bisogno del sesso. Lo si può provare per una perso­
na dello stesso sesso, persino per un animale, e la funzio­
ne sessuale in quel caso non si mischia. A volte invece è
normale unirle, è uno degli aspetti dell'amore. È più facile
amare così, anche se allo stesso tempo poi è complicato
rimanere imparziali come l'amore richiede. Allo stesso
modo: se si considera la funzione sessuale necessaria da
un punto di vista medico, perché si dovrebbe amare un ri­
medio, una medicina? In origine l'atto sessuale dev'essere
stato effettuato solo per la riproduzione della specie, ma a
poco a poco gli uomini ne hanno fatto uno strumento di
piacere. Doveva essere un atto sacro. Bisogna sapere che
questo seme divino, lo sperma, ha anche un'altra funzio­
ne: quella di creare in noi un secondo corpo. Per questo
motivo la frase: «Felice colui che comprende la funzione
degli hexioeklzan'2 per la trasformazione del proprio essere.
Infelice colui che li usa in modo unilaterale)).

Dr. Aboulker: Perché le religioni proibiscono l'atto ses­


suale?

2 Cfr. G.I. Gurdjieff, I racconti di Be/.zybù a suo nipote, Neri Pozza, Vicenza
2009, p. 239 e ss.: «La sostanza sacra che si elabora nella presenza di
tutti gli esseri viene quasi dappertutto chiamata hexioekhari; sul pianeta
Terra, i tuoi beniamini la definiscono "sperma">>. [NdR]

35
Gurdjieff: Perché in origine conoscevano l'uso di questa
sostanza, e da qui la castità dei monaci. Ora questa co­
noscenza è stata dimenticata e rimane soltanto la proi­
bizione, che attira sui monaci molte malattie e disordini.
Guardi i preti, per esempio, quando diventano "grassi
come maiali", poiché l'urgenza di mangiare li domina,
o quando sono "magri come il diavolo", e hanno dentro
poco amore per gli altri; i grassi sono meno pericolosi e
più gentili.

36
QUINTO INCONTRO
Giovedì 29 aprile 1 943

Lanctin: Mi ha consigliato di leggere, raccogliere infor­


mazioni, ma da dove dovrei cominciare? Non dovrei la­
vorare prima su alcune cose e poi su altre?

Gurdjieff: È importante che raccolga l'anima delle cose,


·lo spirito, e non la forma. Dimentichi le parole, i det­
tagli. Non contano niente. Trattenga però in sé la so­
stanza, quello che c'è dietro. È questo quello che deve
accumulare dentro di sé, è questo che, depositandqsi
dentro di lei, creerà pian piano una comprensione che
sarà veramente sua. [A Philippe] Per esempio, in ciò che
lei scrive, in mezzo a tutte quelle parole, a tutto l'inutile,
in mezzo a tutto ciò chè non ha alcun valore, può darsi
che ci sia il piccolo bagliore di un diamante. È quello
che deve cercare, raccogliere e accumulare.

Louise Lacaze: Non so quale sia la cosa più importante


da fare per me, quella verso cui devo rivolgere i miei
sforzi.

Gurdjieff: Da quando viene qm s1 sente ripetere che


deve acquisire un "Io". In realtà, tutto in lei è in uno

37
stato di cambiamento, instabile, inconsistente. È come
se lei fosse un treno con molti passeggeri occasionali.
Deve acquisire un "Io" immutabile. È questa la cosa più
importante su cui deve concentrarsi.

Philippe: Da quando la conosco, ho fatto esperienza di


molti sentimenti, ma ora li odio. Vorrei essere in grado
di fare esperienza di un sentimento giusto. Se dico que­
sto, è perché sento di esserci vicino.

Gurdjieff: Ora devo prendere in considerazione che lei


possa essere un mio compagno. Finora internamente
ero rimasto indifferente verso di lei; esternamente la
consideravo in questo e in quel modo, ma internamente
niente. Prima deve diventare mio "compagno", in modo
che più in là, molto più in là, possa diventare "fratello".
Ora dico "compagno" e non "fratello".

Luc: Alcuni giorni fa, quando mi stavo ricordando di


me, affinché potessi prendere una decisione che era per
me importante, improvvisamente ho avuto la sensazione
dell'irrealtà della mia vita, e allo stesso tempo dell'irre­
altà di tutti i miei momenti positivi. Ma nonostante tut­
to, ho sentito che erano stati il meglio che avessi avuto,
e che avevano qualcosa in comune tra loro. Allo stesso
modo ho notato che il tempo non esisteva più nella mia
memoria, che le cose dell'infanzia erano uguali ad altre
molto più recenti. Ho provato la stessa emozione.

Gurdjieff: Lei è cresciuto internamente, ma quello che ha


sviluppato è debole. Ora è necessario nutrirlo, con mate-

38
riale esteriore o interiore. Ma lei ha del materiale interio­
re, materiale informativo. A seconda che questa cosa che si
è formata in lei sia più pesante o più leggera, può uscire o
entrare in lei. Essa sale e scende secondo il suo peso. Forse
solo lui è il mio vero studente, poiché ogni volta che dice
"lo sono", lo sente risuonare nello stesso posto dentro di
sé. Lui che sente sé stesso identico in tutti i momenti.

Kahn: Vorrei sapere se questa cosa che sento in me,


fianco a fianco mentre lavoro, questo amore che vorrei
veder diventare l'essenza della mia essenza, che mi sem­
bra venire da qualcosa che è altro dal mio lavoro e dai
miei sforzi, devo respingerlo. Non devo credere in esso, e
attenermi strettamente al lavoro che Monsieur Gurdjieff
ha indicato?

Gurdjieff: Sì, deve fare esattamente quello che le è sta­


to detto di fare e nient'altro. Non è ancora arrivato al
punto della via in cui può dare ascolto a certe cose. Al
momento sono tentazioni lungo il suo cammino. Le re­
spinga e faccia il suo lavoro in modo impeccabile.

Simone: Sento di dover introdurre nel mio lavoro una


persona a me vicina, ma ciò che accresce la difficoltà
è che sento in questa persona debolezze simili alle mie;
le mie debolezze rinforzano le sue e le sue debolezze
rinforzano le mie. Non so come difendermi e che atteg­
giamento avere.

Gurdjieff: Non deve prestare attenzione a quello che è


esteriore. Quello che lei dice è esteriore. Lei deve soltan-

39
to sapere qual è il suo compito e svolgerlo interiormen­
te. L'altra persona, che ne sia cosciente oppure no, sta
recitando il suo ruolo, il suo personaggio. Lei nou sa chi
sia questa persona, non la conosce. Non è importante.
Quello che è importante per lei è il suo compito inte­
nore.

40
SESTO INCONTRO
Giovedì l luglio 1 943

S.: L'opinione che mi faccio degli altri spesso è sbagliata


e questo non va bene. Do credito alle persone per qua­
lità che non possiedono; per quanto riguarda le persone
che le possiedono, lo vedo solo in seguito, quando le co­
nosco meglio. Non so come identificare l'ipocrisia e mi
trovo a riconoscerla sempre troppo tardi. Vorrei avere
i mezzi per giudicare le persone e riconoscere chi può
essere per me utile e chi inutile.

Gurdjieff: Non può. Deve prima prepararsi a vedere la


realtà. Mentre aspetta, reciti un ruolo all'esterno. Inte­
riormente invece riconosca la sua non-entità. Lei non
sa nulla. Se ha l'abitudine di fare le cose in un certo
modo, continui pure così. Dica "buongiorno" come lo
dice sempre. Ma allo stesso tempo si tenga al passo col
lavoro che stiamo facendo qui e poi saprà riconoscere le
persone. Per ora sono tutti come lei: niente, zero. Che
quello che ha di fronte - che sia un operaio o un se­
natore - è una merda, come lei. Lavori sul non essere
una non-entità. Lavori, in modo che tra un giorno, un
mese o un anno lei non sarà più una non-entità. Faccia
esattamente come è abituato a fare. Ma deve recitare un

41
ruolo senza partecipaiVÌ, senza identificaiVÌsi. Si ricordi
quanto vale: niente. Lavori, lavori e lavori per riuscire a
cambiare quel niente in qualcosa di definito.
L'educazione crea una maschera. Quando vede le
persone, lei crede in questa maschera. Quando la ma- ·
schera cade anche lei vede che le persone che ha di fron­
te sono merda, come lei. Non importa chi ha di fronte,
sono tutte maschere. Se guarda più attentamente, con
imparzialità, vedrà che non sempre si è in grado dì tene­
re su la maschera. L'altra persona non è niente, lei non
è niente, anche se ha davanti un colonello, un senatore o
un milionario. Quello che vede sono solo le combinazio­
ni della vita. Il padre della persona che sta vedendo era
esattamente come lei, così come il nonno, e trae profitto
da questo. Ma per sé stesso egli rappresenta solo una
nullità.
Un uomo, che è niente, può comprendere la sua
nullità e lavorare su sé stesso per cambiarla. Allora
'

quell'uomo è un altro tipo di merda, merda alle rose. E


semp:r;-e merda, ma non ha lo stesso odore. Lavori, metta
tutto ciò che ha nel lavoro e pensi che tutti quelli che
non lavorano sono nullità come lei. Lei è niente, e anche
gli altri sono niente. Generale o colonnello sono cose
esteriori: non valgono niente.
Nella vita tutto è casuale: lavoro, posizione sociale,
obblighi e doveri. Non importa che uno sia sindaco e un
altro poliziotto di quartiere. La vita crea queste anoma­
lie. Ma dentro tutto è sempre uguale. Le cose che acca­
dono fuori non cambiano quelle che si trovano dentro.
Solo il lavoro cosciente e la sofferenza volontaria posso-
no nuscirci.
• • •

42
Sim.: Per molto tempo ho notato che, riguardo a· que­
stioni molto diverse tra loro, una voce interiore mi dice­
va cosa dovevo fare. La percepivo, sentivo cosa diceva,
ma senza mettere in atto ciò che essa mi diceva di fare.
Poi, quando ho agito altrimenti e l'ho seguita, mi sono
accorto che la voce aveva sempre ragione. Mi piacereb­
be sapere se dovrei evitare di fare attenzione a essa, o al
contrario seguirla di più.

Gurdjieff: Non faccia niente. Compri un piccolo taccui­


no, tenga un registro. Prenda nota ma senza fare niente.
Quella voce è il suo istinto, che a volte può apparire
attraverso la coscienza, ma raramente. Forse questo vuoi
dire che lei possiede un vero istinto. Veda se quello di cui
prende nota può dimostrarglielo. Adesso troveremo un
esercizio per lei, ma prima non faccia niente.

Sim.: Sì, ma per scriver!o sarò costretta a farlo.

Gurdjieff: Prenda un appunto, ne parlerò dopo. Può


darsi che si tratti di suggestione, di fantasia o di idiozia.
In base ai risultati, potrò dirle matematicamente di che
si tratta. Qualche volta l'istinto può essere qualcosa di
inolto indipendente. Ma non so se questo riguarda an­
che lei, ne parleremo dopo. Intanto continui come sta
facendo ora e come stava facendo prima che se ne ac­
corgesse.

Sim.: Di recente sarebbe stato meglio se avessi fatto


quello che la voce mi diceva.

43
Gurdjieff: Vedremo, questo è quello che pensa lei. Ma­
gari è il contrario, può darsi che sia un caso psichiatrico.
Non voglio credere a niente tranne che alle statistiche.
Quello che lei dice è soggettivo, non so come stiano le
cose oggettivamente.

Lu. : Io cerco di mantenere la sensazione di non-entità


e la sofferenza volontaria più spesso possibile. Però noto
che ciò porta a una paralisi per quanto riguarda l'azio­
ne. Mostra la futilità di tutte le azioni e di tutte le faccen­
de. Se prima dovevo fare uno sforzo per fare una deter­
minata cosa, ora devo anche portare il collare di ferro di
questa non-entità. Lo sforzo è raddoppiato. Cosa dovrei
fare affinché questo sentimento di nullità non mi para­
lizzi, non interferisca con la mia vita esteriore?

Gurdjieff: Faccia come ho detto. Deve lavorare solo


per un terzo delle sue ore di veglia. Definisca un tempo
preciso per il lavoro. Prenda un momento domani, tra
le dieci e le undici, nella vita ordinaria. Non mescoli le
cose. Le altre idee, il lavoro, mandi tutto al diavolo.

Lu. : Non si è più liberi di scrollarsi di dosso la sensazione


del proprio non esistere.

Gurdjieff: Metta da parte questo nuovo stato e faccia


come faceva prima, quando ancora non aveva comincia­
to a lavorare. N on bisogna mai mescolare le questioni.
Non usi i risultati del lavoro interiore per il lavoro esterio­
re. Non ancora. Lei è come un bambino a scuola. Non
lo fa per la vita, o per guadagnare denaro. Conoscerebbe

44
un grande segreto che non dovrebbe usare. n lavoro è una
cosa, la vita un'altra cosa. Mercoledì, venerdì, domeni­
ca: faccia quello che vuole. Mandi al diavolo tutti gli altri
pensieri. Se li mescola si ostacoleranno a vicenda.

Lu.: La sensazione di nullità che viene da sé, quando


non è ricercata, è automatica e distruttiva.

Gurdjieff: Nel tempo che ha deciso di dedicare al lavoro


faccia osservazioni più vivaci. Mandi tutto al diavolo il
resto del tempo: è psicopatia.

Gurdjieff [adAn. ] : Non ho mai sentito il suono della sua


voce. Conosco la sua voce nella vita, ma non qui nel
nostro circolo. C'è qualcosa che può dirmi?

An.: Non ho ancora lavorato abbastanza per fare do­


mande.

Gurdjieff: E questo come lo sa?

An.: Perché non oso.

· Gurdjieff: Allora lei ha una domanda.

An.: Non oggi.

Gurdjieff: Bene, allora ieri!

[Madame de Salzmann riferisce a Monsieur Gurdjieff quali do­


mande An. le ha posto]

45
Gurdjieff: Nella vita, chi lavora diventa un attore, un vero
attore. Essere un attore significa recitare un ruolo e la vita
è un teatro, in cui ogni uomo recita un ruolo. Lo cambia
ogni giorno: oggi uno, domani un altro. Un buon attore è
solo chi riesce a ricordarsi di sé e a recitare il proprio ruolo
consapevolmente, indipendentemente da quale ruolo sia.

An.: Ma come si fa a sapere quale ruolo bisogna reci­


tare?

Gurdjieff: Parli con Boussique: conosce chi è, sa come


bisogna comportarsi con lei, che cosa le piace. Bene, lo
faccia. Alivello interiore Boussique per me non è niente,
è una merda. Le piace che le persone le bacino la mano,
e io lo faccio perché a lei piace. Sono gentile con lei. In­
teriormente vorrei insultarla, ma non lo faccio. Recito il
mio ruolo. In questo modo lei diventa una mia schiava.
Interiormente io non reagisco.

An: Non mi viene nulla dall'essere buono con gli altri.

Gurdjieff: Forse lei non è ancora libero.

An.: Desidero trarre profitto da tutto egoisticamente,


per me stesso.

Gurdjieff: Deve lavorare. Uccida i cani che sono dentro


di lei. Lei recita il suo ruolo solo intellettualmente, ma
se ne dimentica molto in fretta e quindi torna a essere
una nullità. Il suo compito sarà quello di ricordare più
a lungo.

46
Dr. Aboulker: Che cosa c'è di buono nel possedere degli
schiavi?

Gurdjieff: Se nella vita non si hanno sdùavi vuoi dire


che si è schiavi di qualcuno.

Dr. Aboulker: Non si può semplicemente essere tutti


uguali?

Gurdjieff: Mai. Come sarebbe possibile? Lei ha quattro


occhi e io due. C'è già una differenza. Suo padre ama­
va sua madre quando dornùva dalla parte sinistra del
letto, mio padre amava mia madre solo dall'altro lato.
Il risultato è che io sono uno, e lei un altro. Per me c'è
una legge, per lei un'altra. Il benessere dell'uomo arriva
quando tutti sono i suoi schiavi. Lei dice che il lavoro
l'ha cambiata. È grazie al lavoro che lei non è più una
merda, grazie agli sforzi coscienti e alla sofferenza vo­
lontaria. Oggettivamente se l'è meritato.

Dr. Be.: Al momento, i nostri cani ci obbligano a usare


gli altri per i nostri fini.

Gurdjieff: Questa è una buona base per lavorare con


l'essere. Oggi è un uomo come gli altri: nel suo lavo­
ro cerchi di essere un uomo superiore. Forse in futuro
sarà un uomo completo, un vero uomo. Per ora, quando
'
sente i suoi cani, li combatta. Questo è un conflitto ne­
cessario perché lei possa diventare un vero uomo, è un
buon modo per lavorare. Dentro di lei ci sono molti altri
cani invisibili.

47
Dr. Be.: Ma non bisognerebbe smettere di usare egoisti­
camente il proprio potere sugli altri?

Gurdjieff: Oggi lo fa in modo inconscio, provi a farlo


consciamente. Quello sarà un bene, sia per gli altri che
per lei. Non c'è altra giustizia.

48
SETTIMO INCONTRO
Giovedì 22 luglio 1 943

[Lettura del capitolo su Ashiata Shiemash da I Racconti di Bel­


zebù a suo nipote]

[A. si rivolge a Gurdjieffe chiede] : Monsieur Gurdjieff, posso


farle una domanda?

Gurdjieff: Sono Monsieur Gurdjieff da molto tempo.


Cosa mi vuole domandare?

A.: Da quando sono venuta in contatto con il lavoro ho


imparato molte cose, ma non sono stata in grado di met­
tere in pratica niente. Ho provato molte volte ma non
ottengo risultati, veri risultati che possano soddisfarmi. E
ora, durante le vacanze, vorrei provare qualcosa, una cosa
sulla quale potrei centrare principalmente il mio lavoro.

Gurdjieff: Lei si aspetta dei risultati e non prende alcuna


misura. Cosa si augura? Ha una misura? [Agli altn] Lei
dice di lavorare e che non produce niente.

A.: Vorrei sapere qualcosa. Sarebbe necessario per me


lavorare per avere un risultato soddisfacente. Per esem-

49
pio, sul ricordo di sé, sulle condizioni negative, sulle
identificazioni. Non ottengo risultati con tutto questo.
Io cerco di fare tutto insieme. Mi piacerebbe lavorare su
una cosa sola.

Gurdjieff: Dato che sta partendo per le vacanze questa è


una buona domanda, per quello che ho capito. Solo una
cosa mi dispiace. C'è un aspetto di lei che non conosco.
Di lei conosco cinque aspetti, me ne mancano due.

[Madame De Sal.zmann parla a Monsieur Gurdjdfin russo]

Gurdjieff: Sta andando via per molto tempo?

A.: Quattro o cinque settimane.

Gurdij ieff: Allora ha molto tempo a disposizione. Le


darò un esercizio particolare. Molte persone qui potreb­
bero meravigliarsi, ma ora le darò un compito e quan­
do l'avrà fatto ne parleremo. In realtà è una cosa molto
grande, è impossibile farlo in quattro o cinque settima­
ne. Le ci vorranno cinque o sei mesi, forse di più, ma
posso solo spiegargliela ora. È molto originale, se lo farà
otterrà quello che cerca. Se lo merita, ha tutto il diritto
di riuscire in questo esercizio, solo che non può avvenire
rapidamente. Mediti sul soggetto: «Desidero che chiun­
que mi guardi possa sentire amore e rispetto per me e
desidero sopra ogni cosa che il desiderio di aiutarmi
possa comparire in quella persona - e nello stesso mo­
mento in cui respira, dica "Io sono" - e in tutto ciò che
penso desidero sinceramente di essere così». Da questo

50
momento questo esercizio è il suo Dio, vale più dei suoi
genitori, lo faccia finché non le dirò che è abbastanza.

A.: Quante volte deve essere fatto, intendo, quante volte


al giorno?

Gurdjieff: Per tutto il tempo, se ci riesce. Ma lei dimen­


tica, quindi non ne è in grado. Lo faccia due o tre vol­
te nell'arco del giorno. Quando si sveglia, quando va a
dormire, e in mezzo alla giornata, prima del pranzo o
della cena. Stabilisca tre momenti. Se riesce a ricordar­
selo, anche automaticamente, lo faccia più spesso. Non
faccia nient'altro, non si perda in teorizzazioni, non filo­
sofeggi. Faccia questo esercizio come un servizio, come
un obbligo, come se dovesse guadagnare denaro facen­
dolo. Quando sarà tornata le dirò come continuare.
Nessuno è sbalordito?

[Un lungo silenzio]

Madame L.: Monsieur, trovo una grande difficoltà, sia


qui, sia con quelli che mi sono vicini, a spiegare idee e
sentimenti. È una vera paralisi. Questo è molto impor­
tante per me. Cosa posso fare per liberarmi di questo?

Gurdjieff: È necessario che sia imparziale. Questo vale


solo per lei, gli altri non facciano quello che indico per
una persona soltanto. Lei è lei. Vuole lavorare, desidera
avere un "Io", un vero "lo". ll suo scopo è l"'lo sono",
indipendente. Io sono. Ora, se ancora non ce l'ha, im­
magini di averlo già. Chi ha un "lo" è imparziale verso

51
tutte le cose esterne, verso chiunque altro. Per esempio,
P. è matto: lui è matto. La natura lo ha fatto così - il
padre, il nonno - lui è matto, ma a me non dà fastidio il
suo essere matto. Lo guardo come si guarda un matto,
provo pietà per lui. Ecco cosa si definisce imparzialità.
Guardi tutte le sue manifestazioni in questo modo: quali
possono essere le manifestazioni di un uomo folle? Ci
sono diversi modi, uno potrebbe reggere la sigaretta così
[si mette in bocca il lato acceso] ; una persona normale non
potrebbe mai farlo. Ma io non sono arrabbiato, io ne ho
pietà.

Dr. A.: Ci sono due generi di pietà. Si può avere pietà in


modo sprezzante.

Gurdjieff: Solo lei ha questo tipo di pietà, io no. lo ho


pietà oppure no. O lui è matto o è insolente. Se è matto
ne ho pietà, se è insolente gli do un colpo e tiro giù la sua
maschera, se mi trovo in un posto in cui posso farlo. Se
non è matto è insolente, e se è matto gli do subito quello
che vuole. Se è insolente, e non ci sono poliziotti in giro,
non mi dimenticherà mai, perché avrà perso tre o quat­
tro denti. Ma la pietà è necessaria. Tutti hanno pietà. Se
guarda attentamente, vedrà che una parte di lei deriva
dall'eredità precedente, un'altra dall'educazione che ha
ricevuto e che l'ha viziata, e un'altra dai peccati di gio­
ventù. Provo pietà per ciò che in lei proviene dalla sua
famiglia, ne provo la metà per ciò che riguarda l'educa­
zione che ha ricevuto. Ma i peccati di gioventù: quelli
non li perdono. Le sto parlando di ciò che è soggettivo.
Se lei usa ciò che le dico nella sua vita, non ingannerà

52
mai sé stesso. Una parte viene dall'eredità, una dall'e­
ducazione, la terza dal suo comportamento in gioventù.

L. : Lavorando per rivelarci due mondi, mi ha rivelato


due diversi tipi di tempo. n primo, quello del corpo in cui
viviamo, il tempo dell'inquietudine, della paura; e poi il
tempo del ricordare, in cui non ci sono né inquietudine
né angoscia. Tutti noi abbiamo dentro una forza esplo­
siva, la quale a sua volta può contenere in piccolissima
parte una seconda forza, che ha una ricchezza superiore
a dieci anni di vita di un corpo nello stato di sonno. Nel
tempo in cui si lavora, non si ha paura di perdere tempo.
Ma nello stato ordinario io ho paura di perderlo. Vorrei
sapere, quindi, cos'è il tempo.

[Madame De Salzmann traduce per Monsieur Gurdji4f ciò che


L voleva dire]

Gurdjieff: Basta così, anche se non ha tradotto tutto,


quello che ho sentito basta per la mia spiegazione. Ci
sono due diversi tempi in lei, in quanto ci sono due stati:
lo stato abituale, quello ordinario e quello stato in cui
lei si ricorda di sé. Ciò definisce due diversi tempi. Un
tempo a cui lei è abituato, e un altro tempo in cui lei
viene in Rue cles Colonels-Renard. Il tempo in cui lei è
abituato a comprendere e a ricevere è il secondo. Ora,
se la sua paura emerge in questo secondo tempo, cioè se
lei ha paura, prima o poi, di perdere il suo tempo, allora
lo misuri attraverso il suo stato di "Io sono". Solo così
il suo tempo ha entità, "Io sono". Con la testa dica "Io
sono": deve sentirlo con la sua intera presenza in tutti

53
i gesti. In quel momento cambierà. Il tempo cosmico
deve scorrere nel modo in cui sarà necessario per lei. Lei
è lei. Anche le leggi cosmiche sottostanno all'unità, non
importa quanto piccola questa unità sia.

L.: Non è una cosa negativa sentire una tale differenza


tra i due tempi?

Gurdjieff: Sono tempi diversi, questo l'aiuterà a fare ciò


che non ha fatto in passato. Se lei ha la "malattia del
domani" questo non l'aiuterà. Ma forse lei ha compreso
questa malattia. Quello che io le consiglio è di adottare
ogni misura per vivere il tempo di "Io sono" nello stato
di "Io sono", e questo non solo intellettualmente, quan­
do si ricorda di sé, ma in un modo ancora più profondo,
con tutta la sua presenza. Questa è un'ottima domanda.
L'uomo che non conosce la differenza tra i due tempi
non sa quale dei due gli appartiene. Per l'uomo che lo
sa è come un promemoria: il tempo ordinario e il tempo
che passa in Rue cles Colonels-Renard. Ha capito? Ha
capito cosa fare? Bene, lo faccia. In futuro so che le ver­
rà da fare una domanda, e allora risponderò per bene.
Pensi al fatto che ci sono due tempi, il tempo del lavoro
e il tempo degli uomini ordinari.

L.: È possibile rintracciare una premonizione del lavoro


futuro nei ricordi della propria infanzia?

Gurdjieff: Capisca lo stato in cui è con "lo sono" e senza


"lo sono". Questa è la sua misura. Quando si ricorda di
sé c'è un tempo, quando non si ricorda di sé ce n'è un

54
altro. Non è necessario avere un apparato speciale, può
darsi che lei abbia già un assaggio di "lo sono", della
qualità dell'emozione che prova.

L.: Questo forse è intellettuale, ma ho bisogno di qual­


cosa di intellettuale, ho bisogno di materiale sul tempo.
La mia testa ne ha bisogno.

Gurdjieff: Chieda a Madame De Salzmann di farle leg­


gere il capitolo sul tempo, non posso spiegarlo in bre­
ve. Il suo tempo scorre in modo proporzionato alle sue
associazioni, al suo stato, alla quantità di associazioni
che scorrono. Se lei si ricorda di sé, il tempo passa len­
tamente. Mentre "Io sono" sono già passate tre ore e
sono sembrate cinque minuti. Altre volte è il contrario.
Ho aspettato Bionde per quattro minuti e mi sono sem­
brate tre ore. Ho fissato un appuntamento al caffè senza
guardare niente, e tre ore sono passate in cinque minuti.
Quando sono con "lo sono", il nuovo tempo, il tempo
oggettivo scorre velocemente. In passato lei ha vissuto
nel tempo soggettivo. Anche adesso il suo tempo è sog­
gettivo, ma è di un'altra qualità, che deve meritare e vin­
cere. Se non lo fa lei, sarà identico al passato.

Luc: Questo è ciò che volevo sapere.

Z . : Posso fare una domanda? Penso che per raggiungere


la conoscenza sia necessario essere in grado di ingannarsi,
e spesso mi manca il coraggio di ingannarmi e mi chiudo
in una stanza. Vorrei sapere come avere il coraggio di
cadere in errore e andare avanti verso la conoscenza.

55
Gurdjieff: Non servono grandi cose. Se lei sa di essere
zero, se ha compreso di essere una merda, un niente, se
non desidera essere una merda e se questo è il suo pun­
to di partenza nella conoscenza, allora deve rischiare.
Quello o niente. Se ha già sentito la possibilità di essere
qualcos'altro allora non rischia niente. Perché ha paura?
Non ha niente da perdere, non si compatisca. Per me
la merda è una cosa di poco valore, addirittura si paga
qualcuno per farla portare via. Ora, mio caro ospite, sul
serio, ha compreso la mia risposta? È soddisfatto della
mia risposta alla sua prima domanda? Bene, prenda il
suo libretto degli assegni e scriva sulla copertina (non
dentro, dentro non c'è la copertina), all'esterno, per ri­
cordarselo: "colui che guarda, sempre ricorda". Vede,
dentro quel libretto non c'è alcuna risorsa. Quando la
guerra sarà finita, le chiederò di guardare a quanto am­
monta quello che ha scritto sulla copertina, e poi di scri­
vere il totale all'interno. C'è una legge cosmica, una leg­
ge oggettiva che dice che ogni soddisfazione deve essere
pagata con un'insoddisfazione. E per ogni insoddisfazio­
ne un uomo dovrà prima o poi pagare con una soddi­
sfazione. Si raccoglie quello che si semina. Per ricordarsi
di sé un uomo scrive sul suo libretto degli assegni. C'è
un forte legame tra il libretto degli assegni e queste do­
mande. I libri e i quaderni si perdono e si cambiano, ma
questo no, questo non cambia. Quando avrà qualcosa,
sarà in grado di valutaria in termini di due, tre, quattro
zeri. È una cosa pratica, che riguarda la vita. Mi rincre­
sce che T. non abbia programmato una soddisfazione,
mi sarei subito fatto venire in mente un'insoddisfazione
per lui. P. , ha capito perché parlo così spesso del libretto

56
degli assegni? Perché - consciamente, inconsciamente,
automaticamente - so come ricordare il libretto degli
assegni?

57
OTTAVO INCONTRO
Giovedì 29 luglio 1 943

Simone: Prima di conoscere il lavoro ero molto più ir­


requieta, perché percepivo delle cose negative di cui ero
sicura che non sarei mai riuscita a liberarmi. Questo mi
dava un'irrequietezza, non costante forse, ma molto fre­
quente. Ho percepito che con il lavoro questo è passato,
e mi sono sentita interiormente più calma. Mi piace­
rebbe ritrovare lo stato di irrequietezza perché adesso
mi manca interiormente. Cosa potrei pensare o fare per
ritrovarlo?

Gurdjieff: Ha creduto di poterei riuscire, ma con questi


risultati non è possibile fare nulla. Ci riuscirà soltanto se
farà uno sforzo più intenso di quello ordinario, ma forse
non ne percepisce nemmeno il senso. È molto tempo
che è qui, deve capire che cosa vuoi dire sforzarsi, lo
sforzo personale. Le dirò un segreto: lo sforzo personale
non è mai possibile tutto in una volta, prima bisogna
prepararsi. È necessario fare fatica e finché uno non ci
riesce allora dimentica, ricorda, dimentica, ricorda. Ma
quando lei è seduta e calma, allora può pensare e co­
minciare a fare. Finora non si è mai sforzata.

59
Simone: Per questo faccio la domanda. Sono lì e mi sen­
to troppo tranquilla.

Gurdjieff: Lei è in immaginazione, lei crede che andrà


dritta in Paradiso. No, qui è necessario uno sforzo non
ordinario. Per esempio, per questa persona [indica una
donna appena arrivata nel gruppo] uno sforzo ordinario va
abbastanza bene, ma lei deve andare oltre. Deve iniziare
a compiere un supersforzo, perché ora, se non lo fa, è
perché non ha uno scopo. Come fa a rimanere calma?
Con lo sforzo che sta compiendo oggi, non potrebbe mai
accadere. Una persona normale non sarebbe calma.

Simone: È proprio questa la ragione che mi rende in­


quieta.

Gurdjieff: È necessario fare sforzi. Lei è abituata a com­


portarsi nella vita come faceva prima. Prima aveva una
volontà, ma ora non è più sufficiente. Lo sforzo deve
tenderle tutti i muscoli, tutti i nervi, persino tutto il cer­
vello. Dovrebbe avere una simile concentrazione. Avreb­
be dovuto acquisirla già da molto tempo. All'inizio, per
una persona nuova, è perdonabile. Ma per lei no, lei
ha il gusto per il vero lavoro. Deve realizzarlo nella vita
ordinaria. "Io sono", in continuazione: "Io sono". Non
lo dimentichi mai. Pian piano il suo "Io" si metterà in
contatto con la sua essenza: è necessario ripeterlo molte
volte.

Dr Aboulker: Sono arrivato a preferire emozioni violen­


te, piuttosto che l'inerzia abituale e passiva.

60
Gurdjieff: '�ttivo" o "passivo" sono cose che non esisto­
no per il suo vero "Me". Dipende dal suo stato. Le cose
esterne sono indifferenti. A volte pensa che qualcosa sia
negativo, ma magari è il contrario. Per avere una verità
concreta non deve pensare al suo stato, e non stia lì a
filosofeggiare: osservi soltanto, punti al suo vero "Me".

Luc: Ho fatto osservazioni simili a quelle del Dottore.


Ma questo stimola le emozioni negative a tornare più
forti. Questa settimana è stata ottima, perché ho avuto
delle emozioni negative. È pericoloso, è reale, la deva­
stazione è possibile, ma ho provato il sapore di quello
che una vita può essere.

Gurdjieff: Vada avanti. Ma con la consapevolezza che


ciò che sta accumulando è una cosa essenziale non
solo per il presente, ma anche per il futuro. È molto
importante. È tempo di pensare nello stesso momento
al ricordo e, attraverso forme e non parole, a ciò che le
succede.

Luc: Ero sfinito dalle emozioni negative persino orga­


nicamente. Non mi sono mai sentito tanto bene, tanto
VIvace.

Gurdjieff: Non ha mai avuto l'argento vivo prima d'ora.


Adesso inizia a sentirlo.

Luc: Si sente che il corpo è sotto pressione, che è teatro


di una tale lotta che finirà per andare in pezzi.

61
Gurdjieff: Si ricordi che ho detto che l'uomo non è un
maiale, non può scoppiare quando mangia. Il maiale ha
uno stomaco normale e non può mangiare più di quan­
to il suo stomaco gli permette, altrimenti scoppierebbe.
L'uomo è una canaglia, ha uno stomaco di gomma. È
peggio di un maiale: ingoia, ingoia senza scoppiare mai.
E non solo lo stomaco, ma tutti gli organi sono di gom­
ma. Ma a poco a poco finisce con il degenerare, per­
ché persino la gomma se non viene usata si restringe. È
solo riportandolo a dimensioni mille volte maggiori che
l 'uomo sarà come deve essere. "Scoppiare" è una parola
fantastica: solo il maiale può scoppiare, l'uomo non può.
Il maiale ha uno stomaco normale, mentre l'uomo ce
l'ha di gomma, come tutto. Continui senza avere pau­
ra. Se questo per lei è dieci volte più forte, bene, andrà
dieci volte più velocemente qui nel gruppo. È abituato
a ingoiare come un maiale, ma non mangia mai bene.
Solo ora comincia a capire che cosa vuol dire mangiare
veramente. Non abbia paura. Continui, continui. Lasci
perdere la sensazione che prova ogni volta che si espan­
de, è come un bambino che ha il singhiozzo perché ha
mangiato troppo, la natura gli allarga lo stomaco. Un
bambino può avere il singhiozzo un migliaio di volte.
Lei è alla prima. Non abbia paura: lo avrà altre nove­
centonovantanove volte.

Madame Frane: Comprendo bene la lotta contro le


emozioni negative, ma quello che mi turba di più è un
lato molto leggero del mio caratter�, che scherza persi­
no sulle mie sventure. Questo mi impedisce di provare
rimorso e pietà. Come faccio a liberarmene?

62
Gurdjieff: Questa è la prova che lei non sa che cosa sta
cercando. Si interessa di queste domande senza coinvol­
gere l'istinto. Ha detto molto bene, capisco perché non
va avanti. So perché batte i piedi sul posto, uno, due,
uno, due: finora il suo istinto era da solo. Non ha mai
preso parte al lavoro che fa. Le darò una serie di esercizi,
ma deve capire quello che ho spiegato. Lei ha sentito
che la sua interiorità non è mai interessata alle cose sulle
quali lavoriamo. C'è qualcosa in lei che rimane separa­
to, che resta a guardare mentre un'altra parte di lei fa
qualcos'altro. Lei lavora senza istinto. Tutto lavora - la
testa, le emozioni - tutto tranne quello che deve farlo.
Finora non ha mai fatto nulla perché questo cambiasse.

Hignette: Io ho provato a usare le emozioni negative.


Le ho superate benissimo, ma ho provato la sensazione
di annullarle, più che trasformarle. Non riesco ad usarle
come forza. Le sopprimo.

Gurdjieff: Non le sopprima. Quello che succede dentro


di lei è un altro impulso che per breve tempo prende il
posto dell'impulso negativo. Quindi lo tenga da parte,
per il momento. Ma non è distrutto. Deve dire molte
volte "tchik"3 - "tchik" - per riuscire a distruggere le
emozioni negative. Lei non è in grado di discernere, ma
se la cosa cambia si accorgerà che funzionerà in manie­
ra più debole. Ora ha un programma di lavoro. Se ha
capito continui a estirpare, a scacciare via gli impulsi.
Ma non rimanga tranquilla. Ora lo fa serenamente, e

3 Probabilmente antica parola onomatopeica armena che si riferisce al


rumore che si fa quando si schiaccia un pidocchio. [NdR]

63
questo è un altro impulso che si sostituisce, troppo de­
bole perché lei possa accorgersene, e allora immagina di
non avere più emozioni negative. Solo le vibrazioni più
forti raggiungono la sua coscienza.

Mechin: Negli esercizi sono molto turbato dalle asso­


ciazioni. Non riesco a fare nulla per contrastarle. Cosa
posso fare?

Gurdjieff: Le associazioni sono parte della nostra presen­


za. Se la nostra presenza avesse uno scopo, vorrebbe che
accadesse qualcosa. Ciò dimostra che la nostra presenza
non ha uno scopo. Lei ha uno scopo solo con uno dei
centri: vuole arrivare in Paradiso con gli stivali sporchi.
Ciascuno deve avere uno scopo con tutta la propria pre­
senza, e lavorare per questo. Non con una parte, con un
solo centro. Anche a me capitano le associazioni, ma non
raggiungono la mia coscienza. Perfino la circolazione
sanguigna è una cosa che si verifica da sola, è automatica.
Non mi disturba. Continua giorno e notte. Ci sono anche
associazioni, come il mio cuore che batte, e ci sono altre
funzioni; per esempio, se faccio attenzione posso percepi­
re il viaggio che il cibo che ho mangiato compie dentro di
me, e per ogni centimetro avrò sensazioni diverse. Que­
ste sono attività automatiche. Lei deve avere uno scopo e
lasciare da parte le funzioni organiche. Non deve sentirle
con la coscienza, con il pensiero. Deve imparare a pensa­
re in modo imparziale. Solo questa quantità di sforzo la
porterà al pensiero normale. Madame De Salzmann può
formulare l'esercizio che va per bene per lei.

64
Gurdjieff [ad Ansz] : Ha capito?

Ansi: No.

Gurdjieff [a Luc] : Ha capito?

Luc: Sì.

Gurdjieff: Glielo spieghi lei. Questo sarà il suo compito.

Ansi: Ho notato che prima le emozioni negative emer­


gevano soprattutto nelle relazioni con le persone. Ero
violento e spiacevole quando dicevo qualcosa alle perso­
ne. Per un po' ho cercato di combattere contro questo.
Ma cado nell'indifferenza e non so come cambiare stato.

Gurdjieff: Non è necessario che cambi, va benissimo


così. Sta avvenendo in lei una rivalutazione dei valori.
Prima si interessava di cose di poco valore e quello che
non era interessante per lei non aveva valore. Ora ciò
che ha valore è ciò che prima non era interessante. La
ragione è questa.

Ansi: Ma voglio cambiare.

Gurdjieff: Perché? Il suo stato è già cambiato. Prima


non si rendeva conto di essere interessato a cose senza
valore. Ora sì. Il suo stato è cambiato.

Ansi: Ma se qualcosa mi ferisce, invece di arrabbiarmi o


sentirmi offeso, sono indifferente.

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Gurdjieff: Normale. È limitato, ma è normale. Prima
aveva il suo amor proprio, che è una cosa di poco valore,
una cosa ordinaria, ora l'ha capito. Ora si rende conto
che è una cosa stupida, una nullità, un escremento, pri­
ma non lo sapeva. Oggi lo sa, per questo non si arrab­
bia. Riesce a vedere le manifestazioni dell'escremento.
Se è così sono molto soddisfatto. Senza volerlo, senza
saperlo, lei è andato oggettivamente avanti, avanti mec­
canicamente. Presto potrà essere un nostro compagno
degno di stima.

Lanctin: È possibile nelle condizioni attuali evitare uno


sviluppo del corpo eccessivamente disarmonico riguar­
do allo sviluppo generale?

Gurdjieff: Per sviluppare il corpo non esistono stagio­


ni. Non ci sono stagioni politiche. È sempre necessario.
Deve educare il corpo con la testa, consapevolmente. È
molto semplice. Non gli lasci mai fare quello che vuo­
le, gli faccia fare il contrario di quello che gli piace. Gli
piace lo zucchero? Lei non gliene dia. Deve essere as­
suefatto allo sforzo, si fa sempre bene quando si resiste
al corpo. È semplice. Faccia tutto al contrario. È così
che Dio ha creato il suo corpo e il suo intelletto, è sem­
plice. Per comprendere questo non occorre leggere. Il
programma è molto semplice: in qualsiasi condizione,
in tutte le situazioni politiche, l'uomo deve educare il
corpo ad arrendersi a esso. La personalità può educare
il corpo. Chi ha un corpo forte che prende l'iniziativa su
di lui, quello è una nullità. Chi ha sottomesso il corpo
al proprio dominio è intelligente. Capisce cosa intendo

66
con "intelligente"? Intelligente è colui che sa dirigere il
proprio corpo. Se è il corpo che guida, lei non è niente,
è un contadino. Se invece è lei che guida, allora è intel­
ligente. Può scegliere. Intelligente o contadino? Se vuole
essere un contadino lasci che il corpo la diriga. Se vuole
essere intelligente lasci che sia la sua coscienza a dirigere
il corpo. Più vuole dirigere il corpo più esso le si oppone.
Più le resiste e più le dà forza.

67
NONO INCONTRO
Giovedì 9 settembre 1 943

Domanda: A proposito del lavoro e della fatica, mi sem­


bra che ci sia una differenza tra gli sforzi per il lavoro e
gli sforzi meccanici. ll lavoro esteriore consuma la no­
stra energia; l'altro lavoro, al contrario, dovrebbe farci
accumulare energia. Ma è il contrario. Ci si stanca mol­
to, si perde energia.

Gurdjieff: Nel frattempo lei la mantenga. Lei si nutre


consapevolmente dell'elettricità che ha nel corpo e la
trasforma. Ciò costituisce la sua forza. Non è lo stesso
tipo di stanchezza. La fatica derivata dal vero lavoro ha
un futuro; lei è stanco e questo le dà un risultato sostan­
ziale, ricarica il suo accumulatore. Se continua, si accu­
mulerà in lei una sostanza consistente che ricaricherà
la sua batteria. Più si stanca più il suo organismo potrà
elaborare questa sostanza.

Domanda: La fatica è favorevole o no agli sforzi di con­


centrazione?

Gurdjieff: Se è fatica ordinaria non ne vale la pena. Di­


pende dall'altro accumulatore. Non sarà in grado di fare

69
nemmeno le cose quotidiane e perderà le forze che le
rimangono. Ma per un altro genere di fatica c'è un'altra
legge: più dà e più riceverà.

Domanda: Ho notato che la mattina, quando sono ripo­


sato, non riesco a lavorare. La sera, viceversa, dopo tutte
le fatiche del giorno, ho più successo.

Gurdjieff: Perché una parte di lei è stanca e perché lei


lavora senza quella parte. Lavora con uno o due centri.
Deve lavorare con tutti e tre. Se un centro è stanco non
prende parte al lavoro e lei non ottiene risultati. Pensa di
poter lavorare meglio di notte, ma è soggettivo, dunque
non conta niente, è di poco valore.

Domanda: È possibile dormire consciamente, rimanere


coscienti durante il sonno?

Gurdjieff: È possibile, ma non per lei, almeno non


ora. Bisogna che ricordi qualcosa affinché entri in lei
automaticamente. Autosuggestione. È possibile darsi
dei suggerimenti durante il sonno. Prima di riuscire a
dormire coscientemente bisogna esperire una diversa
qualità di sonno. Ci sono delle gradazioni, quattro tipi
di sonno. Può dormire per un sesto, per un quarto, per
metà o completamente. Dipende da com'è il suo stato
di veglia. Se mentre dorme lei sogna, allora dorme solo
per metà, e le servono sette ore e mezza di sonno. Se
non sogna, quattro ore e mezza sono sufficienti. È la
qualità del sonno che conta. Lei dorme sette ore e mez­
za. Ci mette due ore per rilassarsi di notte e due ore per

70
svegliarsi la mattina. Questo le lascia tre ore e mezza di
sonno, perché lei non si rilassa coscientemente ma mec­
canicamente, e questo richiede tempo. Può rilassarsi co­
scientemente fino a dormire mentre cerca di stabilire la
necessaria relazione tra coscienza e corpo. La mattina,
quando si sveglia, faccia la stessa cosa. Faccia subito un
programma, rifletta, suggerisca a sé stesso il modo in cui
è determinato a spendere il suo tempo. Compia il lavoro
a cui ha pensato. La sua attività raddoppierà, ma deve
fare un vero programma, non fantasticarci sopra. Deve
creare un'abitudine e può farlo sono un po' per volta,
perché niente accade tutto insieme. Cambi la qualità del
suo sonno, prima di dormire si frizioni il corpo con ac­
qua fredda. Quando sta per addormentarsi preghi per
le persone a lei care che sono morte. Queste cose sono
una buona preparazione al sonno, altrimenti continuerà
i sogni e le fantasie della sera.

Domanda: Come si può acquisire il distacco?

Gurdjieff: Bisogna avere un ideale, crearlo per sé stessi.


Questo la salverà dagli attaccamenti meccanici. Pensi
a questo consapevolmente, e automaticamente crescerà
per formare un centro di gravità.

Domanda: Non è più facile distaccarsi dalle cose mate­


riali che dai sentimenti?

Gurdjieff: Hanno lo stesso valore. Lei si attacca con un


centro o con un altro. Deve vederla in questo modo, sen­
za filosofeggiare. Non ha né un ideale né uno scopo, è un

71
meccanismo. Dovrebbe avere contatto con qualcosa ma
non ha contatto con niente, così ogni cosa ha un contat­
to con lei e lei ne è schiavo. Deve abituarsi a prepararsi
per il lavoro. Un determinato momento del giorno deve
essere consacrato al lavoro, non faccia nient'altro. Sa­
crifichi questo e se ancora non può lavorare allora non
faccia niente. Pensi al lavoro. Legga qualcosa di collega­
to al lavoro e lasci che le associazioni collegate al lavoro
fluiscano. Non è ancora lavoro questo. Ma almeno così
cerca di stabilire un momento che in futuro sarà riser­
vato per lavorare. Sta preparando il terreno, consacri
questo tempo al lavoro. Accetti l'idea che un certo tem­
po deve essere stabilito per il lavoro e se le viene dato un
compito, o se ne stabilisce uno per sé, lo farà dùrante
questo tempo. n posto sarà già pronto. È solo facendo
che l'uomo comprende. Vedrà i risultati che verranno.
Lei dice che sta lavorando, lo pensa davvero. Ma · qui
nessuno ancora lavora. È un gioco da bambini, poco più
che un solletico. Nel vero lavoro il sudore cola lungo la
fronte, fino ai talloni.

Domanda: Quando incontro persone che sono anche


solo vagamente interessate a questi argomenti, o pre­
occupate da questo tema, appena trasmetto quel poco
di esperienza che ho, tutto ciò che ho imparato qui si
svaluta e io mi sento più piccolo.

Gurdjieff: Qui c'è una regola: qui la nostra vita è ecce­


zionale. Quello che diciamo qui, quello che facciamo,
non deve saperlo nessuno.

72
Domanda: Ma non dico niente di ciò che facciamo.

Gurdjieff: Questa regola riguarda anche le idee. Ciò che


le interessa perde valore se lo dà a qualcun altro, e lei si
sente svuotato. Tenga le nuove idee per sé. Nella vita si
possono usare come strumenti, ma senza identificarvisi.
Tutto quello che dice con le parole esce da lei.

Domanda: Penso di essere spinto dai miei sentimenti di


superiorità e che sia questo il motivo per cui lo faccio.

Gurdjieff: Le dirò un'altra cosa. Lei ha una debolezza


che chi lavora con me deve distruggere. Lei crede. Non
deve mai credere. Deve criticare tutto, non accettare
niente che non possa provare, anche che due più due
faccia quattro. Credere non conta, non vale niente. Lei
crede, si identifica in quello che crede e poi vuole tra­
smettere quello che crede con le sue emanazioni. Se si
identifica dà via tutta l'energia che ha. Se non crede, se
riesce a rimanere imparziale, quando desidera trasmet­
tere qualcosa a qualcuno allora lo farà come se stesse
rendendogli un servizio. [Rivolto a qualcun altro] A lei è
mai capitato?

Domanda: Ho notato che ciascuno perde ciò che ha


solo se lo getta agli altri.

Domanda: Ho l'impressione di non poter impedire a me


stesso di usare le forze che mi vengono dal lavoro per
essere superiore nei confronti della gente che incontro.

73
Gurdjieff: Lei è una persona piccola, ma un suo aspetto
è cresciuto. Altri sei aspetti devono crescere. Dopo che
questo sarà avvenuto potrà immaginare di non essere
come gli altri. Non dimentichi che la prima cosa da ri­
cordare è la sua nullità. Ha molta immaginazione. Se
riconoscerà la sua nullità questa idea le farà vedere che
gli altri l'hanno sorpassata.

Domanda: Quando sono da solo, o con persone valide,


vedo la mia nullità. La dimentico quando sono con per­
sone mediocri.

Gurcljieff: Le darò un compito. Lavori su questo. Rico­


nosca la sua debolezza e lavori. Se incontra ostacoli lun­
go il percorso, la aiuterò correggendola.

74
DECIMO INCONTRO
Giovedì 1 6 settembre 1 943

[Monsieur Gurdjieffguarda Madame V. seduta difronte a lui e si


rivolge a Madame F.]

Gurdjieff: Ora che è tornata dalle vacanze assomiglia di


più a sua sorella. Ho visto che la sua espressione è cam­
biata al primo sguardo. Pensavo che lei fosse quella se­
duta laggiù. [Agli altn] Ero sicuro che fosse Bionde quella
seduta laggiù, ma invece è sua sorella. [A Madame V.]
Di solito si siede sempre di lato, ora è proprio di fronte
a me. Adesso è in una posizione di cui può beneficiare.
Ora, Monsieur Avvocato Distrettuale, visto che nessuno
sta facendo domande, ne faccia una che richiede una
risposta facile, una buona per tutti. La scriva e poi la
legga.

[Mentre J scrive la sua domanda, Gurrfjieffchiede a L di sedersi


al posto di Bionde che è in cucina. Bionde torna indietro, si siede
dietro a Gurdjùffche chiede a H di scambiarsi di posto con luz]

Gurdjieff: Capite, non lo conosco ancora. Se fa una do­


manda e non mi sta di fronte, non riesco a vederlo in
faccia e non posso dare una risposta che vada bene. È

75
una regola che non ho ancora detto: le persone nuove
dovrebbero sedersi qui. Per esempio, lei non ha ancora
bevuto. L'alcol apre, mostra molti aspetti della propria
interiorità, ed è molto importante per conoscere qual­
cuno. Non è colpa mia, l'alcol costa troppo, sono già
milleottocento franchi la bottiglia. Ha scritto la sua do­
manda, Monsieur Specialista?

]. : Monsieur, mi ha illuminato grandemente riguardo al


modo in cui bisogna svolgere i propri compiti. Fino a un
certo grado, sto avendo successo. Ma nel corso del gior­
no, ciascuno di noi viene spesso assorbito dalle proprie
attività. Non si riesce a vedere la persona che si è scelta
per il proprio compito, e alla fine si nota che il giorno è
stato vuoto. Come si può mantenere, in assenza di quel­
la persona, il fuoco necessario per il proprio compito?
Come si può mettere qualcosa al suo posto?4 •

Gurdjieff: In generale è una cosa molto importante. Lei


ha scelto un compito verso una persona, ma lei non è
sempre con quella persona. Deve fare delle pause, è
impossibile lavorare tutto il tempo su un oggetto, non
ha abbastanza energia. Per questo motivo la metà del
suo tempo dovrebbe riguardare il compito e l'altra metà
la sua preparazione. È un'ottima combinazione. Deve
usare il tempo in cui non vede la persona per prepa­
rarsi. Come? Può fare solo una cosa, aumentare cioè il
suo desiderio di contatto con quella persona. dicendo a

4 MonsieurJ si riferisce al compito, che Gurdjieff aveva affidato ad alcu­


ni dei membri del gruppo, che consisteva nel lavorare in coppia. Mon­
sieur J portava avanti il lavoro di coppia con il fratello [NdT] .

76
sé stesso: "Io sono". Respiri coscientemente e dica: "Io
sono". Quando dice "lo" inspiri coscientemente tutti
gli elementi dell'aria e quando dice "sono" accumuli
un po' di energia nella sua batteria e pensi a usarla. Si
rappresenti la persona con cui sta lavorando e pensi che
quando la vedrà sarà più concentrato, avrà un contatto
maggiore. In questo modo ciò che avrebbe fatto in sette
volte lo farà in una sola. Ora, Dottore, spieghi in un
buon francese quello che ho appena detto.

Dr. Aboulker: Il compito si compone di due parti: nella


prima, lei svolge il compito con la persona che ha scelto,
e nell'altra si prepara ad avere relazioni più dirette con
lei.

Gurdjieff: No, Dottore, non lo spieghi così. Non è una


parte, non ci sono parti. Lui non c'è, tutto il suo tempo
è libero. Se lei dice "una parte" è come e dicendo che
una parte di lei pensa e un'altra parte di lei fa. Non usi
questa parola. Come ha posto la sua domanda lui? Ha
detto che talvolta era lontano e ha chiesto come dovreb­
be impiegare il suo tempo. Tutto il suo tempo per quello;
non una parte.

[Dialogo in russo tra Madame De Salzmann e GurdjieiiJ

Madame De Salzmann: Monsieur Gurdjieff chiede per­


ché si è attaccato a questa cosa.

[Silenzio]

77
J. : Ho notato - è una verifica - che, a parte il fatto che
sto lavorando meglio, in realtà ci sono mille ragioni che
non ho mai visto e che mi appaiono ora, ragioni di in­
teresse per quel ragazzo. Primo, ciò facilita il mio lavoro
esterno e mi dà una miglior relazione con lui; e poi non
mi identifico con lui, non mi innervosisco con lui.

Gurdjieff: In ogni caso, ha notato niente di speciale


dall'ultima volta che le ho dato un compito? Questo in­
tervallo di tempo è stato abbastanza produttivo?

J. : Certamente sì.

Gurdjieff: Ma non intellettuale. Seriamente, del tutto?

J.: Sì.

Gurdjieff: Se le dico che se lavora sempre così, farà in un


anno ciò che avrebbe forse fatto in quindici, mi crede?

J. : Posso anche dire che l'ho visto come una nuova porta.

Gurdjieff: Fratello, ascolti quello che dice. Se lui con­


tinua a lavorare così bene questo potrebbe esserle d'a­
iuto per continuare alla stessa maniera. Ora, lo aiuti,
lo prenda come un obiettivo e comprenda bene che lo
sta aiutando in modo egoistico, che lo sta aiutando per
aiutare sé stesso, affinché poi lui possa aiutarla. E per
far questo, perché lei possa ricordarsi di farlo, le dirò
una cosa. Sto per dirle qualcosa che Bionde mi ha ri­
cordato per associazione. Ogni giorno lei e suo fratello

78
vi vedrete, e prenda come obiettivo di non incontrare
mai suo fratello senza fare ciò che sto per dirle. Gli dirà:
«Ricordati di te», e quando l'avrà detto penserà inte­
riormente «lo sono Te, Tu sei lm>, con tutto il suo essere.
Continuerà a farlo per tutto il tempo che ne sarà capace.

Al.: Per tutto il tempo in cui lui è lì?

Gurdjieff: Sì. Con queste parole è necessario che la sua


emanazione vada fuori, verso di lui. Stabilisca un con­
tatto con suo fratello. Ha il suo stesso sangue, è attra­
verso il sangue che riceverà questo contatto. Il suo aiuto
può essere questo. Se lui poi se ne dovrà andare per af­
fari, o per qualcos'altro, lo faccia ancora dal momento
in cui torna. Ogni volta che lo vede dopo che è stato
assente, anche se solo per cinque minuti, ricominci di
nuovo. Se c'è qualcun altro con voi lo dica sottovoce,
ma .se siete da soli lo dica ad alta voce. Può anche fargli
solo un segno, premergli il piede, stringergli la mano. Si
metta d'accordo con lui prima. Può anche dargli uno
schiaffo e cominciare subito. Non dimentichi mai che
sta aiutando sé stesso, non lui. È l'unica persona che può
aiutarla. Dottore, ha qualcosa da dire?

Dr. Aboulker: Monsieur, la preparazione di cui parlava


poco fa è necessario provare a farla tutto il resto del tem­
po, quando non si è con la persona?

Gurdjieff: Questo dipende da quanto si è occupati nella


vita, da quali affari si hanno da svolgere. Deve fare cento
cose? Le divida in cento parti, divida il suo tempo. Una

79
parte fa una cosa, un'altra parte qualcos'altro. In linea
di principio dovrebbe prepararsi, ma lui ha un compito,
lui ne ha un altro, lei è un Dottore, avrà molti impegni,
mentre lui è solo un parassita di suo padre, non fa nien­
te. Lei non è un parassita, e può darsi che lui abbia più
cose degli altri, ma lei ha delle occupazioni. [A ].] Se ca­
pisce bene quello che ho appena detto si accorgerà che
c'è una filosofia che può andare bene per capire mol­
te cose. Chi la afferra può capire molte cose riguardo
l'educazione. Un'altra volte le spiegherò perché è lei il
parassita, e qualcun altro un mezzo parassita, o parassi­
ta per un quarto. Sa chi è il parassita per eccellenza? li
nostro Dio. Nel mondo ognuno è un parassita. Un'unica
persona non lo è, il nostro stimato Mullah Nassreddin.
Lui è imparziale.

Ba. : Chi è?

Gurdjieff: Un uomo saggio, unico sulla Terra.

Madame De Salzmann: Ha una massima per ogni cir­


costanza nella vita. Per esempio, dice che se al padre
piace danzare al suono del violino, il figlio finirà sempre
per battere sul grande tamburo.

Gurdjeff [a Zu.] : Ebbene, cara persona nuova, non è si è


ancora seduto nelle galosce?5

Zu.: Sì, con tanto di poggiapiedi.

5 Modo di dire russo che vuoi dire "combinarne una brutta", "essere a
disagio".

80
Gurdjeff: Non ricordo che ci sia entrato del tutto. È can­
didato per essere messo in galosce. La galoscia di un vec­
chio ebreo. Forse aveva qualcosa da dire?

Zu.: Quando si comincia a lavorare - qui e fuori - le


relazioni che si possono avere con persone diverse sulle
prime sembrano modificate, esitanti. Bisogna mantene­
re la stessa espressione di prima - e si è in imbarazzo,
perché ci si sente cambiati - o bisogna cambiare faccia
e impegnarsi in una confusione e un miglioramento che
non si è in grado di portare avanti?

Gurdjieff: Ecco, non ha capito il compito che le avevo


dato. Le avevo detto di imparare, di prepararsi a recitare
un ruolo e a non identificarsi interiormente con quel
ruolo. Interiormente faccia il lavoro che le viene dato
qui, esternamente non cambi niente, deve essere come
prima. Se prima si comportava in un modo, continui.
Reciti il ruolo senza che nessuno capisca quello che sta
succedendo. Non cambi nulla. Rimanga com'era ma
reciti un ruolo, allora capirà cosa significa. Continuerà
a comportarsi come sei mesi fa, ma cambi solo interna­
mente.

Zu.: Lei mi diede quel consiglio per una persona, ma è


così in generale?

Gurdjieff: Anche per quella persona dovrebbe essere


così, fino a che lei non sarà completamente cambiato
internamente. In quel momento, se la persona capirà
che lei è cambiato, non potrà che rispettarla. Se invece

81
succederà il contrario la prenderà per un idiota, crederà
che lei abbia una nuova idea fissa. Le sembrerà conten­
to, o triste, o idiota, o immaginerà che si sia innamorato
o che abbia perso al gioco. Le persone non devono ca­
pire che lei è cambiato, davanti a loro deve essere come
prima. Dottore, lei ha capito, lui no. Bisogna conside­
rare entrambe le cose, interiormente ed esteriormente.

Ab. : La difficoltà è che non conosciamo la persona che


eravamo prima. Eravamo inconsapevoli. Non sappiamo
cosa eravamo. Per via del fatto che non vedevamo noi
stessi. Come si può imitare ciò che si era?

Gurdjieff: Se lei possiede un gusto oggettivo, dovrebbe


sapere cos'è lei. Può ricordare guardando indietro.

Ab. : Ma la falsa personalità aveva qualcosa di spontaneo


che è inimitabile. Forse col tempo riusciremo a imitarla.
Ma è difficile. L'imitazione è pessima.

Gurdjieff: C'è una cosa che può esserle di aiuto. Ogni


mattina, prima di andare a lavoro, si sieda per quindici
minuti sul bidet. [A Denise, che sta ridendo] E lei, pia sorella
di carità, lei conosce bene i problemi della medicina. Il
suo medico deve consultarla spesso. [A]acques] Ha preso
nota? Anche di quello che ho detto riguardo al bidet?
Bene! Una parola contiene molte spiegazioni per chi è
intelligente, una parola può spiegare più di mille paro­
le. Un'immagine sola. [A Madame Vze] Ad ogni modo,
'

ho appena notato una cosa. E passata mezz'ora; ricor-


do che poco fa lei aveva lo stesso colore di sua sorella.

82
Nell'ultima mezzora è diventata pallida. Bionde, lei è
'

rimasta identica e sua sorella è impallidita. E molto pro-


babile che alla destra o alla sua sinistra sia seduto un
l

vampiro che la sta prosciugando. Potrebbe essere fino


a cinquantaquattro centimetri alla sua destra o alla sua
sinistra.

Ab. : Non credo che Louise sia un vampiro. Sono piutto­


sto sicuro che non lo sia.

Gurdjieff: Non deve mai essere sicuro di niente. Questo


prova che lei non sa cosa sia un vampiro. Il vampirismo
è una scienza, può essere praticato inconsciamente. La
scienza medica non ne è a conoscenza. Per esempio, voi
siete marito e moglie. La moglie è magra e lui è grasso.
Tre mesi dopo, il contrario. O fratello e sorella, o due
amici. Sei mesi dopo, tutto è cambiato. Inconsciamen­
te. Il vampirismo esiste consciamente e inconsciamente,
'

qui accade un certo tipo di vampirismo. E molto facile


da spiegare, siamo tutti intorno a un tavolo e c'è una
catena che connette tutti. Se prendo la mano del mio
vicino e ci teniamo tutti per mano, posso prosciugare il
Dottore finché non muore. Forse ·è lei il vampiro, anche
se non ne ha l'aspetto. Non lo so. Mi limito a osserva­
re quello che succede, ne prendo nota. Se succede due
volte allora lo faccio notare. La prima volta può essere
un incidente. Anche se io lo percepisco la prima volta,
non dico niente. Lo noto una seconda volta? Allora ci
faccio attenzione, cerco una ragione e se succede una
terza volta mi metto a studiarlo. [A]acques] Il suo lavoro
è molto difficile, nostro Stimato Segretario Generale. Mi

83
metto nei suoi panni e nel frattempo 1a compatisco. Ma
nel futuro sarò contento per lei. n suo conto in banca
sta crescendo senza che lei debba dawero metterei dei
soldi.

Ba. : Vorrei fare una domanda. Vorrei sapere... Mi ri­


cordo di me molte volte al giorno, ma credo che il mio
'

ricordare non sia volontario. E solo il risultato di un'as-


sociazione che mi porta verso il lavoro. Come posso ot­
tenere un ricordo che derivi dal mio desiderare e non
dalle mie associazioni?

. Gurdjieff: Esiste un buon modo. Suo padre o sua madre


sono vivi?

Ba. : Entrambi.

Gurdjieff: Bene, può essere felice. Le darò un esercizio.


Impari a farlo. Più avanti le spiegherò i dettagli. Prima di
tutto stabilisca un contatto con suo padre e sua madre.

Ba. : Quando sono con loro?

Gurdjieff: Con o senza, lo faccia interiormente. Per


esempio: "lo- sono". Quando è con loro li guardi. Quan­
do non è con loro se li rappresenti, dica a sé stesso, per
entrambi: "Io sono Tu, Tu sei lo". Lei è il risultato dei
suoi genitori, avete lo stesso sangue. Se lo ricordi,. glielo
spiegherò più avanti, ma nell'attesa lo faccia. Si abitui a
essere silenzioso e a vedere i suoi genitori con affetto sin­
cero. Oggettivamente, loro sono più che Dio. Dio stesso

84
ha detto: «Finché tuo padre e tua madre sono vivi, io
non esisto per te».

Ba.: Perché bisogna rappresentarsi in questo modo il


proprio padre e la propria madre?

Gurdjieff: Lei deve loro la sua vita. Ma questa è un'altra


'

domanda, la vedremo un'altra volta. E una legge. Nel


frattempo la prenda in modo oggettivo. Suo padre e sua
madre sono più di Dio. Se prega Dio, Dio stesso può
'

mandarla al diavolo: «Dopo la morte verrai da me». E


un modo di dire. Le lascio .questo esercizio che consiste
in questo contatto, questo le servirà per prepararsi a un

altro esercizio.

85
UNDICESIMO INCONTRO
Giovedì 1 8 settembre 1 943

[Lezione: Alcuni libri di Monsieur Gurtijieff. Dopo la cena, Mon­


sieur Gurriji4J chiede a quanti sono di ritorno dalle vacanze di
fàrgli un resoconto del loro lavoro]

Madame Frane: Ho fatto i due esercizi che mi aveva


dato in vacanza, l'esercizio della divisione dell'attenzio­
ne in due parti e quello sulle sensazioni di caldo, freddo
e lacrime. Non posso dire di aver avuto grandi risulta­
ti da questi esercizi, ma ho raggiunto un risultato nella
comprensione. Per la divisione in due, non posso dire di
essere riuscita a farla, ma il lavoro mi ha dato un centro
di gravità nella testa. Questo per me ha cambiato molte
cose e mi ha permesso di dis-identificarmi un po' dal
corpo, e riesco a vederci più chiaro nel mio lavoro. So
meglio cosa faccio e come devo farlo. Ha modificato i
valori.

Gurdjieff: Avevo già capito che lei ha una personalità.


Ora sente in sé qualcosa, una separazione, il corpo è
una cosa e lei un'altra cosa.

87
Madame Frane: È quello che sento, ed è una cosa che
giudica.

Gurdjieff: Deve farsi i complimenti. Sono soddisfatto


con tutto me stesso, senza questa cosa non si può conti­
nuare. Senza di questo, anche per dieci o cento anni, il
lavoro sarà soltanto solletico.

Madame Frane: Mi sembra che adesso qualcosa sia sta­


to superato.

Gurdjieff: Ora deve aggiustarlo. Un bambino deve es­


sere nutrito perché possa crescere. Latte, uova, tutto ciò
che è necessario. Quando sarà cresciuto e sarà in grado
di parlare, io potrò ascoltarlo. ll suo resoconto è suffi­
cientemente lungo.

Madame Frane: Volevo anche dirle che l'esercizio sulle


sensazioni mi aveva mostrato che stavo vivendo nell'im­
maginazione, perché noto che è solo quando sperimen­
to qualcosa in maniera organica che è reale; ma non
sono capace di concentrarmi abbastanza sulla figura
dell'immagine.

Gurdjieff: In generale questa è la sua debolezza, Mada­


me Frane. Non è necessario starne a parlare, è una cosa
soggettiva. Ora, se io spiego, lei mi capisce. Prima non
capiva niente, la prima volta si offese. Ora, se dico la
stessa cosa, lei invece mi capisce.

88
_Mechin: Ho provato a continuare l'esercizio di divisione
in due, e rendendomi conto che non potevo riuscirei ho
pensato che l"'Io" in me non era abbastanza forte. Tut­
ta la mia attenzione è stata spostata sull"'Io sono", e in
effetti questo ha sviluppato poco a poco una sensazione
molto più forte, che non avevo mai avuto, di "Io". Ho
riscontrato in effetti che questo ha cambiato per me tutti
i valori, che ciò che finora avevo capito intellettualmen­
te ora lo capisco in modo diverso, e questo mi ha fatto
comprendere anche molti problemi che erano fissi den­
tro di me, in particolare la necessità per me, da questo
momento, di recitare un ruolo. Ma durante la vacanza
ero piuttosto solo nel ruolo che dovevo interpretare, ho
dovuto interpretarlo con i miei genitori, soprattutto con
mia madre; è qui che è arrivata la difficoltà. Ho riscon­
trato che ero del tutto incapace di interpretare un ruolo,
che era impossibile.

Gurdjieff: Ha capito che significava interpretare un ruo­


lo, ha capito che valore ha per lei, l'ha provato? Bravo!

Mechin: Poi mi sono sforzato ancora con l'esercizio del­


la divisione. Ho cercato di capirlo e un giorno, passando
davanti a uno specchio, sono stato molto sorpreso di no­
tare che vedevo me stesso come un estraneo. Ho pensa­
to che dovevo utilizzare questa testimonianza per fare
l'esercizio; poi nel fare l'esercizio mi sono visto come mi
ero visto nello specchio: ho avuto soltanto un'unica fred­
da immagine, senza vita. Ho visto un corpo senza vita,
e ho cercato di stabilire contatti con il mio vero corpo.
Mentre cercavo di farlo ho avuto l'impressione che que-

89
sto mi desse, in anticipo, un'idea di cosa potrebbe essere
la divisione. Ho avuto l'impressione che si dovesse farlo.

Gurdjieff: Basta così. Lei è nato, la sua individualità è


nata. Prima era come un animale senza "Io". Ora ha un
"lo" e le caratteristiche di un uomo. È stato l'esercizio a
darglieli. Prima, senza individualità, era solo il risultato
del suo corpo, come un cane o un gatto, o un cammello.
Ora, se ha le corna, riesce a vederle e a stupirsene. Pri­
ma non riusciva a vedere niente. Ora ha un'individualità
che prima non aveva. [Rivolgendosi agli altn] Ha acquisito
un'individualità. Prima non ne aveva nessuna. Era un
pezzo di carne. Avrebbe potuto lavorare mille anni, non
avrebbe mai ottenuto alcun risultato. È un compagno di
Madame Frane, entrambi potete essere iniziati alla pri­
ma iniziazione. Sembra una piccola cosa ma è una cosa
grande, una garanzia per il futuro. Mi congratulo anche
con lei. Per la prima volta in tre anni sono interiormente
felice, felice per i miei sforzi. Perché non è un caso che ce
ne siano già due. Ora lei non è più un promesso sposo,
non è più Mechin, è il mio fratello minore. [A Madame
Frane] Lei è mia sorella. Ne parleremo separatamente in
seguito.

Gurdjieff [Rivolto a lette] : Non è felice?

Yette: Sì, e posso dire che quello che ha detto a Madame


Frane mi sembra di averlo detto io, perché da un po' c'è
in me qualcosa di completamente nuovo, e c'è anche la
paura di vederlo scomparire. Perché in maniera genera­
le, eccetto alcuni rari momenti, c'era in me qualcosa che

90
prima non c'era, ed essenzialmente qualcosa nella mia
testa, qualcosa che sentivo nella testa, a cui mi appoggio
e che mi separa dal resto, e che è distinto dal corpo, da
tutto ciò che sono, dal mio sentire.

Gurdjieff: Forse può dire che è lei è una cosa e il suo


corpo un'altra cosa, ma prima non poteva dirlo con sin:.
cerità.

Vette: È una cosa che posso conservare?

Gurdjieff: Abbiamo trentatré diversi tipi di fluido, non è


necessario che capisca. Mi ha chiesto se è una cosa che
può fare e io ho detto sì. Ho detto anche che esistono
trentatré tipi di fluido diversi.

Tracol: Lei mi ha fatto sentire con precisione, in un at­


timo, il mio atteggiamento di oggi riguardo al lavoro. È
quando ha ricordato durante la cena l'aneddoto del cur­
do. L'esercizio che mi ha dato diciotto giorni fa e che
consiste in un continuo richiamo: a ogni inspirazione e
a ogni espirazione devo pensare "Io sono" e devo de­
positare gli elementi attivi dell'aria nelle gambe mentre
sono sdraiato o seduto, e nel plesso solare quando sono
in piedi. Ho provato a fare quest'esercizio, cerco di farlo
sempre, e più lo faccio più mi diventa quasi impossibile
farlo, tranne nei momenti in cui riesco a riunire insieme
le condizioni più favorevoli. Ma meno riesco a metterle
insieme, più desidero farlo, e in verità non potrei deside­
rare di abbandonare questo esercizio prima di aver avu­
to, alla fine, un'idea un po' più precisa d i ciò che ho fatto.

91
Nei momenti migliori di questo esercizio - non nei mo­
menti più favorevoli ma quando lavoro con la maggiore
intensità, vale a dire nella vita, quando riesco a conti­
nuare l'esercizio mentre proseguo nelle mie occupazioni
consuete - provo una sensazione che è del tutto delu­
dente: ho l'impressione di vivere in un doppio sogno. Da
un lato vado avanti con la mia vita esteriore come in un
sogno, e provo a recitarvi un ruolo; e dall'altro lato faccio
anche il mio lavoro in un sogno, e ho l'impressione di
un ruolo che interpreterò internamente. In compenso,
quando faccio quest'esercizio solo in condizioni comode,
all'improvviso succede che ho una sensazione di "lo" più
forte ancora nell'esercizio della divisione; e mi piacereb­
be recuperare, nella vita quotidiana, la sensazione che
ho avuto in quel momento.

Gurdjieff: Continui, poco a poco si allenerà. Faccia di


questa cosa una sensazione da possedere, deve prima
provarne la sensazione. Questo vuoi dire che lei non ha
più le sue associazioni, la sensazione viene a lei, è sua,
ma solo in uno stato particolare. Vale a dire che non può
venirle nella vita normale. Solo in uno stato particolare,
quando è più rilassato, è in grado di ricordare questa
sensazione e di afferrarla.

Tracol: E allo stesso tempo avverto che il vero lavoro è


nella vita quotidiana.

Madame De Salzmann: Sì, ma prima deve farlo in quel­


lo stato particolare e a poco a poco ci arriverà anche
nella vita di tutti i giorni.

92
Tracol: La sensazione più intensa di divisione avviene in
condizioni comode.

Madame De Salzmann: Questa cosa deve crescere in


lei in quei momenti. Poi, poco a poco, riuscirà a fare in
modo che tale stato duri.

Kahn: Diversi mesi fa le ho fatto questa domanda:


«Quando ho un impulso di vero amore verso qualcuno,
mi sembra che non solo questo stabilisca una relazione
fra me e questa persona, ma che offra testimonianza di
, una forza superiore in me». In quel momento mi rispose
che non dovevo pensare a quelle cose allora, che quella
era psicopatia, che dovevo fare il mio lavoro come un
servizio. L'ho ascoltata e ho cominciato a essere capace
di distaccarmi dal corpo; specialmente ora che ho visto
la profondità della mia passività e che capisco che devo
concentrare tutta la mia forza, mettere in gioco tutto il
mio sforzo nell'opporre alla mia abituale nullità qual­
cosa che "è", ora ho la spinta a diventare indipendente.
Per esempio, ho per così dire la spinta a recitare il mio
vero ruolo nei confronti di mio figlio o di mio padre; ho,
c�me prima, l'impulso ad aver successo nel diventare un
uomo in rapporto al gruppo, ma mi sembra che ciascu­
na di queste spinte non sia ancora abbastanza potente
perché il distacco sia completo. In uno dei miei migliori
momenti di lavoro, ho visto di recente tutto il mio corpo,
tutte le mie emozioni, tutto il mio sentimento e i miei so­
liti desideri come la cosa che devo riuscire a uccidere in
me stesso per conseguire la nascita, e ho capito che sarei
riuscito a essere quello che voglio essere se fossi riuscito

93
a fare in modo di fare morire quello che sono. Così ora
le chiedo, chiedo a me stesso e chiedo anche a lei, se non
potrei forse essere aiutato nei miei sforzi da una relazio­
ne tra quanto in me somiglia a un "lo" con una forma
superiore. Se fosse questa la spinta che mi manca?

Gurdjieff: No. Deve continuare. Perché usa la parola


"vero"? Non può ancora avere un "vero amore". Un
aspetto del vero amore è quello di odiare nel modo giu­
sto, in modo obiettivo, non l'oggetto che ha di fronte ma
le sue manifestazioni. Non può ancora usare la parola
"vero". Mentre aspetta continui ad accumulare mate­
riale, ma smetta di dire "vero". Non si deve attribuire
questo valore alle cose, non può amare, non può fare
niente. Non ha ancora la sensazione e io ho bisogno che
invece ce l'abbia. Quando sarà capace di avere un im­
pulso io allora la soddisferò, le dirò come usarlo, come
incanalarlo, come realizzarlo. Il lavoro che le ho dato le
è stato di aiuto, dunque non è necessario cambiarlo.

Kahn: Questo lavoro mi ha dato quello che nient'altro


mi aveva dato.

Gurdjieff: Il resto non vale niente. Nonostante ciò che


potrebbe apparire a noi, non c'è ancora abbastanza in
lei per un "vero impulso".

Gurdjieff [a Simone] : Ha capito? Anche per lei si è aperto


qualcosa?

94
Simone: Certo, mentre ascoltavo parlare Mechin, Ga­
brielle e Yette ero allineata a loro.

Gurdjieff: Ha sentito con la testa, con l'intelligenza. Per


esempio Mechin, lei ha capito molto prima di lui. Lui
capisce meno di lei, ma lui capisce con tutto il suo es­
sere. Lui ha capito con la sua individualità, lei con il
corpo. La comprensione di Mechin vale più della sua.

Simone: Ora sento qualcosa nella testa che permane


quasi sempre; non è molto forte ma è quasi costante,
qualcosa che mi fa vedere gli esseri e le cose in modo
diverso.

Gurdjieff: È normale. Poco a poco tutto deve cambiare,


e lei sta cominciando ad avere una vera visione. Finora
ha avuto un punto di vista fantastico.

95
DODICESIMO INCONTRO
Giovedì 25 settembre 1 943

S.: Non riesco ad avere alcuna emozione quando mi


concentro. Posso liberare la testa, ma non riesco a senti­
re una forte emozione. Ho l'impressione di correre con­
tro una barriera e non essere in grado di andare oltre.

Gurdjieff: Lei inciampa proprio all'inizio per una cosa


da niente. Con la testa non si può avere alcuna emozio­
ne. La testa è una cosa, l'emozione è un'altra. L'emo­
zione è una funzione del corpo. Con la testa si possono
solo fare constatazioni, non si può sentire. Sono seduto.
Ho un dolore. Qui ho caldo, ho freddo. Sono cose che
constato con la testa, se mi concentro in modo partico­
lare. Ma se penso di poter fare più di questo vuol dire
che mi sto identificando. Allora mi accorgo che qui sono
in questo modo, là in quello, come un intero in qual­
cos'altro. Non si nota mai niente con la testa, la testa è
in grado di constatare qualcosa solo attraverso l'atten­
zione, un'attenzione speciale. La testa è un apparato,
svolge il ruolo di polizia. Ma il centro di gravità della
presenza è nel plesso solare, che è il centro del sentire, è
lì che le cose accadono. La testa è come una macchina
da scrivere, capisce? La sua domanda prova che lei nori

97
lavora come sto dicendo, deve trovare il modo di lavo­
rare così. Non con la testa, la testa non può lavorare in
alcun modo. Deve lavorare con la sensazione e con il
sentire. La testa può accorgersi se questi sono insieme o
separati, ma essa non è parte dell'organismo, è separata.
n corpo può morire, e anche la testa, ma la testa può
morire e il corpo può continuare a vivere. La testa non
è niente, è una funzione, un apparato, una macchina da
scrivere. Quando lei si concentra sulla testa, può consta­
tare quello che succede in lei, ma di per sé la testa non
è nulla, è estranea all'organismo. Lei vuole sentire con
la testa e non sarà mai in grado di farlo, la testa è aliena
rispetto al corpo. La testa è la polizia, un guardiano, che
guarda come va tutto quanto. Osserva che le funzioni
della sua presenza stiano lavorando. Mi capisce?

S . : Sì.

Gurdjieff: Capisce le ragioni per cui siamo in questa si­


tuazione e quello che deve fare?

S.: Mi potrebbe mostrare un compito? Ne ho provati


molti, ma nessuno di essi è adatto a me e non so quale
scegliere.

Gurdjieff: Osservi. Io assumo una postura insolita, una


postura che è difficile perché il mio corpo non è abitua­
to. Dentro di me le mie funzioni stanno lavorando, e
così i miei centri, l'emozione e la sensazione. Sento la
scomodità della postura e il disagio che questa compor­
ta. Perché non ci sono abituato. Con la testa guardo per

98
capire cos'è, studio. Ah, sì! È in questo modo! Qui è così
e qui così. È così che si fa, è semplice. Tenga separati i
tre centri, cerchi di comprendere questa cosa così sem­
plice. È una pastura scomoda, potrei cadere. Guardo:
percepisco questo, sento quest'altro. Ah, sì! È in questo
modo. Osservo con la testa, raccolgo materiale dall'al­
to, sento. I tre centri sono occupati da questo lavoro,
lei li separi, faccia questo nel frattempo. Quando avrà
conosciuto i suoi centri allora faremo un altro eserci­
zio. Potrebbe assumere questa pastura, per esempio, o
un'altra, qualsiasi altra pastura scomoda. È semplice e
molto utile. Tra le altre cose, T., questo è un ottimo eser­
cizio anche per lei. Finora lei non ha separato i suoi tre
centri. In molte cose è andato avanti, ma è un estraneo
per quanto riguarda questa cosa molto semplice. Ogni
uomo deve riconoscere in sé tre qualità di sensazione.
In ogni persona ci sono tre centri, tre direzioni, e queste
tre direzioni possono darne una quarta, che può essere
l"'lo".

[Rumore di qualcosa che si rompe in cucina. Monsieur Gurdjieff


parla in russo a Madame De Salzmann]

Gurdjieff: Sto dicendo a Madame De Salzmann che


non ha ancora mai constatato quel che le stavo dicendo
di recente. Non l'aveva capito fino ad ora. Ora ha capi­
to quanto il mio istituto costi ogni mese e perché devo
pagare ogni mese tre o quattro milioni di franchi. Un
aspetto tra altri: quante cose qui finiscono danneggiate,
rotte, in malora.

99
[Madame De Salzmann porta come esempio gli attrezzi da giar­
dinaggio]

Gurdjieff: Quello era per l'istituto, era per il lavoro.


Bisognava aspettarselo, ma questo non è un Istituto. È
necessario che mi si aiuti, perché le persone rompono
le mie cose, e sono io che devo pagare. Là era un'altra
cosa, le persone stavano imparando. Chi sta imparando
rompe cose, ma qui è diverso. Ognuno deve prendersi
cura di tutto. Ma ogni settimana le cose che possiedo
diminuiscono di dieci o venti pezzi. Quante settimane ci
sono in un anno? E la guerra dura da quattro anni. Può
immaginare? Provi a contare quante cose ho perso. Ma
le persone non lo capiscono.

[Dialogo in russo con Madame De Salzmann]

Gurdjieff: Lei è fortunata. Lei ha la fortuna di avere la


memoria corta. Quello che è appena caduto di là, me
lo ricorderò per tre ore. Quanto mi costa! Su di me ha
l'effetto di un terremoto.

B.: Vorrei fare una domanda riguardo alla concentra­


zione. Quando voglio raccogliermi e fissare l'attenzio­
ne su un punto, il mio pensare sembra vuoto. Invece di
essere concentrato, è vuoto. È immobile, ma è vuoto e
questa immobilità non esclude le associazioni. D'altro
canto, quando sono catturato da un oggetto esterno, il
mio pensiero non è immobile ma mi sembra molto più
concentrato, non ho associazioni. Il mio pensiero non è
mai fisso, ma mi sembra molto più concentrato rispetto

1 00
a quando la mia concentrazione è intenzionale. La ca­
pacità di fermare il pensiero che raggiungo mi sembra
l'opposto della vera concentrazione.

[Méntre Madame De Salzmann traduce, B. spiega la sua doman­


da adA.]

Gurdjieff [ad A.] : Quel che lui le sta dicendo mi interessa


molto. Lei come spiega la domanda?

A.: Quando B. cerca di concentrarsi, il suo pensiero si


addensa.

Gurdjieff: No, non dica così. Darò una spiegazione che


sarà molto utile anche per lei e che la aiuterà. Posso
dirlo, cerchi di capirlo. Il segreto, tanto per cominciare,
è "Io sono". Si comincia così. Ora, io sento "lo", ma
come sento "Io"? Cos'è "Io"? Sento la cima del braccio
e il plesso solare. Provi questo ora, allo stesso tempo con­
stato con la mia testa. Lo faccia, le farò capire. Percepi­
sco e sento queste due parti, il braccio e il plesso solare
e allo stesso tempo, con la testa, constato quello che sta
succedendo. Provi a farlo, se lo fa capirà cosa le è man­
cato finora. È semplice. Poi, quando avrà sentito con
una parte della sua attenzione e con la sua testa, sarà in
grado di viaggiare in sé stesso, senza freni. Le associa­
zioni sono un'altra cosa, le lasci stare, sono cose senza
valore, piccole cose. lo sono più grande delle mie asso­
ciazioni. Se c'è qualcuno che si è accorto di qualcosa di
nuovo lo dica. Qualcosa che non si è capito, oppure può
darsi che lei abbia constatato qualcosa di buono per lei.

101
[S. fa un segno a indicare di no]

Gurdjieff: Qualcuno ha scoperto un'America? T.?

T.: No, non ancora.

G.: Bionde, e lei?

Madame F.: La vera concentrazione viene solo con il


sentire.

Gurdjieff [Ad A.] : Lei ha capito?

A.: Sensazione, sì, ma non capisco la sensazione del cor­


po.

Gurdjieff: Tutto il tempo, lei sente questo [mostra la cima


del braccio e ilplesso solare] e osserva con la testa. Fa queste
tre cose tutto il tempo.

A.: Trovo che questo aumenta la sensazione di presenza.

Gurdjieff: Grazie a quest'esercizio la sua concentrazio­


ne aumenterà, è fatto apposta. Ora gli spieghi [a B.]
che deve fare quest'esercizio. Così riuscirà ad arrivare
a sentire. A oggi non ne è in grado. Questo esercizio lo
aiuterà.

102
TREDICESIMO INCONTRO
Giovedì 30 settembre 1 943

]. [Legge le domande che ha scritto] : Sento sempre di più


quanto il mio lavoro sia intellettuale, quanto poco esso
mi animi. E ho compreso che non posso dawero ap­
procciarmi al lavoro con un vero impulso.

Gurdjieff: Mi scusi, ma quello che dice non è logico.


Una cosa distrugge l'altra. Non capisco cosa voglia dire.
Non legga, metta via il foglio.

J. : Mi manca un impulso verso il mio lavoro. Non riesco


ad avvicinarmi al lavoro in modo soddisfacente a meno
che non senta una certa urgenza che può venirmi solo
dalla chiara realizzazione della mia presente situazione
e della mia presente nullità. Questo l'ho compreso mol­
to chiaramente. E ciò mi ha fatto capire che dovrei avere
un rimorso di coscienza per questa nullità. Ma non pos­
so andare oltre a quest'affermazione. Cosa posso fare
per avere questo rimorso di coscienza?

Gurdjieff: La domanda porta con sé sette aspetti diversi.


Non uno, ma sette. Gliene dirò uno: ogni uomo viene
al mondo per delle ragioni. Ci sono cause, forze ester-

1 03
ne che lo hanno creato. Può darsi che queste forze non
fossero obbligate a darle la vita. È grato di essere vivo, la
vita vale qualcosa per lei? Bene, allora se lei è vivo e con­
tento di esserlo dovrebbe restituire qualcosa come paga­
mento. Per esempio, c'è sua madre qui. Se non fosse per
lei non sarebbe mai venuto al mondo, è a lei che deve la
sua vita. Se è grato di essere vivo allora deve ripagarla. È
maggiorenne ora, è giunto il tempo di saldare il debito.
Una delle cause principali per le quali lei è vivo è sua
madre. È grazie a lei che può godere dei suoi piaceri e
della possibilità di sviluppare sé stèsso. Sua madre è una
delle ragioni, uno degli aspetti del suo essere al mondo,
e io ora le chiedo, ha cominciato a ripagare i suoi debiti?

J. : No.

Gurdjieff: Ci sono ancora altri sei aspetti, ma qui stiamo


parlando di uno solo. Cominci da questo, da sua ma­
dre: la ripaghi. Anche se lei è oggettivamente cattiva è
pur sempre sua madre. Come può ripagarla? Lei deve
unificare la vita di sua madre. Ma invece di fare questo
lei le rende la vita più difficile, la innervosisce, ' la irrita.
È da lì che inconsciamente potrebbe venire il rimorso
di coscienza. Prenda l'anno appena passato, ricordi: lei
è stato spesso cattivo. Lei è una merda. Non ha ancora
assolto a nessuno dei suoi obblighi. Se riesce a compren­
dere questo, il rimorso potrà sorgere in lei. È solo un
aspetto, potrei spiegargliene altri sei, ma se ne dimen­
tichi, cominci da questo. Negli ultimi due anni, quante
volte è stato cattivo, molto cattivo, con sua madre? Se ne
ricordi e cominci a rimediare col futuro nel presente. È

1 04
molto difficile. Se se ne dimentica, se non lo fa, è dop­
piamente colpa sua. Per prima cosa è da rimproverare
per il passato e poi per non aver rimediato oggi. È una
buona risposta alla sua domanda? Tutti qui sono con­
tenti, eccetto una persona. Sa chi? Sua madre. Mada­
me, è a beneficio di suo figlio che dico questo.

[Parla in russo con Madame De Salzmann]

Madame De Salzmann [a Madame E.] : Potrebbe pensare


che se Monsieur Gurdjieff parla così, è perché egli è il
nostro gentile anfitrione e perché lei è qui. Ma non è
quella la ragione.

Jac.: Ho pensato a quel che mi ha detto l'altro giorno,


che devo scegliere: «Tutto o niente». Ho deciso di pren­
dermi un compito e portarlo avanti, non importa cosa
accadrà. Questo compito consiste nel dedicare un certo
tempo della giornata a svolgere un esercizio, l'esercizio
delle braccia estese. E nel tentare di fare quest'esercizio,
ho veramente capito per la prima volta cosa significhi
essere una non-entità. Finora, credevo di averlo capi­
to, ma era solo per ragioni esteriori. Ho visto che ero
incapace di fare qualsiasi cosa, perché qualcosa in me
rifiutava di fare uno sforzo.

Gurdjieff [prima parla in russo con Madame De Salzmann]:


Mi scusi, magari ha pensato che mi fossi dimenticato di
lei. Ho chiesto Madame De Salzmann: «Quando sono
partiti tutti per le vacanze, ho dato a ciascuno una bot­
tiglia di medicina da prendere durante il lavoro. È pos-

105
sibile che non l'abbia data a lei?» Mi dice di no. Ora
capisco perché mi fa questa domanda, se avesse avuto
la sua bottiglia non avrebbe pensato così della sua nul­
lità. [Rivolto a tuttz] Si è sentito in generale una nullità,
ma ora non possiede niente, non ha accumulato niente
durante le vacanze. Al contrario voi state mietendo a
poco a poco i frutti del vostro lavoro, avete una base per
misurare ciò che può essere fatto. [Ad Ab.] Ora capisce
la forza della chimica?

Ab: Ho bevuto circa un terzo della mia.

Gurdjieff: Fatti suoi. Ha acquisito solo un terzo della


forza. Non è colpa mia; se la prende tutta avrà tre volte
più forza. Ecco perché l'ho detto. Forse lei non ha dato
abbastanza valore a questa medicina. Magari questo le
darà un rimorso di coscienza e potrà sviluppare un altro
tipo di attenzione. Per quanto riguarda lui [Jac] posso
dire che mi dispiace di non avergli dato la bottiglia. Ma­
dame De Salzmann dice che non gliel'ho data e capisco
allora la ragione della sua domanda. Se avesse avuto la
bottiglia avrebbe impiegato diversamente il suo tempo.
Capisce, Tracol? Mi dispiace che lui non sia nel gruppo
del sabato, è questa la ragione per cui ha fatto questa
domanda idiota, perché non ha avuto la sua bottiglia
di medicina. È è colpa della Presidente ed
colpa sua,
è colpa di tutti i suoi amici. È stato qui a lungo: è stato
suo amico per molto tempo; e per molto tempo è stato
deprivato. È colpa di Madame De Salzmann, della Pre­
sidente, di ogni persona qui.

1 06
[Offre una sigaretta a Mada:me Et.]

Gurdjieff: Madre, lei merita di avere tutto. Dovrebbe


· avere tutto. I suoi figli dovrebbero darle tutto, e gli amici
dei suoi figli. Lei ha portato qui i suoi figli a un'età re­
sponsabile. Dovrebbero darle ciò di cui le importa. Se le
piacciono le sigarette, dovrebbe averle. Se non ne ha, è
colpa dei suoi due frutti; devono essere annientati.

Lac.: Posso finire la mia domanda?

Gurdjieff: Finisca.

Lac.: Ho notato, nel fare quest'esercizio, che per la pri­


ma volta e per un momento molto breve, ho avuto la
sensazione di essere libero, libero da quest'inerzia con­
tro cui sto sempre lottando, e ciò mi ha dato un assaggio
esatto di ciò che potrebbe essere la libertà.

[Madame De Salzmann traduce, ma Gurdjieff la interrompe]

Gurdjieff: Ho capito. La ragione è la stessa. Lei ha com­


preso con la testa, ma il suo organismo non può essere
quello che la testa vuole che sia. Le sostanze chimiche di
cui ho parlato possono farlo, darle dei risultati e rivita­
lizzare le sue funzioni. La ragione è la stessa. Non so di
chi sia la colpa, ma per il futuro lei dovrebbe prendere
delle precauzioni - chieda, preghi, supplichi Madame
De Salzmann di aiutarla. La Presidente può anche farla
entrare nel gruppo del sabato. [A Madame Er.] Dovrebbe
fare attenzione a che il suo titolo abbia un significato,

107
all'inizio l'ha preso come uno scherzo ma ora sta diven­
tando una cosa seria. Tracol, come va il suo studente?
Dovrebbe aiutarlo e illuminarlo finché non capisce, la
sua esteriorità è compassionevole. Non lo conosco inte­
riormente, ma dovrebbe aiutarlo affinché io possa co.,
noscerlo. Nello stesso modo in cui il Pubblico Ministero
è il governatore di Madame Dol. Ha visto che quando
conosco bene qualcuno posso dargli dei consigli su mi­
sura? Adesso non posso, devo capire di che stoffa è fatto.
Ma lei, Madame Dol, so da quali spezie è farcita.

[Scherza con Madame Dol e con Sunn a proposito del risparmiare


sigarette, invita alcune persone per domenica, qffre loro dolcetti e li
congeda]

1 08
QUATTORDICESIMO INCONTRO
Venerdì 8 ottobre 1 943

[Presenti: Madame De Salzmann, Madame Gordon, Mademoi­


selle Abadi, Mademoiselle Regnault, Madame Frane, Mademoi­
selle Leprudhomme, Madame Traco� Nano, Mechin, Lebeau, Dr.
Aboulker, Luc Dietrich, Jacques e A!fred. Cena dopo la lettura]

Gurdjieff: Giovanotto, l'avevo notata un po' di tempo fa


e poi è scomparso. Mi interessa molto sapere come ha
passato le vacanze e cos'ha riportato indietro per le mie
disillusioni e... il contrario delle disillusioni.

[Una discussione intorno a questa parola]

Gurdjieff: Bene giovanotto, mi interessa molto sentire


il suo resoconto, tutti quelli che sono tornati ne hanno
fatto uno e ora più o meno li conosco. Ora vorrei sape­
re come ha passato il suo tempo, in modo che io possa
conoscerla meglio per il futuro, e magari la risposta che
darò a lei sarà utile per qualcun altro. Quindi se non
vuole che quel qualcuno sia felice possiamo parlare noi
due soli, ma se decide che quello che ha da dire può
essere utile, lo faccia.

1 09
Lebeau: Durante le vacanze il mio lavoro ha consistito
nel recitare ogni genere di ruolo. Ho l'impressione di
essere un po' più libero rispetto alle altre persone, da me
stesso e dai risultati delle mie azioni. Nei quattro giorni
trascorsi da quando sono tornato a Parigi, sento in me
una vaga paura o reazione di difesa. Mi sembra che tut­
to ciò che è attorno a me sia incline a mangiarmi vivo,
che io sia più dipendente dalle cose esterne, successo o
fallimento, come se una nuova forza volesse distruggere
qualcosa in me. E direi quasi che questo mi terrorizza,
perché mi pare che questo sia qualcosa di essenziale e
vorrei sapere cosa posso fare per combattere contro di
esso.

Gurdjieff: Desidera avere una prima una spiegazione al


riguardo e continuare dopo la sua domanda, o desidera
continuare subito?

Lebeau: Desidero dire qualcos'altro. Vari mesi fa lei mi


consigliò di provare a essere un buon egoista. Ora, ri­
spetto agli altri, sento vari atteggiamenti in me che mi
sembrano essere il risultato di ciò che ho fatto durante le
vacanze. C'è la vecchia questione- dare, avere pietà­
che è sempre lì, in un certo senso. E c'è anche una nuova
cosa che mi spinge a considerare gli altri come mezzi o
strumenti, e posso dire a me stesso che possono anche
tutti cader morti, per me non fa differenza. C'è un ter­
zo atteggiamento che consiste nel fuggire e allontanar­
mi da loro. A volte è uno, a volte l'altro, a volte tutti e
tre insieme. Non riesco a conciliarli e questo mi dà una
sensazione bizzarra. E quel che dico riguardo agli altri,

1 10
potrei dirlo un po' allo stesso modo riguardo a me. Con­
siderarmi uno strumento. Con le stesse funzioni degli
altri. Questo produce un certo sentimento di disagio che
non riesco ad armonizzare.

[Un silenzio piuttosto lungo]

Lebeau: È tutto quel che avevo da dire.

Gurdjieff: Queste sono tre domande, e lei capisce che io


dovrei darle tre spiegazioni. Primo, durante questo perio­
do speciale le sue abitudini sono state molto diverse dalle
solite: condizioni diverse, ritmi funzionali diversi, qualità
assolutamente diverse, come ha detto. Ora torna qui. Qui
è un'altra situazione, ci ha riferito che ha fatto esperienza
di altre condizioni. Ora, se lei continua ad avere paura le
accadrà la stessa cosa che accade ai monaci in monastero.
Un monaco in un monastero lavora molto bene da solo,
ma la sua vita va in una direzione completamente diversa
quando entra in relazione con gli altri. Tutto ciò che ha
guadagnato mentre era via lo deve usare, lo deve fissare.
Deve iniziare un compito molto difficile: non identificarsi.
F issi in sé stesso tutto ciò che ha guadagnato. Se ora non
fa uno sforzo per fissarlo in lei accadrà esattamente quello
che succede al monaco: sarà tutto perduto.

Lebeau: È un po' come quel che ho sentito io: il bisogno


di fissare tutto ciò.

Gurdjieff: Sarà un periodo molto difficile, di attenzione.


Non si identifichi con sé stesso mentre continua a reci-

111
tare qui il suo nuovo ruolo, esternamente agisca nello
stesso modo in cui è abituato mentre internamente cer­
chi di mantenere il suo stato e di fissarlo con forza nella
sua vita presente. Così trarrà profitto da ciò che ha fatto
durante le vacanze, altrimenti sarà tutto un miscuglio.
Non abbia pietà di sé, non si risparmi e cristallizzi in lei
le impressioni di quest'estate.

Lebeau: Quel che rende il lavoro più difficile è che du­


rante le vacanze avevo ogni volta un ruolo esatto da re­
citare; qui devo trovare qualcos'altro.

Gurdjieff: Ecco la ragione per cui le ho detto di fare uno


sforzo. Deve recitare il suo vecchio ruolo e lasciare che
la nuova condizione che ha acquisito sia il suo nuovo
stato interiore. Poi ha chiesto una cosa riguardo all'e­
goismo. Chi desidera essere un vero altruista in futuro,
in questo momento dovrebbe essere un assoluto egoista.
Ma quest'estate lei ha pensato che questo significasse in­
cludere anche le persone più vicine a lei, cioè suo padre
e sua madre. Con loro, però, lei non può essere egoista,
non può fare così. Può farlo con gli altri. È da questo che
proviene il fraintendimento, io non ho specificato l'og­
getto dell'esercizio e lei ha scelto i suoi genitori. Ma l'e­
sercizio dipende dall'oggetto. lo non ho parlato di padre
e madre, ho parlato in generale. Dovrebbe recitare un
ruolo solo all'esterno, e internamente non identificarsi.
L'ha fatto con sua madre. lo le ho detto che dovrebbe
comportarsi come un puro egoista per poter diventare
un futuro altruista. Ma quest'estate non poteva essere
un vero egoista con i suoi. Per questo era difficile, li ha

1 12
presi come oggetto dell'esercizio ma non ha potuto far­
lo, perché era contro natura.

Lebeau: Ciò è corretto. Ma anche rispetto agli altri, la


pietà entrava in gioco. Quando stavo recitando il mio
ruolo, c'era pietà. Non in special modo per ognuno, ma
per la totalità, per tutto insieme, così com'era.

Gurdjieff: Accadeva sempre quando era con i suoi ge­


nitori, e dopo essere partito da lì quell'impulso andava
avanti meccanicamente. Non era in pace dopo averli
visti, ma non era necessario che ne avesse pietà. Lei do­
vrebbe essere egoista. Gli altri non esistevano per lei.
In futuro dovrà reggersi con le sue sole forze ma ades­
so non abbia pietà, è questo il suo compito. Quando
vede sua madre e suo padre è diverso, la pietà viene
meccanicamente, e così anche il rimorso di coscienza.
Ha confuso le cose. Non le ho spiegato l'egoismo e non
mi sono dilungato su quello che succede con i genitori.
Ora veniamo alla risposta alla terza domanda: le darò
un compito e, se lei lo desidera, tutto il suo futuro di­
penderà da come passeranno i prossimi mesi. Da questo
dipende tutto il suo futuro. Quest'estate ha guadagna­
to del buon materiale, ora deve fissarlo. Sarà un lavoro
molto duro: si ricordi di sé. Tutto il tempo lo fissi con "lo
sono". Provi, continui, in modo completamente egoisti­
co, senza pietà. Non aiuti nessuno e abbia una coscienza
limpida. Quando sarà diventato più forte vedrà cento
volte di più. Adesso non è forte, non può farci niente.
Dimentichi tutto per il bene di ciò che verrà. Tutto il suo
futuro dipende dal continuare o meno l'esercizio sull'e-

1 13
goismo. Continui così. Come può farcela? "Io sono, Io
posso essere, lo posso essere questo". Non sarà egoista
in futuro. Abbia la sensazione di sé stesso il più possibile
e allora sarà in grado di ricordarsi di sé internamente, e
allora il suo futuro migliorerà.

Lebeau: Talvolta vorrei quasi non permettere al mio


egoismo di essere libero, perché sono stato sorpreso dal
sentirlo in me come un animale affamato e ne sono al­
quanto spaventato.

Gurdjieff: Lei è partito per le vacanze per ricaricarsi e


riposare. Ha preparato del materiale per poter lavorare.
Quindi, anche se avesse agito come un vampiro, sarebbe
stato perdonabile. Aveva bisogno di rifocillarsi. In ogni
caso, ho constatato che la maggioranza di coloro che
sono tornati dalle vacanze sono fuori equilibrio. Questo
è normale, come era normale poco prima di andare via.
Hanno tutti dimenticato che l'uomo non consiste in una
persona sola, ma di due o tre persone. Quando partono
lo dimenticano. Hanno agito tutti come se fossero una
persona sola, ma non lo sono. Hanno sviluppato una
parte e dimenticato le altre, e oggi sono in disarmonia.
C'è chi ha sviluppato bene il suo corpo ma ha trascurato
la sua individualità. E sente una disarmonia. Non sono
solo una persona, ma tre persone diverse. Devono essere
sviluppate tutte e tre. A ognuna delle tre dev'essere de­
dicato tempo, per ognuna bisogna prendere degli accor­
gimenti. Se qualcuno per esempio ha sviluppato bene
la mente e non il corpo, è comunque una non-entità,
ancora più di quanto non fosse prima. Se desideri un

1 14
esempio, si potrebbe formulare così: egli ha tre perso­
ne dentro di sé; una ha otto anni, una quaranta, l'altra
centocinque. Prova a immaginarlo. Tre persone così che
vivono in una stanza. Non hanno niente in comune e
non c'è tra di loro alcun accordo, alcun lavoro comune.
La persona che ha sessant'anni non può agire come un
bambino di otto, e il bambino di otto non può capire
quello che capisce la persona di sessanta.
Non dimentichi che l'uomo è fatto di tre persone.
Per ognuna delle tre c'è un esercizio diverso. Tutte e tre
devono lavorare, non solo una, un solo aspetto. Sarebbe
tutto sbilanciato. Tutte e tre devono andare avanti insie­
me. Qualcuno durante le vacanze ha sviluppato il cen­
tro emozionale, ma se questo non corrisponde al suo
corpo non progredirà. Per poter sviluppare la seconda
parte dovrà decristallizzare e distruggere il lavoro che
ha fatto mentre era via. Le vacanze sono state molto
buone per un aspetto: avete avuto un assaggio di quello
che dovreste comprendere. Adesso è iniziato un nuovo
anno di lavoro. Usate i vostri errori e le vostre osser­
vazioni per lavorare seriamente e per ottenere risultati
concreti.
Ma potete utilizzare quello che avete ottenuto duran­
te le vacanze se rimediate a quello che non avete fatto:
mettete da parte quel che avete sviluppato, rivolgete l'at­
tenzione e lavorate sulla parte non sviluppata. Quando
i due aspetti saranno armonizzati, si riuniranno. Chi
sviluppa sé stesso solo con la mente o solo con il corpo
non è niente. Sono necessari entrambi. Ora lei ha già
quello che le serve per riuscire in un compito più utile e
di grande guadagno.

1 15
Lei ricominci con un altro tipo di attenzione e com­
prensione. Il suo lavoro deve consistere in due cose:
prendere una maggior confidenza con la sua nullità e
ricordarsi di sé, più spesso possibile, e con la sensazione
di ricordarsi di sé dica: "Io sono". Faccia esperienza di
sé. Tutte le volte che questo affiora nel suo stato ordina­
rio, si ricordi di sé. E tutte le impressioni, tutte le asso­
ciazioni delle sue vacanze le faccia riverberare nella sua
presenza e si ricordi di sé. E quando se ne ricorda, dica
"Io sono" e senta tutto il suo essere. Avvocato, ha capi­
to quello che ho detto? Può ripetere quel che ho detto,
come se fosse un esercizio, o almeno l'ultima parte?

Jacques: Ero troppo occupato a scrivere per essere in


grado di ripetere.

Gurdjieff: Bene, facciamo un compromesso. Sarà suo


fratello a parlare. Fratello, è qui? Può ripetere?

[A!fredfa un tentativo]

Gurdjieff: Non riesce a ripetere niente. Questo prova che


quello che entra da un orecchio esce dall'altro. Ora sì
che è in imbarazzo. C'è una sola persona qui che può
aiutarci. È il nostro scrittore professionista, il mio collega.

[Luc legge quello che ha scritto]

Gurdjieff: Scriva, Avvocato. Ciò che dice è molto inte­


ressante, molto leggero. Quel che ho detto io era pesan­
te. Grazie, piccolino. Ma ha finito? Prego, continui.

116
Luc: È quel che ho compreso meglio.

Gurdjieff: Non vuole renderlo ancora più comprensibi­


le? Ho detto un'altra cosa a proposito del ricordo di sé.
Madame Comprensione, ha forse qualcosa da dire che
renda più pesante quel che ha detto lui?6

Simone: Lei ha detto che dovremmo usare il materiale


che abbiamo accumulato durante le vacanze e che tutto
ciò che è sorto in noi, che era un'occasione per il ricordo
di sé, dovremmo usarlo per un ricordo di sé più intenso
nel nostro stato ordinario di presenza, al fine di cristal­
lizzare il risultato delle nostre vacanze.

Gurdjieff: Perché usa le mie parole? Cristallizzare è una


parola mia. Trovi un'altra parola.

Madame De Salzmann: Coprire, vestire, condensare,


fissare.

Gurdjieff: Sì, vestire. Perché non l'ha detto? Continui,


continui, era solo un'osservazione.

[Simone tace]

Gurdjieff: Bene, se non può continuare, Avvocato, le


consiglio di indossare la sua espressione affabile e chie­
dere alla Dottoressa di ripetere quel che ho detto.

6Nel testo inglese, è Miss Understanding, gioco di parole tra Signorina


Comprensione e misunderstading ("equivoco", "incomprensione") intra­
ducibile in italiano. [Nd'T]

11 7
[]acques lo chiede a Mademoiselle Abadz]

Mademoiselle Abadi: Lei dice che bisogna ricordarsi


di sé con tutta la propria presenza unica e che bisogna
trarre profitto da tutti i propri errori, e usare tutti i pro­
pri errori e tutto ciò che si nota per renderli fattori del
ricordo di sé. Non ho notato altro.

Luc: Ho pensato di aver capito che lei ci abbia detto di


trarre profitto da tutte le volte che eravamo più stimola­
ti, anche presi da rabbia e emozioni negative, per trarre
profitto da questa corrente di forza che corre attraverso
di noi; usarla. Trarre profitto da tutto ciò che alza la
nostra temperatura.

Gurdjieff: Sì, ho detto anche questo. Qualcun altro ha


qualcos'altro da dire?

Kahn: Lei ha parlato molte volte di sette aspetti, dei di­


versi aspetti di una domanda. Per molto tempo non ho
capito. Poi ho capito meglio, ho visto che lei stava ve­
dendo molti aspetti in me che erano per me mescolati,
ma che lei li stava distinguendo, e volevo chiederle se an­
che noi siamo in grado di distinguere aspetti differenti.

Gurdjieff: La prego, non dica "noi". Dica "lo", quando


parla di sé, non "noi". Se lei non conosce i suoi propri
aspetti, come può notare gli aspetti di un'altra persona?
Mi chieda qualcosa di pratico, il resto è solo per curio­
sità.

1 18
_ Kahn.: No, non chiedo per curiosità.

Gurdjieff: Allora lo dica in modo diverso. Ci sono tre


aspetti che lei è in grado di vedere nei suoi vari amici:
dove si può trovare il loro centro di gravità, la loro indi­
vidualità. Dei suoi amici, uno ha il suo centro di gravità
nella mente; un altro è come una mucca, con il centro
di gravità nel corpo; il terzo è come una donna isterica,
manipola tutto quanto. Ci sono tre aspetti dell'indivi­
dualità. Studi questo, è un buon campo. [AdAboulker] Di
cosa sta ridendo?

Dr. Aboulker: La donna isterica.

Gurdjieff: Non c'è una rappresentazione migliore per


il centro emozionale della donna isterica. Sente tutto,
anche quel che non esiste.

Kahn: Lei mi ha fatto percepire che ho molti aspetti sen­


za che io sia in grado di conoscerli o anche solo distin­
guerli dagli altri.

Gurdjieff: Con il lavoro dovrebbe riuscire a distinguerli


e a separarli. Lei ha sette aspetti di densità. A volte io
sono molto pesante, a volte molto leggero. Impari a di­
stinguerli. Quando vede qualcuno, vedrà quale aspetto
ha. Un'altra volta parleremo degli aspetti fondamentali.
Prima riconosca gli altri, è inutile parlare del resto pri­
ma. La teoria dovrebbe accompagnarsi alla pratica.

Lacaze: Monsieur G...

1 19
Gurdjieff: Padre! Mi dica come va con la sua parte mi­
gliore. È molto che non la vedo. Si sta allenando per
ottenere qualche nuovo risultato?

Lacaze: No, no. Monsieur Gurdjieff, c'è qualcosa in me


che si oppone al lavoro e asseconda la mia inerzia. In ge­
nerale riconosco il fatto che la semplice vita non può dar­
mi niente, eppure c'è qualcosa in me che aspetta la vita,
non solo qualcosa di esteriore ma qualcosa di interiore,
che dice che sarebbe preferibile avere un cambiamento di
condizioni esteriori, che mi darebbe tutto ciò che amo, in
generale. E anche quando sono sicuro intellettualmente
che solo il lavoro è importante per me e che dovrei met­
tere tutto nel lavoro, sento qualcosa in me che è convinto
del contrario e che cerca di andare in questa �rezione.

Gurdjieff: Quale direzione?

Lacaze: Via dal lavoro.

Gurdjieff: Lei non conosce questa direzione?

Lacaze: È la direzione opposta al lavoro.

Gurdjieff: Quello che vedo è questione da poco. Se lei


vincesse i cinque milioni della lotteria nazionale, tutto
questo sparirebbe. Ed è un peccato che non dipenda da
me. Ora mi dica chiaramente che cosa vuole da me.

Lacaze: Voglio sapere cosa posso fare riguardo a que­


sto. Non c'è qualcosa che dovrebbe essere soddisfatto?

120
Qualcosa di giusto? O questo sarebbe solo una giustifi­
cazione dell'inerzia?

Gurdjieff: Quel che le manca è il rimorso di coscienza.


Perché non ci pensa. Lei ha figli?

Lacaze: Sì.

Gurdjieff: Quanti?

Lacaze: Tre.

Gurdjieff: Tre! Bene, dato che ha tre figli dovrebbe sa­


pere che la sua vita non esiste più per sé stesso, ma per
i suoi figli. È per i suoi figli che fa tutto o per la sua sod­
disfazione personale? Si chieda questo. Se se l'è chie­
sto, posso dirle che non ha rimorso di coscienza verso i
suoi figli. Questo può essere un aiuto per farla ricordare
di sé, per farla lavorare perché così possa diventare un
vero uomo. Non ha diritto alle sue soddisfazioni, questo
è chiaro. Tutto è per i suoi figli- tutto ciò che ha come
possibilità. È una necessità oggettiva. Ma non ci pen­
sa, lei continua ad agire da egoista. E la sua domanda
lo dimostra. Dunque, abbia rimorso di coscienza per
il futuro. Rimedi agli errori del passato per il bene del
futuro. Il suo obbligo è quello di lavorare per i suoi figli.
Questa idea, se la mantiene, sarà un fattore che potrà
aiutarla, a volte per ricordarsi di sé, a volte per darle
la forza per il futuro. E con questo lei sarà in grado di
rimediare al passato. Non le piace questa verità. Ma
gliene parlo come fosse un esempio. Ci sono mille altre

121
cose, questo è solo un esempio. Può trovare qualcos'al­
tro che le dia il materiale in grado di farle trovare il
rimorso di coscienza. Solo il rimorso può cristallizzare i
fattori che le saranno di aiuto nel ricordare sé stesso. Il
resto non può. Solo il rimorso di coscienza può. È qui
che lei parla, ma più avanti nella vita dimenticherà tut­
to. Nella vita lei ha sei giorni, ventitré ore e cinquanta
minuti. Qui ha solo dieci minuti, e tutto quello che fa e
guadagna qui durante quei dieci minuti lo perde nella
vita. Lì non c'è niente che la aiuti a ricordarsi di sé, solo
il rimorso può farlo.

Solange: Vorrei essere in grado di superare una paura


che avevo nell'infanzia e che è tornata. Talvolta, la not­
te, ho una sorta di apprensione, di angoscia che mi af­
ferra da dietro, alla spina dorsale. Non posso fare niente
contro di essa. L'avevo quand'ero una ragazzina di do­
dici o tredici anni, perché avevo l'abitudine di leggere
storie poliziesche e cose simili. Poi non l'ho più avuta, e
ora è tornata peggio che mai.

Gurdjieff: Questa è una faccenda medica. Non posso


dire molto al riguardo. Nel frattempo, prima di anda­
re a letto si faccia un massaggio con alcol, oppure solo
con acqua fredda o colonia. Magari organizzeremo un
consulto tra lei, qualche dottore e io, e parleremo seria­
mente di come guarirla.

Solange: Ma lo sto già facendo; mi ha dato questo consi­


glio tre settimane fa, e sto usando l'acqua fredda.

1 22
Gurdjieff: Allora lo faccia ancora, l'acqua ha preparato
i pori e ora deve massaggiarsi con l'alcol. Se non ne ha,
gliene darò una bottiglietta.

1 23
Q.UINDICESIMO INCONTRO
Sabato 16 ottobre 1 943

[Presenti: Madame De Salzmann, André Abad� G. Frane, Loui­


se Leprudhomme, Mademoiselle Gordon, Tette, Simone, Nano, R.
Dauma4 Philippe, Méchin, Traco4 Aboulker, Kahn, Luc, Lebeau,
J e A. Etiévant, J Crochereau. Dopo la lettura di Pogossian,
Monsieur Gurdjieffha chiesto se qualcuno avessefatto osservazioni
riguardo all'esercizio della separazione]

Aboulker: Ho continuato l'esercizio quest'estate, duran­


te le vacanze, e nonostante non abbia ottenuto il massi­
mo, ho avuto un po' di successo. Ora riesco a osservare
molto meno di prima. Ieri ho provato a farlo con molta
più energia del solito. Ho sentito un notevole calore, ma
non sono riuscito a raggiungere il punto in cui uscire da
me stesso. Ho parlato con Monsieur Gurdjieff all'inizio
di settembre. Mi ha detto che mi avrebbe dato un eser­
cizio per aiutarmi a riguadagnare quel gusto della divi­
sione di cui avevo avuto esperienza. Ora vorrei chiedere
a Monsieur Gurdjieff di darmi quell'esercizio.

Gurdjieff: Le darò un piccolo esercizio, uno molto fa­


cile. Per esempio, quando è seduto sulla sua poltrona,
si alzi e si risieda di nuovo, alternativamente. Lo faccia

1 25
interiormente. Esternamente rimanga seduto come al
solito, faccia questo esercizio internamente. Si muova
solo interiormente.

Aboulker: Devo avere una sensazione interiore?

Gurdjieff: Sì. Può farlo anche in treno o sulla metro. Ma


nessuno deve poter vedere niente dal di fuori. Può farlo
da seduto in diverse posture, ma non quando è in piedi.
Un solo requisito: deve sempre avere la possibilità di far­
lo fisicamente. Vale a dire, dev'essere in una posizione
in cui potrebbe farlo facilmente. Se è disteso non sarà in
grado di farlo.

Luc: Ho notato che posso separarmi da me stesso con


molta forza quando faccio uno sforzo molto breve. Ma
lo sforzo è perso e scompare quando tento di trattenerlo.

Gurdjieff: Non è necessario farlo con forza. Potrebbe


sviluppare un'idea fissa rispetto all'esercizio. Non è mai
necessario forzarsi: è necessario farlo per gradi.

Luc: Mi sono espresso davvero male. Non sono gli sforzi


che faccio per avere successo a essere forzi, è nell'impres­
sione che ricevo la forza, fintantoché lo sforzo è breve.

Gurdjieff: È nello sforzo. Tutto ciò che lei fa senza usare


l'automatismo è uno sforzo. Quando si fa tutto mecca­
nicamente, agire con un po' più di consapevolezza sarà
uno sforzo. Ma lei non deve fare niente con foga.

1 26
Luc: Concentro tutte le mie forze in un periodo molto
breve, come se stessi cercando di superare un qualche
ostacolo.

Gurdjieff: Non è necessario. Faccia il suo esercizio solo


come un servizio e un po' alla volta ci riuscirà. In un'oc­
casione avevo detto che è meglio lavorare intensamente
e per brevi momenti. Ma l'intensità è nell'attenzione,
nella concentrazione, non in uno shock.

Luc: È concentrato, perché l'atto di strapparmi via da


me stesso è quasi triste.

Gurdjieff: Il suo sforzo dev'essere di concentrarsi, non


di strapparsi.

Luc: Ma la mia natura si rifiuta di separarsi e venir via.

Madame De Salzmann: Se si concentra di più in lei,


accadrà da sé.

Gurdjieff: Si tenda integralmente, altrimenti tenderà


anche il suo sentire. Ecco un esercizio. Tenda la base del
suo piede. Lo faccia con i suoi tre centri. Faccia questo
esercizio, poi smetta, e poi ricominci di nuovo. Non lo
faccia solo con un centro. Lo faccia bene, con tre centri.
È un esercizio a parte, solo per lei. Prima faccia quello, e
poi provi con l'esercizio più grande. Tra una settimana
mi dirà i risultati che ha ottenuto e le darò altri consigli.

127
Louise: Non sto più facendo l'esercizio della separazio­
ne. Ora sono presa dal concentrarmi nella testa, per ve­
dere il corpo. Poi sento il mio corpo come più leggero e
pieno di luce, ho solo l'impressione di sentire me stessa,
di vedere me stessa, qualcosa che non sia la mia testa.
Ho l'impressione di vedere me stessa come più della mia
testa, più del mio corpo.

Gurdjieff: Ma la separazione è esattamente quello.

Louise: Non riuscivo, tuttavia, a percepirmi come doppia.

Gurdjieff: Ma lei non può sentirsi affatto come doppio,


il suo doppio è incorporeo, non può sentirlo. È qualcosa
che è oltre al corporeo. Lo sentirà più avanti, quando
sarà stato rivestito da un corpo. Ora per lei farò un'ec­
cezione. Madame De Salzmann le insegnerà il primo
degli esercizi del gruppo della domenica. Lei non fa par­
te di quel gruppo, ma può fare il primo esercizio. L'ho
già spiegato a tutti, ma lo spiegherò ancora a Madame
De Salzmann e al Dottore. [Ad Andrej Lei potrà aiutare
Madame De Salzmann a spiegare a Louise quello che
capisce meglio di lei.

Lebeau: Ormai sono tante le volte in cui sono giunto a


sentire una sorta di vibrazione che avvolge tutto il mio
corpo quando mi preparo per fare l'esercizio della se­
paraziOne.

Gurdjieff: Quando si prepara? Ma accade quando è nel


bel mezzo dell'esercizio?

1 28
Lebeau: No, non esattamente. A quel punto, tali vibra­
zioni mi danno l'impressione di dissolvere e ottundere il
mio corpo. Ho l'impressione, in quell'esatto momento,
di due cose separate. Ma quando tento di concentrare
quelle vibrazioni, non arrivo a nulla.

Gurdjieff: È esattamente la stessa cosa. Ora faccia tutti


i passi necessari per provare a entrare nel gruppo della
domenica. Faccia quel che deve per meritarsi l'accesso.
Anche per lei è necessario il primo esercizio. Senza di
esso potrebbe lavorare per mille anni e tutto ciò che ne
riceverebbe sarebbero idee fisse, finirebbe per entrare
in manicomio. Mentre aspetta di unirsi al gruppo della
domenica faccia l'esercizio solo come un servizio. Ma si
metta d'accordo per parlare con Madame De Salzmann
domani o dopodomani, e lei le spiegherà tutto.

[Monsieur Gurdjieff dice a R. Daumal che ha parlato in modo


particolare di lui a Madame De Salzmann, e che lei gliene avrebbe
parlato. L'incontro riprende dopo il pranzo]

Philippe: Vorrei farle una domanda che le avevo già po­


sto quattro settimane fa, quando mi aveva detto di non
continuare gli esercizi. Ma vorrei ricominciarli di nuovo
ora.

Gurdjieff: Bene, mi dica come ha trascorso questo pe­


riodo.

Philippe: Ho potuto riposarmi, non molto, ma un po'.

1 29
Gurdjieff: Che intende con "non molto"? Ha scritto
qualcosa?

Philippe: Sì.

Gurdjieff: Bene, se ha passato il tempo a scrivere, come


può averlo passato a riposare?

Philippe: Non sono stato in grado di fare altro, devo


guadagnarmi da vivere.

Gurdjieff: Allora, ha venduto quello che ha scritto e ha


guadagnato dei soldi. Come pensa di potersi riposare
mentre lavora? Forse le serve un tipo speciale di riposo
fisico. Come lavora su sé stesso quando desidera ripo­
sarsi?

Philippe: Mentre ero via sono riuscito a dormire, a dor­


mire bene. Non ho fatto gli esercizi perché mi aveva det­
to di smettere. Non ho lavorato e, senza il lavoro, non mi
sono nemmeno rilassato.

Gurdjieff: Se non può dormire qui, ma ha dormito lì,


abbiamo un segno del lavoro. Ha organizzato la sua vita
in modo un po' meno meccanico. Se non era automati­
co, allora lei stava lavorando.

Philippe: Ero in grado di dormire.

Gurdjieff: Ha dormito molto? È ingrassato?

130
Philippe: Non mi sono pesato.

Gurdjieff: Ma ora desidera lavorare consciamente?

Philippe: Sento il bisogno di una regola inflessibile. Vor­


rei introdurre nella mia vita una regola ferrea. Sento che
sarei in grado di mantenerla. Non ho mai sentito la mia
schiavitù quanto la sento ora. Ho senza dubbio avuto
tale consapevolezza, ma non l'avevo mai sentita in que­
sto grado.

Gurdjieff: Faccia questo esercizio come lavoro su di sé.


Due, tre volte ogni giorno, quando è disteso, si rilassi.
Tutti suoi pensieri, tutti i suoi sentimenti, tutte le sue
funzioni devono essere occupate da questo compito.
Ogni suo muscolo - piccolo, medio o grande - deve
essere rilassato. Faccia un programma, decida quanto
tempo vi dedicherà. Quindici minuti, mezz'ora, un'ora.
Si organizzi per farlo tre volte al giorno. Lo faccia come
un semzw.
Ripeto ancora: muscoli grandi, muscoli medi, mu­
scoli piccoli. Lei non conosce i suoi muscoli piccoli. Li
conoscerà quando comincerà a rilassarsi. Imparerà che
ha tre tipi di muscoli, e questi tre tipi di muscoli devono
diventare passivi, senza attività, completamente tran­
quilli, senza azione o manifestazione.
Faccia un programma in anticipo, decida quante vol­
te. La prima volta probabilmente non sarà sufficiente,
non ne riceverà nulla. La seconda volta andrà meglio
e, forse, quando sarà alla decima volta, avrà avuto un
assaggio di un rilassamento mediocre, ma comunque

131
migliore del suo attuale rilassamento. Lei ha queste tre
qualità di muscoli tanto nel suo dito quanto nella sua
testa.
Si metta steso e faccia in modo che la sua individua­
lità sia come un guardiano che ha il controllo. Se i suoi
muscoli non si rilassano, colpisca quel punto. All'inizio
lo faccia da steso, ma quando ne avrà acquisito il senso
potrà farlo da seduto o anche in piedi. In verità, può far­
lo anche camminando. Per esempio, se cammina per gli
Champs- Elysées non può rilassare le gambe, lo saprà al
primo riverbero. Ma può rilassare il lato destro o il lato
sinistro o l'ombelico. Capito?

Philippe: Molto bene.

Gurdjieff: Allora ha capito che le sto dando un buon


consiglio? Cosa pensa? ll Dottor Aboulker stava lavando
i piatti, non è riuscito a sentire l'esercizio che le ho dato,
perciò questo sarà senza dubbio un buon consiglio an­
che per lui. Glielo può ripetere lei: sarà utile per la sua
comprensione soggettiva, oltre che per il Dottore.

Philippe: Ho detto a Monsieur Gurdjieff che non mi


sono mai percepito come uno schiavo quanto adesso.
Ho bisogno di una regola inflessibile che mi imporrò
ogni giorno. Monsieur Gurdjieff mi ha consigliato di
decentrarmi interamente tre volte al giorno - i musco­
li grandi, medi e piccoli - e farlo, da principio, stando
sdraiato. È possibile farlo da seduti, o anche in piedi, ma
per il momento è necessario farlo distesi durante il tem­
po a ciò dedicato. È necessario dapprima decontrarre i

132
muscoli grandi, poi quelli medi che possono decontrarre
quelli grandi, poi i medi che possono essere decontratti
solo quando sono decontratti quelli grandi, poi quelli
piccoli. Mentre si sta camminando non è possibile de­
contrarre i muscoli delle gambe, ma si può decontrarre
un'altra parte del corpo. E durante questo tempo occor­
re fare niente, al fine di decontrarre anche le più piccole
tensioni. [A Monsieur Gunijiif!J Questi muscoli sono quelli
di cui ha parlato al dottore quando gli ha dato l'esercizio
di non muoversi.

Gurdjieff: Non posso dirle niente ora, ma quando l'avrà


fatto capirà. Sa già di avere tre categorie di muscoli, ma
quando farà il suo esercizio lo capirà.

Philippe: Qualche volta è il movimento che comincia


dentro di noi. Per esempio, un gesto nasce dalla rabbia:
stringo il pugno, la mano rimane inerte, ma i muscoli si
tendono.

Gurdjieff: Ancora di più: quando pensa a una certa


persona, i suoi muscoli si muovono nella direzione della
persona a cui ha pensato. Ciò di cui ha bisogno è rilas­
sarsi e occupare il suo pensiero con questo esercizio.

Aboulker: Lei ha già parlato dei muscoli grandi, medi e


piccoli, e posso dire di aver già provato varie volte a de­
contrarmi. Ma non vedo la classificazione in quel modo.
Comprendo, tuttavia, che ci sono muscoli che non han­
no alcun ruolo nel movimento esteriore, ma che sono
interni, quasi viscerali.

1 33
Gurdjieff: Quando lei tende i suoi muscoli grandi si ten­
dono anche quelli piccoli, anche se lei non li vede. Ma
ora stia attento: quando i suoi muscoli grandi sono tesi,
quelli medi cominciano a tendersi, e poi anche quelli
piccoli. Poi lei decide di fare qualcos'altro, e non c'è
più bisogno che i muscoli piccoli rimangano tesi. Quel­
li piccoli dipendono da quelli medi, i muscoli medi da
quelli grandi, e quelli grandi sia dai muscoli piccoli che
da quelli medi. Anche un asino può rilassare i muscoli
grandi. Ma decontrarre i muscoli piccoli, bene, questa è
una cosa al di là delle capacità di un asino, questo è un
lavoro per una mucca umana.
È impossibile spiegarlo: se non l'ha capito fino ad ora
vuol dire che lei non si rilassa. Lei rilassa solo i muscoli
grandi. Ora entri in confidenza con i muscoli piccoli.
Questi muscoli piccoli non sono interiori. Posso isolar­
li da me stesso. Per esempio, posso rilassare una certa
parte di me stesso così che se anche lei mi pungesse con
un ago, non sentirei niente. È una preparazione speciale
dei fachiri. Posso rilassare i muscoli piccoli al punto tale
da isolarli dal resto. Se sono isolati, non hanno contatto
con me. E se non sono in contatto allora non possono
farmi male. Certe cose sono puramente locali. Se anche
dovessi tagliarmi, non sanguinerei.
Fino ad ora abbiamo parlato dei muscoli in generale.
Ma ora stiamo parlando di tre classi di muscoli. Dopo­
diché, quando riuscirà a capire, le spiegherò e le dimo­
strerò che in ogni classe di muscoli ci sono tre diverse
qualità. Anche nei muscoli grandi ci sono tre diverse
qualità di realizzazione. [A Philippe] Nel frattempo, que­
sto sarà il primo esercizio del suo nuovo inizio, e spero

1 34
che questo produrrà in lei la fiducia nelle sue possibilità
di evoluzione.

Philippe: Senza ricominciare l'esercizio di separazione?

Gurdjieff: Faccia solo questo, a quell'esercizio può tor­


narci dopo.

Aboulker: Ho notato che quando ho fatto l'esercizio con


grande intensità, era doloroso non essere in grado di de­
contrarre i muscoli della gola. Non ho potere su quei
muscoli, e non posso decontrarli.

Gurdjieff: Forse è per questo che i suoi esercizi non stan­


no andando molto bene. La debolezza è là. Credo che
anche lei potrebbe lasciar da parte gli altri esercizi e co­
minciare da capo con questo.

Aboulker: Ma è solo quando ho una certa tensione che i


muscoli si contraggono, e disturbano l'esercizio. Ma se sto
facendo l'esercizio di concentrazione, mi lasciano in pace.

Gurdjieff: Philippe, tra le altre cose, lei ha .cambiato


una parola. Invece che "rilassare" sta usando la parola
"decontrarre". li rilassamento è senza fine. Può andare
molto lontano col rilassamento, fino al limite della de­
contrazione. È stato lei a cambiare la parola. Allo stesso
modo, se riuscisse a capire come ha fatto, riuscirebbe a
capire meglio molte delle sue soggettività. Ma in que­
sto modo lei sta chiudendo la porta alla comprensione.
Questo, questo è lei.

1 35
Appena ha cominciato a parlare, mi sono detto: "È
Philippe che parla". Quando ha continuato, era eviden­
te per me che era "Philippe" a parlare. Quel che desi­
dero per lei. è che lei possa comprendere la differenza,
perché potrebbe allora comprendere molte cose nella
sua vita che sono simili a tale manifestazione.
Non dimentichi questo: decontrazione - anche un
asino può farlo. Ma il rilassamento -solo l'intelletto può
fare questo. Possa Dio aiutarla con il suo intelletto. [Ad
Aboulker] E lei, è soddisfatto anche lei?

Aboulker: Sì, Monsieur.

1 36
SEDICESIMO INCONTRO
Giovedì 12 ottobre 1943

Gurdjieff: Madre, posso fumare? [A ].] Osservi questo


esempio: lei è la madre, la madre della casa. Ricordi
quello che ho detto l'ultima volta, che non si può far
niente senza il permesso della madre. La madre è il capo
della casa.

[Monsieur Gurd:fùiffscherza a proposito di], dice a] che è geloso


perché sua madre non appartiene più soltanto a lui, ma a tutti
i presenti, e quando lui la perderà realizzerà il valore di ciò che
possedeva]

Gurdjieff: Eh! Dopo quel che abbiamo appena letto a


proposito della cerimonia di Cristo, penso sia difficile
per chiunque porre una domanda. Ma bisogna provar­
ci lo stesso, anche se sarebbe da egoisti fare una do­
manda.

Hig.: Monsieur, vorrei fare una domanda. Avendo com­


pletato molte settimane fa il compito che mi ero asse­
gnato, mi trovo da allora in un felice equilibrio, senza
frattura e senza desiderio. Voglio continuare a lavorare
perché sento che c'è un universo al di sopra di quello in

137
cui sono ora, ma da quel momento non riesco a fare al­
cun progresso, e sento che da solo non posso fare niente.

Gurdjieff: È un brutto segno. Deve cercare uno shock


dall'esterno. Si sta accontentando di poco. Ora deve
fare uno sforzo. In questo momento dovrebbe esserci
dentro di lei una battaglia interiore tra la sua individua­
lità e le sue funzioni. Non deve calmarsi. Il fatto che lei
non possa lavorare è un ottimo segno. Deve forzarsi. Se
supera questa crisi, questa piccola crisi, potrà ricomin­
ciare in seguito.

Hig. : Non vedo esattamente quale percorso dovrei se­


guire e a quale scopo mirare.

Gurdjieff: Non è necessario un percorso, quello che è


necessario è che lei ottenga dei risultati in sé stesso. Rac­
colga, accumuli i risultati della lotta, per continuare ne
avrà bisogno. Deve accumulare; dentro di lei ci sono
delle batterie, deve accumulare questa sostanza, come
se fosse elettricità. Questa sostanza può essere accumu­
lata solo con la lotta. Dunque, crei una lotta tra la sua
testa e il suo animale. Le ho già spiegato questo punto
l'ultima volta. Mi scusi, era sabato quando l'ho detto. La
mia memoria sta invecchiando. Prima non facevo mai
errori, ora sto iniziando. Il mio consiglio - ora che la
conosco mille volte meglio è di non smettere. Continui
-

la lotta, ma senza aspettarsi risultati. Accumuli i risultati


che vengono dalla lotta. Quando lottiamo interiormen­
te con il pensiero, il sentire e il corpo, questo produce
una sostanza nel luogo a cui essa appartiene. Non abbia-

1 38
mo interesse, al momento, a sapere dove sia quel luogo.
Accumuli. È questo quello che le manca. Lei è giovane e
non ha esperienza. È vuoto. Continui la lotta che ha ini­
ziato accidentalmente. In questo modo, se dirà di essere
soddisfatto, ciò vorrà dire che è sulla strada giusta. Ma
non deve fermarsi. Aveva il progetto di andare all'Etoile.
Lei ora è in Rue d'Amarillé. L'Etoile è ancora lontano:
Boulevard Carnot, ci sono venti lampioni, venti stazio­
ni. Ora, dunque, giri a destra. Quella è la strada giusta.
Vale a dire, continui la sua lotta. Sta cercando i mezzi?
Non importa ciò che sta facendo. Quel che è necessario
è che lei abbia in sé il processo della lotta. Quali mezzi
impiegare? Non è importante. Lotti. Sa meglio di me di
che lotta parlo. Per esempio, tutto ciò che al suo corpo
piace, tutto ciò che lei ha l'abitudine di dargli, smetta
di darglielo. La cosa importante è vivere un continuo
processo di lotta, perché lei ha bisogno di quello che la
lotta le darà.

Jac: Monsieur Gurdjieff, lei mi ha dato un compito, allo


scopo di ricordarmi di me, che consisteva nel lavorare
con qualcuno che mi è vicino. E ho notato, così come
mia moglie, che questo scopo ha cambiato la nostra re­
lazione, ma solo fino a un certo punto, e che c'era un
ostacolo che né io né lei potevamo superare. E lei ha
detto a mia moglie che ci avrebbe detto come fare a su­
perare questo ostacolo.

Gurdjieff: Per prima cosa, per ogni genitore bisogna co­


minciare con una domanda: lei e sua moglie avete figli?
Bene, se avete figli, questi creano per voi degli obblighi

1 39
particolari. Non potete più vivere solo per voi stessi. Do­
vreste avere l'obbligo di sacrificare tutto per i vostri figli,
nella vostra vita ordinaria. A questo punto, lei e sua mo­
glie dovreste progettare, come scopo, di vivere per i vostri
figli; questo è il vostro scopo. Nulla dovrebbe interferire
con la vostra relazione, con questo scopo in comune tra
voi. Questo scopo comune vi metterà in contatto con il
lavoro, perché è uno scopo oggettivo, e anche il lavoro è
oggettivo. Cominci con questo. Ne discuta con sua mo­
glie. Pianifichi con lei lo scopo di sacrificare tutto per i
vostri figli. Non per sempre, ma per un periodo di tempo
particolare. Tutto, per i vostri figli. ll vostro scopo sarà in
comune. Nelle vostre relazioni personali ci sarà una lotta,
perché se entrambi assumerete questo scopo con le vostre
menti, dato che i vostri caratteri sono diversi, entrambi
avrete - dato che ciascuno avrà scelto il proprio scopo-
una lotta interiore da portare avanti. E colui che raggiun­
gerà questo scopo avrà superato il suo esame, e otterrà un
altro mezzo oggettivo che verrà in seguito. Nel frattempo
parli tranquillamente e francamente con sua moglie e pia­
nificate questo scopo. Se fa questo per una o due settima­
ne, meriterà allora di conoscere il modo oggettivo.

Pom: Posso fare una domanda?

Gurdjieff: Se lo desidera. Questa è la prima volta che


parla, vero?

Pom.: Vorrei sapere cosa fare per impedire, al di fuori


del lavoro che dura per un certo periodo di tempo, alla
mia immaginazione di prendere il largo.

140
Gurdjieff: Bene, per questo le darò un consiglio molto
semplice e molto ordinario. Anche lei è sulla strada giu­
sta. Quello che sto per dirle è una cosa molto semplice.
Comprendere logicamente non le darà assolutamente
nulla. Tra un po' capirà che l'unico consiglio adatto è
quello che le sto dando ora. Durante il suo tempo li­
bero, conti: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, fino a
cinquanta. Poi: cinquanta, quarantanove, quarantotto,
quarantasette, quarantasei, eccetera, finché non torna al
punto di partenza. Tutto il tempo. E se lo fa sette volte,
cinque o dieci minuti, si sieda, si rilassi e dica a sé stesso:
"lo sono", "Io desidero essere", "Io posso essere", "Non
usare tutto questo per essere malvagio, ma buono",
'?\iuterò il mio prossimo quando sarò. Io sono". Dopo­
diché, conti ancora. Ma consciamente, non automatica­
mente. Lo faccia durante tutto il tempo libero che ha.
La prima volta le sembrerà assurdo. Ma quando lo avrà
fatto per due o tre settimane, mi ringrazierà con tutto il
cuore. Ha capito?

Pom. : Molto bene.

Gurdjieff: Non le do nient'altro. Conosco mille altre


cose, ma ora le do solo questa semplice cosa. [Agli altrz]
E questo lo salverà. La sua intera vita cambierà e fino
all'ora della sua morte mi ringrazierà, non mi dimenti­
cherà mai. Faccia quello che le ho detto, e questo è tutto.

Madame Et.: Posso chiederle un consiglio? Volevo do­


mandarle: quando faccio il mio lavoro di ricordare me
stessa sono sempre ostacolata dalla stessa idea: come

141
posso fare il mio lavoro, come posso organizzare la mia
giornata, affinché tutti in casa siano felici? E durante il
giorno, è proprio l'opposto. Sono ostacolata dalle idee
che hanno a che fare con il lavoro. Penso a quel che ho
sentito qui e da Madame De Salzmann, e questo mi in- .
tralcia costantemente.

Gurdjieff: Questo è il risultato delle incombenze della


vita quotidiana, succede a tutti. L'ho detto spesso. Deve
dedicare un tempo speciale per il lavoro ogni giorno. Non
tutto il tempo, il lavoro è una cosa molto seria. Non può
lavorare interiormente tutto il giorno. Deve ritagliarsi un
tempo speciale e aumentarlo mano a mano. Per questo
lavoro dedichi mezz'ora delle sue ventiquattr'ore. In que­
sta mezz'ora dimentichi tutto il resto, metta tutto il resto
da parte. È una piccola cosa. Sacrifichi a questo tempo
tutte le sue occupazioni, tutto il lavoro delle sue funzioni
esteriori. Sacrifichi tutto per il suo lavoro interiore e in
seguito potrà metterlo da parte per le cose della vita quo­
tidiana. Non può fare questo lavoro tutto il giorno.

Madame Et.: Lo penso anch'io. Diventa meccanico. lo


sono, io desidero essere.

Gurdjieff: Lei mescola, non deve mescolare. Non me­


scoli questo lavoro con il lavoro ordinario. Abbiamo due
generi di stati di veglia. Per questo lavoro, dovrebbe ave­
re uno stato di veglia attivo. Ma una mezz'ora di questo
stato di veglia è sufficiente per il resto del giorno, in cui
lei può continuare a vivere come al solito. Può fare que­
sto? E se non può farlo per mezz'ora, anche dieci minuti

1 42
sono una ricchezza per chi è in grado di lavorare dieci
minuti. Deve dedicare e sacrificare a questo lavoro un
tempo speciale. Non può dare tutto il suo tempo. La vita
è una cosa, il lavoro un'altra. La sostanzialità di ognuna
è differente: per questo lavoro, deve essere più attiva.
L'ho detto molte volte. Quando comincia il lavoro il suo
compito è il suo lavoro. Prima di cominciare dovrebbe
rilassarsi, prepararsi, raccogliersi. In seguito, con tutto
il suo essere deve svolgere il suo compito. È una cosa
molto complicata. Non si può fare a lungo, ci si ritrova
presto stanchi. li lavoro consuma tutte le forze. Se gli de­
dica cinque minuti di troppo, tutte le sue forze saranno
consumate. È per questa ragione che dico che deve au­
mentare il tempo poco a poco, finché non vi sarà abitua­
ta: cinque minuti, sei minuti, dieci minuti. Solo questo
sistema la preparerà ad acquisire lo stato che si addice
a un vero uomo. Se riesce a lavorare per molto tempo,
questo le dimostra che non lavora con tutto il suo essere,
che sta lavorando solo con la sua mente. Ma quanto a
questo, può farlo per mille anni senza guadagnarci nulla;
non vale niente. Lavori per poco tempo, ma lavori bene.
Non è la quantità ma la qualità che conta. La vita è una
cosa. Non la mescoli con altre cose. Cinque minuti di
buon lavoro valgono più di ventiquattr'ore di un altro
genere. Se non ha molto tempo, lavori cinque minuti.
Lasci che la vita ordinaria continui automaticamente
secondo abitudine per il resto del tempo. Quel che dice
non riguarda il lavoro. La nostra vita è una cosa, il la­
voro un'altra. Altrimenti diventerà una psicopatica. Se
si ricorda di sé con la mente - non vale nulla; si ricordi
di sé con tutto il suo essere. Non può farlo a lungo, si

1 43
esaurirebbe. Lo faccia per cinque minuti, ma dimentichi
tutto il resto. Sia un'egoista assoluta, dimentichi tutto, il
suo Dio, suo marito, i suoi figli, il denaro. Ricordi solo il
lavoro. Breve, ma sostanziale.

[Parla in russo con Madame De Salzmann]

Bar. : Posso fare una domanda? Come posso distinguere


tra il mio centro intellettuale e il mio centro istintivo?

Gurdjieff: Si dedichi a un compito semplice. Quando


lei pensa, pensa. Le associazioni vanno avanti automa­
ticamente; quella è la sua mente. Quando ha caldo o
freddo, quando è nervoso, arrabbiato, quando qualcosa
le piace, quando non le piace, quello è il suo sentire.

Bar. : Ma nelle proprie azioni, come si può impedire che


i centri usurpino le rispettive funzioni; pensare con il
mio sentire, avere un sentimento intellettuale, e confon­
dere l'uno con l'altro.

Gurdjieff: Desidera dire che non può pensare perché sta


sentendo?

Bar. : Intendo che ho un pensiero emozionale.

Gurdjieff: Lei ha una debolezza, una malattia: non deve


pensare col suo sentire, deve pensare con la sua testa.
Pensare con il suo sentire è una debolezza, una malattia.
L'inizio viene dal sentire, il centro del pensiero è solo una
funzione. Ma il centro di gravità deve essere il pensiero.

144
Ora lei può sapere cos'è l'individualità, è quando il suo
centro di gravità è nel suo pensiero. Dunque, se il suo
centro di gravità non è nel suo pensiero, lei non è un
individuo, lei è un automa. È una spiegazione semplice.
Ogni uomo dovrebbe tentare di prendere familiarità con
l'essere un individuo, una persona indipendente, qualco­
sa, non una merda, scusi la parola, non un animale, un
cane, un gatto. È un sintomo molto semplice. Se lei con­
centra il suo essere nel pensiero, allora è un individuo; ci
sono molte gradazioni tra gli individui, ma questo non è
importante al momento. Lei è un individuo quando ha
il suo centro di gravità nel centro del pensiero. E se esso
è in un altro centro, lei è solo un automa. Può essere nel
suo corpo e nel suo sentire, ma quando lavora, dovrebbe
sempre avere come scopo di essere nel suo pensiero. E
far questo consciamente. Se non lo fa, ogni cosa in lei
si fa inconsciamente. Il suo lavoro dovrebbe consistere
esclusivamente nel concentrarsi sul suo pensiero. È una
spiegazione semplice. Phillip? Anche a lei questo dovreb­
be spiegare molte cose.

Phillip: Teoricamente lo so.

Gurdjieff: Ma per la sua comprensione, questo dovreb­


be averle dato qualcosa di nuovo. Ha qualche conclusio­
_ ne interessante?

Zu. : Monsieur, le ho chiesto lo scorso giovedì se c'era un


modo per sviluppare l'attenzione; ha detto che l'atten­
zione era misurata dal grado in cui ci si ricorda di sé. In
special modo mi ha detto di guardare dentro di me in

145
una maniera particolare. Le ho fatto questa domanda
perché non ero in grado di mettere la mia attenzione
nella lettura di I Racconti di Belzebù. Nel corso di questa
settimana ho capito che l'attenzione era quel che io ero.
Tanti quanti gli "Io" che c'erano, tante erano le diverse
attenzioni. Volevo chiederle se ci fosse, per sviluppare
l'attenzione, solo il metodo del "Io sono", o se ci fossero
altri metodi speciali?

Gurdjieff: Una cosa posso dirle: non esistono metodi.


Io non ne conosco nessuno. Ora le spiego ogni cosa in
modo semplice. Per esempio, in Belzebù, e io questo lo
so, c'è tutto quel che c'è da sapere. È un libro molto
interessante. C'è tutto lì dentro. Tutto ciò che esiste, tut­
to ciò che è esistito, tutto ciò che può esistere. L'inizio,
la fine, tutti i segreti della creazione del mondo; è tutto
lì dentro. Ma bisogna comprendere, e comprendere di­
pende dall'individualità. Più un uomo è stato istruito in
una certa maniera, più egli può vedere. Soggettivamen­
te ognuno è capace di comprendere in accordo con il
livello che occupa, perché questo è un libro oggettivo, e .
ognuno dovrebbe poterei capire qualcosa. Una persona
comprende una parte, un'altra mille volte di più. Ora,
trovi una maniera per concentrare la sua attenzione
nella comprensione totale di Belzebù. Questo sarà il suo
compito, ed è un buon modo per creare una vera atten­
zione. Se può mettere vera attenzione in Belzebù, può
avere un'attenzione reale nella vita. Non conosceva que­
sto segreto. InBelzebù c'è tutto, l'ho detto, anche come
fare un'omelette. È spiegato in mezzo alle altre cose; e
al tempo stesso non c'è una singola parola in Belzebù sul-

146
la cucina. Dunque, metta la sua attenzione in Belzebù,
un'altra attenzione rispetto a quella a cui è abituato, e
sarà in grado di avere la stessa attenzione nella vita.

[Uno scherzo con Pom. a proposito del tabacco e comefarlo asciu­


gare, e poi a proposito della polvere di riso e della polvere da sparo;
e a proposito della lingua francese che è ricca solo negli insulti tra
tassistz]

Madame De Salzmann: Davvero, ora, nessuno ha altro


da dire?

Jac: Monsieur Gurdjieff, poco fa sono stato molto colpi­


to dalla domanda di Pom e dalla sua risposta. Nella mia
vita, che di solito è molto attiva e molto triviale, osservo
quanto poco spazio ci sia per il lavoro. Fin troppo spesso
mi sento perso. TI che è normale. Ma quel che è meno
normale è che sono attaccato, identificato con questo
trambusto, questa trivialità che si addice così esattamen­
te a me, al me ordinario, l'individuo che è più forte in
me. E le chiedo se non dovrei forse applicare al mio caso
il suggerimento che ha dato a Pom, perché credo che
contenga qualcosa di chiaro e semplice che mi tirerà
fuori dalla gabbia per scoiattoli in cui giro tutto il tempo.

Gurdjieff: Non la aiuterebbe per nulla. È difficile conta­


re a quel modo: uno, due, tre, fino a cinquanta. Le darò
qualcosa di ancora più semplice. Ha una famiglia. Un
padre? Una madre? Un fratello?

Jac: E una sorella.

1 47
Gurdjieff: Anche una sorella: cinque persone. A partire
da domani mattina, prenda questo come compito: ogni
dieci minuti, poco meno o poco più, circa dieci minuti
- è lo stesso per me se sono otto o dodici - ricordi suo
padre, dieci minuti dopo sua madre, eccetera. Se ne ri­
cordi e li rappresenti a sé stesso. E quando ha finito con
tutti e quattro, dieci minuti dopo, "Io sono", "Io desi­
dero essere", con il sentire tutta la sua presenza. E dieci
minuti dopo ricominci: suo padre, sua madre, eccetera.
E in tal modo dovrebbe trascorrere il suo tempo. È più
semplice così. Capisce? Ad ogni modo, deve avere una
ideafissa. Ogni volta che pensa a sua madre, pensi che lei
è qui, con orecchini d'argento alle sue orecchie, di poco
valore; e dia la sua parola a sé stesso che quando sarà
cresciuto e guadagnerà dei soldi si darà il compito di
comprare per lei orecchini d'oro. [A Madame Et.] Il dieci
per cento per me. [A]ac] Mi ha capito?

Bar. : Monsieur Gurdjieff, quando si viene afferrati da


un sentimento di profonda tristezza da cui non si riesce
a emergere, con quali mezzi meccanici se ne può uscire?

Gurdjieff: Se non se ne conosce la causa?

Bar. : No, non la si conosce.

Gurdjieff: Non esiste quel genere di tristezza, è un'idiozia.


Vada da uno specialista. Posso raccomandarle un neuro­
patologo. Lo conosco molto bene, mi dà il dieci per cento.

Bar. : Talvolta la avverto dopo pranzo.

1 48
Gurdjieff: Ah, ah, è un sintomo! Lei mangia più di quel
che dovrebbe. Mangi meno, non mangi l'ultimo bocco­
ne, tutto qui. Capito? Sa cos'è, l'ultimo pezzo. Capisce?
Allora bravo. Provi a far così, e la prossima volta parle­
remo. È possibile che la causa stia in questo. Se non lo è,
troveremo un'altra via.

[Scherza con il Dr. Ab. a proposito della medicina]

Hig. : Monsieur, vorrei porle un'altra domanda. Non ca­


pisco cosa possa essere l'amore cosciente. Non capisco
perché la lucidità con cui si esamina la propria passione
e ne svela la causa non lo uccida a sua volta.

Gurdjieff: Bene, dunque mettiamo che l'amore interessi


solo le funzioni. È solo la polarità fisica che sta lavoran­
do. Quando avrà pensato a questo, l'amore diventerà
ripugnante per lei. È l'amore che provano tutti, che pro­
va anche lei. Ma l'amore cosciente, quello è vero amore.
Lei prova solo un amore basato sul sesso; è una malat­
tia, una debolezza. Non può provare dawero l'amore.
Quello che forse provava suo nonno. Per tutti oggi l'a­
more è basato sul sesso e il sesso sulla polarità. Perciò se
una persona ha un naso fatto in un tal modo, lei la ama;
se non ha un naso fatto così, lei non la ama. Il vero amo­
re è oggettivo; ma a Parigi l'amore oggettivo non esiste.
Avete usato la parola sentimento per il sesso, per le cose
sporche; avete dimenticato il vero amore.

Hig. : Ma bisogna tentare di reprimerlo per il bene


dell'altro?

1 49
Gurdjieff: Lo guardi come una debolezza e lo metta da
parte. E al tempo stesso, lo usi per guardare sé stesso.
Tragga profitto da tutto. Con l'istinto forse sarà in grado
di sentire il vero amore. Forse conoscerà il suo sapore.
Quando avrà pietà per una persona il cui naso non le
piace, o per un'altra che sembra malata, per un bambi­
no senza una madre, per una persona che ha fame, per
un uomo senza una moglie - per ogni persona, allora lei
sarà in grado di comprendere la sua situazione. Abbia
contatto con i suoi diversi impulsi: se rimane imparziale,
vedrà che tutto ciò che ha provato finora è merda, e
al tempo stesso sarà in grado di provare a cogliere un
assaggio di un'altra qualità di amore. E se conoscerà il
gusto dell'amore potrò spiegargliene i dettagli.

Ab. : Monsieur, per poter far esperienza di questo amore


cosciente, la polarità può essere un aiuto, o un ostacolo?

Gurdjieff: Un ostacolo, naturalmente. Ma lei non può


farci niente. È schiavo di questa legge. Che lo desideri o
meno. Il suo corpo la fa amare o non amare. Conscia­
mente lei può non essere più schiavo della sua polarità.
Ma prima ne deve sentire il gusto. Tutto ciò che pos­
so dire per ora è che l'amore esiste, l'amore oggettivo.
Ma lei deve sentirne il gusto. In seguito, ne riparleremo.
Tutto ciò che posso dire prima rimarrebbe intellettuale.
Su questo Belzebù spiega molte cose. Riguardo ai co­
mandamenti di Ashiata Shiemash c'è questo: L'Amore
della coscienza evoca l'uguale in risposta / L'Amore del senti­
mento evoca il contrario. / L'Amore del corpo dipende dal tipo e
dalla polarità.

1 50
E c'è anche questo a proposito della speranza: La
Speranza della coscienza èforza. / La Speranza del sentimento è
schiavitù. / La Speranza del corpo è malattia.
E a proposito della fede: La Fede della coscienza è liber­
tà. / La Fede del sentimento è debolezza. / La Fede del corpo è
stupidità. 7
E ora, Procuratore Distrettuale, provi prima a gua­
dagnare un sacco; e lei, madre, venga a trovarmi. Cono­
sco un posto dove ci sono oggetti d'oro. Ho un amico al
banco dei pegni.

7 Cfr. I racconti di Belzebù a suo nipote, p. 31 1. [NdR] .

151
DICI ASSETTESIMO INCONTRO
Giovedì 28 ottobre 1 943

[Lettura: Purgatorio. Cena. Monsieur Gurdjieff biasima il Di­


rettore per non avergli indicato la presenza di una persona nuova]

Gurdjieff: E ora, qualcuno ha forse qualcosa da dire che


possa interessarmi, cioè un resoconto che possa essere di
interesse anche per gli altri?

Philippe: Volevo fare una domanda.

Gurdjieff [A Luc] : Piccolo, per favore. Vada ora a fare la


commissione che le ho dato. In seguito le riferirò il rap­
porto del Procuratore. [A Philippe] E lei, lei ha perso il
suo compagno. D 'altronde è colpa mia. Lei comincia a
parlare, e lui se ne va. La disturbo. Mi comporto sempre
come il diavolo. Prego, sto aspettando.

Philippe: Volevo fare una domanda riguardo alla vanità,


perché, sempre nei migliori momenti e nei peggiori, la
vanità si manifesta. Se si riesce in un esercizio, per esem­
pio, o se si fallisce. Ma in ogni caso c'è un'opportunità
per la vanità.

1 53
Gurdjieff: Questa è una cosa molto semplice. Per caso
ha avuto una cattiva educazione, una cattiva prepara­
zione? La vanità è stata la sola cosa che le è stata data
dai suoi genitori, dai suoi cari, dai suoi amici; soltan­
to questo fattore. Appena un altro fattore si manifesta
in lei, la vanità torna e sommerge tutto il resto. Per la
precisione, con questa constatazione lei deve diventare
consapevole che il suo grande nemico è questa vanità
cristallizzata in lei. Non posso sapere come l'hanno edu­
cata. Ma forse è la sua educazione che l'ha resa così. Ha
stabilito in lei questa pietra angolare. Questo fattore è la
prima pietra del suo organismo. Quando arriva un altro
fattore, un altro impulso, anche il primo torna in funzio­
ne, ed essendo più forte sommerge e domina tutto. Que­
sta è un'ottima cosa da sapere per lei, e anche per chi
che studia la psiche. Per lei, Dottore, è molto interessan­
te, è una cosa molto importante in psicologia. Talvolta
una cosa alquanto piccola come questa può impedire di
continuare. Oggettivamente è una cosa davvero piccola,
ma per chi cerca di sottometterla è un grande nemico,
un nemico organico. Non si può fare niente contro di
lei, è mille volte più forte. Tutto il resto è debole. ll suo
lavoro è debole, essa uccide tutto. È necessario rinfor­
zare mille volte la sua individualità, il suo lo. Quando
essa comincia a dirigere le sue funzioni, allora lei dovrà
tentare di fare "tchik" con la sua vanità. Oggi è impos­
sibile. Ma lotti per indebolirla. Con "lo sono" o fattori
simili, paralleli a "Io sono". Permetta a questi fattori di
cristallizzarsi in lei, e automaticamente anche l'altro fat­
tore potrà ridursi. Tra le altre cose, e questo resti tra
noi, la sua domanda mi aiuta a capirla. Ora so qual è il

1 54
suo nemico, quale cane ha dentro di lei, e potrò essere
in grado di guidarla meglio. Nel frattempo faccia quel
che le ho detto di fare fino a oggi, e le darò da qui in poi
molti esercizi per il funzionamento generale.
Tra le altre cose sono i libri del bon ton, i libri della sua
educazione, che le hanno insegnato che questo fattore
era necessario nella vita. Viene inculcato nei bambini;
chi l'ha educata ha fatto di tutto per cristallizzare la va­
nità in lei. Chi l'ha fatto non ha mai pensato che un
giorno, una volta cresciuto, lei avrebbe scelto un'altra
strada. Ed è molto difficile cambiare la propria strada.
Se lei avesse mantenuto la strada di prima, questa vanità
sarebbe stata un'ottima cosa per lei. Se fosse stato un
ufficiale, un funzionario, un ministro, un ufficiale del­
la guardia, sarebbe stata una cosa eccellente. Ma per
una vita normale, è il suo cane numero uno. Oggi, segni
questo giorno come un anniversario. Neppure io fino ad
oggi forse l'avevo capita, e non potevo indicarle le ra­
gioni esatte per la sua confusione interiore. E ora è tutto
chiaro, ora il suo interno è illuminato come un quadro;
lei mi ha aiutato ad aiutarla.

Madame D.: Monsieur Gurdjieff, in queste ultime due


settimane ho fatto uno sforzo più forte che in preceden­
za e ho provato ad agire in modo tale, nella mia vita, che
l'"lo" sia separato dal "me", per poter meglio affrontare
le difficoltà della vita come un ruolo esterno che devo
portare avanti senza essere toccata all'interno. Questo
mi ha aiutata molto a comprendere meglio la sofferenza
volontaria e ho visto che, nei momenti in cui ero in gra­
do di sentire l"'lo", ero in grado di affrontare tutto ciò

1 55
che mi stava capitando. Ma ho anche visto che dovevo
continuamente tentare di sentirlo. Perché non durava
molto a lungo. La memoria di ciò durava più di quanto
non avesse mai fatto in passato, ma il sentirlo durava
molto poco.

Gurdjieff: Aspetti, non continui. Ho già capito molto


bene, e chiederò a Madame De Salzmann, in via del
tutto eccezionale, di spiegarle l'esercizio numero uno del
Sabato. [A Madame De Salzmann] La salverà, renderà le
cose facili per lei, solo questo esercizio può aiutarla. [A
Madame D.] Questo esercizio l'aiuterà a capire chiara­
mente, separerà "lei" da "lei stessa". Lei sa di cosa è fat­
to l'uomo: di individualità e di funzioni dell'organismo.
Fino ad ora in lei le due cose esistevano come una cosa
sola, una funzione mescolata all'altra, una interferiva
con l'altra. Quando separiamo la vita interiore dalla vita
esteriore, "lo" è l'interiore, "me" è l'esteriore, ed è pos­
sibile separarli in una maniera definita. Questo esercizio
l'aiuterà a fare questo. Dopo avrà la possibilità di sapere
e sarà responsabile per il suo futuro. Finora, lei non ne
era responsabile. Lo sarà. Saprà, e allora sarà colpa sua
se non agirà bene, allora saranno necessarie sofferenze
di ogni sorta per pagare il suo debito. Vada dunque da
Madame De Salzmann. Lei le spiegherà. Faccia quel
che le dice per due settimane e poi risponderò alla sua
domanda.

A : Volevo farle una domanda simile a quella di P., ma


quel che accade a me non è vanità, è il desiderio che le
persone abbiano una buona opinione di me.

1 56
Gurdjieff: È la stessa cosa. È lo stesso fattore: mettersi
in mostra.

A. : Ma, Monsieur Gurdjieff, le ho fatto una domanda


simile un anno fa o poco più, quando sono venuto da lei
per la prima volta. Ma da allora, questo non è cambiato
affatto.

Gurdjieff: Lei non aveva la possibilità. Non aveva i fatto­


ri. Adesso è diverso.

A. : Ora è meno evidente. Prima, tutti potevano veder­


la. Ma ora è più sottile. L'unico cambiamento è nella
maniera in cui cerco di ottenere quella buona opinione,
sono diventato molto più sottile.

Gurdjieff: Perché dice questo? Lo ha solo constatato.


Prima di agire come una persona normale, ha notato
che era una persona anormale. La sua ragione impar­
ziale lo ha notato. Non è più sottile, ma lo sembra.

A. : Sporca tutto ciò che faccio.

Gurdjieff: Evidentemente. Produce emanazioni. Di un


colore giallo, per esempio. Ed essendo il fattore più forte
in lei, dà questo colore giallo a tutte le sue funzioni. A
lei dico la stessa cosa. Deve cristallizzare consciamente
in lei un altro fattore più forte di questo. Ha già molto
materiale. Per esempio, "Io sono". Quando si comincia
a lavorare con "Io sono", si riesce a uccidere questa ma­
nifestazione. Se si ricomincia cento volte, allora sarà in

157
grado di trasformarsi. Oggi questo è il suo "me". Se lei
cristallizza un altro fattore più forte, allora questo fatto­
re tornerà a essere una semplice funzione. Ma questo
fattore di vanità è molto utile, non dev'essere ucciso. È
necessario solo che non abbia mai l'iniziativa, non deve
mai entrare nel suo "Io". Deve rimanere una funzione,
e quando è necessario lo mandi a chiamare come una
funzione.

A.: Ma se lo richiamo, prende tutta la stanza; è questo


che è pericoloso.

Gurdjieff: Noi parliamo per il futuro. Noi rimediamo al


passato, noi lavoriamo. Lei non ha ancora fatto espe­
rienza di ciò. Gliene parlo per il suo lavoro, questo è
tutto. Lavorando così lei può rimediare al suo passato e
preparare il suo futuro. È esattamente la stessa cosa che
per P., solo il lato esterno è un po' diverso. L'educazione
di merda, l'educazionejòu:fou è anche questo. La chiami
come vuole, io dico solo una parola: merda. Parlo male
il francese, perciò chiamo tutto quello che è cattivo mer­
da. Tutti qui hanno la stessa educazione. E specialmente
in Francia l'ho notato, e ho avuto un'esperienza origina­
le. Deve sapere che ho sempre delle caramelle in tasca, e
quando vedo un bambino gliene do qualcuna. Col bam­
bino c'è sempre qualcuno, padre, madre, zia. Dicono
tutti la stessa cosa al bambino, senza eccezione: «Come
si dice?» Automaticamente, un po' per volta, il bambino
dice grazie a tutti e non sente più nulla. Questa è una
cosa idiota. Questa è merda. Quando un bambino de­
sidera dirmi grazie, lo capisco. Parla un linguaggio che

1 58
capisco e quello è il linguaggio che amo. Solo per sen­
tirlo, solo per vederne gli impulsi, spendo ogni giorno
cinquemila franchi in caramelle, per le quali pago quat­
trocentodieci franchi al chilo. Solo per vedere quegli im­
pulsi. Ma quando si domanda a un bambino «Come si
dice?» si uccide tutto. È merda, padre, madre. Uccidono
il bambino per il suo futuro, e uccidono la mia buona
volontà. È un buon esempio, questo, sa? Non so se lei
lo capisce ma per me è molto caratteristico. Lo prendo
come un esempio. Le persone preparano tutto meccani­
camente, fanno funzionare i bambini come campanelli
che suonano quando li si preme, come un pulsante elet­
trico. Si schiaccia questo o quell'altro bottone.

A.: D'altro canto, si vive in società. Ci sono convenzioni


che anche i bambini devono imparare.

Gurdjieff: Allora, ricordi esattamente quello che ho det­


to, ho detto che internamente è necessario essere liberi
e non identificarsi, ed esternamente recitare un ruolo. lo
stesso, per esempio, sono vecchio, ho settantasei anni, re­
cito il mio ruolo: tutti i bambini mi amano, tutte le ma­
dri, le nonne, i padri, mi amano tutti. Recito il mio ruolo.
Ma dentro, oggettivamente per me tutto questo è merda.
Sono i miei esperimenti. Per me loro sono come topi. Vivo
qui. Sono i miei topi. Se vivessi in un'altra zona, sarebbero
altri topi. Non ho detto che i bambini devono cambiare
esternamente, ma ho detto che dentro non bisogna iden­
tificarsi. Ogni classe dovrebbe essere educata a recitare
un ruolo corrispondente, questo è l'ideale. Ma dentro è
necessario essere liberi, senza identificarsi. È questo che è

1 59
necessario. È una cosa molto piccola. E dopo che si impa­
ra questo la vita è un letto di rose. Poi, a un certo punto,
quando si è su questo letto di rose, si può lavorare con
piacere per il proprio futuro. Ma ora non si fa con piacere.
Procuratore, mi interesserebbe molto sentire una cosa. Le
sue future relazioni con me dipendono da una domanda.
Probabilmente è il momento di mettere questa questione
in tavola. Può sua madre dire che, in queste ultime setti­
mane, una o due settimane, lei sia dawero cambiato, del
cinque o dieci per cento, e che il nervosismo di sua madre
sia diminuito? Non molto, del cinque o dieci per cento.
Solo questo. È importante per me saperlo.

Madame E.: Sì, Monsieur, lo posso dire. È cambiato


molto.

Gurdjieff: Non molto, non so se sia molto. Dal cinque al


dieci per cento.

Madame E.: Sono entrambi cambiati così tanto che non


li riconoscerei.

Gurdjieff [A].] : La ringrazio. Ora può contare su di me.

Madame E.: Monsieur Gurdjieff, vorrei farle una do­


manda. Quando si vede la verità tardi nel corso della
propria vita, ci si guarda indietro e si vedono le tante
cose nella propria vita che sarebbero dovute essere di­
verse e si prova rimorso, addirittura tristezza. Bisogne­
rebbe gettar via questo rimorso, o al contrario mante­
nerlo e farne uso?

1 60
Gurdjieff: Lei ha una grande opportunità. Ha esperien­
za. Se ha constatato quel che ha appena detto, può pre­
pararsi per il suo futuro. Forse ha mille volte più possibi­
lità di una persona più giovane. Mi congratulo, ha molte
possibilità per il futuro. Non per il presente, il presente
che è risultato del passato, perché non posso riparare il
suo passato. Le servirebbe avere molti anni per quello.
Ma se ora lei mette in ordine questo passato, mi rendo
responsabile per il suo futuro. Madre, sono molto soddi­
sfatto dei suoi figli. [A ].] Sono doppiamente soddisfatto
di lei. E anche di suo fratello. [Ad A.] Anche di lei. Siete
due scarpe di uno stesso paio.8

Madame D. : Monsieur Gurdjieff, vorrei farle una do­


manda. La mia più grande difficoltà nel ricordarmi di
me è la mente, che non ha mai ragione. Non riesco mai
a decontrarla, a metterla a riposo. Succede che non le
creda. Ma quando è in movimento, fa montagne di as­
sociazioni in cui non credo ma che mi assorbono. Ciò
crea una dualità che è molto dolorosa per me.

Gurdjieff: Abbiamo parlato di cani. Tra tutti i suoi cani,


questo è il suo cane. Ce ne sono molti in lei.

Madame D. : Posso, per esempio, nella vita, quando


vado in bicicletta, tentare di occupare la mia mente?

Gurdjieff: Provi. Provi a fare quello, può aiutarla. Quan­


do prova però deve esserci una lotta. Provi tutto. Ma
deve esserci sempre una condizione in questo: che ci sia

8 Espressione idiomatica, sta per "siete fatti della stessa pasta" (NdT] .

161
sempre una lotta tra il suo pensiero e il suo corpo. Con
questo processo, se può tentare, può trovare.

Madame D.: Ho provato a fare l'esercizio di contare fino


a cinquanta. Non mi ha portata a niente.

Gurdjieff: Provi qualcos'altro. Forse quello non cor­


risponde alla sua soggettività. Provi mille cose, cerchi,
pensi. Le ho già dato due cose, ma posso dargliene una
terza. Ha un fratello?

Madame D.: Non qui.

Gurdjieff: Dico in generale.

Madame D.: Sì.

Gurdjieff: Allora faccia un esercizio.

Madame D. : Ma loro non sono a Parigi.

Gurdjieff: Non importa, sono sulla Terra, non su Mar­


te, questo basta. Per esempio, pensi a suo fratello. Si è
sempre grandi nemici di un fratello o di una sorella. Di
questi tempi è la normale educazione che desidera che
sia così. Invece lei faccia questo esercizio. Si rappresen­
ti suo fratello. Con una foto. Dentro di sé, desideri per
lui una buona fortuna, e per sua sorella, desideri per
lei un presente abbastanza difficile, in modo che possa
avere un buon futuro. Svolga questo esercizio come un
servizio, come un lavoro e nient'altro. Faccia questo.

1 62
[A Madame E.] Capisce che un cattivo presente può dare
un buon futuro? Questo sembra un desiderio assurdo.
Ma allo stesso tempo lei lo capisce madre, dico bene?

M.: Monsieur Gurdjieff?

Gurdjieff: Mi mostro il suo naso, prima.

M.: L'ho sentita spesso usare quest'espressione: che Dio


dispone affinché il diavolo ci prenda, e che il diavolo
dispone affinché Dio ci prenda. Vorrei sapere come ri­
conciliare queste due cose e quali misure prendere per
sapere quando è necessario che sia Dio a prenderei, o il
diavolo.

Gurdjieff: Questa è una domanda oggettiva. Non ha i


dati soggettivi per capire questa domanda oggettiva. È
solo una curiosità. Ha mille domande più importanti per
la sua soggettività. Questa è oggettiva, è davvero troppo
presto per lei, non ha in sé il fattore per poterla capire.

[Monsieur Gurdjiiffparla in russo a Madame De Salzmann]

Madame De Salzmann: Monsieur Gurdjieff dice che ci


sono mille domande soggettive che sorgono in lei, e che
lei dovrebbe risolverle prima di chiedere di Dio e del
diavolo. Non deve interessarsi a queste cose. È astrazio­
ne, è curiosità.

Gurdjieff: Non sono qui per soddisfare la sua curiosità,


il mio tempo è troppo costoso.

1 63
Madame D.: Sarebbe così gentile da darmi qualche sug­
gerimento su come dare una buona educazione ai figli
che ci sono affidati, nella nostra situazione?

Gurdjieff: Chieda a Madame De Salzmann di darle due


capitoli di un libro che ho scritto, "Mio padre" e "Il mio
primo insegnante".9 In quelle pagine ho spiegato breve­
mente quel che mi chiede, ci troverà buone istruzioni.

Madame D.: Perché ho già modificato il mio modo di


insegnare da quando sono venuta qui. Ma sono spesso
in difficoltà, penso di aver notato che i bambini sono
sensibili agli sforzi che uno fa di ricordarsi di sé; inoltre,
quel che posso fare meglio è combattere contro le gran­
di emozioni negative. Mi è parso che i bambini fossero
sensibili a questo.

Gurdjieff: Mille volte più di lei. Nei bambini la cristal­


lizzazione è mille volte maggiore che in lei. Questo è il
rischio nel suggerire qualcosa di sbagliato a un bambino
la cui sensibilità è mille volte più forte della sua.

Madame D.: Ho meno difficoltà a ricordarmi di me in


classe, di fronte ai bambini, che in altri momenti.

Gurdjieff: I suoi bambini ancora non emanano.

Madame D. : Mi sembra che i bambini siano più calmi.


Prima, quando erano nervosi, gridavo per calmarli. Ora

9Si tratta dei primi capitoli di Incontri con uumini straordinari, Adelphi,
Milano 1987 [NdT] .

164
cerco di essere calma e a loro volta i bambini si calmano
automaticamente.

Gurdjieff: Ha notato una buona cosa. Non è il suo inse­


gnamento che importa per il futuro dei bambini, sono le
sue emanazioni. Non per il presente, per il futuro. Può
solo insegnare associazioni automatiche, ma le sue ema­
nazioni sono importanti e mostrano quanto un'educa­
zione inconsapevole sia dannosa.

Madame D. : Ho notato che una classe è una caricatura


dell'insegnante e che si può conoscere quest'ultimo at­
traverso l'atmosfera di questa classe.

Gurdjieff: Sono ottime osservazioni. Osservi ancora e


potrà conoscersi attraverso i bambini. Pensi egoistica­
mente che per il momento sta lavorando per sé stessa.
Quello che faccio, lo faccio per poter essere un buon al­
truista in seguito. Oggi sono una merda altruista. Voglio
essere un buon egoista per potermi reggere bene sulle
mie gambe.

Madame D.: Volevo anche chiederle un consiglio pre­


ciso. Il mio bambino desidera affermarsi sempre di più.
Dice sempre di no e si oppone sempre. Per portarlo ad
arrendersi ho due sistemi. O parlargli a lungo e ragiona­
re con lui, il che non è sempre possibile; oppure distrar­
lo, dargli qualcosa con cui giocare, il che è molto facile,
ma non mi sembra una buona cosa.

165
Gurdjieff: Il secondo è cattivo e il primo è buono. Ra­
gioni con lui, usi delle analogie; ai bambini piacciono
molto le analogie.

Madame D.: Ma è difficile.

Gurdjieff: Quella è un'altra questione. Deve farlo. Non


deve usare il secondo modo. Il bambino capisce molto
bene, è più intelligente degli adulti, ma ha bisogno di
una logica molto semplice. Quando ha capito una cosa
non la dimentica mai.

Madame D. : È molto difficile per noi.

Gurdjieff: Ma è molto facile per lui. Per noi è difficile,


ma per un bambino è molto facile capire una cosa spie­
gata bene. Piuttosto è difficile per lei spiegare, perché
è stata educata male. È stata educata non per essere
un'insegnante, ma per lavorare i calzini a maglia. E ora,
eccola qui, lei è un'insegnante, e io, io ho i calzini bu­
cati.

S.: Monsieur Gurdjieff, sono sempre stata estremamen­


te sconsiderata.

[Discussione con Madame De Salzmann sulla parola "sconside­


rata" e sulla sua traduzione]

Gurdjieff: Dice di essere sconsiderata. Ma questo lo so


da molto tempo. Ci dica qualcosa di nuovo.

1 66
S.: Lo vedo meglio ora, e vedo come ciò sia serio in tutti
i campi. E fino a ora, nonostante lo vedessi, non avevo
intrapreso una lotta contro questo aspetto, perché mi
portava troppo lontano. Ma oggi ho voluto combattere,
perché questa sconsideratezza mi si porta sempre via, e
le chiedo cosa devo fare.

Gurdjieff: Si fissi un compito in particolare per fare que­


sta cosa. Dato che questo fattore è molto forte in lei,
deve trovare una misura molto forte. Fuma?

S.: No.

Gurdjieff: Mangia?

S.: Sì.

Gurdjieff: Allora si fissi un compito riguardo a quello.


Non sia sconsiderata. E se si accorge di esserlo stata, lo
stesso giorno prometta di saltare il pasto successivo. Fino
al prossimo incontro. Se combatte, mangi. Se non com­
batte, non mangi. È l'unica misura, non ce n'è un'altra.
Se è ospite da qualche parte, questa regola non conta. È
solo a casa che non deve mangiare.

R.: Com'è che le idee in cui si crede e di cui si è convinti


non penetrano profondamente dentro di sé, ma riman­
gono sulla superficie e non influenzano la propria vita?

Gurdjieff: Perché lei è convinto nel momento in cui par­


la, ma poi entra nella vita.

167
R.: Ma poi nella vita si fanno altre cose a partire da
quello di cui si è convinti. Agisco contro ciò in cui credo.

Gurdjieff: Perché lei ha questo tipo di educazione, la sua


educazione è così. Abbiamo due organismi indipenden­
ti: uno è il risultato della nostra preparazione, l'altro è
il nostro corpo all'inizio. Questo corpo può funziona­
re solo quando io sono rilassato, tranquillo e da solo.
Quando entro nella vita è debole. Non posso fare al­
trimenti, ed è l'altro ad avere la meglio su di me. Non
riesco più a fare quello che ho deciso. È in questo modo
che lei va avanti a fare ciò che ha l'abitudine di fare. Lei
ha un'idea. Prima di manifestarsi nella vita, quando è
da solo in casa, si rilassi e faccia un programma; come
dovrebbe manifestarsi durante il giorno. Poi dica a sé
stesso di seguire il programma esattamente. Cadrà dieci
volte, venti volte. Le prime venti volte cadrà, la ventune­
sima potrà fare quello che ha deciso di fare quando era
da solo. Per il momento non ci sono altri mezzi. Faccia
un programma nello stato che le ho consigliato. Si metta
tranquillo, calmo, rilassato. Poi, per il suo prossimo futu­
ro, faccia questo programma. Entri nella vita e tenti di
fare quel che ha deciso. Se lo farà molto bene, si regali
qualcosa di gradevole. E se dimenticherà, si punisca.

R.: Non si ha abbastanza forza di volontà per punirsi.

Gurdjieff: Deve abituarsi. Questo le darà forza per il fu­


turo. Lei combatte, e questa lotta dà risultati che un po'
per volta si accumulano per lei. Cade una volta, dieci
volte, ma ogni lotta dà dei risultati, come una sostan-

1 68
za che si accumula, e i risultati di queste accumulazioni
aiutano a compiere una decisione cosciente. Tutto ciò
è ordinario. Ma per avere altre cose è necessario avere
materiale, è necessario sapere. È la prima volta che lei è
qui. Ci sono mille diversi esercizi. Ma dato che è la pri­
ma volta che lei è qui, glielo spiego in generale, parlo di
cose semplici. Ci sono altre cose da dire ma non si può
dire tutto in una volta. Ci sono altri esercizi che abbia­
mo fatto, ma è necessario procedere poco per volta. Il
suo scopo è lo scopo di tutti, qui.

[Monsieur Gurdjieffchiede notizie di René Daumal: beve alla sa­


lute di tutti gli uomini saggi, scherza sugli uomini saggi e sulle
rose, e soprannomina Pomereu "il nipote dello ,Zio Sam '1

169
DICIOTTESIMO INCONTRO
Giovedì 9 dicembre 1943

[Lezione: !! lavoro dei Santi di Aslryata Sheyimash. 1° Cena. Scher­


za con Madamoiselle Gordon e Boussik sul pelare i chicchi d'uva]

Hignette: Monsieur Gurdjieff, vorrei farle una doman­


da.

Gurdjieff: Per favore mi scusi, può attendere? Voglio dire


qualcosa a questo Monsieur. [A Jacques Baratier] Oggi
posso dire che questa cosa è vera: io lo conosco, l'ho
visto più di una volta e allo stesso tempo non ero sicuro
che fosse davvero lui. Mi sembrava che non fosse lui.
Non mi capita mai, io le fotografo le persone. Ma nella
mia testa questa foto era chiara soltanto a metà e per
diversi giorni mi sono chiesto: «Perché?» Oggi capisco.

Baratier: Perché, Monsieur Gurdjieff?

Gurdjieff: Vedo suo fratello seduto laggiù, non sapevo


che fosse qui. Credevo che suo fratello fosse lei e che
lei fosse lei. Non avevo fissato suo fratello. Ma oggi vi
vedo in modo indipendente, uno sulla sinistra, l'altro

1° Ci si riferisce sempre a I Racconti di Belzebù al suo piccolo nipote.

1 71
sulla destra; esteriormente non avete nulla in comune,
ma nell'essenza siete molto simili. Si può scommettere
sullo stesso padre. Perché tutti ridono? Quello che dico
è normalissimo. Ah! Basta. Oggi è giovedì e, allo stesso
tempo, un giovedì che comincia in un nuovo modo. È
il primo giovedì di una serie di giovedì che saranno di
nuova qualità. I giovedì di prima sono morti. Non pos­
siamo più ricominciare. È una diversa qualità di giovedì,
con più dettagli. Fra le altre cose, per questo giovedì,
diverse persone mi hanno detto: «Non riesco a soddisfa­
re la condizione che è stata posta, quella di interessare
e portare nel lavoro sette persone». Avevo posto come
condizione che sarebbero venuti al giovedì solo quanti
speravano di poter creare interesse in sette nuove per­
sone e portarle qui, senza spiegare loro niente di strano,
interessandole solo con le idee, le mie idee, con quello
che uno ha studiato qui, fatto qui, gli strumenti che gli
sono stati dati e nient'altro. Sette persone in sei mesi.
Quella era la prima condizione, e alcuni mi hanno fatto
questa domanda, e ho risposto che chi mi chiede questa
cosa deve essere un idiota. Non si tratta di portare sette
persone in sei mesi; perché se davvero si crea interesse
in una sola persona, questa può aiutarti a portarne altre
quattordici. Non è difficile. Non è una questione di sette
persone. Anche una è abbastanza per cominciare. Solo
che dev'essere una persona che dovrà essere stata dav­
vero avviata, iniziata bene, per potersi interessare alle
nostre idee. E automaticamente sarà in grado di aiutare
te, e allora tu sarai come un Presidente francese - vale
a dire che non avrai niente da fare. Farà tutto lei. [A
Hignette] Ora, mio caro, cosa desiderava?

1 72
Hignette: Mi sono ritrovato troppo calmo e troppo feli­
ce, senza desiderio di continuare, come acqua stagnan­
te. Eppure sentivo di dover fare qualcosa. Ho scelto un
compito intellettuale e primitivo, e specialmente in con­
dizioni spiacevoli. Ora mi sento estremamente stanco. E
per di più questo non va d'accordo con il mio lavoro. Mi
piacerebbe dormire venti ore al giorno se potessi. Vorrei
sapere non come ridimensionare il mio compito - non
ne ho più la possibilità e non lo voglio - ma come sop­
portarlo meglio e riposare meglio.

Gurdjieff: In generale il suo lavoro procede bene?

Hignette: Intellettualmente, sì.

Gurdjieff: Allora, se sì, faccia solo una cosa. li resto glie­


lo darò io. Le darò delle pillole che lei prenderà due
volte al giorno, la mattina al risveglio e la sera quando
va letto. Ma ogni mattina, quando si alza, si lavi il viso
con acqua fredda, poi si riscaldi di nuovo facendo gin­
nastica. Faccia solo questo: le pillole e questo. Cambierà
tutto in tre giorni, comprenderà che la sua fatica era im­
maginaria. Come può essere stanco? È ancora giovane,
non ha consumato le riserve dei suoi accumulatori. È
una questione psichica. Faccia questo: si lavi, si asciughi
bene e prenda le pillole. Se in tre giorni non sente nien­
te, niente il primo giorno, già meglio il secondo e bene il
terzo, può venire a casa mia e sputarmi in faccia.
Una cosa aumenta questa fatica: un'ossessione a inter­
mittenza. Nasce dalla speranza o dal rimpianto per una
persona a cui può solo pensare, e solo per alcune ore.

1 73
Non c'è nulla da spiegare, deve fare quello che le dico.
Ma allo stesso tempo, giustamente, queste cose richiedo­
no una spiegazione che può essere utile a tutti quanti;
così spiegherò per lei e allo stesso tempo per tutti. Si ri­
corda, spesso dico che si deve essere internamente liberi.
Capisce cosa significa essere liberi. Non identificarsi con
nulla. La parte più importante della nostra schiavitù è di­
pendente da fattori che sono cristallizzati in noi e che ri­
guardano estranei, riguardano relazioni con persone che
non ci sono familiari. E per riuscire a essere liberi il pri­
mo lavoro nelle scuole esoteriche di ogni tempo comincia
precisamente con la questione seguente: «Decristallizza­
re tutti i fattori che vengono veicolati dalle relazioni con
gli altri>>, tranne per i fattori cristallizzati che riguardano
persone dello stesso sangue, padre, madre, sorella, fra­
tello, eccetera ... È lo stesso sangue, la stessa famiglia, lì i
fattori devono continuare. Ma tutti gli altri fattori devono
essere decristallizzati: si deve essere perfetti egoisti. Ogni
amore, ogni rispetto, per chiunque sia, bisogna liquidar­
lo; è necessario che l'amore sia trasformato in odio. Biso­
gna influenzare sé stessi in modo particolare e lavorare
per non avere mai nessuna unione stretta con nessuno.
Non si deve né amare né stimare interiormente, né avere
alcuna simpatia o antipatia. Dico internamente, non ester­
namente. Esternamente bisogna recitare il proprio ruolo.
Ma internamente no. Chiunque vi sia estraneo lo dovete
respingere, tranne le persone dello stesso sangue. Sforza­
tevi in tutti i modi.
Voi vi conoscete meglio di quanto faccia io. Sapete
come influenzarvi e a quali pensieri e sentimenti è ne­
cessario che resistiate per decristallizzare questi fattori.

1 74
Cominciate di conseguenza, e se vedete che non ci riu­
scite vi aiuterò e vi dirò cosa dovete fare. La verità resta
la verità. Tutti coloro che sono impegnati in un lavoro
interiore non devono conservare alcun fattore di contat­
to, buono o cattivo, qualunque esso sia; bisogna essere
liberi, completamente liberi da contatti con estranei.
Ripeto, eccetto per le persone dello stesso sangue. Per
loro non si deve prendere nessuna misura per cambiare
quelle qualità della relazione. Non dobbiamo cambiare
il contatto con i nostri padri, le nostre madri, eccetera. Si
deve cambiare solo la forma con cui si entra in contatto
con i nostri padri, le nostre madri, i nostri zii, eccetera.
È lo stesso sangue. Gli estranei sono di un altro sangue;
un'altra fonte; internamente devono essere del tutto in­
differenti. Si deve esserne liberi. Privi di ogni schiavitù.
Esternamente potete interpretare un ruolo e fare qyel­
lo che è necessario fare. Quelli sono fatti vostri. L'uomo
deve sforzarsi di non identificarsi internamente e di in­
terpretare un ruolo esternamente.

Luc: Ma se ci si proibisce la compassione verso chiun­


que, con questo non ci sarà in noi un sentimento caren­
te, per la precisione di spinte di rimorso, che potrebbero
rimediare al nostro passato, e che sono un fattore impor­
tante del lavoro?

Gurdjieff: Le persone del vostro stesso sangue vi sa­


ranno sufficienti. Avete commesso molti errori nei loro
confronti; è a loro che deve andare il vostro rimorso di
coscienza.

1 75
Luc: Ma io non ho famiglia.

Gurdjieff: Anche una persona è sufficiente. Nella sua


vita passata può utilizzare molto materiale per il rimorso
di coscienza, verso questa persona. [A Hignette] In quel
caso, ora, se analizziamo, quali ragioni aveva lei per fare
la sua domanda? La ragione è che ha avuto un contatto
con qualcuno, un contatto basato sulla polarità. Ci si
deve sforzare ancora di più, si deve usare questa fatica
per il lavoro. Uccida in sé i fattori che hanno permesso
questo contatto con un estraneo, se è un estraneo. Se è
del suo sangue non faccia nulla perché quella è un'altra
cosa. Se non mi ha capito, parli a Madame De Salz­
mann. Ho spiegato a lei tutto quello che era necessario.

Hignette: Mi piacerebbe soprattutto avere qualcosa di


concreto, e sapere come liberarmi di un'immagine che
mi tormenta.

Gurdjieff: Faccia quello che fa per molte altre cose. Stia


seduto tranquillo, si rilassi attentamente. Poi cominci a
dare consigli a sé stesso come farebbe con un estraneo.
Con la sua coscienza, spieghi alla sua sub-coscienza che
tutto ciò è schiavitù e che è stupido entrare in contatto
con chicchessia. Lo spieghi come a un estraneo. Poi lo
spieghi a sé stesso. Una volta, dieci volte lo spieghi a
sé stesso. Dovrebbe riuscire a ricevere come un estra­
neo queste cose che io le dirò, e che lei poi dirà a sé
stesso. Come un estraneo a cui si spiega dieci volte la
stessa cosa. Perché la sua individualità e il suo corpo
sono esattamente come lei e un'altra persona, estranee.

1 76
Per lei il suo corpo è un estraneo, con la differenza che è
più facile prendere a pugni qualcuno che si trova vicino
piuttosto che qualcuno che si trova lontano. Ora, il suo
corpo è più vicino; pertanto è più facile. Può parlare a
sé stesso non una, ma dieci volte al giorno.
Tutti devono agire diversamente in questo lavoro;
persino le compulsioni sacre devono essere uccise da voi
stessi. Colui che vuole avere libertà deve uccidere tutto
in sé stesso. Anche se amate Dio o Nostra Signora, do­
vete ucciderli in voi. Anche la vecchia idea di adorare
i santi dovete mandare al diavolo, e nessun santo avrà
nulla contro di voi per questo.

Luc: Sono molto sorpreso da quello che dice. Perché io,


che mi vanto di aver avuto molti contatti nella vita, ho
percepito quindici giorni fa che non sento più nulla per
nessuno, nelle relazioni con le persone, e sono preoc­
cupato. Sono assolutamente arido e indifferente, e nel
mentre continuo a fare le cose che devo fare e a dare il
massimo di me nelle mie relazioni umane.

Gurdjieff: E crede di esserci arrivato da solo?

Luc: È il risultato del lavoro.

Gurqjieff: O forse potrei aver fatto qualcosa di particola­


re per lei, perché ci arrivasse? Crede di essere diventato
così, in modo del tutto naturale! Ho fatto di lei un candi­
dato speciale per il lavoro. L'ho fatto intenzionalmente.
Come se le avessi dato una pillola. Lei sta cambiando e
io sono soddisfatto.

1 77
Luc: Ho parlato con una persona che mi ha detto di
non aver mai provato amore per nessuno, che è la sua
testa che lo governa. A quel punto non ho saputo cosa
rispondere, perché sono affetto dalla stessa incapacità.
C'è qualcosa di debole in me.

Gurdjieff: Perché cita questa persona?

Luc: In relazione al lavoro.

Gurdjieff: Un consiglio non l'aiuterà. La sua volontà


non è sufficiente perché lei possa cambiare, deve avere
un aiuto esterno.

Luc: Ne sono sicuro.

Gurdjieff: Ho detto a questo giovane che è metà e metà,


metà aiuto esterno e metà interno: ho intenzione di dar­
gli delle pillole, e dall'altra parte lui deve lavarsi in acqua
fredda e fare ginnastica. Le pillole da sole non possono
aiutarla. L'esercizio da solo non può aiutarla senza le
pillole. Le due cose insieme la cambieranno in una o
due settimane.

Alain: C'è una spinta che sto cercando di coltivare per il


mio lavoro, e che ritenevo buona. Era il fatto di cercare
una chiara intelligenza razionale, con la logica, una a
cui il mio corpo obbedisca. Avevo un modo speciale. Il
pensiero distaccato del mio lavoro personale. E a tratti
ho scoperto un'inclinazione o piuttosto una sorpresa di
esistere, che credevo di essere in grado di intensificare,

1 78
affinché mi aiutasse a essere capace di produrre uno
sforzo più potente nel ricordare. Ma mi rendo conto che
è fuori, che il lavoro è separato in due; che la prima par­
te del lavoro dà, in proporzione, maggiore forza man
mano che la si fa, e mi chiedo se sia bene continuare.

Gurdjieff: Posso dirle una cosa. Abbiamo una caratteri­


stica. Se siamo su una strada buona, la natura inserisce
immediatamente in noi un'idea; cristallizza in noi il fat­
tore preciso che ci calmerà, allo scopo di impedirci di
continuare sulla quella strada. Più si è sulla strada giusta
e più la natura fa uso di queste cose. Così è nella vita.

Quindi lei ora farà questo: si metterà calmo in uno stato


favorevole; si metterà seduto, molto tranquillamente, e
lo farà per una o due settimane in un mese e non cre­
derà più a niente e a nessuno. Faccia un programma.
Quando non si ha un programma, qualsiasi cosa, qua­
lunque idiozia, inezia, sciocchezza può governarci. Ab­
bia fiducia soltanto nel programma che avrà fatto in uno
stato particolare. La cosa più importante è fare questo
programma: come vuole comportarsi, cosa vuole fare,
i rapporti che vuole avere con tutti; questo è un pro­
gramma. E crede solo in questo. E se anche Dio viene
a disturbarla e a dirle di fare qualcos'altro, lei non gli
crederà. Magari giustamente è venuto per giocarle un
brutto tiro. Lei fa solo quello che ha deciso nel suo stato
speciale.
Alain: Ma è difficile credere che il movimento del pen­
siero sarà sufficiente a produrre il fuoco tanto cercato,
la spinta.

1 79
Gurdjieff: Allora si perderà sempre, sarà sempre così
com'è. È il cane, il diavolo che la natura mette in lei. Per
questo motivo lei non deve credere a nulla. Mandi al dia­
volo persino Dio. Non creda in Dio, ma solo nel program­
ma che ha deciso di svolgere. Lei sa che sto dicendo una
cosa importante. Questo stato non può arrivare spesso,
ma una o due volte al mese sì; seduto, con calma, prenda
coscienza dei suoi tre tipi di muscoli, e poi pensi in modo
assolutamente imparziale. Prenda in considerazione il suo
stato, la sua classe, il suo carattere, e come fare tutto ciò
che deve fare nei mesi che seguiranno. Quali relazioni,
per esempio, vuole avere con quest'uomo o quella don­
na. Il programma esposto lo inserisca nella vita, e faccia
soltanto quello che corrisponde al suo programma. Nella
vita ci sono migliaia di persone che vogliono dominarla.
Lei mandi tutti quanti al diavolo; creda solamente nel suo
programma e nelle sue decisioni personali. Per lei è l'uni­
co modo rigoroso: gli altri non esistono, non esiste nessun
altro modo; perché ci sono molti cani che la natura mette
.
in noi espressamente per renderei deboli. Forse alla natu­
ra interessa che ci siano pochi uomini sulla strada giusta.

Lanctin: Monsieur, fino a diversi mesi fa, ho cercato di


liberarmi dalle influenze esterne, e in modo particolare
nelle mie relazioni con gli altri. Ma mi sono scontrato
con un ostacolo piuttosto serio, la difficoltà di instaura­
re un rapporto con le persone. Mi rendo perfettamen­
te conto di quello che dovrei chiedere loro, ma quando
sono in contatto con loro non riesco ad immaginare cosa
loro possano chiedere a me, e non riesco mai a stabilire
altro che un contatto superficiale.

1 80
Gurdjieff: Allora si sbrighi e non si aspetti niente dal la­
voro. Soltanto dopo potrà aspettarsi dei risultati. Faccia
tutto senza identificarsi internamente, ed esternamen­
te interpreti un ruolo. Questo ruolo consiste nell'essere
esattamente com'era prima. Agisca con ciascuno come
ha fatto finora, senza fargli capire esternamente che sta
lavorando. Nessuno deve notare che fa qualcosa. Non
si aspetti niente. Svolga soltanto il suo compito. Non si
identifichi internamente con niente e nessuno. Questo è
il suo compito. Sia esattamente come prima, è il ruolo
che deve interpretare. È cambiato meccanicamente, e
non potrà essere com'era prima. Questo le farà capire
di cosa si tratta e le farà capire perché lo chiamo "in­
terpretare un ruolo". Non faccia capire a nessuno che
lei sta facendo qualcosa di eccezionale. Non cerchi di
illuminare, di inviare raggi all'esterno, non è abbastanza
forte; non ha la possibilità di farlo. Non ci si deve mai
aspettare nulla; lasci che le cose siano come prima. Il
suo amico è stupido? Lasci che sia stupido, e mantenga
la stessa relazione. Era intelligente? Che sia intelligente.
Gli mostri che non è cambiato niente. Questo si chiama
interpretare un ruolo.

Lanctin: A dir la verità, questo l'avevo compreso per le


vecchie relazioni umane che conoscevo. Ma per i nuovi,
in precedenza non li conoscevo e non so come instaura­
re il mio ruolo.

Gurdjieff: È ancora più facile. Si ricordi com'era sei mesi


fa, e come si sarebbe comportato sei mesi prima. Né più
né meno. Adesso si ricorda come si sarebbe comportato

181
con lei sei mesi fa, e le nasconde quello che ha acquisito.
Quando tutto sarà stato decristallizzato sarà capace di
essere una persona nuova. Ho detto un milione di volte
di non usare quello che si è acquisito; oggi si accontenti
di lavorare, e non si aspetti niente. E se ha guadagna­
to qualcosa, non lo usi. È un compito serio che deve
svolgere: che nessuno si accorga che lei è qualcosa. Non
solo lo si deve fare, ma lo si deve anche fare in quanto
compito, in quanto lavoro speciale, senza deviazioni. Lo
si deve fare come un compito, continuare a fare ciò che
si faceva prima.

Philippe: Proprio adesso, parlando della famiglia, lei ha


enumerato padre, madre, zio, ma non la moglie e i figli:
sono dello stesso sangue? I figli sono dello stesso sangue,
ma la moglie?

Gurdjieff: Se si hanno figli il sangue è lo stesso, perché


allora è mescolato con quello della moglie. Ma se ci si
sposa e non si hanno figli, non è il proprio sangue, si può
mandare al diavolo la propria moglie. Se si hanno figli,
la moglie è della propria famiglia. Con i figli il rapporto
dev'essere completamente diverso; questo lo sanno tutti.
Il sangue è mescolato quando ci sono figli. Per quanto
riguarda i figli, sembrerebbe meglio decristallizzare certi
fattori, certe debolezze, riguardo ad un figlio.
Se si lavora, si deve lavorare sulle proprie debolezze;
le proprie debolezze consistono in migliaia di cose. Per
esempio, il proprio figlio attinge sempre al nostro amor
proprio; meccanicamente, non lo si ama. Questo non
deve esistere. Se si lavora, tutto il proprio lavoro deve

1 82
avere lo stesso valore. Queste piccole cose mi dimostra­
no che lei non lavora su sé stesso, che fa distinzioni fra
i suoi figli. Uno dei suoi figli, ad esempio, tocca incon­
sciamente una delle sue debolezze e per questo motivo
lei può arrivare a detestarlo; questo figlio poco a poco
comincia a irritarla e se questo si ripete, può cristallizza­
re in lei alcuni fattori di odio; e se questi fattori continua­
no a cristallizzarsi, può accadere che un padre uccida il
figlio. Suo figlio può essere il suo peggior nemico. Lei
deve fare il suo lavoro. I suoi figli devono avere lo stesso
valore per lei. Sono tutti il suo sangue. Attraverso di loro
lei può avere un contatto con sua moglie. Riguardo a
questo, in Asia esiste una cosa originale. Laggiù la mo­
glie si chiamafotma. Ma quando ha un figlio, suo marito
la chiama padgi, vale a dire "sorella", e la moglie chiama
il proprio marito kardavate, vale a dire "fratello". Ven­
gono chiamati fratello e sorella, non sono più marito e
moglie. È assurdo e allo stesso tempo insegna qualcosa.
E questo arriva fino a noi da tempi molto remoti.

Philippe: Se un figlio ha orrore che il padre baci la ma­


dre o le tocchi il braccio davanti a lui, lo si deve evitare e
non si deve toccare sua madre davanti a lui?

Gurdjieff: Sì.

Philippe: Ed è giusto che nel figlio ciò sia molto intenso?

Gurdjieff: Le dirò ancora qualcosa di orientale. Quando


arriva un figlio, dopo quel momento, il padre e la madre
devono rendersi conto che la vita per loro è finita; la

1 83
loro vita, le loro soddisfazioni, tutto viene sacrificato per
i figli. Fanno tutto per i propri figli e per sé stessi devono
rifiutare tutto. Sono padre e madre, la loro vita è finita.
Il loro scopo è il figlio, devono fare tutto per i propri figli,
anche uccidere, anche rubare, anche cattive azioni.

Le Prudhomme: C'è una domanda sullo stesso argo­


mento che voglio farle. Il nostro atteggiamento gli uni
verso gli altri. Dobbiamo recitare fra di noi nell'insegna­
mento come con le persone esterne?

Gurdjieff: Qui non è lo stesso. Qui ci sono dei compa­


gni, può fare un compromesso con la sua coscienza. Sa
che il primo comandamento è che una mano lava l'al­
tra. ' ' Capisce? Se la destra non lava la sinistra, la sinistra
non lava la destra. Se la destra non fa questo [Monsieur
Gurdjieffjà il gesto di lavarsi le manz] la sinistra non lo fa. Se
lei non fa del bene ai suoi compagni, i suoi compagni
non faranno del bene a lei. Se lei fa del bene, sono co­
stretti ad aiutarla.

Le Prudhomme: Perché per me i miei compagni sono


diventati consanguinei, e più cari della mia famiglia.

Gurdjieff: È perché ha bisogno di loro, ma non dev'es­


serne schiava.

Le Prudhomme: È un privilegio che non ho mai sentito.

11 S'intende comandamento in senso lato, e non strettamente biblico;

comandamento per il gruppo di lavoro (Nd'I].

1 84
Gurdjieff: Ma senza sentimento, senza identificazione; è
il pensiero che dev'essere così.

Le Prudhomme: Non riesco a distinguerli.

Gurdjieff: Non deve essere servile con la sua coscienza;


quello che oggi è buono domani può essere cattivo. Do­
mani un compagno può comportarsi con lei come con
un estraneo. E questo sua sorella non può farlo. Dottore,
le parlerò fra una settimana. Sono sicuro che sarà d'ac­
cordo; e lei, Madame Dubeau, per me può fare del buon
lavoro se segue il consiglio dello specchio.

1 85
DICIANNOVESIMO INCONTRO

Domanda: Non svolgo mai un compito fino in fondo.


Ci penso, lo faccio, ma solo per un secondo. Non posso
mantenere un pensiero o un sentimento.

Gurdjieff: Lei dimentica, non ha memoria. Dimentica,


deve ripetere, ripetere, ripetere. Vuole dire che non ha
il potere di concentrarsi. È lo stesso per tutti, questo
è lo scopo del lavoro. Se un uomo potesse veramente
concentrarsi per un quarto d'ora soltanto, egli sarebbe
più grande della sua Notre Dame, più grande di Cri­
sto. Le dovrei chiedere di essere il mio insegnante. Se
tutti potessero farlo, sarebbero tutti santi. In tre secoli
ci saranno stati forse un santo e mezzo. Deve cercare di
guadagnare un secondo al mese, forse, ripetendo, ripe­
tendo, ripetendo.

Domanda: Quando osservo un'emozione negativa,


vedo molto chiaramente che non è l'oggetto che con­
ta. Non esiste, è una copertura. Non appena l'ho visto,
scompare, ma l'emozione negativa rimane e viene oc­
cupata da un altro oggetto, non importa quale, poi da
qualcos'altro. Ho notato che la stessa emozione negativa
torna ancora e ancora per associazione, ed esse sem-

187
brano corrispondere a una tendenza. Vedendole, posso
pensare ad esse come a degli "Io"?

Gurdjieff: Non con così tante complicazioni. Mettia­


mo che lei abbia fame. Ci sono diversi tipi di fame; la
fame del mattino, di mezzogiorno, della sera. Non sono
la stessa cosa. Gli inglesi mangiano molto la mattina, i
francesi la sera. Lei ha l'opportunità di avere questo ma­
teriale, è lì pronto per lei. Gli altri dovranno crearselo.

Madame De Salzmann: Attraverso l'emozione negati­


va si conosce qualcosa che non si potrebbe conoscere
non avendola. Invidia, paura, rabbia, eccetera. Bisogna
separare ciò da sé stessi in modo che esso non rimanga
nell'essenza e possa essere usato quando necessario, ri­
manendo separati.

Domanda: Vedo quanto io sia vuoto, pieno di piccoli


desideri mondani, contraddizioni, come un mulino in
cui tutto entra ed esce. Non ho volontà e non ho un
rimedio per questo. Mi manca la forza.

Gurdjieff: Il compito le è stato dato per quel motivo. Se


non lo svolge allora si lasci andare, si tagli le vene, sarà
più facile. Posso darle una pillola per farla dormire per
sempre. Una pillola per dormire bene da soli non costa
l
molto. Una notte costa molto di più. Se si dorme bene
per una notte, si può poi avere un buono stato di veglia.

Domanda: Quando vedo la mia nullità, sono comple­


tamente scoraggiato. Poi, osservare che l'ho vista mi

188
restituisce la speranza e una grande soddisfazione nei
confronti di me stesso. Dovrei permettermi questo?

Gurdjieff: No. Guardi, impari sempre a vedere di più e


di più ancora. Cerchi nel suo passato. In tutta la sua vita.
Soffr<;t per tutti i suoi fallimenti. Si dica che ha già ven­
ticinque anni, che è troppo tardi per fare alcunché; che
il tempo è contato. Anche quando si ha un anno, è già
tardi. Veda sempre più i suoi errori e vi ponga rimedio.

Domanda: Nei miei sogni, mi vedo con tale chiarezza,


tale forza e disgusto, che ciò mi sveglia.

Gurdjieff: Ho passato quindici anni a imparare a non


sognare. Non bisogna sognare, bisogna fare. Ci sono
due stati: il sonno e lo stato di veglia. Quando uno dor­
me, deve dormire. Faccia una doccia fredda, si dia una
vigorosa strofinata, stia in piedi per dieci minuti con le
braccia estese e dormirà. Se si dorme bene, poi si è svegli
per bene. Se si sogna, tutto è fatto per metà. Le associa­
zioni non si fermano mai fino alla fine. Questa è la vita.
Ma si può smettere di dare attenzione alle associazioni. I
sogni o associazioni che continuano sono quelli che sono
più abituali e quindi ricorrono. Ci sono anche The Key qf
Dreams e Esempi di Lettere d'Amore. 12 Può scegliere.

Domanda: Solo la mia testa partecipa agli esercizi.


Come posso evitarlo?

12
Nel primo caso, Gurdjieff si riferisce a L. Adams Beck, The Key ()/ Dreams.
A romance ()/ the Orient, Dodd, Mead & co, New York 1 922. Nel secondo
caso, si tratta di una probabile presa in giro nei confronti dello studente.

1 89
Gurdjieff: La testa è solo il direttore. È il poliziotto che
con il suo bastone indica la via. Bisogna percepire e sen­
tire. Lavori sul sentire, sul percepire sé stesso. "Io sono",
"me sono." Non solo la sua testa - l'uomo intero. Ripe­
ta, ripeta, ripeta. Si eserciti, si eserciti, mille e mille volte.
Solo questo porterà risultati.

Domanda: Come si dovrebbe intendere "riparare il pas­


sato"? È tramite il rimorso?

Gurdjieff: Lei è troppo complicato, la questione è molto


più semplice. Il presente è il risultato del passato. Se lei
in passato aveva una cattiva abitudine ora deve smetter­
la. Vedo che ho l'abitudine di girarmi sempre i pollici
nella stessa direzione? Basta. Questo è riparare. Non
faccia più lo stesso errore e si prepari per il futuro, si
prepari per il futuro. Faccia pratica, faccia pratica come
farebbe per suonare il piano. Deve sviluppare la forza
delle sue dita. Ripetere, ripetere.

Domanda: Osservo come passo tante ore al giorno oc­


cupato da sentimenti molto piccoli e insignificanti, mol­
to meschini. Dovrei attaccarmi a un compito per rime­
diare a ciò, o c'è qualcos'altro da fare?

Gurdjieff: È lo stesso per tutti. È sempre stato così, an­


che per lei, è solo che ora lo vede. Questo è quello che
vogliamo cambiare. Tutto quel che fa, lo faccia bene.
Anche mangiare. Se mangia bene, prega bene. Sia pie­
namente sincero in tutto quello che fa. Bisogna lavorare
con precisione su qualcosa di preciso. Il lavoro non do-

1 90
vrebbe essere un desiderio, ma un bisogno, un bisogno.
Quando diventa un bisogno, avrà una risposta. Non ha
il diritto di avere solo il desiderio. Non è abbastanza,
non le darà niente. Crei un bisogno in lei. Ripeta, ripeta,
ripeta. Non si ripete mai abbastanza. Tutto ciò che le
viene facile, faccia "tchik", lo distrugga. Scelga qualcosa
che le costi, che sia uno sforzo. Ciò che è facile è un male
per la sua vita interiore.
Lo scopo. Abbia sempre uno scopo immediato. Que­
sto è il suo obiettivo, è questo che deve ottenere. Ci sono
molti zigzag lungo la via. Non si attardi. Tenga sem­
pre lo scopo in vista. Sappia dove sta andando e troverà
i mezzi per arrivarci. In seguito le indicherò un altro
scopo. Prima deve ottenere il primo; lo scopo dovrebbe
essere chiaro e sempre di fronte a lei.

Domanda: Quando cerco di lavorare sul rimorso, c'è


sempre qualche parte di me che si rifiuta, che mi dice
che è inutile, che non porterà da nessuna parte e a nien­
te. Desidero capire meglio l'uso del rimorso, è una ne­
cessità, per darmi modo di convincermi e lottare contro
questo rifiuto.

Gurdjieff: È molto semplice. Guardi questo. [Prende uno


spicchio di mandarino dal suo piatto] Questo è destinato a di­
ventare marmellata, deve diventare marmellata, è stato
fatto per questo. Ma è pieno di sale. Cosa bisogna fare?
Dev'essere lavato, messo in ammollo, ripulito per rimuo­
vere il sale. Dopo potrà diventare una marmellata, ma
con il sale è impossibile. Il rimorso è ciò che rimuove il
sale, è ciò che purificà. Lo capisce?

191
Domanda: Quando inizio la mia lezione devo fermarmi
per un momento a raccogliermi. Mi sembra qualcosa di
vuoto, inutile, vano. Come posso evitarlo?

Gurdjieff: Deve fare in modo che le sue incombenze


entrino nel suo lavoro, tutto ciò che fa deve diventare
parte del suo lavoro. Questo dev'essere il suo compito.
La sua classe dev'essere parte del suo compito. li suo
compito è aiutare. Non deve vedere i bambini nelle loro
manifestazioni, ma nel loro futuro. Deve desiderare di
aiutare quel futuro. Deve mettersi al loro posto. Ricordi
com'era alla loro età. Allora farà sì che loro la vedano in
modo diverso. Quando pensa "Io sono", al tempo stesso
desideri aiutare. Vedrà allora come i bambini l'ameran­
no. Allora potrà dire loro di uccidere i loro padri e le
loro madri e loro lo faranno. Non sarà niente, per loro.
Ho visto questo nel corso del tempo con i veri Maestri.
Questo è il lievito del lavoro, i bambini. È un'opportuni­
tà per lei. Deve diventare un buon operaio.

Domanda: Quando tento di mettermi nei panni di qual­


cuno, c'è sempre una parte di me che si rifiuta, che non
partecipa, che si nasconde, che è occupata da sé stessa
e che trae godimento da sé stessa. È qualcosa che scivo­
la via e che non riesco ad afferrare. D'altro canto, non
appena ho un piccolo risultato nel mio lavoro, la vanità
se ne impadronisce - "Sono io che ho fatto questo" - e
ciò rovina tutto.

Gurdjieff: Le consegnerò un segreto sacro. Ricorda Bel­


zebù: «ci sono due correnti, due fiumi». Deve attraver-

1 92
sarli dall'uno all'altro; lei è come un pesce il cui elemen­
to naturale è l'acqua e che è obbligato a vivere nell'aria.
Deve imparare a vivere in entrambe le correnti in una
volta sola. C'è la corrente abituale, che è la vita ordi­
naria in cui lei vive; e poi c'è l'altra corrente, la secon­
da corrente, che è la sua vita interiore. Finora ha avuto
contatto con sé stesso solo finche era da solo, tranquillo,
ora deve imparare con gli altri. Quando è con una per­
sona, rimanga nella sua propria corrente, la sua corren­
te interiore.

Domanda: Nel sistema sembra che le soddisfazioni, i


piaceri, siano rigettati. Lo sono tutti? Ho capito corret­
tamente?

Gurdjieff: Tutti i piaceri sono merda. Tutti i piaceri la


rendono schiavo. La sua soddisfazione. Ci sono due
qualità di piacere; due qualità di sensazioni gradevoli.
Un lato è il piacere oggettivo; se lavora bene e ottiene
un risultato, può essere soddisfatto di sé. Questa è una
buona soddisfazione che corona lo sforzo. Altri piaceri,
meccanici, la distruggono. Ci si perde dentro. Sono tutti
dannosi, eccetto il darsi rilassamento volontario, neces­
sano per uno scopo.

Domanda: Noto in me stesso un'aridità, un'assenza di


emozioni. Vivo nell'indifferenza oppure nell'ostilità.
Cosa è necessario fare?

Gurdjieff: Lei mi interessa, voglio aiutarla. I suoi genitori


sono ancora vivi? Non li abbiamo conosciuti, ma forse

1 93
avevano delle anime. Forse hanno sofferto. Non possono
farlo più dove sono, non hanno corpi. Deve fare qualco­
sa per loro. Deve pensare a loro. Deve figurarseli, vederli
ancora, avere le loro facce davanti agli occhi, deve pen­
sare a tutto ciò che deve loro. Lei è un piccolo pezzo di
loro, della loro vita. Deve amarli, esprimere la sua gra­
titudine nei loro confronti. Pensi a tutto quel che hanno
fatto per lei. Deve vedere i suoi errori verso di loro. Persi­
sta in questo, ricostruisca le scene in cui li ha fatti soffrire,
magari piangere. Riviva le volte in cui è stato un bam­
bino cattivo. Deve avere rimorso di coscienza. Rimorso.
Bisogna soffrire volontariamente per rimediare. Bisogna
pagare per il passato. ll passato dev'essere riparato. Cer­
chi nel suo passato, crei il rimorso. Dottore, faccia anche
lei questo esercizio. Per il momento, i suoi genitori sono il
suo Dio. Non può conoscere Dio. È troppo lontano. Non
c'è posto per Lui in lei. I suoi genitori sono Dio, sono il
futuro posto per Dio in lei. Deve loro tutto, la vita, tutto.
Lavori prima con loro; poi ci saranno altri esercizi.

Domanda: Ho fatto il lavoro che ci ha dato. Davvero,


amo molto i miei genitori e ho scoperto una qualità
molto speciale di emozione; per un secondo, forse, una
particella di vero amore, e anche grande sofferenza, una
vera sofferenza per i miei peccati nei loro confronti. Di
rimorso. Le due emozioni erano lì allo stesso tempo, sof­
ferenza molto vivida e felicità data dal sentimento d'a­
more. Era il rimorso che portava la felicità, perché dopo
che esso è scomparso, anche la felicità è scomparsa. Tal­
volta occupandomi dei miei pazienti ho scoperto in me
per un secondo emozioni d'amore della stessa qualità.

1 94
E in quel momento potevo alleviare le loro sofferenze
fisiche e offrire loro un sentimento di felicità. C'è una
connessione?

Gurdjieff: Il vero amore è la base di tutto, le fondamenta,


la Sorgente. Le religioni hanno pervertito e deformato
l'amore. Era tramite l'amore che Gesù compiva miraco­
li. Il vero amore unito al magnetismo. Tutte le vibrazioni
accumulate creano una corrente. Questa corrente porta
una forza d'amore. Il vero amore è una forza cosmica
che passa attraverso di noi. Se lo cristallizziamo, diventa
un potere - il più grande potere nel mondo. Più avanti
studierà il magnetismo nei libri, non importa quali, que­
sto le darà del materiale. E con l'amore come base, sarà
in grado di guarire i paralitici e far vedere i ciechi.

Domanda: Sono stato sorpreso dall'acutezza delle sen­


sazioni osservate per un lungo periodo, così intense, così
vivide, con tutte le impressioni che avevo in me e che
sono tornate.

Gurdjieff: Questo è normale. Dal momento in cui na­


sciamo i nostri centri registrano tutto. Se la mettessi in
un sonno ipnotico, lei potrebbe dirmi quel che è acca­
duto una settimana dopo la sua nascita. Tutto è scritto,
c'è tutto. Un soggetto che ho addormentato mi ha in­
dicato le pulsazioni della persona che era accanto a lui
nel momento in cui l'ho rianimato. È tutto scritto, come
su una lastra fotografica, ma mille volte più sensibile. È
per questo che bisogna essere cauti con le iscrizioni, sce­
glierle. Da Belzebù: «Osserva la purezza dei tuoi rullini».

1 95
Domanda: Da questo lavoro, ne vìene qualcosa ai miei
genitori? Li tocca, dà loro qualcosa?

Gurdjieff: Deve farlo per sé stesso, per riparare. Abbia


rimorso, lasci che il suo rimorso sia il più forte possibile.
È questo rimorso che conta; è la sofferenza che impor­
ta; la sofferenza volontaria che paga per il passato, che
ripara gli errori.

Domanda: Ho scoperto la stessa qualità di emozioni di


quando parliamo, ma mi dà una tale pienezza interiore,
una tale sensazione di felicità che non sento più rimorso;
mi biasimo per questa felicità, perché non l'ho meritata.

Gurdjieff: Lei ha immaginazione e fantasia. L'ho sem­


pre detto. Lei è un rappresentante dell'arte. Fou-Jou. Non
c'è peso, è leggero. Filosofia, immaginazione. Uno stato
è un risultato, è questo che dà peso. Questo è il contrap­
peso della vera felicità che va al passo con essa. Al tempo
stesso, affinché essa sia genuina, non bisogna avere l'uno
senza l'altro. La sua natura ha una tendenza (il risulta­
to dell'inerzia); si lascia andare verso questa tendenza
ad avere stati straordinari senza una vera base, senza
peso. Deve eliminarlo, mandarlo vìa. Appena uno stato
di soddisfazione emerge, faccia "tchik". Lo schiacci, lo
elimini. Lavori sul rimorso, si ricordi di sé, rivìva le sce­
ne in cui era stato un bambino cattivo, quando ha fatto
piangere i suoi genitori, magari. Senta ancora in tutti i
dettagli, trovì ancora le sue mancanze. Cerchi nel suo
passato. Soffra. In quella sofferenza può avere la vera
felicità data dal vero amore.

1 96
Ci sono due diverse cose sotto diverse leggi: primo, il
corpo organico; secondo, il corpo psichico. n corpo or­
ganico obbedisce alle sue leggi. Desidera solo soddisfare
i suoi bisogni: mangiare, dormire, sesso. Non conosce
altro. Non desidera altro. È un vero animale. Bisogna
sentirlo come un animale. Bisogna sentirlo come un
estraneo. Bisogna sottometterlo, allenarlo e farlo obbe­
dire, invece che obbedire a esso.
Il corpo psichico conosce qualcos'altro rispetto al
corpo organico. Ha altri bisogni, altre aspirazioni, altri
desideri. Appartiene a un mondo diverso, è di un'altra
natura. C'è un conflitto tra questi due corpi: uno de-.
sidera, l'altro no. È una lotta che bisogna combattere
con forza volontariamente, con il nostro lavoro, con la
nostra volontà. Questo scontro esiste naturalmente, è
lo stato specifico dell'uomo, e lo dobbiamo usare per
creare una terza cosa, un terzo stato differente dagli al­
tri due, che è il Padrone, che è unito con qualcos'altro.
Il compito è dunque qualcosa di preciso che rinforza
questa lotta, perché con la lotta e solo con la lotta può
nascere una nuova possibilità di essere. Per esempio, il
mio organismo ha l'abitudine di fumare. Questo è il suo
bisogno. Non desidero fumare: elimino quest'abitudi­
ne. Il bisogno è sempre lì, ma rifiuto di soddisfarlo. C'è
una lotta, una lotta cosciente e volontaria che chiamo
la terza forza. È la terza forza che sarà il fattore - "lo"
- che concilia e crea l'equilibrio. n corpo è un animale.
La psiche è un bambino. Bisogna educare l'uno e l'al­
tro. Prendere il corpo, fargli capire che deve obbedire,
non comandare. Mettere ognuno al suo posto. Bisogna
conoscere sé stessi, vedere cosa succede. Assumersi un

197
compito che sia all'interno delle proprie possibilità, una
cosa molto piccola per cominciare. Sul mangiare, su
un'abitudine. Ognuno conosce sé stesso e può trovarsi
un compito; è la sua cosa interiore, una volontà che si
oppone a un bisogno e crea la lotta. L'unica possibilità
di creare un secondo corpo è tramite un'accumulazione
di una diversa sostanza. L'unico scopo è che tutto do­
vrebbe servire allo scopo.

Domanda: Ho compreso nel dettaglio nel corso questa


settimana quel che mi ha detto la settimana scorsa a
proposito del corpo fisico e del corpo psichico, e tutta
la settimana ho lavorato in questa direzione; ho lottato.
Una notte stavo dormendo. Sono stato svegliato da mio
figlio - ho un figlio di quattro anni - che era stato morso
dalle zanzare e che, per il dolore, ha cominciato a pian­
gere e chiamarmi. Stava soffrendo e piangendo. Sono
andato da lui e siccome stava piangendo e soffrendo,
prima ancora di avere il tempo di vedere me stesso, l'ho
picchiato. Non mi sono concesso di tornare a dormire.
Come posso schiacciare questa violenza in me? Ho visto
cos'è il mio corpo, di cosa è capace e la sua reazione
dopo una settimana di lavoro su di esso.

Gurdjieff: Intorno a lei ci sono forze estranee. È possibi­


le che quando un uomo lotta davvero, desidera davvero
lottare, esse producano un evento come questo. Possono
anche creare le zanzare. Ad ogni modo, che si sia tratta­
to di questo, o che sia stato un caso, non potrebbe esserci
stato niente di meglio. Lì ha sentito, ha capito, non solo
con la sua testa. Sono molto lieto e le chiedo ora di pren-

1 98
dere appunti su tutto quel che accade nel suo lavoro per
una settimana, due settimane, tre settimane, e ne par­
lerà qui, perché questo sarà utile per i suoi compagni.
E non dimentichi che ora suo figlio è il suo padrone. Lo
ringrazi. Per me lui è mio amico. E le affido un incarico
da parte sua: cinque caramelle al giorno per un anno.

1 99
VENTESIMO INCONTRO

[Monsieur Gurd:fieff dà un esercizio e successivamente mostra al


gruppo un'incisione che rappresenta sette danzatori orientali, con
copricapi simili a giganteschi cappelli iferici sormontati da anten­
ne; tengono il ritmo con i loro tamburelli e sqffiano in alcuni pifferi
simili a tubi, sotto la direzione del loro capo che regge in mano una
sorta di bandierina. Monsieur Gurdjieff chiede a ogni allievo di
dargli un'opinione riguardo a cosa l'immagine rappresenti. Nessu­
no lo sa. Una donna pensa si tratti di una danza tibetana]

Gurdjieff: È così, la scena è in Tibet. È una cosa unica;


una musica divina che ho sentito tra le montagne del
Tibet. E al tempo stesso, non c'era musica. Eppure giù
lungo le pendici si sentiva.

[Il gruppo va a tavola e cena. Dopo la cena uno studente parla a


Monsieur GurrjjiejjJ

Domanda: Monsieur, cosa rappresenta l'immagine che


ci ha mostrato poco fa?

Gurdjieff: Ve l'ho detto. Sono rimasto sbalordito quan­


do l'ho vista per la prima volta. È una cerimonia che ha
luogo in Tibet. Lì, in una valle, c'è un luogo dove si ten-

20 1
gono cerimonie speciali, non per tutti, non per chiun­
que. Sono riseiVate a una certa categoria di iniziati. Lì
si riceve un'iniziazione e io l'ho ricevuta. C'è solo una
piccola, o piuttosto, una grande casa in una valle. Nien­
te di più. È lì che si tiene la cerimonia. Si arriva ai piedi
delle montagne e si sente la musica. Ma così bella, mai.
Davvero, era una musica celestiale. Bene, uno sentiva la
musica ma non vedeva niente. Dappertutto, tutto attor­
no, c'erano montagne, tutto lì. Come e da dove poteva
arrivare questa musica? Com'era possibile? Non c'era­
no case lì vicino. Si poteva vedere lontano, e non ce n'e­
ra nessuna in vista. Chi poteva star suonando la musica?
Potete immaginare che impressioni mi abbia dato e
quanto ne fossi stupito. È stato solo due anni dopo che
sono venuto a conoscenza del segreto, e cioè che dei
musicisti stavano suonando tra le montagne. Quello che
camminava alla testa dei sette musicisti, che si vede in
quest'immagine, teneva in mano uno strumento che era
una sorta di radio. Attraverso quello strumento riesce a
sentire quello che accade nella valle. E dirige. Non c'è
musica, solo vibrazioni che sono fatte dai movimenti del
corpo. Nella sua mano c'è uno strumento speciale. Una
radio. La radio è stata scoperta solo vent'anni fa e io ho
visto questo strumento trentacinque anni fa; la radio non
esisteva ancora. Capite; è con dei movimenti speciali che
vengono prodotte queste vibrazioni. Queste vibrazioni
si raccolgono nel globo che loro hanno sulle loro teste e
vengono emesse tramite le antenne. C'è nella valle una
cosa simile allo strumento che il direttore ha in mano,
con cui egli stabilisce il contatto. Lo strumento raccoglie
tutto e le vibrazioni arrivano in forma di musica. Ma non

202
c'è alcuna musica, alcuno strumento. È la totalità delle
loro esperienze interiori che produce il risultato trasmes­
so.

Domanda: Ma hanno tamburelli e pifferi.

Gurdjieff: Questo aiuta. È tutto l'insieme a creare il


fenomeno, ma non suonano con quelli. La cosa inte­
ressante è che i movimenti e gli esercizi interiori sono
ciò che dà la musica. Molto interessante. Quel che voi
tutti avete fatto poco fa è un gioco da bambini rispetto a
questo. E quel che dev'essere fatto è molto più difficile.
Ma si sa che le esperienze interiori possano produrre
vibrazioni e che una forte esperienza di quel tipo possa
generare vibrazioni capaci di produrre musica divina. Si
può arrivare a tali risultati grazie a uno sforzo esatto nel
lavoro. Se non è tutto assolutamente armonioso, c'è ca­
cofonia. Bisogna avere l'esatto atteggiamento necessario
per questo, per poter produrre musica celestiale. Abbia­
mo letto in un capitolo della Seconda Serie, a proposito
del Principe Lubovedsky, alcuni dettagli sui templi del
Tibet in cui le sacerdotesse avevano studiato tali mo•
vimenti fin dalla prima infanzia, prima di usare quello
strumento ramificato che esprimeva la Legge del Sette. 1 3
Erano in grado di mettere in atto le loro danze effica­
cemente solo dopo anni di studio. È lo stesso per questi
danzatori. Hanno studiato questi movimenti dall'infan­
zia e solo da anziani possono partecipare alla cerimonia.

13 Gurdjieff aveva elaborato un programma di opere diviso in tre serie:

Prima Serie (I Racconti di Belzebù a suo nipote), Seconda Serie (Incontri con
uomini straordinan), Terza Serie (La vita è reale solo quando Io Sono).

203
Potete immaginare come abbiano dovuto lavorare per
poter essere specialisti.
Capite il mio stupore? Ho visto mille cose stupefa­
centi, ma ancora ricordo il mio sbalordimento davanti
a questo. In seguito ho capito. Ma per due o tre giorni
non sono riuscito a dormire; volevo sapere. Avevo senti­
to la musica e non avevo visto da nessuna parte un uomo
o una casa o un movimento. Nient'altro che montagne
e neve. Nient'altro. E sentivo quella musica. Ero come
un folle. In seguito, studiando mi sono tranquillizzato e
ho imparato di cosa si trattasse. Ma comprendete ora
perché ripeto sempre tra le altre cose - non fate, per
esempio, un movimento con la gamba che dovrebbe es­
sere fatto solo col piede. Forse vi servirà quella gamba
per qualcos'altro. Dovete fare tutto esattamente sin dal
principio. Ma dovete rispettare ogni dettaglio. Non suo­
neremo musica. Non è una questione di musica, ma un
vero sentimento del "Io sono". Ci sono sette esercizi per
quello. Questo esercizio è uno di essi. Potete ripetere per
mille anni "Io sono" con la mente; non vi darà niente di
reale. Questo esercizio, tuttavia, può. Ecco perché dove­
te farlo con esattezza fin dal principio. Solo un'esattezza
nel vostro lavoro può darvi risultati esatti. È come quel
che ho sentito tra quelle montagne. Un solo movimento
non eseguito esattamente tra sette persone, e il risultato
sarebbe una cacofonia. Tutto dipende dalla totalità. E
il nostro Procuratore Distrettuale scrive e scrive. Come
può comprendere tutto questo quando io stesso non ca­
pisco molto bene quel che sto dicendo?

204
Le Edizioni TLON nascono dall'esigenza di mettere
al mondo libri come gradini su cui salire, maniglie da
afferrare, vele da spiegare e briciole da spargere. Ne
fanno parte Andrea Cola.Dledici, editore, Maura
Gancitano, direttrice editoriale, Nicola BoninJ.elli,
responsabile commerciale, Matteo Trevisani, editor,
Michele Trionfera, caporedattore, Andrea Pizzari,
grafico, Alessio Angelo Aveta, redazione social.

Edizioni TLON
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